Atto di navigazione
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Atto di navigazione
navigazione (Atto di) navigazione (Atto di) [Navigation Act], complesso di provvedimenti approvati il 9 ottobre 1651, sotto Oliver Cromwell, dal parlamento inglese per la protezione della marina mercantile britannica dalla concorrenza straniera e in particolare olandese. L'Atto, che raccoglieva e completava in un codice organico tutte le precedenti disposizioni in materia di commercio marittimo con l'estero (Atti di navigazione del 1381, 1485, 1488, 1532, 1540), stabiliva che nessuna merce proveniente dall'Asia, dall'Africa e dall'America potesse venir introdotta in Inghilterra se non per mezzo di navi inglesi o di colonie inglesi; che nessuna merce proveniente da paesi europei potesse esser importata se non su navi inglesi o dei paesi di provenienza; che nessuna nave straniera potesse esercitare il commercio di cabotaggio e la pesca lungo le coste delle Isole Britanniche. Tali rigorose limitazioni, dirette a colpire in particolare la supremazia marittima olandese, furono all'origine di una serie di vittoriose guerre dell'Inghilterra con le Province Unite (1652-1654, 1664-1667), che assicurarono il dominio britannico sui mari. Rinnovati anche dopo la Restaurazione (Atti di navigazione del 1660, 1663, 1696 che confermarono e aggravarono l'Atto del 1651, rafforzando il monopolio inglese sul commercio coloniale ed extraeuropeo), tali provvedimenti determinarono costantemente l'indirizzo della politica navale britannica durante tutto il XVIII sec., malgrado le frequenti trasgressioni delle colonie, ostacolate nello sviluppo di una propria marina. Con l'acquisto dell'incontrastata superiorità marittima e l'affermarsi del liberismo economico, l'Inghilterra poté adottare una politica meno restrittiva e l'Atto, già emendato nel 1826, fu progressivamente revocato tra il 1849 e il 1854. mercantilismo mercantilismo s.m. Mentalità, spirito mercantile. — Econ. pol. Dottrina economica elaborata fra il xvi e il xvii sec. contemporaneamente al sorgere e all'affermarsi delle monarchie nazionali assolute tendenti a perseguire una politica di potenza, e in seguito all'afflusso in Europa di enormi quantità di oro e di argento dalle miniere americane. (Considerando che la ricchezza, e quindi la potenza, di un paese consista nel possedere metalli preziosi, il mercantilismo indicava le misure atte a raggiungere tale scopo.) Il mercantilismo ha proposto politiche economiche differenti secondo le condizioni e le necessità dei diversi paesi. In Spagna e in Portogallo in cui affluivano direttamente metalli preziosi dalle Americhe, gli economisti proposero di vietare da una parte l'uscita di oro e di argento e dall'altra l'importazione di merci straniere. Questa forma di mercantilismo, chiamata «bullionismo», riuscì solo a deprimere l'economia di questi due paesi i quali, trascurando di sviluppare la loro potenzialità produttiva, non riuscirono a evitare la fuga di metalli preziosi all'estero. In Francia l'attenzione fu posta sulla necessità di un saldo attivo della bilancia commerciale aumentando le esportazioni così da favorire l'afflusso di oro. Il colbertismo attuò in modo particolare questa politica mediante misure di intervento per sviluppare l'industria e mediante un sistema di protezione doganale. In Inghilterra fonte di ricchezza fu considerato non solo il commercio ma anche la navigazione. Nel xvi sec., quindi, venne posto in vigore il principio della «bilancia dei contratti» per cui i contratti fra cittadini e stranieri non dovevano implicare uscita di oro o di argento dal paese. Nel xvii sec., con l'Atto di navigazione di Cromwell (1651), in cui si decretava che si potevano importare merci in Inghilterra solo con navi inglesi, si assicurò la supremazia della marina mercantile inglese su quella olandese. Sebbene col nome mercantilismo si designi, più che una dottrina coerente e organica, un insieme di regole pratiche di politica economica, è incontestabile che l'economia politica come scienza autonoma ebbe il suo impulso nell'età dell'assolutismo, quando le decisioni prese dai vari Stati per difendere la propria ricchezza diedero chiara coscienza della funzione specifica e del carattere normativo della scienza economica. Una conferma di questo si ha osservando che in Germania il mercantilismo, definito come una «scienza camerale», diede luogo all'istituzione di cattedre e altrettanto avvenne in Francia, dove, dopo l'apparizione del trattato di Montchrestien, Richelieu ordinò che, nel collegio che avrebbe portato il suo nome, l'economia politica fosse insegnata nelle classi superiori. (In Italia la prima cattedra di economia politica fu istituita a Napoli da Bartolomeo Intieri per Antonio Genovesi.) I maggiori esponenti del mercantilismo furono in Francia Bodin e Montchrestien, in Inghilterra Mun e Child; in Italia, oltre al già ricordato Genovesi, Serra e Botero. Diritti dell'uomo e del cittadino (Dichiarazione dei) Dichiarazione dei diritti Diritti dell'uomo e del cittadino (Dichiarazione dei) [Déclaration des droits de l'homme et du citoyen], dichiarazione formulata dall'Assemblea nazionale costituente francese nel 1789, i cui articoli servirono da preambolo alla costituzione francese del 1791. Risente dell'influenza della Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti (1776) e delle dichiarazioni dei diritti emanate in sei Stati americani dal 1777 al 1784. Ma soprattutto notevoli sono le influenze di correnti filosofiche del XVIII sec.; ciò si nota in particolare nell'affermazione dei diritti naturali dell'uomo ispirata alla dottrina di Rousseau e nell'allusione alla necessità di separazione dei poteri ispirata al pensiero di Montesquieu. Gli autori di tale documento intesero creare una dichiarazione di portata universale, valida in ogni tempo e in ogni paese, ponendo le basi di un nuovo assetto costituzionale, in ispecie con la formulazione dei diritti di libertà civile (libertà individuale, di pensiero, di stampa e di religione) e dei princìpi di uguaglianza tra i cittadini e della separazione dei poteri affermando l'inviolabilità della proprietà privata, il diritto alla sicurezza personale, l'obbligo di obbedienza alle leggi dello stato, la responsabilità dei funzionari pubblici, la necessità di un'equa ripartizione delle imposte, ecc. Alla dichiarazione del 1789 fecero seguito, sempre in Francia, le dichiarazioni dei diritti del 1793, del 1795 e del 1848. Queste dichiarazioni, pur esprimendo un'evoluzione nella tutela dei diritti con la formulazione della priorità dei diritti individuali sui diritti sociali, con la condanna della schiavitù e con la conferma della libertà economica, non ebbero che un valore transitorio. Di tutte le dichiarazioni formulate nel XVIII sec. permane solo quella del 1789, che è stata assorbita, come preambolo, dalla costituzione francese del 1946. Diritti (Dichiarazione dei) Diritti (Dichiarazione dei) [Bill of Rights], testo costituzionale formulato nel febbraio 1689 dal parlamento inglese al fine di regolare e circoscrivere l'autorità monarchica dopo la rivoluzione del 1688. L'atto iniziava enumerando i numerosi arbitri compiuti da Giacomo II e pronunciandone l'abdicazione; riaffermava la sottoposizione del sovrano alle leggi del regno limitando l'esercizio della prerogativa reale; infine poneva alcune norme onde evitare un'eventuale successione cattolica. Prima di essere proclamati sovrani d'Inghilterra, Maria e Guglielmo d'Orange sanzionarono questa dichiarazione che diventò statuto nel dicembre 1689. Tale documento rappresenta uno dei testi più rilevanti della storia costituzionale inglese per il suo vigore e la sua precisione.