Autore: Grazia Carta Titolo: Un amore perduto Emma aveva
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Autore: Grazia Carta Titolo: Un amore perduto Emma aveva
Autore: Grazia Carta Titolo: Un amore perduto Emma aveva appena finito di riordinare la stanza quando suonò il campanello. Corse alla porta, ma quando fu lì non trovò nessuno; quasi istintivamente, rivolse lo sguardo ai suoi piedi e fu allora che vide una lettera. Pensò fosse una lettera per la Signora, ma quando la prese tra le mani riconobbe subito la calligrafia. Come era possibile? Erano passati sette anni dall’ultima volta che si erano visti, e da quel giorno la sua vita era cambiata radicalmente; aveva persino cambiato casa! No, non poteva essere “Lui”! Come avrebbe potuto conoscere il posto dove lavorava? I suoi pensieri furono interrotti dal suono forte della campanella che la Signora utilizzava per richiamarla a lavoro. Prese la lettera la posò sul cuore e sospirò… L’avrebbe letta più tardi, quando si sarebbe chiusa in camera sua e il tramonto avrebbe indicato la fine della sua lunga giornata. Quando arrivò dalla Signora, ella capì subito che doveva essere successo qualcosa nella vita della sua cameriera. La confidenza con quella ragazza non era però tale da poter ardire a farle una domanda personale. È vero, lavorava per lei da due anni, ma le loro chiacchiere si erano sempre basate sulla conduzione della casa, per la quale Emma sembrava essere nata, e per le commissioni che giornalmente la Signora le affidava. Povera Emma, mai avrebbe desiderato un futuro così, invece a trenta anni, si ritrovava sola, costretta a servire una donna ormai sfiorita attaccata avidamente alla vita, nonostante i 96 anni. La Signora la chiamò per l’ora del bagno, l’aiutò a svestirsi e mentre le lavava la schiena, ripensava alla lettera che aspettava di essere aperta, nella sua camera sotto il suo cuscino. Dopo il bagno Emma si mise ad asciugarle i capelli e mentre le passava il pettine la Signora urlò; bastò per farla ritornare nel mondo reale. A cosa stava pensando? Forse a “Lui”? Si era fidanzato, questo l’aveva saputo da Concetta la sua migliore amica, con la quale divideva i pochi momenti liberi fuori da quella casa triste e cupa. Non che fosse brutta, questo no, ma era ormai invasa da quell’odore acre e forte che contraddistingue tutte le case abitate dagli anziani. La Signora finalmente la mandò nella sua camera dove poté finalmente immergersi nei suoi pensieri. Era sul punto di aprire la busta, quando il suo cellulare squillò: era la mamma, che le chiedeva come stava e voleva sapere se avesse qualche impegno per la sera. Emma sospirò, mise di nuovo la lettera sotto il cuscino e si diresse al ristorante dove la mamma l’attendeva trepidante nel suo cappotto rosso. Da quando lei e il padre si erano lasciati, non sopportava più il modo giovanile della madre di comportarsi, sembrava cercare consensi in tutti, soprattutto nei ragazzi coetanei di Emma. Chiunque non avrebbe potuto sopportare un affronto simile! Invece Emma spinta dal suo buonissimo cuore aveva sopportato tristemente tutte le stranezze della madre, persino quando aveva cercato di mettere in cattiva luce “Lui”. La mamma voleva dirle qualcosa, era tremolante ma allo stesso tempo felicissima… <Cosa ti è successo, mamma?> chiese Emma, con fare indifferente. La mamma le disse: <Amore, siediti!> Emma si stava sempre più spazientendo, la intimò a parlare altrimenti se ne sarebbe andata. Fu allora che entrò “Lui” nel ristorante. Emma non riusciva a crederci, quale coincidenza? Quando lo vide il cuore iniziò a batterle all’impazzata e fu allora che si accorse che i posti nel tavolo erano tre. Sentì il calore salirle nelle vene. Ora le era tutto tremendamente chiaro! Chiese scusa e se ne andò, lasciando la mamma e “Lui” da soli, sapeva che avrebbe avuto altre occasioni per vederli insieme…