Sistemi di allevamento - Il software di Viticoltura ed Enologia

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Sistemi di allevamento - Il software di Viticoltura ed Enologia
Cod. VM6U1
Forme di allevamento della vite
Rosario DI GAETANO
Scuola Enologica di Conegliano
Cenni storici
Il sistema di allevamento della vite è un elemento importante
di cui oggi si compone il paesaggio. Nella singola specificità
esso rappresenta un elemento di cultura che narra la storia di
un territorio.
Purtroppo la legge dell’economia, tra le sue funzioni, non
contempla l’estetica e tanto meno il valore del messaggio
storico, per cui molti sistemi di allevamento del passato oggi
sono scomparsi e altri tendono a seguire la stessa sorte.
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Origine e sviluppo delle forme di allevamento
della vite in Italia
La vite, a causa del suo sviluppo con andamento prostatico, necessita
di un sostegno affinché la produzione risulti qualitativamente
apprezzabile (lo sosteneva già Columella nel II° sec.d.c.).
Le forme basse hanno sempre caratterizzato la viticoltura meridionale
(I greci chiamavano Enotria il meridione in riferimento al palo
utilizzato a sostegno della vite: oinotron), alcune addirittura a forma
di cesta per protezione dal vento marino.
Le forme alte, invece, si sono più diffuse in Italia centrale e
settentrionale utilizzando principalmente tutori vivi ( pioppo, acero,
olmo, frassino, ecc. ). Originarie dalla Grecia, dove erano chiamate
anadendros, ma diffuse dagli etruschi, ebbero il loro successo per
l’abbondante produzione , il buon livello qualitativo del vino e la
difesa dai danni da freddo. Promotori di
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Le prime forme di allevamento
La prima classificazione e descrizione delle forme di
allevamento fu fatta da Plinio (Naturalis Historia):
• Viti striscianti
• Viti basse senza sostegno
• Viti con sostegno senza giogo
• Viti a giogo semplice
• Viti a gioco a quattro lati
• Viti con tutore vivi
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Viti striscianti
Viti prostrate, coltivate in ambienti ventosi, non fornivano
vini di buona qualità
Viti basse senza sostegno
Viti che si sostenevano da sole, ad alberello basso; era la
forma maggiormente usata
Viti con sostegno senza giogo
La vite veniva legata ad un tutore, generalmente castagno o
quercia, scorticato per non consentire l’annidamento di
insetti dannosi. Come legacci venivano utilizzati materiali di
origine vegetale.
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Viti a giogo semplice
Rientra nelle forme di
allevamento alte, costituito
da due montanti verticali e
laterali al ceppo, collegati in
alto da un traverso
orizzontale. La vite, allevata
e sostenuta da un palo
centrale veniva distesa sul
traverso per la parte
produttiva.
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Viti a gioco a quattro lati
Forma di allevamento molto
robusta, veniva attuata in ambienti
molto difficili; è costituita da
quattro solidi tutori posti attorno
alla vite in modo da formare un
quadrato e fissati tra loro da traversi
laterali e sulle diagonali.
Viti con tutore vivi
Il sostegno è costituito da piante
arboree, le più diffuse erano: acero,
olmo, pioppo (bianco e nero),
frassino, quercia, robinia, bagolaro,
gelso, noce, ciliegio, melo. Plinio
affermava che i grandi vini erano
prodotti da uve raccolte da viti in
arbusto
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Principi
che caratterizzano i
sistemi di allevamento
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Fittezza d’impianto
A partire dagli ‘60 la viticoltura mondiale ha subito un forte processo di
rinnovamento e in questo contesto, l’allargamento dei sesti d’impianto è
stato uno dei fattori principali ma che ha avuto le maggiori ripercussioni
negative sulla qualità, in particolare sui vini destinati a lunghi periodi
d’invecchiamento.
L’allargamento dei sesti d’impianto è stato dettato da motivi economici:
l’introduzione delle macchine a dimensioni standard in tutte le operazioni
colturali del vigneto.
In Italia, questo problema, si è manifestato maggiormente rispetto ad
altri paesi europei, quali Francia, Germania e Spagna, dove la rigidità dei
disciplinari di produzione e i severi vincoli ambientali, hanno fortemente
attenuato i riflessi negativi (principio della scuola francese classica:
elevata densità, maggiore qualità e quantità per ettaro)
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Variazioni della densità d’impianto
in alcuni paesi europei dal 1960 al 2000
[ceppi/ha]
6000
Francia
5000
Germania
4000
3000
Italia
2000
1960
1970
1980
2000
Fattori legati alla bassa densità d’impianto
Alla diminuzione della fittezza d’impianto son seguiti:
• Adozione di portinnesti più vigorosi
• Concimazioni ed irrigazioni meno equilibrate
• Potature più ricche
con le conseguenze di avere ottenuto:
• Apparato radicale più ampio per ceppo ma meno denso per unità di superficie
• Allungamento del ciclo vegetativo e riproduttivo con riflessi negativi sulla
maturazione dell’uva
• Modificazione nella distribuzione degli elaborati tra germogli, grappoli e
riserva legnosa e quindi nella composizione chimica fine del mosto.
• Spesso l’aumento di produzione per ceppo non coincide con la produzione
totale per ettaro
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Produzione uva
per ceppo e per ettaro nelle diverse densità d’impianto
[g]
[ql]
140
6000
120
5000
100
3000
Densità d’impianto
80 Alta: 10.000 ceppi/ha
Media: 5.500 ceppi/ha
60 Bassa: 2.500 ceppi/ha
2000
40
4000
Kg / ceppo
ql / ha
Fattori legati all’alta densità d’impianto
L’aumento della fittezza comporta:
•
•
•
•
•
Forme di allevamento basse e poco espanse
Posizione dei grappoli più vicina al terreno
Alta carica gemmaria per ettaro
Arrivo più rapidamente al regime produttivo (uva / ha)
Apparato radicale meno espanso, più fitto, più profondo (e comunque sempre
in relazione alla fertilità del terreno)
• Aumento della quantità di luce intercettata dall’apparato fogliare
ciò si traduce in difficoltà:
• a contenere lo sviluppo vegetativo in terreni molto fertili
• ad alzare la posizione dei grappoli rispetto al terreno in ambienti umidi
• ad eseguire lavorazioni sotto il ceppo
• dei germogli alla captazione dell’energia solare stimolando la competizione
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Effetti della densità d’impianto sulle radici
Sezioni
Orizz.
1x1
2x2
3x3
Vert.
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Compromesso tra l’alta e bassa
densità d’impianto
Le principali scuole di pensiero che hanno schierato i ricercatori negli
ultimi anni sono state:
• Mantenere l’equilibrio produttivo di un vigneto regolando opportunamente la
carica gemmaria per ettaro e relegando in secondo piano la forme di allevamento
• Prendere come elemento di riferimento la fisiologia della pianta intera, quindi
favorire l’ambiente di coltivazione e lo sviluppo armonico tra le componenti
vegetative e riproduttive della pianta.(Carbonneau, 1980: lyra)
Oggi si sta affermando un’ulteriore modalità di valutazione della efficienza
quanti-qualitativa: il filare come unità produttiva del vigneto
partendo dalla constatazione che:
• l’aumento dei ceppi per filare incrementa moderatamente la produttività dello
stesso e migliora sensibilmente la qualità
• l’aumento del numero dei filari per ettaro, invece, fa diminuire la produttività
• nella interazione dei due principi, la diminuzione (entro certi valori) è meno che
proporzionale all’incremento, per cui trovare il giusto equilibrio permette di
rispettare le esigenze di qualità, quantità e meccanizzazione.
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Interazioni
quantità [q/ha], qualità [Z %], n° ceppi/ha
[q/ha]
Produzioni q/ha
Zuccheri %
[Z%]
200
18
150
17
100
16
2600
3500
4400
5300 [ceppi / ha]
Determinazione della giusta densità
Le conoscenze attuali, frutto di tanti anni di ricerca viticola,
permettono di stimare il potenziale vegetativo di una vite, e quindi
determinare la densità ottimale d’impianto, attraverso l’analisi:
• della vigoria del portinnesto,
• dell’energia solare disponibile,
• della fertilità del terreno.
Dati suggeriti dall’esperienza indicano:
• 2500 ÷ 3500 ceppi /ha in ambienti fertili, caldi e molto soleggiati
• più di 5000 ceppi / ha in zone povere e siccitose
In quest’ultimo caso il limite superiore è rappresentato dalla
densità che induce un calo produttivo a causa dell’eccessivo
affastellamento della vegetazione, riducendo la fotosintesi,
ostacolando la maturazione e favorendo gli attacchi parassitari.
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Superficie fogliare esposta
Per portare a maturazione 1 kg di uva è necessaria una superficie
fogliare efficiente di circa 1 m2
2H + 1,5e
SFE = ---------------- 10000 K
E
e
SFE = Superficie fogliare esposta reale (m2 / ha)
H
= Altezza della vegetazione (m)
e
= Spessore medio della parete fogliare (m)
E
= Larghezza dell’interfilare (m)
K
= Coefficiente di correzione (varia da 1 a 0,7)
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H
E
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Superficie fogliare
al variare della densità e della forma di allevamento
D
C
m2 / ha
B
A
1000
5000
10000 [ piante / ha]
Indici fogliari
Alcuni indici proposti da Intrieri (1995), tendono a determinare
la densità ottimale di un impianto per ogni modello viticolo; tali
indici sono:
( SFT= Superficie Fogliare Totale / Esposta)
a)
m2 SFT
---------------- = 1,5 ÷ 2,5
m2 SFE
b)
m2 SFT
---------------- = 1,0 ÷ 1,5
kg uva
kg uva
c) ----------------------------- = 8,0 ÷ 12,0
kg legno di potatura
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Densità fogliare
Viene espressa da un indice (Ec) e
stima la qualità del microclima sotto la chioma:
(1-T/D)S
Ec = -------------------- 100
C
T = distanza media (m) lungo la fila di interruzione della continuità della chioma
D = distanza delle piante sulla fila
S = perimetro della sezione della parete vegetale esposta ad 1 m di h della chioma
C = n° gemme lasciate per metro lineare
Ec = 10 ÷ 15 sfavorevole alla qualità
Ec = 15 ÷ 20 buono
Ec = 20 ÷ 25 eccellente
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Elementi per l’indice di densità fogliare
T
S
1m
D
C : n° gemme / m lineare
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Disposizione delle piante
Le migliori condizioni di sviluppo radicale si realizzano
con una disposizione dei ceppi in quadrato.
Però la necessità di meccanizzazione delle varie operazioni
e l’esigenza di attuare alte densità d’impianto, impongono la
disposizione delle viti a rettangolo.
Tanto più larga è la base del rettangolo (larghezza
dell’interfilare) e bassa è l’altezza (distanza sul filare), tanto
meno equilibrato risulta lo sviluppo radicale e l’esplorazione
del terreno in coltura.
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Orientamento dei filari
In terreni collinari l’orientamento è quasi sempre imposto
dalla linea di massima pendenza.
Nei terreni pianeggianti, invece, l’orientamento dei filari
deve mirare alla massima ricezione di energia luminosa, e
risulta essere: Nord - Sud.
Però, al variare della latitudine e quindi della disponibilità
di energia termica e luminosa nel corso del periodo
vegetativo, la risposta della vite può essere diversa per cui il
problema va affrontato da caso a caso.
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Intercettamento della luce
orientamento Nord - Sud
L’orientamento Nord - Sud ha una migliore intercettazione della
luce al mattino e durante il pomeriggio; nella fase centrale della
giornata, invece, la maggior parte di energia solare si disperde al
suolo.
Questa condizione privilegia gli ambienti molto caldi e siccitosi.
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Luce fotosinteticamente attiva
nei filari con orientamento Nord - Sud
%
Sommità
80
60
Est
Ovest
40
20
[h]
Intercettamento della luce
orientamento Est - Ovest
L’orientamento Est - Ovest presenta una minore ricezione della luce al
mattino e nel pomeriggio.
Tale condizione si adatta meglio alle zone settentrionali, dove le
temperature del mattino e della fase serale del pomeriggio, risultano
sotto la soglia per un buon processo di fotosintesi clorofilliana.
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Luce fotosinteticamente attiva
nei filari con orientamento Est - Ovest
%
Sommità
80
Sud
40
Nord
[h]
Luce fotosinteticamente attiva
al variare della densità e dell’altezza del filare
%
80
h=3m
40
h=2m
h=1m
1
2
3
4
5
6
7 m
[ Larghezza del filare]
Ottimizzazione della fotosintesi
Di tutta l’energia solare che colpisce le foglie solo l’1 % circa
viene convertita dalla pianta in zuccheri.
Le foglie che si trovano in secondo piano, nella massa vegetativa,
ricevono principalmente solo radiazione diffusa, per cui la loro
efficienza fotosintetica risulta sensibilmente ridotta.
Queste considerazioni devono indurre ad attuare forme di
allevamento che permettono di ottenere:
• Ampie superfici fogliari
• Riduzione dell’energia che intercetta il terreno
• Architetture fogliari di ridotto spessore per limitare il numero
delle foglie poco illuminate
• Le condizioni migliori di microclima per la fotosintesi
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Massimizzazione delle capacità
genetiche della cultivar
I diversi genotipi, generalmente, presentano comportamento
morfologico e fisiologico differente che bisogna tenere presente
nella forma di allevamento.
• Vitigni con spiccata tendenza all’assurgenza, come Cabernet S.,
Malbech, Marzemino, ecc., mal si adattano a forme di allevamento
con vegetazione a ricadere, ma prediligono sistemi verticali con
indirizzo ascendente della chioma.
• Varietà con bassa fertilità basale ( Boschera, Tocai, Moscato
giallo, ecc. ) non devono essere allevate con sistemi che prevedono
potature a sperone.
• La zona produttiva della vite deve collocarsi in posizione tale da
rendere i grappoli liberi dalla vegetazione ma sufficientemente
protetti da elevata insolazione.
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Meccanizzazione
Se alcune o tutte le operazioni colturali del vigneto si
vogliono effettuare a macchina, è necessario che la forma di
allevamento presenti quei particolari e specifici requisiti che
permettono ai mezzi meccanici di operare correttamente.
Oggi, l’evoluzione delle macchine e le modifiche apportate
a molte delle diverse forme di allevamento, consentono la
meccanizzazione completa del vigneto.
Particolari attenzioni, però, devono essere riservate alle
modificazioni dei sistemi di allevamento, che devono
relazionarsi alle esigenze qualitative per non incorrere negli
inconvenienti citati precedentemente.
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Classificazione delle forme di allevamento
Secondo
- l’altezza del fusto
Bassa (sotto 1,20 m) - Alberello - Guyot - Cordone speronato
Media (da 1,20 1,60 m) - Sylvoz - Casarsa - Cordone libero
Alta
(oltre 1,60 m) - Raggi - pergole - tendone - GDC
- il tipo di potatura
Corta - Alberello - Cordone speronato - Cordone libero - GDC
Mista - Guyot - Casarsa
Lunga - Sylvoz - pergola - tendone
- presenza o assenza di fili di contenimento della vegetazione
Con presenza di fili - Guyot - Cordone speronato - Casarsa
Con assenza di fili - Cordone libero - GDC
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Forme di allevamento, tipologie varie
Guyot
Casarsa
Pergola semplice TN
Cordone speronato
Cordone libero
Pergola doppia emil.
Capovolto
Cortina semplice
Sistema Belussi
Lyra
Cazenave
Tendone
Alberello
Sylvoz
R 100
G.D.C.
Duplex
Davis
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Guyot
Forma di allevamento bassa,
con potatura mista(capo a frutto
di 8 ÷ 10 gemme, sperone di 1 ÷ 2
gemme ) e fili di contenimento
della vegetazione.
Adatto ad ambienti collinari
non molto fertili
Palo filare
in cemento o in acciaio zincato
Ø: 7x7÷7x8 L: 270
profondità: 70
Palo testata
in cemento o in legno impregnato
Ø: 9x9 L: 280
ancorato con fune d’acciaio
Ø: 0,7
450÷550
40÷50
30÷35
70÷100
################################
filare
Filo di sommità
in ferro
n° 17
Fili di contenimento
in ferro o acciaio o
plastica
n° 14
n° 20 ÷ 22
180÷250
###############
Filo di sostegno
in ferro (spiralato)
oppure crapal
interfilare
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Guyot
Legenda:
450÷550
 legno inizio 1° anno
40÷50
 legno inizio 2° anno
30÷35
 legno inizio 3° anno
 distanze della struttura
 palo di sostegno vite
70÷100
################################
filare
Forma di allevamento bassa, con potatura mista
(capo a frutto di 8 ÷ 10 gemme, sperone di 1 ÷ 2 gemme )
e fili di contenimento della vegetazione.
Adatto ad ambienti collinari non molto fertili
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Guyot: materiali di sostegno
Palo filare
in cemento o in acciaio
zincato
Ø: 7x7÷7x8 L: 270
profondità: 70
Filo di sommità
in ferro
n° 17
n° 14
n° 20 ÷ 22
Palo testata
in cemento o in legno
impregnato
Ø: 9x9 L: 280
ancorato con fune
d’acciaio
Ø: 0,7
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Fili di contenimento
in ferro o acciaio o
plastica
180÷250
##############
interfilare
Filo di sostegno
in ferro (spiralato)
oppure crapal
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La nuova classificazione GESCO
delle forme di allevamento
(Groupe d’étude des systèmes de conduite de la vigne)
Ordine: Aleatorio, Punteggiato, Allineato, Incrociato
Famiglia: Selvaggio, Coltivato sparso, C. individuale, C. libero, C.
filare, C. quadrettato,
Genere: Selvaggio cespuglioso, S. pendente, S. rampicante, S.
strisciante, Sparso volumico, Sparso aperto, Individuale volumico,
I. convergente, I. aperto, I. semi-coprente, Libero volumico, Libero
aperto, Filare volumico, F. rialzato, F. ricadente, F. disgiunto, F.
aperto, F. in quadrato, F. semi-coprente, Quadrettato semicoprente, Q. coprente
Specie( n° 50 - denominate forme basi - da 1- cespuglio a 50 - tetto d’officina )
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ciglioni
(Groupe d’étude des systèmes de conduite de la vigne)
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