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Come quello di Berlino crolla il muro di silenzio su Gramsci
Come quello di Berlino
crolla il muro di silenzio su
Gramsci
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Pizzi scruta un affaticato
Giorgio Napolitano. Le foto
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10 - 11 - 2014 Carlo Patrignani
Come quello di Berlino crolla il muro di silenzio su Gramsci
Venticinque anni fa crollava il Muro di Berlino e per l’elefante dai piedi d’argilla, il
fantastico e venerato comunismo realizzato da Iosif Stalin, fu la fine: sotto le macerie si
depositarono i sogni infranti e le speranze planetarie spezzate della fallita liberazione
dell’uomo degradata nel suo opposto, tenuto nascosto per decenni: le purghe del
Grande Terrore prima e poi i gulag, per l’eliminazione fisica dei dissidenti.
Come un miraggio, venticinque anni dopo il traumatico tracollo del mito dell’Urss e del
suo micidiale protagonista, propagandati in Italia, al ritmo di adda venì Baffone o del
ritornello…e noi faremo come la Russia chi non lavora non mangerà, dal Migliore
paladino di Stalin, Palmiro Togliatti, irrompe sulla scena culturale Gramsci nel cieco
carcere degli eretici, per L’Asino d’oro edizioni, opera della calda, forbita e graffiante
penna di Noemi Ghetti.
Un libro, un bellissimo libro, di certo ben scritto, di quelli, rarissimi nel vuoto d’idee di
oggi, che hanno il pregio di riconciliare il lettore con il fascino della buona lettura, quella
che sa catturare attenzione e curiosità, partecipazione e coinvolgimento, per i fasci di
luce diffusi sulla vicenda umana e politica di una delle migliori, se non la migliore mente
pensante del ’900, incontaminata da dogmi e verità rivelate, religione e stalinismo in
testa.
FOTO
Amato, Monti e Prodi
ridanciani all’Accademia dei
Lincei. Pensano al Colle? Le
foto di Pizzi
Pagina dopo pagina, ci si accorge che il libro non è un miraggio: la luce che l’autrice
mette con maestria, sapienza e stile originale, sulla nota dantesca, riportata da Gramsci
nei Quaderni del carcere, fa trasparire, emergere come dietro il sanguinoso scontro tra
Dante e Cavalcanti, ce ne fosse un altro non meno sanguinoso: quello tra Gramsci e
Togliatti, per troppo tempo sottaciuto e quando non proprio sottaciuto, passato come un
banale dissidio dettato dalle circostanze e non da visioni umane diametralmente
opposte.
Gramsci, il piccolo grande uomo di cultura arrivato dalla Sardegna giovanissimo a Torino,
dove ebbe un lungo e proficuo feeling intellettuale con Piero Gobetti, ha finito per vivere,
Il Muro di Berlino 25 anni
dopo. Le foto più bizzarre
01
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Improvvisamente, a lettura ultimata, il libro della Ghetti che sarà presentato sabato
prossimo a Firenze, pare essere diventato altro tanto s’ode il crollo deflagrante di altro
Muro: il pervicace silenzio, a volte, anzi spesso omertoso fino all’oscuramento, che ha
imprigionato il prestigioso sardo detenuto nel carcere fascista, quel cervello non deve
pensare per vent’anni, in un abito e ruolo non suoi: essere l’antesignano di un
comunismo, la via italiana al socialismo di Togliatti, che in realtà non gli sono mai
appartenuti. Tanto Gramsci restò laico, anzi ateo, fino alla morte, quanto Togliatti aprì
appena sbarcato a Salerno nel ’44 la strada al catto-comunismo. Tanto Gramsci
prestissimo capì e criticò lo stalinismo, quanto Togliatti se ne fece fiero paladino.
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meglio per sopravvivere in un carcere doppio: alla nuda e minuta, oscura e fredda cella
del carcere fascista impostogli per ben vent’anni da Benito Mussolini, si aggiunse il
carcere ben più duro, pesante, umiliante: quello impostogli, con indifferenza e diffidenza,
dal suo stesso partito che aveva fondato con Togliatti nel 1921, per esser sin troppo
libero nei sottili, arguti e ferrei distinguo sullo stalinismo e i suoi metodi di lotta politica,
da divenire troppo scomodo e ingombrante.
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Chi c’era alla prima del film
di Ermanno Olmi. Le foto di
Pizzi
Eppure, nonostante il duro, pesante e umiliante carcere, Gramsci ebbe forza e capacità
di dar vita a un nuovo umanesimo, sempre dalla parte degli oppressi, dei più deboli. E, in
questa visione rivoluzionaria, secondo la Ghetti, si può apprezzare come l’identità
femminile e lo sviluppo dei bambini sono questioni a cui si mostò sempre, nell’azione
politica e in privato, molto sensibile e atttento.
In tal modo, la geniale idea gramsciana di egemonia culturale, ovvero di una lotta senza
armi, ma solo rivoluzione del pensiero e della parola – argomenta la Ghetti – si pone
oggi come la necessità storica del superamento dell’ideologia, condivisa dal logos greco
e dal cristianesimo, della scissione e della cattiveria originaria degli esseri umani.
Non bastasse questo, l’autrice chiama in causa Noberto Bobbio: se è vero – si può
leggere nella bandella del libro – come Bobbio scrive, che non vi può essere
ortodossia che all’inizio non sia essa stessa critica e che l’ortodossia marxista è
per ciò stesso, come tutte le ortodossie, una eresia, rileggere Gramsci, l’autore
italiano più tradotto nel mondo insieme a Machiavelli, si rivela un fecondo esercizio di
laicità. Nella grave crisi della sinistra, è necessario ripartire da qui per trovare la strada
di un nuovo umanesimo.
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