Bello Nella Scienza - Paolo Sirabella docet!
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Bello Nella Scienza - Paolo Sirabella docet!
Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. Paolo Sirabella Il ruolo dello scienziato è quello di scoprire o creare immagini di quanto avviene nel mondo naturale, e di collocarle in un sistema coerente di altre immagini, in modo tale che il tutto risponda ad una struttura armonica, in cui semplicità e complessità possano coesistere contemporaneamente. Il sistema nel quale le nuove immagini sono integrate è costituito da immagini generali, elementari, potremmo dire immagini guida. E’ questo il presupposto dal quale bisogna partire perché sia poi possibile parlare della bellezza nella scienza. Tale assunto è, forse, talmente caratterizzante l’idea di scienza, che potrebbe esso stesso essere la conclusione di una ricerca sulla natura della teorizzazione scientifica. In fin dei conti, è proprio “presupposto e conclusione”, l’assioma indimostrabile alla base del sapere scientifico. L’aspetto del pensiero scientifico che c’interessa, in questo viaggio alla ricerca della sua bellezza, è quello della teorizzazione di base, della cosiddetta scienza pura. Nella scienza applicata, nel perseguimento di una realizzazione utile, non sono presenti, infatti, i veri valori che costituiscono i riferimenti fondamentali di una ricerca sui criteri estetici ammessi nella teorizzazione scientifica. Anche nella stessa scienza pura, sono solo i temi di base che possono interessare questo percorso, vale a dire quelli finalizzati all’analisi della costituzione ultima della materia e dei concetti primari dello spazio-tempo. Nella definizione di una legge di base sono decisivi tre aspetti: universalità, predizione e identificazione 1. Il primo, l’universalità, fa di una teoria, nata in un contesto delimitato, la chiave di lettura e d’interpretazione di una classe più ampia di fenomeni: l’esempio più classico e quello della teoria newtoniana di gravitazione universale, che mantiene la sua validità sia nella fisica dell’atomo che in quella degli astri. La predittività di una teoria permette poi, una volta prodotta un’immagine rappresentativa del fenomeno naturale, di vederla svolgere in un tempo virtuale 1 Chandrasekhar S. (1990), “Verità e bellezza. Le ragioni dell’estetica nella scienza”, Garzanti, Milano, pp 25-36 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. (completamente controllabile) anche futuro, prevedendone i vari stati 2. La successiva conferma sperimentale della previsione corrisponde alla validazione della correttezza dell’immagine rappresentativa 3. L’aspetto, infine, dell’identificazione permette di associare, sulla base di una sorta di corrispondenza d’immagine, qualcosa di nuovo, a priori ignoto, a qualcosa, invece, di noto, di già visto e già elemento di una teoria compiuta, di un’immagine organizzata. Potremmo tradurre in termini psicoanalitici, un’identificazione, non come nella concettualizzazione freudiana con l’oggetto fisico, ma con l’immagine interna dell’oggetto fisico che, corrispondendo “empaticamente” alla propria immagine interiore, la arricchisce con qualcosa di nuovo 4. Si può quindi dire che la teorizzazione scientifica delle leggi di base, consiste nell’individuazione delle immagini fondamentali che regolano il mondo naturale. Nel linguaggio scientifico tali immagini sono delle rappresentazioni pregne di significato, essenziali, in cui nulla è ridondante o trascurabile. Esse sono le leggi che regolano non tanto la natura quanto la lettura che l’essere umano ha dei fenomeni naturali, sono la manifestazione di ciò che in un fenomeno naturale è il latente, la struttura nascosta. Il linguaggio nel quale sono espresse tali leggi è un linguaggio formale, il più sintetico immaginabile, insensibile alla corrosione del tempo proprio perché assolutamente atemporale: è il linguaggio dei simboli, il linguaggio matematico. L’immagine di un fenomeno fisico, per garantirla immune da fraintendimenti dovuti all’interpretazione soggettiva, si rappresenta e si traduce in formalismo matematico. La formulazione matematica di una legge fisica, per chi ne conosce il linguaggio, non può essere interpretata, poiché essa stessa è la traduzione esplicita del latente. Essa può essere più o meno corretta, ma la sua lettura, conoscendo la grammatica e la sintassi della matematica, è sempre la stessa, per chiunque, immutabile. 2 3 4 Bisogna tenere, però, conto dell’esistenza di tutta una classe di fenomeni (sempre più studiati nella fisica contemporanea con il nome di sistemi complessi) che, per la loro intrinseca aleatorietà, e talvolta, caoticità, - in alcuni casi perfettamente spiegabili con un modello matematico - non permettono, tuttavia, l’elaborazione d’alcuna inferenza predittiva (utilizzabile, invece, nei sistemi semplici, deterministici). Anche se, in realtà, una validazione della teoria senz’altro più rigorosa è associata al suo potere confutazionale. Vedi Popper K. R. , “La logica della scoperta scientifica”, Einaudi, Torino (1970) e Popper K.R. , “Congetture e confutazioni”, Il Mulino, Bologna, (1972). Il concetto d’empatia si realizza e si diversifica da quello di simpatia, con il quale è stato confuso in molte teorizzazioni psicoanalitiche, per la conoscenza e il rifiuto della pulsione d’annullamento. Al proposito vedi: Riggio M. (1995), “Il problema dell’empatia nella relazione psicoterapeutica”, Il Sogno della Farfalla, 2/95, p 39. Paolo Sirabella 2 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. In una ricerca sul senso ed il ruolo della bellezza nella teorizzazione scientifica, dovendosi riferire necessariamente al linguaggio ed al sistema formale nel quale essa è espressa, si presenta quindi una prima difficoltà: è possibile apprezzare tal eventuale bellezza se non si è padroni del linguaggio che le è proprio ? Possiamo provare a risolvere il quesito prendendo in paragone la rappresentazione artistica. Di fronte ad un dipinto, ascoltando una sinfonia, o sfiorando una scultura siamo forse tutti in grado, almeno potenzialmente, di apprezzarne la bellezza (o la bruttezza), senza avere una padronanza del linguaggio artistico necessariamente sviluppata; non succede la stessa cosa di fronte all’eleganza di un teorema matematico, alla completezza di una teoria della fisica. La capacità di recepire questa particolare bellezza è legata alla conoscenza del suo linguaggio d’espressione. Ma anche tale conoscenza non è sufficiente per recepirne la bellezza: non tutti coloro che padroneggiano il formalismo matematico sono egualmente recettivi di fronte alla bellezza matematica. E’ forse più che la conoscenza, una “conoscenza” diversa ? Ritornando all’artista, l’immagine che rappresenta in un dipinto, o in una musica, nasce dall’interazione che esso ha avuto con il mondo, dall’elaborazione psichica di una sensazione vissuta in rapporto alle cose e alle persone, perciò si può ipotizzare che la rappresentazione artistica di tali immagini possa comunicare la risonanza d’altrui sensazioni. L’immagine che lo scienziato vuole rappresentare con la formulazione di una teoria scientifica, probabilmente nata da una sua interazione con il mondo naturale e/o con una sua rappresentazione interna, ha invece una comunicazione in un altro senso, potremmo dire un “senso interno”, con il quale l’armonia di una forma è percepita esclusivamente con una visione interna, non fisica. I criteri di bellezza che guidano la nascita di una tale immagine nella formulazione teorica possono essere quindi condivisibili solo da chi è in grado di recepirne la traduzione “verbale”, conoscendone il linguaggio formale. Ma è anche vero che alcune delle teorie scientifiche più belle hanno una potenza espressiva tale da essere intuite anche al di là della mera formalizzazione, e solo per la risonanza di una bellezza ancora sconosciuta. Lo scienziato, nel momento della scoperta, in qualche modo svela il latente, lo rende intelligibile, traducendo l’immagine intuita grazie ad una personalissima sensibilità in un linguaggio Paolo Sirabella 3 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. universale. Forse è come interpretare un sogno, creando un’immagine, imponendo una propria immagine rivelatrice di quanto era sconosciuto 5. L’impressione è che apprezzare in modo totale una nuova immagine di una teoria scientifica non sia sempre possibile, e per lo meno richieda una notevole recettività e capacità di saper conservare o ricreare le immagini e la loro potenza nel passaggio da un linguaggio all’altro. Tornando al tema della nascita di una teoria scientifica, il comune denominatore tra il momento della teorizzazione, della scoperta, e quello dell’espressione artistica è forse individuabile con l’analisi del punto di partenza di entrambi i processi: il ruolo della motivazione e dell’intuizione. Alcune riflessioni del fisico teorico indiano Chandrasekhar6 hanno portato al sovvertimento di alcuni luoghi comuni sulle motivazioni che spingono lo scienziato a dedicarsi alla ricerca: non sono “l’utilità della scoperta”, il doversi riferire a bisogni o urgenze sociali, la “sacra passione” per la verità, la “curiosità bruciante” per i segreti della natura a guidare lo scienziato nella sua ricerca. Sono, invece, il desiderio di partecipare attivamente al progresso della scienza, la tendenza alla sistematizzazione, l’aspirazione all’integrazione d’aspetti differenti in uno schema generale dotato di forma e coerenza, quindi di rigore, d’ordinamento logico, di completezza. La produzione scientifico-filosofica, almeno fino al Seicento, è stata spesso caratterizzata, nei suoi momenti più alti, dalla costruzione di un sistema 7 che ha costituito una vera e propria visione del mondo, nel quale la scoperta scientifica era inserita in un contesto più ampio 8. E’ probabilmente quest’ultimo aspetto il filo conduttore che può accompagnarci nell’individuazione dei punti nodali del processo di nascita di una teoria scientifica e che ci può permettere di delineare dei criteri selettivi basati sulla definizione di una sorta di bellezza matematica nella formulazione di una teoria. Gerard Holton ha individuato almeno otto aspetti cruciali nello studio di un evento scientifico9: 1) la comprensione del contenuto scientifico dell’evento; 2) l’evoluzione della conoscenza scientifica comune a proposito dell’evento; 3) il contesto personale dello scienziato al momento della scoperta, nella nascita 5 6 7 8 9 Dai seminari d’Analisi Collettiva di Massimo Fagioli. Chandrasekhar S. (1990) op. cit., pp. 36-38 Ci si riferisce, per esempio, a Keplero (“Astronomia Nova et Harmonices Mundi”), a Galilei (“Discorsi e dimostrazioni ..”), a Newton (“Principia”). Chandrasekhar S. (1990) op. cit., pp. 17-19 Holton G. (1983), “L’immaginazione scientifica”, Einaudi, Torino, pp. 3-9 Paolo Sirabella 4 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. della teoria; 4) l’evoluzione dell’attività scientifica personale; 5) lo sviluppo psicobiografico dello scienziato, 6) l’ambiente sociale; 7) lo sviluppo culturale esterno alla scienza; 8) l’analisi logica del lavoro studiato. Ma questi aspetti, sono, secondo Holton, insufficienti per una soddisfacente caratterizzazione dell’evento. Alcune domande non vi trovano risposta 10: cosa c’è di costante nel perenne mutamento della teoria e della pratica della scienza? Perché certi scienziati si aggrappano a modelli o “principi sacri”, anche se, talvolta, contraddetti dall’evidenza sperimentale? Che cosa permette di “compiere il balzo oltre l’abisso che corre tra l’esperienza e i principi base”, e creare le immagini rappresentative. Cosa c’è dietro le scelte chiaramente quasi estetiche di certi scienziati ? Holton propone, quindi, l’aggiunta di un nono aspetto fondamentale per l’analisi del lavoro scientifico: l’analisi tematica. Con essa s’intende l’individuazione, nella teoria studiata, di riferimenti a determinate linee tematiche, che motivano e guidano le scelte nella teorizzazione scientifica: possiamo individuare i temi fondamentali di sviluppo della produzione scientifica moderna nei concetti antitetici di atomismo e continuo, di evoluzione e involuzione, di gerarchia e unità, di unificazione e scomposizione, di sintesi ed analisi, di simmetria e asimmetria, così come quelli di complementarietà, chiralità, isotropia, omogeneità, conservazione, complessità. Queste linee tematiche, nonostante se ne inseriscano, nel tempo, di nuove, sono pressoché le stesse che si trovano nella storia del pensiero scientificofilosofico fin da Epicuro, Parmenide, Democrito, Aristotele. Ogni linea tematica ha i suoi aspetti di bellezza, ai quali ci si affida, spesso, senza compromessi 11. E’ l’adesione ad una particolare di esse che guida lo scienziato ad “operare delle scelte quasi estetiche” nella formulazione di una teoria. . E’ certo che ogni linea tematica obbliga, nel percorso che porta alla delineazione di un’immagine del fenomeno naturale, alla realizzazione di un’idea d’armonia, che è idea di bellezza. 10 11 Ibidem Ibidem Paolo Sirabella 5 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. Il matematico Henri Poincaré scrive 12: “Lo scienziato non studia la natura perché sia utile farlo. La studia perché ne ricava piacere; e ne ricava piacere perché è bella. Se la natura non fosse bella, non varrebbe la pena di sapere e la vita non sarebbe degna di essere vissuta (...). Intendo riferirmi a quell’intima bellezza che deriva dall’ordine armonioso delle parti e che può essere colta da un’intelligenza pura. (...) Proprio perché la semplicità e la vastità sono entrambe belle noi cerchiamo di preferenza fatti semplici e fatti vasti; e ne traiamo piacere ora dal seguire il corso immenso delle stelle ora dall’osservare con un microscopio quella prodigiosa piccolezza che è anche una vastità, e ora nel ricercare nelle ere geologiche quei segni del passato che ci attraggono per la loro lontananza.” Sebbene ciascuna linea tematica abbia i suoi aspetti di bellezza, è possibile individuare due definizioni complementari che stabiliscono il paradigma delle scelte tematiche antitetiche. Per Francis Bacon: “Non c’è bellezza eccellente che non abbia qualche stranezza nelle proporzioni”. Per il fisico Werner Heisenberg: “La bellezza è l’appropriata conformità delle parti l’una all’altra e al tutto”. La storia della scienza è segnata da un continuo alternarsi di teorie che individuano una particolare simmetria (la conformità di Heisenberg) e di scoperte che evidenziano rotture di simmetria (le stranezze di Bacon), e quindi di simmetrie ritrovate ridefinendo ed ampliando il contesto. Probabilmente è questa positiva dicotomia la base dell’evoluzione stessa del pensiero scientifico. Tornando al senso interno dello scienziato, che gli permette di “vedere” l’armonia di una teoria e l’eleganza di un’immagine o di un modello, è interessante ricordare la testimonianza di chi ha vissuto questa sensazione. Il fisico Werner Heisenberg 13, parlando del momento in cui realizzò l’importanza di una sua scoperta, racconta: “(..) una sera, mi accorsi che ero ormai pronto a determinare i singoli elementi della tabella dell’energia (..). Calcolai i primi termini e, con mia grande eccitazione, trovai che rispettavano il principio di conservazione dell’energia. A questo punto cominciai a fare errori d’aritmetica uno dopo l’altro (..) Con i risultati finali risultava che il principio di conservazione era sempre rispettato: non dubitavo più, adesso della 12 13 Riportata da Chandrasekhar S (1979) in “Beauty and the quest of beauty in science”, Physics Today, 32, pp 25 e sgg. Heisenberg W. “Fisica e oltre. Incontri con i protagonisti 1920-1965.”, Boringhieri, Torino, 1984, pp. 7172, riportato anche in Chandrasekhar S. (1990) Op. cit., pp. 49 Paolo Sirabella 6 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. coerenza e della validità matematica della meccanica quantistica di nuovo tipo che i miei calcoli prospettavano. La mia prima impressione fu di sgomento: ebbi l’impressione di osservare, oltre la superficie dei fenomeni atomici, un livello più interno di misteriosa bellezza. Il pensiero che ora mi sarebbe toccato di indagare più a fondo questo nuovo mondo matematico mi dava le vertigini. Ero troppo eccitato per andare a dormire e così uscii che appena albeggiava e mi arrampicai su un picco roccioso a strapiombo sul mare che da parecchi giorni desideravo scalare. Non incontrai particolari difficoltà e vidi sorgere il sole dalla vetta”. Cosa è quella “impressione di osservare, oltre la superficie dei fenomeni atomici” che dà sgomento? C’è un altro quesito che può essere posto all’attenzione dei cultori della realtà psichica umana: chi si occupa di scienza sa benissimo quanto sia frequente, nell’atto della costruzione o della comprensione di una teoria, quell’identificazione immaginaria con l’oggetto che si sta studiando: “ .. se io fossi un elettrone ..”, “ .. se fossi a cavallo di un onda elettromagnetica ..”. Ben consapevoli del limite di tali operazioni mentali, viziate da un’antropomorfizzazione del fenomeno naturale, sta di fatto che alcuni scienziati producono ed elaborano con tali modalità immagini che sono assai spesso convalidate da successive prove di laboratorio. E’ una particolare capacità di rapportarsi con l’oggetto fisico, al di fuori della coscienza, il momento chiave dell’intuizione scientifica? Forse la sensazione di bellezza che si può provare di fronte ad una teoria, e la fiducia in quel senso interno che fa recepire tale bellezza possono essere tali da rendere possibili quei balzi, contro ogni logica, dall’esperienza sensibile all’intuizione di un’immagine della struttura soggiacente, saltando a piè pari il “rigoroso” criterio deduttivo. Il fisico matematico Hermann Weyl disse: “Nelle mie ricerche mi sforzai sempre di unire il vero al bello; ma quando dovetti scegliere fra l’uno e l’altro, di solito scelsi il bello” 14. E le scelte di Weyl in questo senso si dimostrarono, a posteriori, sempre giuste. Lo stesso Einstein, discutendo di un controllo sperimentale della sua teoria generale della relatività, rispondendo a chi gli chiese cosa avrebbe fatto se l’esperimento non avesse confermato la sua teoria, disse: “Tanto peggio per l’esperimento. Ha ragione la teoria!” 15. E il fisico Paul Dirac che, dopo aver costruito un’equazione dell’elettrone matematicamente più elegante (che in seguito portò, con successo, 14 15 Da una conversazione di H. Weyl con il fisico F. Dyson, riportata in Chandrasekhar S. (1990), Op. cit.,p 105 Riportato in “La mente di Dio”, di Paul Davies, Mondadori, (1993), p 216 Paolo Sirabella 7 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. alla predizione dell’esistenza dell’antimateria), affermò: “Per le nostre equazioni la bellezza è più importante dell’accordo con gli esperimenti” 16. Una rappresentazione di grande bellezza scientifica, può provocare anche intense emozioni: come Chandrasekhar racconta 17 “(..) l’esperienza più squassante è stata la presa di coscienza che una soluzione esatta delle equazioni della relatività generale di Einstein (..) fornisce la rappresentazione assolutamente esatta di una quantità innumerevole di buchi neri di gran massa che popolano l’universo. Questa esperienza di «tremore dinanzi al bello», questo fatto incredibile, che una scoperta motivata da una ricerca del bello in matematica dovesse trovare la sua esatta replica in natura, mi convince a dire che la bellezza è ciò a cui la mente umana risponde nei suoi recessi più profondi e segreti ”. Qualcosa di molto simile al “tremore” di cui parla Chandrasekhar è noto, in altro contesto, come Sindrome di Stendhal: lo smarrimento di fronte alla bellezza dell’opera d’arte. Il matematico, come il pittore ed il poeta, è, nel momento della scoperta o dell’invenzione, un creatore di forme: sono forme assolutamente nuove che possono creare uno smarrimento? Ma mentre per il pittore e il poeta le forme si esprimono con segni e colori o con parole, nel matematico rimangono solo forme, e forse, proprio per questo, quelle del pensiero matematico sono più durature. Un'osservazione di Le Corbusier riguardo alla relazione tra l’espressione artistica e quella matematica ci pone un ulteriore quesito 18. Scrive l’architetto: “(..) per l’artista matematica non significa scienze matematiche. Non si tratta necessariamente di calcoli ma della presenza di una sovranità; una legge d’infinita risonanza, consonanza, ordine. Il rigore è tale che l’opera d’arte ne è una conseguenza (..). Nulla è casuale in Natura. Quando si è capito che cosa sia la matematica in senso filosofico, la si scoprirà in tutte le opere. Il rigore, la precisione sono il mezzo per trovare la soluzione, la ragione dell’armonia“. Nelle parole di Le Corbusier è possibile ravvisare una tensione apollinea alla proporzione e al rigore: nella sua opera architettonica regna imperante l’estrema coerenza dell’oggetto in sé, dell’appropriata conformità delle parti l’una all’altra e al tutto. Tale perfezione, nel purismo funzionalista della 16 17 18 Ibidem Chandrasekhar S. (1990), Op. cit.,p 91 Le Corbusier, “L’architecture et l’esprit mathematique”, in Le Lionnais F. (a cura di) (1962), “Le grands courants de la pensée mathematique”, Librairie Scientifique et Technique A. Blanchard, Paris, p. 490. Riportato in Emmer M. (1991), “La perfezione visibile”, Theoria, Roma, p. 56. Paolo Sirabella 8 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. produzione architettonica di Le Corbusier, sembra quasi essere esente dalla considerazione dell’abitante gli spazi progettati, l’essere umano, se non per le sue proporzioni metriche, nel Modulor. E’ un’architettura assoluta, senza legami. Dall’altra parte, se si analizzano le proposizioni architettoniche di Frank Lloyd Wright, è possibile percepire quell’altro tipo di bellezza, con qualche stranezza nelle proporzioni, dovuta proprio a quell’organica fusione con l’ambiente naturale e con l’abitante umano, tali da rendere l’ordine ed il rigore, seppur presenti, non riproducibili da una situazione all’altra. E’ quindi possibile individuare anche in un campo non propriamente scientifico come quello dell’architettura, la presenza, seppur latente, di una linea tematica di grande importanza nello sviluppo delle teorie scientifiche. E tale analisi è sicuramente estendibile a tutte quelle situazioni nelle quali la bellezza costituisce criterio selettivo fondamentale nella crescita della conoscenza. Tornando a parlare della teorizzazione scientifica, ed in particolare del pensiero matematico, si possono individuare due diverse tendenze, opposte e complementari: quella analitica e quella geometrica. La prima ha come strumento primario la deduzione logica, la seconda l’intuizione. Il matematico Henri Poincaré ha tratteggiato con grande effetto le due tipologie, individuando per ciascuna di esse degli elementi rappresentativi. Paragonando due scienziati francesi, Bertrand ed Hermite, li descrive così 19: “Quando parla, Bertrand [l’approccio geometrico] è sempre in azione; ora sembra alle prese con qualche nemico esterno, ora disegna con un gesto della mano le figure che studia. Evidentemente egli vede e cerca di disegnare: è per questo che si aiuta col gesto. Per Hermite [l’approccio analitico] è tutto il contrario; i suoi occhi cercano di fuggire il contatto con il mondo; non al di fuori, ma dentro egli cerca la visione della verità”. Ed ancora, parlando dei due scienziati tedeschi, Weierstrass e Riemann, dice di loro 20: “Weierstrass conduce l’analisi ad una specie di prolungamento dell’aritmetica; tutti i suoi libri si possono scorrere senza trovarvi una figura. Al contrario, Riemann si aiuta con la geometria, ciascuna delle sue concezioni è un’immagine che nessuno può dimenticare dopo averne compreso il senso”. 19 20 Poincaré H. (1994) , “Il valore della scienza”, La Nuova Italia, Scandicci (FI), p 13 e sgg Ibidem Paolo Sirabella 9 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. I due approcci, così come l’analisi e la sintesi, hanno entrambi un ruolo legittimo e fondamentale. L’intuizione non può darci né il rigore né la certezza. Gli oggetti della matematica non sono, infatti, oggetti fisici, e i sensi possono ingannarci. D’altro canto, per l’evoluzione del pensiero e della conoscenza, non è affatto sufficiente la logica pura: essa è solamente in grado di produrre tautologie. E’ invece l’intuizione che ci permette una generalizzazione originale, un assolutamente nuovo. L’intuizione serve come “contrappeso, come antidoto alla logica” 21. Anche poi adottando l’approccio di tipo analitico, nella decomposizione del problema in parti elementari, per scegliere la via ottimale per la dimostrazione si ha bisogno di una facoltà che ci “faccia vedere lo scopo da lontano”, appunto l’intuizione: “si avverte con un colpo d’occhio il piano generale di un edificio logico, e ciò senza che i sensi sembrino intervenire” 22, si coglie l’immagine della struttura portante. Le antiche nozioni intuitive, quelle della matematica dei greci, segnano ancora, con la loro forma, le impalcature logiche che oggi le hanno sostituite. Si può quindi dire che la logica è ciò che fornisce la certezza matematica, è lo strumento della dimostrazione. L’intuizione è, invece, lo strumento dell’invenzione. Nella Fisica, dove la logica della dimostrazione perde di significato a beneficio delle prove e delle confutazioni sperimentali, l’intuizione svolge un ruolo insostituibile nel progresso conoscitivo, e la bellezza dell’immagine intuita della struttura latente del fenomeno naturale può essere essa stessa (l’abbiamo visto) talmente potente da rendere secondaria l’importanza della validazione sperimentale della teoria: Pulchritudo splendor veritatis. In quest’ottica è messa in crisi la scissione fra arte e scienza presente nella cultura estetica illuministica e sancita nella Critica del giudizio di Kant: “Il genio è il talento (dono naturale) che dà la regola all’arte (...) La natura mediante genio non dà la regola alla scienza ma all’arte, e a questa soltanto in quanto deve essere arte bella” 23. Viene esplicitamente espressa l’affermazione che “il giudizio estetico non è conoscitivo, non si può realizzare una sintesi fra immaginazione ed intelletto ma al massimo si ha il rapido e libero gioco dell’immaginazione che anima le facoltà conoscitive. (...) Arte e scienza, 21 22 23 Ibidem Ibidem Kant E., Critica del giudizio. Laterza, Bari, (1992), p 141, riportato in Fargnoli D., Gli angeli ribelli, Wichtig, Milano, (1995), p 104 Paolo Sirabella 10 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. immaginazione ed intelletto, intuizione e concetto rimangono in ambiti separati nella descrizione perversamente geniale di un rapporto reciproco che non è un vero rapporto e come tale non conduce ad una trasformazione dell’esistente, alla creazione di un nuovo” 24. La potenza del genio viene in questo modo completamente ridimensionata ad una dimensione infantile, non più in grado di infrangere la norma e di toccare le istituzioni 25. La separazione tra arte e scienza, presente pure nella teorizzazione freudiana, rendendo il bello una rappresentazione pura senza esistenza , propone un ideale di “arte come bellezza narcisistica, (...) da contemplare e da ammirare. (...) un riflesso senza consistenza: l’oggetto del desiderio non esiste” 26. Tale concettualizzazione portò Freud ad interpretare l’interesse di Leonardo per l’arte e per la scienza come una “regressione simile a quella che avviene nei nevrotici”, senza neppure ipotizzare la possibilità di “integrare in un’unica attività di ricerca, in un’unica prassi di trasformazione dell’esistente, arte e scienza”, non conoscendo la regressione (per lui inevitabilmente malata) come immersione nell’irrazionale sano per attingere alla sua forza creativa 27. Fu lo stesso Einstein che dimostrò la stessa natura del procedimento creativo dello scienziato e dell’artista, differente solo per il linguaggio d’espressione, riconoscendo nuovamente la funzione positiva del non razionale, del non verbale: “Le parole ed il linguaggio, così come sono scritti e parlati affermò - non sembrano avere alcun ruolo nei miei meccanismi di pensiero. Le entità fisiche che sembrano utilizzate come elementi di pensiero sono certi segni o certe immagini più o meno chiare che possono essere riprodotte e combinate a volontà” 28. Le parole di Einstein riecheggiano quelle di Hadamard, che parlando della scoperta e dell’invenzione, sostiene che essa avviene tramite la combinazione d’idee, immagini, segni 29. La composizione, e selezione, delle immagini è svolta in modo inconscio: è che nell’inconscio che avviene la scelta, e la genialità dell’inconscio sta proprio nella prontezza del saper scegliere un’immagine, riconoscendone il valore 30. E in tale scelta è fin troppo evidente quanto sia essenziale l’elemento affettivo: nessuna scoperta o invenzione può 24 25 26 27 28 29 30 Fargnoli D., Gli angeli ribelli. Forme e contenuti del pensiero geniale, Wichtig, Milano, (1995), p 105 e sgg. Ibidem Ibidem Ibidem In Holton G., L’intelligenza creatrice, Armando, Roma, (1984), p 143 riportato in Fargnoli (Op. cit.) Hadamard J., La psicologia dell’invenzione in campo matematico, Cortina, Milano, (1993), p 27 e sgg. Paul Valery, De la simulation, (1927) riportato in Hadamard J. (Op. cit.) Paolo Sirabella 11 Il ruolo della bellezza nella nascita di una teoria scientifica. aver luogo senza la volontà di scoprire. Il mezzo indispensabile alla scoperta è il senso della bellezza. La scelta delle immagini è governata perentoriamente dal senso della bellezza scientifica e le regole selettive sono estremamente fini e delicate: esse possono essere sentite più che formulate: “I fenomeni inconsci privilegiati (...) sono quelli che (...) colpiscono più profondamente la nostra sensibilità. Per i matematici la sensibilità è rivolta alla bellezza, all’armonia dei numeri e delle forme, all’eleganza geometrica” 31. In conclusione, la storia della nascita delle teorizzazioni scientifiche è una storia d’immagini, il cui fascino è direttamente legato alla loro bellezza, alla loro semplicità, e come conseguenza naturale, alla loro veridicità. Il ruolo degli scienziati è quindi quello degli interpreti delle strutture latenti che regolano i fenomeni naturali, e la loro genialità è nel coraggio del costruire continuamente nuove immagini. “Il coraggio delle immagini non è altro in fondo, forse, che la sfida nel proporsi senza nessun’esperienza e fondamento una certezza di una propria immagine che potrebbe, a rischio, anche non esserci o ai limiti morire poco dopo essere nata” 32. 31 32 Henri Poincaré, riportato in Hadamard J. (Op. cit.) Fagioli M., in Il coraggio delle immagini , Nuove Edizioni Romane, Roma, (1995) Paolo Sirabella 12