Cybernauti, chi sono?

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Cybernauti, chi sono?
Rubriche 13
[NORME E CODICI]
I pilastri del federalismo sanitario
Il processo di delega delle competenze sanitarie alle Regioni è giunto a una
fase storica con l’approvazione della legge di riforma costituzionale (la n. 3
del 18 ottobre 2001), varata dal precedente Governo a fine legislatura e condi Cesare Fassari
fermata dal voto referendario il 7 ottobre scorso
LE REGIONI DIVENTANO
“ENTI LEGISLATORI”
ARRIVA LA
“SUSSIDIARIETÀ”
La legge 3/2001 introduce la cosiddetta “potestà legislativa concorrente” in materia sanitaria delle Regioni. Che potranno quindi
legiferare autonomamente su tutti gli aspetti relativi alla gestione,
all’organizzazione dei servizi, alla programmazione, ai rapporti di
lavoro con gli operatori, nonché
sugli aspetti attinenti il finanziamento e l’introduzione di nuove
imposte, dirette o indirette, finalizzate al finanziamento dei servizi sanitari regionali. Allo Stato
resta l’esclusiva della potestà legislativa nella determinazione dei
Livelli essenziali di assistenza (Lea)
da garantire ai cittadini a prescindere dalle scelte organizzative adottate dalle singole Regioni.
Con la stessa legge di riforma costituzionale è stato introdotto il
principio di “sussidiarietà” in base al quale lo Stato interviene nell’organizzazione e gestione dei servizi pubblici solo se il singolo cittadino o, con un processo successivo di deleghe, il Comune, la Città metropolitana, la Provincia o la
Regione, non riescano a svolgere
una determinata funzione. Questa
nuova impostazione cade in un
contesto di servizio sanitario già
strutturato in chiave regionalista,
dove l’esercizio della sussidiarietà
appare di fatto esaurito nella delega diretta della funzione sanitaria
all’Ente regionale. Si tratta quindi
di una sussidiarietà dall’alto verso
il basso, che ha già sollevato alcu-
ne perplessità intorno al rischio di
un “nuovo” centralismo regionale,
a scapito delle realtà comunali, soprattutto nelle Aree Metropolitane
IL FEDERALISMO
“SOLIDALE”
Al fine di garantire il rispetto dei
Livelli essenziali di assistenza anche da parte delle Regioni più
“deboli” dal punto di vista finanziario, interviene quanto previsto
dal decreto legislativo 56 del
2000, attuativo della legge delega sul federalismo fiscale dell’anno precedente. In sintesi il decreto ha previsto, a partire dal
gennaio 2001:
• l’abolizione del Fondo sanitario nazionale, sostituito da una
compartecipazione al gettito
nazionale dell’Iva, dall’aumen-
@
A partire da questo numero de L’Infermiere, la rubrica Norme e Codici
si occuperà non più soltanto di commenti e risposte ai quesiti legislativi
proposti dalla professione, ma anche di temi e problemi connessi all’introduzione di leggi e nuove norme in materia di sanità. Tema centrale di
questo primo appuntamento, la regionalizzazione del servizio sanitario.
to dell’addizionale regionale Irpef dello 0,4% e della quota
sulle accise della benzina. Tali
entrate si aggiungono ai tributi regionali già previsti;
• la costituzione di un fondo di
perequazione per garantire la
sostenibilità economica dei Lea
alle Regioni che risultassero
non autonome dal punto di vista della capacità contributiva
in sede locale;
• la permanenza in vigore di tale fondo per 13 anni (fino al
2013). Da quella data le Regioni dovranno dotarsi di autonomia fiscale interna.
Per 13 anni, quindi, lo Stato centrale garantirà la sostenibilità economica di livelli di assistenza nazionali. Dopo ognuno sarà lasciato
al suo destino.
Il 13 dicembre scorso, infine, il
Governo ha approvato il disegno
di legge di riforma costituziona-
le proposto dal ministro Umberto Bossi, secondo il quale, nell’ottica di un ulteriore rafforzamento dell’autonomia legislativa
regionale “ciascuna Regione può
attivare, con propria legge, la
propria competenza legislativa”
per l’assistenza e organizzazione
sanitaria. Una delle sue finalità
è quella di evitare il rischio di
conflittualità costituzionali sull’attuale legislazione “concorrente” tra Stato e Regioni sulla
stessa materia. La nuova riforma,
comunque, non dovrebbe modificare quanto previsto dalla precedente riforma dell’Ulivo sulla
potestà esclusiva dello Stato in
merito alla “determinazione dei
Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Nonostante la devolution,
quindi, non dovrebbe venire meno la valenza dei Lea, approvati
con Dpcm il 30 novembre 2001
(cfr. L’infermiere, n.2/01).
utilizzano Internet soprattutto per
comunicare via mail (91%), il 75%
per cercare informazioni su fornitori, il 33% per scaricare software, il 13% per l'e-commerce
(fonte Cnel-Eurisko, riportata su
www.lastampa.it/redazione/news_hig
h_tech/cnel.asp)
I siti più visitati dal navigatore
medio sono quelli istituzionali e
di informazione. Mentre i siti porno – che pure abbondano sulla
rete e che quindi qualche utente
lo debbono pur avere – non sono mai visitati. Si tratta, ovviamente, di dichiarazioni mediate
da uno dei tanti pudori nel rispondere ai sondaggi, pudori che
vanno ben considerati per ricordare che un sondaggio è una
mappa della situazione ma, come
si suol dire, “la mappa non è il territorio”.
Per capirne il motivo basta pensare che alla domanda “Lei naviga su Internet?” difficilmente un
intervistato risponderà “non sono capace”. Chi guarda i risultati delle partite online può dire di
consultare il web a fini informativi, mentre i genitori potranno
affermare, in perfetta buona fede, che il loro figlio naviga per fi-
ni didattici, mentre magari lui visita solo il sito dei Pokemon.
Ci si può consolare con le verità
lapalissiane che, per definizione,
sono indiscutibili: in Italia Internet si diffonde lentamente (lottiamo con la Spagna per l’ultimo
posto in Europa) e sarà così finché nel nostro Paese non ci saranno infrastrutture solide “banda larga su fibra ottica” a basso
prezzo. Il numero dei cybernauti
aumenterà quando i servizi offerti
saranno davvero diversi da quelli non online e quando l’abitudine e la certezza del diritto permetteranno di “navigare” senza
paura. In effetti si prevede, a breve, un boom della banda larga (fibra ottica e Dsl) in Italia, e un ulteriore diffusione dell’uso della
Rete.
Resta poi il fatto che le più rosee
previsioni sul futuro del web vengono da sondaggi censimenti in
qualche modo legati a “fornitori
di servizi” creatori di siti, provider, venditori di pubblicità sul
web, et similia. Insomma, internet
è il massimo, lo dicono i diretti
interessati. Su una rubrica come
questa non possiamo che convenirne.
LA “DEVOLUTION” DEL
GOVERNO BERLUSCONI
[TERZO MILLENNIO]
Cybernauti, chi sono? Quanti sono?
UN PROFILO DEI “NAVIGATORI” ITALIANI TIPICI. CHE, ALMENO
PER ORA, NON SEMBRANO DESTINATI AD AUMENTARE di Flavio Siciliano
eriodicamente, si tenta
di tracciare un profilo
dell’utente italiano di Internet, ma i contorni di
questa figura si mantengono imprecisati, nonostante l’enorme attenzione dedicata ai navigatori da
parte delle aziende, ansiose di
soddisfarne i bisogni (a pagamento, s’intende). Non si sa, ad
esempio, quanti siano con esattezza gli italiani in rete. Si afferma
che nell’ultimo anno si è superata quota 13 milioni (fonte Idc Italia, dati riportati su http://it.news.
yahoo.com/010926/164/187no.html)
. Il profilo dei navigatori è difficile da tracciare anche a causa della scarsa precisione di concetti
come “navigare su Internet”. Se
per navigare si intende “accedere volontariamente alla rete” allora i grandi navigatori operano in
P
prevalenza dalla propria abitazione, e sono in larga maggioranza
giovani. Ma se si considera anche
chi naviga dal luogo di lavoro, ecco che il cybernauta medio invecchia velocemente, raggiungendo un’età compresa tra i 35 e
i 50 anni, e da studente e casalinga diviene manager.
La percentuale più alta di accessi ad Internet si registra nelle
Marche e in Umbria (32,8%), seguite da Lombardia (30,3%), Lazio (28,3%) ed Emilia Romagna
(27,2%), mentre a Sud i navigatori sono meno numerosi (tra il
16 e il 18%). Fa eccezione la Sardegna col 23%.
In generale, gli italiani usano sempre di più la rete Internet, ma soprattutto sotto l’influsso di spinte momentanee come elezioni o
attentati (fonti: Eurisko e Cnel, si
veda www.alice.it/news/news/sections/nt20010913.htm)
I navigatori italiani, comunque
aumentano (si è passati dai quasi 6 milioni del 1999 agli 11 milioni del maggio 2001) e aumenta anche la durata delle loro “navigazioni”. Innegabile, ad esempio, che il commercio online stenti a decollare: una piccola minoranza (variabile a seconda delle
fonti, ma intorno al 16%, contro
una media europea del 33%) acquista in rete e comunque preferisce pagare in contrassegno piuttosto che con carta di credito. Gli
acquisti riguardano soprattutto
libri e Cd.
Dal punto di vista delle aziende,
più della metà (54%) è collegata
alla Rete, ma solo il 21% possiede un sito utilizzato più che altro
come vetrina. Anche le aziende