Video e foto sul palcoscenico a teatro

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Video e foto sul palcoscenico a teatro
Video e foto sul palcoscenico a teatro
Scritto da Valeria Prina
Foto, video, teatro, cinema, spettacolo più in generale: le contaminazioni sono sempre più
frequenti, pur con modalità differenti. Ora, a chiusura di una stagione teatrale, sono leciti alcuni
bilanci e relative considerazioni sul tema. Ed è stata una stagione comunque di qualità, anche
se influenzata da inevitabili difficoltà economiche. Queste in alcuni casi hanno invogliato a un
più massiccio utilizzo di foto e video. In altri casi il loro utilizzo è stato motivato dal desiderio di
offrire uno spettacolo multiforme, di esaltare il testo e sottolinearne la sua attualità (ma non
solo).
Lo stretto rapporto tra fotografia, video e spettacolo risale comunque nei tempi. È sufficiente
ricordare come, in tempi in cui le sale cinematografiche erano numerose e affollate, lo
spettacolo era preceduto da quelli che allora si chiamavano cinegiornali: immagini che
permettevano agli spettatori di scoprire qualcosa di più degli attori di cui poi avrebbero visto le
interpretazioni su grande schermo. Negli stessi anni il pubblico guardava quelli che si
chiamavano "i quadri", una specie di locandina, ognuna con una foto differente, per scegliere il
film da vedere. In tempi più recenti la fotografia è diventata uno strumento per avvicinare il
pubblico all’attore famoso: sotto forma di gossip, ma anche di bel ritratto, ricordiamo infatti le
Polaroid 50x70 realizzate in occasione di varie Mostre del cinema di Venezia e autografate
dagli stessi attori ritratti.
Più recente è invece il ricorso a foto e video a teatro. E non per scoprire in anteprima qualcosa
dello spettacolo o per documentarlo online: proprio sulla scena.
La necessità di risparmiare su scenografie troppo sontuose – risparmio economico, ma anche
di tempo per il montaggio della scena, in quei teatri che alternano live e cinema o durante la
tournée – ha indotto a utilizzare le fotografie in grande formato. Come dire chiaramente agli
spettatori che la scena si svolge in California? Il ricorso a una grande foto di una palma ha
risolto il problema in “California Suite”, la brillante commedia di Neil Simon portata in scena al
milanese San Babila con protagonista Gianfranco D’Angelo. E a un espediente similare si
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ricorre quando in “
Kramer contro Kramer” è necessario
far capire che l’incontro tra i due genitori si svolge in un terreno neutro: non è una casa, ma un
tavolino sormontato da un grande albero. Qui Daniele Pecci e Federica Di Martino si incontrano
per parlare del loro futuro su fronti contrapposti, di fronte a potenziali soluzioni varie, come tanti
sono i rami dell’albero alle loro spalle.
E a un uso massiccio di proiezioni sui fondali che permette di far apparire costruzioni, natura,
Gange, ambientazione indiana fa ricorso “Siddharta the musical”, che qui citiamo solo per
questo motivo. A infinite proiezioni che ricostruiscono le differenti ambientazioni ha fatto ricorso
la scenografia di “
The Full
Monty
”,
terzo impegno nel musical di Massimo Romeo Piparo per questa stagione, a Milano al
Nazionale. Mentre sono state utilizzate le fotografie per presentare i protagonisti, prossimi
spogliarellisti, scegliendo l’espediente delle carte di televisiva memoria (“Amici”).
E come fare satira sul presente, richiamando personaggi che altrimenti non potrebbero essere
in scena? Gli Oblivion portando a teatro (a Milano al Manzoni) “Show 2.0: il Sussidiario”
usano proprio la fotografia per giocare sul "yes, we can" di Obama, che diventa negazione con
Bersani, richiamo a yacht con D’Alema e al camper con Renzi. Loro devono il successo a
YouTube, dove il loro video “
Promessi sposi in dieci minuti
” ha registrato oltre 2 milioni e 700 mila visualizzazioni. Logico dunque richiamarlo alla memoria
a fine spettacolo e, per ribadire quanto tengano ai video e alla rete, lo ripropongono davanti a
uno schermo che mostra altri ragazzi impegnati nella loro parodia.
Contaminazioni infinite, gusto dell’eccesso, utilizzo di tutti i mezzi espressivi hanno
caratterizzato il “Don Giovanni” di Filippo Timi, che ha fatto il tutto esaurito al Franco Parenti a
Milano. La sua firma appare indelebile in ogni momento e il ricorso a video, spezzoni tratti da
YouTube, la riproduzione di un affresco del Tiepolo come fondale rendono lo spettacolo
eccessivo, strabordante, in certi momenti particolarmente coinvolgente e concorrono a rendere
non incanalabile in nessun modo, e invece tutto suo, il Don Giovanni di Filippo Timi.
Dalle contaminazioni non è immune nemmeno l’off teatro, come si è visto al Salone Crt a
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Milano. Così in “Adoro il fucsia” gli spettatori sono coinvolti con tutti i mezzi espressivi: a
prosa, canto, ballo si aggiungono giochi di colori sullo schermo, costumi, proposta di test, lettura
di oroscopi e naturalmente proiezioni. Tutto diventa un mezzo per suggerire e raccontare il
tema affrontato nella pièce.
Altre volte alle immagini e ai video è affidato un compito particolarmente importante: non
semplice scenografia, ma strumento per ricostruire una ambientazione. Di ieri o di un oggi
altrimenti imprevedibile. Nel primo caso stiamo parlando del musical “Sugar A qualcuno piace
caldo
”, che ha chiuso a
Milano per questa stagione al Teatro Nuovo. Proprio ai video ha fatto ricorso il regista Federico
Bellone per portare a teatro l’atmosfera del film: quando in sala si spengono le luci gli spettatori
sono catapultati nella Chicago del ’29, con il proibizionismo e, naturalmente, la strage di san
Valentino, che motiva tutta la storia. E ancora lo schermo aiuta a ripensare al bianco e nero del
film: le immagini in monocromia scorrono sullo schermo, da cui ben presto escono ed entrano
gli attori. Il veloce passaggio dal bianco e nero delle immagini al colore della realtà (e ritorno)
rappresenta un fantastico gioco teatrale, qui perfettamente in tema.
Come sottolineare l’estrema attualità di un testo di centinaia di anni fa, che parla di guerre e di
violenza alle donne e catturare l’attenzione del pubblico di oggi? Il regista Marco Bernardi
portando in scena le “Troiane” di Euripide (nella foto qui sopra), prodotto dal Teatro Stabile di
Bolzano (a Milano al Teatro Carcano), ha scelto piani differenti. Il video in questo caso ne
evidenzia l’estrema attualità: si parla dell’uccisione di Astianatte, il figlio di Ettore e Andromaca,
buttato già dalla rupe e si vedono i suicidi dalle Torri Gemelle l’11 settembre. Altri momenti
tragici sono accompagnati dai video con vicende simili dei nostri giorni, che riguardano
indifferentemente tutti i continenti. È un modo per portare davanti agli occhi degli spettori quanto
ciò che ci viene raccontato dalla tragedia sia ben poco diverso da ciò che ci raccontano i
telegiornali di oggi. E il messaggero greco Taltibio, interpretato da Corrado d'Elia, annuncia alle
donne troiane la loro sorte indossando una tuta mimetica dei giorni nostri. E siccome sarà lui, e
i greci più in generale, a tramandare i fatti ai posteri, verso la fine della pièce ha in mano una
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videocamera.
La tecnologia di oggi diventa dunque un mezzo per evidenziare l’attualità del teatro. Ma, oltre
che al servizio del testo, può esserlo dello spettatore, diventando un modo per ampliarne i punti
di vista, annullando quella distanza spaziale che intercorre tra palco e platea. È quanto è
successo (per la prima volta per quanto ricordi chi scrive queste note) con "Cara Medea" di
Antonio Tarantino. Nella messa in scena al Teatro Filodrammatici, studiata da Francesca
Ballico, anche interprete, lo spettatore non si limita ad essere affascinato dalla modulazione
della voce, a seguire i movimenti del corpo e lo spostarsi sulla scena: grazie all'uso di una
webcam riesce a cogliere il mutare delle espressioni del volto dell’attrice e anche quando è di
spalle. Una possibilità davvero di rilievo in presenza di un monologo, come in questo caso.
Negli anni 2000 il video può anche essere protagonista di una pièce teatrale. Ne “Il censore”,
di nuovo a Milano al Teatro Litta dal 20 giugno al 6 luglio, l’autore Anthony Neilson immagina un
censore che deve giudicare il film porno di una regista donna, fatto decisamente raro. E perché
nemmeno il pubblico possa sentirsi a proprio agio, il regista Antonio Syxty mostra le immagini
hard sullo schermo che fa da soffitto alla scrivania, dentro cui è quasi incastonato il censore. E
infatti il pubblico - solo adulti, raccomandano - mimetizza ridendo il proprio imbarazzo, ma è
anche invogliato ad andare oltre, riflettendo su più temi affrontati o suggeriti con lo
spettacolo.Sono passati i tempi in cui foto e video potevano essere considerati un modo per
banalizzare il teatro. Sempre più spesso invece in scena riescono a dar vita a uno spettacolo in
grado di coinvolgere la platea.
(data pubblicazione: giugno 2013)
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