– PERIODONTITE – PLACEBO (EFFETTO) – PRIMA MALATTIA

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– PERIODONTITE – PLACEBO (EFFETTO) – PRIMA MALATTIA
– PERIODONTITE
– PLACEBO (EFFETTO)
– PRIMA MALATTIA
PERIODONTITE
La parodontite è una malattia infiammatoria che colpisce gengive e alveoli
dentali causando la perita dei denti e gravi disfunzioni dell'apparato
masticatorio.
In Italia colpisce circa il 40 per cento della popolazione, per la maggior
parte adulti oltre i 50 anni, ma alcune forme più gravi interessano anche
bambini e ragazzi.
Sebbene tutta la popolazione sia esposta alla parodontite, questa malattia
è poco conosciuta e quasi per nulla prevenuta.
Per contrastare l'insorgenza della parodontite è sufficiente un'assidua e corretta igiene orale.
Lavare i denti spesso e a fondo, con filo interdentale, spazzolino e collutorio antibatterico per
eliminare la patina che compare sui denti durante il giorno (una vera nursery per i germi) significa
già ridurre il maggior fattore di rischio della parodontite.
Clinicamente queste
forme all’inizio possono confondersi con semplici gengiviti, in quanto per
lo più iniziano come tali. Infatti, il primo sintomo evidente è rappresentato dallo stato
infiammatorio del bordo gengivale che si presenta iperemico (con aumento della quantità di sangue)
ed edematoso (con accumulo di liquidi interstiziali), con modica essudazione. In questi stadi
l’epitelio gengivale non ha ancora iniziato la proliferazione lungo il cemento e la tasca gengivale
appare più profonda soltanto in virtù dell'edema e dell'iperplasia del bordo gengivale, conseguente
all'infiammazione. La fase seguente è caratterizzata dall’interruzione dello strato corneo e
degli strati sottostanti dell’epitelio, che costituiscono la parete della tasca gengivale.
La rottura di questa barriera epiteliale determina un aggravamento dell'infezione, con
penetrazione negli strati profondi connettivali di cellule infiammatorie e conseguente aumento
della vascolarizzazione. Nelle zone più superficiali, dove l’epitelio è interrotto, si formano
ulcerazioni con abbondante essudato. Tutti questi fattori, come un’infezione aggravata, lo stato
iperemico, la continua presenza di essudato, nonché gli stimoli tossici che ne derivano,
determinano le prime alterazioni a carico del cemento, sotto forma di riassorbimento che,
dapprima limitato, si va via via estendendo. Il dente per la progressiva atrofia dell'osso alveolare
diventa più mobile compare il
dolore, che può restare localizzato o irradiarsi.
Indicazioni d'uso:
1. Pulire i denti due volte al giorno
2. La pulizia con scovolini, stick interdentali o filo interdentale dovrebbe essere
condotta una volta al giorno. Per le aree difficili da raggiungere è utile disporre
di uno spazzolino per interspazi
3. Rivolgersi al proprio dentista o igienista dentale per consigli e istruzioni.
PLACEBO (EFFETTO)
Noto fin dal '700 e battezzato con il verbo latino che significa
compiacere,
vuole oggi
significare che già solo l'interesse del medico per il paziente può determinare una reazione positiva
nell' organismo del malato: anche il semplice fatto di sottoporsi a una qualsiasi forma di trattamento,
giova.
Decidere di recarsi dal medico, essere auscultati, rassicurati abbatte ansia e stress.
E amplifica le capacità di auto-guarigione.
Quindi si tratta di un effetto riscontrabile oggettivamente. Nella sperimentazione di un farmaco è
prassi mettere a confronto un gruppo di pazienti che non riceve alcun tipo di trattamento e pazienti
cui si somministra il nostro bicchiere d'acqua, proprio per poter distinguere quello che è il VERO
effetto del farmaco e quello che INVECE è dato dal semplice ASSUMERE una qualsiasi sostanza.
I risultati di questi esperimenti incrociati mostrano come coloro che assumono il così chiamato
'placebo' evidenziano sempre un miglioramento delle loro condizioni rispetto ai primi, in media
addirittura del 30%.
il placeboè dunque in grado di innescare una forma d'autosuggestione che interferisce positivamente
con il malanno.
Come può succedere?
Il potere antidolorifico del placebo potrebbe dipendere dal fatto che
l'attesa di un risultato si traduce in una mobilitazione di endorfine, sostanze oppiacee prodotte
dall'organismo e dotate di azione analgesica. Ma è solo una delle ipotesi. Una cosa invece è certa:
l'effetto placebo si ha solo per patologie o sintomi minori o passeggeri. Per le malattie gravi è difficile
riscontrare consistenti effetti placebo.
PRIMA MALATTIA IL MORBILLO
Il morbillo è una malattia virale esantematica, causata da un virione a RNA della famiglia dei
Paramixovirus , genere Morbillivirus. Prima della immunizzazione vaccinale, le epidemie di morbillo
si ripetevano ogni 2-3 anni, principalmente durante i mesi primaverili.
Il nome di morbillo deriva da
piccolo morbo per differenziare questa malattia dal
vaiolo, chiamato anche morbo.
Il virus del morbillo può essere trasmesso con le secrezioni nasofaringee. Le persone
infettate possono trasmettere la malattia dopo 5 giorni dall’esposizione e fino a 5 giorni
dopo la comparsa dell’esantema.
I soggetti infettati presentano: malessere, irritabilità, febbre elevata con abbondante
lacrimazione, edema palpebrale con fotofobia, tosse secca e rinite.
Il periodo di
incubazione è di 8-12 giorni, mentre il periodo prodromico ha la durata
di 3-4 giorni.
Il segno di Koplik (o macchie di Koplik sono lesioni mucose caratterizzate dalla
formazione di vescicole con necrosi epiteliale , soprattutto a livello boccale), compare 1-2
giorni prima del rash. Successivamente compare l’esantema maculo-papuloso, iniziando
dalla fronte per poi diffondersi al volto , al tronco ed ai piedi.
Le lesioni persistono per circa 3 giorni e l’intera manifestazione esantematica dura 6 giorni. La
febbre può perdurare ancora per qualche giorno dopo la scomparsa dell’eritema.
Il morbillo è una malattia generalmente benigna , autolimitantesi ,
ma in alcuni soggetti può dar origine a complicanze.
Le più comuni complicanze nei bambini colpiti dal morbillo sono: otite media batterica, la
broncopolmonite, alla cui base ci può essere un’infezione da streptococco, pneumococco,
stafilococco, o da Haemophilus influenzae.
In quasi la metà dei bambini con morbillo si possono avere alterazioni elettroencefalografiche.
Solo in una percentuale di 1/1.000 si può avere un’encefalite, che si manifesta con febbre elevata,
cefalea, e sonnolenza.
Il 10% dei bambini colpiti da encefalite va incontro a danni persistenti cerebrali.
In alcuni casi la malattia ha un esito infausto.
Nei bambini immunocompromessi o colpiti da leucemia può manifestarsi una polmonite interstiziale
a cellule giganti.
Il paziente con morbillo deve essere tenuto sotto controllo per l’eventuale presentarsi di infezioni
batteriche. Possono essere somministrati antifebbrili (Paracetamolo), sedativi della tosse.Viene
raccomandata
la
vaccinazione
antimorbillo
come
immunizzazione
preventiva.
Il vaccino contro il morbillo contiene virus vivo, attenuato.
E’ disponibile una singola preparazione vaccinale o un vaccino trivalente, denominato vaccino MMR,
da Measles (morbillo), Mumps (parotite), Rubella (rosolia).
La vaccinazione eseguita a partire dai 15 mesi di età induce la formazione di anticorpi in oltre il
95% dei soggetti vaccinati. Una seconda dose di richiamo dovrebbe essere somministrata tra i 4
anni ed i 12 anni.
In genere si raccomanda una certa cautela nel vaccinare soggetti che sono risultati allergici alle
uova anche se diverse esperienze condotte anche in Italia (L. Businco et al.) hanno dimostrato che
anche in soggetti con precedenti di reazioni anafilattiche o anafilattoidi alle proteine dell’uovo, la
somministrazione in ambiente controllato del vaccino anti-morbillo, coltivato su uova embrionale di
pollo, non ha dato luogo a nessuna reazione.
Cautela anche per coloro che sono allergici alla Neomicina.
Questo antibiotico è impiegato nel processo produttivo e contribuisce a tenere sterile
da muffe e batteri le soluzioni.
La vaccinazione deve essere posticipata nei bambini sottoposti a terapia cortisonica o a
somministrazione di immunoglobuline.