la crisi mette a nudo la potenza russa

Transcript

la crisi mette a nudo la potenza russa
 Commentary,19dicembre2014
LA CRISI METTE A NUDO LA POTENZA RUSSA
ANTONELLA SCOTT
onsegnando al presidente cinese Xi Jinping il
suo regalo, lo scorso novembre a Pechino,
Vladimir Putin aveva motivo di essere orgoglioso: nel pacchetto c’era uno smartphone, il primo
telefonino al mondo con due schermi, un secondo display stile Kindle consultabile anche a batteria spenta.
Prodotto da Yota. Made in Russia.
C
coltura, energia, spazio, cantieristica navale…Cliccando avanti e indietro nel tempo, si passa da
deprimenti immagini in bianco e nero alle realizzazioni colorate degli anni successivi: centrali elettriche
decadenti che lasciano il posto a moderni gasdotti,
aeroporti fatiscenti trasformati in quello che sono oggi
gli scali moscoviti.
Che un brand russo faccia parlare di sé nell’hi-tech non
è cosa frequente, e accende una luce sulle potenzialità
di un paese che sembra esportare solo gas. Che sia in
grado di cambiare è quanto hanno voluto dimostrare
gli autori di un progetto che, tornando a quel 31 dicembre 1999 quando Putin entrò per la prima volta al
Cremlino in qualità di presidente ad interim, celebra
trionfalmente questi suoi 15 anni al potere. Anche se,
in Russia e nel mondo, l’atmosfera di questi mesi
stride con la parola festeggiamenti.
Ma anche se, in effetti, Putin ha iniziato un'importante
trasformazione della Russia, oggi tutto questo è a rischio. Quindici anni fa, la sua ascesa al potere era stata
accompagnata dal rialzo dei prezzi del petrolio: prima
ancora di farsi eleggere presidente, nel marzo 2000,
Putin era stato in grado di pagare puntualmente pensioni e stipendi. Aveva iniziato a lasciare un segno.
Oggi la sua popolarità che la crisi ucraina non ha intaccato – al contrario, l’ha rafforzata – è messa in crisi
dalla direzione contraria che hanno preso i mercati
internazionali delle materie prime. È il calo del petrolio, che si aggiunge alle sanzioni occidentali, a riflettersi istantaneamente sull’economia russa. E a cospirare contro il rublo.
©ISPI2014 Lo “spezprojekt” della ribattezzata agenzia di stampa
Tass, tornata al suo antico nome, si chiama “I 15 anni
di Putin, l’inizio di una nuova era” (consultabile
all’indirizzo http://putin15.tass.ru/) e contrappone lo
stato dell’economia russa negli anni precedenti il suo
avvento e i progressi compiuti nei vari campi: agri-
La ragione sta proprio nel fatto che ci sono troppe
poche Yota in Russia: il primo decennio di Putin non è
Antonella Scott, Il Sole 24 Ore
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. 1 commentary
russe, come pagheranno i loro debiti? La crisi politica
sta scavando un solco tra gli stati e tra le persone, gelando gli scambi: è indicativo che perfino la Germania
di Angela Merkel sembra aver perso la pazienza. Il
2015 si apre senza la speranza che Europa e Russia
possano trovare un punto di vista comune a proposito
dell’Ucraina.
bastato a ridurre la dipendenza di Mosca (e dei suoi
conti) dal settore dell’energia. Contro un dispiegamento adeguato delle opportunità del paese più grande
del mondo e più ricco di risorse naturali giocano tantissimi fattori, ripetuti mille volte nelle analisi degli
economisti: la presenza soffocante dello stato e della
sua burocrazia, l’ossessione per il controllo, la corruzione, le carenze dei trasporti, la diffidenza verso
l’iniziativa privata e le riforme, la sfida di un territorio
immenso in cui, per fare un esempio, una banca non
riuscirà mai a essere vicina ai propri clienti con una
rete di filiali adeguate. Se Putin è consapevole di
quello che si dovrebbe fare, non si dimostra comunque
determinato a introdurre grandi cambiamenti, come è
apparso dal suo ultimo discorso alla nazione il 4 dicembre scorso.
Sul fronte interno, il termometro della crisi è
l’implacabile calo del rublo: che ogni giorno conferma
la mancanza di fiducia in quest'economia. Lentamente
l’effetto si ripercuote sulla popolazione: i prezzi aumentano mentre iniziano a ridursi le possibilità di acquistare quello che prima era scontato, di viaggiare, di
fare progetti. Il governo è costretto a rivedere le spese
nella sfera sociale: il budget 2015-17 era stato studiato
in base a un prezzo del petrolio ora irrealistico, 100
dollari al barile, e parte delle riserve in valuta dovranno andare a sostegno delle banche e delle grandi
imprese di stato messe in difficoltà dalle sanzioni.
Tutti gli imperi crollano a un certo punto, osserva un
economista moscovita, crollerà anche per il regime di
Putin. Ma non è ancora il momento, spiega: la gente
che vede assottigliarsi i redditi ed è costretta a ridurre i
consumi è sempre meno contenta, l’entusiasmo per
Putin si riduce, ma tra l’essere scontento e il ribellarsi
per strada c’è una bella differenza.
Ha promesso un’amnistia per far rientrare i capitali
dall’estero, ma è da vedere se avrà convinto i grandi
imprenditori; ha dichiarato guerra a chi specula sul
rublo, ma con toni da gangster più che da economista;
ha accennato ad agevolazioni fiscali per le piccole
imprese: troppo poco, troppo tardi, commentano gli
osservatori. Qualcuno di loro, malgrado tutto, si
aspettava una svolta, scelte coraggiose, liberalizzazioni: la verità è che il presidente russo non intende
rischiare la stabilità del suo potere buttandosi in una
riforma del sistema.
Il vero problema è il tempo: quanto durerà il ribasso
del petrolio? Il futuro della Russia è ancora in questa
domanda, come sempre in passato. E Putin, per quanto
si mostri sicuro di sé, non può non averlo sentito,
questo campanello d’allarme.
©ISPI2014 Ma ormai sull’immobilismo della sua linea si sono
innescati la crisi economica internazionale e le tensioni con il mondo occidentale. Le sanzioni hanno
chiuso il mercato dei capitali alle imprese e alle banche
2