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CHE PAURA, CHE VOGLIA CHE TI PORTI LONTANO
FABER, L’ULTIMO TROVATORE
di Paola Asta
Ho sempre impostato la mia vita in modo da morire
Con trecentomila rimorsi e nemmeno un rimpianto
Il poeta italiano considerato da molti il più importante del Novecento, anche lui genovese come
De André, Eugenio Montale, nel discorso tenuto in occasione del conferimento del premio Nobel
per la letteratura1, parlando delle origini, della definizione e del futuro della poesia, sottolineò la
stretta parentela, quasi archetipica (basti pensare al mito di Orfeo), tra poesia e musica, tra parola
scritta e cantata, tra metrica e ritmo, tra verso e melos , individuando nella poesia provenzale il
momento di perfetta sintesi, posto proprio agli inizi della tradizione lirica europea, tale “che
riunisce due arti in una”2.
Una affinità coi trovatori medievali si può riscontrare anche in Fabrizio De André, se è vero che la
famiglia, come denota il cognome, era di origine provenzale, ed il legame colla cultura poetica e
musicale francese in generale sarà fondamentale per la formazione del cantautore, grazie al prezioso
tramite del padre, figura assai presente anche nelle sue canzoni (a parte il “vecchio professore” de
La città vecchia in cui però altri identificano il severo docente di matematica del liceo Colombo3, si
pensi solo a La canzone del padre4).
Oltre alla formazione culturale, l‟altro elemento fondamentale per il graduale delinearsi della sua
poetica è il legame colla civiltà contadina, derivato dagli anni della primissima infanzia nelle
campagne piemontesi, dove il padre Giuseppe trasferisce la famiglia, ossia la moglie Luisa e figli
Mauro e Fabrizio, per sfuggire ai bombardamenti agli inizi del ‟42. E‟ lì che il piccolo „Bicio‟ di
appena 2 anni, era nato il 18 febbraio 1940 a Genova, conosce la coetanea Nina Manfieri, a cui
dedicherà una canzone nel suo ultimo album 5 ed impara ad apprezzare quella vita a contatto colla
natura e i valori semplici e antichi che sa trasmettere, che lo spingeranno alla scelta di vivere in
Gallura, dove acquista un podere nel 1976 che non penserà mai di abbandonare, malgrado il
rapimento subito insieme alla compagna Dori Ghezzi nel ‟79, episodio anch‟esso ricordato in un
brano dal titolo volutamente ironico Hotel Supramonte.6
Sarà proprio questo legame „chimico‟ di elementi apparentemente antitetici, quali una raffinata
cultura borghese e le radici del mondo contadino (nonché di quello marinaio che da buon genovese
aveva nel sangue e che tornerà oltre che in brani come Il pescatore7 nel disco capolavoro Creuza de
ma’8), a generare quell‟ unicum nel panorama della canzone d‟autore italiana che sarà il “caso” De
André. Non ha quindi molto senso interrogarsi tanto oggi sulla attribuzione di “poeticità” per i testi
di un cantautore, per quanto sui generis, in un paese che ha visto sempre con un certo snobismo chi
voleva avvicinare la cultura „alta‟ ad un pubblico più vasto, a differenza di altri come la Francia
appunto in cui il dialogo e il contatto personale tra esponenti della canzone d‟autore e della
letteratura come della filosofia o del cinema era in quegli anni assai intenso, o come gli Stati Uniti
in cui Dylan o Cohen (ambedue amati e rielaborati in vari brani da De André 9) erano e sono
1
E. Montale-“Nobel Lecture” in Les Prix Nobel en 1975, Editor Wilhelm Odelberg, [Nobel Foundation], Stockholm, 1976
Ibidem
3
Cfr L.Viva-Non per un dio ma nemmeno per gioco, Feltrinelli, Milano 2000, 17° ed. 2009, pp.55-56
4
Il brano sta in Storia di un impiegato ,Produttori Associati, 1973
5
Ho visto Nina volare in Anime salve, Bmg-Ricordi, 1996
6
In Fabrizio De André (L’indiano)-Ricordi 1981
7
45 giri, ed.Liberty 1970
8
Produzione Ricordi, 1984
9
Esattamente sono ispirate a Bob Dylan Via della povertà, da Desolation row, in Canzoni, Produttori Associati, 1974 e
Avventura a Durango, da Romance in Durango, in Rimini, Ricordi 1978 e a Leonard Cohen, le omonime Suzanne in
Canzoni, op cit., Giovanna d’Arco, 45giri, Produttori associati, 1972 e Nancy in Volume 8, Produttori Associati, 1975.
2
considerati poeti “tout court” tanto da venir candidati anche per il premio Nobel della letteratura.
Nella poesia contemporanea, così come nella narrativa 10, dopo i vari –ismi, dopo le sperimentazioni
del Gruppo 63, e le contaminazioni plurilinguistiche di Zanzotto o Sanguineti, non si può più
comporre senza tener conto o utilizzare un materiale altro, che sia di natura umile e quotidiana o
venga da altri settori,sia dell‟immaginario collettivo che della realtà „virtuale‟, ma quando De André
inizia a scrivere canzoni nei primi anni ‟60, l‟ambiente culturale italiano è ben arroccato nella sua
torre d‟avorio e non è incline a „sconfinamenti‟ verso altri generi di alcuna natura.
Così, l‟operazione che compie De André, tanto più lodevole per le difficoltà oggettive fin qui
esposte, ha una duplice valenza che lo rende insieme antico ed estremamente attuale. Il suo
obiettivo, probabilmente inconsapevole, almeno agli esordi, proprio perché connaturato alla sua
stessa esperienza biografica, è quello di far accostare ad autori da noi praticamente sconosciuti
come Brassens e soprattutto a testi dal valore connotativo assai forte, carichi di un portato
straordinariamente complesso, un pubblico abituato a contenuti molto più naives, quali quelli della
musica popolare o delle, volgarmente definite, „canzonette‟. In questo, del tutto simile ai trovatori,
ovvero ai cantastorie ultimi epigoni della tradizione orale del patrimonio culturale, che unendo
poesia e musica, affrontavano temi lirici o civili, con determinate forme metriche più o meno
complesse, anche lui si affida a strutture consolidate in ambito poetico e musicale, come la ballata e
la canzone appunto11, scegliendo una veste sonora in totale controtendenza colle mode dell‟epoca,
ma che attinge a quei ritmi tipici delle danze popolari dell‟area occitanica, quali il valzer, la
tarantella e addirittura temi dallo stile rinascimentale12, il tutto accompagnato da una voce
inconfondibile, estremamente profonda e pastosa sin dagli anni giovanili, resa poi ancor più calda
dall‟alcool di cui “Faber” sarà per anni totalmente dipendente, che rende quelle canzoni delle
miscele inconfondibili nelle quali ogni elemento è insostituibile, a prescindere dai contributi degli
altri artisti che accompagneranno la sua lunga carriera, e che sin dai primi album contribuiscono a
creare, tra le nuove generazioni più attente alle novità, il „fenomeno‟ De André. Tutto questo viene
fatto non con lo spirito elitario di voler affermare il proprio bagaglio culturale con una produzione
volutamente „difficile‟ che racconta una realtà apparentemente fiabesca, ma al contrario per rendere
più facilmente fruibile quel retroterra ideologico che sta a cuore a De André e che si può
sintetizzare schematicamente col pensiero anarchico, appreso tramite le canzoni di Brassens che
tradurrà largamente13, e poi grazie alle letture più impegnate di autori come Tolstoj, Max Stirner, o
il contatto con un poeta come Riccardo Mannerini.14 L‟anarchia in De André, oltre che per una
convinzione maturata cogli anni e rafforzata dalle vicende storiche, nasce anche inizialmente per
reazione al richiamo dell‟appartenenza a una ricca borghesia che lo vuole inquadrare entro i suoi
ranghi, nei quali, a differenza del padre, che compie l‟ascesa sociale da professore a dirigente
scolastico, poi a vicesindaco e infine a imprenditore, e del fratello Mauro, studente modello e in
seguito brillante magistrato, egli rifugge precocemente con un atteggiamento bohemien in
un‟adolescenza costellata di studi svogliati e “cattive compagnie”che contribuiranno ad alimentare
la sua leggenda. Anche il clima politico engagée che agli albori del ‟68 pretendeva, specie tra i
10
Cfr. R. Cotroneo, “Una smisurata preghiera”, in Fabrizio De André-Come un’anomalia, Einaudi, Torino 1999,
saggio introduttivo, pp.V-XXIII, pag VI e passim.
11
Non senza divagazioni più o meno implicite in generi totalmente „provenzali‟ quali la “pastorella”, ad esempio in
Carlo Martello, 45 giri ed. Karim 1963, o nella rielaborazione del brano di Brassens Nell’acqua della chiara fontana, in
Volume 3, Bluebell Records 1968. Lo schema metrico preferito da De André è la rima baciata, proprio perché più
facilmente memorizzabile all‟ascolto, con rare divagazioni in quella alternata e rarissimi casi di rima incrociata.
12
I primi esempi dei relativi ritmi possono essere per il valzer La ballata del Michè, 45 giri, ed. Karim 1961, Il
testamento, 45 giri, ed. Karim 1963 per la tarantella, mentre Fila la lana , 45 giri, ed. Karim 1965, è la ripresa di una
canzone francese “nello stile”del XV secolo del 1949 (cfr.E. De Angelis, “Le cento e più canzoni di Fabrizio De
André”, in Fondazione Fabrizio De André Onlus,Volammo davvero, a cura di E. Valdini, Rizzoli, Milano 2007, pp.318331, pag.323).
13
Citiamo solo tra le tante, Marcia nuziale, in Volume 1, Bluebell Records 1967, Il gorilla, in Volume 3, op.cit., Le
passanti, Delitto di paese e Morire per delle idee in Canzoni, op.cit.
14
Autore anche di varie canzoni tra cui Cantico dei drogati, in Tutti morimmo a stento, Bluebell Records 1968
giovani, uno schieramento “di parte” spingerà Fabrizio presto a tirarsene fuori con atteggiamenti
spesso provocatori.15
Abbiamo accennato prima alla modernità di De Andrè al di là dell‟apparente veste “classica”
formale con cui avvolge le sue canzoni. Su tale concetto vorremmo ora soffermarci per dimostrare
come in esso risieda la chiave per capire la vera grandezza dell‟artista. E‟ stato già rilevato come le
numerose letture di cui si era imbevuto fin da giovanissimo torneranno a poco a poco nella sua
produzione, sia la fonte letteraria esplicitamente dichiarata o solo inconsapevole citazione
indiretta16. Questa, che può essere con superficialità interpretata come mancanza di originalità,
costituisce invece proprio la cifra stilistica dello spessore poetico del nostro. L‟elemento
primariamente importante da notare non è quanto o cosa si citi, ma il “come” lo si faccia; qualunque
critico letterario sa benissimo cosa si intende quando si parla di rapporto coi modelli della
tradizione. In ogni epoca storica i poeti si sono sempre confrontati coi loro predecessori o con i
contemporanei di altre tradizioni letterarie, per imitare, magari cercando di migliorare quei modelli
o per distaccarsene completamente, non senza aver prima dimostrato di conoscerli. Lo stesso
concetto può applicarsi alle arti figurative o alla storia della musica che hanno sempre visto
alternarsi periodi di innovazione ad altri di „classicismo‟. Ebbene, “Faber” sceglie, da intellettuale
qual era, il proprio modo di raccontare il mondo, attraverso un continuo “riuso” delle fonti
letterarie, che non apparterranno più all‟autore di riferimento, ma saranno ormai “in toto” assimilate
nel suo animo, stratificate nella memoria e nel cuore, diverranno la cartina di tornasole con cui ogni
artista, e un poeta in particolare, interpreta la realtà. Il libro de arena borgesianamente inteso con
cui De André avrà a che fare allora non sarà più riferibile a nessun autore, ma sarà parte del
bagaglio di una tradizione di cui egli non è altro che un medium, un divulgatore, affabulatore, forse,
di personaggi presi anche dalle cronache dell‟epoca, come Marinella o Michè o il soldato Piero 17,
ma che nelle canzoni diventano simboli di archetipi universali. Quel che conta è il valore assoluto
dei versi delle canzoni che nascono finalmente con la musica e non per essa come accadeva agli
altri suoi colleghi. Si osservi come esempio questa quartina che dà inizio al primo brano del primo
album pensato come tale e non a caso intitolato Volume 1 :
Lascia che sia fiorito, Signore, il suo sentiero
Quando a Te la sua anima e al mondo la sua pelle
Dovrà riconsegnare, quando verrà al Tuo cielo
Là dove in pieno giorno risplendono le stelle.18
La veste formale regge in pieno il confronto colla fruizione del testo svincolato dall‟ascolto
musicale, in quanto gli elementi prettamente poetici sono molteplici: dalla metrica, in versi
alessandrini rimati o assonanzati con schema alternato, alla presenza di figure retoriche di suono e
significato, quali enjambement, anastrofe, sineddoche, che testimoniano già una padronanza
notevole del mezzo linguistico sin dagli inizi della carriera. Un‟altra caratteristica di molte canzoni,
che qui serve a rafforzare l‟impatto emotivo della lirica, è l‟elemento vocativo, con la presenza di
un “Tu”, in questo caso, e non sarà l‟unico, coincidente con la Divinità, da interrogare sui valori
15
Non è un caso che il suo concept album in polemica risposta al movimento universitario e operaio sia proprio La
buona novella, Produttori Associati 1970, ispirato ai Vangeli apocrifi che narrano la vicenda di Cristo definito da lui
“il più grande rivoluzionario di tutti i tempi” (cfr. L. Viva, op cit, pag.149). Il disco che conteneva testi assai „forti‟
come Il testamento di Tito, verrà censurato dalla Rai, ma trasmesso da Radio Vaticana.
16
A tale proposito cfr l‟articolo citato di E. De Angelis che dà un esauriente ragguaglio di tutte le fonti letterarie e
musicali utilizzate nelle canzoni di De André
17
La guerra di Piero, 45 giri, Karim 1964, potrebbe essere stata ispirata a una poesia del poeta anarchico Vico Paveri,
che narra la storia di un partigiano, pubblicata nel ‟63 sui Quaderni Piacentini, cfr E. De Angelis. art. cit., pp-327-328
18
Preghiera in gennaio, Bluebell Records, 1967 fu scritta la notte prima dei funerali dell‟amico Luigi Tenco, morto
suicida durante il festival di Sanremo, il 27 gennaio 1967
esistenziali che incominciano a costruire quella sorta di „vangelo laico‟, ma non privo di una
profonda spiritualità, su cui si incentrerà la poetica di De André da qui fino agli ultimi lavori.19
Vedremo come la circolarità sia una costante delle opere del cantautore che ruotano sempre su
alcuni grandi temi di valore universale20: l‟amore, la morte, la libertà, Genova, la guerra, i
diseredati.
Continuando a esaminare il rapporto coi modelli letterari, diciamo che se ne trovano le più svariate
sfumature, a seconda dell‟utilizzo più o meno consapevole, che se ne vuol fare; perciò possiamo
avere la trascrizione esatta del sonetto S’i fosse foco di Cecco Angiolieri21, del quale però la voce di
De André che in qualche modo s‟identifica col poeta senese, rinnova tutto il valore eversivo e
„maledetto‟ di quei versi, così come il confronto con modelli poetici più recenti, ne La città vecchia,
confrontando ad esempio questi versi:
Una bimba canta la canzone antica della donnaccia:
“Quel che ancor non sai tu l‟imparerai solo qui tra le mie braccia”[…]
Li troverai là col tempo che fa, estate e inverno
A stratracannare a stramaledir le donne, il tempo ed il governo.
Loro cercan là la felicità dentro a un bicchiere
Per dimenticar d‟esser stati presi per il sedere.22
a quelli tratti dalla quasi omonima poesia di Saba23
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega[…]
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via
Il modello letterario era senz‟altro presente e le analogie tematiche evidenti anche se si parla di città
diverse, ma qui De André usa un linguaggio volutamente dal registro basso, proprio per adeguarsi a
quel mondo degli umili che vuole descrivere con una pietas forse assente nel poeta triestino,
riuscendo comunque più avanti ad elevarsi sul piano formale, come nella sinestesia “quell‟aria secca
carica di sale gonfia di odori” o nell‟associazione semantica finale “figli-gigli” di jacoponica
memoria.24
Se da un lato i testi dell‟autore, sembrano non poter fare a meno di riferimenti alle letture
assimilate, dall‟altro le scelte dell‟artista sono sempre in anticipo sui tempi nel desolante panorama
discografico di allora, come ad esempio con il primo concept album realizzato in Italia del
19
Il bisogno di trascendenza è senz‟altro una costante tematica e non è certo un caso che oltre al citato album dedicato
interamente ai vangeli, la sua produzione si chiuda con il brano Smisurata preghiera, in Anime salve, op. cit.
20
Ben rappresentati dai rispettivi pannelli nella mostra allestita per il decennale dalla scomparsa dal Comune di Genova,
anche in Fabrizio De André, La mostra, Silvana editoriale, Milano 2008
21
In Volume 3, op. cit.
22
Da La città vecchia, 45 giri ed. Karim 1965
23
Umberto Saba, Città vecchia, in “Trieste e una donna” (1910-12), in Canzoniere,Einaudi, Torino 1961
24
Cfr Jacopone da Todi, Donna de paradiso, in Laude, Laterza, Bari 1915. Il binomio figlio-giglio, non più visto come
in questo caso in chiave ironica e provocatoria, tornerà anche nei brani Si chiamava Gesù, in Volume 1, op.cit. e Tre
madri, in La buona novella, op. cit.
1968,25che ha come leit motif la morte, uno dei temi universali cari a Fabrizio, con tanto di
intermezzi tra un brano e l‟altro che danno l‟idea di unitarietà all‟opera, dalla Ballata degli
impiccati, in cui il confronto col modello letterario 400esco di Villon (ancora un francese!) non fa
certo rimpiangere l‟originale, fino al Recitativo finale in ottave di endecasillabi a rima alternata, che
ha tutto della poesia e nulla della canzone se non lo sfondo musicale ed è un testo stavolta del tutto
originale.
A questo punto arriviamo a una svolta nella carriera di De André che costituirà il vero “scarto” tra
il suo essere autore vincolato alle fonti letterarie di ispirazione e la dimensione di poeta a tutto
tondo. Il momento arriva col concept album ispirato all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee
Masters, pubblicata nel 1915 e fatta conoscere in Italia da Cesare Pavese che le dedica un primo
saggio nel 1931 cimentandosi anche in alcune traduzioni di qualche poesia. L‟opera, ispirata a sua
volta all‟Antologia Palatina e composta da 244 epitaffi, è ambientata in un cimitero di campagna in
una cittadina del Midwest, alcuni dei cui nomi che danno il titolo a ciascuna poesia appartenevano a
personaggi realmente vissuti in paesini limitrofi, dove Masters era cresciuto e poteva quindi
trasmettere, unendo realtà e fantasia, storie di cui aveva una concreta esperienza. 26 La traduzione
italiana integrale dell‟opera è realizzata da Fernanda Pivano, con la supervisione di Pavese, che la
pubblica per l‟editore Einaudi sin dal 194327. Il testo vedrà poi altre innumerevoli riedizioni e
ristampe, una delle quali capiterà tra le mani del giovane De André.
Nel 1970 Fabrizio, che da anni accarezzava un tale progetto, inizia a lavorare alle traduzioni o
meglio, come vedremo, alla riscrittura di alcune poesie dell‟antologia dopo aver chiesto e ottenuto il
consenso della Pivano.
Il risultato dell‟album del ‟71 è stupefacente: come afferma giustamente Roberto Cotroneo, si
aveva il coraggio di mettere a confronto diretto un libro di poesia e un album di canzoni “e per la
prima volta la poesia perdeva”.28 In questo album, più che mai si può apprezzare la capacità di De
André, che lo rende unico nel panorama musicale nazionale, di fondere due caratteristiche che
andavano a definire due generi ben distinti nella canzone tradizionale, ma anche nella poesia
provenzale primariamente e in tutte le scuole poetiche successive: ovvero il genere lirico-intimista e
la poesia e/o canzone civile di impegno politico. Da sempre chi scriveva (o cantava) in uno di questi
generi non poteva contemporaneamente trattare l‟altro. De André lo fa, proprio a partire dalle
canzoni ispirate ai personaggi di Masters, di cui fa degli emblemi dei vizi (molti) e delle (poche)
virtù umane. La scelta, obbligata, di ridurre drasticamente il numero dei protagonisti del libro di
Masters, lo porta a definire una galleria di otto figure maschili che possono raggrupparsi in quattro
grandi categorie umane: l‟invidia (Un matto, Un giudice, Un blasfemo), la scienza (Un medico, Un
chimico, Un ottico), l‟amore (Un malato di cuore) e la libertà (Il suonatore Jones)29. Se poi
aggiungiamo che nel brano introduttivo dell‟album30 sono trattati temi quali la guerra, colla sua
insensata inutilità, vi è una galleria di diseredati,le cui vite sono trascorse nel grigiore e si son
concluse con morti spesso violente,e di donne anch‟esse infelici, il che fa riflettere sulla condizione
femminile dell‟epoca, e che su tutti incombe la morte che col suo nero mantello annulla ogni
differenza sociale e consente finalmente ai defunti di narrare dal loro punto di vista le rispettive
storie, ecco che abbiamo sintetizzati un po‟ tutti gli elementi peculiari dell‟universo di “Faber” prima
elencati.
25
Tutti morimmo a stento, op. cit. De Andrè si ispirò al gruppo inglese dei Moody Blues, anche per la scelta
dell‟orchestra negli arrangiamenti. Cfr. L. Viva, op. cit., pp.134-135. Gli altri concept album saranno: La buona
novella, Non al denaro non all’amore né al cielo, Storia di un impiegato e, per motivi linguistici, Creuza de ma’
26
Cfr G. Balestra, “Spoon River e Fabrizio De André: miti a confronto”, pp.100-116, in Volammo davvero, op.
cit.,pp.101-102
27
Ibidem, pag. 110
28
Cfr. Cotroneo, art.cit, pag XI
29
Non a caso l‟unico di cui viene mantenuto il nome originale nel testo, forse perché De André lo sentiva troppo simile
a sé e cerca di distinguersi dandogli un nome proprio (cfr. Balestra, art.cit. pag.115)
30
Dormono sulla collina, che corrisponde alla lirica di Masters La collina posta anch‟essa in posizione iniziale
Non si tratta quindi di traduzioni, ma di vere e proprie riscritture dei testi, partendo più dalla
versione della Pivano che dall‟originale inglese; nei testi delle canzoni non mancano certo i
„calchi‟31 della traduttrice compreso il verso tratto da La collina che dà il titolo all‟album, ma
infinitamente superiori sono le varianti che reggono meglio alla prova del ritmo musicale e
prosodico e soprattutto le invenzioni di sana pianta di De Andrè che faranno affermare alla Pivano
che lui ha saputo „leggere‟ in quelle poesie ciò che lei non aveva potuto tradurre perché troppo legata
all‟esegesi di un testo strettamente ancorato al suo tempo. Nel disco,invece, quei testi divenivano
attuali e insieme universali.32
Da questo momento in poi Faber ha capito che non ha più bisogno di misurarsi coi poeti perché è
un poeta anche lui con tutto un mondo dentro da esprimere e così “smette di giocare con Brassens, di
girovagare per i vicoli di Genova e comincia a scrivere”33. Non sarà un caso che dopo questo album i
suoi testi diverranno sempre meno legati a una metrica rigida che ne aiuti la memorizzazione, ma si
faranno più evoluti, complessi, contemporanei, sperimenteranno idiomi diversi antichi e moderni 34,
quasi che nella sua evoluzione artistica individuale si possa rileggere tutto il cammino percorso dalla
lirica occidentale.
Il viaggio esistenziale e artistico si concluderà con quel testamento spirituale che è Anime salve35,
dove gli umili sono protagonisti e dove l‟io narrante si fonde, nei testi più riusciti, con quello di una
coscienza collettiva, “porto il nome di tutti i battesimi” 36, colla consapevolezza della disgregazione
contemporanea dell‟individuo, “mi sono guardato piangere in uno specchio di neve[.. ]mi sono visto
di spalle che partivo”37 , con una nuova maturità interiore che lo riporta a un viaggio a ritroso verso
le proprie radici, “ti saluto dai paesi di domani/ che sono visioni di anime contadine” 38 fino a
reincontrare la compagna di giochi infantili nella struggente Ho visto Nina volare, “sulle corde di
un’altalena/ un giorno la prenderò/ come fa il vento alla schiena”.
Anche in questo disco troviamo una fonte letteraria, quella dello scrittore e poeta colombiano
Alvaro Mutis, la cui trilogia39 ispirerà il brano Smisurata preghiera , ma ormai i rapporti di
dipendenza si sono invertiti e sono gli scrittori che ambiscono a poter lavorare per un artista quale
De André, come testimonierà più volte lo stesso Mutis 40. Non abbiamo avuto il tempo di sottolineare
poi l‟importanza della collaborazione di un artista come Ivano Fossati all‟album, così come quella di
tutti gli altri collaboratori ai testi dei dischi precedenti, oltre che ovviamente i musicisti che lo hanno
aiutato a rivestire di un adeguato accompagnamento quegli stessi testi, ma la fortissima personalità
di “Faber”,che pure non esitava a sottoporre al vaglio delle opinioni altrui le sue idee,faceva sì che
chiunque lavorasse con lui, pur immettendo nell‟opera quanta parte di esperienza e sensibilità poteva
dare, finiva sempre per ricongiungersi a un ideale disegno supremo di cui De André era il solo e
assoluto regista.
E‟ così che, tornando al lavoro su Masters, il vero poeta cioè Fabrizio, come dice la Pivano, ci
vuole descrivere la vanità dei soprusi del potere, delle menzogne dei dogmi, dei pregiudizi contro i
“diversi” , insieme allo scacco di una scienza che non riesce a contrastare le miserie umane e a dare
al chimico la formula della felicità, quando
primavera non bussa, lei entra sicura
31
Vedi ad es. “ignorare che al mondo c‟è il bene e c‟è il male” da Un blasfemo e “faremo gli occhiali così” da Un ottico
Cfr. L. Viva, op.cit., pag. 152
33
Cfr. Cotroneo, art. cit., pag. XIV
34
Si pensi ai molti testi in sardo, anche prima dell‟album cosiddetto L’indiano, Ricordi, 1981, interamente dedicato a
quella civiltà, al capolavoro Creuza de ma’ , op.cit., tutto in genovese antico e al napoletano accostato ancora al
genovese in Le nuvole, Ricordi 1990
35
Op.cit. Il titolo dell‟album allude al senso etimologico delle due parole che sarebbe “spiriti solitari”.
36
Cfr. Khorakhanè in Anime salve, op. cit.
37
Da Anime salve, ibidem
38
ibidem
39
Cfr. A. Mutis, Summa di Maqroll.il gabbiere, Einaudi, Torino 1993.
40
Cfr. L. Viva, op. cit., pag. 226
32
come il fumo lei penetra ogni fessura
ha le labbra di carne i capelli di grano
che paura, che voglia che ti prenda per mano
che paura, che voglia che ti porti lontano.41
E allora, per chiudere il cerchio da cui siamo partiti, il poeta “Faber”ci dà un ritratto mirabile del
destino di ogni artista, quindi anche del suo, condannato alla solitudine, ma senza alcun rimpianto
sulla sua scelta di “spirito solitario” che gli permette di elevare un canto di anarchia e di libertà,
ultimo bardo di una civiltà al tramonto:
e poi se la gente sa,
e la gente lo sa che sai suonare,
suonare ti tocca per tutta la vita
e ti piace lasciarti ascoltare.
Finii con i campi alle ortiche
Finii con un flauto spezzato
E un ridere rauco e ricordi tanti
E nemmeno un rimpianto42
41
42
Un chimico, in Anime salve, op. cit. La strofa è totalmente originale rispetto al testo di Masters
Il suonatore Jones, ibidem