universita` degli studi di torino facolta` di scienze della formazione

Transcript

universita` degli studi di torino facolta` di scienze della formazione
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO
FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
MASTER DI II LIVELLO
“MANAGEMENT DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE E
FORMATIVE”
PROJECT WORK
Ampliamento dell’offerta formativa nel corso geometri operante
presso la casa di reclusione di S. Michele (Alessandria)
RELATORI
prof.ssa Marisa Pavone
prof.ssa Donatella Demo
CANDIDATO:
Roberto Viale
Matricola N° L01352
ANNI ACCADEMICI 2008-09 e 2009-10
SOMMARIO
Titolo del paragrafo
Pagina
Caratteristiche essenziali dell’Istituto e del contesto
Dinamiche interne
Le relazioni con il contesto esterno
Il corso presso la casa di reclusione di S. Michele. Brevi cenni storici
Elementi positivi
Difficoltà
Il corso presso la casa di reclusione come tema del project work
Obiettivi del progetto
Motivazioni della scelta in relazione al percorso didattico del Master
L’ideazione del progetto
La prima definizione del progetto
Gli sviluppi burocratici
Prosecuzione del lavoro
Progetto di reinserimento lavorativo
Snodi di sviluppo del progetto
• Una riflessione sull’insegnamento in carcere
• Orientamenti per l’approccio didattico
• Percorso organizzativo (mesi di settembre e ottobre 2009)
Obiettivi verificabili nel breve periodo
Primo monitoraggio del progetto
Secondo monitoraggio del progetto (23 novembre e 15 dicembre)
Riunione di scrutinio del 29 gennaio e prima valutazione
L’esigenza di una documentazione
Per un bilancio complessivo del progetto
Sviluppi del progetto e trasferibilità
Riflessioni sul ruolo e sulla funzione del dirigente scolastico
2
3
4
5
6
6
7
8
8
8
10
11
12
13
2
15
16
17
19
19
21
21
24
25
26
29
Caratteristiche essenziali dell’Istituto e del contesto
L’Istituto Tecnico per Geometri “P. L. Nervi” di Alessandria nasce nell’anno
scolastico 1980-81, con la separazione del corso geometri dall’ITCG Vinci.
Quello in corso è per me il secondo anno di dirigenza dell’Istituto, dopo una
esperienza precedente di un anno.
Due i punti di erogazione del servizio scolastico dell’Istituto: la sede principale è
situata in una zona piuttosto centrale di Alessandria (con difficoltà di
parcheggio, ma con vicinanza alla stazione ferroviaria e al capolinea dei bus).
Il secondo punto di erogazione del servizio è attivo presso la casa di reclusione
di S. Michele e rappresenta il tema del mio project work. Mi soffermo quindi su
questo aspetto, con maggiori dettagli, nella seconda parte di questa introduzione.
Per quanto riguarda la sede principale gli studenti provengono dalla città di
Alessandria (100.000 abitanti circa) e da buona parte della porzione meridionale
della provincia (in provincia esiste infatti un solo altro istituto per geometri, a
Casale Monferrato). L’ITG Nervi rappresenta dunque un punto di riferimento
per i comprensori di Novi, Ovada, Acqui e Tortona (in questi ultimi due casi
esistono istituti fuori provincia alla stessa distanza rispetto ad Alessandria). Gli
studenti pendolari sfiorano il 50%, creando non pochi problemi di orario (i
ritardi all’ingesso sono sistematici e coinvolgono un numero molto elevato di
studenti) e di permanenza pomeridiana a scuola. Le lezioni si svolgono
esclusivamente al mattino, dalle ore 8.00 alle ore 13.15, con unità di lezione di
50 minuti.
Ne consegue che le iniziative che si svolgono in orario pomeridiano non sono
molto frequentate, ad eccezione dei corsi conclusi da certificazioni ECDL e
CAD, forse più attinenti alla formazione professionale.
L’Istituto (sede principale) è frequentato attualmente (dati 18/12/09) da 537
studenti, con netta prevalenza maschile (le ragazze sono solo il 27%), suddivisi
in 25 classi. Le iscrizioni sono sostanzialmente stabili nel tempo, senza
significative oscillazioni negli ultimi tre anni. Gli iscritti aumentano nelle classi
terze a causa dell’immissione di studenti che chiedono il passaggio da altri
percorsi scolastici (in particolare dal liceo scientifico o dal liceo scientificotecnologico). Non mancano difficoltà nella gestione della disciplina, soprattutto
nelle prime classi.
La percentuale di alunni stranieri risulta piuttosto elevata. Alessandria è uno dei
comuni italiani con la più alta incidenza di alunni con cittadinanza non italiana
(è seconda solo a Milano in base ai dati dell’osservatorio istruzione Piemonte
2008, con una percentuale del 13% riferita a tutti gli ordini di scuola e del 6%
riferita alla sola scuola secondaria). All’ITG Nervi sono iscritti attualmente 78
studenti con cittadinanza non italiana (il 14,53%). Il dato più elevato della media
cittadina si spiega tenendo conto del fatto che le ragazze e i ragazzi con
3
cittadinanza non italiana accordano una maggiore preferenza agli indirizzi
tecnici e professionali rispetto a quelli liceali.
Si tratta spesso di allievi giunti in Italia già in età adolescenziale, in seguito a
ricongiungimento con i genitori. Per questi ragazzi alle problematiche tipiche
dell’età si sommano i vissuti dell’esperienza migratoria. Inoltre, in questi livelli
di scuola, i ragazzi si trovano a dover imparare l’italiano quando l’acquisizione
della lingua materna è già del tutto stabilizzata e occorre utilizzare la nuova
lingua non solo per rapporti interpersonali, ma anche per attività cognitive
fortemente astratte ed indipendenti dal contesto di comunicazione. In questi casi
l’apprendimento dell’italiano ha tempi più lunghi e la politica di inserimento
nella classe corrispondente all’età anagrafica risulta di difficile attuazione.
Questa situazione rappresenta, fra l’altro, uno dei fattori di ritardo scolastico (nel
mio Istituto il numero degli studenti che arrivano al diploma con più di 19 anni
supera il 30%).
Dinamiche interne
Il personale dell’Istituto ha una buona stabilità, sia per quanto riguarda i docenti
(sono pochi, rispetto ad altri Istituti, i supplenti annuali e pochissime le domande
di trasferimento), sia per quanto riguarda il personale ATA (tutti con contratto a
tempo indeterminato). L’età media è superiore ai 50 anni e sono molti coloro
che svolgono attività esterne alla scuola (intendendo come tali coloro che hanno
fatto richiesta di poter esercitare la libera professione, per lo più in uno studio
individuale). Quasi tutti i professionisti insegnano nelle materie caratterizzanti
per gli ultimi anni.
La disponibilità dei docenti all’aggiornamento è medio-bassa (in base ai risultati
del questionario distribuito ai docenti a conclusione degli ultimi due anni
scolastici): rispetto alle offerte di formazione in maggioranza dichiarano di “non
avere tempo in questo momento”. Un gruppo consistente è riluttante a curare il
proprio perfezionamento a causa dell’assenza di qualsiasi forma di incentivo.
Tuttavia la maggior parte degli insegnanti è consapevole della necessità di una
formazione continua, che ritiene di poter svolgere in forma individuale.
Interessante la disponibilità alla progettazione da parte di alcuni docenti
dell’area scientifica (in servizio nelle prime tre classi). Grazie a questo apporto
sono stati avviati due progetti significativi che hanno avuto riconoscimenti
anche economici da parte del MIUR e della regione Piemonte.
Altrettanto interessante risulta il legame che un gruppo di insegnati ha stabilito
con il corso attivo presso la casa di reclusione di S. Michele. Si tratta di docenti
che hanno maturato competenze didattiche specifiche relative ad adulti in stato
di detenzione e sono disponibili a lavorare per valorizzare questo impegno
professionale. Grazie ai loro stimoli mi sono impegnato nel tentativo di
4
rilanciare il corso, che sembrava destinato alla chiusura (questo tentativo
costituisce l’oggetto del mio project work, come viene chiarito più avanti).
Pochi genitori intervengono attivamente nella vita della scuola. E’ difficile
persino costituire una lista per l’elezione del Consiglio di Istituto. La maggior
parte delle classi non ha rappresentanti dei genitori nel consiglio di classe (in
particolare non ne hanno quasi tutte le classi del triennio).
I genitori hanno un atteggiamento prevalente di delega: si aspettano molto dalla
scuola, la giudicano, ma collaborano poco al suo miglioramento. Il loro livello
di soddisfazione, inoltre, non ha alcuna relazione con i risultati scolastici dei
figli. Le proteste, talvolta corredate da suggerimenti, sono quasi sempre in
relazione a non ammissioni alla classe successiva.
Da alcuni anni l’Istituto consegue una certificazione di qualità, strettamente
collegata all’esistenza di un laboratorio per le prove dei materiali da costruzione.
Il laboratorio rappresenta una risorsa importante, sia per l’opportunità formativa
rivolta agli studenti, sia per la possibilità di conseguire un modesto, ma prezioso
utile economico per lo scarno bilancio scolastico.
La certificazione di qualità ha però un impatto limitato sulle abitudini
organizzative dei docenti presi nel loro insieme. Coloro che curano i preparativi
per affrontare la visita annuale dell’ispettore sono tutti coinvolti più o meno
direttamente con il laboratorio. Al di fuori di questa ristretta cerchia pochi se ne
sentono responsabili. A mio avviso, tuttavia, l’esperienza della certificazione,
pur faticosa, influenza in positivo molte procedure interne e ne traggono
beneficio il lavoro della segreteria, in particolare per la documentazione interna,
e le relazioni burocratiche con l’utenza, giacché gran parte della modulistica è
codificata e disponibile on-line.
Le relazioni con il contesto esterno
L’ITG Nervi è inserito in diverse reti di scuole, che però risultano deboli anche a
causa del flusso unidirezionale dell’informazione. Più organica ed efficace la
relazione con il Collegio dei Geometri, con cui sono state progettate iniziative di
formazione, di stage per le classi quarte e di avviamento al praticantato per
l’esercizio della libera professione.
Da tre anni è attiva una convenzione con i CTP di Alessandria e di Acqui per la
realizzazione di un corso serale strutturato con la modalità del progetto POLIS,
che prevede anche una certificazione professionale dopo il secondo anno, con
l’inserimento nella convenzione della scuola edile. I corsi hanno una buona
adesione per numero di iscritti, anche se sono caratterizzati da un alto tasso di
abbandoni, per cui la percentuale dei diplomati risulta esigua (anche per
l’elevato numero di bocciature all’esame di stato).
5
Durante la primavera del 2009 è stato progettato un corso IFTS, approvato dalla
regione Piemonte, che ha come protagonisti, insieme all’ITG Nervi, anche la
Scuola Edile (espressione del Collegio dei Costruttori, con cui abbiamo buoni
rapporti), l’Università (corso di Scienze dei Materiali dell’Università del
Piemonte Orientale) e il CNA (organizzazione delle piccole imprese). Il corso ha
come obiettivo la formazione di un “Tecnico di cantiere con competenze di
certificazione energetica degli edifici” ed è partito regolarmente nel novembre
2009 con 22 iscritti (il risultato atteso è di 16 diplomati al termine dei due anni
di corso). Il corso IFTS si inserisce in un più ambizioso progetto di “filiera
edile”, teso a costituire un polo tecnico-professionale fra tutti i protagonisti della
formazione attinente al settore edilizio. A mio avviso i meccanismi di
progettazione, monitoraggio e verifica, indispensabili per questi corsi,
rappresentano un termine di confronto molto utile per lo sviluppo di più efficaci
modalità di progettazione sia all’interno, sia all’esterno dell’Istituto.
Il corso presso la casa di reclusione di S. Michele
Brevi cenni storici
Il corso geometri presso la casa di reclusione “S. Michele” di Alessandria ha una
lunga tradizione: il primo percorso scolastico regolare si è svolto nell’anno
scolastico 1956-57 (quando la casa di reclusione aveva un’altra sede e l’istituto
scolastico di riferimento era l’ITCG Vinci).
Si trattava ancora di corsi con un profilo giuridico definito in modo incerto,
legati alle personalità di alcune grandi figure dell’assistenza e del volontariato
alessandrino.
Negli anni ’70 emerge anche a livello istituzionale una nuova sensibilità relativa
al mondo carcerario. Da più parti viene quindi avanzata la proposta di introdurre
percorsi di tipo scolastico, con lo scopo di sviluppare la socializzazione positiva
del detenuto, in vista del suo reinserimento nella società.
L’art. 19 della legge 354/75 riconosce il diritto di istituire corsi di istruzione
secondaria di secondo grado negli istituti di pena. Si precisa inoltre che tali corsi
sono fruibili da tutti coloro che ne fanno richiesta e quindi non costituiscono
soltanto una misura premiale.
Così, dal 1978-79, il corso geometri presso le carceri diventa corso sperimentale
con autorizzazione annuale da parte del MPI. Dal 1980-81 l’istituto scolastico di
riferimento è l’ITG Nervi (separatosi dal Vinci).
L’esperienza del carcere di Alessandria con le scuole superiori è la prima in
Italia e viene seguita pochi anni dopo, nel 1986, da quella – più nota – relativa al
carcere romano di Rebibbia con l’ITC Martini. Ancora oggi i corsi di scuola
secondaria attivati presso gli istituti di pena sono piuttosto rari e sono sempre
collegati a qualche iniziativa “illuminata” della direzione carceraria.
6
Ad Alessandria dal 1986-87 anche le donne possono essere docenti nel corso e
questa apertura contribuisce a riportare alla normalità anche la modalità di
reclutamento dei docenti.
Dal 1990-91 la sezione carceraria viene istituita ufficialmente come sezione
staccata con codice proprio: questa scelta dà stabilità all’organico e consente la
formazione di un corpo docenti che sceglie liberamente di lavorare nella
struttura carceraria.
La sezione opera con cinque classi per 18 anni, fino al 2007-08.
Dal 2008-09 le classi autorizzate in organico sono soltanto due e gli studenti che
concludono l’anno scolastico sono meno di 15. La prospettiva di ulteriori tagli
pare mettere fine a questa quarantennale esperienza.
Elementi positivi
In base alle relazioni dei docenti, gli alunni frequentanti hanno di solito una
discreta disponibilità allo studio ed evidenziano una motivazione mediamente
superiore a quella di una classe ordinaria. Tutti sono concordi nel dichiarare che
di solito si instaura un discreto clima di collaborazione in classe. La vicenda di
alcune classi viene ricordata in positivo a distanza di anni e dà luogo a
comunicazioni anche al di fuori della relazione strettamente scolastica (molti
docenti ricordano con piacere le lettere ricevute dai detenuti).
Nel tempo si è creato un gruppo affiatato di docenti che hanno lavorato per anni
presso la struttura carceraria. Costoro hanno esperienza del tipo di lavoro
particolare che si può portare avanti con adulti reclusi e consuetudine con le
procedure di sicurezza adottate all’interno di questa istituzione.
Difficoltà
La circolare 331/98 permetteva di costituire classi in deroga al numero minimo
di alunni in caso di attività scolastica all’interno di una istituzione carceraria
(art. 18, comma 8: Il funzionamento di corsi di istruzione negli istituti di
reclusione è consentito previo accertamento delle garanzie di sicurezza per il
personale ivi utilizzato; il numero di allievi detenuti, che può essere inferiore a
quello stabilito nei precedenti commi, va concordato con la direzione
dell'istituto, assicurando, in ogni caso, la prosecuzione dei corsi già attivati).
Questa possibilità è ora messa in discussione in una fase di progressivo
contenimento della spesa pubblica mediante riduzione degli organici.
Le classi attivate in carcere di solito vedono il numero degli iscritti diminuire
vistosamente man mano che ci si avvicina all’esame di stato, in relazione alle
situazioni personali: alcuni iscritti terminano il periodo di detenzione prima di
7
concludere il quinquennio scolastico, oppure ottengono il regime di semilibertà
e preferiscono iscriversi ad altri corsi al di fuori dell’edificio carcerario. Sul
numero dei frequentanti incidono inoltre i trasferimenti disposti dall’autorità
carceraria, solo parzialmente compensati da nuovi inserimenti ad anno scolastico
avviato.
La drastica riduzione dell’organico, decisa alcuni mesi prima dell’inizio del mio
incarico, aveva creato un clima di tensione istituzionale fra USP, dirigenza
dell’Istituto, dirigenza del carcere e assessorati locali (comune e provincia).
Alcuni incontri, svolti su iniziativa degli assessorati, si erano conclusi con un
nulla di fatto e avevano dato origine ad incomprensioni personali.
La chiusura del corso, che sembrava al momento del mio arrivo inevitabile, mi è
parsa tuttavia inopportuna: la storia di questa esperienza rappresenta un
patrimonio considerevole di professionalità sia da parte dei singoli docenti sia da
parte dell’Amministrazione che li ha sostenuti. Inoltre i progetti formativi rivolti
alla popolazione adulta rappresentano uno degli assi strategici della formazione
in prospettiva europea. Va considerato che una tendenza sempre più percepibile,
benché ancora non sufficientemente riconosciuta, fa ritenere che nella
definizione della domanda complessiva di istruzione e formazione superiore sarà
sempre più rilevante il contributo delle classi di età adulte, in un quadro che
assegna alle molte forme di lifelong learning un peso crescente rispetto alla
educazione iniziale.
Il corso presso la casa di reclusione come tema del project work
Fin dal primo colloquio con la direzione dell’Ufficio scolastico provinciale ho
colto la complessità della problematica che mi accingevo ad affrontare. Il
sovrapporsi di piani diversi richiedeva un approccio pluridirezionale, articolabile
in quattro linee di sviluppo, strettamente interconnesse fra di loro.
• Era importante prima di tutto creare un clima di ascolto fra i vari soggetti
coinvolti, offrendomi come tramite per incontri di chiarificazione e di
ripresa della collaborazione. Il lavoro di rete doveva fin dall’inizio poter
contare su risorse informali maturate nel dialogo e nell’attenzione
reciproca.
• La stabilità del corso era comunque da collegare al numero degli alunni
frequentanti: non è possibile chiedere all’amministrazione scolastica un
impegno maggiore in assenza di iscrizioni numericamente significative. Il
limite del numero esiguo di studenti non era collegato tanto alla
potenziale platea di utenti, quanto all’effettiva collaborazione delle
istituzioni carcerarie, che non sempre si spendevano nella campagna di
iscrizioni, al di là delle dichiarazioni di principio.
8
• Il corso non poteva più reggere senza un particolare impegno
dell’amministrazione scolastica che ne riconoscesse le peculiarità. I
parametri utilizzati per la formazione delle classi nella scuola non possono
essere meccanicamente riproposti ad utenti così diversamente vincolati.
• Il corso non poteva crescere e svilupparsi senza cogliere tutte le
opportunità offerte dal territorio. Emergeva così la necessità di allargare
gli orizzonti al di là dei confini della collaborazione fra istituzione
scolastica ed istituto di pena. Era necessario stringere alleanze allargate ad
altri soggetti economici ed istituzionali appartenenti alla società civile
oltre che al mondo della scuola.
Obiettivi del progetto
1. Segnalare alle istituzioni coinvolte il valore del corso in relazione alla sua
storia e ai progetti in corso di approvazione sull’educazione degli adulti
2. Sollecitare interventi di istituzioni esterne
3. Allargare il piano dell’offerta formativa
4. Valorizzare il patrimonio di esperienze acquisito dall’ITG Nervi nella
gestione di un corso rivolto ad adulti reclusi
5. Proseguire il corso in modo compatibile con le risorse
6. Indurre l’istituzione carceraria ad essere più attiva nella pubblicizzazione
del corso presso altre strutture carcerarie
7. Proporre una articolazione del corso maggiormente compatibile con i
tempi e le modalità di impegno degli adulti reclusi
8. Promuovere nuove professionalità fra gli studenti, con possibilità di
inserimento lavorativo anche all’interno dell’istituzione carceraria.
Motivazioni della scelta in relazione al percorso didattico del Master
• Si tratta di un progetto di dimensioni ridotte, valutabile nel periodo breve
di uno-due anni scolastici.
• Coinvolge aspetti istituzionali ed interistituzionali anche al di fuori
dell’ambito scolastico e coinvolge il territorio nel suo complesso
(Direzione del carcere, USP, altri Istituti scolastici, enti locali)
• Si presta ad implementazione negli anni successivi con ingresso di altri
patners esterni (Istituzione dei CPIA, futuro polo tecnico-professionale
con la scuola edile)
• E’ collegato all’identità progettuale complessiva della scuola e identifica
una priorità strategicamente rilevante in relazione alla storia dell’Istituto
• Individua una possibilità di sviluppo in cui il dirigente scolastico può
incidere in modo significativo nel tempo breve del percorso del Master
9
• Esiste un gruppo significativo, anche se limitato, di docenti interessati allo
sviluppo del progetto
• Si collega in modo diretto con la centralità dell’EDA espressa dalle
istituzioni europee (Lisbona)
L’ideazione del progetto
Nei primi mesi del 2009 si è presentata l’occasione di ampliare l’offerta
formativa presso la casa di reclusione affiancando al corso geometri un corso
professionale di odontotecnici. In occasione di alcuni incontri con la dirigente
scolastica dell’IPSIA Fermi ho intravisto la possibilità di attivare una serie di
sinergie fra i due Istituti superiori.
L’IPSIA Fermi già nel corso del 2008 aveva avviato un progetto
interistituzionale che coinvolgeva il comune e la provincia di Alessandria,
l’ASL, la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria (CRAL) e il
CISSACA, il consorzio socio-assistenziale dei comuni del comprensorio
alessandrino. All’interno di questo progetto la fondazione CRAL era disponibile
a finanziare l’acquisto di un laboratorio odontotecnico presso la casa di
reclusione.
L’IPSIA Fermi tuttavia non aveva una esperienza diretta di presenza all’interno
della struttura carceraria. Da questa complementarietà è nata la bozza della
convenzione (allegato 1) che ha permesso ai due istituti di operare in maniera
comune e nella stessa direzione. Nelle nostre riflessioni abbiamo riconosciuto
che questo progetto avrebbe potuto avere una ricaduta positiva sull’intera
popolazione carceraria: coloro che concludono il corso avrebbero la possibilità
di lavorare a vantaggio di altri reclusi nel settore delle protesi dentarie, offrendo
un servizio molto richiesto e competitivo rispetto ai laboratori esterni.
Ci incoraggiava in questa direzione la legge regionale 28 dicembre 2007 Norme sull’istruzione, il diritto allo studio e la libera scelta educativa, che
individua all’art. 18 le Azioni formative per la popolazione carceraria
1. La Regione può prevedere specifici stanziamenti di risorse per sostenere
corsi di istruzione e formazione che si svolgono nelle case circondariali
del territorio piemontese, al fine di agevolare l’inserimento sociale di chi
si trova in situazione di detenzione.
2. Per le finalità di cui al comma 1 gli enti locali competenti per territorio
stipulano apposite convenzioni con le case circondariali
Il progetto ha mosso i primi passi nei primi mesi del 2009, ideato nel corso di
alcuni incontri da me avuti con i docenti “storici” del corso presso la casa di
reclusione e con la dirigente dell’IPSIA Fermi.
Successivamente il confronto si è sviluppato presso la sede dell’Ufficio
Scolastico Provinciale e presso la direzione della casa di reclusione. Segnalo in
10
particolare gli incontri del 23 febbraio, del 4 marzo, del 6 marzo e dell’11
marzo. Questi incontri avevano un obiettivo ben preciso: sapevamo infatti che,
anche in seguito alle discussioni piuttosto aspre avvenute nella primavera
precedente, la dirigenza dell’USP era sospettosa nei confronti di questo progetto
e abbiamo utilizzato in positivo le sue osservazioni come anticipazione delle
criticità che ci saremmo trovati ad affrontare.
L’ultima stesura è stata perfezionata proprio alla vigilia della consegna, il 19
marzo, dopo una rielaborazione finale che ha fatto proprie le osservazioni
pervenute dalla dirigente dell’USP. In seguito alla valutazione positiva a livello
provinciale il nostro testo è stato poi inviato all’Ufficio Scolastico Regionale,
che avrebbe dovuto approvarlo e dotarlo di risorse adeguate al momento
dell’assegnazione degli organici.
La prima definizione del progetto
In origine il nostro progetto prevedeva l’istituzione di una classe di biennio e di
una di triennio, quest’ultima necessaria per permettere la conclusione del corso
ai dieci alunni restanti. La classe di biennio rappresentava una novità, essendo
articolata fra i geometri del Nervi e gli odontotecnici del Fermi. L’obiettivo era
naturalmente quello di raggiungere in breve tempo un numero di iscrizioni
sufficiente per poter chiedere l’istituzione della classe. La direzione del carcere,
più volte sollecitata, ha accettato di estendere il bando ad altri istituti di pena,
offrendo all’intero corso un bacino di utenza adeguato.
Un parallelo sviluppo della progettazione ha avuto immediate implicazioni
didattiche. La necessità di dare una risposta specifica alle esigenze degli iscritti,
valorizzando le competenze maturate anche in contesti informali, ci ha indotto a
prendere in esame la ricognizione e la certificazione delle abilità di partenza dei
corsisti.
Abbiamo ipotizzato per questa ricognizione un colloquio di accoglienza per aree
disciplinari, con l’aggiunta di brevi esercitazioni scritte. Come traccia per il
colloquio abbiamo utilizzato il DM 139 del 22 agosto 2007 (Regolamento
recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione) che
propone una sequenza di assi culturali attorno ai quali dovrebbe articolarsi la
preparazione degli studenti del biennio conclusivo del ciclo scolastico (allegato
2). Questi assi culturali sono sviluppati in una sequenza di competenze e di
abilità che dovrebbero rappresentare l’obiettivo formativo al termine del
secondo anno di una scuola superiore. Con un lavoro di adattamento abbiamo
ricavato una scaletta di competenze che possono descrivere la preparazione
essenziale di uno studente al termine del primo anno di corso (allegato 3).
Il consiglio di classe ha preparato una traccia per il colloquio di ammissione che
avrebbe dovuto certificare o meno l’esistenza di queste competenze nei corsisti
11
che si iscrivevano per la prima volta, in modo da poterli inserire con efficacia in
una classe che in un solo anno doveva permettere loro di acquisire le
competenze utili per affrontare un triennio di scuola superiore.
Un’altra direzione di lavoro ha preso in considerazione i contenuti del triennio.
La situazione della classe, relativamente raccolta e circoscritta ci ha indotto a
riflettere sulla possibilità di sperimentare un quadro orario modellato sui progetti
POLIS dei corsi per adulti. Si tratta di un quadro orario più snello, che insiste
sugli insegnamenti essenziali e riduce di alcune unità il monte ore del corso.
Mentre sviluppavamo la nostra progettazione cominciavano a circolare le prime
bozze relative al riordino dei quadri orari della scuola secondaria. Abbiamo così
preso in esame queste bozze, cercando di comprenderne la logica in relazione
alle competenze fondamentali da sviluppare all’interno di un corso geometri. In
questo modo abbiamo potuto presentare la nostra esperienza come già orientata
verso uno schema che dovrebbe diventare operativo a partire dal settembre
2010.
Un altro stimolo in questa direzione ci è stato infine offerto dalla pubblicazione
(ai primi di giugno 2009) della bozza di regolamento dei costituendi Centri per
l’istruzione degli adulti (CPIA), che dovrebbero diventare istituti scolastici
autonomi a partire dall’anno scolastico 2010-11. Il regolamento propone in
modo esplicito, relativamente ai percorsi di istruzione finalizzati al
conseguimento del diploma di istruzione tecnica, uno sviluppo di competenze da
raggiungere in tre “periodi didattici”, con orario scolastico ridotto fino al 30%,
personalizzazione dell’itinerario formativo e riconoscimento dei crediti acquisiti
(le linee fondamentali di questo regolamento, che intersecano il nostro progetto,
sono riportate in estratto nell’allegato 4).
Gli sviluppi burocratici
La definizione dell’organico di diritto pareva interrompere l’itinerario della
nostra progettazione: ci veniva concessa una classe per i soli geometri sulla base
del numero degli iscritti al 28 febbraio 2009. La decisione si poteva spiegare con
la necessità di ridurre le classi, in ossequio ai dettami della manovra finanziaria,
ma ha determinato un momento di delusione e di scoramento nel gruppo di
lavoro. Le motivazioni addotte avevano a che fare con l’impossibilità di
costruire classi articolate fra istituti tecnici e professionali. Le rigidità del
sistema informatico del MIUR sembravano mettere la parola fine al nostro
tentativo.
Dopo un periodo di delusione ho ripreso la ricerca di contatti istituzionali per
superare la difficoltà. In seguito ad ulteriori approfondimenti con l’USP,
12
l’Assessorato provinciale e i dirigenti degli istituti coinvolti l’argomento è stato
riproposto durante il mese di giugno 2009.
Ai primi di giugno 2009 usciva lo schema di regolamento dei costituendi CPIA,
di cui ho già presentato nel paragrafo precedente i contenuti che intersecano il
nostro progetto. Pur non trattando direttamente della situazione carceraria,
questo regolamento ci è parso molto interessante ed è diventato oggetto di alcuni
incontri di riflessione.
A metà giugno, in un colloquio con la dirigente USR competente per
l’educazione degli adulti, ho affrontato nuovamente il problema ed ho ottenuto
qualche rassicurazione assieme a qualche consiglio sul modo di utilizzare la
bozza di regolamento CPIA nella presentazione della progettazione che sarebbe
stata inoltrata contemporaneamente alla richiesta di organico di fatto.
A questo punto è stata messa a punto la richiesta di organico di fatto, corredata
da una scheda che ripercorreva i punti qualificanti del nostro lavoro. L’intera
documentazione è stata inoltrata all’USP per un parere preventivo prima del
definitivo invio all’USR il 10 luglio 2009.
Prosecuzione del lavoro
La definizione ufficiale dell’organico di fatto ci è pervenuta solo il 28 luglio
2009. Con sollievo abbiamo appreso che il grosso delle nostre richieste era stato
accolto. In particolare era stata accolta l’ipotesi di una classe articolata con
l’IPSIA Fermi (per l’anno 2009-10 sono state attribuite 11 ore settimanali per i
laboratori e per le discipline discordanti fra i due corsi). Era stato inoltre
assegnato un contingente di ore settimanali di lezione corrispondente alla nostra
richiesta di una classe con orario ridotto, che noi avevamo definito “secondo
periodo didattico (classe 3°-4°), per consentire la conclusione del corso a coloro
che negli anni scorsi avevano frequentato con successo una classe seconda o
terza (allegato 5).
Le riunioni del 27 agosto e del 3 settembre sono state dedicate alla messa a
fuoco dei nodi problematici del nostro progetto.
• Le risorse assegnate consentivano una sola classe sul biennio, sia pure
articolata su due moduli, uno per geometri ed uno per odontotecnici. A
questo punto gli iscritti erano persino troppi (avevamo le domande di
16 geometri e 15 odontotecnici nella stessa classe), anche se alcuni
erano ancora da confermare.
• L’assegnazione degli insegnanti avrebbe richiesto tempi
supplementari. Il fatto che il corso non fosse previsto in organico di
diritto aveva creato situazioni di perdenti posto ed occorreva ormai
accettare un ampio turn over di docenti. Occorreva ridefinire il gruppo
di lavoro accogliendo i nuovi docenti che sarebbero stati via via
13
assegnati. Molti sarebbero stati supplenti, con incarico per poche ore
settimanali, senza esperienza di lavoro in carcere.
• Qualche nota di scoramento ha attraversato il gruppo di lavoro, ridotto
al dirigente scolastico con due insegnanti. Fra l’altro questi ultimi
avevano entrambi un numero prevalente di ore di lezione o sulla sede
principale o addirittura, in un caso, su un’altra sede scolastica e per
mantenere il loro impegno ho dovuto utilizzare le poche risorse residue
di flessibilità didattica. Una ulteriore difficoltà era rappresentata dal
mutamento di incarico della dirigente scolastica dell’IPSIA Fermi, con
cui avevamo lavorato così proficuamente in primavera. In attesa di una
nuova nomina sono così diventato l’unico punto di riferimento per la
progettazione.
• Occorreva preparare entro il 14 settembre l’accoglienza degli iscritti ed
organizzare i colloqui sulla base delle risorse umane esistenti, tenendo
conto che molti supplenti sarebbero stati nominati ad anno scolastico
avviato. In particolare era necessario definire meglio la traccia per il
colloquio, soprattutto per alcuni “assi culturali”.
Progetto di reinserimento lavorativo
Nel mese di settembre il nostro progetto si è aperto ad una ulteriore opportunità.
Dopo una riunione con l’assessore alla pubblica istruzione, la direttrice della
casa di reclusione e gli educatori della struttura carceraria (3 settembre) abbiamo
ripreso ed integrato il progetto di reinserimento di un detenuto presso il
laboratorio prove materiali annesso all’ITG Nervi (già attivo nel passato, ma
sospeso da un anno).
Destinatario del progetto è un detenuto che abbia concluso il corso geometri con
l’esame di stato e che si avvii a concludere la permanenza in carcere. L’obiettivo
è quello di agevolare un percorso di reinserimento facendo leva sulle nuove
competenze acquisibili presso il laboratorio. Si tratta di una opportunità anche
per l’istituto, in quanto la presenza di una persona fissa in laboratorio per un
numero continuativo di ore agevola la relazione con i clienti esterni.
Il progetto ha avuto una buona accoglienza da parte dell’Ufficio tecnico
dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione della provincia di Alessandria ed è
stato inviato con una lusinghiera relazione di accompagnamento alla regione
Piemonte con la richiesta di un finanziamento adeguato a coprire i costi di una
borsa lavoro di durata annuale, con possibilità di continuazione anche in anni
successivi. Più precisamente il progetto ha partecipato ad un Bando per la
concessione di contributi a sostegno di progetti ed iniziative nel settore del
contrasto alla devianza e a favore di persone in esecuzione penale, ai sensi della
DD 241 del 13/07/09 della Direzione delle politiche sociali.
14
Con la DD 7 del 14 gennaio 2010 sono state approvate le graduatorie dei
progetti sociali presentati ai sensi del bando in oggetto e la commissione di
valutazione ha inserito il nostro progetto nella fascia massima di punteggio, che
corrisponde ad un finanziamento del 90% del costo totale.
A distanza di pochi mesi abbiamo quindi avuto l’assegnazione di un detenuto
che si è inserito positivamente nel lavoro del laboratorio, contribuendo
sicuramente a renderne l’attività meno episodica e più produttiva.
15
Snodi di sviluppo del progetto
A - Una riflessione sull’insegnamento in carcere
Una parte importante del nostro impegno di questi mesi ha avuto come tema la
riflessione sul senso dell’insegnamento in carcere, che dovrebbe essere quello di
fornire strumenti di analisi e di indagine, momenti di confronto fra punti di vista
differenti.
La popolazione detenuta ha alle spalle nel 90% dei casi un percorso scolastico
difficile, costellato da abbandoni precoci e disaffezione totale verso al scuola. Le
competenze maturate derivano da altre agenzie formative, a volte sono legate al
mondo del lavoro, ma più spesso sono di semplice deriva televisiva. Si tratta per
lo più di informazioni accolte in modo acritico e a volte esasperate da una
sfiducia drammatica verso le istituzioni e verso la società civile nel suo
complesso.
Ne è eloquente testimonianza la bassissima percentuale di scolarizzazione
superiore fra i detenuti, come viene evidenziato da questi dati.
Diploma di scuola media superiore 3,87%
Qualifica professionale
3,64%
Questo dato è ancor più macroscopico se si considera la giovane età dei
detenuti:
fra i 18 e i 29 anni
30,86%
fra i 30 e i 39 anni
36,79%
(fonte: DAP – Ministero della Giustizia, dati riferiti al 15/01/02 – citati da “Il
cono d’ombra dell’istruzione in carcere” di Luciano Scarcia).
La maggioranza dei detenuti ha frequentato la scuola negli anni Settanta e
Ottanta, in una fase in cui la scuola di massa ha conosciuto la sua massima
espansione ed è stata attraversata da innovazioni e spinte democratiche. Eppure
questa stessa scuola ha vissuto preoccupanti fenomeni di abbandono precoce
degli studi. I dati che qui vengono presentati inducono a pensare che esista una
forte correlazione fra abbandono scolastico e devianza.
Negli ultimi anni la popolazione carceraria si va gradualmente modificando:
diminuito il periodo detentivo per reati comuni, il carcere viene usato per punire
la criminalità legata allo spaccio di droga, all’immigrazione illegale o allo
sfruttamento.
Aumenta notevolmente la percentuale di detenuti extracomunitari o di Paesi
dell’est europeo con problemi di integrazione linguistica, anche se non privi di
conoscenze in altri ambiti. Per quanto riguarda il nostro corso i dati sono i
seguenti:
2° geometri
6 (su 16) extracomunitari (37%)
2° odontotecnici
9 (su 12) extracomunitari (75%)
Secondo periodo didattico geometri 4 (su 10) extracomunitari (40%)
16
Secondo gli educatori che operano presso le carceri queste percentuali
corrispondono in linea di massima alla presenza media dei detenuti
extracomunitari nel carcere di Alessandria (la media italiana supera comunque il
30%).
Emerge l’esigenza di riconoscimento dei crediti formativi acquisiti, anche con
un percorso scolastico parziale, in modo da poter utilizzare le competenze
acquisite sia negli spostamenti legati all’esecuzione della pena, sia al momento
del rilascio oppure di accesso alle misure alternative al carcere.
I percorsi scolastici vanno curvati in relazione ai bisogni dell’utenza carceraria,
nell’ottica di una reale progettualità, significativa per il percorso esistenziale
successivo alla detenzione. Non si tratta solo di orientamento al mondo del
lavoro: durante il colloquio preliminare è emersa con frequenza la domanda di
una alfabetizzazione “funzionale”, che entri in relazione con i vissuti di
ciascuno, diventando laboratorio di idee e di riflessione. L’educazione alla
legalità ad esempio non può disgiungersi dai meccanismi giuridici e processuali
che hanno portato alla detenzione.
Questo apprendimento strumentale dell’italiano (che ricorda nei suoi
meccanismi il metodo Freire, più volte illustrato nel corso del Master) entra in
contatto con le leggi sull’immigrazione e sulla detenzione, le procedure per il
rilascio di permessi di soggiorno, le pratiche per i rimpatri, l’attivazione di
garanzie di patrocinio e di difesa secondo i principi del diritto italiano.
Snodi di sviluppo del progetto
B - Orientamenti per l’approccio didattico
La nostra riflessione didattica si è quindi orientata alla proposta di alcuni tratti
metodologici da condividere con i docenti che progressivamente si inserivano
nel lavoro sul corso carcerario:
• sviluppare i saperi essenziali e consolidare le competenze trasversali;
• insegnare a recepire in modo problematico le informazioni, accrescendo le
abilità volte a costruire un metodo di studio;
• permettere l’approfondimento di argomenti di particolare interesse da
parte del recluso;
• razionalizzare i tempi di insegnamento/apprendimento attraverso l’uso di
nuove tecnologie;
• privilegiare modelli didattici che facciano sentire lo studente artefice dei
propri prodotti, attuando pratiche di micro-progettazione;
• ricorrere a procedure di lavoro di tipo esperienziale, sollecitando al
curiosità, potenziando la metacognizione, avviando lo studente all’autoapprendimento e alla riflessione personale.
17
Per quanto riguarda l’organizzazione della lezione la nostra indicazione è quella
di proporre agli studenti, ad ogni incontro di lavoro, il conseguimento di un
obiettivo plausibile, realizzando un’attività esaustiva, che abbia un inizio ed una
fine ben definiti.
Sulla base delle esperienze precedenti è importante accettare i tempi di adesione
e di rifiuto, ricordando sempre che si è ospiti all’interno di una struttura che ha
priorità diverse da quelle strettamente scolastiche. Diventa strategica da questo
punto di vista la conoscenza dei tempi reali delle attività proposte, in modo che
queste siano sempre fattibili e rispettose dei tempi e delle esigenze di ciascuno.
Per quanto riguarda lo stile relazionale il docente dovrebbe evitare di raccogliere
richieste di tipo personale. Sarebbero ugualmente da evitare domande di tipo
riservato o registri emotivi di tono compassionevole.
Il docente rappresenta per le persone recluse uno strumento per mantenere il
contatto con la normalità, una persona che offre stimoli e riferimenti per la
continuità con la vita esterna, presentata nei suoi valori positivi e costruttivi,
superando il senso di sfiducia nelle istituzioni.
Ciò che gli studenti reclusi comprendono nel rapporto con i docenti non è solo
riconducibile alle informazioni che ricevono, ma è legato alla comunicazione
non verbale, associata alla relazione che si viene a creare. Gli studenti
solitamente valutano in modo esasperato la sincerità delle parole ed esprimono
senso di solitudine e paure attraverso il linguaggio del corpo (di cui è importante
captare i messaggi).
Snodi di sviluppo del progetto
C – Percorso organizzativo (mesi di settembre e ottobre 2009
1. La nomina degli insegnanti è stata piuttosto laboriosa. Come già accennato
non è stato possibile inserire in organico di diritto l’insieme delle ore di docenza
assegnate al progetto e quindi molti spezzoni, assegnati in seguito e inferiori alle
sei ore, non hanno avuto nomine da parte dell’USP.
Per il nostro lavoro siamo partiti dalle poche ore attribuite a docenti del Nervi
come completamento orario. Ad essi sono stati aggiunti i supplenti annuali
provenienti dalle graduatorie di I e II fascia, operazione che è stata completata
entro il 14 settembre. Per i docenti di III fascia, data la complessità delle
procedure per l’ingresso in carcere e il rischio di dover ripetere le pratiche
burocratiche dopo pochi giorni, ho deciso di attendere la graduatoria definitiva,
pervenuta solo il 25 settembre.
Nel frattempo è stato individuato, all’interno del collegio docenti del Nervi, un
consiglio di classe provvisorio per la progettazione e la gestione delle attività di
accoglienza, con graduale inserimento dei docenti via via nominati.
Contemporaneamente si sono svolti incontri con la nuova dirigente dell’IPSIA
Fermi per coordinare le nomine sulle 11 ore aggiuntive attribuite al corso
professionale (laboratorio, anatomia e disegno).
18
2. Ugualmente faticoso e non privo di vivaci discussioni è stato il momento
dell’installazione delle attrezzature, in particolare per quel che riguarda i
banconi di lavoro per il laboratorio del corso odontotecnici.
I tempi sono stati più lunghi del previsto, sia per motivi burocratici, legati alle
procedure amministrative del carcere, sia per motivi tecnici, legati
all’allacciamento con la rete del gas, la rete idraulica e quella elettrica. Lo sforzo
di rispettare i tempi ha messo a dura prova l’impegno della direzione del carcere
e della direzione scolastica.
3. Nel frattempo abbiamo avviato le attività di accoglienza. Un primo incontro
con gli studenti ha avuto luogo già il 14 settembre. In seguito abbiamo iniziato
un gruppo di lezioni presentate come giornate di orientamento e di approccio
alle discipline, seguite poi dal colloquio interdisciplinare individuale per
l’accertamento delle competenze ai fini dell’ammissione al secondo anno di
corso.
Il 24 settembre si sono concluse queste attività propedeutiche con la riunione del
consiglio di classe, convocato per la valutazione dei percorsi individuali e dei
colloqui, al fine dell’inserimento vero e proprio nella seconda classe che ci era
stata autorizzata (per due studenti si è trattato di una ammissione con riserva, in
attesa di verificare meglio le competenze).
Dal 28 settembre le lezioni si svolgono regolarmente, con orario definitivo, per
30 ore nella classe seconda e per 24 ore nel “secondo periodo didattico”, come
stabilito dal piano orario autorizzato. La classe seconda rimane unita per 19 ore
di lezione, mentre, nelle restanti 11, si sdoppia in occasione delle lezioni
specifiche dei due corsi.
19
Obiettivi verificabili nel breve periodo
• Creare un gruppo di lavoro di docenti più coeso attorno all’esperienza del
corso interno ad una casa di reclusione.
• Verificare l’impegno della direzione del carcere nella linea di un
maggiore coordinamento fra istituzione scolastica ed istituzione carceraria
• Mantenere un’adeguata percentuale di presenze confrontata con i dati
storici del corso. Si è convenuto in partenza di considerare accettabile un
tasso di abbandono o di rinvio ad altri corsi in misura non superiore al
20%
• Raggiungere risultati scolastici riferiti agli alunni che non si discostino in
maniera significativa dalla media dei punteggi attribuiti agli studenti nei
corsi funzionanti presso la sede principale. Ai fini di questo report ho
assunto come punteggi di riferimento i risultati del primo quadrimestre,
rilevati in occasione dello scrutinio di fine gennaio.
Primo monitoraggio del progetto
In una riunione che si è svolta il 12 novembre alla presenza dei consigli gli
classe è stato effettuato il primo monitoraggio complessivo dell’intero progetto
relativamente ai primi due mesi di corso.
La riunione ha visto la presenza di tutti gli operatori scolastici coinvolti nel
corso: i dirigenti scolastici di entrambi gli Istituti, i docenti del consiglio della
classe articolata (geometri – odontotecnici) e i docenti del secondo periodo
didattico del corso geometri.
La riunione ha rappresentato prima di tutto un’opportunità di conoscenza
reciproca: molti docenti hanno poche occasioni di incontro diretto fra di loro,
dato che hanno un numero limitato di ore di insegnamento presso la struttura
carceraria ed incarichi in altre scuole per il completamento orario. Abbiamo
dunque cominciato con una auto-presentazione che facesse riferimento alle
precedenti esperienze di insegnamento in istituzioni carcerarie o comunque in
corsi di educazione degli adulti.
Una situazione così frammentata ha fatto nascere spontaneamente l’esigenza di
un maggiore coordinamento. E’ stato così individuato un docente con il
compito di coordinatore dell’intero corso. La scelta è caduta su un insegnante
che ha seguito l’intera progettazione di questo anno e che ha un’esperienza di
diversi anni all’interno del corso carcerario. A questo insegnante è stato chiesto
di mettere a disposizione un certo numero di ore settimanali per il confronto con
gli altri docenti, con l’obiettivo di raccogliere le esigenze e le difficoltà via via
emergenti, per portarle immediatamente a conoscenza delle dirigenze
20
scolastiche. Il compenso relativo a queste ore è stato imputato al bilancio
dell’ITG Nervi che conserva la titolarità giuridica dell’intero progetto.
Da più parti si è osservato che un primo dato positivo è l’esistenza effettiva di
un corso che sembrava destinato alla chiusura. In particolare si segnala rispetto
al primo punto del nostro monitoraggio l’effettivo impegno dell’autorità
carceraria nella ricerca di nuovi studenti attraverso l’estensione del bando ad
altre istituzioni di pena e il percorso relativamente rapido delle pratiche relative
ai trasferimenti dei detenuti-studenti.
Successivamente la discussione si è sviluppata attorno al tema della verifica
delle presenze. Si è notato che nella classe relativa al “secondo periodo
didattico” la frequenza era assidua e costante, mentre per la classe articolata i
risultati apparivano meno convincenti, soprattutto per il gruppo relativo al corso
odontotecnici. Alcuni studenti non erano più comparsi in aula dopo il colloquio
preliminare: si trattava di tre casi per cui si è proposto un ritiro dopo una ultima
verifica circa le reali intenzioni in relazione al percorso scolastico.
Ci sono stati invece casi di presenza limitata ad alcuni giorni della settimana. Gli
studenti interpellati hanno motivato le loro assenze evidenziando alcuni punti
critici dell’organizzazione del corso. In particolare sono stati lamentati gli usi
limitati del laboratorio odontotecnico e della palestra per le attività sportive. Nel
primo caso, il problema era legato al mancato completamento degli
allacciamenti alla rete (in particolare a quella del gas); nel secondo caso,
l’autorizzazione discontinua all’uso della palestra sembrava collegabile a
carenze nel personale di sorveglianza.
La discussione successiva ha evidenziato una certa lentezza della burocrazia
carceraria nell’accogliere le esigenze di una istituzione come quella scolastica
che viene vissuta ancora come un corpo estraneo, che rende difficoltosa la
normale routine.
Si è deciso di intervenire per risolvere queste difficoltà usando una triplice
strategia.
• Intervento presso la direzione del carcere. Mi sono assunto l’incarico di
mettermi in contatto con la direzione del carcere per stimolare un
maggiore coordinamento fra le istituzioni in merito al funzionamento dei
corsi.
• Intervento da parte del coordinatore del corso presso il responsabile degli
educatori per verificare i problemi acquisendo il punto di vista del
personale dell’istituzione carceraria.
• Intervento del responsabile del laboratorio odontotecnici sul coordinatore
dell’ufficio tecnico della struttura carceraria per capire la natura delle
difficoltà pratiche che determinano il parziale funzionamento del
laboratorio.
21
Secondo monitoraggio del progetto (23 novembre e 15 dicembre)
In queste occasioni le riunioni si sono svolte presso il carcere S. Michele. Oltre
al sottoscritto erano presenti la preside dell’IPSIA Fermi e il coordinatore del
corso. Ci ha accolto la direttrice della casa di reclusione che, dopo una prima
analisi dei problemi, ci ha proposto di verificare direttamente “sul campo” le
difficoltà e le possibili soluzioni, effettuando una visita alle classi e al
laboratorio.
Insieme abbiamo cercato il cammino più corretto per accelerare i lavori e per
ovviare ai problemi causati dal mancato allacciamenti alla rete del gas. E’ stata
verificata con i tecnici la possibilità di utilizzare bombole esterne, per cui era
richiesta comunque la costruzione di un muretto di contenimento. La
valutazione in loco, alla presenza del responsabile dell’ufficio tecnico
dell’istituzione carceraria, ha consentito di individuare soluzioni più semplici,
ma attivabili da subito.
Durante la visita ai locali del laboratorio, considerando la situazione in cui si
trovano, è stata ipotizzata la possibilità di una tinteggiatura con la collaborazione
degli stessi studenti reclusi, utilizzando materiale messo a disposizione
dall’istituto professionale.
La proposta è stata accolta bene da tutti gli operatori coinvolti.
Le difficoltà nell’uso della palestra hanno trovato un’ipotesi di soluzione,
apparentemente semplice, ma non indolore per la complessa organizzazione
penitenziaria. Dopo diverse discussioni siamo riusciti ad ottenere l’assegnazione
di una ulteriore guardia carceraria al turno di sorveglianza della scuola nelle
giornate in cui si svolgono le lezioni di educazione fisica.
Durante la successiva verifica del 15 dicembre, alla presenza del coordinatore e
di alcuni docenti del corso, ho ricevuto la conferma dell’avvio dei lavori di
allacciamento alle bombole esterne, per cui il laboratorio per gli odontotecnici
sarebbe stato pienamente funzionante dopo la pausa delle vacanze invernali.
Riunione di scrutinio del 29 gennaio e prima valutazione
Il 29 gennaio hanno avuto luogo gli scrutini relativi al primo quadrimestre per le
classi attivate presso la casa di reclusione di S. Michele.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per un primo bilancio dell’esperienza,
giunta ormai alla metà del suo cammino annuale. I docenti hanno potuto
esprimere le loro impressioni e riflettere sulle difficoltà che hanno incontrato nel
corso di questi mesi.
22
Nel complesso molti degli obiettivi proposti sono stati raggiunti.
La prosecuzione del corso non è più in discussione, almeno nel breve periodo. Il
numero degli attuali frequentanti il primo modulo (14 geometri e 9
odontotecnici) consente di reiterare la richiesta di una classe articolata. Gli
abbandoni (6 in tutto) hanno riguardato alcuni studenti che già nel colloquio di
ammissione di settembre avevano palesato numerose incertezze nelle
competenze di base. Alcuni di loro erano stati ammessi ai corsi con riserva. Gli
abbandoni sono stati parzialmente compensati dall’inserimento di un nuovo
studente trasferito da altra casa di reclusione nel mese di novembre.
Il “secondo periodo didattico” procede senza particolari difficoltà. Si tratta di
persone con discrete competenze di base, di solito interessate all’apprendimento.
I docenti si dicono soddisfatti del loro impegno e ritengono di poter concludere
il loro itinerario in una classe quinta da istituire il prossimo anno. Fra l’altro il
numero degli studenti è aumentato di una unità (sono attualmente 11) per
l’inserimento, avvenuto a dicembre, di uno studente in possesso dell’idoneità
alla classe quarta.
I punteggi scolastici trascritti sulla scheda di valutazione sono in linea con quelli
degli studenti della sede principale. Più precisamente le valutazioni della classe
“secondo periodo didattico” sono complessivamente migliori della media,
mentre i punteggi della classe articolata corrispondono alla media di una classe
del biennio, pur con molte votazioni non sufficienti (occorre ricordare che solo
un terzo degli studenti “regolari” conclude il primo quadrimestre senza
valutazioni negative sulla pagella).
Speriamo anche di poter richiedere una classe del biennio, se le nuove iscrizioni
perverranno entro il 26 marzo. A questo proposito mi assumo l’incarico di
sollecitare la direzione del carcere ad attivarsi per pubblicizzare il corso in altri
istituti di pena (come già era avvenuto la scorsa primavera), rendendo la
struttura alessandrina disponibile ad accogliere il trasferimento.
La collaborazione con l’IPSIA Fermi proseguirà ancora per il prossimo anno e
speriamo di vederne i primi frutti con gli attestati di qualifica che saranno
rilasciati nel 2011. Le relazioni fra i docenti dei due istituti, che inizialmente
erano improntate alla diffidenza, sono ora molto più costruttive e la
collaborazione fra i due dirigenti è ormai diventata un fatto abituale, che sta già
offrendo altri risultati, come viene chiarito più oltre.
L’articolazione triennale del corso geometri consente la riduzione dei costi
rispetto alle cinque classi attive fino al 2007-08. Alcuni docenti tuttavia
ritengono che la semplificazione contenutistica sia eccessiva e propongono uno
sviluppo più equilibrato in quattro anni, con un triennio professionalizzante
23
sviluppato in tutti i suoi aspetti. La scelta fra le due alternative viene rinviata ad
un confronto istituzionale, da sviluppare in intesa con l’USP e l’USR.
La conclusione del “secondo periodo didattico” prevede una forma di esame di
idoneità alla classe quinta. Già durante lo scrutinio abbiamo discusso le modalità
di questa prova conclusiva, per orientare efficacemente la didattica. Nella linea
del percorso sperimentale la scelta è caduta su una prova integrata, che valorizzi
in un’unica verifica le competenze maturate: una progettazione molto semplice,
che comporti tuttavia scelte di calcolo, disegni, procedure di accatastamento e
stesura di una relazione finale con riferimenti storici.
La direzione del carcere ha assunto un atteggiamento molto più collaborativo ed
è notevolmente migliorato il rapporto con gli educatori attivi presso la casa di
reclusione. Ne è la prova l’accoglienza che ha avuto il corso per operatori CAD,
esteso in via sperimentale, per alcune ore annuali, agli studenti della casa di
reclusione. Si trattava di una richiesta degli stessi studenti, in aggiunta all’orario
scolastico, quindi con difficoltà organizzative, oltre che tecniche (era comunque
necessario il reperimento di alcuni PC). Sia pure con un po’ di ritardo, il corso è
partito regolarmente ed è frequentato da una decina di studenti con continuità.
E’ stato avviato un progetto di raccolta della documentazione esistente per
valorizzare il patrimonio di esperienze acquisito dall’ITG Nervi con i corsi di
istruzione carceraria (se ne parla in dettaglio nel paragrafo successivo).
Il lavoro svolto nell’articolare le competenze di base si è rivelato utile per una
riflessione sulle modalità di valutazione nel primo anno della scuola superiore,
tuttavia questo approccio si è limitato alla fase progettuale e, per ora, non ha
avuto ricadute significative sulla didattica dei corsi attivi presso la sede
principale. Di fatto sono emerse immediatamente delle resistenze, soprattutto fra
i docenti “di lungo corso”. La necessità di affrontare altri argomenti di impatto
immediato, come l’applicazione dei nuovi regolamenti per la scuola superiore,
ha di fatto svuotato gradualmente le energie del gruppo di lavoro che era nato
nel mese di novembre.
Di questa riflessione è rimasta comunque la consapevolezza che il confronto,
oltre che sul piano ordinamentale, si gioca negli orizzonti di senso che i futuri
percorsi assumeranno e nelle scelte che determineranno le pratiche scolastiche
reali.
L’esigenza di una documentazione
Nella riunione di fine quadrimestre ho affermato con decisione l’esigenza di
produrre una documentazione relativa all’attività svolta.
24
La scuola in carcere, nell’assolvere alla sua funzione formativa, realizza
processi, produce materiali ed esperienze, elabora prodotti di taglio didattico e
professionale che spesso sono destinati a disperdersi per l’incapacità di
conservare traccia significativa nella memoria dell’istituzione.
Una scuola che utilizza la documentazione come cultura e come pratica non
corre il rischio di disperdere pezzi di storia scolastica che si potrebbero invece
recuperare e rileggere e sui quali si potrebbe riflettere per ritrovare il senso di
una esperienza, del suo farsi, del suo proporsi come segno distintivo di una
comunità docente, del suo attestarsi come percorso di riflessione e di riscoperta.
Fare documentazione equivale a costruire la memoria storica e l’identità di una
esperienza. La documentazione costituisce inoltre un efficace feed back per
l’intera prassi didattica. Per una corretta documentazione occorre infatti:
• razionalizzare il processo di elaborazione, sistematizzazione,
archiviazione e diffusione di materiali informativi;
• compiere un percorso personale e collettivo di riflessione sulla didattica,
sulle pratiche correnti, sulle strategie messe in campo allo scopo di
innescare meccanismi di miglioramento.
Come è stato illustrato in alcune lezioni del Master la documentazione svolge
diverse funzioni che possono essere individuate assumendo come riferimento
alcune idee regolative:
• ricerca e sviluppo: lo scambio di esperienze e di informazioni fra i docenti
attiva il confronto, sollecita l’autoanalisi e l’apertura verso percorsi non
ancora sperimentati;
• formazione professionale: l’autoanalisi permette di ripensare i processi
attivati e quindi di valutare anche il quadro delle competenze
professionali, alla luce dei bisogni emergenti;
• controllo: la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza del servizio
consente di rendere l’offerta sempre più adeguata ai bisogni dell’utenza;
• sostegno all’autonomia scolastica: lo sviluppo delle tecnologie
telematiche consente la disseminazione e la circolazione dei risultati delle
ricerche favorendo la costruzione di comunità virtuali in cui realizzare
esperienze di confronto.
25
Per un bilancio complessivo del progetto
Ho presentato il progetto sotto forma di “diario di bordo”, cercando di
ripercorrere le scelte compiute alla luce delle attese e dei timori reali che ne
costellavano lo sviluppo.
Il dilemma di partenza ha condizionato naturalmente le prime scelte: si trattava
di decidere se chiudere o meno un corso con una lunga storia, tuttavia
l’esperienza ha assunto fin da subito un significato più ampio.
Mi sono mosso fin da principio senza soluzioni precostituite: sono convinto che
le esperienze, pur dense di storia, vadano concluse, se è necessario. Il
trascinamento di certe forme di progettazione fino all’estenuazione è esempio di
un cattivo approccio didattico. Tuttavia occorre sempre fare un tentativo nella
direzione opposta, fornendo un’adeguata incentivazione e moltiplicando i
supporti. Ho pensato che i valori sottesi a questo corso meritassero certamente
qualche sforzo supplementare.
Pur avendo contribuito a far maturare una soluzione che mi pare soddisfacente
su un arco temporale di due-tre anni non posso nascondermi le criticità. In
particolare risulta complesso lavorare in mancanza di una normativa precisa a
cui fare riferimento. Le risorse vengono attribuite in modo aleatorio e la
mancanza di certezze per i docenti preclude, alla lunga, ogni forma di continuità
didattica e rischia di disperdere preziose esperienze professionali.
L’esperienza si è evoluta sotto il segno di un continuo monitoraggio. Questa
situazione, determinata dalla presenza di vari stakeholders istituzionali (enti
finanziatori, USP, direzione del carcere), ognuno interessato ad un tipo diverso
di rendicontazione, è stata faticosa, ma non negativa. Fin dall’inizio la raccolta
di dati ed informazioni sulle potenzialità del bacino di utenza, in base ai dati
sulla scolarizzazione della popolazione carceraria, ci ha fornito una base solida
per presentare la nostra ipotesi.
L’esigenza di raccogliere dati ha consentito inoltre preziose anticipazioni
sull’evoluzione del progetto ed ha permesso di affrontare con efficacia alcune
situazioni critiche. In questo contesto le difficoltà sono diventate
contemporaneamente vincoli ed opportunità. Ad esempio è stata proprio la
situazione iniziale a determinare spontaneamente la sperimentazione di modalità
di valutazione più flessibili. Per valorizzare i saperi informali posseduti dagli
studenti è stato necessario riflettere sul concetto di competenza e adattare la
teoria alla situazione concreta.
Non avrei potuto procedere senza la collaborazione, la passione e la complicità
di un piccolo gruppo di lavoro, capace anche di impegno a livello di
volontariato. La motivazione dei docenti è prima di tutto una opportunità da
26
cogliere oltre che un obiettivo da realizzare. La creazione di una piccola
comunità professionale capace di riflettere sul proprio operato rappresenta un
risultato importante nella logica di “empowerment” dell’organizzazione
scolastica nel suo complesso. I problemi affrontati con efficacia producono una
sorta di apprendimento indiretto e sviluppano abitudini che ricadono
positivamente sul clima organizzativo dell’intero Istituto.
L’esperienza può essere riproposta? La risposta a questa domanda ha a che fare
con il problema complessivo dell’educazione degli adulti in un contesto di
consistente riduzione delle risorse. L’interrogativo è “politico”: dove si colloca
il punto di incontro fra l’istruzione pensata come diritto soggettivo e l’istruzione
pensata come bisogno funzionale di una società evoluta? Il diritto si può
generalizzare solo dove i due momenti coincidono.
In ogni caso sarebbe necessaria un’organizzazione dotata di risorse autonome,
ma soprattutto con diversi parametri di utilizzo del personale e sviluppi
temporali diversi (l’organizzazione attuale è residuale rispetto alla scuola per gli
adolescenti, quindi presenta vincoli difficili da superare e schemi obbligatori che
rendono talvolta inutilmente complessa la progettazione)
Sviluppi del progetto e trasferibilità
Il risultato positivo del nostro biennio ci proietta in un futuro prossimo in cui,
tuttavia, le difficoltà paiono maggiori. La difficoltà più evidente è quella di
gestire gruppi con livelli di competenza fortemente disomogenei: le differenze,
fra gli adulti, appaiono ancora più macroscopiche e gli handicap di partenza
richiedono tempi più lunghi per essere colmati.
Occorre inoltre tener conto dell’evoluzione del percorso scolastico successivo al
biennio. A partire dalla classe terza i percorsi saranno, infatti, fortemente
differenziati a livello di quadro orario con l’inserimento delle discipline di
indirizzo, per cui i due gruppi classe (geometri ed odontotecnici) procederanno
probabilmente in parallelo, rendendo impossibile quel tipo di integrazione che è
stata progettata e realizzata a livello di una classe seconda. Anche la possibilità
di passare da un percorso all’altro diventerà piuttosto remota. In sostanza
l’articolazione iniziale tenderà ad evolversi in percorsi abbastanza diversi fra di
loro che, ora uniti da una particolare situazione istituzionale, si presentano in
prospettiva inevitabilmente divergenti.
Il progetto, nel suo complesso, ha tuttavia aperto una serie di prospettive di
sviluppo in altre direzioni che si presentano in continuità con il metodo di lavoro
e con le relazioni territoriali inaugurate.
Proprio le difficoltà incontrate nell’articolazione del corso presso la casa di
reclusione mi hanno stimolato a riflettere sulla possibilità di allargare la rete
27
delle sinergie, al fine di creare un polo tecnico-professionale con un maggiore
grado di coerenza interna, articolato intorno alla filiera dell’edilizia. Grazie
all’esperienza maturata e alle relazioni professionali costruite in occasione della
progettazione e degli sviluppi che ho descritto in questo report, sono riuscito a
raccogliere attorno ad un tavolo di discussione più stabile i rappresentanti
dell’istituto professionale e della scuola edile, che offrono, con il corso geometri
da me rappresentato, percorsi convergenti sulle professionalità attinenti
all’edilizia.
Ancora una volta il punto di partenza è stata l’esigenza di un riconoscimento
delle competenze per permettere un passaggio fra i vari percorsi, all’interno di
un progetto di riduzione della dispersione scolastica. Dalla consapevolezza di
aver raggiunto un certo grado di maturità nel lavoro comune è nata l’esigenza di
“alzare il tiro” e di coinvolgere le istituzioni ad un livello superiore.
Dopo una serie di incontri con i funzionari dell’assessorato alla Pubblica
Istruzione della provincia di Alessandria, con la partecipazione dei
rappresentanti del collegio dei costruttori, del collegio dei geometri e
dell’associazione delle piccole imprese abbiamo deciso di passare ad uno stadio
più progettuale.
Ci ha aiutati in questo percorso il varo del disegno di legge regionale “Disciplina
dei sistemi di istruzione e istruzione e formazione professionale e norme sulla
formazione professionale” (approvato dalla Giunta regionale nella seduta del
30/11/09, ma a noi pervenuto poco prima delle vacanze natalizie).
Il disegno di legge recita all’art. 19 (Poli tecnico-professionali):
1. Allo scopo di migliorare la qualità dell’offerta formativa e di favorire
l’integrazione fra i sistemi di istruzione e formazione professionale, la Regione
promuove intese volte alla costituzione di poli tecnico-professionali tra gli
istituti tecnici e professionali, gli istituti tecnici superiori, le università, i centri
di ricerca, le imprese e altri soggetti pubblici e privati.
2. I poli di cui al comma 1, quale modalità organizzativa sul territorio offrono
percorsi e servizi sull’intera filiera professionalizzante, secondo modelli
adeguati ai contesti territoriali e attraverso un attivo coinvolgimento dei diversi
attori educativi e socio-economici.
Oltre alla prospettiva della riduzione della dispersione (che nel mio istituto
tecnico è piuttosto elevata, soprattutto nelle prime classi), mi è parsa
interessante la possibilità di sperimentare fin dai primi anni di un corso di scuola
superiore le regole fondamentali della vita in un cantiere, usufruendo dei
laboratori della scuola edile (che possiede un grande capannone che simula le
attività di un cantiere, a partire dai ponteggi, e consente di apprendere in modo
operativo le procedure di sicurezza, prendendo altresì confidenza con i materiali
utilizzati).
28
Giovedì 21 gennaio, presso l’Assessorato Pubblica Istruzione della Provincia di
Alessandria, abbiamo iniziato la progettazione vera e propria. Ci ha aiutati nella
riflessione iniziale il prof. Domenico Chiesa, presidente CIDI, che ha indicato
come meta di lungo periodo un modello scolastico integrato per settori in un
unico polo (ad esempio, per il settore economico, un unico edificio per liceo
sociale ad indirizzo economico, corsi per ragionieri, corsi professionali, IFTS e
master) con interscambio delle esperienze per le materie caratterizzanti.
Consapevoli delle difficoltà immediate (per problemi istituzionali e per problemi
logistici legati agli edifici esistenti), ci siamo orientati verso un modello più
“leggero”, che potrebbe essere la costruzione di una rete di soggetti formativi
che abbiano a che fare con il mondo dell’edilizia. Abbiamo così ipotizzato una
serie di interscambi fra le discipline di indirizzo, individuando dipartimenti
disciplinari allargati all’intera filiera.
Per un modello di primo biennio comune, con possibilità di passaggio fra i vari
profili scolastici, è necessario un sistema di crediti condiviso con un
riconoscimento reciproco delle competenze. A questo proposito abbiamo preso
in considerazione l’esperienza del “libretto formativo”, utilizzato in via
sperimentale dalla formazione professionale, che propone una ricognizione delle
competenze sia formali, sia informali sviluppate nel corso del percorso
scolastico, anche ad opera di agenzie formative esterne.
La riunione si è conclusa con una pagina di sintesi da sottoporre agli organismi
regionali per un possibile finanziamento.
Durante la riunione è stata progettato un altro livello di integrazione del nostro
lavoro che mobilita le risorse sviluppate nel corso IFTS (già avviato nel mese di
novembre con gli stessi soggetti istituzionali con l’aggiunta dell’università –
facoltà di Scienze dei materiali del polo universitario del Piemonte Orientale). Il
corso è destinato a formare “tecnici di cantiere con competenze relative alla
certificazione energetica degli edifici storici” e sviluppa saperi e abilità relativi
all’uso di materiali ecocompatibili a bassa trasmissione di calore.
Alcune consapevolezze potrebbero già diventare patrimonio comune degli
studenti che si inseriscono all’interno della filiera edile. In prima istanza
abbiamo organizzato un ciclo di incontri da svolgersi in forma laboratoriale con
la partecipazione dei docenti del corso IFTS (e degli studenti in qualità di tutor).
L’obiettivo è quello di suscitare interesse attorno al tema delle “case passive”,
che riducono le esigenze energetiche invernali ed estive, e in genere far riflettere
sull’importanza di migliorare la qualità delle abitazioni.
29
Riflessioni sul ruolo e sulla funzione del dirigente scolastico
Il cammino di progettazione che ho narrato mi ha offerto l’opportunità di
interrogarmi, in una prospettiva più ampia, sul mio ruolo di dirigente scolastico
sia rispetto all’integrazione delle due parti dell’Istituto, sia rispetto ai potenziali
sviluppi didattici.
I docenti che operano presso la sede principale percepiscono il corso operante
presso la casa di reclusione come parte integrante di un unico Istituto?
Apparentemente no, anche perché non è stato possibile conservare il gruppo
originario di docenti, che avevano avuto un ruolo importante in entrambi i
plessi. Tuttavia la consuetudine quasi trentennale di associare il corso carcerario
al Nervi ha creato una accettazione implicita che si è manifestata, ad esempio,
nella disponibilità (del tutto volontaria) alla creazione di un consiglio di classe
provvisorio ai primi di settembre, in attesa delle nomine definitive, oppure
nell’accoglienza del detenuto che è stato assegnato al nostro laboratorio, in
collegamento con il progetto di reinserimento già descritto (anche in questa
situazione alcuni docenti si sono offerti senza contropartite).
Si tratta di segnali da valorizzare e da sviluppare. Un mio obiettivo è quello di
creare forme di “ibridazione” fra i due gruppi di insegnanti. Naturalmente
l’approccio migliore sarebbe quello di intervenire sull’assegnazione dei docenti
alle classi, creando cattedre miste e docenti impegnati su entrambi i corsi. Un
itinerario non semplice, viste le procedure sempre più rigide nell’attribuzione
degli organici, ma sicuramente da tentare.
Sul breve periodo sto cercando di far nascere gruppi di lavoro comuni fra
insegnanti del biennio sul tema della cittadinanza e della legalità, un argomento
che potrebbe creare interesse e momenti di condivisione. La direzione del
carcere si è detta disponibile, ad alcune condizioni, all’organizzazione di un
incontro fra studenti detenuti e studenti della sede principale. Uno scambio di
esperienze potrebbe essere educativo per entrambi i gruppi.
Il corso presso la casa di reclusione rappresenta una situazione di frontiera, che
proprio per le sue difficoltà è diventato una specie di laboratorio. Alcuni spunti
di miglioramento, maturati all’interno di un contesto così particolare e di un
gruppo così ristretto di docenti, potrebbero essere estesi all’intero Istituto.
Sottolineo alcuni temi.
La necessità di ripensare il curricolo come un percorso unitario ci ha obbligato a
riflettere sui criteri di passaggio da una classe all’altra. Abbiamo utilizzato le
bozze di lavoro da cui dovrebbero derivare le nuove indicazioni nazionali,
formulate non più come liste di contenuti, ma come insieme di competenze
raggiungibili con modalità anche divergenti fra di loro. Questo approccio offre
indubbiamente spazi all’autonomia didattica delle scuole e dei singoli docenti,
anche se può generare forme di disorientamento di fronte alle nuove
30
responsabilità. Tuttavia, in una prospettiva europea, è necessario che il nostro
sistema scolastico sappia ricondurre i sistemi di certificazione degli esiti
scolastici ad un quadro comune di competenze, per garantire la mutua
riconoscibilità degli studi compiuti.
Oltre al tema della valutazione delle competenze sottolineo l’esigenza di
estendere all’intero Istituto la pratica della raccolta della documentazione
didattica prodotta. Ho istituito un gruppo di lavoro che sta cercando di
raccogliere e di ordinare il materiale già disponibile su supporto informatico. La
raccolta e l’archiviazione in forma utilizzabile del materiale cartaceo richiederà
naturalmente tempi più lunghi e probabilmente costituisce una impresa
eccessiva per le nostre forze.
Una terza riflessione prende l’avvio dall’esperienza della gestione del
laboratorio odontotecnico. La costruzione comune di un oggetto dotato di
valenza didattica permette di mettere in gioco risorse che nelle tradizionali
attività scolastiche emergono di rado e con difficoltà. La nostra scuola ha
sempre avuto difficoltà a considerare il lavoro come momento di formazione.
Eppure questo approccio può essere una risposta efficace nelle situazioni,
sempre più frequenti, di classi refrattarie al silenzio e all’ascolto della lezione
frontale.
Più in generale questa esperienza mi ha fatto comprendere che introdurre
cambiamenti reali nella scuola non è facile per la cultura intimamente
conservatrice di molti operatori scolastici e per l’atteggiamento di fondo dei
vertici dell’amministrazione, permeato di diffidenza verso tutto ciò che non è
possibile ricondurre ad un “precedente”.
Non c’è in questo nulla di sorprendente: la funzione dell’insegnare è stata
vissuta nella nostra tradizione pedagogica come fondata sulla trasmissione del
sapere, cioè della conoscenza validata dal tempo e dall’esperienza.
Per parte sua, la dirigenza centrale e periferica del sistema di istruzione è spesso
convinta che il lavoro nella scuola non sia sostanzialmente diverso da quello di
altro ufficio della pubblica amministrazione. L’innovazione, che si sottrae ai
termini di paragone consolidati, è fonte di incertezza e di potenziale
destabilizzazione. Va quindi metabolizzata con prudenza e lentezza e, se
possibile, disinnescata.
Impegnato in un contesto non consueto, ho percepito a tratti la solitudine e mi
sono persuaso che la prima competenza richiesta al DS in tempi di cambiamento
è la propensione ad innovare. Non si tratta di un requisito scontato per molte
ragioni culturali, politiche e personali. Ad ogni nuova stagione di progetti di
riforma cresce il timore che il prospettato cambiamento non sia altro che
l’ennesima “falsa partenza”, per la quale non vale la pena di turbare i precari
equilibri di un collegio docenti.
31
Anche i dirigenti scolastici assunti più di recente, come il sottoscritto, non sono
esenti da qualche condizionamento. Durante il corso di formazione sono stato
sommerso da una informazione giuridica di carattere tendenzialmente negativo,
in cui venivano enfatizzate le responsabilità e i rischi di ogni iniziativa al di
fuori delle pratiche consolidate. Al di là dell’intenzione del formatore di turno,
che era quella di metterci in guardia da possibili errori, ho interiorizzato un
atteggiamento di prudenza, una visione della norma come limite che è tipica
della cultura giuridico amministrativa formale. Oggi invece ritengo più
importante la capacità di inquadrare i singoli precetti in una visione di sistema.
Comprendere la ratio complessiva della norma è più importante dell’esegesi
analitica delle singole disposizioni.
Un’altra competenza chiave, di cui ho intuito la valenza strategica, è quella
relazionale. Il dirigente non attua direttamente il cambiamento: pone le
condizioni perché altri – i docenti – lo facciano. Ma questi, come si diceva,
sono soventi restii a modificare le loro abitudini professionali. Diventa così
strategica la capacità di persuadere e di motivare, di guidare e di convincere. Per
innovare occorre certamente l’anticipazione concettuale ed etica del nuovo che
si vuole introdurre, ma una comunità scolastica, quando viene il momento di
cambiare, deve condividere i tratti fondamentali di quella rappresentazione
ideale. Un dirigente scolastico deve essere capace di trasmettere questa visione,
di “far vedere” gli altri, con maieutica organizzativa e razionale.
32