Milano, gli editori e la fiera del libro Il caso delle parole di Franceschini
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Milano, gli editori e la fiera del libro Il caso delle parole di Franceschini
TERZA PAGINA Corriere della Sera Venerdì 23 Settembre 2016 55 # Cerimonia il 15 ottobre Il Premio Acqui Storia a Pierluigi Battista e a Simona Colarizi Pierluigi Battista con il volume Mio padre era fascista (Mondadori) e Stenio Solinas con Il corsaro nero. Henry de Monfreid l’ultimo avventuriero (Neri Pozza) hanno vinto la 49ªedizione del premio Acqui Storia nella sezione storicodivulgativa. La cerimonia di premiazione si terrà sabato 15 ottobre, alle 17, al Teatro Ariston di Acqui Terme (Alessandria). Battista, scrive la giuria, «torna sul rapporto irrisolto con il padre fascista, nel tentativo di una postuma, e quindi in definitiva problematica, riconciliazione». A Solinas viene riconosciuto il merito di guidare il lettore «alla scoperta di un mondo e di un personaggio che sembrano usciti dalla matita di Hugo Pratt». I volumi in concorso in questa sezione erano 98. Il premio speciale alla carriera è andato a Simona Colarizi, professore emerito alla Sapienza di Roma, definita «modello per la storiografia contemporanea». Altri riconoscimenti sono andati a Luigi De Pascalis (sezione Romanzo storico) e Vladimiro Satta (sezione Storico scientifica); ad Alessandra Gigante e Fabio Andriola (sezione «La storia in tv»); a Giorgio Albertazzi (scomparso lo scorso maggio, il premio verrà ritirato dalla moglie Pia de’ Tolomei), Manuela Arcuri, Maurizio Belpietro, Maurizio Molinari e Vittorio Sgarbi. Premiato anche «Il Notiziario Storico dell’Arma dei Carabinieri». (s. col.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Elzeviro / Il testo di Mario Fortunato Politiche culturali Il ministro a Torino definisce l’iniziativa lombarda «prettamente commerciale», poi chiarisce ANNI OTTANTA: L’ELEGIA DI TRE LIBERTINI Milano, gli editori e la fiera del libro Il caso delle parole di Franceschini di Matteo Giancotti Le voci N oi tre, il «romanzo» che Mario Fortunato ha dedicato al ricordo della sua amicizia con gli scrittori Pier Vittorio Tondelli (1955-1991) e Filippo Betto (1966-2009), probabilmente un giorno verrà usato come una fonte da cui attingere informazioni su alcuni ambienti culturali degli anni Ottanta del Novecento. Tra una prima dei Magazzini Criminali e un dinner party a Roma, tra un concerto e una mostra della Transavanguardia, tra un viaggio a Mykonos e uno a Berlino, tra la recensione di un libro e gli aperitivi al Camparino, tre ragazzi legati dall’amicizia, dal sesso e dalla passione per la letteratura, che sognano di ripetere le mitiche esperienze della «trinità» Isherwood-Auden-Spender, consumano, senza accorgersene, la giovinezza. Li attende, in fondo al decennio — il lettore lo sa già, ma l’effetto non è per questo meno forte —, il dilagare del «famoso acronimo», l’Aids che spegnerà Tondelli, lasciando Betto (il più giovane dei tre) in uno stato di quasi orfanità per la perdita immedicabile, e Fortunato, che qui confessa di non aver saputo o voluto vedere la prossimità della fine di Tondelli, in preda al senso di colpa e inadempienza nei confronti dell’amico: una sorta di baco della memoria che ha fruttato, dopo anni, le pagine sofferte di Noi tre (Bompiani, pagine 179, e 17). Di fatto, il libro ha due anime e due toni: da un lato, la voglia e il piacere di «fischiettare (...) la canzonetta» di una grande amicizia fatta di divertimenti, sbronze, confessioni, consolazioni, incomprensioni e qualche muso lungo; dall’altro l’istanza morale che costringe Fortunato a mettersi pubblicamente in stato d’accusa, a rinunciare alle attenuanti («non ho nulla da dire a mia discolpa») e a chiedere, implicitamente, a ogni lettore di pronunciare la sua sentenQui sopra: Mario za. Ma il passato in fondo ha Fortunato (1958); già presentato, letterariamenin alto: Pier te, il conto: nessun momento Vittorio Tondelli felice di quella storia può (1955 – 1991) infatti riemergere senza che la pagina sia appena toccata, bordata o perfino sommersa dal senso di un lutto personale ed epocale, che riguarda sia la perdita degli amici sia quella della giovinezza, che si verificano in una congiuntura tetra, quando l’euforia degli Ottanta si perde d’un tratto nel ritorno all’ordine imposto dalla paura della malattia. Il valore — anche storicosaggistico — del libro non è diminuito ma accresciuto da questa dialettica in cui la mestizia, pur sempre lucidamente controllata, tende a prevalere, come risultante di una lenta distillazione del trauma; sicché il tono di fondo di Noi tre sembra quello di una calma rielaborazione dello choc che, allora, seguì alla conversione dei sogni giovanili in realtà paurosa. L’anno simbolo della svolta è il 1988, «annus mirabilis» che si scopre «annus horribilis». Fortunato esordisce coi racconti di Luoghi naturali e viene festeggiato con un ricevimento in grande stile offerto da Pier nella sua casa milanese di via Abbadesse; Tondelli, a sua volta, compie un viaggio a New York coronato da una felice avventura sessuale: felice per come allora apparve a lui e agli amici che brindarono «alla fine della sua astinenza sessuale», ignari di ciò che essa portava in dote. Dopo aver pubblicato, all’inizio del 2016, Tre giorni a Parigi, Fortunato continua, con Noi tre, un percorso che porta sempre più lontano dai filtri della fiction, verso una scrittura capace di entrare immediatamente nel cuore delle questioni più importanti. © RIPRODUZIONE RISERVATA R A Milano Noi tre di Mario Fortunato viene presentato oggi alla libreria Verso, corso di Porta Ticinese 40, alle 19. Interviene l’autore, con Matteo B. Bianchi e Laura Lepri di Ida Bozzi e Alessia Rastelli A Nelle foto, dall’alto: Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo; Federico Motta, presidente dell’Aie, Associazione italiana editori; Stefano Mauri, presidente di Gems, Gruppo editoriale Mauri Spagnol Il tavolo della trattativa voluto dal ministro Franceschini, in cui si doveva discutere la proposta di un salone condiviso tra Torino e Milano, è saltato martedì, il 20 settembre. Vi partecipavano anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino, la sindaca di Torino Chiara Appendino, il presidente dell’Aie Federico Motta, la presidente della Fabbrica del Libro Renata Gorgani e il presidente designato della Fondazione per il libro Massimo Bray quarantott’ore dalla rottura del tavolo tra Milano e Torino sull’ipotesi di un Salone del libro condiviso, il confronto non si ferma. Lo spunto è arrivato ieri dalla presenza a Torino del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, per l’inaugurazione del Salone del Gusto. E da alcune sue frasi pronunciate a margine dell’evento. Franceschini ha in primo luogo confermato che il suo ministero resterà dentro la Fondazione per il Libro (l’ente che organizza il Salone torinese): «Siamo entrati quattro mesi fa e non c’è ragione per uscirne. Ora — ha spiegato — discuteremo con Torino su come la manifestazione può essere legata alla promozione della lettura, che è la nostra missione, e che quindi garantisca e giustifichi la nostra presenza». Poi ha ribadito che «purtroppo si è persa un’occasione ma ora la si- La nota Il titolare del dicastero: «Non partecipiamo al nuovo evento». In serata la precisazione tuazione è chiara: si tratta di capire come evitare che i due eventi distinti possano farsi troppo male tra di loro». Fino alle parole che hanno suscitato reazioni opposte tra i due «schieramenti»: la nuova manifestazione milanese «è un evento di natura prettamente commerciale» e il ministero dei Beni culturali (Mibact) «non parteciperà». «D’altronde — ha aggiunto il ministro — non ce l’hanno chiesto...». L’Associazione italiana editori (Aie), che ha voluto la manifestazione milanese, si infuria, il polo torinese si sente confortato. Tanto che in serata arriva la precisazione di Franceschini: «Non ho mai detto che non andrò alla fiera del libro di Milano, ho detto che non saremo parte della società. Del resto, siamo dentro il Salone di Torino, che è una fondazione senza scopo di lucro, mentre è evidente che non parteciperemo alla compagine azionaria di Milano, anche perché ciò ci è impedito proprio dalla sua natura di società commerciale tra Fiera di Milano e Aie». Poco prima Federico Motta, presidente dell’Associazione degli editori, aveva fatto sapere in un comunicato: «Perché la manifestazione milanese dedicata al libro dovrebbe essere, secondo Franceschini, “un evento di natura prettamente commerciale”?». Formalizzando poi l’invito al ministro all’evento di Milano: «Lo facciamo oggi pubblicamente, visto che l’invito formale lo abbiamo già spedito. Lo aspettiamo non solo per l’inaugurazione del 19 aprile ma già per la presentazione del 5 ottobre. Avrà così Tauba Auerbach (San Francisco, 1981), 1,11,121,1331 (2011, carta «Mohawk superfine», acrilico, tessuto, nastro) modo di partecipare da protagonista per sincerarsi del fatto che la manifestazione milanese è un vero evento di promozione del libro e della lettura». Raggiunto al telefono, Motta aggiunge: «È una grande sorpresa. Non capiamo perché il ministro faccia un’affermazione del genere, e giudichi a priori. E siamo perplessi: per il ruolo istituzionale, ci si aspetterebbe rispetto». «Stento a crederci — dice Renata Gorgani, presidente della Fabbrica del Libro, società che ha in carico l’evento milanese — e ho troppa stima di Franceschini per pensare che possa dire questo di una manifestazione non ancora presentata. Strano, perché ha potuto ascoltare le nostre intenzioni per un evento di promozione della lettura, che coinvolge scuole e biblioteche. Spero sia un malinteso». E ha commentato anche Stefano Mauri, presidente del gruppo Gems, che fin dall’inizio ha sostenuto la manifestazione milanese: «Che quella di Milano sarà un’iniziativa prettamente commerciale l’hanno detto solo gli avversari. Editori che non hanno partecipato ai lavori dell’Aie. Ci mancherebbe, che l’evento non avesse una dimensione culturale profonda! Mi sorprende che un ministro etichetti una rassegna che deve ancora nascere». «Sono stati gli stessi organizzatori di Milano a parlare di fiera e di mercato dei diritti», fa sapere Rossana Rummo, uno dei quattro «saggi», in rappresentanza del Mibact, incaricati di trattare per una manifestazione unica. «Non capisco nemmeno — aggiunge — i dubbi sul fatto che il ministero, entrato nella Fondazione che organizza il Salone torinese ancora prima dell’edizione 2016, avrebbe potuto uscirne. Si tratta di un ente pubblico, allora non dovremmo entrare neppure nelle fondazioni lirico-sinfoniche». Le reazioni Motta, presidente dell’Aie: «Venga, vedrà come promuoveremo la lettura» Piccoli e medi Gli «Amici del Salone» adesso sono ottanta A umentano gli «Amici del Salone», l’associazione dei piccoli e medi editori nata per sostenere la kermesse torinese. Tra i quali ci sarebbe ancora malumore per essere stati bollati come «l’1% del mercato» e dunque poco significativi, nel corso delle trattativa sul Salone unico tra Milano e Torino. Partiti in 60 (tra loro, Sellerio, e/o, Iperborea), sono ora 80. Franco Cosimo Panini è tra gli ultimi ingressi, rafforzando il fronte dell’editoria per ragazzi che, secondo indiscrezioni, potrebbe essere uno dei punti di forza dell’evento torinese. «Vogliamo partecipare al Salone del Libro perché ci lavoriamo da anni, a progetti non solo commerciali — spiega la presidente Laura Panini —. Per quest’anno non riusciamo ad andare anche a Milano, dopo la fiera dei ragazzi di Bologna e solo un mese prima di Torino». LaNuovafrontiera, Sinnos, Sur, tra gli altri che hanno aggiunto la loro scheda di adesione (a. ras). © RIPRODUZIONE RISERVATA Soddisfazione per le parole del ministro era stata espressa dalla sindaca Chiara Appendino, che con Franceschini ha trascorso a Torino diverse ore: «Il successo del format en plein air del Salone del Gusto potrebbe “ispirare” il Salone del Libro», suggerisce. E concorda il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, anche lui alla manifestazione torinese di ieri, il cui buon inizio, dice, «mi sembra deponga a favore della vocazione di Torino a ospitare grandi eventi». Appendino e Chiamparino si ritroveranno lunedì 26 all’assemblea dei soci della Fondazione per il Libro, insieme con il presidente designato Massimo Bray e i rappresentanti di Mibact, Miur e Intesa Sanpaolo. Una riunione a questo punto importante perché, fanno capire le parti coinvolte, serve accelerare e arrivare a un programma. Elemento quest’ultimo per cui sarà fondamentale la scelta del direttore editoriale. Potrebbe essere uno dei temi di lunedì, oltre alla prosecuzione dei lavori sul nuovo Statuto. E non si esclude neppure un cambiamento di data, perché la kermesse, prevista dal 18 al 22 maggio, non sia cannibalizzata da quella milanese (dal 19 al 23 aprile). Lunedì Appendino e Fassino vedranno anche gli Amici del Salone, l’associazione dei piccoli e medi editori a sostegno della manifestazione torinese. Anche loro rassicurati dal fatto che il Mibact non lascerà la Fondazione. «Sono soddisfatta — dice la portavoce Isabella Ferretti (66thand2nd) — innanzitutto come cittadina, restare è sinonimo di serietà». E Marco Zapparoli (Marcos y Marcos), altro portavoce, sottolinea che «le parole del ministro non sono contro Milano ma la conferma della fedeltà a un patto con il Salone di Torino». © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 8727381