in pensione cinque anni più tardi e taglio dei rendimenti

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in pensione cinque anni più tardi e taglio dei rendimenti
Sito del Sindacato dei Lavoratori intercategoriale
Il governo insiste: in pensione cinque anni più tardi e taglio dei rendimenti
martedì 03 febbraio 2009
Berlusconi porta l'attacco al "cuore" del welfare, appoggiato da Bonino e CasiniÂ
Da Liberazione del 3 febbraio 2009
Sante Moretti
Al sistema pensionistico pubblico sarà portato a breve un attacco senza precedenti. Economisti e opinionisti sostengono
che la crisi può essere superata solo se si ridimensiona il sistema pensionistico pubblico. Nascono seri allarmismi sullo
stato dei conti di alcune casse "private", per esempio i giornalisti (pensione media lorda 52.000 euro all'anno e consulenti
del lavoro 42.000 euro) e ancora di più sull'Inpdap, settore pubblico, che avrebbe maturato un deficit di 13 miliardi. I
punti su cui vogliono intervenire, e al ministero del Lavoro stanno lavorandovi alacremente, sono l'età pensionabile, i
rendimenti, le attività pesanti e usuranti. Un fronte trasversale, capeggiato dall'on. Emma Bonino, sostiene l'urgenza di
portare l'età per la pensione di vecchiaia per le donne a 65 anni come per gli uomini, e a questo fine scomodano persino
la parità . Tra i portabandiera di questa tesi vi è l'on. Casini che accusa il Governo di perdere l'occasione della crisi per
riformare il sistema pensionistico. E per Casini significa in primo luogo aumentare l'età per il diritto alla pensione.
Berlusconi ha dichiarato che l'aumento dell'età pensionabile per le donne è una "opportunità che non devono perdere".
Veltroni sostiene che bisogna diminuire la spesa pensionistica a favore degli ammortizzatori sociali. Ma hanno mai
sentito questi signori che cosa ne pensa un qualsiasi operaio/a di pensionarsi in un'età ancora più avanzata? D'altra
parte la lavoratrice non è obbligata a lasciare il lavoro a 60 anni, è lei a scegliere ma questi signori vogliono che lavori 5
anni di più. Va gridato un no secco per più ragioni. Ricordiamo agli immemori e ai patiti della famiglia le funzione
insostituibili della donna, dalla maternità all'oneroso impegno nella cura dei figli. E inoltre, discriminate nel salario e nella
carriera le donne percepiscono pensioni inferiori del 20/30% rispetto a quelle degli uomini. Prima di parlare di parificare
agli uomini l'età per il diritto alla pensione delle donne vanno rimossi gli ostacoli che impediscono alla donna di liberarsi
dalla attuale condizione. Non solo, vogliono ripristinare lo "scalone" chiamato Maroni. Si propongono di aumentare,
gradualmente, da 65 a 70 anni l'età per il diritto alla pensione di vecchiaia. Tutti i provvedimenti che aumentano l'età per il
diritto a pensionarsi bloccano le assunzioni e in un momento in cui crescono i disoccupati è una follia. Altra proposta è
di cancellare per tutte e tutti il sistema di calcolo retributivo per determinare l'importo della pensione. Con il metodo di
calcolo retributivo continuano ad essere liquidate interamente le pensioni a quei lavoratori e lavoratrici che entro il 31
dicembre 1995 avevano maturato una anzianità contributiva non inferiore a 18 anni. Per coloro che a quella data
possono far valere una anzianità contributiva inferiore il calcolo con il sistema retributivo viene applicato solo per quel
periodo. Vorrebbero inoltre intervenire sui coefficienti moltiplicatori per abbassare ulteriormente i rendimenti. E' altresì
allo studio un provvedimento per ridurre i lavori considerati usuranti e limitarne i benefici previsti. E' un attacco a fondo di
quel che rimane del sistema pensionistico pubblico con lo scopo di incentivare la previdenza integrativa. Come per il
posto di lavoro anche la pensione deve diventare incerta. Fondi pensione E' in crisi la previdenza integrativa voluta dai
mercati finanziari per fini speculativi, dai padroni per versare meno contributi e dai sindacati per giustificare il taglio della
pensione pubblica. Quel 25% di lavoratori e lavoratrici che ha aderito ai fondi pensione registra con sgomento che nel
2008 non c'è stato un rendimento ma una perdita media dell'8% del capitale, cioè del TFR e del salario versato: si va
da un +2% a un -19% a seconda delle casse e alla linea di investimenti scelti. Il Tfr nel 2009 sarà rivalutato del 3.97%
(0.75% indice inflazione Istat + 1.50% fisso) ed al netto della differenza fiscale tra fondi e Tfr il rendimento sarà del
3.60%. Pensioni e Rifondazione Dobbiamo operare affinché le pensioni diventino un tratto distintivo della nostra iniziativa
per combattere gli effetti della crisi; senza timidezza andando anche controcorrente, riproponendo un sistema di scala
mobile per i salari e le pensioni parametrato al costo della vita. Dobbiamo riproporre la diminuzione dell'età per il diritto
della pensione e dell'orario di lavoro e ragionare sulla condizione di lavoro respingendo ogni proposta di aumento dell'etÃ
che dà diritto alla pensione. Va denunciato l'imbroglio della previdenza integrativa anche se è gestita (cogestita coi
padroni) dai sindacati. Va organizzata una battaglia di merito per un aumento generalizzato delle pensioni e un
meccanismo di rivalutazione annuale; per migliorare i rendimenti e garantire un minimo di 800 euro al mese di pensione
ai lavoratori precari e stagionali; per il riconoscimento del lavoro pesante ed usurante, per restituire al lavoratore/trice il
diritto di cessare di versare il Tfr ai fondi pensione ed aderire, se lo ritiene opportuno, al FondInps, che deve garantire un
rendimento minimo non inferiore a quello del Tfr. Si tratta di rilanciare il sistema pensionistico pubblico solidale ed
universale come continuazione del rapporto di lavoro e garanzia di certezza di una anzianità tranquilla e dignitosa. Si
tratta di riaffermare che il diritto è soggettivo; di contrastare misure assistenziali e temporanee che assumono il carattere
di elemosina e tendono ad affermare la "famiglia tipica" (dottrina cattolica) che non riconosce, anzi condanna, la famiglia
di fatto e punta a relegare in casa la donna. 03/02/2009
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