Le tasse dell`Europa. Come fare un bilancio nuovo

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Le tasse dell`Europa. Come fare un bilancio nuovo
Le tasse dell'Europa. Come fare un
bilancio nuovo
Le tasse dell'Europa. Come fare un bilancio nuovo
Tommaso Rondinella
Votiamo per l'Europa, ma quante risorse diamo all'Europa? Il dibattito sul bilancio dell'Unione va
riportato a equità, democrazia e trasparenza. Ecco alcune proposte
Il bilancio dell’Unione Europea nel 2008 ammontava a 130 miliardi di euro. Le entrate che
finanziano il bilancio - le cosiddette “
own resources” - sono dovute per due terzi a contributi degli stati membri secondo una
percentuale del Pil, mentre un altro 15% proviene da una quota dell’Iva raccolta localmente e
trasferita a Bruxelles. Queste due fonti d’entrata principali rappresentano oltre l’80 per cento
delle risorse del bilancio comunitario e possono essere di fatto considerati contributi diretti degli
stati membri anziché “autentiche risorse proprie” dell’Unione. Le uniche entrate ad avere
queste caratteristiche sono le cosiddette risorse tradizionali - dazi doganali e diritti agricoli e sullo
zucchero – che hanno finanziato per i primi decenni di vita la Comunità Europea.
Tale sistema di finanziamento presenta alcune criticità:
1. I contributi diretti degli stati membri necessariamente accentuano la differenza tra
contributori netti e beneficiari netti determinando un tentativo costante dei paesi ad ottenere il
massimo beneficio a scala nazionale.
2. I trasferimenti diretti degli stati membri sono considerati iniqui1 perché non fondati sulla reale
capacità contributiva dei cittadini e dei paesi. L’Iva è un’imposta indiretta quindi regressiva per
definizione, la quota di reddito è direttamente proporzionale al Reddito Nazionale Lordo nella sua
totalità e non al reddito pro capite, una misura molto migliore di ricchezza e di capacità
contributiva.
3. Un sistema basato sulla contrattazione non appare in grado di garantire
stabilità e
risorse adeguate al bilancio comunitario nel lungo periodo.
4. I cittadini non hanno una percezione diretta di come venga finanziato il bilancio comunitario.
Le proposte
Per superare queste difficoltà un sistema di vere risorse proprie dovrebbe fondarsi su
un’imposta armonizzata a livello europeo, oppure essere una quota di una tassa nazionale già
esistente .
La possibilità di introdurre forme di tassazione a scala continentale rappresenta inoltre un primo
passo verso un sistema in grado di tener conto di quelle questioni sociali e ambientali che hanno
un impatto sopranazionale basato sull’introduzione di tasse globali.
La migliore opzione per una tassa europea è probabilmente una tassa sull’energia, una
carbon tax. Questa potrebbe poggiarsi su una direttiva già esistente per l’armonizzazione
della base d’imposta per il petrolio, il gas naturale, il carbone e l’elettricità, tramite aliquote
minime comunitarie (Cattoir 2004). Oltre a rappresentare una fonte di entrate per l’Unione una
tassa sull’energia rappresenterebbe un importante incentivo allo sviluppo di fonti rinnovabili.
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Anche se limitata ai tassi minimi definiti dalla direttiva comunitaria, una tassa sull’energia
apporterebbe risorse sufficienti a coprire buona parte del bilancio. Secondo la Commissione
Europea (1993) una tassa di 10 dollari per ogni barile di petrolio equivalente consumato
rappresenterebbe un’entrata per l’unione pari all’1,1% del reddito comunitario. Una tassa di
questo tipo sarebbe inoltre piuttosto stabile visto che i consumi energetici sono normalmente
strettamente legati alla crescita del reddito. Una riduzione importante delle entrate a causa di un
utilizzo massiccio delle energie rinnovabili non appare probabile nel breve periodo ma sarebbe
comunque auspicabile per ragioni di sostenibilità ambientale. Il limite principale di una tassazione
di questo tipo sembrerebbe essere la mancanza di progressività. Infatti, mentre la tassazione
della benzina per i trasporti ricadrebbe proporzionalmente in maniera maggiore sui cittadini più
ricchi, quella sui prodotti usati per il riscaldamento colpirebbe e fasce più povere. Dovrebbe a tal
proposito essere definita una struttura di aliquote diversificate sui vari prodotti. Questa
rappresenterebbe una riduzione degli introiti ma sarebbe la sola carbon tax a coprire l’intero
bilancio europeo.
Accanto alla carbon tax sarebbe auspicabile introdurre una
tassa sulle transazioni valutarie (
currency transaction tax – CCT). Questa non porterebbe così tante risorse ma potrebbe valere
almeno 20 miliardi di euro (fino a 90 miliardi secondo Spratt, 2006), un sesto dell’intero bilancio.
Il suo limite principale sta nella dipendenza dalle fluttuazioni dei mercati che potrebbero
modificarne il gettito di anno in anno. Allo stesso tempo la CCT rappresenta però uno strumento
utile a ridurre le fluttuazioni stesse, ovvero la volatilità finanziaria. Si tratta di una aliquota molto
piccola (0,1% o meno) da applicare ad ogni operazione di cambio che non disturberebbe né il
commercio internazionale né il risparmio. I soli attori che se ne vedrebbero danneggiati sono gli
speculatori finanziari che ottengono i propri profitti dalla continua compravendita di titoli
avvantaggiandosi delle piccole oscillazioni dei tassi di cambio. Si tratta di una tassa che non
colpisce l’economia reale ma che invece mette dei freni all’uso indiscriminato della finanza.
Potendo innalzare l’aliquota per difendere la propria moneta in caso di difficoltà, la CCT
rappresenta un efficace strumento di contrasto degli attacchi speculativi e dei cosiddetti
herd behaviors. In questo senso viene ridotta la volatiti dei mercati e promossa una stabilità
finanziaria che va a vantaggio non sono delle casse comunitarie, ma dei risparmiatori in genere.
La stabilità finanziaria viene vista in questo senso come un bene pubblico globale da preservare.
Si tratta di una misura estremamente facile da applicare, con costi molto bassi e fortemente
progressiva già che ricadrebbe solo su pochi operatori finanziari sulle banche sui fondi
d’investimento europei e non.
Queste due risorse assieme potrebbe facilmente sostituire i trasferimenti diretti degli stati membri
rendendo nuovamente il bilancio europeo fondato su risorse proprie e permettendo alle istituzioni
europee di concentrarsi sugli obiettivi dell’Unione anziché sulle pressioni dei singoli stati membri.
Anche una semplice riforma dell’Iva potrebbe migliorare l’attuale sistema. È ipotizzabile
differenziare l’Iva per diversi prodotti in modo da ridurre l’iniquità dell’imposizione e da farla
gravare in misura maggiore su quei prodotti che sono consumati dai più ricchi o che comportano
degli effetti negativi per la società (inquinamento, armi, pubblicità o sport spettacolo).
Un’altra possibilità è rappresentata dal trasferimento al bilancio comunitario dell’
Iva sulle importazioni da paesi terzi (Bornico 2006). L’Iva pagata alle frontiere esterne
dell’Unione è infatti assimilabile ai dazi doganali, una delle risorse tradizionali. La differenza
principale sta nel gettito: l’Iva sulle importazioni rappresenta tra l’1 e il 2% del reddito
comunitario. Verrebbero però così accentuate le asimmetrie già tipiche delle utilizzo dei dazi
doganali. L’ostacolo maggiore sarebbe infatti rappresentato da Regno Unito e Paesi Bassi, che
a causa della dimensione dei loro porti dovrebbero rinunciare and una quota importante di risorse
interne.
Queste ultime due misure non sarebbero immediatamente visibili ai cittadini ma a loro
applicazione sarebbe immediata ed efficace per sostenere il bilancio comunitario.
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Conclusioni
Se il bilancio comunitario ha bisogno di essere riformato, la riforma del lato delle entrate è uno dei
punti di partenza. Il nuovo bilancio europeo deve fondarsi su risorse proprie in grado di garantire
indipendenza alle istituzioni europee per perseguire politiche utili all’Unione nel suo complesso.
Forme di fiscalità sopranazionale capaci di offrire risorse adeguate ed equità esistono e sono
facilmente applicabili. Del resto se le politiche comunitarie si propongono di affrontare questioni
che vogliamo di competenza di istituzioni sopranazionali, anche i metodi per finanziarle è bene
che si adeguino alla dimensione regionale delle sfide da affrontare.
Questo articolo è tratto dal lavoro
Reforming the budget, reforming the revenues
dello stesso autore.
Il testo originale può essere scaricato da: http://www.sbilanciamoci.org/docs/sbileu/07.pdf
L’intero rapporto di Sbilanciamoci! sul bilancio europeo "
Budgeting for the future, building another Europe"
è consultabile capitolo per capitolo su:
http://www.sbilanciamoci.org/index.php?option=com_remository&func=fileinfo&id=116
Bibliografia.
Bornico, C., 2006, “Studio di una nuova fonte di finanziamento nell’ambito del Bilancio
dell’Unione Europea” 01/2006, Associazione universitaria di studi europei, Ecsa-Italy
Cattoir, P., 2004, “Taxation Papers. Tax-based EU own resources: An assessment”, Working
paper No 1 — April 2004, European Commission, Directorate-General Taxation & Customs
Union
European Commission and Eurostat (2003), "Structures of the taxation systems in the
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European Union. Data 1995-2001", Luxembourg.
Schreyer M., 2006, Speech at Greens/EFA seminar “Reform of the Own Resources system - A
way to a better financing of the European Union” European Parliament, Brussels, 9 November
2006.
Spratt S., 2006, “A Euro Solution. Implementing a levy on Euro transactions to finance
international development”, financed by the Commission of the European Union,
www2.weedonline.org/uploads/euro_solution.pdf.
Sì
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