IL CAVALCIOTTO E L`ANTICO SISTEMA IDRAULICO DELLE GORE
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IL CAVALCIOTTO E L`ANTICO SISTEMA IDRAULICO DELLE GORE
LE SCUOLE ADOTTANO I MONUMENTI DELLA NOSTRA ITALIA IL CAVALCIOTTO E L'ANTICO SISTEMA IDRAULICO DELLE GORE A S. Lucia di Prato si trova il Cavalciotto, che noi abbiamo visitato nel mese di dicembre. Quest'opera di ingegneria idraulica fu costruita intorno al 1100 (XII secolo) dagli antichi abitanti di Prato per bonificare le paludi, per l'irrigazione dei campi e soprattutto per la fornitura di energia meccanica ai numerosi opifici idraulici del territorio. Il Cavalciotto è costituito da una diga sul corso del fiume Bisenzio a circa 4 Km a nord della città di Prato. In corrispondenza di questo sbarramento, sulla sponda destra del fiume, fin dal Medioevo fu costruito un edificio, il Casotto dei Calloni, rimasto praticamente intatto, dove, attraverso tre antiche serrande idrauliche in rovere (calloni), ancora oggi perfettamente funzionanti, come abbiamo visto, veniva regolato il passaggio dell'acqua in un canale, il Gorone, che, nei pressi del Centro Storico, si diramava in 5 canali dando origine a 50 Km di gore: gora di S. Giusto, gora di S. Agostino, gora di Grignano, gora del Castagno e gora di Mezzana. Lungo il Gorone e le gore erano ubicati i suddetti opifici idraulici: 48 mulini e 20 gualchiere. Il nome "Cavalciotto" si riferisce al fatto che la struttura si trova a cavallo dell'ansa del fiume. Arrivati nel borgo di S. Lucia, abbiamo trovato l'antica casa del custode, adesso restaurata e adibita a civile abitazione. Sulla facciata è posta una targa con scritto "Consorzio del fiume Bisenzio al Cavalciotto e gore 1885". Nei primi anni del 1800, la maggior parte degli opifici, di proprietà dei nobili e della chiesa, furono venduti a privati cittadini che, per amministrare meglio questa importante risorsa idrica, si riunirono nel consorzio suddetto. Il custode del Cavalciotto aveva il compito di vigilare affinché non venissero arrecati danni all'intero complesso, ma aveva anche il compito di manovrare i tre calloni situati nel Casotto. Adiacente alla casa del custode, si eleva un imponente muraglione in pietra, che segue l'ansa del fiume, posto a difesa dell'intera struttura del Cavalciotto dalle piene del Bisenzio. Nei primi anni del 1500 il sistema del Cavalciotto fu spostato da S. Lucia più a monte, circa un chilometro, in località Gamberame, nel tentativo di aumentarne la potenza idraulica. Questo tentativo non dette i risultati sperati e fu Galileo Galilei, incaricato dal Granduca Cosimo de' Medici, che dopo attenti studi, stabilì che tutto l'apparato del Cavalciotto dovesse essere riportato a S. Lucia, dove era nato nel Medioevo e dove tutt'ora si trova. I lavori furono eseguiti sotto la direzione di Vincenzo Viviani, allievo prediletto di Galileo Galilei, che realizzò anche il Muraglione. Avvicinandoci al Casotto dei Calloni è visibile il Gorone, che esce da questa struttura e scorre tra la vegetazione e le case verso il centro città. Dal parapetto si scorge l'edificio dove era ubicato il primo antico mulino "Molino della Strisciola", ora adibito a civile abitazione. Entrando nell'adiacente edificio "Casotto dei Calloni" notiamo un piano rialzato accessibile dalle scalette interne, dove sono situati tre macchinari in ghisa, ognuno dei quali è adibito alla discesa e al sollevamento di ogni callone. Questi macchinari, nel corso dei secoli, hanno subito delle modifiche in funzione della tecnica allora conosciuta. Quelli attualmente installati riportano sul basamento la data (1890) e sono così costituiti: una grande ruota verticale con una manovella, attraverso una coppia conica di ingranaggi, trasmette il movimento ad un albero orizzontale; quest'ultimo porta alle due estremità due ingranaggi, ognuno dei quali si inserisce in una cremagliera dentata verticale; queste due cremagliere scendono nella parte inferiore dell'edificio fino all'acqua del fiume e sono rese solidali al rispettivo callone, che, a seconda del senso di rotazione della ruota con la manovella, si alza o si abbassa regolando il flusso dell'acqua. Il primo callone serve per regolare il livello del bacino (pescaia) alle spalle della diga; il secondo callone regola l'ingresso dell'acqua nell'edificio dove esiste un piccolo serbatoio che serve a far depositare sassi e rami che la corrente potrebbe trascinare (funzione di sgrigliatura); il terzo callone, oltre a contribuire all'operazione di sgrigliatura più fine, regola l'accesso dell'acqua nel Gorone. Siamo usciti dal Casotto dei Calloni e abbiamo camminato sulla sponda destra del Bisenzio. Dallo spazio adiacente al Casotto ci siamo fermati ad osservare la parte esterna della struttura, a valle della diga, e abbiamo osservato con stupore l'acqua che scendeva dallo sbarramento formando una spettacolare cascata, mentre, subito sotto il parapetto, si poteva osservare il bellissimo arco di mattoni, dal quale usciva l'acqua rilasciata dal primo Callone, che, come abbiamo detto, serve a regolare il livello del bacino. Continuando la nostra passeggiata lungo la riva destra del Gorone, che si allontana subito dal corso del fiume, abbiamo incontrato la costruzione dove era situato il primo mulino "Il Mulino della Strisciola". Purtroppo l'edificio ristrutturato ha cancellato ogni traccia dell'antico edificio. Proseguendo ancora lungo il Gorone verso la città, abbiamo notato che, in alcuni tratti, risulta essere scoperto ed in altri coperto e scorre sotto la strada o l'abitato. Abbiamo concluso la nostra passeggiata sul luogo dove era situato il secondo mulino, il "Mulino degli Abatoni", così chiamato perché di proprietà di un antico convento pratese. Il vecchio edificio è stato sapientemente ristrutturato mantenendo importanti tracce del mulino preesistente, la più importante delle quali è la vasca (il margone) ancora alimentata dal Gorone. Attualmente l'edificio è adibito a ristorazione e si chiama "Il Ristorante delle Cento Buche". Uno dei principali motivi della scelta di adottare questo monumento sta nel fatto che recentemente si voleva realizzare, sul Cavalciotto di S. Lucia, una moderna centrale idroelettrica ad uso privato, che avrebbe irrimediabilmente distrutto gran parte delle antiche strutture di questa notevole opera idraulica che rappresenta un'eccezionale testimonianza della nascita della città di Prato. Questo importante reperto di archeologia industriale, sicuramente unico a livello nazionale e europeo, inserito nel sistema museale della città, avrebbe anche una rilevante ricaduta a livello economico e culturale. Recentemente un comitato di cittadini ha portato avanti un'azione civica volta ad impedire la realizzazione di quel tipo di centrale che avrebbe distrutto il monumento. IL MULINO MARGHERI DI RONTA - Comune di BORGO S. LORENZO Come abbiamo detto, degli antichi 48 mulini e 20 gualchiere non ne è rimasto nemmeno uno in buono stato di funzionamento e di conservazione, per cui, per capire come funziona un antico mulino ad acqua, siamo andati a visitare il "Molino Margheri" di Ronta, risalente addirittura all'800 d.C. e tutt'oggi perfettamente funzionante. Arrivati sul posto, il mugnaio ci ha accolti e ci ha spiegato il nome del luogo "Madonna dei Tre Fiumi" dove è ubicato il mulino: in quel luogo si riuniscono i torrenti Razzuolo e Farfereta formando il torrente Ensa, affluente della Sieve, immissario del lago di Bilancino ed emissario, che poi sfocia nell'Arno. Il mugnaio ci ha accompagnati sul margone spiegandoci che l'acqua in esso raccolta, proveniente dal torrente Ensa, aziona i due ritrecini che muovono le due macine all'interno dell'edificio. Dentro il margone, il mugnaio ci ha fatto notare alcuni pezzi di ricambio di quercia di rovere che compongono il ritrecine, informandoci, in particolare, che l'albero (il pezzo principale) avrà una durata di 300-400 anni. Nell'edificio, entrando nel locale delle macine, che si trova a una quota di circa tre metri più bassa del margone, il mugnaio ci ha mostrato un perfetto modellino in scala di palmento , che è l'insieme di un ritrecine e di una macina composta dal dormiente, dal macinante e dalla tramoggia. Nella realtà, ci ha informato che le parti in movimento del palmento (ritrecine, albero e macinante) hanno un peso di circa 13 quintali, questo per renderci conto della notevole forza che fa girare il ritrecine. Quindi il mugnaio ha messo in funzione una macina, ha versato del granturco nella tramoggia e un dispositivo di regolazione "battola" ha iniziato a far cadere il granturco dentro il macinante, lateralmente al dormiente usciva la farina di mais di colore giallo. Successivamente il mugnaio ci ha mostrato, da un grande oblò di vetro posto sul pavimento, uno dei due ritrecini ubicati nel carcerario, opportunamente illuminato, che veniva messo in rotazione dal getto dell'acqua proveniente dal margone. Da una finestra abbiamo visto l'acqua, che metteva in rotazione il ritrecine, uscire dal carcerario per gettarsi di nuovo nel torrente Ensa, più a valle rispetto a dove era stata prelevata per alimentare il margone. Riferimenti bibliografici "Gore e Mulini della Piana Pratese - Territorio e Architettura" di Giuliano Guarducci e Roberto Melani ed. Pentalinea 1993 "Lo Statuto dell'arte dei padroni dei mulini sulla destra del fiume Bisenzio" a cura di R. Piattoli - Prato 1936 Istituto Comprensivo Mascagni - Scuola Primaria Mascagni, Via Toscanini, 6 - Prato - Classe IV A - Anno scolastico 2015 - 2016 Insegnanti: Chiti Manola - Viggiani Giuseppina Alunni: Attennato Andrea, Attennato Sara, Berrettari Lorenzo, Bonechi Filippo, Bruno Beatrice, Cao Matteo, Chen William, Ciardi Andrea, Civinini Jordan, Dottore Elena, Grifasi Gaia, Huang Stella, Ibrahim Omar, Jia Fulvio, Jia Giorgio, Jin Leon, Lin Lisa, Marraffino Enrico, Pan Alessio, Salemi Sara, Wu Simone, Zhu Federica. Si ringrazia la Dott.ssa Paola Pancini per aver promosso il progetto, il Dott. Roberto Dei, esperto della Storia di Prato, il papà Simone Civinini per la collaborazione al montaggio video.