Non solo lode Master, lavori all` estero e perfino cortometraggi Le

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Non solo lode Master, lavori all` estero e perfino cortometraggi Le
20enni d' Italia la generazione punto zero i titoli accademici non bastano, le esperienze (tutte)
arricchiscono il bagaglio personale. Cosa fa davvero la differenza? Non arrendersi mai e provarle tutte.
Ecco le storie dei ragazzi.
Non solo lode Master, lavori all' estero e perfino cortometraggi
Le vite a prova di curriculum
S i dice «i curriculum» o «i curricula», meglio le regole ferree dell' italiano scritto o il neutro plurale degli
aspiranti latinisti? La situazione si complica quando, come nel caso di Federico C., sul desktop del
computer fa capolino una cartellina che di «curriculum» o «curricula» ne contiene ben sei: «A seconda
del tipo di azienda e di offerta ne tiro fuori uno diverso», spiega vivace. Trucchi da colloquio di lavoro?
No. Federico, 31 anni, romano, laureato in Storia contemporanea con Master in Relazioni
internazionali, ha accumulato tante esperienze diverse e può aspirare a più ruoli e posti. «Mentre
studiavo, ho lavorato come fattorino per una società di eventi, come tutto-fare per una piccola casa
editrice, e all' università, prima nel servizio informazioni per studenti, poi nel "servizio docenti". Ho
aiutato un professore a finire un paio di pubblicazioni, zero soldi né prospettive ma ho imparato
qualcosa». Intanto Federico gira un lungometraggio con gli amici, fa esperienza per due mesi a New
York in una ditta di import-export, 12 ore in magazzino, in quattro mesi impara il francese a Lione
dove l' ex fidanzata studia nei corsi internazionali di Erasmus. Il debutto Dopo il Master, costo 6 mila
euro, debutta nel mercato del lavoro. Comincia con uno stage di sei mesi gratuito nel Dipartimento di
ricerca della London School of Economics: «Alla fine dello stage ho provato a cercare lavoro a Londra
ma avevo scelto lo stesso anno della crisi finanziaria per trasferirmi». Tre mesi in un pub e il ritorno in
Italia. Iniziano i contratti a progetto. «Un mese in una società demoscopica con il compito di
intervistare i pendolari arrabbiati a Termini». Retribuzione: 10 euro a intervista. Un' azienda di servizi
satellitari: «Reparto innovazione, 700 euro al mese: mi occupavo di curare progetti per una fondazione
dello Stato». Dopo un anno viene chiamato proprio dalla fondazione, 1.000 euro al mese: «Dovevo
creare sinergie tra le piccole aziende e la ricerca ma mi sentivo nel ventre molle dello Stato, potevo
lavorare 3 ore come 16 e nessuno se ne accorgeva». Il rinnovo di contratto non arriva. E neanche un
nuovo lavoro. «La disoccupazione significa ritornare a casa dai miei, ridurre le spese, non riuscire a
pagare il biglietto del treno per i weekend con la mia fidanzata che lavora a Torino». Eppure Federico
non si ferma: organizza un viaggio in Libano con un amico fotografo per studiare i rifugiati sudanesi,
vola negli Stati Uniti per ritirare un premio per un cortometraggio e intanto prende qualsiasi «lavoretto»
gli capiti. Adesso frequenta un Master in Green Economy. Seguirà un altro stage in azienda: «La parola
stage mi fa sentire male, ma che devo fare? Non mi arrendo». Mettersi in proprio I tirocinanti in Italia
sono circa 800 mila all' anno e, di questi, solo il 13% conquista un contratto vero. Quasi più facile
vincere X-Factor . «Quando c' è la possibilità, meglio mettersi in proprio» conclude determinata Pia
Festino. Ventiquattro anni, di Terzigno in provincia di Napoli, Pia pur facendo parte della sparuta
minoranza che il contratto l' ha avuto, dopo 1 anno e mezzo a 600 euro al mese ha deciso di far da sé:
«Avevo frequentato una delle migliori e più costose scuole orafe d' Italia e per il mio agognato lavoro
solo di spese automobilistiche tra parcheggio, autostrada e benzina spendevo 400 euro al mese». Pia
chiede un altro sforzo alla famiglia e apre una sua azienda di gioielli, «PiaF». «Così ho scoperto che la
scuola non mi aveva insegnato niente di pratico: sto imparando sul campo». Tra le varie lezioni, la più
triste riguarda cosa significa essere giovanissima e imprenditrice: «Devo chiedere a mio padre di
accompagnarmi dai fornitori, altrimenti provano sempre a fregarmi. Il vecchio Sud». L' apprendistato
Nell' esperienza di Giulia Bidinotto, 22 anni, i cattivi sono invece «quei datori di lavoro che tirano un
sospiro di sollievo quando leggono che sei apprendista perché così possono pagarti poco, ma non ti
prendono perché sei iscritta all' università e dovresti saltare qualche giorno di lavoro per gli esami».
Giulia, che vive a Meduna, provincia di Treviso, con i genitori, deve fare affidamento solo sulle proprie
forze. Per pagarsi la retta, ha lavorato come: cameriera in pizzeria d' inverno (7 euro all' ora) e barista in
un campeggio d' estate (1.500 euro al mese per 10 ore di lavoro al giorno), aiutante parrucchiera (5 euro
all' ora) e centralinista nella scuola di danza che frequenta fin da bambina. Articolo 18 sì o no, le
interessa poco, Giulia vuole trovare lavoro. «Dopo l' Erasmus a Madrid, mi sarei sicuramente fermata
se avessi trovato qualcosa ma purtroppo anche lì non se la passano bene, quindi sono tornata a Meduna
e ora la mia attività principale è distribuire cv». All' estero Secondo l' ultimo rapporto Eurispes, quasi il
60% dei ventenni italiani sogna un futuro fuori dall' Italia. Pierandrea Petretta, 29 anni, manager in una
delle più importanti società di consulenza finanziaria a Londra, spiega: «Ho lavorato per 5 anni in un'
azienda omologa in Italia e guadagnavo un terzo dello stipendio attuale: certo avevo la tranquillità che
nessuno mi avrebbe licenziato ma la mobilità era pari a zero, gli stimoli venivano a mancare giorno
dopo giorno». Pierandrea, laurea alla Bocconi di Milano, stage tra Cuba, Losanna e Milano, e Master in
Management a Brescia, sa che domani potrebbe essere chiamato a New York o a Singapore: «Con la
stessa facilità possono mandarmi via in meno di due mesi ma fa parte del gioco». Matteo Achilli, che a
venti anni si è inventato Egomnia, social network che classifica i migliori candidati per «offrirli» alle
aziende (vedi box) , osserva che oggi più del voto di laurea contano le esperienze di lavoro e di vita.
Che Achilli, soprannominato dagli amici per scherzo «Zuckerberg italiano» (dal fondatore di Facebook),
decida di specializzarsi nel mondo del lavoro, la dice lunga sul nostro Paese: «Abbiamo il dovere di
innovare il mercato lavorativo. Questo è il mio contributo: sapete che nelle prime 24 ore Egomnia
aveva più di mille iscritti e Facebook invece solo 350?».
Gli autori: Benedetta Argentieri, Serena Danna, Chiara Maffioletti, Luca Mastrantonio, Maria Serena
Natale, Giacomo Valtolina **** .4 **** Su Facebook All' indirizzo Facebook «www.facebook.com/
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(25 marzo 2012) - Corriere della Sera