Crisi economica, gioco d`azzardo e usura
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Crisi economica, gioco d`azzardo e usura
Assemblea Generale Annuale della Consulta Nazionale delle Fondazioni Antiusura - Onlus Roma, 26 giugno 2012 Prof.ssa Isabella Martucci Crisi economica, gioco d’azzardo e usura La crisi economica non concede tregua, il ciclo economico non inverte la tendenza e la recessione aggredisce con forza la già debole economia italiana, come mostrano gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT. Il PIL, nel I trimestre del 2012, segna un -0,8% rispetto all’ultimo trimestre del 2011 e un -1,4% sullo stesso periodo dell’anno precedente. La flessione del PIL, che risulta la peggiore dal I trimestre 2009, è addebitabile all’andamento della domanda interna che vi contribuisce per la componente consumo con il -0,6%, per la componente investimenti fissi lordi nella misura del 0,7%, e per la componente pubblica, positivamente per lo 0,1%. Registra un saldo negativo la variazione delle scorte che contribuisce per lo 0,5% alla diminuzione del PIL che è invece parzialmente contenuta per l’apporto positivo della domanda estera pari allo 0,9%. Cresce anche il tasso di disoccupazione che nel primo trimestre 2012 è pari al 10,9%, con un aumento del 2,3% su base annua. Il numero dei disoccupati, pari a 2.615.000 persone (al top dal 2004), aumenta dell'1,5% rispetto a marzo (+38mila unità), con un incremento del 31,1% su base annua (621mila unità). Se l’indice della produzione industriale ad aprile diminuisce, su base annua, del 9.2% e rispetto a marzo dell’1,9%, con un crollo del 12,8% nel settore dei beni intermedi, del 7,9% per quelli di consumo, del 6,2% per i beni strumentali e del 3,8% per l’energia, la raccolta derivante dal gioco d’azzardo aumenta. Nel mese di maggio essa è pari a 7.479 milioni di euro, con somme giocate che ammontano a 1334 milioni e vincite per poco più di 6.000. Nel periodo gennaio-maggio 2012 rispetto allo stesso arco temporale del 2011, la raccolta passa da 30.031 a 37.496 la spesa cresce di poco, le vincite passano da 22.588 a 30.008. In cima alla classifica della raccolta su base regionale anche nel mese di maggio si piazza al primo posto la Lombardia, seguita dal Lazio, Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Sicilia, Toscana e Puglia. Sembra, pertanto, che sul mercato del gioco d’azzardo non si addensino le nubi della recessione, anzi nella fase di recessione che l’economia italiana attraversa, cresce l’attrazione esercitata dalla possibilità di facili introiti è molto alta e tanti cadono vittime delle lusinghe di tavoli verdi reali o virtuali. Il mercato del gioco pubblico è un mercato di largo consumo fortemente influenzato dai cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e dall’innovazione tecnologica. Ognuna delle imprese che ne costituiscono l’offerta, è, pertanto, indotta ad innovare continuamente il prodotto al fine di ottenere più elevati profitti derivanti dal riuscire a soddisfare meglio dei concorrenti la platea dei consumatori. Questo mercato in continua evoluzione è fortemente supportato dai media e dalle campagne pubblicitarie che, anche quando invitano a giocare il giusto, favoriscono un comportamento che in questa particolare categoria di consumatori si sostanzia, anche in caso di reiterata soluzione negativa, in ulteriori acquisti, a differenza di quanto accade solitamente per altre categorie di beni. Non è da sottovalutare neanche la rete di distribuzione del prodotto che si articola in una capillare presenza territoriale ed è ulteriormente supportata dalla possibilità di accedere al mercato con un semplice clic del mouse. Ed è proprio il gioco on line, ospite in famiglia che lusinga i più giovani e le donne, che sfugge ad ogni controllo e nel quale più facilmente si annida la criminalità organizzata. Considerando quanto è ampio il giro d’affari che si muove intorno al gioco lecito e soprattutto illecito, si può comprendere come i giocatori italiani, che effettuano una spesa pro 1 capite annua che ammonta, in media, a oltre 1.000 euro, possano facilmente essere preda degli usurai. Il termine usura deriva dal latino usus e indica l’utile che va riconosciuto al creditore in aggiunta alla restituzione del bene mobile o del danaro ottenuto in prestito. La pratica dell’usus è antica ed è inizialmente riferita alla concessione di uso soprattutto di derrate alimentari e ritenuta punibile, come testimoniato dai libri del vecchio testamento, Esodo 22,24- Levitico 25,37Deuteronomio 23,20 se praticata ai membri della comunità degli israeliti. L’accezione moderna del termine, intesa come interesse eccessivo su prestito in danaro, compare già con il rapido sviluppo della civiltà romana in cui sorgono figure quali i fenatores e gli argentari. Costantino e Giustiniano fissano il livello dell’interesse da percepire a seconda della natura sia del mutuo che del mutuatario e del mutuante tramite specifica stipula. Alla caduta dell’Impero romano, la frammentazione dei territori, la quasi inesistente autorità civile vede l’affermarsi dell’autorità ecclesiastica quale unico punto di riferimento sia morale che politico. Se fino al XII secolo l’autorità civile seguendo le disposizioni ecclesiastiche condanna l’usura, alla ripresa delle attività economiche e alla comparsa delle prime lettere di cambio, basandosi anche sugli studi di giuristi come Cino da Pistoia e Bartolo da Sassoferrato che ritengono le usurae dovute da colui che fa fruttare il denaro ricevuto in prestito, legalizzano il percepimento di interessi per il credito commerciale. Nasce un mercato del credito, per lo più gestito da ebrei, in cui chi concede prestito non è più condannato dall’autorità civile ed è tollerato da quella ecclesiastica. Nel corso del tempo varie e diverse sono state le disposizioni legislative che hanno ritenuto lecito l’interesse su prestito e condannato l’usura che nel codice civile italiano è stata regolamentata dalle norme 644 e 644 bis del codice penale del 1931 fino all’emanazione della legge 108 del 19961 che abroga gli articoli succitati, li sostituisce con gli art. 1 e fissa all’art. 2 comma 4 il tasso soglia. Tale norma, invero, sostituendosi al mercato nella determinazione del prezzo del credito, può emarginare ulteriormente dal mercato legale i soggetti economicamente più deboli. Non si tiene conto delle differenze tra i tassi riscontrabili nelle aree territoriali che potrebbero porre in difficoltà i debitori potenziali più deboli che, non essendo in grado di fornire garanzie e, presumibilmente razionati sul mercato legale, avrebbero come sola alternativa il rivolgersi a quello illegale. Nel mercato legale del credito, il successo dell’intermediazione dipende dalla capacità di porre in contatto richiedente e offerente. Non si può disconoscere, però, che i limiti alla mobilità e i vincoli istituzionali portano alla segmentazione del mercato del credito che assume i connotati dell’oligopolio. In tale forma di mercato la discriminazione dei prezzi è la regola fondamentale che governa le decisioni delle singole unità operative e ciò spiega la diversità dei tassi attivi e passivi tra aree geografiche anche appartenenti ad uno stesso sistema economico. Il razionamento del credito che si concretizza in un’offerta sistematicamente minore della domanda deriva dalle asimmetrie informative tra le quali si individuano quelle che conducono ad opportunismo precontrattuale, come la selezione avversa e post contrattuale come l’azzardo morale. La selezione avversa opera sia dal lato dell’offerta di credito, in quanto l’aspettativa di profitto della banca decresce al crescere del rischio rispetto al tasso di interesse, sia dal lato della domanda, ove il rendimento atteso dal progetto da finanziare aumenta quanto più alto è il rischio rispetto all’interesse. Il razionamento, quindi, si verificherebbe a quel livello di tasso che, massimizzando il profitto atteso della banca, non coincide con quello che tutti i richiedenti credito sono disposti a pagare. Occorre, inoltre, precisare che la banca, tendendo a massimizzare nel tempo i profitti, concede prestiti a quei clienti che garantiscono un notevole volume di attività, rendendo stabili i rapporti di clientela e migliorando quantità e qualità delle informazioni. Non si può, d’altronde, disconoscere che il rischio è connaturato ad ogni operazione creditizia, dato che essa altro non è se no scambio tra prestazione attuale e certa contro una futura ed incerta. Ogni banca è pertanto indotta a selezionare la clientela e 1 La legge n. 44 del 1999 all’articolo 20, ha ammesso la possibilità, a fronte di tassi usurari, di sospendere le azioni esecutive contro il debitore, quali pignoramenti e sfratti Il decreto legge 29 Dicembre 200 n. 394 “Interpretazione autentica della legge 7 Marzo 1996, n.108, recanti disposizioni in materia di usura” convertito in legge con la Legge n. 24 del 28 Febbraio 2001, modifica la misura del tasso soglia. Ultima modifica quella della legge 27.1.2012 n.3. 2 a valutarne la solvibilità dovendo anche tutelare coloro che le hanno affidato i propri risparmi. Il rischio, comunque, non è connesso al tipo di garanzia offerta, dato che questa non modifica l’eventuale inadempienza, ma pone la banca in posizione privilegiata rispetto ad altri debitori, consentendo una più agevole escussione del patrimonio del soggetto insolvente. Le banche, quindi, preferiscono concedere finanziamenti a imprese prospere per le quali la prospettiva di solvibilità, seppur correlata alla capacità di ottenere utili, a sua volta assoggettata a variabili non facilmente prevedibili, come l’andamento della congiuntura e la tenuta della domanda su mercati nazionali ed esteri, è più elevata rispetto a quella di imprese che già hanno difficoltà di gestione. Sul mercato legale del credito, inoltre, si sono addensate recentemente molte nubi. La crisi del debito sovrano ha ulteriormente rafforzato la segmentazione dei mercati interbancari allargando il differenziale tra i tassi overnight2 sui mercati italiano e spagnolo rispetto a quello medio dell’area (Banca d’Italia, 2012). La contrazione nella raccolta delle banche italiane, nell’arco temporale luglio-dicembre 2011, aumenta negli operatori la preoccupazione per il riacutizzarsi di. instabilità finanziaria grave, dovuta alle obbligazioni in scadenza per il 2012 per 450 miliardi nell’area euro di cui 75 per le banche italiane. La BCE è intervenuta più volte riducendo i tassi, dimezzando il coefficiente di riserva obbligatoria, effettuando, in dicembre e febbraio, anche due operazioni di rifinanziamento a tre anni. L’immissione di liquidità con queste operazioni ha interessato l’area euro per 1000 miliardi, vi hanno partecipato 112 banche italiane che hanno ottenuto 255 miliardi lordi, 140 al netto dei rimborsi. Ciò ha consentito di evitare un ulteriore freno alla concessione di credito alle famiglie e alle imprese per le quali avevano subito un rallentamento nella primavera del 2011 e una riduzione pari a 20 miliardi a dicembre dello stesso anno, per ristagnare nel I trimestre 2012 e riprendere ad aprile (Banca d’Italia, 2012). Se si può ritenere che il razionamento del credito spinge alcune imprese a rivolgersi al mercato illegale del credito, non sembra possibile adottare la stessa giustificazione per il ricorso che a tale mercato fanno sempre in misura maggiore le famiglie. In Italia, il mercato dell’intermediazione registra, a marzo del 2012, una concessione di prestiti ai residenti pari a circa 1.950 miliardi di euro, il 125% del PIL. Questi prestiti sono finanziati per l’85% da depositi e obbligazioni delle famiglie; mentre, nella prima metà dello scorso decennio, la quota superava il 90%. Le difficoltà di raccolta e l’aumento dei premi per il rischio sui mercati all’ingrosso – interbancario europeo e finanziario internazionale – impongono alle banche di procedere, con la necessaria gradualità, a un riequilibrio del rapporto tra impieghi e fonti stabili di raccolta (Banca d’Italia, 2012). Per le imprese una iniezione di liquidità potrebbe giungere dai decreti del 22 maggio 2012 per accelerare i pagamenti delle P.A. e in particolare l’accordo tra ABI e associazioni degli imprenditori per la costituzione di un plafond dedicato allo smobilizzo dei crediti delle imprese verso la P.A. E per le famiglie? Le famiglie italiane stando ai dati sono le più ricche dell’intera zona euro 3 e allora come spiegare il ricorso sempre più frequente al mercato illegale del credito? Occorre allora trovare altra motivazione e una di queste potrebbe individuarsi in quella pratica del gioco d’azzardo sempre più pubblicizzata e facilmente esercitatile anche rimanendo tra le mura domestiche. Infatti, nel 2011 il credito al consumo è cresciuto dello 0,5%; la dinamica è peggiorata nel primo trimestre del 2012: nel mese di marzo il tasso di crescita sui dodici mesi è divenuto negativo (-1,0 %) sia per le banche sia per le società finanziarie, che detengono rispettivamente circa la metà del mercato. Ha continuato a ridursi il credito finalizzato all’acquisto di beni durevoli a causa della debolezza della domanda, in particolare di mezzi di trasporto. Tra i finanziamenti non finalizzati, è proseguita l’espansione sia dei prestiti personali, sia di quelli per la cessione del quinto 2 Il tasso overniglht è quello al quale una banca presta denaro ad un’altra. I dati dell’IBF confermano l’evidenza macroeconomica: tra il 2008 e il 2010 la ricchezza netta è rimasta pari a circa 8 volte il reddito disponibile. Tale rapporto è invece diminuito nel medesimo periodo da 5,4 a 5,1 per i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni, a fronte dell’aumento registrato per le altre classi di età. Le famiglie giovani detengono strutturalmente un patrimonio inferiore al resto della popolazione. la quota di attività finanziarie posseduta dal 10% delle famiglie più ricche è salita, tra il 2008 e il 2010, dal 44 al 47%. Più del 60% del totale delle attività finanziarie è detenuto da nuclei con un capofamiglia di età superiore a 55 anni, mentre ha continuato a ridursi la quota posseduta da quelli con capofamiglia di età inferiore a 35 anni. 3 3 dello stipendio, che servono a finanziare tipologie di spese più generali, non necessariamente connesse con l’acquisto di un bene. Diventare vittime della febbre del gioco è molto semplice e, quando la vincita si realizza, non ci si ritira, ringraziando la dea bendata, ma ci si accanisce e si cade nella rete. Le perdite si accumulano, i danari non bastano, il sistema bancario non concede prestiti senza garanzie e ci si rivolge al mercato parallelo del credito. Nasce così il rapporto credito-debito illegale che va distinto da quello legale, in quanto se quest’ultimo mira a ottenere garanzie per la restituzione dei fondi prestati, il primo è teso ad appropriarsi di ogni cosa sia nella disponibilità del debitore. E’ così che la criminalità si appropria delle attività lecite, le rende serve, le trasforma in filiali, a loro volta in grado di offrire ulteriori servizi di credito, dando vita a un processo moltiplicativo infinito. Il fenomeno dell’usura appare, quindi, non più derivante solo dal cattivo funzionamento del mercato del credito, ma anche come una delle icone di quella economia irregolare e sommersa che prospera più di quella lecita e nasce dal rifiuto delle norme che regolano l’esercizio dei propri diritti e si nutre della loro violazione, assumendo forme e metodi propri dell’economia criminale. Le organizzazioni criminali, estremamente flessibili nell’adattare il proprio core business ai cambiamenti esterni, oltre ad essere radicate nei territori meridionali d’origine, dilagano in tutta la nazione e attuano attività economiche diverse, riuscendo, da questo punto di vista, a colmare il divario tra Nord e Sud. La crisi ha ulteriormente rafforzato il business della criminalità che totalizza cifre da capogiro non solo in traffico di droga, armi, prostituzione, truffe, estorsioni, furti e rapine, ma anche nell’usura, di cui sono vittime gli imprenditori, e, in numero crescente, le famiglie, nelle quali, qualcuno dei componenti è dedito al gioco d’azzardo. Questo è il nuovo business, attraverso cui l’opera di riciclaggio può realizzarsi ancora più facilmente. L’usura ha già perso da tempo i connotati antichi, ha assunto un nuovo look, tramite la fornitura di quel substrato territoriale, nel quale la malavita si insinua, acquisendone la leadership. Prendendo le mosse dal controllo del territorio, le diverse organizzazioni criminali possono trasformarsi in holding finanziarie, attraverso cui riciclano denaro sporco, precedentemente lavato. Quale modo migliore di effettuare riciclaggio se non on line? I nuovi sistemi di pagamento, studiati e messi a punto per ridurre tempi e costi di quelli tradizionali, smaterializzano completamente il danaro. Lo scambio in rete rende anonimi acquirenti e venditori e nel settore del poker on line, la modalità cash game non solo aumenta l'affluenza nelle poker room, favorendo l'incremento della raccolta di liquidità circolante su Internet, ma attira anche numerosi operatori stranieri. L’internazionalizzazione delle attività criminali segue di pari passo e, talvolta, precede quella delle attività lecite e se queste si delocalizzano per migliorare la redditività con l’impiego di fattori produttivi a più basso costo, le altre perseguono lo stesso obiettivo minimizzando il rischio derivabile dal riciclaggio. Il lavaggio del danaro sporco e il suo reimpiego, infatti, favoriscono la crescita dell’economia criminale che, in un mondo senza confini, riceve ulteriore impulso dalla disomogeneità legislativa presente nei diversi paesi. La globalizzazione dei mercati rende immenso l’ammontare dei flussi di fondi illeciti e estremamente mutevole la loro localizzazione con conseguenze dannose in termini di perdita di risparmio che conduce all’impoverimento di intere fasce della popolazione. E’ evidente, quindi, come il diffondersi dei giochi d’azzardo on line non solo offre nuove opportunità di riciclaggio alle organizzazioni criminali, ma, attraverso la lusinga del denaro facile, attrae numerose persone, prevalentemente nella fascia d’età adulta, ma anche molti giovani. Il costo che all’economia regolare deriva dall’intreccio esistente tra gioco e usura non è compensato dal beneficio connesso all’entrate erariali, il cui ammontare è nel tempo aumentato non grazie all’incremento dell’imposizione che si è progressivamente ridotta, tanto che dal 2005 l’afflusso alle casse dell’erario cresce meno della raccolta, ma all’ampliamento del numero dei giocatori, attratto dall’incremento delle vincite. Inoltre, sebbene ciò consente, in certa misura, di tutelare il consumatore in quanto rende l’offerta pubblica di giochi più competitiva di quella illegale o irregolare, non ne riduce il costo sociale, che oltre a componenti patologiche ne presenta altre tra cui la riduzione della produttività, l’insolvenza, i fallimenti e la corruzione che si annida nelle istituzioni. 4 Più che aumentare l’offerta di giochi on line, che consentono all’azzardo di entrare nell’ambito domestico, portando un ulteriore attacco alle già fragili fondamenta dei nuclei familiari, si dovrebbero offrire concrete possibilità di occupazione, derivanti dall’indispensabile connubio tra crescita reale dei sistemi economici e sviluppo di quelli finanziari, resi inattaccabili dalla criminalità organizzata dal proficuo intervento congiunto, da un lato di forze dell’ordine e magistratura e, dall’altro, dalla riscoperta dell’indissolubile legame tra etica ed economia. Se l’economia è la scienza che cerca di individuare regole di comportamento che garantiscano l’efficiente allocazione di risorse scarse che consentono la realizzazione dell’ottimo livello di produzione e conducono ad una giusta distribuzione di beni e servizi, atti al soddisfacimento dei bisogni umani, non può consentirsi l’individuazione di regole che invertano l’ordine e vedano l’uomo come mezzo e non come fine dell’attività produttiva. Oggi in cui ogni azione interagisce con quella dell’altro, è necessario essere solidali, per consentire all’altro meno fortunato di imparare quanto si è in grado di insegnare, in modo che possa intraprendere il suo cammino verso la prosperità. Questo significa mettere a disposizione quel bene prezioso che è la conoscenza, che, lungi dall’avere le caratteristiche del bene pubblico puro che non è rivale nel consumo e non è escludibile, è oggetto di produzione e di scambio in regime di concorrenza monopolistica se non di vero e proprio monopolio. E per questo, proprio nell’era in cui si è annullata ogni distanza geografica nella trasmissione delle informazioni, che si accentuano le disuguaglianze, poiché ciascuno vede nell’altro solo il mezzo per accrescere il proprio tornaconto. La solidarietà va intesa come la sua etimologia suggerisce, ossia partecipare in solidum, a maggior ragione quando si è consci del fatto che nessuno può raggiungere da solo i propri obiettivi e occorre, pertanto, agire insieme per il bene comune. La solidarietà non va intesa come quel sentimento superficiale che talvolta muove la nostra mano per sostenere qualcuno, vicino o lontano che sia, nel momento del bisogno, ma piuttosto adoperarsi perché coloro che contano di più, disponendo di un maggiore ammontare di beni e di servizi, si sentano responsabili dei più deboli e siano disposti a condividere quanto possiedono. La solidarietà trova compimento pieno in uno Stato che si riconosca quale istituzione creata dagli uomini e da essi formata, che non può essere controllata da pochi, corrotta da interessi particolari o soggetta a manipolazioni. Lo Stato democratico deve essere fondato su una retta concezione della persona umana e, conseguentemente, esso deve consentire ai cittadini di poter conseguire la prosperità in un contesto giuridico e istituzionale, nel quale la libera iniziativa possa esplicarsi, ci si adoperi per la creazione delle opportunità di lavoro, garantendo la concorrenza e ostacolando il formarsi di monopoli e oligopoli che distruggono il mercato. La solidarietà dinamica (Quadrio Curzio,2007), che consente di porre in essere uno sviluppo economico, sociale e intergenerazionale, è fondata sul principio di sussidarietà, che si estrinseca nell’affermazione piena dell’uomo. Questo implica che ad ogni persona deve essere consentito agire in piena autonomia e responsabilità, al fine di valorizzare al massimo la sua dignità. Conseguentemente, le libertà individuali devono essere inserite in un quadro istituzionale armonioso, nel quale lo Stato, come sottolineato da Benedetto XVI nella Deus Charitas est, deve garantire a ciascuno, nel rispetto del principio di sussidiarietà, la sua parte dei beni comuni. L’applicazione di questi criteri, in un contesto sia nazionale che internazionale, richiede in primis un’opera di formazione non frammentata, compiuta con un intento corale, nel quale vi sia sempre posto per i vocalist, ma che si fondi in un’unica grande voce. 5