Estratto - La Tribuna

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CAPITOLO 4 - LA COMPETENZA
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LA COMPETENZA
Sommario: 1. Premessa. – 2. Criterio di determinazione della competenza delle Commissioni tributarie provinciali. – 3. Il concessionario del servizio di riscossione e la competenza sui
rimborsi. – 4. Le commissioni tributarie regionali. – 5. L’incompetenza. – 6. Gli effetti della
dichiarazione di incompetenza.
1. Premessa
Individuata l’ampiezza della giurisdizione delle Commissioni tributarie, oggetto del presente commento è la disciplina della competenza nel processo tributario, ossia la concreta
distribuzione della potestà giudicante tra i diversi organi del processo tributario.
A tal fine occorre premettere la nozione di competenza, che, nella dottrina processualistica, viene definita come la “quantità di giurisdizione” assegnata a ciascun organo appartenente
ad uno stesso ordine. Essa indica, in altre parole, a chi spetta tra i diversi giudici il potere di
provvedere in ordine alle singole cause e, quindi, chi sia il “giudice naturale precostituito per
legge”, di cui all’art. 25 della Cost..
Nel processo civile si parla di competenza come presupposto processuale, per cui un giudice privo di competenza non può compiere alcuna attività, salvo dichiarare la propria incompetenza. La competenza dell’organo adito rappresenta dunque un requisito necessario per la
validità del processo e dei singoli atti in esso posti in essere.
Si afferma, infatti, che mentre la giurisdizione funge da presupposto di validità del rapporto
processuale o, meglio, da condizione di ammissibilità della domanda, la competenza costituisce condizione per la trattazione o la decisione del merito della causa.
Siffatto principio, tuttavia, deve essere coordinato con il sistema normativo delle impugnazioni, per cui esso cessa di operare - rendendo irrilevante ogni questione sulla competenza e
determinando un effetto conservativo degli atti che nel contesto del processo sono stati posti
in essere - con il passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia sulla competenza ovvero
sul merito della controversia, benché pronunciata da giudice incompetente.
La suddivisione della competenza tra i diversi organi della stessa giurisdizione può avvenire secondo criteri diversi: a secondo del valore economico del bene oggetto della domanda
giudiziale (competenza per valore), ovvero in relazione alla natura o al tipo del diritto su cui
si controverte (competenza per materia), oppure in considerazione della circoscrizione territoriale nel cui ambito il giudice svolge la sua attività (competenza per territorio).
Prima di esaminare la disciplina della competenza nel processo tributario, occorre brevemente ricordare che il principio stabilito dall’art. 5 del c.p.c., trova applicazione anche nel
processo tributario in forza del rinvio di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. del 1992 n. 546, non
essendovi nel medesimo alcuna disposizione al riguardo e non essendovi incompatibilità tra
l’art. 5 c.p.c. e le altre norme del processo tributario.
Sulla competenza in generale si vedano Chiovenda G., Istituzioni di diritto processuale civile, II, Napoli, 1936,
140; Rocco U., Competenza civile, in Nov.dig.it, III, Torino,1959, 149; Liebman E. T., Manuale di diritto processuale
civile, I, Milano, 1992, 50; Mandrioli C., Corso di diritto processuale civile, I, Torino, 2005, 216.
Così Gionfrida G., Competenza in materia civile, in Enc.dir., VIII, Milano, 1961, 42 ss; Mandrioli C., cit., 217; Santulli R. - Acone M., Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. giur., VII, Roma, 1988, 2.
Così Liebman E. T., cit., I, 50. In giurisprudenza v. Cass., sez. civ., 20 gennaio 1979, n. 460; Cass., sez. civ., 5 novembre 1985, n. 5361; Cass., sez. civ., 9 luglio 1996, n. 6239; Cass., sez. civ., 23 febbraio 1998, n. 1941; Cass., sez.
civ., 11 ottobre 2002, n. 14559, in banca dati Fisconline.
Secondo quanto previsto dagli artt. 7 – 30 bis del codice di procedura civile.
In tal senso vedi Consolo C. - Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, cit., 5; Finocchiaro
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SEZIONE I - IL GIUDICE E LA GIURISDIZIONE
Di talché la competenza, come la giurisdizione, si determina con riguardo “alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno
rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo”.
Per determinare il giudice tributario competente occorre dunque aver riguardo alla norme
e alla stato di fatto esistente al momento della notifica del ricorso all’Ufficio impositore o al
concessionario del servizio di riscossione.
Nell’ordinamento delle Commissioni rileva solo il criterio territoriale di determinazione
della competenza, non essendo previsto né il criterio per materia né quello per valore.
Come si vedrà, questa unicità di criterio comporta una notevole semplificazione sotto il
profilo dell’applicazione pratica, posto che la competenza delle Commissioni di prima istanza
è determinata su base provinciale in relazione alla sede dell’ufficio o ente resistente, mentre
la competenza delle Commissioni tributarie regionali è consequenziale rispetto alle prime, in
quanto sono competenti a conoscere delle impugnazioni proposte avverso le decisioni delle
Commissioni provinciali aventi sede nell’ambito della regione.
La natura essenziale e imprescindibile del collegamento tra le commissioni tributarie e l’ufficio finanziario impone, come meglio si dirà infra, di qualificare la competenza per territorio
come inderogabile e funzionale.
2. Il criterio di determinazione della competenza delle Commissioni Tributarie
La norma da cui occorre prendere le mosse per delineare i criteri di distribuzione della competenza ratione territorii delle Commissioni è l’art. 4, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il cui
primo comma prevede che le Commissioni tributarie provinciali “sono competenti a giudicare
le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero
delle finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che
hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia è proposta nei confronti di un centro
di servizio è competente la Commissione tributaria nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al
quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso”.
Occorre, dunque, aver riguardo alla sede degli uffici tributari nei cui confronti è proposta
l’impugnazione dell’atto da questi emanato od a questi richiesto; competente sarà la commissione del capoluogo della provinciaove hanno la sede legale i soggetti anzidetti.
La verifica territoriale di tale competenza è resa ancora più agevole dalla modificata sfera di
competenza territoriale delle commissioni di prima istanza, estesa all’ambito della intera provincia, mentre, nel sistema previgente, la sfera territoriale di ciascuna commissione di primo
grado era determinata dalle sedi e dalle circoscrizioni dei tribunali.
A. - Finocchiaro M., Commentario al nuovo contenzioso tributario, cit., 62; Scuffi M., L’incompetenza, in Il nuovo
processo tributario, Gilardi G. - Loi U. – Scuffi M. (a cura di), Milano, 1997, 5; In giurisprudenza Cass,. sez. unite,
5 maggio 2003, n. 6774; Cass., sez. unite, 23 febbraio 1999, n. 95.
Nel rito tributario il richiamo al valore della lite è presente solo in tema di assistenza tecnica ex art. 12, comma
5, D.Lgs. 546 del 1992 e con riferimento alle attribuzioni transitoriamente conferite ai giudici singoli ex art. 72,
comma 1 bis, D.Lgs. del 1992, n. 546. Vedi in argomento Glendi G., La competenza delle commissioni tributarie,
in Corr.trib., 2001, 1113 ss.
L’art. 1, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, al primo comma dispone che “ Gli organi di giurisdizione in materia
tributaria previsti dal Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, sono riordinati in commissioni tributarie provinciali, aventi sede nel capoluogo di ogni provincia ed in commissioni tributarie regionali, aventi
sede nel capoluogo di ogni regione”.
In particolare, dai più ristretti ambiti delle Commissioni distrettuali si era già passati, con l’art. 2 del D.p.r. 26
ottobre 1972, n. 636, alle Commissioni tributarie di primo grado, aventi sede e competenza territoriale coincidente con quelli dei tribunali. Per effetto dell’art. 1, D.Lgs. del 31 dicembre 1992, n. 545 tale ambito territoriale
è stato ulteriormente ampliato, posto che la cognizione delle Commissioni provinciali attualmente coincide
CAPITOLO 4 - LA COMPETENZA
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Sulla determinazione della competenza del giudice tributario, correlata alla localizzazione
dell’ufficio avverso il quale si propone ricorso, non influisce il vizio di competenza dell’ufficio
impositore, in ordine alla emissione dell’atto (o silenzio) impugnato. Occorre infatti distinguere tra competenza dell’organo giudicante, determinata dalla sede dell’ufficio impositore, e
competenza dell’organo amministrativo; la prima rileva a fini processuali, la seconda sul piano
della validità dell’atto impugnato.
Se viene proposto ricorso a seguito del silenzio opposto dall’Amministrazione finanziaria ad
una istanza di rimborso, la competenza a conoscere del ricorso spetta sempre alla Commissione
tributaria nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale l’istanza stessa è stata presentata e
che con il silenzio l’ha implicitamente rigettata, poiché, anche in caso di incompetenza dell’organo finanziario adito, si radica un procedimento amministrativo e sorge il dovere del destinatario di pronunciarsi sull’istanza, pur se al limitato fine di declinare la propria competenza10.
Neppure ha rilievo ai fini della competenza del giudice adito, trattandosi invero di questione attinente alla proponibilità della domanda, stabilire se il provvedimento denunciato rientri
o meno tra quelli impugnabili11.
Ciò premesso, sono ora necessarie alcune considerazioni circa la individuazione degli uffici
tributari nei cui confronti il ricorso deve essere proposto, posto che la norma in commento,
diversamente da quanto avveniva in passato, e per eliminare incertezze nell’individuazione
degli uffici legittimati a resistere all’azione del contribuente, li individua nominativamente,
all’art. 10, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come uffici delle entrate e uffici del territorio del
Ministero delle finanze, uffici degli enti locali, concessionari del servizio di riscossione, prevedendo, all’art. 18, comma 2, lett. c), che il ricorso deve contenere l’indicazione dell’ufficio
contro cui è proposto.
Sia le disposizioni ora richiamate, sia il primo comma dell’art. 4 del D.Lgs. n. 546 del
1992, devono però essere lette alla luce delle modifiche intervenute all’interno della struttura
organizzativa dell’Amministrazione finanziaria, per effetto del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e
successive integrazioni e modificazioni12.
con quelle che prima avevano le Commissioni tributarie di secondo grado. Cfr. Glendi C., La competenza delle
Commissioni tributarie, cit., 1113.
Cfr. Finocchiaro A. - Finocchiaro M., Commentario al nuovo contenzioso tributario, Milano, 1996, 71.
10
Cass., sez. civ., Sez. V, 28 luglio 2004, n. 14212, in Mass. giur. it., 2004.
11
In tal senso cfr. Finocchiaro A. - Finocchiaro M., Commentario al nuovo contenzioso tributario, cit., 71; Della
Valle E., La competenza, in Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, Tesauro F. (diretta da), Torino, 81.
12
Il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (“Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della
legge 15 marzo 1997, n. 59”) all’art. 73, ha disposto l’abrogazione della L. 29 ottobre 1991, n. 358, a decorrere
dalla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 58, comma 3, dello stesso D.Lgs. n. 300 del
1999, da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della L. 23 agosto 1988, n. 400. L’art. 4 del D.Lgs. n. 546 del
1992 fa quindi riferimento a uffici delle Entrate o del Territorio del Ministero delle finanze (ora Ministero dell’economia e delle finanze), come previsti dalla disciplina all’epoca vigente (L. 29 ottobre 1991, n. 358 e D.p.r.
27 marzo 1992, n. 287), ma ormai sostituiti con altri. Infatti l’art. 57 del D.Lgs. n. 300 del 1999 ha previsto l’istituzione di Agenzie fiscali (l’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia delle Dogane, l’Agenzia del Territorio e l’Agenzia
del Demanio), dotate di personalità giuridica di diritto pubblico, competenti in ordine alla gestione delle funzioni esercitate dai Dipartimenti delle Entrate, delle Dogane, del Territorio e di quelle connesse svolte da altri
uffici del Ministero. A seguito del D.M. 28 dicembre 2000 dette Agenzie sono, infine, divenute “esecutive”, con
decorrenza 1 gennaio 2001. In pratica per effetto della suddetta riforma, il Ministero delle Finanze continua
ad esercitare poteri di indirizzo, vigilanza e controllo sui i risultati di gestione delle agenzie, demandando a
queste ultime rapporti giuridici, poteri e competenze inerenti alla propria specifica attribuzione. L’Agenzia
delle Entrate, in particolare, ha competenza in merito alla amministrazione, riscossione e contenzioso di imposte dirette, indirette, tributi, entrate erariali o locali già di competenza del dipartimento delle Entrate del
Ministero delle Finanze, o ad esse affidate. In dottrina cfr. Antico G. – Conigliaro M. – Farina M., Il Contenzioso
Tributario, Milano, 2006, 100.
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SEZIONE I - IL GIUDICE E LA GIURISDIZIONE
In particolare, dal 1° gennaio 2001, sono entrate in funzione le Agenzie fiscali (Agenzia
delle entrate, Agenzia delle dogane, Agenzia del territorio e Agenzia del demanio), dotate di
personalità giuridica di diritto pubblico, a cui sono state demandate i compiti “di amministrazione attiva” prima spettanti al Ministero delle Finanze, con la conseguenza che le gli uffici
locali delle agenzie sono le nuove controparti legittimate a stare in giudizio.
Il riformato assetto organizzativo dell’Amministrazione finanziaria ha visto la soppressione
anche dei Centri di servizio13, le cui funzioni sono ora di competenza degli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate.
Tale mutamento soggettivo non ha però inciso sull’applicazione del criterio di attribuzione
della competenza della Commissione provinciale in funzione della localizzazione dell’ufficio
finanziario al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso, ai sensi dell’ultima parte
dell’art. 4, primo comma, D.Lgs. del 1992, n. 546.
In pratica, in caso di impugnazione di un atto14 emanato da un Centro di servizio (poi soppresso), il ricorso avverso quest’ultimo deve essere non solo intestato, ma anche direttamente
spedito all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente per il rapporto controverso, anziché
al soppresso Centro di servizi, osservando la speciale procedura di cui all’art. 10 D.p.r. 28 novembre 1980, n. 787.
Il rapporto processuale, conformemente a quanto previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, continua ad instaurarsi nei confronti dell’ufficio fiscale titolare del tributo in
contestazione, soggetto passivamente legittimato e ad oggi anche il destinatario del ricorso,
onde il riferimento alla sede di quest’ultimo si palesa come unico criterio per determinare la
competenza territoriale della Commissione adita15.
Quanto, poi, agli atti emessi dagli enti locali, il cui riferimento va inteso come relativo ai
tributi comunali, provinciali ed anche a quelli delle regioni16, non presenta particolari difficoltà
il criterio per l’individuazione della commissione tributaria competente, in quanto la competenza della commissione è determinata dalla sede dell’ente che ha emesso l’atto impugnato.
Si è ritenuto in giurisprudenza che, qualora il Comune affidi in concessione il servizio di
accertamento e di riscossione di un tributo, la competenza a decidere il ricorso proposto contro
l’avviso di accertamento emesso dal concessionario spetta alla Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede il concessionario, e non a quella della provincia in cui è
ubicato il Comune concedente17.
13
A seguito dell’istituzione delle Agenzie fiscali ex art. 57 del D.Lgs. n. 300 del 1999, i Centri di servizio sono
stati soppressi con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 7 dicembre 2001, alle date di seguito indicate: 31
dicembre 2001, Milano, Palermo, Pescara, Roma e Venezia; 30 aprile 2002, Bologna e Salerno; 30 giugno 2002,
Cagliari, Genova, Torino e Trento; 31 dicembre 2002, Bari (cfr. punto 1.1. del citato provvedimento 7 dicembre
2001). Le attività già svolte dai Centri di servizio sono state quindi attribuite agli uffici locali o distrettuali delle
imposte dirette dell’Agenzia delle Entrate (cfr. punto 1.2. del citato provvedimento 7 dicembre 2001) e ai “centri
operativi di Pescara e Venezia” di nuova istituzione (cfr. punto 2 del citato provvedimento 7 dicembre 2001).
14
Iscrizioni a ruolo o dinieghi di rimborso ex art. 10 D.p.r. 28 novembre 1980, n. 787.
15
La disposizione di cui al comma 1 dell’art. 4 del D.Lgs. n. 546 del 1992 secondo la quale quando “la controversia è proposta nei confronti di un centro di servizio è competente la commissione tributaria provinciale nella
cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso”, aveva introdotto
una opportuna modifica, dal momento che fin dall’emanazione della disciplina di cui all’art. 10 del D.p.r. 28
novembre 1980, n. 787, riguardante i ricorsi contro le iscrizioni a ruolo formate dai centri servizio ed i provvedimento di rimborso dagli stessi adattati era previsto che, laddove il ricorso non venisse riconosciuto fondato
dai centri suddetti, il contenzioso dinanzi alla commissione tributaria di primo grado fosse coltivato dall’ufficio
finanziario competente. Tale ufficio, originariamente, era esclusivamente quello delle imposte dirette nella cui
circoscrizione si trovava il domicilio fiscale del contribuente alla data di presentazione della dichiarazione dei
redditi o a quella in cui quest’ultima avrebbe dovuto essere presentata. Al riguardo, v. Miccinesi S - Baglione T.
– Menchini S., Il nuovo processo tributario, Milano, 53.
16
v. Circolare del Ministero delle finanze 23 aprile 1996, n. 98/E.
17
Cass., sez. civ., Sez. V, 13 agosto 2004, n.15864, in Giur. it., 2005, 2219.
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3. Il concessionario del servizio di riscossione e la competenza sui rimborsi
La regola secondo cui la competenza delle commissioni tributarie dipende dalla sede dell’ufficio che ha emesso l’atto impugnato trova applicazione anche per le controversie relative
agli atti emanati dal concessionario del servizio di riscossione (ora, agente della riscossione),
qualora si facciano valere vizi relativi alla compilazione, intestazione o notifica dell’avviso di
mora o della cartella di pagamento.
Ciò trova puntuale conferma nel “combinato disposto” di cui all’art. 4, comma 1, e art. 10,
comma 1, D.Lgs. 546 del 199218, laddove si prevede che nei confronti degli atti emanati dal
concessionario del servizio riscossione la competenza è da attribuirsi alla commissione tributaria nella cui circoscrizione ha sede il suddetto concessionario19.
Tuttavia le incertezze che sul punto erano sorte in passato con riferimento alla normativa
previgente non sono state ancora completamente superate, pur se sono in parte diversi i termini della questione.
In particolare, nella vigenza del D.p.r. n. 636 del 1972, si era posto il problema della individuazione della commissione competente per territorio in ordine alle controversie aventi ad
oggetto l’avviso di mora, atteso che taluni ritenevano rilevante la sede dell’esattore, mentre
altri ritenevano che si dovesse tener conto della sede dell’ufficio finanziario chiamato a gestire
il rapporto tributario.
La questione era stata risolta nel primo senso, per i ricorsi proposti contro l’esattore, in
quanto autore dell’atto impugnato nonché sostituto processuale dell’ente impositore20. Si riteneva dunque che la Commissione territorialmente competente era da individuare in relazione
alla sede dell’esattore21.
La problematica sopra indicata continua tuttora a porsi sotto altro profilo, e cioè con riguardo al concessionario del servizio di riscossione e con riguardo alla impugnazione degli atti
della riscossione promananti dal concessionario (ora, agente)22.
Un primo orientamento ritiene che il concessionario-agente non sia legittimato passivo, né
da solo, né assieme all’ufficio finanziario, in quanto gli atti formalmente riferibili al concessionario o agente devono essere imputati all’ufficio dell’Agenzia delle entrate, a nulla rilevando la
circostanza che l’art. 4 D.Lgs. del 1992, n. 546 indichi a sede del concessionario come criterio
di determinazione della competenza della commissione23.
18
Il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l’atto impugnato viene considerato parte del processo
tributario. In tal senso vedi Glendi C., La competenza delle commissioni tributarie, in Corr.trib., 2001, 1113 ss.
19
Occorre inoltre ricordare che l’art. 19 del decreto delegato contempla tra gli atti impugnabili la cartella di
pagamento, atto del concessionario, separatamente dal ruolo la cui formazione spetta all’Ufficio. L’irregolarità
e invalidità di tale atto esecutivo, dunque, deve essere fatta valere dinanzi la Commissione competente in ragione della sede del concessionario del servizio di riscossione che ha emanato e notificato la cartella stessa.
20
Secondo quanto disposto dall’art. 77, D.p.r. 15 marzo 1963, n. 858, l’esattore nelle liti promosse contro di lui,
che non riguardavano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, doveva chiamare in causa
l’ente impositore, rispondendo in mancanza delle conseguenze della lite.
21
In tal senso vedi Glendi C., Commentario breve alle leggi del processo tributario, cit., 40. In giurisprudenza
Comm. Trib. I grado Verbania, 14 ottobre 1985, in Corr.trib., 1986, 3168. In senso contrario, Bafile C., L’avviso di
mora come atto impugnabile, in Dir.prat.trib., 1983, I, 121.
22
Comm. Trib. Prov. Milano, sez. VIII, 11 febbraio 2004, in Dir.prat.trib., II, 2004, 1072, in relazione ad un ricorso
congiuntamente proposto avverso la cartella di pagamento ed il ruolo di riscossione, va dichiarata l’incompetenza di questa Commissione tributaria, limitatamente alle denunzie di vizi propri della cartella, rispetto ai
quali legittimato passivo è solo il concessionario della riscossione avente sede fuori della propria circoscrizione
territoriale, ed indicata competente la Commissione nella cui circoscrizione, invece, ha sede il predetto concessionario, con assegnazione del termine per la riassunzione, in parte qua, del processo avanti quest’ultima.
23
In tal senso v. Finocchiaro A. - Finocchiaro M., Commentario al nuovo contenzioso tributario, cit., 73; Bafile C., Il
nuovo processo tributario, Padova, 1993, 51 ss., ancora oggi sostiene, dopo avere espresso il suo convincimento
che nell’ambito tributario non si può profilare una competenza duplice o alternativa, che ai fini della compe-
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SEZIONE I - IL GIUDICE E LA GIURISDIZIONE
Una seconda corrente di pensiero individua il concessionario del servizio di riscossione
quale parte in senso sostanziale del processo tributario esclusivamente nelle liti concernenti la
regolarità e la validità degli atti a lui direttamente riferibili24.
Vi è infine un terzo orientamento, che pone l’accento sulla circostanza che la legittimazione passiva spetta al concessionario per tutti gli atti della riscossione, compresi quelli non
formati dal concessionario, che però dovrebbe chiamare in causa l’ente impositore; in caso di
non intervento, il concessionario avrebbe l’onere di difendere l’atto impugnato come sostituto
processuale dell’ufficio25.
Un punto fermo è comunque che, rispetto agli atti emanati dal concessionario del servizio
di riscossione, la competenza deve attribuirsi alla commissione tributaria nella cui circoscrizione ha sede il suddetto concessionario.
Infine, sempre in riferimento alla precedente disciplina processuale, si era discusso se la
competenza dovesse spettare, in caso di diniego (esplicito o tacito) di rimborso26, alla commissione dove aveva sede l’intendente di Finanza presso cui era stata presentata l’istanza di
rimborso ovvero alla commissione nella cui circoscrizione aveva sede l’Ufficio delle imposte
competente ai fini dell’accertamento (ed il contribuente aveva il proprio domicilio fiscale).
La questione deve ritenersi ora superata, avendo la giurisprudenza statuito che “la competenza non può che appartenere alla commissione tributaria nella cui circoscrizione ha sede
l’ufficio finanziario che quel provvedimento ha reso, ossia l’intendenza di finanza, a nulla rilevando, sotto questo profilo, che il rapporto sia stato in precedenza curato dall’ufficio competente per l’imposta in contestazione”27. Inoltre, le Intendenze di finanza sono state soppresse;
le relative competenze, dapprima trasferite alla Direzione regionale delle entrate, appartengono oggi agli uffici locali dell’Agenzie delle entrate, con tutte le conseguenze che da tali mutamenti sono derivate in ordine alla competenza delle Commissioni.
tenza, non è giammai rilevante la sede del concessionario della riscossione e ciò neppure nei giudizi aventi ad
oggetto l’impugnazione di un ruolo, essendo quest’ultimo un atto riferibile unicamente all’Ufficio tributario,
rispetto al quale il concessionario si limita a compiere un’operazione meramente esecutiva di notifica della
cartella di pagamento.
24
In tal senso vedi Circ. min. 18 dicembre 1996, n. 291/E, in Corr.trib., 1997, 129; Circ. min 23 aprile 1996, n.
98/E, ivi, 1996, 1667; Voglino A., L’incerta veste del concessionario del servizio di riscossione nel nuovo processo
tributario, in Boll. trib., 1996, 1368; Della Valle E., La competenza, in Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, Tesauro F. (diretta da), Torino, 81.
25
Secondo Glendi C., Aspetti sostanziali e processuali della c.d. chiamata in causa dell’ente impositore da parte
dell’esattore, in Dir.prat.trib., 1974I, 9 ss., la chiamata in causa dell’ente impositore costituisce una mera provocazione ad un intervento adesivo da parte dell’ente impositore stesso, libero, per l’appunto, di intervenire o
di non intervenire. Si vuol dire, in altri termini, che, ove sia disposta la sua chiamata in causa, l’ente impositore
potrà intervenire o non intervenire; in quest’ultimo caso, comunque, senza gravi conseguenze, essendo pur
sempre il concessionario onerato della difesa sua e dello stesso ente impositore.
26
In materia di rimborso ai sensi dell’art. 37 D.p.r. n. 602 del 1973 l’istanza doveva essere presentata all’Intendenza di Finanza della Provincia dove il contribuente assoggettato a ritenuta diretta aveva il domicilio fiscale o
ai sensi dell’art. 38 dello stesso decreto secondo cui la relativa istanza doveva essere presentata all’intendenza
di Finanza nella cui circoscrizione aveva sede l’esattoria presso la quale era stato eseguito il versamento.
27
Cass., sez. Unite, 16 gennaio 1986, n. 210, ha affermato il seguente principio: nella disciplina del contenzioso
tributario di cui al D.p.r. 26. ottobre 1972, n. 636, l’azione del contribuente diretta ad ottenere il rimborso
di somme indebitamente corrisposte si traduce nell’impugnativa del provvedimento, esplicito od implicito,
di rifiuto di rimborso, reso dall’Amministrazione sull’istanza e spetta, ai sensi dell’art. 2, alla commissione
tributario nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio che quel provvedimento ha adottato, restando in proposito
irrilevante che sia eventualmente diverso l’ufficio competente sul rapporto tributario.
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4. Le commissioni tributarie regionali
L’esame della competenza delle commissioni tributarie regionali si presenta meno articolato. L’ultimo comma dell’art. 4 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 dispone che le commissione
regionali “sono competenti a conoscere delle impugnazione relative alle sentenze emesse dalle
commissioni provinciali che hanno sede nella loro circoscrizione”.
La commissione regionale competente è dunque quella nella cui regione ha sede la commissione provinciale che ha emesso la sentenza appellata. Trattasi di competenza funzione e
inderogabile, che esclude l’applicabilità di altri criteri28.
5. L’incompetenza
Passiamo ora alla disamina dell’art. 5, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che al primo comma
dispone espressamente l’inderogabilità della competenza territoriale delle commissioni tributarie.
Come anticipato, l’inderogabilità trova la propria giustificazione nel collegamento essenziale che esiste tra le commissioni tributarie e l’ufficio finanziario, collegamento che agevola
l’esercizio delle funzioni giurisdizionali29.
Da questa precisa enunciazione deriva, inoltre, quale imprescindibile corollario, che il contribuente e gli uffici non possono accordarsi preventivamente in ordine all’individuazione di
una commissione tributaria dinanzi alla quale proporre ricorso, diversa da quella competente
in base alle norme vigenti. L’accordo sarebbe privo di valore rispetto al giudice adito ed anche
rispetto alla parti, in nessun modo tenute a rispettarlo30.
Altra immediata e diretta conseguenza della indisponibilità del foro è la rilevabilità, anche
d’ufficio, della incompetenza territoriale delle commissioni entro il limite temporale di cui
al comma 2 dell’art. 5 D.Lgs. del 1992 n. 546 e cioè nell’ambito del grado al quale il vizio si
riferisce.
Dunque la carenza di competenza della commissione adita può essere indiffe–rentemente
eccepita dalle parti o rilevata ex officio dalla stessa, soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce, cioè in qualsiasi momento del giudizio avanti la Commissione provinciale o regionale alla
quale si ricollega la dedotta incompetenza31. Ne consegue che l’incompetenza, se non rilevata
innanzi alla commissione tributaria ritenuta incompetente, non è rilevabile nei successivi gradi del giudizio e la sentenza che verrà emessa non potrà più essere impugnata per difetto di
competenza32.
28
Si segue un criterio territoriale anche per individuare la Commissione tributaria regionale competente per
l’appello; è infatti competente la Commissione nella cui regione ha sede la Commissione provinciale che ha
pronunciato la sentenza appellata. Cfr. Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario, cit., 258.
29
Cfr. Circ. Min. fin. 23 aprile 1996, n. 98/E; in dottrina Tomasicchio T., Manuale del contenzioso tributario, Padova, 1986, 61.
30
Sotto questo profilo si evidenzia una diversità tra la disciplina del processo tributario e quella del processo
civile, dove la competenza territoriale è, viceversa, derogabile entro i larghi margini previsti dall’art. 28 c.p.c.
e nelle forme e con gli effetti di cui all’art. 29 stesso codice. In tal senso Glendi C., Inderogabilità e inosservanza
delle regole sulla competenza, in Corr.trib. 21, 2001, 1565.
31
Il limite temporale è dato sempre dall’esaurimento del grado svoltosi davanti alla commissione della cui competenza si tratta, che ha luogo precisamente con la pubblicazione della sentenza che chiude il grado del processo stesso. Cfr Glendi C., Inderogabilità e inosservanza delle regole sulla competenza, in Corr.trib. 21, 2001, 1565.
32
Cfr. Finocchiaro A. - Finocchiaro M., Commentario al nuovo contenzioso tributario, cit., 80. Solo la parte che
abbia sollevato la relativa eccezione in primo grado e che, avendola coltivata fino al passaggio in giudicato
in decisione della causa, l’abbia vista disattes o respinta, è legittimata a riproporla in sede di gravame, atteso
che nei confronti della parte che non abbia sollevato autonomamente l’eccezione in primo grado o non si sia
associata a quella sollevata da altri, opera la preclusione di cui all’art. 5, comma 2 in esame.
120
SEZIONE I - IL GIUDICE E LA GIURISDIZIONE
Per converso, l’eccezione puntualmente sollevata nel grado al quale si riferisce la questione, ove respinta, potrà essere riproposta nel grado successivo tra i motivi di gravame.
Con tale disposizione è stata adottata una soluzione di compromesso tra il regime di rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quale era prevista nel contenzioso tributario
previgente, e un regime di rilevabilità d’ufficio non oltre la prima udienza di trattazione, quale
previsto nel primo comma dell’art. 38 c.p.c., difficilmente adattabile alla struttura del processo
tributario33.
In ordine alle conseguenze della rilevabilità della incompetenza entro il grado in cui il vizio si
riferisce, occorre ricordare che le parti possono formulare l’eccezione fino a quando è consentito
loro di svolgere attività processuale e quindi non oltre la pubblica udienza. Il giudice può rilevare
l’incompetenza con la sentenza che definisce il procedimento.
Inoltre, la natura inderogabile e la rilevabilità d’ufficio della competenza implicano che
l’eccezione di parte non si palesa in realtà come una eccezione in senso proprio, ma come atto
diretto a sollecitare l’officium iudicis.
Ne consegue che non trovano applicazione i principi, ai fini dell’ammissibilità dell’eccezione, circa l’obbligo dell’eccipiente di indicare quale sia il giudice competente, indicazione ritenuta obbligatoria in ipotesi di competenza territoriale derogabile; dunque la sola formulazione
dell’eccezione di incompetenza obbliga la commissione a deciderla34.
Infine occorre ricordare che l’eccezione di incompetenza non può essere dedotta in via
meramente gradata rispetto alla richiesta di accoglimento o di rigetto delle domande di merito
giacché la pronuncia di merito chiesta in via principale presuppone in concreto la competenza
del giudice adito ed è dunque incompatibile con la deduzione dell’incompetenza.
Ne consegue che l’eccezione formulata in tali termini deve ritenersi come non proposta35.
6. Gli effetti della dichiarazione di incompetenza
L’art. 5, comma 3 e 5, D.Lgs. del 1992 n. 546, dispone che “la sentenza della commissione
tributaria che dichiara la propria incompetenza rende incontestabile l’incompetenza dichiarata
e la competenza della commissione tributaria in essa indicata. (…) Se la riassunzione avviene
nei termini (…) il processo continua davanti alla nuova commissione , altrimenti si estingue”.
Nel processo tributario, dunque, la commissione adita, se si reputa incompetente, è tenuta
a dichiarare la propria incompetenza con sentenza e ad indicare altresì la commissione competente; quest’ultima, adita a seguito della designazione, non ha il potere di declinare la propria
competenza ed indicare a sua volta altra commissione, con la conseguenza che se il processo
viene tempestivamente riassunto, essa ha l’obbligo di statuire sulla controversia assegnata in
via definitiva ed irretrattabile alla sua cognizione.
Inoltre la nuova competenza e di conseguenza anche l’incompetenza dichiarata divengono
incontestabili, cosicché nel giudizio riassunto non sarà più possibile, né per il giudice né per le
33
La pedissequa trasposizione della norma processualcivilistica nel contenzioso tributario non sarebbe stata
agevole posto che la prima udienza è di regola anche quella conclusiva del relativo grado di giudizio, di talché
non appare censurabile la scelta effettuata dal legislatore delegato di consentire la rilevabilità dell’eccezione
di incompetenza in tutto il corso dello svolgimento del grado del processo cui l’eccezione medesima attiene.
In tal senso Finocchiaro A. – Finocchiaro M., Commentario, cit., 79; Consolo C. - Glendi C., Commentario breve alle
leggi del processo tributario, cit., 338; Miccinesi M., L’incompetenza, in Il nuovo processo tributario, Commentario, Baglioni T. – Meschini S. – Miccinesi M. (a cura di), Milano, 1997,58
34
Non risulta decisiva neanche la qualificazione data dalla parte circa l’eccezione sollevata, al fine dell’individuazione dell’applicabilità del rispettivo regime di rilevabilità, dovendo il giudice procedere prima alla qualificazione dell’eccezione e poi applicare il conseguente regime di rilevabilità. Cfr. Consolo C - Glendi C., cit., 4
35
Cass., sez. civ., 6 giugno 1989, n. 2748, in Giust. civ. rep., 1989, voce Competenza civile, 33.
CAPITOLO 4 - LA COMPETENZA
121
parti, sollevare questioni di competenza o impugnare la sentenza che verrà resa in esito a detto
provvedimento invocando la violazione della norma in tema di competenza.
Le parti, quindi, a fronte di una sentenza di incompetenza, per continuare il processo,
devono riassumere la causa avanti alla commissione tributaria provinciale indicata come competente entro il termine fissato nella sentenza declinatoria della competenza o, in difetto di
siffatta indicazione, entro sei mesi dalla comunicazione della sentenza medesima36.
La riassunzione tempestiva e rituale implica la conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell’atto introduttivo del giudizio proposto dinanzi al giudice ritenutosi incompetente.
Infatti in tal caso la legge non prevede l’istituzione di un nuovo processo ab ovo, ma la
continuazione del processo originario trasferito in sede idonea. Viene in tal modo riprodotta la
regola della translatio iudicii, codificata nell’art. 50 c.p.c., per cui il processo originariamente
incardinato dinanzi ad un giudice incompetente, se tempestivamente riassunto dinanzi a quello indicato come competente, prosegue presso quest’ultimo senza soluzione di continuità.
L’atto con il quale si riassume il processo innanzi al nuovo giudice, sostanzialmente identico nella forma ad un normale ricorso, deve contenere, sulla falsariga della comparsa di cui
all’art. 125, disp. att. C.p.c., oltre ai medesimi elementi propri del ricorso che si è presentato
alla commissione incompetente, anche le determinazioni di quest’ultima in ordine alla competenza. Inoltre la riassunzione va proposta per il tramite di atto notificato contenente la manifestazione di volontà di riassumere la causa nei confronti delle altre parti costituite, presso la
sede o la residenza indicata o il domicilio eletto con riferimento alla fase del giudizio dinanzi
alla commissione tributaria risultata incompetente.
All’atto di riassunzione deve seguire la costituzione in giudizio nei modi e nei termini previsti dall’art. 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
Occorre ricordare che le parti, anziché riassumere il processo avanti al giudice designato, in
alternativa potrebbero impugnare la sentenza, proponendo appello o ricorso per cassazione, e
chiedere riforma della decisione sulla competenza37.
Infine, qualora non si proceda né alla riassunzione della lite né all’impugnazione della
sentenza, il processo si estingue secondo quanto previsto al comma 5 dell’art. 5 in esame, e il
provvedimento impugnato diventa definitivo38.
Un ultimo cenno meritano le esclusioni dei regolamenti di competenza e le disposizioni in
tema di litispendenza, continenza e connessione.
Il comma 4, dell’art. 5 D.Lgs. del 1992 n. 546 prevede espressamente l’inapplicabilità delle
norme del c.p.c. relative a tutti i regolamenti di competenza (necessario, facoltativo e d’ufficio), ciò in quanto tali disposizioni “mal si adattano alla struttura del processo tributario e ai
nuovi contenuti margini di rilevabilità dell’incompetenza, costituendo invece pericolosi strumenti di tattiche dilatorie, che si rifletterebbero nel caso anche sul sistema della riscossione
frazionata dei tributi”39.
Infine si ritiene che le modificazioni della competenza per ragioni di connessione (art. 40
c.p.c.), continenza e litispendenza (art. 39 c.p.c.) possano trovare applicazione nel processo
tributario40.
36
Rectius del suo dispositivo, a norma dell’art. 37, comma 2, del D.Lgs. n. 546.del 1992.
Cfr. Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario, cit., 259; in tal caso l’adita commissione tributaria regionale
rimette la causa alla commissione tributaria provinciale che ha emesso la sentenza impugnata quando dichiara
la competenza declinata.
38
Nel processo civile l’estinzione del processo non estingue l’azione. L’estinzione del processo tributario determina, invece, la definitività dell’atto impugnato; non è possibile, essendo decorso il termine per impugnare,
riproporre il ricorso. In tal senso Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario, cit., 259.
39
Relazione ministeriale allo schema di decreto n. 546 del 1992.
40
Cfr. Scuffi M., L’incompetenza, in Il nuovo processo tributario,cit., 39.
37