4.Analizzare gli errori degli apprendenti di lingua non materna

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4.Analizzare gli errori degli apprendenti di lingua non materna
Emanuele Casani © 2014
Analizzare gli errori in lingua non materna
Emanuele Casani
Specialista in didattica, testing e valutazione dell’italiano L2/LS
L’articolo costituisce un primo avvicinamento alla metodologia di analisi dell’errore linguistico,
spiegando cosa sono gli errori e gli sbagli, le ragioni e i benefici della loro analisi e i fattori di
variabilità e di potenziale rischio che vi intervengono.
1. Errori e sbagli
Quando si osservano le produzioni degli apprendenti di una L2, la presenza di errori ci segnala lo
scarto fra la produzione dell’apprendente e una corrispondente produzione giudicata appropriata e
normale per un parlante nativo: nell’individuare gli errori non facciamo altro che confrontare
l’enunciato prodotto da un apprendente col corrispondente che ci aspettiamo nella stessa circostanza
da un parlante nativo.
Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (cap.6.5), riferendosi agli studi sull’errore
di Corder (1967, 1974, 1981) e sull’interlingua di Selinker (1969, 1972, 1992), distingue gli errori
dagli sbagli, specificando che gli errori sono dovuti all’interlingua, ovvero a una rappresentazione
semplificata e distorta della competenza verso la quale si tende. Quando fa errori, l’apprendente
adegua la propria prestazione alla propria competenza, che ha caratteristiche differenti dalle norme
della L2 (Corder 1967).
Gli sbagli, detti anche errori di produzione invece, si verificano quando chi usa o apprende la lingua
non riesce ad attivare le proprie competenze nel momento dovuto, come fa un parlante nativo
(Consiglio d’Europa 2002). Ciò non toglie che anche un parlante nativo colto può commettere
occasionalmente degli sbagli nella produzione, a causa della stanchezza, dell’emozione, della
distrazione. Queste cause non riguardano la competenza nella lingua, ma l’esecuzione di un singolo
enunciato. Ciò significa che una caratteristica peculiare degli errori è quella della sistematicità, al
contrario della casualità che contraddistingue invece gli sbagli. Inoltre chi usa la lingua non è in grado
di correggere intenzionalmente da solo i propri errori, come invece può fare benissimo con gli sbagli,
semplicemente attraverso la ripetizione della forma corretta del proprio enunciato.
Dunque l’errore ci offre una vasta gamma di informazioni riguardo alle caratteristiche
dell’apprendente (può essere la prova che egli vuole comunicare anche a costo di correre errori) e
delle modalità d’apprendimento/insegnamento (può essere la prova di un insegnamento o di uno studio
non efficace) (Consiglio d’Europa 2002).
Tuttavia, proprio per la sue caratteristiche di inevitabilità, anche all’interno delle produzioni native,
e di transitorietà, la caratteristica più preziosa dell’errore è di essere una fonte insostituibile di indizi
per capire a che punto si trova l’apprendente nel suo processo di apprendimento e quali ipotesi stia
sviluppando sulla lingua che apprende.
2. Perché analizzare gli errori degli apprendenti?
L’analisi dell’errore ci permette di ottenere importanti informazioni su come la lingua viene appresa,
poiché gli errori riflettono la struttura linguistica interna degli apprendenti (Selinker 1972) e aiutano
a quantificare la conoscenza che l’apprendente ha della lingua.
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In ogni caso la valutazione della competenza di un apprendente va oltre la mera analisi degli errori,
ma tiene in considerazione vari altri aspetti, come ad esempio l’evitamento di strutture complesse,
che possono essere indicatori utili del progresso nell’apprendimento di una lingua (Yip V., 1962)
L’analisi dell’errore è comunque cruciale negli studi sull’acquisizione della seconda lingua perché
permette di osservare le produzioni reali fornendo la possibilità di spiegare come l’apprendimento
progredisce.
Inoltre l’analisi dell’errore per Ellis (2003) è importante anche perché fornisce ai ricercatori una
metodologia di studio della lingua degli apprendenti.
Un’altra ragione che giustifica l’analisi dell’errore è l’insegnamento della lingua. Nell’evoluzione dei
metodi didattici lo studio dell’errore, in un modo o nell’altro, è sempre stato centrale: gli approcci
formalistici consideravano l’errore qualcosa di negativo da sradicare a tutti i costi, agli apprendenti
erano richieste produzioni orali e scritte impeccabili. Gli approcci comunicativi si sono focalizzati
invece essenzialmente sullo sviluppo delle competenze pragmatico-comunicative e gli errori sono
stati considerati meno importanti, a meno che non compromettessero la comunicazione, e comunque
inevitabili. In altre parole si è passati da una maniacale attenzione per la forma linguistica alla
considerazione esclusiva del significato, nel primo caso a spese della comunicazione e nel secondo a
spese della qualità del messaggio. L’analisi dell’errore fornisce un punto di equilibrio fra queste due
tendenze, offrendo notevoli vantaggi per il miglioramento della pedagogia delle lingue. Questo
perché evidenzia quelle aree della lingua sulle quali il docente ha bisogno di focalizzarsi (lessico,
grammatica, conversazione, ecc.). In altre parole è l’analisi dell’errore a fornire i suggerimenti più
importanti sugli approcci, i metodi, i sillabi e i materiali da adottare (Corder 1967).
Tradizionalmente infatti i corsi di lingua si basano su una lista di argomenti adattati ai contenuti di
qualche libro di testo. Indipendentemente dalla qualità di tali testi, difficilmente però essi fanno
attenzione ai bisogni reali degli specifici utenti della lingua, i bisogni a cui essi si riferirebbero nella
loro lingua madre. Anche la stessa lingua madre degli apprendenti è ad esempio una realtà abbastanza
trascurata durante la progettazione didattica, a torto poiché essa costituisce spesso un fattore di
omogeneità e sempre e comunque la più importante esperienza linguistica nella vita degli apprendenti
stessi (Castillejos López, in stampa).
3. Variabili nell’analisi dell’errore
Nel processo di apprendimento l’errore non è più considerato dunque un demone da esorcizzare,
come decenni di grammatiche prescrittive ci avevano abituato a pensare, ma rappresenta una spia e
una risorsa per la descrizione del livello interlinguistico dell’apprendente.
Questa visione “moderna” dell’errore non è tuttavia esente da difficoltà, dato che è difficile stabilire
quale sarebbe, in ogni circostanza, una produzione accettabile per un nativo e quale non lo sarebbe:
questo perché esistono diverse norme, la norma non è condivisa da tutti i parlanti di una comunità ed
inoltre esistono diversi livelli di accettabilità, ovvero diversi criteri in base ai quali valutare se un
enunciato è appropriato o meno.
In generale si considera errore “una deviazione rispetto alla norma codificata dalla comunità
linguistica” (Dardano 1997), ma che cosa sia questa norma non è così assodato, almeno per la lingua
italiana di oggi, che si configura come un sistema quanto mai instabile e soggetto a cambiamenti,
dovuti sia a un generale ampliamento dell’uso della lingua, sia alla pressione esercitata dal parlato e
dalle varietà basse e colloquiali (cfr. Berruto 2012).
La tendenza è verso una generale semplificazione del sistema e una maggiore permissività nei
confronti di forme non standard e forestierismi e proprio per questo le valutazioni su che cosa è errore
e che cosa non lo è possono essere molto diverse .
Il primo passo da compiere nell’analisi dell’errore è senza dubbio quello di identificarlo. I criteri per
il rilevamento dell’errore possono essere molto diversi tra loro, anche secondo il contesto di
rilevamento: ciò che prescrive la grammatica spesso è in contrasto con ciò che i parlanti normalmente
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usano e considerano appropriato nella comunicazione quotidiana. Inoltre è possibile che ciò che un
parlante madrelingua capisce e accetta sia inaccettabile per un insegnante
Queste considerazioni fanno riferimento all’annoso e irrisolvibile problema della soggettività nella
valutazione delle produzioni linguistiche, di cui sono prova le evidenti differenze che emergono nella
valutazione di forme tipiche del parlato che occorrono sempre più spesso anche nello scritto. La
posizione migliore per chi analizza l’errore è dunque una certa flessibilità, che non escluda a priori
nessun criterio, ma assuma come punto di riferimento fondamentale l’utente della lingua, i suoi
bisogni linguistici, il contesto comunicativo e la situazione di valutazione (Cattana, Nesci 2004).
4. Conclusioni
Una delle principali critiche che vengono mosse al metodo di analisi dell’errore è legata
all’indeterminatezza dell’errore, problema non risolvibile perché ha a che fare con la concezione
dell’errore propria del singolo ricercatore. Errori di registro e di stile, come accennato, sono più
difficili da condividere rispetto ad altri di tipo grammaticale.
Inoltre una certa indeterminatezza può riscontrarsi proprio nel livello della correzione proposta: lo
stesso ricercatore può trovare soluzioni differenti per lo stesso errore. Ad ogni modo tale
indeterminatezza non dovrebbe scoraggiare il lavoro sull’analisi dell’errore, poiché questa
rappresenta la forma più oggettiva di osservazione dei mezzi e delle strategie che gli studenti applicano
per interpretare ed esprimere la seconda lingua.
Infatti lo studio degli errori nei grandi corpora di produzioni degli apprendenti dimostra che questi
sono certamente legati alle regole di una grammatica universale e quasi mai compiono errori senza
senso. Inoltre l’insegnamento della lingua è sempre influenzato dalla maniera in cui gli insegnanti
comprendono la lingua, ma è molto difficile che essi riescano a rendere esplicito il proprio concetto
di lingua: l’analisi dell’errore può dunque rappresentare un mezzo per raggiungere questo scopo e
introdurre gli insegnanti e i produttori di materiali didattici ad una reale conoscenza della lingua degli
apprendenti, aiutandoli a sviluppare e promuovere strumenti pedagogici appropriati ed efficaci.
Bibliografia
BERRUTO G. (2012), Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, Carocci
CASTILLEJOS LÓPEZ W. (in stampa), Error Analysis in a Learner Corpus: what are the learners’ strategies?
CATTANA A., NESCI M.T. (2004), Analizzare e correggere gli errori, Perugia, Guerra
CONSIGLIO D’EUROPA (2002), Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento,
insegnamento, valutazione, Firenze, La Nuova Italia
CORDER S.P. (1967), The Significance of Learners` Errors, International Review of Applied Linguistics, 5
DARDANO M. (1997), La nuova grammatica della lingua italiana, Bologna, Zanichelli
ELLIS R. (2003), The Study of Second Language Acquisition, UK, Oxford University Press
SELINKER L. (1969), Language transfer, in General Linguistics, IX, 2
SELINKER L. (1972), Interlanguage, International Review of Applied Linguistics, X/3
SELINKER L. (1992), Rediscovering Interlanguage, London, Longman
YIP V. (1995), Interlanguage and Learnability / from Chinese to English, USA, John Benjamins Publishing
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