Obesità e cardiopatia ischemica - Monaldi Archives for Chest Disease
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Obesità e cardiopatia ischemica - Monaldi Archives for Chest Disease
Monaldi Arch Chest Dis 2011; 76: 13-21 RASSEGNA Obesità e cardiopatia ischemica. Esiste un legame tra le malattie del benessere? Obesity and ischemic heart disease. Is there a link between wellness’ diseases? Fabio Maresca, Greta Luana D’Ascoli, Francesca Ziviello, Gianluca Petrillo, Vito Di Palma, Angelo Russo, Alessandra Grieco, Plinio Cirillo ABSTRACT: Obesity and ischemic heart disease. Is there a link between wellness’ diseases? F. Maresca, G.L. D’Ascoli, F. Ziviello, G. Petrillo, V. Di Palma, A. Russo, A. Grieco, P. Cirillo. Obesity, the most common nutritional disorder in Western countries, is usually associated to cardiovascular diseases. However, the precise molecular pathways underlying this close association remain poorly understood. Nowadays, the adipose tissue is considered as an endocrine organ able to produce substances called adipo(cyto)kines that have different effects on lipid metabolism, closely involved in metabolic syndrome, and cardiovascular risk. The increased cardiovascular risk can be related also to peculiar dysfunction in the endocrine activity of adipose tissue observed in obesity responsible of vascular impairment (including endothelial dysfunction), prothrombotic tendency, and low-grade chronic inflammation. The present review aims at providing an up-dated overview on the adipocytederived molecules potentially involved in cardiovascular pathophysiology. Keywords: adipokines, atherosclerosis, cardiovascular disease, endothelial function, inflammation, obesity. Monaldi Arch Chest Dis 2011; 76: 13-21. Dipartimento di Medicina Clinica, Scienze Cardiovascolari ed Immunologiche, Università degli Studi di Napoli Federico II. Corresponding author: Dr. Plinio Cirillo; Dipartimento di Medicina Clinica, Scienze Cardiovascolari ed Immunologiche; Università degli Studi di Napoli “Federico II”; via Sergio Pansini 5; I-80131 Napoli, Italy; Tel/fax: 081 7462235; E-mail address: [email protected] Introduzione L’obesità rappresenta sicuramente una patologia emergente ed in rapido incremento prevalentemente nei paesi industrializzati. Di fatto, essa può essere considerata una tipica “patologia del benessere” [1]. Le stime della World Health Organization indicano che al mondo più di 1 miliardo di persone sono sovrappeso e sono circa 300 milioni quelle obese [2]. Già da alcuni anni numerose evidenze epidemiologiche hanno dimostrato l’esistenza della stretta associazione esistente tra obesità addominale e lo sviluppo di malattie cardiovascolari [3, 4]. In particolare, i pazienti in cui il tessuto adiposo risulta essere abbondantemente rappresentato presentano una più alta incidenza di altri fattori di rischio cardiovascolare quali l’insulino-resistenza, l’ipertensione arteriosa e la dislipidemia [5]. Di particolare interesse è stata inoltre l’osservazione che i pazienti obesi presentano un rischio trombofilico che è 1,5 - 2,5 volte maggiore rispetto ai soggetti non obesi. Tutto ciò ha contribuito a configurare l’obesità come un fattore di rischio cardiovascolare indipendente [6]. Nonostante queste osservazioni prettamente cliniche, i meccanismi fisiopatologici responsabili dell’associazione tra patologia cardiovascolare ed obesità rimangono ancora in gran parte sconosciuti. Tuttavia, evidenze relativamente recenti hanno consentito di indicare l’infiammazione come uno dei principali meccanismi responsabili delle alterazioni metaboliche e/o vascolari riscontrabili nei pazienti affetti da obesità [7]. In tale contesto, molecole con attività citochino-simile di derivazione adipocitaria sembrano avere un ruolo particolarmente importante (Figura 1). Scopo del presente report è quello di fornire una panoramica aggiornata sulle molecole prodotte dalle cellule dal tessuto adiposo e coinvolte nella fisiopatologia cardiovascolare. Le Adipo(cito)chine Evidenze scientifiche recenti hanno consentito di reinterpretare il ruolo svolto dalle cellule che costituiscono il tessuto adiposo: gli adipociti. Queste cellule non sono più considerate soltanto come cellule di accumulo per i trigliceridi, ma sembrano essere in grado di produrre e secernere numerose molecole dotate di attività biologica, note come “adipochine” [8, 9]. Sebbene la conoscenza delle funzioni biologiche delle adipochine sia ancora parzialmente sconosciuta, è noto che esse sono coinvolte in numerosi processi fisiologici tra i quali spiccano la regolazione dell’appetito e del bilancio energetico, il metabolismo lipidico, la pressione sanguigna, la sensibilità all’insulina, l’infiammazione, l’emostasi e l’angiogenesi [10]. È noto che i pazienti obesi e/o affetti da sindrome metabolica mostrano una significativa alterazione del profilo delle adipochine plasmatiche. Tale alterazione determina una serie di eventi secondari tra i F. MARESCA ET AL. Adiponectina Figura 1. quali spicca lo sviluppo dell’alterata sensibilità all’insulina con insorgenza di insulino resistenza. Quest’ultima rappresenta uno degli eventi cardine nella fisiopatologia della sindrome metabolica [11]. Di particolare interesse è l’osservazione che, negli obesi, il tessuto adiposo muta le sue caratteristiche strutturali. Nello specifico, gli adipociti si dispongono a produrre e secernere soltanto alcune adipochine, e, dato fisiopatologicamente ancora più interessante, si assiste al progressivo reclutamento locale di cellule di tipo infiammatorio [7]. Un altro dato particolarmente interessante è rappresentato dalla differente caratterizzazione del pattern di espressione delle adipochine in rapporto alla sede di localizzazione del tessuto adiposo: il grasso viscerale in questo contesto sembra essere particolarmente attivo nella secrezione di adipochine se paragonato al grasso sottocutaneo [7]. È stato inoltre dimostrato come sia la perdita di peso, sia l’esercizio fisico siano in grado di migliorare i parametri metabolici e infiammatori modulando il profilo di secrezione delle adipochine [11, 12] Ad oggi sono state identificate numerose adipochine che possono essere suddivise in quattro gruppi: (I) adipochine che agiscono direttamente sul metabolismo, (II) adipochine con azione proinfiammatoria, (III) adipochine componenti della matrice extracellulare; (IV) adipochine con azione pro-angiogenetica e pro-mitogenica [11]. Alcune di esse però sfuggono a questo stretto schematismo e possono collocarsi trasversalmente tra più categorie. Inoltre, soltanto alcune di queste molecole sembrano avere un ruolo nella fisiopatologia cardiovascolare. 14 L’adiponectina è una proteina di secrezione composta da 247 aminoacidi; al suo interno sono inclusi un dominino globulare carbossi-terminale e un dominio amino-terminale collagenico [13]. La sua struttura per altro risulta simile a quella della proteina del complemento 1q [14]. Il gene dell’adiponectina nell’essere umano è posizionato sul cromosoma 3q27 [15]. L’Adiponectina ad oggi è l’unica adipochina nota per i suoi effetti protettivi sull’apparato cardiovascolare [16] È noto infatti da tempo che l’espressione di questa adipochina è diminuita nei soggetti obesi e in quelli con sindrome metabolica o diabete mellito. Studi recenti dimostrano nello specifico come bassi livelli di Adiponectina possano essere predittivi della presenza e del grado di aterosclerosi [17] così come essere associati alla progressione di malattia in pazienti con angina pectoris [18]. Inoltre sono disponibili recenti evidenze che dimostrano che bassi livelli di adiponectina sono associati ad una diminuita riserva di flusso coronarica in donne con coronarie indenni [19]. Questa adipochina è prodotta direttamente dagli adipociti ma, come già accennato, i suoi livelli risultano diminuiti nei soggetti obesi [20]. L’adiponectina è formata da 3 oligomeri diversi, ognuno dei quali può avere una diversa funzione biologica [21]. Adiponectina, infatti, è presente nel plasma sotto forma di complessi. I domini globulare e collagenico permettono di formare i tre oligomeri principali in cui si divide l’adiponectina circolante. Esiste infatti un oligomero a basso peso molecolare (LMW), composto in realtà da un trimero di adiponectina, un’esamero corrispondente alla frazione a medio peso molecolare (MMW), ed infine una frazione ad alto peso molecolare (HMW) formata da 12-18 molecole di adiponectina [22]. Una quarta forma poi è costituita dal trimero legato all’albumina (Alb-LMW) [23]. Nell’uomo, le forme MMW e LMW rappresentano il 25% dell’adiponectina totale, mentre la forma HMW il 50% [23]. I livelli plasmatici della HMW sono maggiormente associati all’insulino-sensibilità rispetto alle altre forme o all’adiponectina in toto, suggerendo che la forma ad alto peso molecolare rappresenti la quota effettivamente attiva [24, 25]. Sono però necessari altri studi per chiarire se le forme a medio e a basso peso molecolare, così come alcuni noti prodotti di clivaggio, abbiano effetti specifici diversi da quelli finora riscontrati. Esistono due specifici recettori per l’adiponectina noti come AdipoR1 e AdipoR2. A livello molecolare, gli effetti protettivi esercitati da questa adipochina sembrano essere determinati OBESITÀ E CARDIOPATIA ISCHEMICA. “ESISTE UN LEGAME TRA LE MALATTIE DEL BENESSERE?” dal fatto che la stimolazione dei recettori AdipoR2 incrementa il consumo di energia, aumentando l’ossidazione degli acidi grassi. In contemporanea, vengono inibiti importanti processi pro aterosclerotici come lo stress ossidativo e l’infiammazione [26]. In particolare, l’adiponectina agirebbe come antiinfiammatorio a livello delle placche aterosclerotiche sopprimendo l’espressione del Tumor Necrosis Factor (TNF)-α e di altre citochine pro-infiammatorie come IL-6 e l’interferone-c, in contemporanea con l’induzione di molecole anti-infiammatorie come l’antagonista del recettore per IL-1 [27]. Come accennato precedentemente, in vivo, l’adiponectina aumenta il consumo di energia e l’ossidazione degli acidi grassi nel fegato e nei muscoli, il che riduce il livello di trigliceridi in questi tessuti, migliorandone la sensibilità all’insulina [28]. A livello delle cellule endoteliali, l’adiponectina induce l’attivazione dell’Ossido Nitrico Sintasi Endoteliale (eNOS) e la produzione di Ossido Nitrico [29]. Riduce, inoltre, la produzione del radicali liberi dell’ossigeno, così come migliora la funzione endoteliale nei topi geneticamente modificati per sviluppare iperlipidemia ed aterosclerosi [30]. Il ruolo protettivo, svolto dall’adiponectina nei meccanismi dell’aterosclerosi è stato dimostrato in numerosi studi sperimentali. In particolare, è stato documentato che il deficit di produzione di adiponectina si associa ad un significativo incremento dell’espressione delle molecole di adesione sulla superficie delle cellule endoteliali facilitando in tal modo l’adesione dei leucociti all’endotelio vascolare [31]. Di contro, elevati livelli di adiponectina si associano alla down-regulation dell’espressione di molecole direttamente coinvolte nello sviluppo della malattia aterosclerotica come le Inter Cellular Adhesion Molecules-1 (ICAM-1), le Vascular Cellular Adhesion Molecules-1 (VCAM-1), e la E-selectina [32]. Inoltre, l’adiponectina sopprime la proliferazione delle cellule muscolari lisce [33] e dei fibroblasti avventiziali, la loro trasformazione in miofibroblasti e la seguente migrazione nell’intima [34]. Anche la trasformazione dei macrofagi in cellule schiumose [35], e l’accumulo di lipidi in queste ultime sono sensibilmente ridotti dall’adiponectina [36]. Un elegante studio sperimentale ha dimostrato che l’aumento dei livelli plasmatici di adiponectina ottenuto mediante infezione da adenovirus si associava alla significativa riduzione della progressione delle lesioni aterosclerotiche nel seno aortico in animali da esperimento [37]. Particolarmente interessante, nel complesso quadro fisiopatologico cardiovascolare, sembra essere il ruolo anti infiammatorio svolto da questa adipochina, esercitato attraverso la modulazione dell’espressione di alcune chemochine come IP-10, Mig e I-TAC che, legandosi al recettore per le chemochine CXCR3, dimostrano come l’adiponectina rappresenti anche un importante regolatore della chemotassi dei linfociti all’interno della placca aterosclerotica [38]. A conferma del ruolo protettivo svolto dall’adiponectina, esistono studi recenti che hanno evidenziato la presenza di RNA messaggero per il recettore dell’adiponectina nelle piastrine e nei megacariociti di topo, ove essa sembra esercitare un potente effetto anche come antiaggregante [39]. Leptina La Leptina è un polipeptide formato da 167 amminoacidi, codificato dal gene ob, implicato nella regolazione del peso corporeo e del bilancio energetico [40]. Numerose evidenze sperimentali e cliniche hanno dimostrato che tale peptide potrebbe essere coinvolto nella patogenesi della sindrome metabolica [41]. Infatti, elevati livelli plasmatici di leptina sono solitamente dosabili nel plasma di pazienti obesi, verosimilmente in associazione con una spiccata resistenza recettoriale per tale molecola [42]. In questo contesto, particolarmente interessante è la correlazione esistente tra obesità, elevati livelli plasmatici di leptina e patologia cardiovascolare. Diversi studi clinici hanno evidenziato come elevate concentrazioni plasmatiche di leptina si associno ad un aumentato rischio di sviluppare infarto del miocardio [43] ed ictus cerebrale [44]. Inoltre, elevati livelli sierici di leptina sono stati misurati in pazienti con infarto del miocardio con ST sovraslivellato [45]. Infine, un ampio studio prospettico riguardante la leptina ed il rischio cardiovascolare: il West of Scotland Coronary Prevention Study (WOSCOPS), ha confermato che la leptina è un predittore indipendente di eventi coronarici [46]. Questa adipochina è stata recentemente indicata come un potente marker prognostico di futuri eventi cardiovascolari in pazienti con aterosclerosi documentata angiograficamente [47]. Elevati livelli basali di leptina sono associati con incremento del rischio di morte di origine cardiaca, nuovo infarto miocardico, ictus e rivascolarizzazione coronarica, anche in pazienti non diabetici [47]. Inoltre, i livelli di leptina possono predire in qualche modo la restenosi postPTCA [48] e il rapporto leptina:adiponectina sembra essere direttamente correlato con l’entità dello spessore medio-intimale dell’arteria carotide comune, noto indice di aterosclerosi subclinica [49]. Infine, la leptina può contribuire a determinare lo sviluppo dell’ipertensione arteriosa attraverso la stimolazione del sistema nervoso simpatico suggerendo che questo peptide possa giocare un ruolo importante anche nella fisiopatologia dell’ipertensione arteriosa [50]. Accanto a questi studi clinici, esistono numerosi studi sperimentali che hanno fortemente consolidato l’ipotesi che la leptina possa essere coinvolta nello sviluppo della patologia cardiovascolare. In particolare, la leptina avrebbe un ruolo importante nei meccanismi di regolazione dell’aggregazione piastrinica [51] e di induzione della trombosi arteriosa [52, 53]. In un recente lavoro è stato infatti dimostrato come la leptina, a concentrazioni usualmente riscontrate nei pazienti ad alto rischio o con sindrome coronarica acuta, possa “attivare” le cellule endoteliali coronariche umane attraverso l’espressione sulla loro superficie di Tissue Factor (TF) e molecole di adesione (CAMs) funzionalmente attive [54]. La leptina si è dimostrata in grado di indurre l’espressione del TF anche in cellule mononucleate da sangue periferico umano [55]. Un’altra funzione della leptina particolarmente interessante in ambito cardiovascolare sembra essere rappresentata dalla sua capacità di favorire la progressione della malattia aterosclerotica. Topi geneticamente modificati per sviluppare aterosclerosi se 15 F. MARESCA ET AL. trattati con questa adipochina, presentano una più rapida progressione della malattia associata oltre allo sviluppo di numerosi calcificazioni della parete vasale, laddove si apprezza l’incremento significativo dell’espressione di alcuni marker quali l’osteocalcina e l’osteopontina [56]. Inoltre, è stato anche dimostrato che il trattamento con leptina ricombinante di topi iperlipidemici determina l’estensione significativa delle lesione aterosclerotiche e, dato interesante, riduce il tempo necessario per la formazione di trombi occludenti il lume vascolare [53]. Nel loro insieme, queste ultime osservazioni indicano come la leptina possa essere fortemente coinvolta nella fisiopatologia della progressione della malattia aterosclerotica e della sua evoluzione verso le sindromi coronariche acute. I topi omozigoti ob/ob (deficitari per la produzione di leptina) e geneticamente modificati per sviluppare aterosclerosi, nonostante quest’ultima caratteristica, sviluppano meno malattia rispetto agli stessi animali con normale produzione di questa adipochina. L’analisi istologica in questi animali evidenzia che la maggior parte delle lesioni aterosclerotiche nei topi carenti in leptina e iperlipidemici non progredisce oltre lo stadio iniziale della “stria lipidica”, mentre quelle in topi solo iperlipidemici si configurano maggiormente come placche avanzate [57]. Infine, ad indicare la stretta relazione esistente tra adipochine ed infiammazione nella fisiopatologia cardiovascolare, la leptina, in un modello in vitro, si è dimostrata in grado di stimolare la produzione di proteina C reattiva (PCR) in cellule endoteliali coronariche umane attraverso l’induzione di stress ossidativo [58]. Considerando che la PCR sembra essere direttamente coinvolta nei fenomeni di trombosi vascolare [59], questa osservazione consente di definire un forte legame tra adipochine e sindromi coronariche acute. scare anche i meccanismi coinvolti nell’infiammazione [60]. In aggiunta, i livelli plasmatici di resistina sembrano essere strettamente correlati con altri markers di infiammazione come il TNF-α, il recettore solubile per il TNF-α di tipo 2 e l’interleukina 6 [62-64]. Particolarmente interessante è l’osservazione che i pazienti con sindrome coronarica acuta presentano livelli plasmatici di resistina significativamente più elevati rispetto ai pazienti con angina stabile da sforzo e rispetto ai controlli sani [65]. È stato poi anche dimostrato come la resistina possa essere un fattore predittivo di aterosclerosi coronarica nell’uomo, in maniera indipendente dalla Proteina C-reattiva [62-64]. Infine, la resistina sembra essere correlata con i livelli plasmatici dei biomarkers di danno cardiaco ed è stata proposta come marker di severità del danno ischemico [66]. Recenti evidenze sperimentali hanno indicato che la resistina è in grado di indurre l’espressione di molecole di adesione e la produzione di alcune citochine in cellule endoteliali umane [67]. Inoltre, la resistina sembra essere in grado di influenzare l’espressione proteica di PI3Kp85α, di stimolare il rilascio dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-1), del fattore di von Willebrand e dell’endotelina [68]. Parallelamente, la resistina inibirebbe l’espressione della eNOS, favorendo quindi la disfunzione endoteliale. Infine, studi recenti hanno evidenziato come la resistina sia in grado di favorire la proliferazione e la migrazione delle cellule muscolari lisce attraverso l’attivazione delle chinasi ERKs e di PI3K (fosfatidilinositolo3-chinasi) [69, 70]. In un recentissimo studio in vitro è stato anche dimostrato come la resistina induca in cellule coronariche umane la sintesi e l’espressione di Tissue Factor attivo [71], molecola centrale nella fisiopatologia della trombosi intracoronarica. Resistina Tumor Necrosis Factor-α (TNF-α). La resistina è una proteina ricca di cisteina di 12,5 kDa, formata, nell’uomo, da 108 aminoacidi di cui 17 formano la sequenza segnale N- terminale, 37 la porzione variabile e i restanti la zona costante al C- terminale. Il suo gene è sito sul cromosoma 19. Oggi è accertato che esiste una famiglia di molecole simili alla resistina (Resistin-like molecole, RELMs). Questi polipeptidi di 105-114 aminoacidi sono composti da tre domini: una sequenza segnale al N-terminale, una porzione centrale variabile e una C-terminale altamente conservata. RELM-α è la forma secreta principalmente dal tessuto adiposo. RELM-β sembra essere secreta solo nel tratto gastrointestinale ed è maggiormente espressa nei tumori, suggerendo un possibile ruolo nella proliferazione cellulare. RELM-γ, quella di più recente scoperta, è stata ritrovata nel tessuto ematopoietico, dove potrebbe avere una funzionalità simile a quella delle citochine. Nei roditori la principale fonte di resistina è l’adipocita, nell’uomo invece è espressa prevalentemente nei macrofagi [60]. Inizialmente, quest’adipocitochina fu proposta come potenziale link tra obesità e diabete modulando i meccanismi responsabili della insulino resistenza [61]. Successivamente, evidenze sperimentali in vivo ed in vitro, hanno indicato che la resistina è in grado di inne- Il TNF-α rappresenta un altro importante effettore coinvolto nella progressione della malattia aterosclerotica [72]. Esso è una citochina pro-infiammatoria che viene prodotta principalmente da cellule infiammatorie come i monociti ed i macrofagi. Questa molecola, com’è noto, è attivamente coinvolta nella modulazione della patologie infiammatorie ed autoimmuni. È stato dimostrato che l’espressione del TNF-α è significativamente aumentata nel tessuto adiposo di animali utilizzati come modelli sperimentali di obesità e di diabete di tipo 2 [73]. Anche nel tessuto adiposo e nel plasma di pazienti obesi sono rilevabili elevati livelli TNF-α che però si riducono significativamente in parallelo con la riduzione del peso corporeo essendo direttamente correlati all’estensione del pannicolo adiposo viscerale [74]. Studi di patologia umana ed in animali da esperimento hanno dimostrato che il TNF-α può essere individuato nelle placche aterosclerotiche indipendentemente dal loro grado di accrescimento [75-77]. Il ruolo svolto da tale molecola infiammatoria è stato sottolineato anche da eleganti esperimenti eseguiti in topi geneticamente modificati per essere deficitari nell’espressione di TNF-α: questi animali presentavano meno aterosclerosi se paragonati agli stessi animali non geneticamente modificati ed inoltre avevano 16 OBESITÀ E CARDIOPATIA ISCHEMICA. “ESISTE UN LEGAME TRA LE MALATTIE DEL BENESSERE?” un profilo infiammatorio meno marcato espresso da bassi livelli di IL-1beta, interferone-gamma, ICAM1, VCAM-1, MCP-1, GM-CSF e NF-kB [78]. Il TNF-α sembra anche regolare l’espressione del recettore di tipo 1 Lectina-simile per le LDL ossidate (LOX-1), un importante mediatore nel favorire lo sviluppo dell’aterosclerosi in vari tipi cellulari comprese le cellule endoteliali e i macrofagi [79]. Interleuchina 6 Un’altra citochina infiammatoria che appare coinvolta nel meccanismi dell’obesità è l’Interleuchina 6 (IL-6). Essa è una citochina pro-infiammatoria i cui i livelli plasmatici sembrano essere direttamente correlati alla quantità di grasso viscerale [80]. Infatti, aumentati livelli di IL-6 sono stati osservati nei soggetti obesi e la perdita di peso si accompagna alla riduzione del suoi livelli plasmatici [74]. Si stima che il tessuto adiposo sia responsabile della produzione di circa un terzo dei livelli di IL-6 circolante [80], ed è stato ipotizzato che la secrezione di IL-6, in condizioni di obesità contribuisca alla disfunzione metabolica. Infatti, i livelli plasmatici di IL-6 possono essere considerati predittivi per il successivo sviluppo di diabete di tipo II e, nei pazienti con questo tipo di malattia, è possibile misurare elevati livelli di questa citochina [81]. L’IL-6 sembra avere un ruolo estremamente importante nella fisiopatologia dell’aterotrombosi: essa modulerebbe il rilascio di altre citochine pro-infiammatorie e di mediatori pro trombotici; favorirebbe l’ossidazione delle lipoproteine, l’attivazione delle metalloproteinasi della matrice e la stimolazione della secrezione delle proteine di fase acuta [82]. Infatti, come tutte le adipochine provenienti dal tessuto adiposo viscerale, essa viene secreta direttamente nel circolo portale, attraverso il quale raggiunge il fegato ove rappresenta il principale stimolo per la produzione della proteina C-reattiva [11], che, come riportato precedentemente, oltre ad essere un importante predittore di futuri eventi cardiovascolari sia in pazienti con un danno cardiovascolare documentato che in persone apparentemente sane [83], agirebbe direttamente come effettore pro trombotico [59] Visfatina La Visfatina, identificata nel 2004, deriva il suo nome dal fatto che è prodotta prevalentemente nel grasso viscerale. Ha un peso molecolare di 52 KDa e il suo gene codifica per 491 aminoacidi. Questo corrisponde al gene per il fattore di crescita delle cellule pre-B (PBEF), descritta nel 1994 come una citochina prodotta dai linfociti, che agisce sulla maturazione dei linfociti e la regolamentazione infiammatoria. La Visfatina presenta un forte affinità funzionale con la già descritta nicotinamide fosforibosil-transferasi (NAMPT), l’enzima limitante la biosintesi della nicotinamide-adenin-dinucleotide (NAD). Particolarmente interessante è l’osservazione che questa adipochina sia prodotta a livello del tessuto adiposo dai macrofagi, e non direttamente dagli adipociti. A questo proposito, vi sono prove sufficienti per ritenere che i livelli di visfatina siano espressione dei macrofagi infiltranti il tessuto adiposo che la producono in risposta a segnali infiammatori [84]. I livelli circolanti di Visfatina sono strettamente correlati con l’accumulo di tessuto adiposo bianco [9]. Tuttavia l’associazione esistente tra i livelli di visfatina circolante e i parametri antropometrici e metabolici di obesità e diabete di tipo 2 non è ancora del tutto chiarita. Dal punto di vista del rischio cardiovascolare sono ancora pochi i dati disponibili su questa molecola, sebbene sia stato accertato che i macrofagi residenti nelle placche instabili, sia coronariche che carotidee, presentano un aumento dell’espressione di questa proteina [85]. Esiste anche una correlazione inversa tra i livelli plasmatici di visfatina e la funzione endoteliale vascolare [86]; è stato così proposto che la visfatina possa svolgere un ruolo nella destabilizzazione della placca. A conferma di quest’ipotesi, dati preliminari in nostro possesso indicano che la visfatina può indurre l’espressione di Tissue Factor in cellule endoteliali umane, così come è stato dimostrato che la visfatina sia in grado di aumentare l’espressione di molecole di adesione ICAM-1 e VCAM-1 tramite l’attivazione di NF-κB indotta da specie reattive dell’ossigeno [87]. Le “altre” adipochine Se le adipochine descritte nelle sezioni precedenti hanno ottenuto, ad oggi, una caratterizzazione anche se, in alcuni casi, soltanto parziale, nel contesto della fisiopatologia cardiovascolare, esistono numerose altre molecole prodotte dal tessuto adiposo che necessitano ancora di tale passaggio. Infatti, le evidenze a disposizione della comunità scientifica sono ancora preliminari, consentendo di formulare soltanto delle ipotesi sul loro coinvolgimento nello sviluppo dell’aterosclerosi. Tra le molecole prodotte dal tessuto adiposo, particolarmente interessante sembra essere l’Apelina, un peptide bioattivo che viene prodotto dagli adipociti, da cellule stromali vascolari e dai miociti cardiaci. Negli esseri umani, sia l’obesità che l’iperinsulinemia elevano in modo significativo i livelli plasmatici di apelina [88]. In modelli sperimentali animali di scompenso cardiaco, l’apelina di origine cardiaca è sottoposta a down-regulation dall’angiotensina II, mentre la sua produzione è ripristinata dopo trattamento con un antagonista del recettore dell’angiotensina di tipo 1 [89]. Nei tessuti cardiovascolari del ratto, la produzione di apelina è aumentata dall’ipossia [90] e dalla cardiomiopatia ischemica [91], il che, forse, potrebbe rappresentare un meccanismo di compensazione. Nei ratti spontaneamente ipertesi, l’esercizio fisico ha anche dimostrato di stimolare la produzione di apelina [92]. Tale molecola ha, inoltre, un effetto emodinamico positivo, agendo con meccanismo inotropo in cuori di ratto normali e insufficienti, così come in cardiomiociti isolati [93, 94]. Nell’uomo bassi livelli plasmatici di apelina sono stati osservati nei pazienti con fibrillazione atriale [95] e insufficienza cardiaca cronica [96]. La terapia di resincronizzazione cardiaca, usata con successo per trattare questi pazienti, si accompagna ad incrementi nelle concentrazioni di apelina [97]. Nonostante le evidenze a disposizione, altri studi sono comunque necessari per chiarire il ruolo di questo interessante peptide nella fisiopatologia delle malattie cardiovascolari e un suo potenziale impiego terapeutico. 17 F. MARESCA ET AL. Tabella 1. - Popolazioni cellulari produttrici e potenziale ruolo fisiopatologico nelle malattie cardiovascolari Adipo(cito)chine Popolazioni cellulari produttrici Potenziale ruolo nelle malattie cardiovascolari Adiponectina Adipociti ↑ Sensibilità all’insulina, consumo energetico, ossidazione degli acidi grassi ↓ Stress Ossidativo Attivià anti.infiammatoria ↓ TNF-α, IL-6, Interferone-c ↑ antagonista del IL-1R Modulazione dell’espressione delle chemochine Miglioramento funzionalità endoteliale Induzione eNOS, ↑ NO ↓ ROS Regolazione espressione di molecole di adesione Regolazione della funzionalità macrofagica Proprietà anti-aggreganti Rallentamento della progressione della malattia aterosclerotica Leptina Adipociti Regolazione dell’appetito e del bilancio energetico Marker prognostico indipendente di SCA Modulazione della pressione sanguigna Regolazione dell’aggregazione piastrinica e promozione della trombosi arteriosa Induzione in cellule endoteliali di TF, PCR e molecole di adesione Induzione del TF in cellule mononucleate da sangue periferico Progressione delle lesioni aterosclerotiche Resistina /Resistin RELM-α: Macrofagi del like (RELMs) tessuto adiposo (uomo), adipociti (topo) RELM-β: Cellule tumorali e gastro-intestinali RELM-γ: Tessuto emopoietico Induzione dell’insulino-resistenza Proliferazione Cellulare (RELM-β) Proprietà simil-citochine (RELM-γ) Attività pro-infiammatoria Marker predittivo indipendente di aterosclerosi e di severità del danno ischemico Effetti sulle cellule endoteliali ↑ Molecole di adesione, citochine, TF, inibitore dell’attivatore del plasminogeno, fattore di von Willebrand, endotelina ↓ espressione e-NOS Proliferazione e migrazione di cellule muscolari lisce TNF-α Cellule infiammatorie, monociti,macrofagi, adipociti IL-6 Cellule infiammatorie, cellule stromali vascolari, adipociti, cellule epatiche e muscolari Riduzione del “signalling” insulinico Induzione dell’insulino-resistenza Mantenimento dell’aterosclerosi e di uno stato pro-infiammatorio Induzione dell’insulino-resistenza Mantenimento di uno stato pro-infiammatorio Modulazione delle citochine pro-infiammatorie e rilascio di mediatori pro-trombotici Promozione dell’ossidazione delle lipoproteine Attivazione delle metalloproteasi Stimolazione della produzione della PCR da parte del fegato Visfatina Linfociti, macrofagi, adipociti, altre popolazioni cellulari Attività chemotattica Disfunzione Endoteliale Destabilizzazione palcca aterosclerotica Induzione TF Apelina adipociti, cellule stromali vascolari, cardiomiociti Regolazione della funzionalità dei cardiomiociti eNOS: Ossido Nitrico Sintasi endoteliale (Endothelial Nitric Oxide Synthase); IL-6: Interleuchina-6; IL-1R: Recettore dell’Interleuchina-1; NO: Ossido Nitrico; PCR: proteina C reattiva RELM: Resistin Like Molecule (Molecole simili alla resistina); ROS: Specie reattive dell’ossigeno; SCA: Sindrome Coronarica Acuta; TF: Tissue Factor, TNF-α: Tumor Necrosis Factor-α. 18 OBESITÀ E CARDIOPATIA ISCHEMICA. “ESISTE UN LEGAME TRA LE MALATTIE DEL BENESSERE?” Conclusioni L’incidenza dell’obesità è in forte aumento in tutto il mondo ed è oramai accertato che essa si accompagna ad un maggiore rischio di sviluppare eventi cardiovascolari. Sebbene sia chiaro che l’obesità si associ anche ad altre condizioni che per se possono accelerare l’aterosclerosi, i meccanismi molecolari alla base di queste osservazioni epidemiologiche non sono ancora completamente definiti. Le adipochine, una classe di molecole recentemente caratterizzate dal punto di vista strutturale e funzionale, potrebbero rappresentare il legame in grado di spiegare, almeno in parte, queste associazioni, svolgendo un ruolo chiave nella fisiopatologia dei disturbi associati all’obesità, inclusa l’aterosclerosi. Sebbene alcune di queste molecole abbiano oramai una posizione ben definita nel complesso network che lega infiammazione, obesità e malattie cardiovascolari come l’adiponectina, la leptina e la resistina, molte altre, il cui elenco viene periodicamente aggiornato, sono ancora poco definite funzionalmente. Appare quindi chiaro che il panorama delle adipochine è in continua evoluzione e necessita sicuramente di nuove evidenze sperimentali e cliniche finalizzate a comporre un complesso puzzle per ottenere una più completa visione degli articolati meccanismi che legano una patologia “moderna” e del benessere come l’obesità con la principale causa di mortalità del mondo industrializzato, le malattie cardiovascolari. Riassunto L’obesità è la più comune patologia nutrizionale nei paesi industrializzati ed è strettamente correlata alle patologie cardiovascolari. I meccanismi molecolari sottesi a tale stretta associazione rimangono tuttavia in gran parte sconosciuti. Oggigiorno il tessuto adiposo è considerato alla stregua di un organo endocrino. Esso produce sostanze chiamate adipo(cito)chine che hanno diversi effetti sul metabolismo lipidico, e che appaiono fortemente coinvolte nella sindrome metabolica e nell’incremento del rischio cardiovascolare. L’aumentato rischio cardiovascolare può essere anche correlato al caratteristico sbilanciamento della funzione endocrina del tessuto adiposo, osservabile in stati di obesità, che è responsabile del danno vascolare (inclusa la disfunzione endoteliale), della tendenza pro-trombotica e dello stato d’infiammazione cronica di basso grado. Pertanto, scopo del presente report è fornire una panoramica aggiornata sulle molecole di derivazione adipocitaria potenzialmente coinvolte nella fisiopatologia cardiovascolare. Parole chiave: adipochine, aterosclerosi, malattia cardiovascolare, funzione endoteliale, infiammazione, obesità. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. Bibliografia 24. 1. 2. Ogden CL, Yanovski SZ, Carroll MD, Flegal KM. The epidemiology of obesity. Gastroenterology 2007; 132: 2087-2102. Guilbert JJ. The world health report 2002 - reducing risks, promoting healthy life. Educ Health (Abingdon) 2003; 16: 230. 25. Phillips SD, Roberts WC. 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