il nuovo diritto delle società

Transcript

il nuovo diritto delle società
Anno 6 – Numero 19
8 ottobre 2008
NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI
IL NUOVO DIRITTO
DELLE SOCIETÀ
D IRETTA DA O RESTE C AGNASSO E M AURIZIO I RRERA
C OORDINATA DA G ILBERTO G ELOSA
In questo numero:
! La nuova disciplina dei conferimenti
! Profili di diritto societario cinese
! Il trattamento fiscale dei real estate
investment trusts
ItaliaOggi
CLASSprofessionale
DIREZIONE SCIENTIFICA
Oreste Cagnasso – Maurizio Irrera
COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Gilberto Gelosa
RESPONSABILI AREA DI DIRITTO COMMERCIALE
Oreste Cagnasso e Maurizio Irrera
RESPONSABILE AREA DI DIRITTO TRIBUTARIO
Gilberto Gelosa
REDAZIONE
Maria Di Sarli (coordinatore)
Alessandra Bonfante, Maurizio Bottoni, Mario Carena, Marco Sergio Catalano, Fabio
Colombo, Alessandra Del Sole, Massimiliano Desalvi, Elena Fregonara, Sebastiano
Garufi, Stefano Graidi, Alessandro Monteverde, Cristina Saracino, Marina Spiotta
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Stefano A. Cerrato, Sebastiano Garufi, Federica Monti, Lucia Starola
INDICE
Pag.
PANORAMA LEGISLATIVO
Il «conferimento di beni in natura o crediti senza relazione di stima» (artt.
2343 ter, 2343 quater, 2440 bis c.c. introdotti dal d. lgs. 4 agosto 2008, n.
142): osservazioni a prima lettura
di Stefano A. Cerrato
Semplificazioni per i conferimenti in natura
di Lucia Starola
STUDI E OPINIONI
Le decisioni degli amministratori e dei soci mediante consultazione scritta
o consenso espresso per iscritto
di Oreste Cagnasso
6
14
24
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
Lineamenti di diritto societario cinese (II parte)
di Federica Monti
41
FISCALITÀ INTERNAZIONALE
Il trattamento fiscale convenzionale dei real estate investment trusts
di Sebastiano Garufi
49
SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE
61
SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO
65
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008
3
SOMMARIO
PANORAMA LEGISLATIVO
Il «conferimento di beni in natura o crediti senza relazione di stima» (artt. 2343
ter, 2343 quater, 2440 bis c.c. introdotti dal d. lgs. 4 agosto 2008, n. 142):
osservazioni a prima lettura
L’Autore analizza il recentissimo d. lgs. 4 agosto 208, n. 142, che ha recepito la
direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68, che modifica la II direttiva comunitaria in
materia di conferimenti, capitale e azioni. Vengono esaminate, in particolare, le nuove
regole che consentono di derogare all’obbligo di predisposizione della relazione di
stima imposta dall’art. 2343 c.c. in caso di conferimento di beni e di crediti, sia in fase
di costituzione della società (nuovi artt. 2343 ter e 2343 quater) sia in occasione di
aumento del capitale (nuovi artt. 2440, 2° co. e 2440 bis).
di Stefano A. Cerrato
Semplificazioni per i conferimenti in natura
Il contributo offre una prima disamina su alcune disposizioni del recente decreto
legislativo che modifica la direttiva 2006/68/Ce, con particolare riferimento alla
nuova disciplina dei conferimenti in natura.
di Lucia Starola
STUDI E OPINIONI
Le decisioni degli amministratori e dei soci mediante consultazione scritta o
consenso espresso per iscritto
Il legislatore prevede la possibilità di decisioni extra assembleari degli amministratori
e dei soci, specificando i casi in cui è ammissibile derogare al principio di collegialità
ed individuando alcuni profili del relativo procedimento. Spetta all’interprete e
all’operatore integrare la relativa disciplina.
di Oreste Cagnasso
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
Lineamenti di diritto societario cinese (II parte)
La Chinese Company Law è la norma principale di riferimento nello studio del diritto
societario cinese nonché norma fondamentale per gli investimenti stranieri. Nel
presente contributo si propone al lettore un'ampia panoramica sui riflessi che la
Company Law manifesta in prospettiva presente e futura. L'argomento è anche
occasione per illustrare il quadro principale delle società personali in vista della loro
estensione anche a soggetti overseas.
di Federica Monti
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008
4
SOMMARIO
FISCALITÀ INTERNAZIONALE
Il trattamento fiscale convenzionale dei real estate investment trusts
Il 19 luglio 2008 è stata pubblicata la nuova versione del Commentario al Modello di
Convenzione contro le doppie imposizioni dell’OCSE, ossia la Convenzione tipo
utilizzata dalle moderne giurisdizioni fiscali per risolvere su base bilaterale i casi di
doppia imposizione internazionale. Tra le novità di maggior rilievo si segnalano le
nuove disposizioni in materia di Real Estate Investment Trusts. Il presente contributo
ne illustra la disciplina ed evidenzia i principali effetti sulla normativa italiana
attualmente in vigore.
di Sebastiano Garufi
SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE
SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008
5
PANORAMA LEGISLATIVO
IL «CONFERIMENTO DI BENI IN
NATURA O CREDITI SENZA
RELAZIONE DI STIMA» (ARTT. 2343
TER, 2343 QUATER, 2440 BIS C.C.
INTRODOTTI DAL D. LGS. 4 AGOSTO
2008, N. 142): OSSERVAZIONI A PRIMA
LETTURA
L’Autore analizza il recentissimo d. lgs. 4 agosto 208, n. 142, che ha recepito la
direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68, che modifica la II direttiva comunitaria in
materia di conferimenti, capitale e azioni. Vengono esaminate, in particolare, le nuove
regole che consentono di derogare all’obbligo di predisposizione della relazione di
stima imposta dall’art. 2343 c.c. in caso di conferimento di beni e di crediti, sia in fase
di costituzione della società (nuovi artt. 2343 ter e 2343 quater) sia in occasione di
aumento del capitale (nuovi artt. 2440, 2° co. e 2440 bis).
di STEFANO A. CERRATO
1. Premessa
Con il recentissimo d. lgs. 4 agosto 2008, n. 1421, anche il nostro Paese ha
attuato, sia pure in lieve ritardo2, la direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68, che modifica
1
Il provvedimento – emanato in virtù della delega contenuta nell’art. 23 l. 23 febbraio 2008, n.
34 (legge comunitaria 2007) – è stato approvato dal Consiglio dei Ministri in data 1° agosto
2008 ed è pubblicato nella Gazzetta ufficiale, Serie generale, del 15 settembre 2008, n. 216. E’
entrato in vigore, trascorsa la consueta vacatio legis, il 30 settembre 2008.
2
Il termine per il recepimento è, infatti, scaduto il 15 aprile 2008 (art. 2, par. 2, direttiva 6
settembre 2006, n. 2006/68); l’Italia non si è tuttavia, resa inadempiente agli obblighi imposti
dall’art. 10 (ex 5) del Trattato poiché il termine interessava esclusivamente le norme imperative
introdotte nella II dir., vale a dire soltanto il nuovo art. 32, par. 1, ult. periodo, II dir. – che, in
caso di riduzione volontaria del capitale, esige l’attribuzione ai creditori del diritto a rivolgersi
all’autorità giudiziaria ed amministrativa per ottenere «adeguate tutele», a condizione di
dimostrare che l’operazione pregiudica la soddisfazione dei propri crediti e la società non ha
fornito adeguate tutele – al quale l’art. 2445 c.c. è già conforme.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
6
PANORAMA LEGISLATIVO
LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
la II dir. in conformità agli obiettivi di semplificazione e modernizzazione del diritto
societario indicati dalla Commissione europea nell’Action Plan del 2003.
L’intervento comunitario ha interessato vari profili ma le novità principali
riguardano senza dubbio le operazioni sulle azioni proprie (artt. 19, 23, 23 bis II dir.;
cfr. i nuovi artt. 2357, 3° co., e 2358 c.c.) e la disciplina dei conferimenti di beni in
natura e di crediti (artt. 10 bis, 10 ter, 27 II dir.; cfr. artt. 2343 ter, 2343 quater, 2440,
2440 bis c.c.).
Con riferimento a quest’ultima materia, in particolare, la direttiva autorizza gli
Stati membri a derogare, a certe condizioni, all’obbligo di predisposizione della
relazione di stima da parte di un esperto designato dall’autorità giudiziaria o
amministrativa e se il conferimento è effettuato in seguito ad aumento di capitale
deliberato dall’organo amministrativo per delega, l’esecuzione dell’operazione è
scandita da una particolare sequenza di adempimenti.
Non è ovviamente questa la sede per un esame approfondito del provvedimento;
ci limitamo, piuttosto, ad offrire al lettore una prima informazione e qualche spunto di
riflessione suggerito dalla lettura «a caldo» delle nuove disposizioni.
2. La tipologia dei conferimenti ammessi alla procedura «semplificata» tra
norma comunitaria e disposizione interna
Non è inutile fare un passo indietro e verificare cosa prevede la normativa
europea novellata, impostando un confronto con la disciplina di recepimento: in alcuni
punti qualificanti, infatti, il legislatore interno si è consapevolmente distanziato dalle
norme comunitarie spezzando, a nostro avviso, l’armonia e la coerenza complessiva del
disegno sistematico della direttiva.
I nuovi artt. 10 bis e 10 ter II dir. autorizzano gli Stati membri ad esonerare i
soci che conferiscono beni in natura o crediti dall’obbligo di presentare una relazione di
stima ai sensi dell’art. 10 (cfr. art. 2343 c.c., applicabile in caso di aumento del capitale
ex art. 2440 c.c.) qualora il conferimento sia costituito (i) da valori mobiliari o strumenti
del mercato finanzario3 valutati al prezzo medio ponderato di mercato calcolato in un
«periodo sufficiente» (art. 10 bis, par. 1); (ii) da altri beni il cui fair value sia attestato
da un «esperto indipendente abilitato», purché la valutazione risalga a meno di sei mesi
prima del conferimento e sia stata eseguita in conformità ai principi e criteri di
valutazione generalmente riconosciuti nello Stato per quel tipo di bene (art. 10 bis, par.
2); (iii) da altri beni il cui fair value sia ricavato dai conti obbligatori dell’esercizio
precedente, purchè sottoposti a revisione contabile (art. 10 bis, par. 2).
Il 1° e 2° co. dell’art. 2343 ter recepiscono in modo quasi testuale queste
disposizioni, opportunamente rinviando, quanto al primo tipo di beni, alle definizioni
dettate dal t.u.f. (art. 111 bis, nuovo ult. co., disp. att. c.c.). Meno opportuna, a nostro
3
Come definiti dall’art. 4, par. 1, punto 18 e 19 della Direttiva 21 aprile 2004, n. 2004/39.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
7
PANORAMA LEGISLATIVO
LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
avviso, la scelta di tradurre il requisito della abilitazione dell’esperto con «adeguata e
comprovata professionalità» [art. 2343 ter, 2° co., lett. b)]
Meglio forse sarebbe stato, come suggerito da alcuni in sede di consultazione
pubblica4, mutuare la previsione dettata nell’art. 2465, 1° co., per il conferimento di
beni in natura o crediti nelle s.r.l. ed imporre l’obbligo di iscrizione nel registro dei
revisori contabili o – se società – nell’albo speciale delle società di revisione. L’opzione
è, tuttavia, giustificata nella relazione illustrativa con la volontà di conformarsi alla
futura disciplina della revisione contabile in attuazione della direttiva 17 maggio 2006,
n. 2006/43, attualmente in corso di elaborazione5.
Anche il riferimento al «bilancio approvato da non oltre un anno» [art. 2343 ter,
2° co., lett. a)] suscita perplessità poiché consente di ricorrere anche alle risultanze di
bilanci straordinari, purché infrannuali, mentre la direttiva si riferisce esclusivamente ai
«conti obbligatori dell’esercizio precedente» vale a dire al bilancio di esercizio, anche
se approvato oltre l’anno precedente E’ condivisibile la preoccupazione dei compilatori
del decreto di non dilatare eccessivamente il lasso di tempo fra valutazione e
conferimento, ma la possibilità di utilizzare bilanci anche straordinari, sia pure
sottoposti a revisione, alimenta il pericolo che si assuma come fair value di
conferimento un valore calcolato secondo criteri diversi da quelli che orientano la
redazione del bilancio di esercizio, al quale la direttiva si è intesa inequivocabilmente
riallacciare. La formula adottata dall’art. 2343 ter non sembra inoltre tener conto che –
in virtù della facoltà di ritardare l’approvazione fino a centottanta giorni dalla chiusura
dell’esercizio (art. 2364, 2° co.) – fra le date di approvazione del bilancio di due esercizi
consecutivi potrebbe trascorrere anche più di un anno, rendendo inapplicabile la
disposizione.
3. Il procedimento di conferimento. Il conferimento in sede costitutiva
Concentrando l’attenzione sulla scansione procedimentale dell’operazione, il
quadro normativo non è di immediata decodificazione. La direttiva detta, innanzitutto,
una disciplina generale applicabile sia al momento della costituzione della società sia in
seguito ad aumento di capitale (arg. ex art. 27, par. 2, ult. periodo); in questo secondo
caso – ma soltanto se il conferimento ha ad oggetto beni diversi da valori mobiliari o
4
ASSONIME, Osservazioni al documento di consultazione del Ministero dell’Economia,
Dipartimento del Tesoro, per l’attuazione della direttiva 2006/68/CE che modifica la direttiva
77/91/CEE del Consiglio relativamente alla costituzione della società per azioni nonché alla
salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale, Roma, 4 giugno 2008, 3 del testo
reperibile in www.assonime.it; lo stesso suggerimento è formulato nel parere obbligatorio sullo
schema di decreto legislativo reso dalle competenti commissioni della Camera in data 23 luglio
2008, reperibile in www.camera.it.
5
Il documento di pubblica consultazione e le osservazioni pervenute sono consultabili sul sito
www.dt.tesoro.it.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
8
PANORAMA LEGISLATIVO
LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
strumenti del mercato monetario (art. 10 bis, parr. 2 e 3) – è assicurata ai soci di
minoranza una particolare tutela consistente nel diritto di domandare che sia effettuata
una nuova stima del conferimento; il quadro si completa con un’ulteriore norma,
anch’essa strumentale alla protezione delle minoranze, che opera esclusivamente in caso
di delega dell’aumento di capitale all’organo amministrativo (art. 10 ter, par. 2).
Scendendo più nel particolare, la direttiva impone all’organo amministrativo di
verificare la valutazione presentata e, qualora sia siano verificati «fatti eccezionali» (se
il conferimento consiste in valori mobiliari o strumenti del mercato monetario) o «fatti
nuovi rilevanti» (negli altri casi), di richiedere sotto la propria responsabilità una perizia
di stima ai sensi dell’art. 10, parr. 1-3 (vale a dire, secondo il procedimento comune).
Altrimenti, occorrerà procedere, entro un mese dalla data effettiva del conferimento, alla
pubblicazione di una dichiarazione il cui contenuto ricalca grossomodo quello
dell’ordinaria relazione di stima e che deve altresì attestare che non sono intervenuti
fatti eccezionali o fatti nuovi rilevanti.
Le norme comunitarie non sono molto dettagliate e in sede di recepimento il
nostro legislatore ha dovuto compiere un delicato esercizio di coordinamento con i
previgenti principi in materia di conferimento di beni.
L’art. 2343-ter, ult. co., esige, innanzitutto, che il socio conferente presenti la
documentazione comprovante la valutazione del bene e la sussistenza delle condizioni
prescritte; tale documentazione, se il conferimento avviene in fase di costituzione, sarà
allegata all’atto costitutivo e verificata dal notaio ex art. 2329, 1° co., n. 2, mentre se il
conferimento è effettuato in seguito ad aumento del capitale, è ragionevole ritenere – in
virtù del rinvio tout court agli artt. 2343 ter e 2343 quater introdotto nell’art. 2440 – che
dovrà essere allegata al verbale della deliberazione, esattamente come già avviene per la
relazione di stima ex art. 2343.
Il secondo passaggio si concreta nella verifica della valutazione del bene e della
sussistenza della circostanze e dei requisiti prescritti; la norma comunitaria non fissa,
tuttavia, alcun termine temporale né indica se vi sia qualche collegamento con la
successiva dichiarazione da pubblicarsi entro trenta giorni dal conferimento. Non è
inoltre chiaro a chi spetti curare questa pubblicazione: ritenere che vi sia onerato il socio
creerebbe una pericolosa autoreferenzialità dell’accertamento dei requisiti del
conferimento e dell’esperto, oltretutto in aperta contraddizione con la funzione di
controllo affidata, sul punto, all’organo amministrativo.
Per ovviare a queste aporie legislative, il d. lgs. 142/2008 esige che la verifica
avvenga nel medesimo termine previsto per la pubblicazione della dichiarazione nel
registro delle imprese, della quale sono onerati gli amministratori stessi. Si è in tal modo
inteso riconoscere alla dichiarazione una funzione non meramente informativa bensì di
attestazione del valore del conferimento e di sussistenza delle condizioni prescritte, in
sostanziale coerenza con il ruolo affidato alla relazione di stima nella procedura di
conferimento tradizionale.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
9
PANORAMA LEGISLATIVO
LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
Gli amministratori, qualora ritengano che si siano verificati fatti eccezionali o
fatti nuovi rilevanti ovvero che l’esperto non sia dotato di idonea professionalità ed
indipendenza, «procedono ad una nuova valutazione. Si applica, in tal caso – soggiunge
la norma – l’art. 2343»6, vale a dire il procedimento ordinario di stima7.
4. Segue. Il conferimento in occasione di aumento del capitale
La linearità della procedura ora descritta è alterata se il conferimento è effettuato
in occasione di un aumento del capitale.
Innanzitutto, è utile rammentare che il conferimento di beni esige, nel nostro
ordinamento, il sacrificio del diritto di opzione ai sensi del 4° co., prima parte, dell’art.
2441.
Se l’aumento è deliberato dall’assemblea, si applicherà il 6° co. dell’art. 2441,
con l’avvertenza che al posto della relazione di stima, dovrà essere depositata, presso la
sede sociale nei quindici giorni che precedono la deliberazione, a disposizione dei soci,
«la documentazione dalla quale risulta il valore attribuito ai conferimenti» ex art. 2343
ter, ult. co.
Successivamente alla deliberazione, nei trenta giorni dal conferimento8, gli
amministratori saranno tenuti a verificare la valutazione e a depositare la dichiarazione
prescritta dall’art. 2343 quater unitamente all’attestazione che l’aumento è stato
eseguito (art. 2440, nuovo 2° co.), salvo che sussistano le condizioni per richiedere una
nuova perizia.
Con riferimento a quest’ultimo passaggio, abbiamo l’impressione che il
legislatore italiano non si sia conformato alle norme comunitarie poiché l’art. 10 bis,
6
Si è dubitato dell’opportunità di estendere il rinvio anche al 3° co., che impone agli
amministratori la verifica della stima, considerato che già tale stima funge da «verifica» della
valutazione presentata dal socio; d’altro canto, imporre un controllo sull’operato dell’esperto
risulterebbe coerente con il sistema delle responsabilità, anche penali (art. 2632 c.c.), gravanti
sugli amministratori in caso di sopravvalutazione dei conferimenti.
7
Si può discutere – ma in questa sede ci limitiamo ad evidenziarlo in nota – se il rinvio all’art.
2343 implichi anche l’obbligo di verifica della stima da parte degli amministratori, come
parrebbe corretto inferire dalla sussistenza di una responsabilità, anche penale (art. 2632 c.c.), di
costoro per la sopravvalutazione dei conferimenti; ai fini dell’applicazione dell’ult. co.
occorrerà, invece, confrontare l’esito della stima redatta dall’esperto e verificata dagli
amministratori con la valutazione presentata dal socio: ove la differenza ecceda il quinto gli
amministratori dovranno procedere alla riduzione del capitale, salvo che il socio preferisca
integrare il conferimento ovvero recedere dalla società.
8
Il legislatore non indica il dies a quo del termine concesso per la verifica ma sembra consentito
estendere, per analogia, la regola della decorrenza dall’esecuzione del conferimento che si
applica, secondo l’opinione prevalente, nel procedimento ordinario di stima: cfr. Cass. 2 marzo
2001, n. 3052, in Foro it., 2002, I, 211 ss.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
10
PANORAMA LEGISLATIVO
LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
par. 2, riconosce in ogni caso ad una minoranza di soci pari al 5% del capitale nella
misura antecedente l’aumento, il diritto di chiedere – fino alla data effettiva del
conferimento – una nuova valutazione, mentre il d. lgs. 142/2008 limita la fruibilità di
questo strumento di tutela all’aumento deliberato per delega9.
E’ auspicabile che la lacuna possa essere colmata in via interpretativa
estendendo all’aumento deliberato dall’assemblea il disposto dell’art. 2440 bis, sul
quale ci soffermeremo fra poco; diversamente, mi pare che la norma rischi anche una
censura di incostituzionalità per ingiustificata disparità di trattamento dei soci di
minoranza.
Proseguendo nella nostra disamina, qualora l’aumento sia deliberato dall’organo
amministrativo, in virtù di delega, l’esigenza che ai soci di minoranza sia assicurato il
diritto di richiedere una nuova valutazione del conferimento ha obbligato il legislatore
comunitario a scindere in due momenti la fase di verifica della valutazione del
conferimento. A mente dell’art. 10 ter, par. 2, gli amministratori devono innanzitutto
controllare la valutazione presentata e pubblicare, prima che il conferimento sia
effettuato, la dichiarazione prescritta dal par. 1 accompagnata dall’indicazione della data
della decisione di aumento assunta per delega; quindi, una volta che il conferimento è
stato effettuato, depositare una seconda dichiarazione dalla quale consti che non sono
intervenuti fatti nuovi rilevanti o eccezionali dopo la pubblicazione della prima
dichiarazione.
L’art. 2440 bis recepisce in modo sostanzialmente fedele queste disposizioni, sia
pure con qualche necessario adattamento.
9
Si è trattato, con ogni probabilità, di un’omissione involontaria dovuta ad una scarsa
conoscenza delle dinamiche dell’aumento di capitale da parte dei compilatori del decreto. Ne è
prova la circostanza che la prima bozza diffusa nel maggio 2008 adombrava la possibilità che il
conferimento in natura potesse avvenire anche senza esclusione del diritto di opzione (cfr. la
proposta di art. 2440 in MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, Documento di
consultazione – Attuazione della direttiva 2006/68/CE che modifica la direttiva 77/91/CEE del
Consiglio relativamente alla costituzione della società per azioni nonché alla salvaguardia e
alle modificazioni del loro capitale sociale, Roma, 2008, 10 s. del dattiloscritto reperibile in
www.dt.tesoro.it).
Anche la motivazione che si legge nella relazione illustrativa tradisce una certa confusione
concettuale là dove persiste nel distinguere tra «aumento riservato» e «tutti gli altri casi»,
ritenendo che solo nel primo sorga un’esigenza di tutela dei soci di minoranza. E’ parimenti
criticabile il passo dove si afferma che il meccanismo della doppia dichiarazione sarebbe
praticabile «solo in caso di aumento di capitale riservato, quando, cioè gli amministratori sono
in grado di conoscere il bene conferito al momento della delibera di aumento di capitale», senza
rendersi conto che è solo quella la modalità di aumento che consente il conferimento di beni. In
ogni caso, la relazione non spiega in alcun modo perché il diritto delle minoranze di domandare
che sia effettuata la perizia di stima sia precluso quando la deliberazione è assunta
dall’assemblea.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
11
PANORAMA LEGISLATIVO
LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
Si prevede, più in particolare, che l’organo amministrativo depositi presso il
registro delle imprese l’attestazione relativa alla verifica della valutazione e dei requisiti
dell’esperto unitamente al verbale di aumento, vale a dire entro trenta giorni dalla
deliberazione (art. 2436, 1° co.); è chiaro – ma la norma non lo dice – che se l’iscrizione
del verbale è ordinata dal tribunale ai sensi del 4° co. dell’art. 2436, l’attestazione dovrà
essere depositata al più tardi quando la società riceve comunicazione del provvedimento
del tribunale.
Dal momento della pubblicazione, i soci di minoranza hanno trenta giorni per
«richiedere la presentazione della nuova valutazione».
Mi pare che la norma debba essere intesa nel senso che i soci debbano rivolgere
alla società l’invito a presentare istanza al tribunale per la nomina dell’esperto; non
sembra, per contro, che essi possano «scavalcare» gli amministratori e adire
direttamente l’autorità giudiziaria salvo, forse, che costoro si rifiutino di richiedere la
perizia.
La richiesta deve provenire da una minoranza qualificata pari al 5% del capitale;
opportunamente, il nostro legislatore ha optato per la percentuale minima indicata dalla
direttiva, anche se ci si può dolere che non sia stata fissata, a livello comunitario, una
soglia più bassa almeno per le società quotate.
La legittimazione va verificata al momento della richiesta ma deve sussistere già
alla data della deliberazione (delegata) di aumento; si può, invece, discutere se debba
permanere fino al momento della conclusione del procedimento di verifica della
valutazione.
L’esecuzione del conferimento è sospesa fino allo spirare del termine (trenta
giorni) concesso ai soci di minoranza per domandare una nuova valutazione ovvero fino
alla presentazione della stessa (art. 2440 bis, 2° co.).
Decorso questo termine, se non sono pervenute richieste, gli amministratori
possono eseguire l’aumento e depositare, nei successivi trenta giorni, unitamente
all’attestazione prevista dall’art. 2444, la dichiarazione che non si sono verificati fatti
eccezionali o fatti nuovi rilevanti (per un difetto di coordinamento, il 3° co. dell’art.
2440 bis utilizza ancora l’endiadi «fatti o circostanze» che figurava, poi eliminata,
nell’art. 2343 quater) dopo l’iscrizione della prima dichiarazione.
5. Conclusioni
Nel complesso, dunque, l’intervento normativo appare costellato da luci e
ombre: sicuramente apprezzabile lo sforzo di semplificare le procedure di conferimento
che spesso costituiscono effettivamente un costo eccessivo; e condivisibile anche la
scelta di ampliare la cerchia degli «esperti» a comprendere categorie finora ai margini,
come i fiscalisti. Discutibili, per contro, alcune soluzioni operative, forse anche, in
parte, non conformi alla direttiva, sulle quali è prevedibile che si affaticheranno gli
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
12
PANORAMA LEGISLATIVO
LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI
interpreti, a discapito dell’appetibilità di questa procedura: dal riferimento al bilancio
infrannuale al mancato riconoscimento del diritto della minoranza di domandare la
verifica nel caso di aumento deliberato dall’assemblea, gli esempi non mancano.
Soltanto dall’esperienza «sul campo» si potranno trarre indicazioni più precise.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
13
PANORAMA LEGISLATIVO
SEMPLIFICAZIONI PER I
CONFERIMENTI IN NATURA
Il contributo offre una prima disamina su alcune disposizioni del recente decreto
legislativo che modifica la direttiva 2006/68/Ce, con particolare riferimento alla nuova
disciplina dei conferimenti in natura.
di LUCIA STAROLA
1. Premessa
E’ stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 1° agosto 20081 il
decreto legislativo di recepimento della direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68/CE, che
modifica la direttiva 13 dicembre 1976, n. 77/91/CEE, più nota come Seconda Direttiva.
La direttiva n. 77/91/CEE è relativa alla disciplina della costituzione delle società
per azioni, nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale e,
nello specifico, le modifiche riguardano:
−
la disciplina dei conferimenti in natura (artt. 10 bis e 10 ter)
−
la disciplina dell’acquisto dai soci fondatori (art. 11)
−
la disciplina dell’acquisto di azioni proprie (art. 19)
−
la disciplina dell’assistenza finanziaria per l’acquisto di proprie azioni (art.
23).
Le modifiche della Seconda direttiva sono frutto di un lungo iter che risale alla
fine degli anni novanta e si innesta su una volontà di semplificazione delle procedure
per specifiche fattispecie di circolazione del capitale, in modo da promuovere
l’efficienza e la competitività delle imprese, rafforzando la corporate governance e,
recita il considerando 2 della Direttiva di modifica, “senza ridurre le tutele di cui
beneficiano gli azionisti e creditori”.
Il recepimento della direttiva n. 2006/68/CE è stato previsto dalla legge
Comunitaria per il 20072. Il termine per il recepimento della direttiva era indicato nel 15
aprile 2008; la Comunitaria ha tuttavia previsto di fissarlo nei 90 giorni dall’entrata in
vigore e quindi il 19 giugno 2008. Come precisa la Relazione illustrativa, il termine del
15 aprile 2008 è rilevante esclusivamente in relazione alle modifiche all’articolo 32
della Seconda direttiva, in materia di riduzione del capitale sociale, dato che le altre
1
2
D.lgs., 4 agosto 2008, n. 143, pubblicato su G.U., 15 settembre 2008, n. 216
Art. 23 della L 25 febbraio 2008.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
14
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
disposizioni della direttiva n. 2006/68/CE non sono obbligatorie ma facoltative3.
Inoltre, proprio perché le misure di semplificazione sono facoltà degli Stati
membri, il legislatore delegante, avvalendosi di tale facoltà, ha indicato specifici criteri
di delega.
L’approvazione del decreto legislativo è stata preceduta dalla pubblicazione di un
documento di consultazione sul sito web del Dipartimento del Tesoro, a cui ha fatto
seguito l’invio di osservazioni da parte degli enti interessati tra i quali il Consiglio
Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Assonime e Confindustria.
Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri tiene conto dei risultati
della consultazione pubblica.
L’analisi del testo induce alcune perplessità e considerazioni.
2. Conferimenti in natura
L’art. 10 bis della Seconda direttiva, introdotto dalla direttiva n. 2006/68/CE,
prevede che, qualora sia disponibile un parametro oggettivo, le attività conferite
possano essere valutate a tale valore, senza necessità della relazione dell’esperto di cui
all’art. 10 della Seconda direttiva.
In adesione a tale principio, per il conferimento di beni in natura e di crediti in
sede di costituzione (art. 2343 ter c.c.), ovvero di aumento di capitale (art. 2440 c.c.),
non sarà più necessaria la valutazione dell’esperto nei seguenti casi:
1) se oggetto del conferimento sono valori mobiliari ovvero strumenti del mercato
monetario4 ai quali è attribuito un valore pari o inferiore al prezzo medio ponderato
3
L’articolo 2445 c.c. vigente già è in linea con l’articolo 32 della Seconda Direttiva, come
modificato dalla direttiva n. 2006/68/CE.
4
Con una modifica all’art. 111 bis delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, si
prevede che: “Ai fini dell’art. 2343 ter per valori mobiliari e strumenti del mercato monetario si
intendono quelli di cui all’art. 1, commi 1-bis ed 1-ter del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58” e
precisamente:
Per “valori mobiliari” si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel
mercato dei capitali, quali ad esempio:
a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti
e certificati di deposito azionario;
b) obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli;
c) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di versare i valori
mobiliari indicati alle precedenti lettere;
d) qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinano con riferimento
ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti,
a merci, a indici o a misure.
Per “strumenti del mercato monetario” si intendono categorie di strumenti normalmente
negoziati nel mercato monetario, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le
carte commerciali.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
15
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
risultante dalla negoziazione in uno o più mercati regolamentati nei sei mesi
precedenti il conferimento (il termine di 6 mesi è stato indicato dalla legge delega);
2) se oggetto del conferimento sono beni in natura o crediti diversi da valori mobiliari
o strumenti del mercato monetario e il valore attribuito:
a) corrisponde al valore equo ricavato da un bilancio approvato da non oltre un
anno, sottoposto a revisione legale, a condizione che la relazione non esprima
rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto di conferimento.
La direttiva precisa “il cui valore equo sia ricavato, per ogni singolo cespite”
dal bilancio.
b) corrisponde al valore equo risultante da una valutazione precedente di non
oltre sei mesi, conforme ai principi generalmente riconosciuti per la
valutazione dei beni oggetto del conferimento, redatta da un esperto
indipendente e dotato di adeguata e comprovata professionalità.
In merito all’ipotesi sub 2 a), recita la Relazione Ministeriale, poiché “la direttiva
fa testuale riferimento al fair value, l’operatività della disposizione sarà limitata ai beni
per i quali il bilancio della società conferente abbia adottato il predetto criterio5. La
direttiva fa riferimento al bilancio dell’esercizio precedente: si è tradotta questa
nozione in quella di bilancio approvato da non oltre un anno, che sembra più fedele
rispetto al riferimento all’ultimo bilancio approvato, proposto da alcune risposte alla
consultazione, che pare comprendere un periodo di tempo più lungo di quello
contemplato dalla direttiva”.
La circostanza che il bilancio dal quale è desunto il valore del bene sia stato
sottoposto a revisione contabile, nulla aggiunge ai fini della corretta ed effettiva
formazione del capitale sociale in quanto il revisore non fa propri i valori indicati in
bilancio, sicuramente non verifica il valore del “singolo cespite”, ma essenzialmente
verifica la correttezza delle procedure di rappresentazione contabile dei fatti aziendali6.
Non pare corretto ritenere che il revisore, che ha espresso un giudizio sul bilancio
di una società, possa essere chiamato a rispondere per il fatto che taluni cespiti siano
conferiti ad un valore di bilancio risultato non attendibile nel contesto della società
5
A normativa attuale, pertanto, potranno utilizzare tale disposizione soltanto le società che
redigono il bilancio applicando i principi contabili internazionali, mentre quando saranno
recepite le direttive n. 2001/65/CE e n. 2003/51/CE, a sensi dell’art. 25 della Comunitaria 2007,
l’applicazione delle disposizioni sarà possibile per un numero elevatissimo di società non
quotate, le quali saranno obbligate a valutare a fair value gli strumenti finanziari derivati e
potranno optare per l’utilizzo del fair value anche per alcune attività diverse.
6
Il Principio di revisione 545 sul controllo delle valutazioni effettuate a fair value, prevede che
compito del revisore è quello di ottenere sufficienti ed appropriati elementi probatori circa il
fatto che le misurazioni del fair value e la relativa informativa siano in accordo con il quadro
normativo sull’informazione finanziaria, nonché valutare che il metodo di valutazione del fair
value sia adeguato alle circostanze.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
16
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
conferitaria.
3. I requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto
In merito all’ipotesi sub 2 b), recita ancora la Relazione Ministeriale, è opportuno
“un confronto fra l’articolo 10 della Seconda Direttiva e la trasposizione nella norma
italiana. Il primo richiede che la relazione sia redatta da uno o più esperti indipendenti
dalla società, designati o autorizzati da un’autorità amministrativa. L’articolo 2343,
primo comma c.c., ha previsto la relazione di un esperto designato dal Tribunale,
ritenendo che la designazione da parte di un terzo fosse sufficiente a garantirne
l’indipendenza della società. L’articolo 10-bis della Seconda Direttiva, richiede ancora
una volta l’indipendenza, mentre la designazione da parte dell’autorità giudiziaria e
amministrativa è stata sostituita dall’abilitazione”.
Il decreto legislativo sostituisce il termine “abilitazione” con il possesso di
“adeguata e comprovata professionalità”, delegando all’organo amministrativo (art.
2343 quater, 2° comma c.c.) la verifica dell’idoneità dei “requisiti di professionalità ed
indipendenza dell’esperto”.
Precisa la Relazione Ministeriale che si è voluto evitare di richiedere l’iscrizione
al Registro dei Revisori Contabili “per non restringere ingiustificatamente la platea dei
soggetti abilitati”. Tuttavia la scelta operata pare frutto dell’ignoranza (voluta o
casuale?) che il termine “abilitazione” è ben presente nel nostro ordinamento, che
esistono esami di Stato per “l’abilitazione” all’esercizio delle professioni (tra le quali
quella di dottore commercialista ed esperto contabile) e che l’operazione di stima
richiede il possesso di specifiche competenze economico aziendalistiche che
l’abilitazione certifica.
Quanto alla verifica dell’idoneità dei requisiti di professionalità ed indipendenza
dell’esperto, operata ex post dall’organo amministrativo, è immediato chiedersi quanto
l’organo amministrativo potrà o vorrà essere, a sua volta, “indipendente” nell’esprimere
il giudizio sull’esperto ed è legittimo chiedersi sulla base di quali parametri gli
amministratori possano o debbano ritenere “idonei” i requisiti di professionalità ed
indipendenza dell’esperto.
Come già sostenuto dall’Assonime nelle osservazioni al documento di
consultazione, la nozione “di abilitazione implica l’esistenza di determinati e ben
precisi requisiti di professionalità e onorabilità, il cui rispetto viene comunque
verificato da un’entità esterna, con conseguente iscrizione in apposito albo o elenco” ed
ancora “oltrepassare con valenza generale il grado di liberalizzazione già adottato per
le s.r.l. per adottare una disciplina che lascia le parti interessate totalmente arbitre di
valutare l’esistenza in capo all’esperto dei requisiti necessari suscita perplessità”.
4. Criteri di valutazione
La disposizione appare comunque problematica, sia nel caso in cui la precedente
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
17
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
valutazione nascesse in un contesto e con finalità completamente diverse (si pensi ad
una valutazione a fini ereditari od a fini assicurativi), sia, soprattutto, nel caso in cui,
come ipotizza la Relazione Ministeriale, “la valutazione di cui alla lettera b) dell’art.
2343 ter, secondo comma, sia ab origine preordinata al conferimento, esattamente
come quella di cui all’art. 2343, 1° comma”.
Infatti, in riferimento ai criteri secondo i quali è stata condotta la presistente
valutazione, non sono stati individuati precisi criteri di valutazione, anche in coerenza
con la genericità del 1° comma dell’art. 2343.
La previsione comunitaria (art. 10bis), stabilendo che la valutazione sia effettuata
conformemente “ai principi e ai criteri di valutazione generalmente riconosciuti nello
Stato membro” induce a ritenere che sia giunto il momento che le professioni
regolamentate codifichino un set di principi di valutazione ad hoc, che potrebbe essere
correttamente istituzionalizzato, esattamente come è avvenuto per i principi contabili.
Inoltre, a proposito di “valore”, deve essere segnalato, come indicato nelle
osservazioni del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti
Contabili, che, mentre nel testo dell’art. 2343 c.c. risultante dalla riforma Vietti,
l’esperto deve attestare che il valore dei beni “è almeno pari” a quello per il quale
avviene il conferimento, e potrebbe essere superiore, invece il testo dell’art. 2343 ter
c.c. propone, inopportunamente, la formula per cui il valore del bene necessariamente
“corrisponde” a quello del capitale e dell’eventuale sovrapprezzo.
Ancora, tornando alla verifica della valutazione da parte degli amministratori,
prevista dall’art. 2343 quater c.c., la stessa Relazione Ministeriale evidenzia che la
disciplina “potrebbe risultare in una certa misura incoerente con quella di cui all’art.
2343: in base a tale ultima disposizione, infatti, nonostante la presenza di una relazione
di un esperto designato dall’autorità giudiziaria (redatta entro i quattro mesi
precedenti il conferimento, secondo la prassi) gli amministratori sono tenuti in ogni
caso a controllare la valutazione da questo effettuata”.
Invece, secondo l’art. 2343 quater c.c., “la verifica degli amministratori non ha
ad oggetto la valutazione iniziale, bensì la sussistenza di circostanze, che su questa
incidono, sopravvenute tra la data della valutazione dell’esperto o la data di chiusura
del bilancio e la data del conferimento nonché i fatti eccezionali verificatosi fra il
termine del periodo di riferimento e al data effettiva del conferimento, tali che il prezzo
medio ponderato non rifletta il valore del conferimento”.
Se quella indicata nella Relazione Ministeriale fosse la corretta interpretazione, si
dovrebbe ritenere che gli amministratori risultano in tal modo esonerati da ogni
responsabilità in caso di stima originariamente errata, dovendo occuparsi solo di fatti
sopravvenuti.
Se, come dice la Relazione Ministeriale, la valutazione di cui all’art. 2343 ter c.c.
fosse da ritenersi definitiva, qualora non siano intervenuti fatti nuovi “eccezionali” o
“rilevanti”, si avrebbe la situazione paradossale di impossibilità da parte degli
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
18
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
amministratori di sottrarre la società ad una distorsione derivante da una valutazione
errata fin dall’origine.
Tuttavia, a parere di chi scrive, non è questa l’interpretazione letterale corretta,
considerato che, nei citati trenta giorni dall’iscrizione della società, gli amministratori
devono depositare presso il registro delle imprese (art. 2343, 3° comma lett. c) una
dichiarazione che il valore dei beni o dei crediti conferiti, senza la relazione dell’esperto
nominato dal Tribunale, è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della
determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo.
Qualora si siano verificati i fatti eccezionali o nuovi rilevanti, di cui al primo
comma dell’art. 2343 quater c.c , ovvero gli amministratori ritengano non idonei i
requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto, essi procedono ad una nuova
valutazione, applicando in tal caso l’art. 2343 c.c. La norma non specifica se l’onere
della nuova valutazione è posto a carico del conferente o della società, ma, dalla lettura
della Relazione Ministeriale, traspare l’interpretazione che la nuova valutazione voluta
dagli amministratori ha “l’effetto di onerare la società dei costi della valutazione da cui
è stato liberato il socio conferente”.
5. Aumento del capitale sociale
L’articolo 27 della Seconda direttiva, come modificato dalla direttiva n.
2006/68/CE, dispone che le semplificazioni si applichino anche alla sottoscrizione di un
aumento di capitale liberato mediante conferimenti in natura.
La dichiarazione di conformità degli amministratori di cui all’art. 2343 quater c.c.
sarà, in questa fattispecie, allegata all’attestazione dell’avvenuta sottoscrizione di cui
all’art. 2444 c.c., e, nel caso in cui la verifica abbia esito negativo, trova applicazione
l’art. 2343 c.c.
Il nuovo art. 2440 bis c.c. riguarda l’aumento del capitale delegato al Consiglio di
Amministrazione, liberato mediante conferimento di beni in natura e di crediti, senza
relazione di stima.
L’estensore della norma, a seguito delle osservazioni emerse dalla consultazione,
ha correttamente ritenuto che la previsione dell’art. 10 ter, par. 2 della direttiva
(dichiarazione preventiva con descrizione dei beni conferiti, valore e metodo di
valutazione e fonte di tale valutazione) sia applicabile solo ai casi di aumento di capitale
delegato, per rendere edotti i soci della decisione prima che il conferimento venga
eseguito.
Di conseguenza, gli amministratori, eseguita la verifica di cui all’art. 2343 quater,
1° comma c.c., depositano una prima dichiarazione in allegato al verbale di
deliberazione di aumento.
Nei trenta giorni successivi all’iscrizione, i soci che rappresentano, alla data della
delibera, almeno il 5% del capitale, possono richiedere la presentazione di una nuova
valutazione, effettuata a sensi dell’art. 2343 c.c.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
19
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
Qualora tale nuova valutazione sia richiesta, gli amministratori depositano per
l’iscrizione al registro imprese la dichiarazione che non sono intervenuti i fatti e le
circostanze di cui al 2343 quater, 1° comma c.c., successivamente alla data della
precedente comunicazione.
Non appare, invece, condivisibile la scelta operata dall’estensore della norma di
limitare il diritto del socio di minoranza alla fattispecie di aumento di capitale delegato
agli amministratori: infatti, anche nel caso di delibera di assemblea anziché degli
amministratori, i soci devono essere edotti prima che il conferimento venga eseguito.
D’altro canto non appare corretta l’affermazione contenuta nella Relazione Ministeriale
che l’art. 10 bis, par. 2, terzo comma della direttiva si debba leggere in stretto
collegamento con la sola fattispecie di aumento di capitale delegato agli amministratori.
Non è infatti tassativo che l’aumento di capitale deliberato dall’assemblea e il
conferimento siano contestuali, e conseguentemente è corretto che l’iter procedurale e le
tutele delle minoranze siano analoghe nei due casi.
Appare, infine, importante rilevare7 che la disposizione non è idonea ad assicurare
una tutela piena ed efficace delle minoranze, le quali potrebbero essere danneggiate,
oltre che da una sovrastima del conferimento, anche da una sottostima del prezzo di
emissione corrispondente. Quindi, in simmetria con quanto previsto in sede di fusione,
sarebbe corretto attribuire agli azionisti di minoranza il diritto di richiedere la relazione
di un esperto sulla congruità del prezzo di emissione.
6. Tutela per azionisti e creditori
Come si diceva all’inizio, il considerando 2 della direttiva n. 2006/68/CE,
richiama la conclusione della Commissione che la semplificazione non deve “ridurre le
tutele di azionisti e creditori”.
Nel complesso delle norme proposte, pare invece che la valutazione dei
conferimenti in natura effettuato per relationem riduca le garanzie a favore dei soci e dei
creditori. In proposito, oltre a richiamare quanto già accennato in merito alla verifica
della professionalità e indipendenza del perito, alla possibile non indipendenza
dell’amministratore, il quale deve solo dare notizia di un eventuale interesse
nell’operazione, ai poteri degli azionisti di minoranza limitati alla fattispecie di aumento
di capitale delegato, alla circostanza che il prezzo di emissione non è valutato da un
terzo indipendente, giova ricordare che la valutazione di cui all’art. 2343 ter c.c. non è
asseverata e che i creditori non possono esercitare l’opposizione invece prevista nei casi
di fusione e scissione.
In particolare, il legislatore ha ritenuto di non estendere all’ipotesi del
conferimento in natura effettuato all’atto della costituzione, la facoltà dei soci di
7
Vedi: osservazioni del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili al
documento di consultazione.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
20
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
minoranza di richiedere, a spese della società la nuova valutazione, trattandosi di
fattispecie non espressamente indicata nella direttiva.
Chi sarà chiamato a rispondere dei danni in caso di valutazione erronea?
L’esperto che esegue la valutazione ex art. 2343 c.c. assume la responsabilità nei
confronti della società, dei soci e dei terzi.
Analoga responsabilità assume l’esperto di cui al secondo comma lett. b) dell’art.
2343 ter. c.c. Tale disposizione sarà sempre applicabile, anche quando la valutazione
iniziale fosse redatta a fini completamente diversi, quindi in ambiti oggettivi che
possono richiedere valutazioni con applicazione di criteri diversi? L’esperto, che per
qualsiasi motivo sia chiamato ad effettuare una valutazione di beni, come può
prevedere, se il suo operato sarà utilizzato a fini di conferimento, quale può essere il
valore corretto di capitale e sovrapprezzo nel contesto di una conferitaria non nota al
momento della valutazione?
Nel caso il valore equo dei beni conferiti risulti dal bilancio sottoposto a
revisione, chi è il responsabile? Sicuramente non il soggetto che ha effettuato la
revisione legale, avendo questa attività fini ed obiettivi diversi rispetto a quella di
attestazione di un valore equo.
In ultima analisi, l’ambito delle responsabilità pare restringersi agli
amministratori chiamati a fornire la dichiarazione cui all’art. 2343 quater c.c., i quali
assumono responsabilità anche penali (art. 2632 c.c.) in caso di sopravalutazione
rilevante dei conferimenti in natura.
La direttiva dispone (art. 10 ter par. 3) che ogni Stato “prevede garanzie adeguate
per assicurare il rispetto delle procedure” qualora sia effettuato un conferimento con le
modalità semplificate.
Nel decreto legislativo si è ritenuto di non prevedere ulteriori disposizioni, in
considerazione del regime di responsabilità vigente.
7. Società a responsabilità limitata
Le proposte di semplificazione non si estendono alle società a responsabilità
limitata, non previste dalla Seconda direttiva e, comunque, non richiamate nella legge
delega.
In ogni caso, le società a responsabilità limitata con la riforma Vietti hanno già
avuto una disciplina autonoma e semplificata.
8. Acquisto delle società da procuratori, fondatori, soci ed amministratori
La Seconda direttiva prevede (art. 11) che anche l’acquisizione da parte delle
società di elementi dell’attivo appartenenti a procuratori, fondatori, soci e
amministratori sia soggetta a verifica e pubblicità analoga a quella prevista per i
conferimenti di beni in natura. La direttiva di modifica ha previsto che sia applicabile
anche in questi casi la procedura semplificata.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
21
STUDI E OPINIONI
CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI
Ovviamente lo Stato membro può trattare in modo diverso l’ipotesi di acquisto
rispetto a quella dei conferimenti in natura, prevedendo la semplificazione solo per il
procedimento relativo a questi ultimi.
Nel silenzio della legge delega, la disposizione di semplificazione non è stata
inserita nel decreto legislativo.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
22
STUDI E OPINIONI
LE DECISIONI DEGLI
AMMINISTRATORI E DEI SOCI
MEDIANTE CONSULTAZIONE SCRITTA
O CONSENSO ESPRESSO PER ISCRITTO
Il legislatore prevede la possibilità di decisioni extra assembleari degli amministratori
e dei soci, specificando i casi in cui è ammissibile derogare al principio di collegialità
ed individuando alcuni profili del relativo procedimento. Spetta all’interprete e
all’operatore integrare la relativa disciplina.
di ORESTE CAGNASSO
1. L’utilizzo delle tecniche della consultazione e del consenso scritti presuppone
una clausola statutaria che ne consenta l’applicazione: è quindi frutto - come
nell’ipotesi parallela delle decisioni dei soci - di una loro scelta. In mancanza, vale il
principio di collegialità nella sua accezione piena.
Assai problematica è per contro l’individuazione dell’ambito all’interno del
quale queste modalità possono operare. Mentre per le decisioni dei soci il legislatore
circoscrive il perimetro di applicazione della “collegialità attenuata”, nulla è detto
espressamente per le decisioni degli amministratori.
L’art. 2475 ultimo comma c.c. dispone invero che la redazione del progetto di
bilancio e dei progetti di fusione e scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale
delegate agli amministratori siano in ogni caso di competenza dell’organo
amministrativo. Il terzo comma della norma esclude dall’applicazione dei regimi di
amministrazione disgiuntiva o congiuntiva le attribuzioni ora richiamate. La regola ha
quindi una duplice valenza: da un lato, indica una sfera di competenze inderogabilmente
spettanti all’organo amministrativo e quindi non conferibili dall’atto costitutivo ai soci;
dall’altro, stabilisce che i regimi di amministrazione “estrapolati” dalla disciplina delle
società di persone non possono venire in considerazione con riferimento a tali
competenze. In altre parole, queste spettano in ogni caso al consiglio di
amministrazione: rimane il dubbio se si tratti di consiglio operante secondo il principio
di collegialità piena o anche, ove previsto, secondo quello della collegialità attenuata.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
23
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
Nessuna indicazione può trarsi, a mio avviso, dal mutamento della formula di
chiusura contenuta nell’art. 2475 u.c. c.c.: infatti, nel testo originario del decreto
legislativo, le competenze ivi indicate erano attribuite al consiglio di amministrazione;
ora, dopo le correzioni introdotte nel luglio 2003, vengono conferite all’”organo
amministrativo”. A parte il fondato dubbio relativo alla legittimità dell’innovazione,
intervenuta in sede di correzioni di errori materiali del testo legislativo, non pare che la
differente espressione possa assumere rilievo: in ogni caso rimane, anche con la nuova
formulazione, il dubbio se il consiglio di amministrazione o l’organo amministrativo
possano operare con le modalità della consultazione o del consenso scritti con
riferimento alle competenze elencate nell’ultimo comma dell’art. 2475 c.c.
Ponendo a confronto la disciplina dettata per le decisioni dei soci con le regole
relative a quelle degli amministratori può constatarsi, in primo luogo, che nell’un caso
la minoranza di essi o ciascun amministratore possono richiedere l’adozione di una
deliberazione collegiale, mentre analoga facoltà non è prevista nell’altra ipotesi:
pertanto i singoli amministratori non possono imporre il meccanismo della collegialità
in presenza di una clausola dell’atto costitutivo che preveda le tecniche della
consultazione o del consenso scritti. La differenza di disciplina può trovare spiegazione,
tenendo conto che il dibattito ed il confronto tra gli amministratori può comunque essere
agevole, anche in mancanza di un’apposita riunione.
Inoltre, il legislatore, mentre circoscrive la possibilità di utilizzazione dei regimi
di amministrazione disgiunta e congiunta, nessuna “barriera” pone espressamente al
ricorso alla collegialità attenuata. La via da percorrere per risolvere il problema
dell’estensibilità o non dei limiti di applicazione dei primi alla seconda mi sembra
quella della ricostruzione del fondamento della norma che esclude espressamente i
sistemi di amministrazione disgiunta e congiunta con riferimento alle decisioni aventi
per oggetto la redazione del progetto di bilancio, di quelli di fusione e di scissione e
l’aumento delegato di capitale.
L’esclusione del regime di amministrazione disgiunta deriva dalla
incompatibilità tra esso e le decisioni in questione, che non possono evidentemente
essere adottate da singoli amministratori. Anche in mancanza di una norma espressa in
tal senso, si sarebbe dovuto arrivare alla medesima conclusione, così come avviene per
le società di persone.
Meno agevole appare l’individuazione della ratio dell’esclusione del regime di
amministrazione congiunta. Invero non si comprende come il regime congiunto
all’unanimità - che offre la massima garanzia di compattezza tra gli amministratori non sia idoneo a consentire l’adozione delle decisioni in questione. Forse il legislatore
ha ritenuto di accedere a questa soluzione ritenendo necessario che in tal caso le
decisioni risultino da atto scritto.
Nell’ipotesi del regime di amministrazione congiunta a maggioranza, il
fondamento dell’esclusione potrebbe essere ricercato, oltre che nella mancanza del
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
24
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
requisito di forma, nella possibilità - se questa è la lettura della disciplina delle società
di persone - che sia ricercato il consenso all’interno della sola maggioranza degli
amministratori.
Se si ricostruiscono le giustificazioni delle scelte del legislatore nel senso ora
indicato, si può concludere che esse non valgono in caso di consultazione e consenso
scritti. In questa ipotesi, infatti, si tratta di amministrazione collettiva, di decisioni che
necessariamente debbono essere adottate per iscritto, raccogliendo il consenso tra tutti
gli amministratori. Mi pare, quindi, che le tecniche di collegialità attenuata possano
venire in considerazione anche con riferimento alla redazione del progetto di bilancio e
di quelli di fusione e di scissione.
Differente mi sembra il discorso nel caso di deliberazione di aumento del
capitale affidata agli amministratori. Ragioni di coerenza sistematica inducono a
ritenere che la decisione debba necessariamente assumere i caratteri della collegialità
piena, dal momento che tale deve essere quella di aumento di capitale adottata dai soci
(in quanto modificativa dell’atto costitutivo).
Occorre aggiungere che anche nell’ambito della società a responsabilità limitata
il legislatore consente la delega agli amministratori della decisione di riduzione del
capitale per perdite: infatti l’art. 2482 - bis c.c., all’ultimo comma, richiama a sua volta
l’ultimo comma dell’art. 2446 c.c., in tema di società per azioni, secondo il quale, “nel
caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una
sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per
l’assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale (per perdite)
sia deliberata dal consiglio di amministrazione”; in tal caso vengono in considerazione
le regole relative alla verbalizzazione notarile, al controllo del notaio, alla pubblicità nel
registro delle imprese previste dall’art. 2436 c.c. A parte la difficoltà di adattare la
norma alla società a responsabilità limitata, il legislatore prevede la possibilità di
conferire agli amministratori una competenza riconducibile alle modificazioni dell’atto
costitutivo. Ciò posto, analogamente a quanto stabilito per l’aumento di capitale
delegato, pare coerente ritenere, in primo luogo, che i modelli di amministrazione
disgiunta e congiunta non possano applicarsi con riferimento a tale decisione; in
secondo luogo, che per la stessa valgano i principi della collegialità piena,
espressamente richiamati per essa quando adottata dai soci (cfr. l'art. 2479 c.c.).
In conclusione, a mio avviso, le regole previste dal legislatore con riferimento
all’area di applicabilità dei vari modelli di amministrazione possano essere così
schematizzate:
- l’amministrazione disgiunta non è applicabile alle decisioni elencate nell’art.
2475, ultimo comma, c.c. (oltre che in caso di riduzione delegata del capitale per
perdite) per incompatibilità con esse;
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
25
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
- l’amministrazione congiunta, all’unanimità o a maggioranza, non può valere in
tali ipotesi, in quanto manca il ricorso alla forma scritta e, nel secondo caso, il
necessario coinvolgimento di tutti gli amministratori;
- le regole di collegialità attenuata non possono venire in considerazione con
riferimento all’aumento - ed alla riduzione - delegate del capitale, non potendo valere
con riferimento alla decisione dei soci avente il medesimo contenuto.
Pertanto potranno essere adottate mediante consultazione scritta o consenso
espresso per iscritto tutte le decisioni degli amministratori, sia quelle di carattere
gestorio in senso stretto, sia quelle con contenuto organizzativo (quali la creazione di
assetti adeguati, la nomina dei delegati, la valutazione degli assetti o dei piani posti in
essere da questi ultimi, l’esercizio dei poteri di intervento nei loro confronti, la nomina
di direttori generali, ...).
Occorre aggiungere che la disciplina delle fusioni e delle scissioni semplificate
consente, a certe condizioni, l’attribuzione all’organo amministrativo della competenza
di approvare i relativi progetti: anche in tale ipotesi, così come nel caso dell’aumento di
capitale, si tratta di attribuzioni, normalmente spettanti ai soci, che comportano una
modificazione dell’atto costitutivo e che richiedono quindi una deliberazione
assembleare. Pure per essa mi pare che la consultazione ed il consenso scritti non
possano venire in considerazione, quando tali competenze siano conferite all’organo
amministrativo.
2. L’atto costitutivo può prevedere l’utilizzo della consultazione scritta o del
consenso espresso per iscritto oppure solo dell’una o dell’altra modalità o anche della
prima con riferimento a determinate decisioni e dell’altra con riferimento ad altre
competenze. Può ammettere il ricorso alla collegialità attenuata per l’intera area in cui è
consentito dal legislatore, oppure per un’area più circoscritta; può altresì stabilire che,
come nell’ipotesi delle decisioni dei soci, ciascun amministratore abbia la facoltà di
richiedere l’applicazione della collegialità piena.
In ogni caso, come si è già osservato nelle pagine precedenti, per alcune
competenze vale necessariamente tale regola. Pertanto, anche nell’ipotesi di adozione
delle modalità della consultazione o del consenso scritti (o dei regimi di
amministrazione disgiunta o congiunta), è presente e può essere operante il consiglio di
amministrazione.
a) L’atto di iniziativa.
Il “potere di iniziativa”, in caso di consultazione scritta, può essere attribuito al
Presidente del Consiglio di amministrazione o anche ai singoli amministratori. Anche
qualora l’atto costitutivo preveda il ricorso alla collegialità attenuata, pare infatti
necessaria la nomina del Presidente del Consiglio di amministrazione, sia perché lo
stesso legislatore qualifica tale tecnica come una variante in presenza appunto del
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
26
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
consiglio, sia perché in ogni caso sussistono competenze, come si è osservato,
inderogabilmente attribuite ad esso con le modalità della collegialità piena.
Naturalmente l’esercizio del potere di iniziativa costituisce una facoltà o un
obbligo a seconda che “la messa in moto” del meccanismo, diretto a consentire il
formarsi di una decisione degli amministratori, costituisca un atto discrezionale o sia
oggetto di un dovere imposto dal legislatore.
Nel silenzio dell’atto costitutivo, occorre stabilire se esso spetti al presidente o ai
singoli consiglieri. A mio avviso, il problema può essere risolto applicandosi le regole,
contenute nell’atto costitutivo o desumibili in via interpretativa, in tema di
convocazione del consiglio.
Chi promuove l’iniziativa deve, come si è già rilevato, formulare una o più
proposte di decisione, da sottoporre all’approvazione degli amministratori e verificare la
sussistenza dei presupposti di legge per l’applicazione delle modalità in esame, e quindi
la collocazione delle materie, oggetto della decisione, all’interno del perimetro fissato
dai soci o stabilito dal legislatore per l’applicabilità dei metodi di collegialità attenuata.
L’interpretazione della formula “consultazione scritta” pone il dubbio se
debbano rivestire tale forma sia l’atto di iniziativa, sia quello di consenso o solo
quest’ultimo. Pare preferibile la prima soluzione, più aderente al dato testuale e più
opportuna sotto il profilo operativo, dal momento che in tal modo il socio può
acconsentire alla proposta con la sua semplice sottoscrizione.
In ipotesi di consenso espresso per iscritto, non pare neppure necessario un atto
formale di iniziativa, ma è sufficiente che si formi una maggioranza in ordine ad una
decisione, su cui tutti gli amministratori siano stati interpellati. Naturalmente nulla
esclude che anche in tal caso esso venga formulato da parte di un consigliere con
l’indicazione degli argomenti all’ordine del giorno.
Con riferimento alla società per azioni il legislatore impone agli organi delegati
specifici doveri di informazione e stabilisce che gli amministratori sono tenuti ad agire
in modo informato: in ogni caso i sindaci di società per azioni, e così pure quelli della
società a responsabilità limitata, vigilano sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione. L’applicazione di tali regole, di fondamentale rilievo nella disciplina
dell'organo amministrativo e certamente di portata generale nel contesto delle società di
capitali, comporta, a mio avviso, da un lato, l'obbligo, per l'amministratore che
promuove i procedimenti, di fornire agli altri consiglieri le informazioni e i documenti
necessari per consentire loro una meditata decisione, e per gli amministratori il cui
consenso viene sollecitato di richiedere le eventuali ulteriori informazioni che
ritenessero necessarie al fine di poter esercitare in modo informato il diritto di voto.
L’atto di iniziativa del procedimento di consultazione scritta deve essere
comunicato a tutti gli amministratori. Dovrà altresì esserlo ai soggetti che esercitano il
controllo in via facoltativa o obbligatoria (revisore unico o sindaci)? In caso di consenso
espresso per iscritto, questi ultimi ne dovranno essere informati? Naturalmente
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
27
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
un’indicazione al proposito inserita nell’atto costitutivo potrebbe essere assai opportuna.
In mancanza, credo che la soluzione debba essere positiva con riferimento al collegio
sindacale qualora esso fosse previsto obbligatoriamente: infatti in tali ipotesi il
legislatore estende ai sindaci di società a responsabilità limitata le norme della società
per azioni e pertanto essi dovranno assistere alle adunanze del consiglio di
amministrazione, ai sensi dell’art. 2405 comma primo c.c. Se la presenza dei sindaci in
tale contesto è diretta a consentire ad essi non solo di acquisire informazioni, ma anche,
e soprattutto, di potere intervenire in sede di dibattito, pare coerente, in caso di decisioni
adottate con la tecnica della collegialità attenuata, prevedere che essi siano previamente
informati della raccolta del consenso al fine permettere loto di intervenire durante il
procedimento, acquisendo le informazioni che ritenessero necessarie oppure prendendo
i contatti opportuni, al fine di consentire in ogni caso un eventuale “dibattito”, sia pure
al di fuori dei canoni dell’unità spazio - temporale. Più incerta mi sembra la soluzione in
presenza di organi di controllo di carattere facoltativo: in tal caso, in mancanza di regole
contenute nell’atto costitutivo, occorre far riferimento al tipo di controllo ad essi
affidato.
E’ necessario ancora verificare se la comunicazione - che può avvenire con
qualsiasi mezzo - a tutti gli amministratori debba essere contestuale o “successiva”. Mi
pare che l’atto costitutivo possa prevedere l’una o l’altra modalità o anche tutte e due in
via alternativa. In mancanza di indicazioni, mi sembra che chi assume l’iniziativa possa
adottare l’una o l’altra.
b) Il consenso.
I singoli amministratori possono dichiarare di consentire alla proposta oggetto
della consultazione, sottoscrivendone il testo o con atto separato, oppure manifestare il
proprio dissenso o, ancora, la propria astensione. Analogamente, nel caso di consenso
espresso per iscritto, possono manifestare la loro volontà con una dichiarazione di
assenso ad una certa decisione o di contrarietà o di astensione.
Il silenzio, in mancanza di una diversa qualificazione contenuta nell’atto
costitutivo, mi pare equiparabile all’assenza in un procedimento a collegialità piena.
Tale conclusione, se accolta, determina una conseguenza di notevole rilievo nella
ricostruzione del procedimento di formazione della volontà con le modalità in esame:
infatti, anche con riferimento ad esso risulta configurabile l’esistenza del quorum
costitutivo. Invero, salva l’ipotesi in cui l’atto costitutivo equipari il silenzio del
legittimato al dissenso o all’astensione, non mi pare che possa essere inteso in altro
modo, se non come indice o della volontà di non partecipare o dell’impossibilità di
prendere parte alla “raccolta dei consensi”, con la medesima valenza quindi dell’assenza
rispetto al procedimento “assembleare”.
Come si è già sottolineato, per espressa volontà del legislatore, il consenso deve
risultare da atto scritto.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
28
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
La dichiarazione di ciascun amministratore deve essere comunicata con le
modalità stabilite nell’atto costitutivo o, in mancanza, in qualunque modo idoneo, al
Presidente del Consiglio di amministrazione: infatti a quest’ultimo spetta il compito di
verificare se sia formata, secondo le modalità previste dal legislatore e dell’atto
costitutivo, la volontà dell’organo amministrativo. In particolare egli deve verificare, in
caso di consenso espresso per iscritto e qualora le dichiarazioni degli amministratori
siano contenute in atti separati, la congruenza tra di esse, al fine di accertare la
sussistenza di una volontà concorde: si tratta ovviamente di un compito che può
presentare difficoltà interpretative ed incertezze, comportando la ricostruzione della
portata sostanziale delle varie dichiarazioni.
L’atto costitutivo può fissare un termine minimo ed uno massimo per consentire
a ciascun amministratore di esprimere il proprio “voto” in modo informato (avendo la
possibilità di acquisire le necessarie informazioni e di consultare gli altri consiglieri ed
eventualmente di influire sulla loro decisione) oppure anche solo un termine massimo.
In mancanza di indicazioni pattizie, non pare facilmente individuabile - forse non è
neppure possibile - una regola suppletiva: chi attiva l’iniziativa potrà sicuramente
indicare un termine congruo entro il quale il consenso deve essere espresso.
c) La modificabilità dell’atto di iniziativa.
Qualora gli amministratori siano chiamati ad esprimersi con le modalità della
consultazione scritta in ordine ad una determinata proposta, questa non pare
modificabile, salvo l’avvio di altra iniziativa.
d) La revoca del consenso.
Tenuto conto che le tecniche della consultazione e del consenso per iscritto
richiedono il necessario “coinvolgimento” di tutti gli amministratori, il procedimento di
raccolta dei consensi si conclude non quando viene raggiunta la maggioranza, ma solo
nel momento in cui risultano consultati tutti i legittimati. Pertanto ogni amministratore
potrà variare l’espressione della propria volontà e ciò fino al momento in cui si è
concluso l’iter procedurale.
Tale affermazione non pare in contrasto con la regola della non modificabilità
del voto, una volta espresso: infatti, applicandosi il principio della collegialità piena,
con la conseguente presenza contestuale dei soggetti legittimati, l’esercizio del diritto di
voto avviene a seguito del dibattito e dell’eventuale richiesta di informazioni; nel caso
della collegialità attenuata, occorre per contro consentire a ciascun legittimato di
“dialogare” con gli altri, eventualmente influenzando la loro opinione, anche se già
espressa.
e) Le fasi successive.
Il Presidente del Consiglio di amministrazione dovrà, una volta consultati tutti
gli amministratori verificare se sia stata raggiunto il quorum costitutivo e se si sia
formata la maggioranza, tenuto conto dei consensi, dei dissensi, delle astensioni, delle
mancate risposte.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
29
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
I quorum costitutivi e deliberativi possono essere previsti nell’atto costitutivo; in
mancanza saranno quelli applicabili alla decisioni del consiglio di amministrazione per
volontà dei soci o, in assenza di regole legali al proposito, in virtù di una norma
ricostruita in sede interpretativa.
Il Presidente dovrà comunicare l’esito della consultazione agli altri
amministratori ed all’organo di controllo? In mancanza di indicazioni nell’atto
costitutivo, la risposta pare essere negativa, dal momento che il contenuto della
decisione dovrà essere trascritto nel relativo libro, a cui dovranno essere allegati i
documenti sottoscritti dagli amministratori.
Naturalmente la decisione sarà soggetta a pubblicità nei casi previsti dal
legislatore.
d) I vizi.
La decisione adotta con il voto determinante di un amministratore in conflitto di
interessi potrà essere impugnata in presenza dei presupposti e secondo le modalità
stabiliti nel secondo comma dell’art. 2475 - ter c.c. Analogo discorso vale nel caso in
cui si ritenga possibile far valere gli altri vizi della decisione, applicando anche alla
società a responsabilità limitata le regole in tema di invalidità delle deliberazioni del
consiglio di amministrazione dettate per la società per azioni dal quarto comma dell’art.
2388 c.c..
3. Anche per le decisioni dei soci l’utilizzo delle regole di collegialità attenuata
richiede una scelta in tal senso effettuata nell’atto costitutivo.
La loro area di applicazione risulta “a geometria variabile”: infatti, da un lato, il
legislatore esclude il ricorso a esse in relazione alle decisioni che modifichino l’atto
costitutivo, anche in via indiretta, incidendo in modo sostanziale sull’oggetto sociale o
in maniera rilevante sui diritti dei soci; dall’altro, ciascun amministratore o una
minoranza qualificata dei soci hanno la facoltà di “imporre” l’utilizzo del metodo
assembleare. Queste limitazioni comportano problemi interpretativi non sempre di
agevole soluzione: infatti occorre, in primo luogo, verificare se sussistano altre decisioni
dei soci non adottabili con queste tecniche; in secondo luogo, è necessario ricostruire
l’iter procedurale in modo tale da consentire, al suo interno, l’esercizio della facoltà, da
parte degli amministratori o dei soci, di ricorrere alla collegialità piena (e quindi anche i
limiti temporale entro i quali può essere fatta valere).
Invero è dato riscontare nel lessico delle nuove norme la presenza del termine
“assemblea” (in luogo della formula, più ampia, “decisione dei soci”, idonea a
ricomprendere anche quelle extra assembleari) e conseguentemente occorre esaminare
se mediante esso il legislatore abbia inteso escludere l’applicazione dei metodi della
consultazione o del consenso scritti oppure se si tratti semplicemente di una
terminologia non coerente con l’attuale disciplina del procedimento di formazione della
volontà dei soci nell’ambito della società a responsabilità limitata. Al proposito pare
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
30
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
opportuno distinguere le ipotesi in cui il termine assemblea è inserito all’interno della
normativa concernente la società a responsabilità limitata (ove è più facile attendersi un
utilizzo coerente delle formule linguistiche) da quelle in cui esso è presente in contesti
differenti, relativi a regole comuni alle società di capitali o a tutti i tipi societari. La
presenza delle formule “assemblea” o “deliberazione assembleare” riferita alle società
di capitali in disposizioni anteriori alla riforma non assume alcun rilievo ai fini
dell’individuazione dell’area di applicazione dei metodi di collegialità attenuata: il
legislatore, all’epoca, infatti non poteva certo avvalersi di un linguaggio differente, dal
momento che il metodo assembleare era inderogabilmente previsto per le società di
capitali. In tali ipotesi pare quindi possibile utilizzare i metodi della consultazione o del
consenso scritti, purché non si tratti di decisioni aventi per oggetto modificazioni
dell’atto costitutivo.
In caso di perdite che incidano sul capitale per oltre un terzo, ai sensi del primo e
del secondo comma dell’art. 2482 bis c.c., gli amministratori devono senza indugio
convocare l’assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti, sottoponendo ad essa
una relazione con le osservazioni del collegio sindacale o del revisore. Il quarto comma
della norma dispone che, se entro l’esercizio successivo la perdita non risulti diminuita a
meno di un terzo, deve essere convocata l’assemblea per l’approvazione del bilancio e
la riduzione del capitale. In caso di perdite che incidano sul capitale per oltre un terzo
riducendolo al di sotto del minimo, gli amministratori, ai sensi dell’art. 2482 ter c.c.,
devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione ed il
contemporaneo reintegro, o la trasformazione della società. Le norme ora richiamate si
riferiscono costantemente all’assemblea dei soci ed a deliberazioni da essa adottate.
Il legislatore, modificando il testo originario del decreto di riforma, ha previsto
espressamente l’esclusione del metodo di collegialità attenuata per le decisioni dei soci
di cui al quarto comma dell’art. 2482 bis c.c. (e quindi per l’approvazione del bilancio e
la conseguente riduzione del capitale). Il richiamo espresso al solo quarto comma
farebbe ritenere che, nonostante l’uso del termine assemblea, sia possibile il ricorso alla
consultazione ed al consenso scritti con riferimento alle decisioni dei soci relative agli
opportuni provvedimenti in caso di perdita del capitale superiore al terzo, anche se, dal
punto di vista sistematico ed operativo, sembrerebbe più coerente ritenere che anch’esse
siano sottoposte alla regola della collegialità piena. Infatti l’obbligo imposto agli
amministratori, in caso di perdita rilevante, di dar conto dei fatti avvenuti dopo la
redazione della relazione, e la previsione che, all’esito, l’assemblea debba adottare gli
opportuni provvedimenti (che quindi paiono presupporre un confronto tra i soci)
sembrano imporre l’utilizzo del metodo assembleare.
Per contro e conseguentemente, la decisione dei soci di delega agli
amministratori della riduzione del capitale per perdite - adottabile, ai sensi dell’ultimo
comma dell’art. 2482 bis c.c. e dei rinvii in esso contenuti, con le maggioranze proprie
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
31
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
delle modificazioni dell’atto costitutivo e quindi non qualificabile di per sé quale
modificazione - non pare richiedere il rispetto del principio di collegialità piena.
L’uso della locuzione assemblea dei soci in altri contesti ed in particolare in
regole di portata generale non pare assumere un particolare rilievo. Così, ad esempio, il
legislatore disciplina, all’art. 2487 c. c., l’assemblea dei soci che nomina e revoca i
liquidatori e fissa i criteri di svolgimento della liquidazione: non si tratta di
modificazioni dell’atto costitutivo, tanto è vero che vengono solo richiamate le relative
maggioranze e pertanto, nel nostro caso, tali decisioni possono essere adottate
applicandosi le regole della collegialità attenuata. Differente è invece il discorso per
l’assemblea che revochi lo stato di liquidazione, che pare riconducibile ad un’ipotesi di
modificazione dell’atto costitutivo. Parimenti, con riferimento alle operazioni
straordinarie, il legislatore usa correttamente il termine deliberazione dei soci, dal
momento che si tratta in ogni caso di modificazioni dell'atto costitutivo e quindi di
decisioni necessariamente collegiali.
Ai sensi dell’art. 2361 comma 2° c.c., l’assunzione di partecipazioni in altre
imprese comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime
deve essere deliberata dall’assemblea.
Non appare dubbio, in primo luogo, che anche la società a responsabilità limitata
possa “assumere partecipazioni” con tali caratteri: infatti, ai sensi dell’art. 111 duodecies disp. att. e trans. c.c., le società in nome collettivo ed in accomandita
semplice devono redigere il bilancio secondo le norme previste per le società per azioni
qualora tutti i loro soci illimitatamente responsabili siano società per azioni, in
accomandita per aziono o a responsabilità limitata.
In secondo luogo, occorre verificare se l’attribuzione di questa competenza ai
soci costituisca una regola applicabile, anche nel silenzio del legislatore, alla società a
responsabilità limitata. La risposta pare essere positiva, dal momento che le ragioni che
hanno indotto il riformatore a tale soluzione per la s.p.a. sono sicuramente presenti
anche nell’ambito della s.r.l.: infatti, anche con riferimento a quest’ultima, l’assunzione
di partecipazioni in imprese comportante l’acquisizione di responsabilità illimitata
presenta motivi di particolare delicatezza, potendo alterare il “rischio” assunto dalla
società. D’altra parte nell’ambito della s.r.l. appartengono inderogabilmente alla
competenza dei soci le operazioni che comportano una sostanziale modificazione
dell’oggetto sociale, quindi le decisioni che anche indirettamente potrebbero incidere
sull’oggetto sociale e pertanto sul rischio assunto dalla società. In qualche misura a
maggior ragione parrebbero appartenervi quelle scelte che modificano tale rischio,
comportando l’assunzione della posizione di socio illimitatamente responsabile.
Rimane infine l’interrogativo che concerne il tema oggetto della presente
indagine: una volta ammesso che l’assunzione delle partecipazioni in discorso competa,
nelle società a responsabilità limitata, ai soci, si tratta di decisione necessariamente
assembleare o anche adottabile secondo le regole della collegialità attenuata?
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
32
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
Naturalmente il dato letterale contenuto nell’art. 2361, comma 2° c.c., che fa espresso
riferimento all’assemblea dei soci, una volta “esportata” la disposizione nel contesto
della società a responsabilità limitata, appare irrilevante: infatti nell’ambito della società
per azioni l’organo costituito dai soci non può che essere l’assemblea. Occorre pertanto
risolvere il dubbio interpretativo alla luce della sola disciplina della società a
responsabilità limitata ed, in particolare, della “riserva di collegialità” in essa prevista:
che peraltro non sembra consentire, nemmeno essa, una risposta positiva al secondo
corno del dilemma. Pur prendendo le mosse da essa pare infatti preferibile ritenere che
la competenza in esame debba essere qualificata come rientrante nelle decisioni dei soci
necessariamente collegiali: invero l’assunzione di partecipazioni comportanti
responsabilità illimitata mi sembra assimilabile - lo si è già sottolineato - alle
operazioni che determinano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale,
incidendo sia queste ultime sia la prima sul rischio assunto dalla società.
Le regole di collegialità attenuata - come quelle relative alle deliberazioni
assembleari - trovano infine applicazione in caso di società a responsabilità limitata
unipersonale, ovviamente con i necessari adattamenti. Ad esempio, la distinzione tra
consultazione scritta e consenso espresso per iscritto pare perdere ogni significato. Per
contro la facoltà di ciascun amministratore di richiedere l'utilizzo della collegialità piena
può ancora venire in considerazione, anche se le differenze tra quest’ultima e quella
attenuata sembrano alquanto ridursi, tenendo conto della disciplina dell’assemblea
totalitaria, che richiede la sola informazione degli amministratori e dei sindaci, e non la
loro necessaria presenza. Forse la differenziazione consiste quasi esclusivamente nella
redazione del verbale, cui si è tenuti in caso di deliberazione assembleare.
4. Anche con riferimento alle decisioni dei soci l’applicazione del metodo
assembleare richiede la presenza di una clausola dell’atto costitutivo, che può prevedere
le tecniche della consultazione scritta e del consenso per iscritto o solo una delle due o
l’una e l’altra in ambiti differenti.
Si deve al proposito osservare che la sfera di competenza attribuita ai soci non è
solo quella disegnata in via inderogabile dal legislatore, ma può essere ampliata sia
nell’atto costitutivo, sia durante la vita della società, con la sottoposizione ad essi da
parte di ciascun amministratore o di una minoranza qualificata dei soci di questioni
rientranti tra i compiti degli amministratori. Dal momento che solo alcune delle
competenze inderogabilmente attribuite ai soci richiedono necessariamente
l’applicazione del metodo assembleare, le ulteriori “materie” conferite alla loro
decisione dall’atto costitutivo o mediante l’“input” di amministratori o soci possono
essere oggetto di procedimenti extra assembleari. Piuttosto, nel costruire la clausola che
consente l’adozione di questi metodi, occorre tenere conto di tali ulteriori eventuali
competenze al fine di non porre barriere non desiderate al ricorso alla consultazione o al
consenso per iscritto. Così, ad esempio, se la clausola dell’atto costitutivo elencasse le
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
33
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
competenze affidate ai soci e con soltanto riferimento ad esse, nei limiti consentiti dal
legislatore, prevedesse il ricorso alle regole di collegialità attenuata, l’eventuale
decisione dei soci su una questione gestoria attribuita all’organo amministrativo, su
impulso degli amministratori o della minoranza qualificata dei soci, dovrebbe essere
adottata applicando il metodo assembleare. Quindi nella costruzione della clausola pare
opportuno prendere in considerazione la possibilità di “arricchimento” delle competenze
dei soci durante la vita della società.
a) L’atto di iniziativa.
Il potere di iniziativa, in caso di consultazione scritta, può essere attribuito a
ciascun socio o a ciascun amministratore, oppure al consiglio di amministrazione o al
suo Presidente: in mancanza di indicazioni da parte del legislatore i soci, in sede di
redazione dell’atto costitutivo, usufruiscono della più ampia autonomia. Nel caso in cui
l’atto costitutivo attribuisca tale facoltà all’organo amministrativo, sarebbe possibile, a
mio avviso, la previsione della stessa a favore di uno o più soci, quale diritto particolare
di natura amministrativa.
Più complesso sembra essere il discorso nel caso di silenzio dei patti sociali.
Soluzione preferibile parrebbe - instaurando un parallelismo tra decisioni assembleari
ed extraassembleari - ritenere che, anche per le seconde, valgano le regole che in via
interpretativa si ritengano applicabili alle prime. Se la si accoglie, occorre, in primo
luogo, risolvere il problema dell’individuazione, nel silenzio dell’atto costitutivo, dei
soggetti a cui compete il potere di convocare l’assemblea, attribuendo poi agli stessi
anche la facoltà di attivare l’iter della consultazione scritta.
Occorre aggiungere che, come si è appena rilevato, ciascun amministratore o una
minoranza qualificata di soci hanno la facoltà di sottoporre alla decisione dei soci stessi
un determinato “argomento” appartenente alla competenza dell’organo amministrativo.
Non appare chiaro se in tal modo i soggetti indicati possano, qualora non abbiano
espressamente la facoltà di convocare l’assemblea, solo richiederne la convocazione,
oppure se in ogni caso questo potere competa loro. Nel caso di decisione extra
assembleare, analogamente potrà ritenersi che gli amministratori o i soci di minoranza
possano, a seconda della soluzione accolta in ordine al dubbio interpretativo ora
illustrato, richiedere l’attivazione della procedura o direttamente attivarla al fine di
sottoporre ai soci una decisione di competenza dell’organo amministrativo.
Naturalmente nell’esercitare la facoltà di “mettere in moto” le procedure in
esame, il soggetto legittimato deve verificare, alla luce dei limiti legali all’adozione di
esse e degli eventuali “paletti” posti dall’atto costitutivo, se sia conforme a legge il
ricorso al metodo extraassembleare e, in caso di consultazione, deve predisporre un
testo di proposta: valgono al proposito i rilievi sviluppati con riferimento all’analogo
procedimento relativo alle decisioni degli amministratori.
L’atto di iniziativa - lo si è già sottolineato con riferimento alle decisioni degli
amministratori - deve contenere una o più “proposte” e parrebbe dover rivestire la
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
34
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
forma scritta: qualora fosse posto in essere dagli amministratori, sembra necessario,
tenuto conto del dovere di gestire la società con diligenza e secondo coretti principi,
che essi illustrino le ragioni della proposta ed in ogni caso forniscano le informazioni
necessarie al fine di consentire ai soci di esprimere il proprio voto, eventualmente
allegando all’atto l’opportuna documentazione.
Nel caso del consenso espresso per iscritto, come si è già rilevato con
riferimento alle decisioni degli amministratori, non risulta necessario un formale atto di
impulso.
Tutti i soci debbono essere messi in grado di esprimere la loro volontà. Nel caso
in cui l’”input” del procedimento non provenga dal consiglio di amministrazione, e vi
siano amministratori non soci, l’iniziativa deve essere portata a conoscenza anche di
questi ultimi, al fine di consentire loro l’esercizio della facoltà di richiedere l’adozione
di una deliberazione assembleare. La comunicazione parrebbe da estendere anche
all’organo sindacale, almeno nel caso in cui la sua presenza sia obbligatoria, onde
permettere ai sindaci - che nel caso di procedimento collegiale debbono partecipare
all’assemblea - di intervenire durante il procedimento, eventualmente suggerendo agli
amministratori di richiedere l’intervento della delibera. Nel caso di organi di controllo
facoltativi, la necessità della comunicazione dell’atto di iniziativa anche ad essi pare
dipendere dal tipo di controllo loro affidato.
In mancanza di indicazioni nell’atto costitutivo, la comunicazione ai soci
potrebbe essere sia contestuale sia “successiva”.
Nessuna previsione legislativa concerne le sue modalità, che quindi possono
essere liberamente determinate nell’atto costitutivo o, in mancanza di previsioni, scelte
dal soggetto legittimato a porre in moto la procedura.
b) Il consenso.
Nel caso della consultazione scritta ciascun socio potrà prendere posizione
rispetto alla proposta, esprimendo il proprio consenso, oppure il proprio dissenso o
anche dichiarando di astenersi. In assenza di previsioni dell’atto costitutivo, - come si è
già osservato con riferimento all’analogo problema relativo al procedimento di
formazione non collegiale della volontà degli amministratori - la mancata risposta da
parte del socio pare equiparabile all’assenza. Tali conclusioni possono essere estese
all’ipotesi del consenso espresso per iscritto. La proposta oggetto della consultazione
scritta non sembra modificabile, salvo il caso in cui venga messo in moto un successivo
iter di consultazione sul nuovo testo.
Il legislatore richiede l’utilizzo della forma scritta, che consente anche il ricorso
al documento informatico ed alla firma digitale. Anche in caso di decisione a
collegialità attenuata risulta possibile la delega di voto, così come prevista e disciplinata
dal secondo comma dell’art. 2479 bis c.c.
Se la comunicazione dell’atto di impulso al procedimento è effettuata
simultaneamente a tutti i soci, parrebbe opportuna la previsione di un termine iniziale
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
35
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
prima del quale i legittimati non possano esprimere la loro opinione (al fine di
consentire un’eventuale consultazione informale tra i medesimi) ed in ogni caso di un
termine finale, oltre il quale il consenso non può più essere espresso. Se, per contro,
l’atto di impulso è comunicato in tempi successivi ai soci, parrebbe opportuna la
previsione di un termine massimo per l’espressione del consenso. In mancanza di tali
indicazioni nell’atto costitutivo, la funzionalità dei meccanismo di raccolta extra
assembleare dei consensi potrebbe essere seriamente compromessa.
Il procedimento termina nel momento in cui - entro il termine eventualmente
previsto nell’atto costitutivo - l’ultimo socio esprime la propria volontà o, in ogni caso,
quando tale termine è spirato. L’individuazione del momento finale dell’iter
procedurale appare di notevole rilievo sotto due profili, l’uno comune anche alla
raccolta dei consensi espressi dagli amministratori, l’altro peculiare alle decisioni dei
soci. Sotto il primo profilo, occorre rilevare - così come si è osservato con riferimento
agli amministratori - che fino alla conclusione del procedimento il consenso del socio
può essere revocato: in tal modo anche i soci consultati per ultimi possono avvalersi
della possibilità di un confronto con gli altri soci ed eventualmente indurli a mutare
opinione. Sotto il secondo profilo - peculiare al procedimento in esame - si deve
sottolineare come il suo svolgimento possa sempre essere interrotto mediante la
richiesta, da parte di ciascun amministratore o di una minoranza qualificata dei soci - di
adottare il metodo assembleare. L’esercizio di tale facoltà pone non pochi interrogativi
in ordine alla ricostruzione delle relative modalità: in ogni caso può essere fatta valere
solo entro l’arco del tempo disponibile prima della ”chiusura” del procedimento.
Il legislatore non detta alcuna regola in ordine alle modalità dell’esercizio del
diritto spettante ai singoli amministratori o alla minoranza qualificata di soci. L’atto
diretto ad interrompere l’iter del procedimento extra assembleare non pare richiedere
forme particolari e, come sembra, deve essere comunicato a tutti i soci ed al soggetto o
all’organo legittimato a convocare l’assemblea, ove si ritenesse che i singoli
amministratori o la minoranza dei soci non abbiano direttamente tale facoltà.
Evidentemente le manifestazioni di volontà dei soci risulteranno prive di effetto, come
pure saranno inefficaci le dichiarazioni formulate successivamente alla convocazione
dell’assemblea.
La comunicazione della dichiarazione di volontà del socio, in mancanza di
previsioni dell’atto costitutivo, deve essere effettuata, così pare, al Presidente
dell’assemblea, con qualsiasi mezzo.
c) I quorum.
Il legislatore detta una regola peculiare alle deliberazioni extra assembleari:
infatti, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2479 c.c., esse sono adottate con il voto
favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale. La
norma, che, si ripete, vale solo per le decisioni in esame (dal momento che per quelle
assembleari è prevista una differente disciplina) è espressamente dichiarata dal
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
36
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
legislatore derogabile dall’atto costitutivo. Quindi risultano ammissibili sia la riduzione,
sia l’innalzamento del quorum, ivi compresa la previsione dell’unanimità dei consensi.
Come si è rilevato trattando delle decisioni degli amministratori, anche per
quelle dei soci è possibile il riferimento al quorum costitutivo, considerando assenti salva diversa disposizione dell’atto costitutivo i soci che non abbiano
tempestivamente espresso la loro volontà.
Occorre sottolineare che per le deliberazioni assembleari sono previsti quorum
differenti da quelli applicabili alle decisioni adottate con le tecniche della consultazione
e del consenso scritti. Pertanto, qualora un amministratore o i soci di minoranza
richiedano il ricorso al metodo assembleare, non solo viene variata la modalità di
assunzione della decisione, ma risultano modificati i quorum. Forse potrebbe essere
opportuno che l’autonomia privata, che tanto spazio ha con riferimento alla società a
responsabilità limitata, venisse utilizzata per eliminare tale differenze e creare regole più
omogenee, impedendo che l’iniziativa di singoli amministratori o soci di minoranza
possa addirittura cambiare “le regole del gioco”.
E’ possibile configurare una decisione non assembleare in forma totalitaria, in
caso di consultazione scritta? Forse sì: in mancanza dell’atto di impulso comunicato dal
soggetto legittimato a tutti i soci, si potrebbe ipotizzare, con una sorta di applicazione
analogica della regola contenuta nell’art. 2479 bis, ultimo comma c.c., che la decisione
sia adottabile quando tutti i soci manifestino la loro volontà, tutti gli amministratori ed i
sindaci siano informati e nessuno si opponga alla trattazione dell’argomento.
d) Le fasi successive.
Nell’ambito del procedimento assembleare sono previste varie attività, anteriori
e susseguenti, alla deliberazione vera e propria, tutte di competenza del Presidente,
dirette, da un lato, a verificare la regolarità della costituzione e l’identità e la
legittimazione dei presenti; dall’altro, ad accertare i risultati delle votazioni.
Nell’ipotesi in esame occorrerà una verifica preventiva diretta ad accertare
l’identità e la legittimazione dei soggetti destinatari dell’atto di impulso al procedimento
extra assembleare; e poi una successiva volta al controllo della identità e della
legittimazione di coloro che hanno manifestato per iscritto il loro consenso; nonché
all’accertamento del risultato della raccolta dei consensi, e della congruenza delle
dichiarazioni contenute in atti separati (verifica che può presentare difficoltà ed
incertezze) ed alla relativa “proclamazione”.
Pare ammissibile, anche nel procedimento a collegialità attenuata la delega di
voto, con la conseguente necessità di accertare la sussistenza e la regolarità della
procura. In mancanza di una disciplina pattizia, occorre stabilire quale sia il soggetto a
cui competono questi compiti. Ove l’atto costitutivo individui il Presidente
dall’assemblea, spetterà a lui porli in essere, essendogli attribuiti specificamente
all’interno del procedimento assembleare (cfr. l’art. 2479 bis c.c., al quarto comma); in
mancanza, essi parrebbero competere all’organo amministrativo.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
37
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
Non sembra necessaria la redazione del verbale, dal momento che il legislatore
prevede la trascrizione nel libro delle decisioni dei soci, da un lato, di quello
dell’assemblea, dall’altro, delle decisioni adottate secondo i canoni della collegialità
attenuata: l’art. 2478, comma primo, n.2 c.c. pare in tal modo contrapporre le due
ipotesi e quindi non richiedere la stesura di un documento che illustri l’iter extra
assembleare, anche se parrebbe utile - e sicuramente potrebbe essere previsto dall’atto
costitutivo - la sua redazione. In ogni caso la documentazione concernente la
consultazione o il consenso scritti deve essere conservata dalla società, così come
dispone l’ultimo periodo della disposizione ora richiamata.
La trascrizione della decisione nel libro dei soci, come è noto, assume nel nuovo
sistema un notevole rilievo, dal momento che il termine per promuovere l’azione di
annullabilità e di nullità decorre da tale momento.
Il libro delle decisioni dei soci è tenuto a cura degli amministratori: quindi la
documentazione relativa alla consultazione o al consenso scritti e l’esito di tali
procedure devono essere comunicati dal soggetto tenuto ad accertarlo all’organo
amministrativo.
e) I vizi.
L’utilizzo delle tecniche della consultazione scritta e del consenso espresso per
iscritto comporta la possibilità di una serie di “scostamenti” dell’iter in concreto seguito
rispetto al modello legale o a quello delineato nell’atto costitutivo.
Così, ad esempio, è possibile che sia stato adottato uno dei due metodi, mentre i
soci nell’atto costitutivo hanno previsto solo l’altro; che sia stato fatto il ricorso alle
tecniche di collegialità attenuata con riferimento a decisioni necessariamente
assembleari per volontà del legislatore o per scelta contenuta nell’atto costitutivo; che la
decisione sia stata adottata senza la convocazione dell’assemblea, pur in presenza di una
richiesta da parte di amministratori o soci di minoranza; che manchi la forma scritta; che
non sussista il requisito della chiarezza dell’argomento oggetto della decisione e del
consenso alla stessa; che l’iter sia stato posto in essere da un soggetto non legittimato;...
Si tratta in ogni caso di vizi “tipici” del procedimento extra assembleare, tutti
rientranti nell’area della semplice annullabilità.
Diverso il discorso nel caso in cui sia stato adottata una decisione non collegiale
in assenza assoluta di informazione dei soci: l’ipotesi pare configurabile - con
riferimento alle procedure in esame - qualora uno o più soci siano rimasti del tutto
all’oscuro dell’iniziativa diretta alla raccolta dei consensi. In presenza di tale fattispecie,
il vizio è quello della nullità.
5. La prima opzione che debbono effettuare i soci è quella di “autorizzare” o non
il ricorso, per le decisioni degli amministratori e/o dei soci, alle tecniche della
consultazione e del consenso scritti (o anche ad una sola di esse). La valutazione
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
38
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
naturalmente deve essere effettuata tenendo conto delle peculiarità della singola società,
alla luce delle “dimensioni” dell’organo amministrativo e del numero dei soci, dei loro
rapporti, delle esigenze di funzionalità e di snellezza nella gestione dell’impresa sociale
e nella scelte di competenza dei soci. In ogni caso questi ultimi, nella redazione dell’atto
costitutivo, debbono introdurre regole coerenti con il “volto” della società a
responsabilità limitata da essi prescelto. Inoltre debbono utilizzare gli spazi di
autonomia per delineare l’iter dei procedimenti extra assembleari, colmando il silenzio
del legislatore al proposito.
In tale prospettiva appare opportuno, con riferimento alle decisioni degli
amministratori, l’introduzione nell’atto costitutivo di clausole dirette a:
- delimitare l’area di applicazione delle tecniche di collegialità attenuata;
- fissare competenze e modalità in ordine alle verifiche relative alla sussistenza
dei presupposti del procedimento ed alla legittimazione dei partecipanti;
- delineare le modalità della consultazione scritta, con particolare riferimento
all’individuazione del soggetto legittimato a dare impulso al procedimento, al contenuto
ed alla forma di tale atto, ai destinatari ed alle modalità della sua comunicazione;
- stabilire le modalità del consenso espresso per iscritto;
- determinare i tempi della raccolta dei consensi, nonché le modalità della
relativa comunicazione ed i suoi destinatari;
- qualificare il rilievo della mancata espressione della volontà
dell’amministratore nel termine stabilito (equiparandola, ad esempio, all’assenza nel
caso di procedimento collegiale);
- disciplinare l’iter successivo all’espressione dei consensi, con particolare
attenzione alla constatazione dell’esito ed alla sua proclamazione.
In relazione alle decisioni dei soci l’atto costitutivo potrebbe risolvere una serie
di “nodi” aperti, prevedendo:
- l’area di applicazione della consultazione e del consenso scritti;
- le competenze in ordine alla “direzione” del procedimento;
- le modalità adottate nell’esercizio del potere dei singoli amministratori e dei
soci di minoranza di richiedere l’intervento dell’assemblea;
- il soggetto o i soggetti legittimati a dare impulso alla consultazione; i modi in
cui la stessa deve svolgersi;
- le “forme” del consenso espresso per iscritto;
- il termine finale, entro il quale la raccolta dei consensi deve essere conclusa (ed
eventualmente il termine iniziale);
- le modalità di espressione del consenso e della sua comunicazione; i destinatari
della medesima;
- la qualificazione del “silenzio” da parte del socio;
- i quorum costitutivi e deliberativi;
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
39
STUDI ED OPINIONI
DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI
- le fasi successive, relative alla constatazione del risultato ed alla sua
comunicazione agli altri organi societari;
- gli eventuali strumenti di documentazione delle varie fasi della procedura.
Occorre aggiungere che, utilizzando gli spazi di autonomia, i soci potrebbero anche
“correggere” le incertezze del dato normativo, con clausole dal contenuto certo e di
facile applicazione in concreto. Con riferimento, in particolare, ai confini assai elastici e
dai contorni sfumati dell’area in cui non risulta ammissibile il ricorso alla collegialità
attenuata, l’intervento in sede di redazione dell’atto costitutivo è in grado di “portare
certezze” rovesciando l’impostazione del legislatore. I soci possono infatti delineare un
ambito di decisioni concernenti competenze “ricorrenti”, adottabili sicuramente con il
metodo della consultazione o del consenso scritti (ad esempio, approvazione del
bilancio, nomina e revoca dei componenti degli organi,...), al di fuori del quale trovi
sempre applicazione il principio di collegialità piena. In tal modo si otterrebbe il duplice
vantaggio di poter usufruire delle forme semplificate con riferimento alle decisioni più
frequenti, e di costruire una linea di confine, dai contorni precisi, rispetto a quelle
collegiali.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
40
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
LINEAMENTI DI
DIRITTO SOCIETARIO CINESE
(II PARTE)
La Chinese Company Law è la norma principale di riferimento nello studio del diritto
societario cinese nonché norma fondamentale per gli investimenti stranieri. Nel
presente contributo si propone al lettore un'ampia panoramica sui riflessi che la
Company Law manifesta in prospettiva presente e futura. L'argomento è anche
occasione per illustrare il quadro principale delle società personali in vista della loro
estensione anche a soggetti overseas.
di FEDERICA MONTI
Come si è avuto modo di vedere nel precedente contributo, la Chinese Company
Law ha un'importanza centrale nello studio del diritto societario cinese.
Essa, oltre che essere la primissima legge a prevedere e regolamentare le
tipologie societarie nella Repubblica Popolare Cinese, funge da norma sussidiaria alla
disciplina speciale in vigore per i contratti associativi del tipo Ventures e per le Wholly
Foreign Owned Enterprises, ovvero per le società ad investimento sino-estero ed estero.
Nell'ottica di un'analisi approfondita delle principali forme di investimento a
disposizione di un investitore straniero in Cina, ritengo allora non possa prescindersi dal
preliminare studio dell'unica fonte interna, oltreché prima, di diritto societario cinese.
1. Chinese Company Law e prospettive future
Mi sembra, fin da ora, necessario premettere, che parlare della Chinese
Company Law (o se vogliamo, Legge sulle Società di diritto cinese) non è cosa
semplice, considerate le numerose difficoltà a cui essa ci espone, nonché le infinite
interpretazioni che ne derivano e che sono la conseguenza primaria delle nette
differenze linguistiche tra l'italiano ed il cinese mandarino.
Il problema di fondo, per di più spesso trascurato, è che la Company Law non
consente, almeno secondo il mio punto di vista, un immediato utilizzo del metodo
comparatistico.
Con questo non voglio dire che una comparazione non possa farsi tout court, ma
si dovrà procedere per gradi.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
41
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II)
Quando si parla di diritto societario cinese lo si può fare sia da un punto di vista
accademico, che da un punto di vista più strettamente operativo quale norma di
integrazione alla disciplina sulle società sino-estere, concetto ormai ben noto.
Su quest'ultimo punto vale la pena soffermarsi: se, infatti, fino a ieri era corretto
parlare, con sicurezza, della Chinese Company Law nei termini di “norma d'integrazione
alla disciplina delle società sino-estere”, dalla seconda metà del 2007 sostenere ciò sta
diventando sempre meno esatto sia perchè lo scenario delle società sino-estere si sta via
via ampliando, sia perchè in ogni caso la Chinese Company Law andrà ad integrare la
normativa speciale, solo ed unicamente delle sino-estere aventi natura di società di
capitali.
Quanto detto non è che un chiaro esempio del fatto per cui dedicarsi al diritto cinese- delle società significa certo conoscerne le norme, almeno quelle fondamentali,
ma soprattutto avere chiaro il funzionamento dell'ambage normativa societaria intesa
proprio come unità complessa e stratiforme.
Ricordo, infatti, che la Cina non è provvista di alcuna elaborazione codicistica;
così, nell'opera di ricostruzione sistematica del diritto societario sarà ingrato compito
dell'interprete andare alla ricerca di tutte quelle norme e regole che consentano di far
luce sulle linee guida dell'ordinamento cinese.
Chiarito, allora, che la Chinese Company Law regolamenta unicamente le
società di capitali il quadro societario non può ancora dirsi completo; è opportuno, in
questo contesto, aprire una parentesi per illustrare qual è, allora, la fonte che,d'altro
versante legalizza e regolamenta le società personali.
Si tratta della Partnership Enterprise Law of People's Republic of China (PEL).
Tale norma ha conosciuto, nell'anno 2006, un intervento di riforma con cui è
stato ampliato nettamente il panorama delle tipologie societarie di persone, per altro,
avvicinandosi molto alle tipologie societarie occidentali.
Prima della Riforma del 2006, le cui modifiche sono entrate in vigore il 1°
giugno 2007, l'unica forma legale di società personale era la General Partnership
accanto alla quale, ora, ritroviamo ulteriori due forme societarie: la Special General
Partnership e la Limited Partnership.
Ritengo che quanto precede sia di considerevole importanza almeno per un paio
di motivi: innanzitutto mi pare interessante la possibilità di inquadrare lo stato delle
cose secondo una diversa prospettiva, inoltre in vista dell'ampliamento e del riflesso,
che la Riforma di cui si sta parlando avrà anche sugli investimenti esteri, non sarà più
vero affermare che la Chinese Company Law integra la disciplina speciale propria delle
società sino-estere, considerato che proprio la definizione di società sino-estere sembra
davvero essere vicina ad un cambiamento radicale (vd. tabella che segue).
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
42
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II)
Situazione attuale
Investimenti Sino-Esteri
Foreign Invested Enterprises (FIEs)
Joint Ventures
Wholly Foreign
Owned Enterprises
Prospettiva futura
Investimenti Sino-Esteri
(prospettiva futura)
Foreign Invested
Enterprises (FIEs)
Joint
Ventures
Wholly Foreign
Owned Enterprises
Foreign Invested
Partnerships (FIPs)
Standard
General
Partnership
Special
General
Partnership
Limited
Partnership
In secondo luogo, ritengo questo cambiamento di grande interesse altresì per
avere chiaro il quadro normativo complessivo del diritto societario cinese, in continua
evoluzione.
In ogni modo, per quel che riguarda il frangente sino-estero e quindi per quanto
concerne i diversi veicoli di investimento per operatori stranieri, allo stato attuale delle
cose c'è solo un disegno di legge in corso di approvazione che, seppure con ogni
probabilità renderà possibile, in un futuro non troppo lontano, investire in società
personali, comunque non è ancora norma ordinaria.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
43
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II)
2. Le società personali
Giunti a questo punto e visto come il panorama societario stia considerevolmente
cambiando, vorrei fare un brevissimo cenno alle società personali, se non altro, per una
questione di completezza, aggiornamento ed attualità.
Come si è avuto modo di vedere, tre sono i tipi sociali di matrice personalistica:
La Standard “General Partnership”, in buona sostanza, simile alla nostra società in
nome collettivo a cui, dopo la Riforma del 2007, fanno seguito la “Special General
Partnership” e la “Limited Partnership” ovvero rispettivamente società tra professionisti
e società in accomandita semplice.
E' fondamentale inquadrare subito le norme da tenere in considerazione:
a) La Partnership Enterprise Law - norma di diritto interno;
b) Il Draft Foreign-Invested Pertnership Enterprise Regulation - che renderà
possibile l’estensione della disciplina interna anche a soggetti overseas; nonchè
in ultimo
c) Il Catalogo sugli investimenti esteri.
Quest'ultima fonte normativa, inizialmente “pensata” ed adoperata per gli
investimenti in FIEs in conformità al policy plan del Governo Cinese sarà applicabile
anche alle FIPs. Ne consegue che un investitore straniero che vorrà investire in FIPs
potrà farlo solo nel rispetto del predetto atto normativo, pena l' inammissibilità da parte
delle autorità.
La trattazione delle singole forme societarie personali e di capitali esula da questo
contributo, ma per una primissima presentazione delle stesse si propongono le tabelle
che fanno seguito.
Standard General Partnership Enterprises
(Titolo II, Capo 1, artt. 14-54, Partnership Enterprise Law)
Regime di responsabilità: illimitata e solidale.
Atto costitutivo: la forma scritta è richiesta ad substantiam.
Costituzione: l'autorità competente è la Business Registration Autority
(corrispondente al nostro Registro delle Imprese) per l’approvazione dell’atto
costitutivo, ovvero rilascio della Business Licence; la decisione che deve essere
presa nei 20 giorni successivi al deposito della domanda; Il rilascio della Business
Licence ha finalità costitutiva (e non di mera certificazione anagrafica come nel
nostro sistema. Si tratta di un regime più semplificato, ma simile a quello richiesto
per le società di capitali di diritto cinese).
Poteri di direzione e controllo: non è previsto alcun organo collegiale, tuttavia
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
44
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II)
sembra potersi optare per un modello di amministrazione congiuntiva, disgiuntiva o
mista; in ogni caso la legge non parla di amministratori stricto sensu (direstors), ma
di partners (accento sulla natura personalistica). Ancora su questo punto, la legge
non parla della possibilità di affidare a terzi l’amministrazione della società. In caso
di amministrazione disgiuntiva per il socio amministratore è previsto l’obbligo di
informare regolarmente gli altri soci non amministratori. In buona sostanza
ritroviamo ciò che è previsto dall’ art. 2261 cc.. Vige il Principio di diretta inerenza
per cui al potere di amministrazione è connesso quello di rappresentanza (art.26,
2°co. PEL). In tal senso non sembrano ammesse deroghe.
Special General Partnership Enterprises
(Titolo II, Capo VI, artt. 55-59, PEL)
Si tratta di società che esercitano servizi professionali sulla base di competenze e
conoscenze professionali.
Regime di responsabilità: è la nota caratteristica di questo tipo sociale. E' basata sul
fault system, quindi se da un comportamento negligente del professionista socio
consegue una responsabilità per la società, in nome e per conto della quale questi
abbia agito, dell’azione risponderà direttamente ed illimitatamente il professionista
che abbia agito, mentre gli altri soci continueranno a godere del beneficio di
responsabilità limitata alla loro partecipazione sociale. La PEL consente al
professionista negligente di ripianare, però, le perdite sofferte dalla società, a seguito
della sua condotta, mediante ristoro. Al di fuori di questa ipotesi la responsabilità è
sempre illimitata e solidale.
Atto costitutivo, costituzione, poteri di direzione e controllo: rinvio normativo ai
Principi Generali dettati dalla stessa fonte normativa. Si rinvia, di conseguenza, a
quanto già detto per le Standard General Partnership Enterprises.
Limited Partnership Enterprise
-Titolo II, Capo VI, artt. 60-84, PEL-Schema societario simile alla nostra “sas”Regime di responsabilità: è costituita da almeno un ‘general partner” (nella
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
45
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II)
posizione corrispondente ai nostri soci accomandatari) e un ‘limited partners’ (soci
accomandanti) con responsabilità limitata alla partecipazione sociale in ragione ai
conferimenti eseguiti.
Compagine sociale: c'è un limite dimensionale; da un minimo di 2 soci ad un
massimo di 50 soci. Nel caso di modificazione dell’assetto sociale: se nella
compagine sociale rimanesse un solo “limited partner”, la società dovrà sciogliersi;
diversamente, nel caso in cui rimanesse un solo “general partner” la Limited
Partnership dovrà trasformarsi in General Partnership Enterprise. Regime dei
Conferimenti: a differenza delle precedenti forme societarie, la legge pone i soci di
fronte ad un divieto di conferimento d’opera.
Per ora si tratta, ricordo, di forme societarie possibili solo per i residenti nella
Repubblica Popolare Cinese, non anche per gli investitori stranieri. Esiste però quel
disegno di legge in corso d'approvazione, a cui si è già fatto cenno, che renderà
possibile investimenti in società di persone anche a soggetti overseas.
3. Chinese Company Law: norma sussidiaria, ma non solo
I principali veicoli societari ovvero quelli a cui gli investitori ricorrono più spesso,
sono già stati analizzati nel precedente contributo in cui si diceva dei contratti
associativi del tipo Ventures nonché delle forme ad investimento completamente
straniero, ovvero le Wholly Foreign Owned Enterprises.
Accanto a questi ci sono quelli che generalmente vengono definiti ‘secondari’.
A dire la verità non si tratta di nuove forme associative, ma di accezioni particolari
delle forme già viste quindi di Ventures o di Wholly Foreign Owened Enterprises.
Sto parlando della Foreign Trade Company e della Foreign Invested Commercial
Enterprise, di cui cenni si erano fatti anche nel primo contributo.
Entrambe tali due forme sono caratterizzate dall’esercizio dell'attività di importexport con differenze basate per lo più su base fiscale, che in verità a seguito dell'entrata
della Cina nella WTO, non rappresentano neanche più la principale ragione di scelta
dell'una piuttosto che dell'altra forma.
Con la ratifica da parte della Cina del protocollo della WTO, infatti, sono venute
meno alcune limitazioni riguardanti la Foreign Trade Company che sebbene fosse
connotata, in precedenza, da maggiori incentivi fiscali, rimaneva comunque 'ancorata'
ad un rigido limite territoriale ovvero la sua sede legale andava registrata
necessariamente entro i confini di zone franche (come la Waigaoqiao Free Trade Zone
di Shanghai); oggi, a seguito di un intervento di riforma del 2005, non è più così e
l'investitore non sarà più legato all'anzidetto limite.
Al contrario, la Foreign Invested Commercial Enterprise ha mostrato, fin dalla sua
istituzione, maggiore duttilità lasciando l'investitore libero nella scelta dell'area in cui
costituirla.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
46
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II)
La situazione odierna vede la Foreign Trade Company in posizione di secondo
piano rispetto alla Foreign Invested Commercial Enterprise, maggiormente preferita
dall'investitore, il che fa pensare ad essa come una forma d'investimento ormai “oldfashioned”.
Ciò a cui, invece, mi preme più dare risalto, nel corso dell'analisi della Chinese
Companay Law, è un’altra forma associativa, davvero più interessante: si tratta della
Foreign Invested Company Limited by Shares ovvero una società di capitali a
partecipazione straniera.
Si tratta di una forma di investimento che è stata introdotta a seguito di (si faccia
bene attenzione!) una circolare del Ministero del Commercio estero e della
Cooperazione economica del 1995.
Tale circolare, sebbene possa sembrare strano, ha avuto un’importanza ed una
rilevanza al pari di una norma ordinaria di primo grado e leggendo il suo contenuto ci si
accorgerà che si tratta di un mero “filtro normativo” per slittare direttamente alla
disciplina della Chinese Company Law che finisce per regolamentare interamente, e non
solo come mera norma sussidiaria, questa forma societaria a differenza degli altri
veicoli ad investimento estero.
Mi spiego: le leggi speciali sulle Ventures e sulle Wholly nel loro corpus, pur non
essendo norme autonome, comunque danno una serie di indicazioni piuttosto dettagliate
in merito ai requisiti per la costituzione, in merito alle peculiarità della Corporate
Governance ed in merito al suo funzionamento e così come molti altri aspetti.
La Circolare Ministeriale del 1995 si presenta in maniera decisamente diversa,
decisamente più scarna rispetto alle altre norme speciali, molto meno esauriente nei
contenuti, rimandando a pie' pari la regolamentazione delle Foreign Invested Company
Limited by Shares alla disciplina della Company Law, nella parte dedicata alle società
per azioni e disponendo solo circa le diverse modalità costitutive.
Operativamente, infatti, la SpA cinese ad investimento straniero può essere il
risultato di una fusione per incorporazione, di una costituzione ab origine oppure ancora
di una trasformazione di Joint Ventures o Wholly Foreign Enterprises, già esistenti.
In realtà le tre ipotesi si traducono in sostanza in quattro distinte situazioni:
1. Fusione per incorporazione -I tipoE' il caso di una società straniera che decida di investire in una Joint Stock
Limited Company, ovvero una società di capitali domestica -di diritto
cinese- già esistente, costituita in rispetto di quanto dispone la Chinese
Company Law.
2. Fusione per incorporazione -II tipoE' il caso di una società straniera che decida di investire in una Foreign
Invested Company Limited by Shares, già esistente. Il caso pratico è, per
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
47
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II)
esempio, l'aumento di capitale di quest'ultima con emissione di nuove
azioni o trasferimento di azioni già nel portfolio della stessa società.
3. Costituzione ab origine
E' il caso della costituzione simultanea o per pubblica offerta di una
Foreign Invested Company Limited by Shares.
4. Trasformazione
E' il caso in cui una FIE (Joint Venture o Wholly Foreign Owned
Enterprise) già esistente che decida di 'ristrutturare' la propria natura
giuridica secondo la veste di una società per azioni.
In tutte le ipotesi appena viste dovranno ricorrere specifici requisiti quali la
conformità dell'oggetto sociale, della futura Foreign Investment Company Limited by
Shares, al Catalogo degli Investimenti; presenza di minimo 2 partners (e comunque non
più di 200) di cui almeno la metà abbia residenza in Cina e almeno un investitore
straniero; capitale minimo registrato pari a 30 milioni di RMB (solo per alcune attività
sono richiesti investimenti minimi maggiori); investimento straniero non inferiore al
25% del capitale investito; solo nell'ultima ipotesi è richiesto poi che la FIE abbia avuto
utili, nei tre anni precedenti la trasformazione.
Si tratta di requisiti richiesti certamente dalla Circolare ministeriale del 1995, ma
anche dalla stessa Chinese Company Law (i.e. art. 79) che finisce per essere, in
definitiva, la norma fondamentale per la Foreign Invested Company by Shares così
come chiaramente si ricava dalla lettura dell'art. 25 della stessa circolare laddove si dice
“Other matters relating to the company that are not provided for in these Provisional
Regulation shall be handled in accordance with the Chinese Company Law...”1 .
Ritengo, in conclusione e alla luce di quanto fin qui esposto, che la Foreign
Invested Company Limited by Shares sia davvero l'esempio migliore per comprendere
bene quanto sia importante la conoscenza della Chinese Company Law per le sue
implicazioni sul diritto interno, ma specialmente sugli investimenti stranieri.
1
Trad.: “Ogni altro problema, di natura societaria, di cui questo regolamento non dispone andrà
regolato dalla Chinese Company Law”.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
48
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE
CONVENZIONALE DEI REAL ESTATE
INVESTMENT TRUSTS
Il 19 luglio 2008 è stata pubblicata la nuova versione del Commentario al Modello di
Convenzione contro le doppie imposizioni dell’OCSE, ossia la Convenzione tipo
utilizzata dalle moderne giurisdizioni fiscali per risolvere su base bilaterale i casi di
doppia imposizione internazionale. Tra le novità di maggior rilievo si segnalano le
nuove disposizioni in materia di Real Estate Investment Trusts. Il presente contributo ne
illustra la disciplina ed evidenzia i principali effetti sulla normativa italiana
attualmente in vigore.
di SEBASTIANO GARUFI
1. Introduzione
Il 19 luglio scorso l’OCSE ha pubblicato la nuova versione del Commentario al
Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni. Tra le nuove modifiche, che –
come noto – non hanno efficacia vincolante1, ma costituiscono le nuove linee guida per
le future negoziazioni dei trattati da parte degli Stati, sono state introdotte nuove
rilevanti disposizioni relative al trattamento fiscale dei redditi derivanti dalla
partecipazione ai Real Estate Investment Trusts (cd. “REIT”). Il Commentario agli
articoli 10 e 13 del Modello OCSE (rispettivamente riguardanti il trattamento dei
dividendi e dei guadagni di capitale) recepisce le osservazioni e i commenti degli esperti
del settore, ricevuti dall’OCSE in seguito alla pubblicazione di un Rapporto ad hoc del
30 ottobre 2007.
Le ragioni della necessità di tali emendamenti risiedono nell’ampio sviluppo che
i REIT stanno di recente registrando nelle moderne giurisdizioni fiscali. Queste forme di
investimento nascono, infatti, negli anno ’60 negli USA, dove l’investimento in società
immobiliari da parte dei risparmiatori fu incentivato dall’introduzione di un regime di
1
Il Commentario non deve essere considerato come uno strumento annesso implicitamente alle
convenzioni concluse dagli Stati sulla base del Modello OCSE e dunque non può avere efficacia
vincolante tra le parti contraenti. Esso è piuttosto uno strumento interpretativo dei trattati. Si
veda sull’argomento piùdiffusamente C. GARBARINO, Manuale di tassazione internazionale,
Milano, 2008, 202 e ss.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.19 /2008
49
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
esenzione dalle imposte sui redditi conseguiti da questi organismi2. L’esperienza
americana venne successivamente recepita nel vecchio continente, dove la forma di
investimento allora maggiormente diffusa era lo strumento dei fondi aperti, in grado di
consentire agli investitori di ricevere, in luogo dei dividendi, un rendimento fisso basato
sull’andamento del valore del patrimonio di proprietà del fondo. I REIT, sebbene con
denominazioni differenti, e gli organismi similari hanno, così, cominciato a trovare
regolamentazione nelle legislazioni degli Stati europei, al punto che attualmente più
della metà degli Stati membri dell’OCSE conosce questa forma di investimento3.
Nel Rapporto testé citato l’OCSE evidenzia le principali caratteristiche comuni
dei REIT nei diversi ordinamenti. Trattasi, infatti, di società ad azionariato diffuso, trust
o contratti di natura fiduciaria che ritraggono primariamente i propri redditi da
investimenti a lungo termine in beni immobili, distribuiscono su base annuale una quota
consistente dei profitti conseguiti e, in generale, godono di un regime di esenzione da
imposta sui redditi (ovvero vi sono soggetti in misura limitata) per i proventi ottenuti
dai beni immobiliari sottostanti4.
2
Il primo Stato americano a dotarsi di una legislazione in tal senso fu il Massachusetts, ove era
possibile costituire una forma di trust idonea a sfuggire al divieto di investire in beni immobili
per il tramite di società. A livello fiscale, il ricorso ad un trust consentiva di subire
l’imposizione reddituale al solo livello del beneficiario, evitando così di incorrere nella doppia
imposizione economica. Tuttavia a seguito della sentenza Morrissey v. Commissioner (296 U.S.
344) del 1935, nella quale la Corte Suprema stabilì che la struttura utilizzata presentava i
caratteri tipici delle società e, pertanto, consentiva un indebito aggiramento del divieto, il ricorso
all’investimento immobiliare tramite il trust entrò in una fase di declino. Cfr. P.M. FASS, M. E.
SHAFF e D.B. ZIEF, Real Estate Investment Trusts Handbook, Eagan Minnesota, 2007.
3
Lo strumento dei REIT è conosciuto – con alcune varianti dal modello americano – in Austra
(Immobilien Investmentfonds) in Belgio (Sociétés d’Investissement à Capital Fixe en
Immobilière), in Francia (Sociétés d’Investissements Immobiliers Côtées), in Lussemburgo
(Fonds commun de placement o Societé d’investissement à capital variable/fixe), nei Paesi
Bassi (Beleggingsinstelling), in Germania (REIT-Aktiengesellschaft), in Italia (Società di
intermediazione immobiliare quotate), in Regno Unito (Real Estate Investment Trusts) e in
Spanga (Sociedades de Inversiòn Immobiliaria), ma anche in Australia, Canada, Hong Kong,
Giappone, Corea, Messico e Singapore. Per ulteriori approfondimenti sulla normativa tedesca ed
inglese si rimanda, rispettivamente, a P. ECKL, M. SEIBOTH, The introduction of a German
Real Estate Corporation, in European Taxation, 1/2007, 3-12; R. ROWE, S. BOADLE, UK
real estate investment trusts – The first twelve months, in European Taxation, 3/2008, 141-148.
4
La definizione OCSE si presenta piuttosto ampia e tale da mettere in evidenza le caratteristiche
comuni delle varie forme di REIT nei diversi ordinamenti. Esistono, tuttavia, significative
differenze nella legislazione delle singole giurisdizioni riguardanti non soltanto la
denominazione, ma anche la struttura dell’organismo e l’ambito di operatività del regime fiscale
di favore.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
50
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
Negli Stati europei di civil law prevale il modello organizzativo della società o del
fondo, mentre le esperienze di common law sono maggiormente orientate verso la forma
del trust e più raramente verso quella societaria.
È opportuno evidenziare che in Italia, in linea con le esperienze degli altri Stati,
il regime fiscale agevolato per questi organismi è stato introdotto dall’art. 1, comma 119
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cd. finanziaria 2007), che ha previsto uno
speciale regime per le cd. “Società di investimento immobiliare quotate” (“Siiq”), che
svolgono in via prevalente attività di locazione immobiliare.
Più specificamente, le società che presentano i requisiti previsti dalla normativa
di attuazione del citato provvedimento5, possono esercitare una specifica opzione ed
accedere ad un regime di esenzione da IRES e IRAP6, mentre gli utili distribuiti ai
partecipanti, in qualunque forma, sono soggetti ad una ritenuta del 20%. A tal fine, la
società deve soddisfare contemporaneamente le seguenti condizioni:
1. Deve essere costituita sotto forma di società per azioni;
2. Deve essere residente nel territorio dello Stato;
3. Le azioni da essa emesse devono essere negoziate in un mercato regolamentato
degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo
spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al comma 1 dell’art.
168-bis, TUIR;
4. Nessun socio deve possedere direttamente o indirettamente più del 51% dei
diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria e più del 51% dei diritti
partecipazione agli utili;
5. Almeno il 35% delle azioni sia detenuto da soci che non possiedano direttamente
o indirettamente più del 2% dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e più del
2% dei diritti di partecipazione agli utili.
6. La società deve svolgere prevalentemente attività di locazione immobiliare.
Quest’ultimo requisito si ritiene soddisfatto se il valore degli immobili iscritti
nell’attivo e destinati alla locazione sia almeno pari all’80% dell’attivo patrimoniale. A
tal fine assumono rilevanza anche le partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni
finanziarie detenute in altre Siiq, nonché quelle detenute nelle società che esercitano
l’opzione congiunta prevista dal comma 125 dell’art. 1 della finanziaria 2007, ovvero
quando, per ogni esercizio, almeno l’80% dei componenti positivi del conto economico
provenga dall’attività di locazione immobiliare. A tal fine rilevano anche i dividendi
percepiti dall’attività di locazione svolta dalle partecipate che abbiano optato per il
redime di esenzione.
5
D.M. 7 settembre 2007, n. 174.
Sulle modalità e i requisiti per l’esercizio dell’opzione si veda L. DEL FEDERICO,
Provvedimento Agenzia delle Entrate 28 novembre 2007: la comunicazione dell’opzione per il
regime delle società di investimento immobiliare quotate (Siiq), in Il Fisco, n. 45, 2007, 2-6025.
6
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
51
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
Ai sensi del comma 125 dell’art. 1 appena citato, la disciplina in esame può
essere estesa, su opzione congiunta, anche alle società per azioni residenti in Italia non
quotate, svolgenti anch’esse attività di locazione immobiliare in via prevalente, che
siano partecipate da una Siiq che possieda almeno il 95% dei diritti di voto
nell’assemblea ordinaria ed almeno il 95% dei diritti di partecipazione agli utili.
2. Profili dell’imposizione transnazionale dei REIT
2.1 L’applicazione delle Convenzioni
Nel caso in cui l’attività di investimento del REIT dovesse presentare profili di
internazionalità, verrebbero in rilievo questioni di potenziale doppia imposizione,
derivante dal concorso di due o più potestà impositive, ossia quello dello Stato della
fonte del reddito e quello della residenza dello stessp (laddove l’organismo fosse
soggetto a tassazione limitata e non beneficiasse di un regime di totale esenzione dalle
imposte sui redditi).
Il problema della doppia imposizione appare rilevante sotto un duplice profilo. Il
primo riguarda la potenziale doppia imposizione dei redditi conseguiti dal REIT,
quando l’attività di investimento è esercitata in più giurisdizioni; il secondo attiene alla
potenziale doppia imposizione sulla distribuzione dei redditi conseguiti agli investitori,
quando questi risiedono in uno Stato diverso dal REIT.
Per risolvere il primo problema, su cui le modifiche del Commentario del luglio
scorso nulla dispongono, occorre preliminarmente verificare se i REIT possano o meno
beneficiare delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. In altri termini, occorre
verificare se essi rientrino nell’ambito di applicazione soggettivo delle Convenzioni, ai
sensi dell’art. 1 delle stesse.
Come noto, i trattati fiscali che si basano sul Modello OCSE si applicano alle
persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti. Il termine “persona”, in base
alle disposizioni dell’art. 3 par. 1, lett. a) del Modello OCSE include le persone fisiche,
le società e ogni altra associazione di persone7, mentre l’art. 4 definisce residente di uno
7
Il Modello OCSE e le convenzioni internazionali firmate sulla base dello stesso recitano
espressamente “the term ‘persons’ includes an individual, a company and any other body of
persons”. Trattasi di una lista non esaustiva che deve essere utilizzata in senso molto ampio
(cfr. K. VOGEL, On double taxation conventions, Londra, 1997, 170) e all’interno della quale
l’OCSE stessa include le partnerships, che tuttavia esulano dall’ambito di applicazione delle
Convenzioni qualora siano entità trasparenti, perché non assoggettate ad imposta a motivo delle
loro residenza. Nessuna disposizione è invece contenuta con riferimento ai trust, i quali
potrebbero essere considerati a “body of persons” ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, lettera a) della
Convenzione, ma sul punto non vi è uniformità di opinioni ed alcuni Stati includono
espressamente l’istituto nell’ambito di applicazione soggettivo della singola convenzione
bilaterale. Si veda R. DOEMBERG, K. VAN RAAD, The 1996 United States Model Income
Tax Convenzion: analysis, commentary and comparison, L’Aja, 1997, 25 ss.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
52
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
Stato contraente una persona che, secondo la legislazione di questo Stato, è ivi soggetto
ad imposta a motivo del suo domicilio, della sua residenza o della sua sede di direzione
o altro criterio analogo.
Di conseguenza, per poter beneficiare delle Convenzioni internazionali contro la
doppia imposizione, il REIT dovrebbe essere un soggetto a cui l’ordinamento giuridico
attribuisce capacità di agire ed essere soggetto ad imposta sui redditi.
Alla luce delle citate disposizioni, nessun problema interpretativo dovrebbe
sorgere allorché il REIT sia organizzato sotto forma di società o di altro organismo
soggetto ad imposta sui redditi. Tuttavia, come sopra evidenziato, i REIT godono
comunemente di regimi fiscali di favore, sicché il secondo requisito previsto dall’art. 4
sopra citato potrebbe non risultare soddisfatto. A tal fine occorre, tuttavia, evidenziare
che il Commentario all’art. 4 del Modello OCSE osserva che in molti Stati membri
dell’OCSE una persona è considerata soggetta ad imposte in uno Stato a prescindere se
di fatto lo Stato prelevi o meno le imposte in capo a quel contribuente8. Secondo tale
interpretazione, fondi pensione, enti di beneficienza e altre forme di organizzazione che
costituiscono esempi di entità non soggette ad imposte rientrerebbero in ogni caso
nell’ambito di applicazione della Convenzione, atteso che l’esenzione si applicherebbe
soltanto laddove fossero soddisfatti tutti i requisiti previsti dalla normativa.
Analoga interpretazione dovrebbe, pertanto, applicarsi ai REIT e il requisito
della loro soggezione ad imposta non dovrebbe verificarsi in senso effettivo, ma solo
potenziale, ossia quando le condizioni stabilite dalla normativa interna per l’accesso al
regime fiscale di favore risultino soddisfatte.
Il Rapporto OCSE, che accoglie questa linea interpretativa, suggerisce infatti di
includere i REIT nell’ambito di applicazione della Convenzione, considerandoli
espressamente “persone residenti” di uno Stato contraente. Tuttavia, attesa la mancanza
di efficacia vincolante del suddetto Rapporto, gli Stati che non dovessero aderire a
questa tesi, dovrebbero risolvere la questione su base bilaterale durante i propri
negoziati.
L’inclusione dei REIT nell’ambito di applicazione soggettivo delle Convenzioni
consentirebbe di risolvere i conflitti impositivi degli Stati interessati in relazione ai
redditi prodotti all’estero. Al contempo, le rilevanti disposizioni della singola
Convenzione offrirebbero la possibilità di risolvere eventuali conflitti di qualificazione e
8
Si tratterebbe, infatti, di una soggettività passiva effettiva ma anche potenziale, tale per cui ne
sarebbe incluso il soggetto che non deve essere effettivamente tenuto al pagamento delle
imposte. Per contro, ne sarebbero esclusi i soggetti per i quali la normativa interna non stabilisce
alcun presupposto di soggezione (attuale o potenziale) ad imposta. Cfr. R. ROAHTGI, Basic
International Taxation, L’Aja, 2002, 72; J.D.B. OLIVER, Company residence – Four Cases, in
British Tax Review, 5/1996, 535.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
53
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
determinare se i redditi da essi prodotti ricadano nelle previsioni dell’art. 6 (redditi
immobiliari) ovvero dell’art. 13 (utili di capitale).
Con riferimento alla disciplina italiana sopra illustrata, non pare sorgano
particolari problemi interpretativi. Le Siiq, infatti, sono società per azioni (e come tale
sarebbero ordinariamente soggette ad imposta sugli utili), che di fatto fruiscono del
regime di esenzione qualora siano soddisfatti i requisiti per l’esercizio dell’opzione. Di
conseguenza, rientrano nell’ambito di applicazione delle Convenzioni9.
Con riferimento al trattamento fiscale dei singoli redditi che potrebbero beneficiare
del più favorevole trattamento convenzionale, il Rapporto OCSE distingue tre principali
categorie di REIT, a seconda della tipologia di utile prodotto:
1. Equity REIT. In questa classe, che è la più diffusa, rientrano i REIT che
investono e detengono beni immobili ed operano in settori specifici
(residenziale, industriale, alberghiero, etc.), e che ritraggono la maggior parte dei
propri redditi dalla locazione dei beni stessi.
2. Mortgage REIT. Questi organismi (più rari, ma conosciuti soprattutto negli
USA) concedono mutui o cedono contratti di mutuo già esistenti ai soggetti
interessati all’acquisto di beni immobili e ritraggono la maggior parte dei propri
utili dagli interessi sui prestiti.
3. REIT ibridi. Trattasi di REIT che combinano le strategie di investimento tipiche
delle prime due categorie.
Nelle ipotesi in cui l’attività di investimento del REIT dovesse assumere
carattere transnazionale, per gli organismi del primo tipo si renderebbero applicabili le
disposizioni dell’art. 6 delle Convenzioni (redditi immobiliari), mentre per quelli
appartenenti alla seconda categoria quelle dell’art. 11 (interessi). Qualora, invece, il
reddito venisse prodotto nell’altro Stato contraente svolgendo attività di impresa per
mezzo della proprietà immobiliare situata nell’altro Stato, potrebbero rendersi anche
applicabili le disposizioni dell’art. 7 del Modello OCSE. Analogamente, la cessione
transnazionale dei beni immobili detenuti dal REIT potrebbe ricadere nelle previsioni
dell’art. 13.
2.3. Le distribuzioni di reddito da parte del REIT
È stato in precedenza sottolineato che il secondo profilo di criticità relativo ai
profili di internazionalità di un REIT attiene alla potenziale doppia imposizione cui è
9
Più problematica sembra, invece, la questione relativa alla possibilità di beneficiare del credito
per le imposte pagate all’estero, posto che la detrazione non spetta nel caso in cui il contribuente
non sia soggetto ad imposta sui redditi. In tale ipotesi, tuttavia, non vi sarebbe doppia
imposizione, posto che soltanto lo Stato della fonte potrebbe eventualmente avanzare pretese
impositive sul reddito prodotto nel proprio territorio. Per un approfondimento sul punto, si
rimanda al Rapporto OCSE.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
54
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
esposta la distribuzione dei redditi agli investitori, quando questi risiedono in uno Stato
diverso dal REIT. Essi potrebbero, infatti, essere contemporaneamente soggetti ad
imposta nello Stato della fonte di produzione del reddito e nel proprio Stato di
residenza, secondo la legislazione interna dei due Stati.
Al fine di ovviare a questo inconveniente, il principale tema affrontato dal
Rapporto OCSE, poi trasfuso nelle modifiche del Commentario al Modello
convenzionale, attiene al corretto inquadramento fiscale, ai fini del trattato, dei redditi
distribuiti da un REIT residente in uno Stato contraente ad investitori residenti nell’altro
Stato contraente.
A tal fine il Rapporto esamina la questione sotto due profili: il primo attiene alla
qualifica spettante alla distribuzione del reddito ai fini della convenzione, il secondo
riguarda le modalità di trattamento fiscale della distribuzione, quando il REIT non è
organizzato sotto forma di società.
Laddove, infatti, il REIT rivestisse una forma societaria, le distribuzioni di reddito agli
investitori rientrerebbero senza dubbio nelle disposizioni dell’art. 10, relativo ai
pagamenti di dividendi. Nel caso in cui, invece, il REIT non fosse organizzato sotto
forma di società, potrebbe sorgere qualche problema interpretativo, atteso che la
formulazione letterale dell’art. 10 impone che si tratti di “dividendi pagati da una
società residente di uno Stato contraente”, ove il termine “società” è definito dall’art. 3,
paragrafo 1, lett. b), Modello OCSE.
In base alle particolari caratteristiche del REIT, l’OCSE ha cercato di fornire un
approccio interpretativo comune da riservare alle distribuzioni dei REIT, proponendo di
superare un’interpretazione rigorosamente letterale dei termini del trattato10.
Il tema centrale della discussione, come accennato, riguarda la corretta
qualificazione della distribuzione dei redditi dal REIT ai suoi investitori e, più
specificamente, se essa debba essere considerata come reddito immobiliare (e quindi
assoggetta al relativo regime impositivo stabilito all’art. 6 del Modello OCSE), ovvero
come distribuzione di dividendi (disciplinati, invece, all’art. 10 del Modello OCSE).
La distinzione non è di scarsa importanza, atteso che l’art. 6 stabilisce il
concorrente esercizio della potestà impositiva dello Stato della fonte (ove la proprietà
immobiliare è situata) e dello Stato della residenza, senza alcuna limitazione, mentre
l’art. 10, fermo restando il potere impositivo dello Stato della residenza, ammette la
tassazione nello Stato della fonte, ma in misura limitata a determinate aliquote.
In considerazione dei beni che costituiscono la quasi totalità dell’attivo di un
REIT, la soluzione di considerare le distribuzioni di reddito agli investitori alla stessa
stregua dei redditi immobiliari poteva apparire la scelta più corretta, essendo il REIT
uno schermo tramite cui detta proprietà è detenuta dal singolo soggetto. Tuttavia, come
emerge dal Commentario, la scelta dell’OCSE si è orientata nel senso di valorizzare la
10
Rapporto OCSE del 30 ottobre 2007, paragrafo 20.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
55
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
posizione dei piccoli investitori. Questi ultimi, infatti, detengono quote in siffatti
organismi al solo fine di percepire proventi dall’investimento e non sono interessati
all’acquisizione o allo sfruttamento dei beni immobili sottostanti. In quest’ultimo caso,
la posizione di un soggetto che detiene quote di un REIT non sarebbe, infatti, dissimile
da quella di un qualsiasi altro soggetto che acquista quote di partecipazioni in una
società al fine di percepirne dividendi e, dunque, non vi sarebbe ragione alcuna per
assoggettare le due fattispecie ad un trattamento fiscale differente. Tuttavia, non bisogna
trascurare di osservare che, in ragione del regime fiscale di favore di cui godono
generalmente questi organismi, le distribuzioni dei redditi da parte dei REIT sono
diverse dalle distribuzioni ordinarie di dividendi, atteso che questi ultimi hanno già
scontato una prima imposizione a livello della società sottostante.
La scelta dell’OCSE, trasfusa nelle nuove disposizioni del Commentario, sembra
essere una soluzione di compromesso: è fissata una percentuale di partecipazione al
REIT, al di sotto della quale si ritiene che l’investitore non abbia il potere di esercitare
alcuna forma di controllo sui beni immobili sottostanti e, dunque, sia interessato
esclusivamente ad ottenere un rendimento dall’investimento. Per contro, al di sopra
della predetta soglia, l’investitore sarà considerato titolare di un interesse sostanziale
nella proprietà immobiliare, non già nel semplice rendimento dalla partecipazione
all’organismo.
Di conseguenza, in base alle osservazioni del Commentario all’art. 10 nella sua
nuova formulazione, i futuri testi convenzionali potranno prevedere che le distribuzioni
di redditi da parte di un REIT residente in uno Stato contraente ad un investitore
residente nell’altro Stato contraente che possiede una quota di partecipazione inferiore
al 10% siano soggette ad imposta anche nello Stato della fonte, ma in misura non
superiore al 15% (ossia la ritenuta massima prevista per i dividendi all’art. 10, paragrafo
2, lettera b) del Modello OCSE)11.
Per contro, le distribuzioni relative a partecipazioni minime del 10%, non
essendo opportuno prevedere un’imposizione limitata da parte dello Stato della fonte in
considerazione dell’interesse precipuo nei beni immobili sottostanti, saranno
11
L. NOUEL, The tax treaty treatment of REITs – The alternative provisions included in the
Commentaries on the 2008 OECD Model, in European Taxation, 9/2008 osserva che la scelta di
fissare al 10% la soglia di distinzione tra piccolo e grande investitore operata dall’OCSE risiede
nelle seguenti ragioni: (i) essa costituisce la soglia utilizzata dagli USA nelle proprie
convenzioni firmate dagli anni 1990 e contenenti disposizioni relative ai REIT; (ii) alcuni Stati
hanno una limitazione sull’ammmontare di interessi che un investitore può possedere in un
REIT (ad esempio, nel Regno Unito non possono farsi distribuzioni a società che detengano
almeno il 10% delle azioni senza incorrere in una sanzione e in Germania non è ammesso che
un singolo investitore detenga da solo una partecipazione superiore al 10% ai diritti di voto di
un REIT); (iii) questa potrebbe essere la soglia minima per rivelare informazioni alle autorità
competenti.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
56
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
considerate alla stessa stregua dei redditi immobiliari e, come tali, saranno soggette ad
imposizione piena nello Stato della fonte ed in quello della residenza, in base all’art. 6
del Modello OCSE (salvo, poi, il beneficio del credito di imposta o dell’esenzione per
evitare la doppia imposizione, ove applicabile).
La soglia del 10% proposta dall’OCSE è ovviamente suscettibile di modifiche in
sede di negoziazione da parte degli Stati, ma il trattamento fiscale appena illustrato si
applicherebbe a prescindere dalla forma giuridica rivestita dal REIT. Tuttavia, laddove
gli Stati volessero consentire di applicare il regime fiscale proposto anche alle
distribuzioni di redditi da parte di REIT che secondo la legislazione dello Stato della
fonte non si qualificano quali “società residenti”, il Commentario suggerisce una
formulazione alternativa. In base a quest’ultima, i dividendi pagati da una società
residente o da un REIT organizzato secondo la legislazione di uno Stato contraente ad
un residente dell’altro Stato contraente, sono tassati in quest’ultimo Stato. Il termine
società, secondo le disposizioni del Commentario all’art. 3, si riferirebbe non soltanto
alle persone giuridiche, ma anche a qualsiasi ente o organizzazione equiparata alle
società ai fini delle imposte sul reddito.
Con riferimento alla legislazione italiana, è stato sopra evidenziato che è stato
introdotto un regime fiscale speciale per le Siiq e uno per la tassazione delle
distribuzioni di redditi agli investitori.
In particolare, ai sensi dei commi 134-136 dell’art. 1 della finanziaria 2007, i
soggetti residenti presso i quali i titoli di partecipazione detenuti nelle Siiq sono stati
depositati, direttamente o indirettamente, aderenti al sistema di deposito accentrato e
gestito dalla Monte Titoli s.p.a., nonché i soggetti non residenti che aderiscono a sistemi
esteri di deposito accentrato aderenti al sistema Monte Titoli operano, con obbligo di
rivalsa, una ritenuta del 20% sugli utili in qualunque forma corrisposti a soggetti diversi
da altre Siiq, derivanti dall’attività di locazione immobiliare. Detta ritenuta è ridotta al
15% in relazione alla parte dell’utile di esercizio riferibile a contratti di locazione di
immobili ad uso abitativo stipulati ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre
1998, n. 431. La ritenuta è applicata a titolo di acconto, con conseguente concorso
dell’intero importo dei dividendi percepiti alla formazione del reddito imponibile, nei
confronti di:
a) imprenditori individuali, se le partecipazioni sono relative all’impresa
commerciale;
b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, società ed
enti indicate alle lettere a) e b) dell’art. 73, TUIR e stabili organizzazioni nel
territorio dello Stato di società ed enti non residenti.
La ritenuta è applicata a titolo di imposta in tutti gli altri casi. La ritenuta non si
applica, invece, nei confronti degli utili corrisposti alle forme di previdenza
complementare, agli organismi di investimento collettivo del risparmio costituiti in
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
57
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
Italia e agli utili che concorrono a formare il risultato maturato delle gestioni individuali
di portafoglio. La ritenuta non si applica poi agli utili corrisposti alle Siiq.
Le partecipazioni detenute nelle società che abbiano optato per il regime speciale, non
beneficiano comunque del regime della participation exemption previsto dagli articoli
58, 68 e 87, TUIR.
Le modifiche apportate al Commentario che, come noto, non hanno alcuna efficacia
vincolante, non hanno alcuna influenza sulle Convenzioni firmate dall’Italia attualmente
in vigore, che non contengono disposizioni ad hoc sulle Siiq. Ne consegue che qualora
lo Stato della fonte fosse l’Italia (essendo la Siiq ivi residente) ed il socio percettore
risiedesse in un altro Stato contraente, si dovrà prescindere da un esame della
consistenza della partecipazione di quest’ultimo, come invece suggerito dal
Commentario, e assoggettare la distribuzione degli utili alla ritenuta più favorevole
prevista all’art. 10 della Convenzione eventualmente applicabile.
In base alla legislazione italiana, infatti, il reddito dell’investitore deriverebbe
dalla partecipazione ad una società per azioni e la relativa remunerazione è fiscalmente
assimilata ad un dividendo, soggetto tuttavia ad una tassazione “speciale”.
3. Trattamento degli utili di capitale
Il Rapporto OCSE ha anche affrontato la questione relativa alle plusvalenze
eventualmente derivanti dalla cessione delle partecipazioni in un REIT e al loro
assoggettamento alle disposizioni dell’art. 13, paragrafo 4, Modello OCSE. Trattasi, più
specificamente, della disposizione relativa al trattamento fiscale applicabile alle
plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni di società il cui patrimonio è
costituito per più del 50 per cento da beni immobili situati nell’altro Stato contraente.
Questo paragrafo, inserito a seguito delle modifiche del 2003, ha risolto definitivamente
il dibattito relativo alla questione sull’applicazione – alla cessione delle quote in esame
– delle disposizioni relative all’alienazione di beni immobili (disciplinati dal paragrafo 1
dell’art. 13), ovvero di normali quote societaria (rientranti invece nell’ultimo paragrafo
dello stesso articolo)12.
Atteso che l’oggetto principale del REIT consiste nell’investimento e nella
detenzione di beni immobili, occorrerebbe verificare se al momento della cessione delle
quote detenute dagli investitori risultino soddisfatte le condizioni previste per
l’applicazione dell’art. 13, paragrafo 4 del Modello OCSE e assoggettare la relativa
plusvalenza al trattamento fiscale ivi previsto.
12
La distinzione è rilevante, atteso che il paragrafo 1 dell’art. 13 prevede l’esercizio della
potestà impositiva concorrente dello Stato della fonte e dello Stato della residenza, mentre
l’originario paragrafo 4, divenuto successivamente il paragrafo 5, stabilisce che il reddito sia
assoggettato a tassazione esclusivamente nello Stato di residenza dell’alienante.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
58
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
Tuttavia, durante la discussione in seno all’OCSE, è stata sostenuta la tesi di
assimilare la cessione della partecipazione detenuta da un piccolo investitore alla stessa
stregua della cessione di un titolo, piuttosto che di beni immobili. Questa soluzione,
infatti, consentirebbe di uniformare il trattamento fiscale della cessione a quello delle
distribuzioni di utili e di ridurre i costi di gestione connessi all’applicazione delle
imposte.
La nuova formulazione del Commentario all’art. 13 accoglie questa
impostazione e introduce la possibilità di includere nelle Convenzioni un’eccezione per
i guadagni di capitale relativi a piccole partecipazioni in un REIT. Di conseguenza,
recependo questa formulazione, la plusvalenza derivante dalla cessione della quota di un
piccolo investitore sarebbe soggetta alla sola potestà impositiva dello Stato di residenza
di quest’ultimo.
La plusvalenza derivante dall’alienazione di quote consistenti in un REIT
rimarrebbe, invece, soggetta al trattamento previsto dall’art. 13, paragrafo 4 del Modello
OCSE e sarebbe, pertanto, tassabile anche nello Stato in cui è situata la proprietà
immobiliare.
Nel caso in cui il REIT non fosse organizzato in forma societaria, il Rapporto
OCSE fornisce due soluzioni alternative. La prima consisterebbe nell’includere la
formulazione opzionale già contenuta al paragrafo 28.5 del Commentario all’art. 13 del
Modello, che consentirebbe l’applicazione dell’art. 13, paragrafo 4 alla cessione di
quote in partnership o trust. La seconda sarebbe, invece, quella di estendere l’art. 13,
paragrafo 1 del Modello OCSE all’ipotesi di cessione di quote dei REIT che siano
considerati come entità trasparenti ai fini fiscali.
Con riferimento alla legislazione italiana, vista la più volte sottolineata assenza
di efficacia vincolante delle modifiche sulle Convenzioni attualmente in vigore, occorre
osservare che la cessione di quote detenute in Siiq residenti da parte di investitori non
residenti, ricadrebbe nelle previsioni dell’art. 13, paragrafo 4 delle Convenzioni. Così,
nelle Convenzioni dell’Italia che contengano la disposizione relativa alle società il cui
patrimonio è costituito da beni immobili13 si applicherà il regime fiscale dello Stato
della fonte e quello della residenza. In quelle in cui è invece assente detta disposizione14
13
Più specificamente, trattasi delle Convenzioni concluse con Algeria, Armenia, Australia,
Bangladesh, Canada, Cina, Corea del Sud, Estonia, Filippine, India, Israele, Lettonia, Lituania,
Messico, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Pakistan, Venezuela e Vietnam,
14
Le Convenzioni dell’Italia non contenenti la specifica clausola relativa alle società
immobiliari sono quelle concluse con: Albania, Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria,
Cipro, Costa d’Avorio, Danimarca, Ecuador, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Finlandia,
Francia, Georgia, Germania, Giappone, Grecia, Indonesia, Irlanda, ex Jugoslavia, Kuwait,
Lussemburgo, Macedonia, Malaysia, Malta, Marocco, Mauritius, Monzambico, Norvegia,
Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, Senegal,
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
59
FISCALITA’ INTERNAZIONALE
IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT
si applica il trattamento fiscale esclusivo dello Stato della residenza dell’investitore,
indipendentemente dall’ammontare della partecipazione detenuta.
4. Conclusioni
Le modifiche al Commentario sul trattamento fiscale dei REIT segnano un
importante traguardo per risolvere i problemi di doppia imposizione legati al crescente
sviluppo degli investimenti nel mercato immobiliare. Non può, tuttavia, non osservarsi
che la scelta dell’OCSE di modificare il Commentario, anziché agire direttamente sul
Modello di Convenzione, possa derivare da ragioni legate alla più semplice
approvazione delle modifiche da parte degli Stati membri, che d’ora in poi saranno
liberi di decidere, nelle proprie negoziazioni, se inserire o meno nel testo del trattato
delle disposizioni ad hoc.
Ai fini della operatività di dette modifiche, è necessario sottolineare il ruolo del
Commentario nelle singole Convenzioni bilaterali stipulate dagli Stati. Se, infatti,
questo viene considerato come strumento intepretativo delle Convenzioni, occorre
verificare se gli Stati, nello sipulare il trattato particolare, abbiano voluto riferirsi alla
formulazione del Commentario vigente al momento della sua conclusione o abbiano
accettato di uniformarsi alle istruzioni dello stesso così come sarebbero state modificate
ed ampliate dall’OCSE.
Nel primo caso, si verificherebbe l’inconveniente di rendere non operative per i
trattati già in vigore le nuove disposizioni (che invece sarebbero applicabili per le
convenzioni che saranno stipulate sulla base del nuovo Modello). Nel secondo caso,
invece, non sarebbe agevole dimostrare se il nuovo Commentario possa essere
considerato come un accordo sopravvenuto tra gli Stati contraenti, giacché le nuove
modifiche, che non si sono limitate a semplici puntualizzazioni su come il testo della
norma doveva essere ab origine interpretato, ma a chiarimenti sulla portata applicativa
della norma, sortirebbero piuttosto l’effetto di “riformulare” l’articolo del Modello. In
tali casi, potrebbe essere necessario intavolare una procedura amichevole tra le autorità
competenti degli Stati contraenti affinché si pervenga ad un accordo chiarificatore.
Non pare, oltretutto, che le modifiche apportate dall’OCSE abbiano un forte
impatto sulla normativa italiana esistente in materia di Siiq. Alcuni profili problematici,
che a livello OCSE non hanno conosciuto ancora una specifica regolamentazione,
trovano disciplina nella normativa interna. In ogni caso, occorre attendere che l’Italia
decida di allinearsi alle nuove disposizioni nei testi convenzionali oggetto di futura
negoziazione, per testare l’operatività delle modifiche.
Siria, Singapore, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Tanzania,
Thailandia, Tunisia, Turchia, Ucraina, Ungheria, Zambia,
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
60
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
SEGNALAZIONI DI DIRITTO
COMMERCIALE
INDICAZIONI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE
Società partecipate - La Commissione per l’applicazione della legge 241/90 - ovvero
l'organismo preposto alla vigilanza sull'attuazione del principio della piena conoscibilità
e trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, al quale possono rivolgersi
privati cittadini e pubbliche amministrazioni - in un parere recente ha precisato che le
società miste pubbliche partecipate in misura maggioritaria da enti locali che gestiscono
in regime di privativa srvizi pubblici quando adottano atti per l’esercizio del servizio
pubblico e per l’individuazione del contraente sono soggetti alla normativa sull’accesso
dei documenti di cui all’art. 22 della l. 241/90.
Il testo del parere è reperibile al sito http://www.governo.it.
UNIONCAMERE
Trasferimento quote di s.r.l. - E’ stata pubblicata la circolare dell’UnionCamere che
commenta la legge n. 133 del 6 agosto 2008 contenente novità in tema di trasferimento
di quote di s.r.l.. La circolare affronta le problematiche relative alla disciplina
applicabile, al termine per l’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese e all’attività
dell’Ufficio del Registro delle Imprese.
Il testo della circolare in data 22 settembre 2008 è reperibile sul sito www.italiaoggi.it.
CONSOB/BANCA D’ITALIA/ISVAP
Conglomerati finanziari – Mediante comunicato del 2 ottobre u.s., la Consob, la Banca
d’Italia e l’Isvap, sulla base di quanto previsto dall’Accordo di Coordinamento
sottoscritto il 31 marzo 2006, hanno aggiornato l’elenco dei conglomerati finanziari
italiani, vale a dire di quei gruppi societari che svolgono attività in misura significativa
nel settore assicurativo ed in quello bancario e/o dei servizi di investimento.
Il testo è disponibile per la lettura sul sito: www.consob.it
Vendite allo scoperto – Sul proprio sito, la Consob ha dapprima invitato gli operatori al
rispetto delle regole in materia di vendite allo scoperto e, successivamente, ha
pubblicato le misure restrittive da adottare. Da ultimo, mediante comunicato del 1°
ottobre ha previsto che la vendita di azioni di banche e imprese di assicurazioni quotate
nei mercati regolamenti italiani e ivi negoziate deve essere assistita, oltre che dalla
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
61
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
disponibilità, anche dalla proprietà dei titoli da parte dell'ordinante al momento
dell'ordine e fino alla data di regolazione dell'operazione.
Il testo è disponibile per la lettura sul sito: www.consob.it
ISVAP
Monitoraggio degli investimenti – Considerata la situazione di variabilità dei mercati
finanziari in atto, l’ISVAP ha richiesto alle imprese di assicurazione di fornire i dati
relativi alla situazione degli investimenti anche alla data del 30 settembre 2008. In un
primo tempo, tale comunicazione era stata prevista solamente in data 30 ottobre 2008 ed
in data 31 dicembre 2008.
Il testo è disponibile per la lettura sul sito:
http://www.isvap.it/isvap_cms/docs/F17991/integrazione%20lettera%20monit.%202%2
0e%208%20_08.pdf
BANCA D’ITALIA
Crisi dei mercati internazionali – Sul sito della Banca d’Italia è disponibile il testo
dell’intervento del Governatore Mario Draghi che si è soffermato, tra l'altro, su come
affrontare il problema della prociclicità in quanto fonte di instabilità finanziaria e sulle
implicazioni in termini di politica monetaria dell'attuale crisi dei mercati internazionali.
Il testo è disponibile per la lettura sul sito:
http://www.bancaditalia.it/media/notizie/160908
Banche - La Commissione europea ha proposto una revisione delle norme comunitarie
sui requisiti patrimoniali delle banche volta a rafforzare la stabilità del sistema
finanziario, e a ridurre l'esposizione al rischio e a migliorare la vigilanza delle banche
che operano in più di uno Stato membro dell'UE. In base alle nuove norme le banche
non potranno concedere prestiti oltre un certo limite ad una singola controparte e le
autorità nazionali di vigilanza avranno un quadro più chiaro delle attività dei gruppi
bancari transfrontalieri.
Il testo integrale della proposta, che modifica le direttive esistenti in materia di requisiti
patrimoniali,
è
reperibile
sul
sito:
http://ec.europa.eu/internal_market/bank/regcapital/index_en.htm
GIURISPRUDENZA
Falsa rappresentazione dell’attivo da parte del debitore e annullamento del
concordato – Il Tribunale di Mantova, con la sentenza del 18 settembre 2008, evidenzia
come il debitore, il quale chieda di essere ammesso alla procedura di concordato
preventivo e rappresenti ai creditori un attivo diverso e di molto superiore a quello
effettivamente a disposizione della procedura, compia un atto fraudolento “assimilabile
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
62
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
ad un atto di sottrazione o dissimulazione dell’attivo, in quanto vizia geneticamente
l’accordo che sorregge il concordato”. Tale illegittimo comportamento, secondo il
Tribunale mantovano, potrebbe costituire un presupposto per l’annullamento del
concordato preventivo ex art. 138 L.F.
Il testo integrale delle sentenza è reperibile su :
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/1333.htm.
Inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. e revoca dell’amministratore delegato
– Il Tribunale di Mantova, con la pronuncia del 10 luglio 2008, dichiara inammissibile il
ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dai soci di minoranza, titolari di più di un quinto del
capitale sociale, finalizzato alla revoca in via cautelare dell’amministratore delegato di
una società per azioni. Il Giudice fonda la sua decisione sulla base di un duplice ordine
di motivi: da un lato, sull’assenza nella disciplina vigente, di alcuna disposizione che
preveda tale rimedio a favore dei soci di minoranza, dall’altro, sull’assenza del
presupposto fondamentale della strumentalità e del necessario collegamento della
misura cautelare richiesta con le domande oggetto della causa di merito.
Il testo integrale delle sentenza è reperibile su :
http:// www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/1321.htm.
Contratti del consumatore - In sede di regolamento di competenza, la Corte di
Cassazione, ha affermato che il foro del consumatore é esclusivo e speciale sicché la
clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di
residenza o di domicilio elettivo del consumatore, anche se il foro indicato come
competente coincida con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 cod. civ., é
presuntivamente vessatoria e, pertanto, nulla.
Il testo integrale della sentenza dell’ordinanza n. 24262 della Corte di Cassazione, 26
settembre 2008, è reperibile sul sito www.cortedicassazione.it.
OSSERVATORIO COMUNITARIO
Direttiva fusioni e scissioni delle società per azioni - La Commissione europea ha
presentato una proposta di modifica della direttiva sulla fusione e la scissione, volta
essenzialmente a ridurre le formalità amministrative. In particolare la proposta mira a:
-ridurre gli obblighi di comunicazione delle operazioni di fusione e scissione quando gli
azionisti vi abbiano rinunciato o quando si tratti di operazioni tra società madri e figlie;
- evitare le doppie comunicazioni, qualora gli stessi obblighi siano già richiesti in altre
disposizioni comunitarie;
- consentire alle imprese di utilizzare internet e la posta elettronica per la pubblicazione
e la trasmissione ai propri azionisti dei progetti di fusione e scissione.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
63
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
La proposta rientra tra le misure annunciate nella "Comunicazione della Commissione
sulla semplificazione del contesto in cui operano le imprese in materia di diritto
societario, contabilità e revisione contabile", pubblicata nel luglio del 2007.
Il testo integrale della proposta è reperibile sul sito: http://ec.europa.eu
Banche - La Commissione europea ha proposto una revisione delle norme comunitarie
sui requisiti patrimoniali delle banche volta a rafforzare la stabilità del sistema
finanziario, e a ridurre l'esposizione al rischio e a migliorare la vigilanza delle banche
che operano in più di uno Stato membro dell'UE. In base alle nuove norme le banche
non potranno concedere prestiti oltre un certo limite ad una singola controparte e le
autorità nazionali di vigilanza avranno un quadro più chiaro delle attività dei gruppi
bancari transfrontalieri.
Il testo integrale della proposta, che modifica le direttive esistenti in materia di requisiti
patrimoniali,
è
reperibile
sul
sito:
http://ec.europa.eu/internal_market/bank/regcapital/index_en.htm
Concorrenza - La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, rinviando al giudice
nazionale, ha recentemente affermato che è applicabile la disciplina dettata dall'art. 81,
n. 1 del Trattato 25 marzo 1957, al contratto di fornitura esclusiva di carburanti e
combustibili, e di lubrificanti e di altri prodotti, nel caso in cui il gestore della stazione
di servizio assuma uno o più rischi finanziari e commerciali, in proporzione non
trascurabile, connessi alla vendita di tali prodotti a terzi e qualora contenga clausole atte
a violare il gioco della concorrenza, come quella relativa alla fissazione del prezzo di
vendita al pubblico. Sarà il giudice del rinvio che dovrà verificare, inoltre, se il contratto
concluso nel caso di specie abbia l'effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della
concorrenza ai sensi dell'art. 81 del Trattato 25 marzo 1957.
Il testo integrale della sentenza della Corte di giustizia delle Comunita' Europee, Sez.
III, 11 settembre 2008, 279 /06, è reperibile sul sito http://eur-lex.europa.eu.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
64
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIA
SEGNALAZIONI DI DIRITTO
TRIBUTARIO
LEGISLAZIONE
Approvato il modello per l’adesione ai processi verbali di constatazione - Con
Provvedimento del 10 settembre 2008, il Direttore dell’Agenzia delle entrate ha
approvato il modello di comunicazione per l’adesione ai verbali di constatazione in
materia d’imposta sui redditi e d’Iva, di cui agli artt. 18-ter e 18-quater del dl n.
112/08, convertito dalla legge n. 133/08. Detto modello, con le relative istruzioni di
compilazione e modalità e termini di presentazione (30 giorni successivi dalla data di
consegna del p.v.c.), è scaricabile dal sito www.agenziaentrate.gov.it.
(Agenzia delle entrate, Provvedimento del 10 settembre 2008)
Pubblicato il decreto sulle agevolazioni per l’innovazione industriale - Sulla G.U.
è stato pubblicato il decreto del Ministero dello sviluppo recante le condizioni, i
criteri e le modalità per la concessione di agevolazioni a favore di progetti
d’innovazione industriale volti a sostenere lo sviluppo dei settori tipici del made in
Italy, di cui alla legge n. 296/06, art. 1, c. 845.
I soggetti interessati alle agevolazioni sono:
- tutte le imprese, ad eccezione di quelle che operano nei settori di cui alla sez.
A, divisione 49,50,51 e 53, della classificazione delle attività economiche
Istat 2007;
-
tutti gli organismi di ricerca.
Il termine iniziale per la presentazione delle domande è fissato al 3 ottobre 2008.
(Ministero dello sviluppo economico, Decreto del 10 luglio 2008, in G.U. n. 205 del
2 settembre 2008)
Antiriciclaggio. Pubblicata la White liste - Con decreto del 12 agosto 2008 il
Ministero dell’economia ha provveduto ad individuare gli Stati extracomunitari e i
territori stranieri che, in tema di antiriciclaggio, impongono obblighi equivalenti a
quelli previsti dalla Direttiva n. 2005/60/CE; ciò comporta per gli operatori italiani,
che intrattengono rapporti commerciali con soggetti residenti in paesi non inclusi in
detta “white list”, il dover sottostare a procedure più complesse ai fini della
disciplina antiriciclaggio prevista dal d.lgs n. 231/2007.
(Ministero dell’economia e delle finanze, decreto del 12 agosto 2008, in G.U. n. 202
del 29 agosto 2008)
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
65
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
Convenzione con la Repubblica d’Islanda contro doppie imposizioni - Sulla G.U.
n. 206/08 è stata pubblicata la legge recante “Ratifica ed esecuzione della
Convenzione tra la Repubblica italiana e quella islandese per evitare le doppie
imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le
evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 10 settembre 2002”.
(Legge n. 138 del 4 agosto 2008, in G.U. n. 206 del 3 settembre 2008, S.O. n. 208)
INDICAZIONI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE
Imprese svolgenti attività regolamentata alle quali non si applicano le
agevolazioni (cuneo fiscale) Irap - L’Agenzia delle entrate ha specificato quali sono
le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei
trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e
depurazione delle acque di scarico e delle raccolta e smaltimento rifiuti, nei confronti
delle quali non si applicano le agevolazioni (cosiddetto cuneo fiscale) Irap e, allo
scopo, ha precisato che per tali debbono intendersi quelle nei cui confronti sono
ravvisabili entrambi i due seguenti criteri:
- sotto il profilo giuridico, deve trattarsi di un’attività svolta in forza di una
concessione traslativa e cioè di un provvedimento col quale l’ente pubblico
conferisce a un soggetto privato diritti o potestà inerenti un’attività
economica in origine riservata a una pubblica amministrazione e che, tuttavia,
questa non intende esercitare direttamente;
-
sotto il profilo economico,deve trattarsi di un’attività il cui corrispettivo è
costituito da una tariffa e cioè da un prezzo fissato o “regolamentato” dalla
pubblica amministrazione in misura tale da assicurare l’equilibrio economicofinanziario dell’investimento e della connessa gestione.
(Agenzia delle entrate, Ris. n. 358/E del 24 settembre 2008)
Le sanzioni amministrative per chi utilizza lavoratori irregolari - L’Agenzia
delle entrate ha, con una corposa circolare, affrontato il tema delle sanzioni
amministrative irrogabili a chi utilizza lavoratori irregolari, affrontandovi i seguenti
punti:
- organo competente all’irrogazione delle sanzioni
-
criteri di commisurazione delle stesse
-
applicabilità del principio del favor rei
-
termine di notificazione del provvedimento d’irrogazione delle sanzioni
-
riscossione delle sanzioni irrogate dall’Agenzia delle entrate
-
giurisdizione delle relative controversie
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
66
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
-
giudizio d’opposizione al provvedimento sanzionatorio
-
controversie pendenti
-
impugnazione degli atti di riscossione.
(Agenzia delle entrate, Circ. n. 56/E del 24 settembre 2008)
Emanata la circolare concernente l’adesioni ai processi verbali di constatazione
- Con la Circolare n. 55/E, avente a tema l’istituto dell’adesione ai p.v.c. istituito con
l’art. 83 del dl n. 112/08, l’Agenzia delle entrate, è intervenuta a fornire i primi
relativi chiarimenti, tra i quali:
1) l’adesione comunicata dal contribuente è irrevocabile, salvo che non possa
ritenersi espressa in modo non valido, ed è esperibile per le violazioni
concernenti le imposte dirette, l’Irap, l’Iva, le addizionali comunali e
regionali, le imposte sostitutive dei redditi;
2) non è possibile aderire nelle ipotesi di recuperi su base dichiarativa (artt. 36bis e 36-ter del dpr 600/73 e art. 54-bis del dpr 633/72);
3) il mancato pagamento delle somme dovute a seguito dell’adesione costituisce
violazione sanzionabile (sanzione del 30%);
4) se una società (così come analogamente nel consolidato per trasparenza)
manifesta l’intenzione di aderire, i soci possono fare altrettanto per i loro
redditi da partecipazione. Se non lo fanno nei loro confronti scatta
l’accertamento.
(Agenzia delle entrate, Circ. n. 55/E del 17 settembre 2008)
L’Assonime interviene sul tema della neutralità delle operazioni straordinarie Con una propria Circolare l’Assonime prende in esame il contenuto del dm 25 luglio
2008, attuativo delle disposizioni della legge n. 244/07, in tema di neutralità delle
operazioni societarie straordinarie, precisando tra l’altro:
- che, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, è rilevante la
classificazione contabile del bene effettuata dal conferitario, non assumendo
invece rilevanza quella del conferente;
-
che, nelle operazioni di scissione, devono essere esaminati gli effetti derivanti
dall’uscita di un singolo bene con la giustificazione economica di tale
operazione.
Con la stessa circolare viene, altresì, auspicato un chiarimento dell’Agenzia delle
entrate circa la problematica afferente alla possibilità di considerare direttamente i
valori civilistici ai fini della determinazione dell’Irap.
(Assonime, Circ. n. 51 del 12 settembre 2008)
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
67
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
Correzione di refuso nella circolare n. 54/08 in materia di stock option – Con
Comunicato stampa del 10 settembre 2008, l’Agenzia delle entrate ha reso noto che
la circolare n. 54 del 9 settembre 2008, relativa all’abolizione del regime fiscale
agevolato delle stock option, previsto dal dl n. 112/08, contiene un refuso nell’ultimo
capoverso della premessa e nel secondo capoverso del primo paragrafo e che, di
conseguenza il testo corretto della circolare nei menzionati punti è il seguente: “…la
differenza del valore delle azioni al momento dell’esercizio del diritto di opzione e
l’ammontare corrisposto al dipendente concorre a formare il reddito imponibile da
lavoro dipendente”.
(Agenzia delle entrate, Comunicato stampa del 10 settembre 2008)
L’abolizione del regime agevolato per le stock options - Con la Circolare n. 54/E,
l’Agenzia delle entrate ha illustrato l’abolizione del regime agevolato delle stock
options di cui all’art. 51, c. 2, lett. g-bis del Tuir, per così come previsto dall’art. 82,
commi 23 e seg. del dl n. 112/08, con la precisazione, tra l’altro, che:
- se la data d’assegnazione è successiva, le nuove disposizioni operano anche
per i piani deliberati prima del 25 giugno 2008;
- la differenza, tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del
diritto d’opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente, concorre sempre
a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente;
- che è escluso dalla base imponibile previdenziale il reddito dipendente
derivante dall’esercizio dei piani di stock options.
(Agenzia delle entrate, Circ. n. 54/E del 9 settembre 2008)
La nuova deducibilità e detraibilità per pasti e alberghi - Con la Circolare n.
53/E, l’Agenzia delle entrate ha illustrato le novità introdotte dal dl n. 112/08 in tema
di deducibilità/detraibilità delle spese relative alle prestazioni alberghiere e alla
somministrazione di alimenti e bevande.
Nella stessa Circolare viene, tra l’altro, precisato:
1) in tema d’imposte dirette:
-
che la prevista limitazione al 75% della deducibilità si rende operante anche
in relazione alle spese da considerarsi di rappresentanza;
-
che deve essere sempre e comunque rispettato, per potersi usufruire del
beneficio, il requisito dell’inerenza;
-
che, in occasione del versamento dell’acconto per il periodo d’imposta 2008,
bisogna tener conto di detta limitata deducibilità,
2) in tema d’Iva:
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
68
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
-
che, per poter usufruire della detrazione, è sempre necessario che le spese
siano documentate con fatture;
-
che, qualora la prestazione venga fruita da un soggetto (per es. dal dipendente
in trasferta) diverso dal committente, la fattura deve recare l’intestazione di
entrambi i soggetti;
-
che, per le spese da considerarsi di rappresentanza, continua ad applicarsi la
specifica previsione di indetraibilità di cui all’art. 19-bis1, lett. h), del dpr
633/72;
-
che la nuova detrazione opera in relazione alle prestazioni ricevute a
decorrere dal 1° settembre 2008; con applicazione, per quel che concerne
l’individuazione del momento della loro effettuazione, del disposto di cui
all’art. 6 del dpr 633/72 (pagamento del corrispettivo o, se precedente,
emissione della fattura).
(Agenzia delle entrate, Circ. n. 53/E del 5 settembre 2008)
GIURISPRUDENZA
Nessuna detrazione a fronte di operazioni esenti - La Corte di Cassazione
(riallacciandosi peraltro alla giurisprudenza comunitaria, vedasi ad es. la sentenza
della Corte di Giustizia della Ue del 7.12.06, causa C-240/05) ha statuito che
l’inerenza dell’attività all’oggetto dell’impresa non è sufficiente per attribuire alla
stessa il diritto alla detrazione dell’imposta dovuta o assolta a monte per acquisti di
beni o servizi effettuati per il successivo compimento di operazioni esenti, essendo
anche necessario che queste ultime siano assoggettabili ad imposta.
(Cassazione, Sentenza n. 22690 del 9 settembre 2008)
Il rinvenimento di documentazione extracontabile non è sufficiente per un
accertamento - La Corte di Cassazione ha statuito che il ritrovamento di
documentazione extracontabile (nel caso di specie, un’agenda rinvenuta nella sede di
un cliente della società e a quest’ultima intestata) non può da solo supportare un
accertamento, necessitando di ulteriori indagini atte a ricondurre l’agenda agli affari
della società intestataria della stessa, con esplicitazione adeguata delle ragioni che
appunto dimostrino la riferibilità delle annotazioni riportatevi all’attività delle
società.
(Cassazione, Sentenza n. 23254 del 9 settembre 2008)
Per l’iscrizione a ruolo dell’imposta dichiarata e non versata non serve alcun
previo invito - Con la sentenza n. 22197, la Corte di Cassazione ha statuito che, in
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
69
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
presenza di omesso versamento dell’Iva dichiarata direttamente dal contribuente,
l’obbligo del preventivo invito al pagamento, previsto dall’art. 60 del dpr n. 633/72
quale adempimento necessario e prodromico all’iscrizione dell’imposta a ruolo, non
sussiste.
(Cassazione, Sentenza n. 22197 del 3 settembre 2008)
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.
19/2008
70
NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI
IL
NUOVO DIRITTO
DELLE SOCIETÀ
ItaliaOggi
CLASSprofessionale
Class Professionale srl – via Marco Burigozzo 5 – 20122 Milano
Telefono: 02/58219.1 – Telefax: 02/58317598 – E-mail: [email protected]
Direttore responsabile ed editore Paolo Panerai (02-58219209)
Tariffe abbonamenti: euro 120,00
(abbonamento annuale 24 numeri)
Per la sottoscrizione di nuovi abbonamenti telefonare al numero verde 800-822195 oppure inviare un fax
al numero verde 800-822196 allegando, oltre alla richiesta di abbonamento con i propri dati anagrafici,
fotocopia dell’assegno non trasferibile intestato a: Class Professionale srl – via Marco Burigozzo
n. 5 – 20122 Milano, oppure fotocopia del bonifico bancario intestato
a: Banca di Roma, filiale di Milano
5, Piazza Edison 1 – 20123 Milano –
conto corrente n. 923631/55 – ABI
03002 – CAB 01631.
Distribuzione: Class Professionale
srl, via Marco Burigozzo 5 – 20122
Milano, numero verde 800-822195.
Vendita esclusiva per abbonamento.
Servizio Abbonamenti: per informazioni e/o segnalazioni comporre il
numero verde 800-822195 oppure inviare un fax al numero verde 800822196.
Concessionaria esclusiva per la
pubblicità: Class Pubblicità, via
Marco Burigozzo 8 – 20122 Milano
Tel.
02/58219500-23
–
Fax:
02/58219560 Presidente: Paolo Panerai – Direttore generale: Matteo
Sordo – Vice Direttore generale:
Francesco Rossi
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ Registrazione al Tribunale di Milano
n. 618 del 8-11-2002 –
Direttore Responsabile: Paolo Panerai
© Tutti i diritti sui dati, le informazioni, i materiali contenuti nella rivista
sono riservati a Class Professionale srl; è vietato pertanto, in via meramente
esemplificativa e comunque non esaustiva, copiare, vendere, rivendere e comunque
sfruttare a fini commerciali il contenuto della rivista, o di una sua qualunque
parte, senza il consenso scritto di Class Professionale srl.