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Le nuove dipendenze - Dr.. Maurizio Tucci, Giornalista Responsabile della Comunicazione della Società Italiana di Pediatria Nel 1997, anno in cui la Società Italiana di Pediatria avviò il suo lavoro di indagine sulle abitudini di vita degli adolescenti, ed in particolar modo sull’utilizzo dei media, chiedemmo ai giovani studenti intervistati quante ore al giorno passassero quotidianamente davanti alla TV. Le risposte furono: meno di un’ora 25,4%; da 1 a 3 ore 54,4%; più di 3 ore 19,6% Non era da molto tempo che, anche in Italia, si indagava, in modo accurato e sistematico, sul consumo televisivo da parte degli adolescenti e quei risultati, per altro in linea con quelli provenienti da altre autorevoli fonti di ricerca, fecero a lungo discutere e lanciare un forte, accorato allarme: troppa TV, facciamo qualcosa. E il facciamo qualcosa si fece ancora più imperativo apprendendo che il 44% degli adolescenti aveva la televisione nella propria camera da letto e che il 41% aveva l’abitudine di guardare la televisione mentre mangiava. Da allora dibattiti, tavole rotonde, indagini, decaloghi, codici di autoregolamentazione, impegni presi, strategie di intervento, e quant’altro può venirci in mente, si sono susseguiti a ritmo incessante. Il risultato potremmo forse impietosamente sintetizzarlo riportando i dati relativi alle medesime domande poste quest’anno, a 7 anni di distanza e dopo 7 anni di dibattiti, ad una analogo campione di adolescenti: meno di un’ora 12,6% (-12.8%); da 1 a 3 ore 58,4% (+ 4%); più di 3 ore 26,8% (+ 7,2%). Adolescenti con TV nella propria camera da letto: 58% (+14%); adolescenti che guardano la TV durante i pasti: 87% (+ 46%). Nel 2001 il 40% degli adolescenti intervistati (sempre nell’ambito delle indagini della Società Italiana di Pediatria) aveva detto di andare abitualmente a dormire non prima delle 23.00 e un altro 20% dopo mezzanotte. A distanza di 3 anni ad andare a letto non prima delle undici è il 50,7% (+ 10,7%), ma è rimasta analoga la percentuale del 20% di chi va a letto dopo la mezzanotte, percentuale che tra i maschi arriva al 25% e al sud al 28,8%. Ad aggravare la situazione, per quello che riguarda l’utilizzo dei media, va sottolineato che nel 1997 la presenza del computer in casa era assolutamente minoritaria e il collegamento ad Internet una rarità. Oggi l’88% del campione dichiara di avere in casa il PC (il 43,8% lo ha addirittura nella propria stanza) e oltre il 60% naviga abitualmente in Internet. Inoltre, circa il 40% afferma di trascorrere più di un’ora al giorno al PC, tra videogiochi e Internet, o con i game boy. Senza mezzi termini, dobbiamo avere il coraggio di ammette che il tanto parlare e scrivere su questo tema in questi anni, non solo non è riuscito ad invertire una tendenza che consideravamo pericolosa, ma non l’ha neanche parzialmente frenata. Qualcuno potrebbe ragionevolmente sostenere quanto i nostri timori apocalittici fossero ingiustificati e che, nonostante l’oggettivo eccesso di televisione, gli adolescenti italiani di oggi non sono dissimili dai loro coetanei di 20 o 30 anni fa. Non voglio rispondere ora a questo stimolante interrogativo, ma preferisco tracciare brevemente un quadro degli adolescenti di oggi, così come appaiono dal nostro lavoro di indagine, come spunto per una riflessione comune. Vediamo, innanzi tutto, cosa gli adolescenti considerano più importante per ottenere considerazione all’interno del gruppo dei pari e, di conseguenza, per consolidare la propria autostima: “essere rispettato dal gruppo” (64,5%); “essere bello” (42,3%); “essere coraggioso” (41,1%). Seguono, a poca distanza, “l’essere vestito alla moda ”(36,9%) “l’essere bravo nello sport”(34,6%); e il “fare cose spericolate” (27,6%). Non vogliamo esprimere giudizi, solo notare come queste caratteristiche siano molto più frequentemente espresse dai personaggi della fiction televisiva e cinematografica, piuttosto che dalla “normale umanità” della quale la larghissima maggioranza di questi adolescenti andrà a far parte. D’altra parte circa il 65% afferma di imitare atteggiamenti e comportamenti dei propri idoli televisivi. E gli “idoli”, come emerge inequivocabilmente in tutti i “focus group” che ogni anno svolgiamo nell’ambito del lavoro di ricerca con i ragazzi, sono i protagonisti del Grande Fratello, le subrettine, i calciatori. Totti, il calciatore sul cui analfabetismo si favoleggia da anni e che si è reso protagonista agli ultimi campionati europei non per i gol fatti ma per aver sputato in mondovisione ad un collega della squadra avversaria, è il campione sportivo più ammirato dagli adolescenti italiani. In un focus sono venuto a sapere che uno dei giochi preferiti dal “gruppo” di amici era la simulazione del “Grande fratello” nella quale ognuno incarnava un personaggio e creavano una vicenda parallela a quella televisiva con tanto di sondaggio e eliminazione dal gruppo. Chi veniva eliminato veniva contestualmente ostracizzato dal gruppo, per tutta la durata del gioco, anche al di fuori dei momenti dedicati al gioco. Ma tornando ai “valori”, ammirazione, rispetto, e quindi leadership, all’interno del gruppo, possono ottenersi in modi differenti, ma è significativo che il 42% degli intervistati affermi che il principale motivo per il quale si mettono in atto atteggiamenti di prepotenza nei confronti dei pari è essere ammirati dagli amici, cui si aggiunge la ricerca della leadership all’interno del gruppo (26,2%). Il 12,9% afferma che la motivazione principale è essere temuti e il 14,2% per divertirsi un po’. Seppure – va detto - la maggioranza degli intervistati (67,5%) sostenga di giudicare negativamente un coetaneo “prepotente” (anche se c’è un inquietante 30% che dice che se le prepotenze non sono rivolte nei suoi confronti, ma su altri del gruppo la cosa lo lascia indifferente), la finalità per la quale la prepotenza è spesso esercitata (l’ammirazione, il rispetto, la leadership, …) è comunque un valore positivo condiviso. Ed è questo uno dei meccanismi perversi che sta rendendo i fenomeni di violenza (fisica e psicologica) non più una eccezione ma la norma. Nell’indagine di quest’anno abbiamo cercato di approfondire l’osservazione sul fenomeno del “bullismo” e dobbiamo purtroppo constatare che emerge uno spaccato certamente non rassicurante: il 76% degli intervistati afferma di aver assistito ad episodi di bullismo rivolti contro un amico o conoscente (per il 20% ciò capita spesso). Oltre il 70% dichiara che episodi di tale genere (sia che si tratti di prepotenze vere e proprie, sia di “isolamento” di una persona da parte del resto del gruppo, sia di scherzi insistenti e ripetuti contro un’unica vittima) avvengono anche all’interno del proprio gruppo di amici. In astratto, di fronte a prepotenze subite, la maggioranza degli adolescenti (67%) considera un atteggiamento corretto quello di chi andasse a riferire la cosa ai propri genitori o ai propri insegnanti (anche se il 21% considererebbe un fifone chi lo facesse e l’11% una spia), ma in pratica, se a subire le prepotenze fosse lui stesso, il 61% opterebbe per l’autodifesa (oltre il 70% dei maschi); il 18% ne parlerebbe con un amico; il 12% ne parlerebbe con i genitori (solo il 6% dei maschi), il 6% sarebbe disposto a subirle, se non eccessive (9% dei maschi) e solo il 2% ne parlerebbe con un insegnante. Questo dà una dimensione chiara di quanto “sommerso” ci sia in questo ambito. Interessante constatare, inoltre, che se fosse un proprio amico a subire prepotenze la cosa lascerebbe del tutto indifferente il 40% degli intervistati. Sui motivi per i quali si identifica una “vittima” (oltre al generico “è antipatico” indicato dall’80% del campione), la principale (54%) è il “mettersi in mostra con gli insegnanti”; segue il “non sapersi fare rispettare” (48,8%); lo studiare troppo (33%); il vestire male (30%); l’essere timido (29%) e l’essere nuovo dell’ambiente (25%). Vediamo, allora, come l’atteggiamento prepotente non è solo strumento per la conquista di una leadership, ma rischia di diventare una necessità per non diventare una vittima del gruppo. Circa l’uso esplicito della violenza (fare a botte) dichiara di ricorrere alle mani, con maggiore o minore frequenza, il 47% degli intervistati (68% dei maschi): dato che conferma quello già riscontrato lo scorso anno. Che gli adolescenti “facciano a botte” ritengo sia pratica consolidata nei secoli, quando la TV non esisteva nemmeno, ma c’è da chiedersi quanto la TV sia una sorta di “legittimatrice” della violenza. . Il 65,5% degli intervistati concorda nel dire che la tv trasmette molte immagini violente e questa percentuale è, da anni, in costante crescita. Solo lo scorso anno aveva dato la stessa risposta il 57,9%. Ma ciò che lascia più perplessi è l’atteggiamento degli adolescenti nei confronti di questa violenza. La principale reazione è l’indifferenza, indicata dal 43,5% del campione (64,2% dei maschi). Un terzo del campione (ma sono prevalentemente le femmine) prova “fastidio” e solo il 12% paura (5% tra i maschi). Smette di guardare le immagini per le quali prova fastidio o paura solo il 10% del campione (5% dei maschi). Nel “lontano” 1997 a smettere di guardare le immagini televisive che facevano paura o infastidivano era il 40,8%. L’abitudine, per non voler dire l’assuefazione, alla violenza è senza dubbio un incentivo a fare abbassare pericolosamente la soglia al di sopra della quale si considera legittimo praticarla. E’ inquietante il recentissimo caso di cronaca della quattrordicenne che chiede al padre di uccidere gli autori del furto del suo motorino. Tornando ai risultati dell’indagine, l’89,6% degli adolescenti intervistati, ed in particolare il 94,7% delle ragazze dichiara di sentirsi triste ogni tanto. Il 25% lo è spesso e le ragazze spesso tristi sono il 30,7%. Si sente invece annoiato l’89% del campione, e il 20% (con una leggera prevalenza dei maschi) dichiara di esserlo spesso. A circa il 95% degli intervistati capita di rimanere a casa da solo e, tra questi, al 36 % capita spesso. Se hanno un problema il 73% delle ragazze ed il 50% dei ragazzi si rivolgono preferibilmente ad un amico o ad una amica . Alla mamma si rivolge meno della metà delle ragazze (41%) e meno di un terzo dei ragazzi (31%), mentre al papà si rivolge il 10,8% delle ragazze e il 19% dei maschi. Praticamente assenti gli insegnanti ai quali si rivolge meno del 2% degli adolescenti intervistati. Circa il 10% dei maschi, invece, afferma di non rivolgersi a nessuno se ha un problema e ad avere lo stesso atteggiamento è il 5% delle femmine. E’ vero che l’adolescenza viene storicamente vista come l’età della malinconia, ma ritengo che il quadro che ne esce sia ben più serio di una poetica descrizione letteraria. E d’altra parte l’incremento fortissimo delle patologie del comportamento, prima di tutte la depressione, che sta interessando l’adolescenza è un chiaro segnale di questo malessere. Il 30% di loro dice di non piacersi fisicamente, e le ragazze che non si piacciono sono il 38,8%. Il 72% delle ragazze vorrebbe essere più bella, il 55,4% più magra. Il 62% dei maschi vorrebbe essere più muscoloso; il 57,6%, senza distinzione di sesso, più alto. E’ per migliorare l’aspetto fisico il 22,3% delle ragazze è già a dieta, il 7% già si sottopone a trattamenti estetici e il 6% dei maschi assume integratori. Circondati da ogni tipo di gadget: dal telefonino, al computer, alla play station, allo stereo, al motorino, come probabilmente nessuna generazione di adolescenti è mai stata, gli adolescenti di oggi, come ripetono spesso nei focus group “si sentono soli”. Schiacciati da un lato dai tempi e dalle esigenze lavorative dei genitori: “i miei non li vedo mai, lavorano sempre” , dall’altro dai “pericoli” (reali o presunti) del vivere fuori casa (specie nelle grandi città) “mia mamma non vuole che esco perché ha paura”, hanno trovato negli “sms” un nuovo cordone ombelicale che li tiene costantemente in contatto con il gruppo di amici “se sono senza scheda sto male”; “La cosa più brutta? Essere senza scheda.”. E gli sms sono l’altra grande nuova “dipendenza”. Una media di 10 – 15 sms al giorno per un costo medio annuo di 600-800 Euro (il doppio di quanto mediamente renderebbero ad una famiglia gli sgravi fiscali che il governo promette da 3 anni). Il primo sms la mattina appena svegli, l’ultimo nel letto prima di addormentarsi, a scuola tasche che “vibrano” in continuazione “perché gli insegnanti vogliono che si spengono i cell. ma noi lasciamo la vibrazione”. C’è già un 31% che per comunicare con gli amici preferisce l’sms, all’incontrarsi di persona. Sono curioso di vedere tra due anni dove sarà arrivata questa percentuale E poi, per concludere il quadro con quelle che possiamo considerare le “dipendenze” più tradizionali, il 30% già dichiara di fumare, dato certamente sottostimato, perché poi dichiarano che a fumare è il 68% dei loro amici; il 50% beve abitualmente vino o birra; il 24% liquori; il 35% ha già visto un amico ubriaco; il 25% ritiene che sia accettabile prendere integratori o altre sostanze per migliorare le proprie prestazioni fisiche e sportive e il 15% dichiara di avere amici che assumono sostanze per migliorare le prestazioni sportive; il 40% afferma di conoscere amici che hanno provato a fumare una “canna”. Ritornando al punto dal quale siamo partiti, e concludendo, forse non è a causa della televisione che gli adolescenti di oggi sono così come si sono descritti, ma sono così perché hanno solo la televisione come riferimento e modello. Una TV che insegna loro che si deve essere belli, magri, forti, spericolati, con i pantaloni a vita bassa, trasgressivi, e lo insegna nel più suadente dei modi: mostrando il successo e la ricchezza di coloro che sono così: da Totti, bello, ricco, circondato da “veline”, che sputa all’avversario, all’aspirante famoso del Grande Fratello che bestemmia in diretta. Quale contrappeso forniamo, oggi, ai nostri adolescenti? A che serve continuare a discutere di codici di autoregolamentazione e bollini colorati se non siamo in grado di mostrare loro un’altra realtà che non sia quella televisiva? Li abbiamo lasciati soli, perché non abbiamo tempo, in un recinto dorato, esageratamente liberi di arredarselo come meglio credono, purché da quel recinto non escano, purché non esasperino il nostro senso di colpa che deriva dalla consapevolezza del “non esserci”. E nel frattempo guardano la TV, in attesa dei fatidici 18 anni che danno il viatico per partecipare a tutte le selezioni televisive possibili, dalle veline, alle letterine “che di faccia sono brutte e non sanno fare niente ma hanno un bel fisico” all’immancabile Grande Fratello. E nel frattempo, se qualche volta dal recinto si riesce ad uscire, si può anche decidere…. di allagare la propria scuola.