Einstein pacifista
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Il Medio Oriente dopo l’invasione dell’Iraq Nicola Cufaro Petroni USPID – Unione Scienziati Per Il Disarmo Pisa: 26 aprile 2005 Medio Oriente sicuramente in movimento in questo periodo: da Egitto alla Turchia, fino all’Afghanistan passando per Palestina e Israele. L’invasione USA-UK dell’Iraq (2003) è un elemento centrale di questo movimento Ma lo sono anche • Il 9/11 e i cambiamenti nella percezione occidentale dei pericoli • Invasione dell’Afghanistan (2001) e rovesciamento dei Talebani • Morte di Arafat, Re Hussein, Hafez el Assad: fine di una generazione • Assassinio di Rafiq Hariri (14 febbraio, 2005) • Più in generale: la fine dell’URSS Discussione sugli obiettivi e sugli esiti 1) OBIETTIVI Oggi siamo bombardati da una notizia: abbiamo riportato la democrazia in Iraq Non credo che questo fosse un obiettivo esplicito, e anche l’esito è dubbio a) Obiettivo dichiarato: pericoli di ADM + legami con terroristi di Al Qaeda Puro pretesto come hanno dimostrato i successivi due anni di ricerche condotte dagli USA stessi Documento USPID inizio 2003 Ricerche finite senza ritrovamenti di ADM e senza scuse o condanne Esito: solo denigrazione dell’ONU e delle ispezioni NB: terrorismo non voleva dire i sussidi ai suicidi palestinesi (che esistevano) Ma i legami con Al Qaeda (che non esistevano) b) Portare la democrazia e abbattere dittature Argomento di copertura, tirato fuori solo dopo l’intervento e il non ritrovamento di ADM e di legami con Al Qaeda Il governo degli USA si dice oggi convinto del fatto che promuovere la democrazia in Medio Oriente sia la componente centrale della lotta contro il terrorismo. Il nuovo Iraq deve costituire, nei desideri della Casa Bianca, un esempio per tutti di democrazia funzionante. Poco sincero e poco credibile: qualunque apertura troppo rapida di sistemi politici chiusi (ad esempio Egitto, Arabia Saudita, Kuwait) può paradossalmente produrre nel breve e medio termine una maggiore attività terroristica. Mancano al momento quei vasti movimenti popolari per la democrazia che sarebbero necessari per rendere credibile una prospettiva realistica di successo per eventuali influenze esterne. USA poco credibili come promotori di democrazia in Medio Oriente. Ostilità antiamericana USA dipendono ancora troppo da molti dei regimi più repressivi per la cooperazione sulla sicurezza e il terrorismo, per l’aiuto – ancorché tiepido – per i suoi sforzi nel conflitto israelopalestinese, e per l’accesso alle riserve di petrolio. Ci sono ragioni economiche, storiche e socio-politiche per le quali la democratizzazione di questi paesi si rivelerà lenta, difficile e conflittuale (anche se non impossibile). E la loro democratizzazione, almeno nell’immediato, non aiuterà la lotta contro il terrorismo. Paradossale per un Presidente che, entrato in carica mostrando un grande disprezzo per le attività di “nation building” si è invece trovato, dopo l’11 settembre 2001, a doversi preoccupare di “failed states”: questa conversione sembra però insincera e problematica. Per l’Iraq in particolare la preparazione è stata molto scadente Se gli USA fossero stati veramente preoccupati per la ricostruzione dell’Iraq avrebbero dovuto invece promuovere sforzi collettivi, consensuali e istituzionali per individuare strategie che consentissero di affrontare minacce emergenti poste oggi da dittature, “failed states” e terrorismo. L’alternativa a questa prospettiva di intervento collettivo è il puro e semplice potere imperiale degli USA, un paese impegnato a pattugliare da solo un mondo sempre più resistente, con ex alleati pronti al sabotaggio ad ogni occasione. Le ragioni degli USA: mano libera in operazioni di cambiamenti di regime in altri stati; eliminazione di vincoli internazionali giudicati contrari all’interesse nazionale; politica di controllo di aree strategicamente importanti; alleanze con partner privilegiati, ma politicamente discutibili come Arabia Saudita, Pakistan, Israele; e dove possibile uso della retorica della democrazia. In generale portare la democrazia può essere un sottoprodotto di eventi bellici, ma difficilmente ne è la causa Se avessero chiesto agli americani di invadere l’Iraq per portare democrazia, senza usare il pretesto di ADM e terrorismo non avrebbero convinto nessuno Intervento USA, UK, F e URSS nella IIa GM non era motivato dal desiderio di riportare la democrazia in D, J e I, anche se questo fu un sottoprodotto Quel che contava all’epoca era: l’aggressione diretta (USA, URSS) il pericolo dell’egemonia D, J, I Che questo abbia condotto alla democrazia non può essere scambiato per la causa della guerra Bisogna inoltre ricordare il sostegno USA a regimi non democratici (Pakistan, Arabia Saudita …) Non è quindi la mancanza di democrazia che caratterizza gli stati canaglia c) Obiettivi reali: i) Controllo delle risorse, delle riserve e delle vie di distribuzione ii) Eliminazione dei regimi sgraditi che non si allineano Molti di questi regimi erano allineati con l’URSS prima del 1991 Affermazione di una egemonia globale iii) Appoggio a Israele; Necoconservatori e Fondamentalisti cristiani iv) Affari: Halliburton e Cheney (Asia Times April 23, 2005) The Halliburton corporation, already the Iraq war's poster child for "waste, fraud and abuse", has been hit with a new double whammy. A report from the US State Department accuses the company of "poor performance" in its US$1.2 billion contract to repair Iraq's vital southern oilfields. And a powerful California congressman is charging that Defense Department audits showing additional overcharges totaling $212 million were concealed from United Nations monitors by the administration of President George W Bush. The new overcharges bring to $2 billion, or 42% of the contract amounts, the grand total of questionable bills from Halliburton. According to Representative Henry Waxman, the top Democrat on the House of Representatives sub-committee on government reform, "both the amount of Halliburton's overcharges and the extent of the information withheld from the auditors at the UN's International Advisory and Monitoring Board [IAMB] were much greater than previously known". 2) ESITI Gli esiti dell’invasione sono per lo meno incerti se non chiaramente negativi a) La guerra al terrorismo si salda per ora con un terrorismo diffuso il cui centro si è spostato in Iraq, dove prima non c’era (AsiaTimes April 23, 2005) The Bush administration's iron-clad spin is that it is winning the "war on terror". Then comes a problem: the recently created (by a George W Bush executive order) National Counterterrorism Center (NCTC) states there were more terrorist attacks in 2004 than in any year since 1985. So what does the State Department do? Secretary of State Condoleezza Rice orders the "sanitation" of this year's version of "Patterns of Global Terrorism", a report regularly issued by the State Department. The NCTC was created on a recommendation by the 9-11 Commission. Now it has the responsibility of analyzing and integrating all US intelligence on terrorism. By law, Congress and the Senate must receive "Patterns of Global Terrorism" by April 30 every year, detailing what Washington considers terrorism activity country by country. This year, there will be not be a complete "Patterns of Global Terrorism", but a simple report without any data. The NCTC will be in charge of the details. According to US State Department spokesman Richard Boucher, this data will be released, but no date has been set. It would be naive to assume that Rice's decision on the report was disclosed by US mainstream media. Once again the information had to be found on the Internet, through Larry C Johnson, a former Central Intelligence Agency analyst writing for the online journal The Counterterrorism Blog. According to Congressman Henry Waxman, a Democrat from California, "This is the definitive report on the incidence of terrorism around the world. It should be unthinkable that there would be an effort to withhold it - or any of the key data - from the public. The Bush administration should stop playing politics with this critical report." Uso propagandistico del terrorismo (BBC) Non ci sono stati altri attacchi in USA ma altrove (Madrid) sì Un terrorismo che non sembra aver bisogno di ADM Polemiche sul terrorismo nucleare (Bull.A.S. Nov/Dic 2004; WP 31 Dic 2004) b) Cambiamenti in atto in Medio Oriente (esteso): bilancio misto i) Rinuncia della Libia ai progetti nucleari: ma il movimento era precedente all’intervento in Iraq ii) Fine del supermarket clandestino di A. Khan in Pakistan: ma il Pakistan è alleato USA e i movimenti erano sorvegliati da tempo iii) Elezioni in Egitto e Arabia Saudita: timidi tentativi di democratizzazione in paesi alleati degli USA iv) Conflitto Arabo/Israeliano in movimento: effetto delle decisioni di Sharon e della morte di Arafat comunque l’eliminazione del regime Baath in Iraq ha dato più forza al governo Israeliano conflitto tende a chiudersi, ma con un’ulteriore riduzione dei diritti palestinesi v) Situazione in Iraq tutt’altro che stabilizzata (1) Nuovo governo con parlamento eletto (o quasi dato il boicottaggio) Ma questo regime non può sopravvivere senza USA-UK (2) Risentimento popolare crescente per (a) un regime imposto, ancorché non oppressivo come il precedente (b) abusi e sevizie sui prigionieri (Abu Ghraib: condannati solo sergenti) (c) aggravamento delle condizioni di vita (d) incapacità USA-governo di garantire la sicurezza (3) Rischi di guerra civile e di frazionamento del paese Attacchi quotidiani della guerriglia contro fasce della popolazione Presenza di milizie ben armate (kurde e sciite) Tentazione di usare milizie contro insorti (AsiaTimes, April 23, 2005) Ricetta per una guerra civile Iraqi Kurdish and Shi'ite militias are all strong fighting forces. Three political parties - the Kurdish Democratic Party, or KDP; the Patriotic Union of Kurdistan, or PUK; and the Supreme Council for the Islamic Revolution in Iraq, or SCIRI - possess the strongest militias in the country. Other political parties also have their own armed militias, but retain much smaller numbers of men. In the recent BBC interview, Talabani regretted that the US was opposed to using militia forces. He argued that "we have inner forces [able] to eradicate the terrorists" and that they should be brought into the fight. However, analysts say they cannot imagine these Kurdish and Shi'ite fighters coming to Sunni areas to introduce law and order. Hartwell says this move would only make the security situation worse and could bring the country to the brink of a sectarian war. "In the wider picture, it doesn't really work when you knit it all together with the Shi'ites and the Sunnis and how that is perceived, I can't imagine the Americans are in the mood for this [militias suppressing the insurgency]," Hartwell says. Nourizadeh agrees that militias will only gravely exacerbate the situation in Iraq. However, he says the new Iraqi government should do everything it can to integrate both Kurdish fighters and the Badr Brigade into the national army. This, he says, would not only elevate their status, but it would also increase the fighting capabilities of regular troops. vi) Nuovo rapporto USA con gli sciiti, tradizionalmente perdenti (tranne Iran) Importanza dell’appoggio di Al Sistani per il processo politico Contraddizione con la politica verso Iran, Hezbollah e Mujahiddin del Popolo (oppositori del governo Iraniano presenti in Iraq ma considerati terroristi) Gli sciiti della regione emergono come i maggiori beneficiari della guerra (AsiaTimes, April 20, 2005) Rinascita degli sciiti da Iran a Libano (Hezbollah), passando per Iraq e comunità sciite del Golfo Prospettiva che suscita preoccupazione nei governi (sunniti) della regione Rapporto con gli sciiti centrale per i prossimi due punti vii) Rischi di proliferazione in Iran, e ostilità del suo regime A due anni dal suo inizio l’intervento militare Iraq non è ancora concluso, e già si parla di un nuovo intervento in Iran. Anche questa volta la crisi nasce da un problema di proliferazione di ADM, ma ha le sue radici nella lunga e ricambiata ostilità degli USA verso il regime di Tehran e nella paura di quest’ultimo per la politica americana di abbattimento militare dei regimi sgraditi. La crisi ha preso forma in un periodo animato dalle polemiche sulle ADM che hanno preceduto e seguito l’intervento militare in Iraq del marzo 2003. Da un lato USA e paesi occidentali, sia pur con atteggiamenti differenziati, temono che le attività nucleari iraniane, formalmente permesse dal TNP, nascondano un programma militare; dall’altro il governo iraniano sostiene che si tratta di attività puramente civili e non intende rinunciare al diritto di esercitarle. Il problema sta nel fatto che la differenza fra l’arricchimento dell’uranio per scopi civili (meno del 20% di 235U) e quello per scopi militari (più del 90% di 235U) è solo quantitativa, mentre le tecnologie necessarie nei due casi sono identiche. Da parte iraniana si osserva però che nei vari casi di proliferazione si tende ad adottare metri diversi: il possesso di armi nucleari viene assolutamente negato ai regimi che gli USA e i suoi alleati considerano ostili (ad esempio quelli dell’Asse del Male: Iraq, Iran e Corea del Nord), mentre è tacitamente tollerato per altri paesi (ad esempio Israele, Pakistan e India che non sono firmatari del TNP). Tutto questo si inquadra infine nella attuale propensione USA – esplicita dopo gli attentati del settembre 2001 – alla semplice eliminazione militare dei regimi sgraditi. Il programma nucleare iraniano risale ad un periodo che precede la rivoluzione del 1979, più precisamente ad un momento in cui l’Iran era uno dei principali alleati USA in Medio Oriente. Il programma nucleare iraniano ha subito una notevole accelerazione a partire dal 1987, anno nel quale è iniziata una collaborazione clandestina con Abdul Q.Khan, il padre della bomba pakistana, che ha fornito piani e centrifughe per l’arricchimento. Le preoccupazioni USA sono infine aumentate dal fatto che l’Iran possiede (o sta sviluppando) anche dei missili capaci di portare testate a grande distanza. I missili iraniani Shahab-3, derivati dai nordcoreani Nodong-1, hanno una gittata di 1550-1620 Km con un carico di 500650 Kg, mentre sembra che si stia lavorando ad uno Shahab-4 con una gittata di 2000 Km. Il 14 novembre 2004 a seguito di contatti con EU3 l’Iran ha notificato all’IAEA la sospensione di tutte le attività di arricchimento per la durata dei susseguenti negoziati. Finché la sospensione dura i paesi dell’EU3 hanno promesso di negoziare – la trattativa è iniziata il 20 dicembre 2004 – un accordo di lungo termine che includa garanzie sul carattere pacifico del programma iraniano, garanzie di cooperazione nucleare tecnologica ed economica con l’Iran, e fermi impegni internazionali sulla sicurezza reciproca. Ma molte concessioni come l’accesso dell’Iran al WTO, i compromessi sui Mujahideen del Popolo o vere garanzie sulla sicurezza dipendono principalmente dagli USA, e questi per il momento mostrano di preferire piuttosto un cambio di regime in Iran con il conseguente svuotamento di significato dei negoziati con l’EU3. Da un lato l’Amministrazione Bush non considera quello iraniano un regime legittimo, dall’altro cerca la sua preziosa cooperazione per stabilizzare l’Iraq. Gli iraniani incoraggiano i loro alleati sciiti in Iraq a collaborare ma, secondo informazioni di fonte americana e britannica, usano anche denaro e armi per aiutare gruppi della resistenza. Nessuno dubita, insomma, della capacità dell’Iran di creare più caos in Iraq in rappresaglia per una incursione sulle sue installazioni nucleari, e questo rende tutti più prudenti. Anche se con un linguaggio per ora cauto gli USA hanno fatto capire che un intervento militare non è affatto escluso. Negli ultimi anni le amministrazioni americane si sono limitate a imporre sanzioni all’Iran, ma oggi c’è chi vorrebbe rompere gli indugi e puntare direttamente ad una politica di cambiamento di regime. Le eventuali opzioni militari proponibili sono poche, visto che una vera e propria invasione oggi non sembra pensabile: dopo l’Afghanistan e l’Iraq gli USA non possono permettersi una simile avventura. Una possibilità è quella di bombardamenti aerei, più simili per la loro estensione all’Operazione Desert Storm che all’attacco israeliano che distrusse il reattore irakeno di Osiraq; Anche Israele sta valutando la possibilità di un intervento: esso possiede bombardieri in grado di colpire obiettivi a più di 2.000 Km (Bushehr e Isphahan sono a circa 1.500 Km) e i piani, rivelati da Der Spiegel nell’ottobre 2004, prevedono un attacco simultaneo su 6 siti. In alternativa all’opzione militare alcuni analisti ritengono che bisognerebbe puntare sulle divisioni nella dirigenza iraniana fra conservatori – reazionari e ideologi, fautori di una linea dura che privilegia la sicurezza – e progressisti – pragmatici e realisti, interessati a un miglioramento economico che ritengono essenziale per conservare il potere – L’idea è che offrendo forti incentivi per il rispetto degli accordi, e punizioni severe per la loro violazione, si rinforzerebbe il campo pragmatico che preferisce scegliere il burro invece dei cannoni. In effetti le armi nucleari sono viste da ambedue i campi come una garanzia: dopotutto gli USA hanno invaso l’Iraq, ma non la Corea del Nord. Ma gli ideologi spingerebbero per un programma completo che sfidi l’opinione internazionale, mentre i realisti privilegiano la prudenza. In realtà gli ideologi vedono come inevitabile un conflitto con gli USA e come garanzia di sopravvivenza il possesso di armi nucleari che rappresentano anche un fattore di orgoglio nazionale da utilizzare in politica interna. Viceversa i realisti temono che le provocazioni possano ulteriormente isolare il regime teocratico esponendolo a sanzioni economiche che il paese non può permettersi. viii) Situazione in Libano e Siria dopo l’assassinio di Hariri (Febbraio) Nel 1989 gli accordi di Ta’if mettono fine a 15 anni di guerra civile in Libano e iniziano un periodo di ricostruzione del paese. La guerra iniziata nel 1975 fu il prodotto della rottura degli equilibri religiosi a causa dell’arrivo dei rifugiati palestinesi (Giordania 1967) e del conflitto PLO/Israele. Libano prevalentemente arabo (95%): popolazione 3.8 milioni Sciiti 40% (Asad …) Sunniti 20% (Karami …) Maroniti 16% (Gemayel, Frangieh, Chamoun …) Drusi 6% (Jumblatt, Arslan …) Alawiti, Cristiani greci e armeni il resto Libano nato dal protettorato francese fra le due guerre mondiali. I francesi favorivano la comunità cristiana maronita (che all’epoca era più rilevante in percentuale). Vita politica regolata a lungo dal patto nazionale (1943) non scritto: seggi in parlamento 6/5 per cristiani/musulmani (1/1 dopo Ta’if 1989); presidente maronita primo ministro sunnita presidente del parlamento sciita Costituzione fragile che richiede figure autorevoli capaci di creare ponti fra le varie comunità. Dalla fine della guerra civile (1989) il Libano è una specie di protettorato Siriano: la presenza militare di Damasco ha impedito la ripresa del conflitto, ma dato anche una influenza decisiva sulla vita politica del paese. Presenza militare siriana inizia nel 1976: 30.000 soldati come Forza Araba di Deterrenza, ridotta a 20.000 nel 2000 dopo il ritiro israeliano (invasione israeliana iniziata nel 1982), e oggi a circa 14.000. Rafiq Hariri (sunnita), primo ministro a lungo dal 1992, ricchissimo uomo d’affari, finanziatore della conferenza di Ta’if (1989). Personalità autorevole con grandi mezzi a disposizione per essere un centro di equilibrio anche nei confronti della Siria. Autore della ricostruzione del Libano negli anni ’90, e noto anche per aver profittato di tale ricostruzione attraverso le sue società di affari. In questo periodo l’opposizione alla presenza siriana era prevalentemente concentrata su cristiani e drusi; l’appoggio a Damasco veniva da sciiti e sunniti. Origine ed evoluzione della crisi: • 2 settembre 2004, USA (con l’appoggio della Francia) fanno passare la Risoluzione 1559 del CS dell’ONU: o Ritiro delle forze straniere (Siria) o Disarmo delle milizie (Hezbollah) o Elezioni libere • 3 settembre 2004, la Siria fa passare un emendamento alla costituzione libanese per estendere il mandato del presidente Lahoud (pro siriano, ma rivale di Hariri) per altri tre anni. • 20 ottobre 2004, Hariri rinuncia a formare un nuovo ministero. Governo pro siriano formato da Omar Karami • Progressivo spostamento di Hariri (accusato di essere l’autore della Risoluzione 1559) e della comunità sunnita nel campo anti siriano; isolamento della numerosa comunità sciita nel suo appoggio a Damasco. • 14 febbraio 2005 assassinio di Hariri e inizio di manifestazioni anti siriane dell’opposizione • La Siria sospettata di essere dietro l’attentato; pressioni di USA e Francia per il ritiro delle forze siriane in obbedienza alla Risoluzione 1559 • 8 marzo grande manifestazione pro siriana di Hezbollah, seguita da un’altrettanto grande manifestazione dell’opposizione • Ritiro delle forze siriane probabilmente completato per la fine di aprile; in maggio 2005 ci dovrebbero essere nuove elezioni parlamentari Il Libano ha perso il suo equilibrio politico e non è chiaro che strada percorrerà fra una opposizione sempre più forte, e una comunità sciita comunque importante e con una milizia armata di Hezbollah finanziata da Iran e Siria La Siria sta per perdere il suo status di protettore della vita politica libanese. Mantenerlo con la forza potrebbe provocare una reazione degli USA che comunque sono ostili al regime Baath di Damasco e gradirebbero un cambiamento di regime. Damasco comunque sta ora stringendo i suoi legami non solo con l’Iran, ma anche con la Turchia Gli USA non sono sempre stati ostili al regime siriano data la sua inimicizia contro l’ex regime baathista dell’Iraq (in particolare durante la crisi del Kuwait). La loro politica oggi è però ostile sia a Damasco (accusata di aver nascosto le armi di Saddam e di permettere il passaggio di forse della resistenza) che a Hezbollah (che vorrebbero trattare da organizzazione terroristica internazionale). Hanno per delle difficoltà che li rendono prudenti: • non possono permettersi un altro intervento militare (c’è poi anche l’Iran) • preferirebbero dividere Hezbollah e Siria che invece sono uniti nella Risoluzione 1559 • devono fare attenzione a non inimicarsi gli sciiti irakeni attaccando Hezbollh (e Iran) • Hezbollah è comunque una forze troppo importante il Libano Sciiti a lungo trascurati dai tempi dell’impero Ottomano. Amal (Speranza) fondato nel 1975 all’inizio della guerra civile, e guidato dal 1980 da Nabih Berri (laico). Un’ala radicale rompe con Amal nel 1984 e fonda Hezbollah (Partito di Dio): gruppo militante diretto dal 1992 da Hasan Nasrallah, giovane leader carismatico. Dedito ad attività terroristiche, ma anche a popolarissime attività di supporto sociale per i più poveri. 20.000 membri; milizia di 3.000 uomini presso i confini meridionali. 12 membri in un parlamento si 128, ma sono penalizzati da una associazione con Amal imposta dalla Siria Lotta di Hezbollah contro l’occupazione israeliana del sud del Libano (dal 1982): il ritiro israeliano del maggio 2000 è visto come un grande successo di Hezbollah. Possiede TV (Al Manar) e si sono attivamente opposti agli interventi USA in Afghanistan e Iraq. Contrariamente ai maroniti, Hezbollah ritiene la presenza militare siriana necessaria, almeno fino a che gli israeliani restano a Sheba Farms (territorio che il Libano considera suo, ma Israele e ONU considerano parte del Golan siriano). USA sono quindi prudenti a prendere posizione contro Hezbollah, anche a causa dei rapporti con gli siiti in Iraq, e piuttosto cercano di isolarla La crisi libanese mette in evidenza la debolezza della Siria e il vecchio problema del Golan (1967). Hafez Assad ha ben manovrato per lunghi anni: • appoggio all’Iran nella guerra 1980-88 nonostante il suo credo panarabo; • sostegno ad alleati che combattono guerre per procura (Hezbollah contro Israele); • limitazioni del potere di Israele con la sua presenza determinante in Libano; • appoggio alla coalizione USA contro Iraq in 1991. Ma oggi la Siria è senza Assad sr ed è anche molto indebolita: tentativi di stringere relazioni con Russia, Turchia e Iran. Con il ritiro della Siria dal Libano il problema del Golan e dei contrasti Siria/Israele potranno tornare di attualità I problemi sono dunque molteplici e nessuno di essi sembra aver trovato soluzione con l’intervento militare in Iraq, anzi alcuni sono vecchi problemi riesumati 3) VALUTAZIONI CONCLUSIVE Negli ultimi 15 anni molti interventi USA con tre Amministrazioni (Bush sr, Clinton, Bush jr). Non tutti con lo stesso significato: ma il loro ruolo nella politica imperiale USA si va precisando a) Kuwait (1991, Bush sr): i) Problema delle risorse era centrale anche allora, ma ii) L’intervento fu più limitato: solo liberazione del Kuwait iii) Era motivato da una reale provocazione internazionale dell’Iraq iv) Condotta con una coalizione internazionale su mandato ONU v) Comunque esisteva ancora l’URSS: cautela obbligatoria vi) Inoltre USA avevano appoggiato l’Iraq contro l’Iran (1980-88) b) Somalia (1992, Bush sr/Clinton) Inizio degli interventi umanitari Rischi per l’equilibrio internazionale insiti nell’obbligo di ingerenza umanitaria negli affari di altri stati Importanza del ruolo dei mezzi di comunicazione Pochi motivi reali per l’intervento: USA escono dopo i primi morti Segno della scarsa importanza di quel conflitto La Somalia è stata successivamente abbandonata c) Kosovo (1999, Clinton) Applicazione della dottrina degli interventi umanitari Preceduto da lunga guerra civile jugoslava senza reali interventi occidentali Entrare in una guerra civile dalla parte di uno dei contendenti Trattative di Rambouillet e crisi dei rifugiati dopo l’inizio dei bombardamenti Desiderio USA di regolare i conti con un regime ostile, alleato dell’ex-URSS Comunque solo bombardamenti; nessuna invasione Si configura come intervento NATO con il consenso degli alleati (Italia compresa), ma senza mandato ONU Solo interesse politico: assenza di un interesse materiale Il problema del futuro del Kosovo è tuttora aperto d) Afghanistan (2001, Bush jr) Nuova guerra contro il terrorismo internazionale Guerra condotta solo dagli USA (dopo 9/11) In Afghanistan le basi di Al Qaeda c’erano veramente Difficile rapporto con il Pakistan di Musharraf che però si rivela un prezioso alleato Intervento lungi dall’essere concluso i) Terroristi non catturati ii) Diffusione del terrorismo in paesi vicini iii) Pacificazione dell’Afghanstan non conclusa dopo quattro anni Le caratteristiche di questi interventi convergono tutti nell’intervento in Iraq del 2003 La caratteristica principale: l’affermazione di una egemonia globale USA In questo momento, con l’Iraq non finito, devono essere cauti, ma potrebbe essere difficile fermali Questo è il motivo principale per non associarsi a simili imprese, nonostante la retorica sulla democrazia, a meno di non voler salire comunque sul carro del vincitore Il miraggio di un regime equo e stabile in Iraq sarà pagato con un tacito (o esplicito) consenso ad un regime internazionale senza regole, controllato solo dal potere militare del più forte La democrazia e il regno del diritto (anche internazionale) non consistono solo nell’organizzazione di elezioni più o meno regolari, ma anche e soprattutto sul rispetto di un complesso di regole accettate da tutti e applicate a tutti nello stesso modo