Resoconto Attività Parlamentari
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Resoconto Attività Parlamentari
Attività Parlamentare Raccolta delle interrogazioni presentate alla Camera e al Senato e al Parlamento europeo n. 38/2014 2014 INDICE CAMERA ............................................................................................................................................ 3 Risposta del Sottosegretario per l’Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Barbara Degani, all’interrogazione sulla situazione di inquinamento ambientale dell'area compresa tra Maccarese e Palidoro del comune di Fiumicino .......................................................................... 3 Interrogazioni a risposta immediata in Commissione sullo sversamento di idrocarburi nel fiume Arrone, anche a causa di alcuni furti di cherosene dall'oleodotto dell'ENI di Maccarese (Roma) ......................................................................................................................... 6 Interrogazione a risposta immediata in VI Commissione sull’uso di strumenti tracciabili per effettuare pagamenti in ogni ambito ............................................................................................ 9 Interrogazione a risposta scritta sul polo petrolchimico di Gela e sulla strategia di Eni .......... 11 Risposta del Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione sulle questioni relative alla possibile presenza di petrolio derivante da sabbie bituminose presso la raffineria Saras di Sarroch .......................................................................................... 11 Interrogazione a risposta immediata sulle iniziative per la nomina in tempi rapidi dei presidenti delle autorità portuali scaduti e in scadenza e per la verifica di eventuali incompatibilità dei presidenti in carica ..................................................................................... 14 Interrogazione a risposta scritta sulla nomina del presidente dell'autorità portuale di Trieste ........................................................................................................................................ 15 Risposta del Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione sull’estensione delle agevolazioni sui costi dell'energia agli impianti di riciclaggio ............... 16 Risposta del Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, alle interrogazioni sullo stato di attuazione dei Protocolli di intesa Italia-Serbia in materia di energia .............. 18 SENATO ............................................................................................................................................ 27 Interrogazione a risposta in 8ª Commissione permanente sull'incompatibilità di ruoli all'interno dell'autorità portuale di Napoli e sulle concessioni demaniali nel porto di Napoli ............... 27 Interrogazione a risposta scritta sullo sversamento di idrocarburi nel fiume Arrone, anche a causa di alcuni furti di cherosene dall'oleodotto dell'ENI di Maccarese (Roma) .................. 31 2 CAMERA Risposta del Sottosegretario per l’Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Barbara Degani, all’interrogazione sulla situazione di inquinamento ambientale dell'area compresa tra Maccarese e Palidoro del comune di Fiumicino, presentata da DAGA (M5S) n. 5-04021. Lo stato di emergenza ambientale che si è creato per le fuoriuscite di combustibile liquido dall'oleodotto della Società Eni, tratta Civitavecchia-Pantano di Grano, nei giorni 6 e 7 novembre ultimo scorso e che ha interessato due siti nel comune di Fiumicino, il primo in prossimità del Rio Palidoro, località Passoscuro e il secondo a tre chilometri più a sud in località «Maccarese», ha visto impegnate le istituzioni locali e centrali, al fine di arginare i danni ambientali conseguenti agli eventi, da imputarsi, verosimilmente, a un tentativo di furto di kerosene ad opera di ignoti. Infatti, nell'immediatezza dei fatti, la Capitaneria di Porto di Roma, al fine di acquisire i primi elementi di valutazione, ha inviato proprio personale per verificare l'effettivo sversamento del prodotto e, congiuntamente ai Vigili del fuoco, ha provveduto alla messa in sicurezza dell'area interessata, constatando nel contempo la presenza dei tecnici dell'ENI che hanno riparato il danno che causava la fuoriuscita del kerosene. Peraltro, lo sversamento di tali ingenti quantità di cherosene, nelle acque del fiume Arrone e del rio Palidoro, che ha interessato anche terreni destinati a produzioni agroalimentari non può non determinare un'incidenza negativa, significativa e misurabile, sulle risorse naturali tutelate dall'ordinamento. In relazione alla rilevanza dell'accaduto e al potenziale pericolo per l'ambiente, il Ministro dell'ambiente ha ritenuto di coadiuvare le iniziative già in atto dando disposizioni al Comando dei Carabinieri per la Tutela Ambientale e al Reparto Ambientale Marino del Corpo Capitanerie di Porto affinché procedessero ai necessari accertamenti, acquisendo la pertinente documentazione, con particolare riferimento alla gestione e manutenzione dell'oleodotto ed al relativo sistema di sicurezza, anche avvalendosi, eventualmente, del supporto tecnico dell'ISPRA. Le attività intraprese, sia a livello locale che per iniziativa del Ministero dell'ambiente, sono finalizzate ad avere a disposizione tutti gli elementi di conoscenza e valutazione sulle cause del sinistro e sugli effetti dell'inquinamento sul suolo, sulle acque superficiali e sotterranee, sugli habitat e sulle specie protette. L'ENI, peraltro, in qualità di proprietario dell'oleodotto ha reso la comunicazione prevista dall'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, rappresentando che a seguito dell'evento ha provveduto ad una serie di attività per mettere in sicurezza e bonificare i luoghi. In tal modo, le due aree interessate, Palidoro e Maccarese, risultano essere state immediatamente messe in sicurezza ponendo fine alla fuoriuscita di carburante poche 3 ore dopo le rispettive effrazioni e le quantità sversate sono state contenute attraverso l'utilizzo di panne di sbarramento e assorbimento. Le attività di contenimento sono completate e si sta procedendo al ripristino attraverso l'assorbimento del carburante e la sua concentrazione per facilitarne l'aspiramento. L'Eni ha completato sabato scorso le attività di riparazioni dell'oleodotto presso i siti interessati. Non sono mancati gli accertamenti dell'ARPA al fine di monitorare le matrici ambientali sia delle acque superficiali che del suolo/sottosuolo e rifiuti. I relativi campioni sono stati rimessi ai laboratori interni della stessa ARPA per le relative analisi chimiche. Le prime stime provvisorie, fornite dall'Eni, parlano di circa 40 tonnellate di kerosene sversati a seguito di furti sulla condotta. Le autorità locali che hanno immediatamente attivato tutte le azioni di competenza, compresa l'istituzione di una «Unità di crisi», sono coscienti che non sarà un lavoro breve e che superata l'emergenza ancora in corso, si dovrà iniziare a lavorare subito sugli interventi di bonifica. Circa la dinamica dell'evento non vi è dubbio, allo stato, che l'intero sforzo finanziario finalizzato sia alla realizzazione degli interventi di bonifica che di quelli di ripristino ambientale saranno a carico dell'ENI, quale proprietario della condotta. Allo stato risultano emanate dalle autorità locali due ordinanze del sindaco di Fiumicino che rimarranno in vigore fino al termine dell'emergenza, concernenti il divieto di pesca in tutti i corsi d'acqua e torrenti all'interno della riserva statale del litorale romano, il divieto di caccia in tutto il comune, il divieto di utilizzare, per qualunque uso e in qualunque modo compreso l'abbeveraggio degli animali e l'innaffiamento dei campi coltivati, in tutti i fiumi, corsi d'acqua e canali di scolo ricadenti nel perimetro della riserva statale nel comune medesimo. Il Ministero dell'ambiente non mancherà di fornire il massimo supporto alle istituzioni locali affinché si possa al più presto ripristinare Io stato naturale dei luoghi a salvaguardia della salute umana e dell’habitat naturale, e non mancherà di costituirsi parte civile qualora gli eventi lo richiedessero. Per completezza di trattazione si rappresenta che la vicenda, attualmente, è anche oggetto di indagine da parte del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Roma e della Capitaneria di Porto, coordinati dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia. Di seguito il testo dell’interrogazione. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: il giorno 5 novembre alcuni cittadini nel Comune di Fiumicino hanno segnalato un'ingente fuoriuscita di cherosene dalle tubature dell'oleodotto Eni, in un'area compresa tra Maccarese e Palidoro e non distante dalla sede locale dell'Ospedale Pediatrico Bambin Gesù; tale fuoriuscita di carburante, secondo un rapporto ufficiale della società Eni, sarebbe stata conseguenza di danni causati alle tubature durante un tentativo di furto del combustibile destinato all'aeroporto di 4 Fiumicino; in prossimità dell'area in oggetto si trova l'oasi WWF di Macchiagrande e la riserva naturale statale del litorale romano nella quale vi sono zone di alto valore naturalistico, tra cui tre siti Habitat Natura 2000 e aree IBA (Important Birds Area), e che i sistemi idrici, le connessioni ecologiche, le risorse trofiche, le specie presenti (animali e vegetali) sono elementi in continua interazione e vitale connessione tra il sito di interesse comunitario, la zona di protezione speciale e la Riserva naturale statale del litorale romano, i quali svolgono un ruolo di fondamentale importanza per le specie che si trovano in questo ambito territoriale nelle loro diverse fasi del ciclo biologico; il danno ecologico causato dal cherosene è attualmente estremamente rilevante e destinato a peggiorare nelle prossime ore se si considera che il combustibile, riversatosi nel Rio Tre Cannelle e da qui nel fiume Arrone e nel Rio Palidoro, ha già contaminato decine di ettari di terreno destinato all'agricoltura e si è già riversato nel mar Tirreno dove sta causando un disastro ambientale di immani proporzioni a carico della flora e della fauna locale; secondo dichiarazioni della Lipu onlus: «... sono centinaia gli animali trovati morti, impregnati di idrocarburi, nei canali di Maccarese e del Villaggio dei Pescatori. Moltissimi aironi, cormorani, anatre, così come decine e decine di pesci, che galleggiano morti nei canali...», che «l'area è vastissima ed è presumibile che le vittime saranno ancora di più» e che «... l'area è straordinariamente importante per le sue produzioni agricole di qualità, ma anche di assoluto valore naturalistico, anche perché zona di sosta di uccelli migratori, che in questo periodo svernano lungo il litorale romano e si cibano di pesci e altri piccoli animali nei canali di Maccarese»; la sostanza inquinante si sta diffondendo anche nella rete dei canali di irrigazione, ponendo a grave rischio di contaminazione persino altre aree agricole limitrofe con conseguente alterazione dei prodotti alimentari ivi prodotti e, quindi, con pericolo per la salute dei consumatori; già nel febbraio 2014, sempre in prossimità dell'area in oggetto, si è verificata un altro grave disastro ambientale causato dalla fuoriuscita di rifiuti speciali ospedalieri dall'inceneritore di Ponte Malnome di proprietà dell'azienda Ama e dalla fuoriuscita di idrocarburi provenienti da una raffineria locale; sono evidenti gli enormi danni già arrecati al sistema idrico, alle falde acquifere e alla catena alimentare dell'area in oggetto, nonostante l'intenso lavoro portato avanti in questi giorni dai volontari del WWF e della Lipu –: quali azioni intenda intraprendere per limitare ulteriormente i danni in un'area di così rilevante valore ecologico ed agricolo e quali strumenti immediati intenda utilizzare perché si proceda alla bonifica ambientale delle zone già oggetto di disastro. (5-04021) 5 Interrogazioni a risposta immediata in Commissione: sullo sversamento di idrocarburi nel fiume Arrone, anche a causa di alcuni furti di cherosene dall'oleodotto dell'ENI di Maccarese (Roma) MARIASTELLA BIANCHI (PD) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: uno sversamento di cherosene da un serbatoio di carburante dell'ENI avvenuto il 6 novembre 2014 a nord del comune di Fiumicino ha contaminato il Rio Tre Cannelle e, da Palidoro a Maccarese, la rete interna di canali agricoli e di bonifica che irrigano i campi e che confluiscono nel fiume Arrone fino alla sua foce presso il Villaggio dei pescatori di Fregene. Un disastro ambientale ed ecologico che sta avendo un impatto devastante per l'ecosistema della riserva e delle oasi naturalistiche del litorale romano e per le aree coltivate; l'onda di cherosene ha inquinato decine di ettari di terreni agricoli e le aree naturalistiche della zona, facendo strage di animali e specie protette. Oltre alla moria di pesci lungo i canali della zona numerosi altri animali, tra cui testuggini, gallinelle d'acqua, germani reali, garzette, nutrie, sono stati trovati morti nelle perlustrazioni dei volontari del Wwf e della Lipu nei canali di Maccarese. Il carburante finito nei corsi d'acqua ha infatti intaccato la catena alimentare: i predatori che si nutrono dei pesci o degli animali morti ingerendo a loro volta quantità letali di carburante; c’è molta preoccupazione anche per la falda acquifera della zona che potrebbe essere stata raggiunta dal combustibile filtrato dal terreno; inoltre, l'ondata di maltempo prevista per i prossimi giorni potrebbe aumentare la portata del danno. Un innalzamento delle acque, infatti, potrebbe spargere ulteriormente il cherosene nelle zone circostanti aumentando il raggio dell'area colpita, oltre a far defluire le carcasse degli animali e il cherosene anche verso il mare; l'allarme è scattato in ogni caso anche negli altri comuni costieri del litorale romano, poiché chiazze oleose trasportate dalle correnti marine sarebbero già arrivate a Ladispoli e Cerveteri. L'Eni ha diminuito la pressione d'esercizio sulla linea per ridurre la fuoriuscita di cherosene. Al momento si sta operando per chiudere la perdita, nel frattempo sono state posizionate panne galleggianti per assorbire il carburante sversato nell'Arrone; a quanto risulta, rimane qualche incertezza sulla causa che ha provocato la fuoriuscita di cherosene originata dal deposito dell'Eni collocato a monte del corso d'acqua, vicino allo svincolo dell'autostrada. La fuoriuscita che ha prodotto l'imponente contaminazione è stata causata da un tentativo di furto di carburante finito male, come segnalato anche dalla stessa società Eni. Alcuni organi di stampa hanno paventato, però, un possibile guasto dell'oleodotto, che da Civitavecchia arriva a Fiumicino, viste le grandi proporzioni del danno –: quali iniziative di competenza si intendano assumere, con somma urgenza, al fine di verificare la 6 situazione ambientale dei luoghi e l'impatto che lo sversamento di carburante avuto sulle aree agricole e sulle oasi naturalistiche della zona del litorale romano nonché la loro eventuale compromissione, in particolare nell'area del fiume Arrone e nella zona di costa adiacente alla sua foce; se il Governo non ritenga necessario verificare l'entità della fuoriuscita di cherosene dall'impianto ed assumere iniziative per far luce sulle cause che hanno permesso il determinarsi di un così grave incidente; se non si ritenga opportuno verificare se siano state attivate tutte le necessarie procedure di controllo e sicurezza dell'impianto e quali misure ed azioni siano state attivate o siano da attivare in futuro per il ripristino ambientale e la messa in sicurezza dei siti interessati, oltre che per dare sostegno alle comunità colpite da questo disastro ambientale. (5-04007) ZARATTI (SEL) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: il 6 novembre 2014 la società ENI ha reso noto, mediante comunicato alla stampa, la fuoriuscita in località Palidoro nel comune di Fiumicino (Roma) di kerosene Jet A-1 per aviogetti, dall'oleodotto Civitavecchia-Pantano; la perdita di kerosene sarebbe stata causata da un tentativo compiuto da ignoti di effrazione per sottrarre il carburante dalla condotta che parte da Civitavecchia e arriva a Fiumicino come dichiarato dallo stesso sindaco della città aeroportuale e confermato dalla stessa società ENI; lo sversamento di greggio, altamente infiammabile ed inquinante, ha interessato il fiume Arrone e il Rio Palidoro, il corso d'acqua che sfocia direttamente nella costa a nord della Capitale e gran parte della rete capillare dei canali agricoli e di bonifica, con gravissimi ed ingenti danni ambientali alla fauna ittica ed all'intero ecosistema faunistico protetto della riserva naturale di Maccarese; centinaia di carcasse di uccelli morti, pesci e nutrie sono stati rinvenute nelle ore successive sulle spiagge e ai piedi dei canali e dei corsi d'acqua, tanto che al fine di scongiurare qualsiasi rischio alla salute e igiene pubblica, con un'ordinanza sindacale è stato disposto il divieto di utilizzo delle acque del fiume Arrone, lungo tutto il tratto che dal casello di Fregene dell'autostrada A12 RomaCivitavecchia arriva alla foce e del Rio Palidoro dall'altezza dell'attraversamento della medesima arteria e fino alla foce; fortissima è la preoccupazione che i gravissimi danni riscontrati nell'immediato succedersi dell'evento siano solo l'inizio di un disastro e di un dissesto ancor più ampio, con possibile compromissione a più livelli della catena alimentare –: 7 se il Governo sia già in grado di valutare e riferire sulle esatte circostanze che hanno determinato il gravissimo disastro ambientale prodotto dallo sversamento di kerosene descritto in premessa, quali siano state le misure adottate dalla società Eni per contenere e bloccare immediatamente la fuoriuscita del carburante e quali azioni, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo perché siano adottate immediate misure per eliminare gli effetti dannosi già prodotti o potenziali e si possa prevenire il pericolo di ulteriore danno all'ambiente e all'intero sistema agricolo del territorio. (5-04008) SALTAMARTINI (NCD) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: da alcuni giorni, sembra a causa di alcuni tentati furti di cherosene da parte di ignoti, dall'oleodotto gestito dall'ENI in località Maccarese nel comune di Fiumicino è iniziato lo sversamento di ingenti quantità di idrocarburi nel fiume Arrone, nel Rio Palidoro e nei limitrofi canali di irrigazione; ad oggi non è stato possibile ancora accertare la quantità di sostanze inquinanti che si sono riversate nei corsi d'acqua della zona e stabilire, da un lato l'entità dei danni causati all'ecosistema pluviomarino, e dall'altro se le contromisure adottate da ENI siano da considerare efficaci e sufficienti; parrebbe che l'evento inquinante abbia già causato la morte di migliaia di volatili e pesci, destabilizzando gravemente l'ecosistema della zona, con la possibile, ove non probabile, grave compromissione della catena alimentare del sistema naturale locale; le tubazioni dell'oleodotto interessato dai danni scorrono a cielo aperto in diversi punti del loro percorso, tanto da essere stati oggetto di tre tentativi di furto in pochi giorni e tali eventi suscitano seri dubbi all'interrogante sulla efficacia delle procedure di sicurezza; l'intervento delle istituzioni, in particolare quelle locali, è apparso poco tempestivo, tanto che l'ordinanza su Arrone Rio Palidoro sembra sia stata firmata a ben tre giorni dal primo sversamento e a 24 ore dal secondo –: quali siano state le effettive cause dell'incidente e se vi siano state responsabilità o ritardi dell'ENI nella gestione della sicurezza degli impianti prima e dell'emergenza poi; se siano note le ragioni del ritardo nel dare l'allarme e nel prendere gli opportuni provvedimenti al fine di mettere in sicurezza l'area interessata; quali iniziative siano state messe in campo per garantire il minor impatto possibile sull'ecosistema e la sicurezza dei cittadini-consumatori; quali iniziative intenda assumere il Governo per evitare il ripetersi di tali fatti che alcuni organi di stampa hanno definito come ecologicamente disastrosi. (3-01150) 8 TIDEI (PD) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: lo sversamento di cherosene (JET A1) causato dagli eventi verificatisi all'oleodotto che collega il deposito costiero ENI Spa di Civitavecchia con il deposito costiero di pantano di Grano (Roma), in data 6 novembre 2014, in prossimità del Rio Palidoro, e il giorno seguente in prossimità del fiume Arrone; a seguito di tale sversamento il sindaco del comune di Fiumicino ha emesso due ordinanze (n. 155 del 08 novembre 2014 e n. 156 del 10 novembre 2014) con le quali, dati i reali rischi ambientali e di salute pubblica, ha imposto il divieto di utilizzare per qualsiasi uso e in qualunque modo, le acque, nei tratti specificamente indicati nelle summenzionate ordinanze, del fiume Arrone e del rio Palidoro. Tali ordinanze hanno esteso il divieto agli allevatori di far abbeverare il proprio bestiame al pascolo in libertà nei suddetti fiumi e nei suddetti tratti fluviali, così come il divieto di caccia e pesca nelle aree ricadenti all'interno del perimetro della riserva statale del Litorale Romano, nel comune di Fiumicino; il sindaco del comune di Fiumicino ha, altresì, annunciato, la convocazione, per il giorno di martedì 11 novembre 2014, presso gli uffici comunali di un'unità di crisi alla presenza di ENI, Capitaneria di porto, Polizia Locale, Arpa Lazio, Asl Sanitaria e Veterinaria, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, WWF, Lipu, Guardia Forestale, Polizia Provinciale, forze dell'ordine ed enti e società intervenute nell'incidente; il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato disposizione al Nucleo Operativo Ecologico (NOE) dei Carabinieri di procedere ai necessari accertamenti sulle aree colpite, avvalendosi del supporto tecnico dell'Ispra –: se e quali iniziative il Ministro intenda adottare affinché si intervenga in maniera adeguata per l'immediata bonifica e qualificazione delle numerose aree interessate dal disastro ambientale anche acquisendo alimenti in merito alle iniziative di Eni, di cui al Governo è azionista di riferimento; se non intenda, con il coinvolgimento delle istituzioni locali e delle autorità competenti, intervenire presso la società Eni spa, controllata dallo Stato, affinché quest'ultima provveda ad adottare misure urgenti atte ad eliminare gli effetti dannosi già procurati all'ambiente e a prevenire i rischi di ulteriori pregiudizi, gravi, all'ecosistema. (5-03997) Interrogazione a risposta immediata in VI Commissione: sull’uso di strumenti tracciabili per effettuare pagamenti in ogni ambito CAUSI (PD) — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: 9 nel corso del seminario sulla lotta all'evasione che si è svolto il 6 novembre presso la Commissione finanze alla Camera, il direttore dell'Agenzia delle entrate ha delineato le nuove strategie da applicare per il prossimo futuro per il contrasto all'evasione fiscale; nel corso dell'audizione è emersa la necessità sia di favorire la semplificazione degli adempimenti e la conseguente correttezza dei comportamenti fiscali, sia di modernizzare gli attuali studi di settore, in funzione del rafforzamento della «compliance» e di una diversa e moderna relazione tra Fisco e contribuenti per ricostruire un rapporto di fiducia; tra le possibili riforme rientrerebbe anche la disciplina dell'abuso del diritto, ritenuta necessaria per dare maggiori certezze al sistema tributario e alle imprese; al fine di garantire il contrasto dei fenomeni evasivi ed elusivi più complessi, l'Agenzia delle entrate ha auspicato la concreta possibilità di utilizzo delle informazioni di natura creditizia, finanziaria e assicurativa in possesso di autorità ed enti che svolgono attività di controllo e di vigilanza; in tale quadro si rende prioritario incentivare l'uso di strumenti tracciabili per effettuare pagamenti in ogni ambito, con un'attenzione particolare proprio alle attività che si rivolgono al consumatore finale in modo da rafforzare le funzioni di selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo sulla base di significativi indici di maggior rischio di evasione; il Direttore dell'Agenzia delle entrate ha sottolineato inoltre che la diffusione della tracciabilità, oltre ad essere un deterrente all'evasione, può comportare concreti vantaggi ai cittadini per la riduzione dei rischi e degli oneri connessi all'uso del contante; nell'ambito dell'attuazione dell'articolo 9 della legge delega fiscale di cui alla legge 11 marzo 2014, n. 23, che prevede il rafforzamento dell'attività conoscitiva e di controllo e la completa tracciabilità delle operazioni, secondo quanto dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle entrate, sarà necessario l'abbandono di alcuni strumenti, risultati inefficaci (come i misuratori fiscali e le ricevute fiscali), attraverso l'estensione del meccanismo della cosiddetta fatturazione elettronica, ora operativa solo nei confronti della pubblica amministrazione, anche ai rapporti tra le imprese, con il vantaggio di minori oneri per le imprese ed il progressivo abbandono di controlli massivi sul territorio da parte dell'Amministrazione finanziaria; è stata anche avanzata l'ipotesi di un diretto collegamento telematico fra i registratori di cassa delle imprese della distribuzione e l'amministrazione fiscale, con conseguente superamento della natura fiscale dello scontrino; di queste ipotesi, nei giorni successivi, la stampa ha ampiamente parlato, anche diffondendo l'informazione che il Governo starebbe già selezionando le piattaforme tecnologiche per i nuovi collegamenti telematici dei registratori di cassa –: se quest'ultima notizia risponda al vero e, se la risposta è positiva, quali siano le nuove tecnologie sottoposte al vaglio dell'implementazione e come si intenda assicurare la possibilità di un trasparente confronto concorrenziale fra i diversi sistemi oggi esistenti sul mercato. (5-04016) 10 Interrogazione a risposta scritta: sul polo petrolchimico di Gela e sulla strategia di Eni CANCELLERI (M5S) — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: dal 1965 il polo petrolchimico di Gela, sovrasta la vita della cittadina siciliana, che con il suo groviglio di tubi è diventato un cancro di fuoco e cemento che inquina l'aria, l'acqua, la terra, il mare, e a Gela come a Taranto, si muore di tumore più della media nazionale; da fonti giornalistiche si apprende che lo stabilimento di Gela diventerà la Green Rafinery e della volontà dell'ENI di riconvertire gli stabilimenti di Gela per la trasformazione dell'olio di palma in biodiesel; le coltivazioni della palma da olio sono la prima causa di disboscamento delle foreste dell'Indonesia. Habitat naturali di tigri ed oranghi che vengono distrutti da incendi finalizzati a «ripulire» centinaia di ettari da destinare a colture intensive di palme. Il fumo provocato dagli incendio, arriva ad appestare l'aria rendendola irrespirabile da Sumatra a Singapore e persino in Malesia. Alcune ricerche riportate dalla BBC hanno dimostrato che, il fumo proveniente dagli incendi delle foreste del Sumatra, ha portato ad ammalarsi almeno 20 milioni di persone; si potrebbe ricavare biodiesel dagli oli esausti, praticamente materia prima a costo zero e a chilometro zero, oppure si potrebbero coltivare in Sicilia tutti quei vegetali da cui si ricavano carburanti, come la canapa (biodiesel ed etanolo di canapa) o la colza. Si potrebbero sfruttare anche gli escrementi degli animali o il compost da cui ricavare metano, oltre che ad usufruire in maniera più efficiente dell'energia solare e di quella eolica; e il Ministero dell'economia e delle finanze ha il controllo di fatto in Eni spa in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti spa (CDP spa), per un totale del 30,10 per cento –: se i Ministri interrogati vista anche la percentuale che è in possesso dello stato, non ritengano necessario intervenire per far sì che l'Eni trovi altre soluzioni per mantenere vivo lo stabilimento di Gela. (4-06833) Risposta del Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione sulle questioni relative alla possibile presenza di petrolio derivante da sabbie bituminose presso la raffineria Saras di Sarroch, presentata da SENALDI (PD) n. 5-03807. 11 Con riferimento alla richiesta di chiarimenti, presentati dall'Interrogante, in merito all'arrivo presso la raffineria Saras di Sarroch in Sardegna di un carico di petrolio derivante da sabbie bituminose, attraverso la petroliera «Minerva Gloria», (primo carico di petrolio da sabbie bituminose in Europa) e della conseguente richiesta di informazioni sull'impatto dell'utilizzo di tale combustibile, sulle prestazioni di efficienza dei presidi di abbattimento delle sostanze inquinanti, della citata raffineria Saras e se si sia verificato un incremento delle emissioni in atmosfera ed un incremento dei residui di produzione, conseguente a tale utilizzo, questo Ministero, anche a seguito della acquisizione di specifiche informazioni presso la Società interessata, chiarisce quanto segue. La proposta del 2011 della Commissione europea di mettere al bando il petrolio greggio pesante tra cui quello estratto dalle sabbie bituminose è stata profondamente modificata a seguito del completamento dell’impact assessment di questa misura, condotto dalla stessa Commissione UE che, pur confermando la loro maggiore intensità di carbonio rispetto ai greggi convenzionali, ne riduce l'impatto a valori molto più contenuti. Tuttavia la Commissione europea, nella sua recente proposta di regolamentazione di questa materia, continua a tener conto della maggiore intensità di carbonio dei greggi pesanti includendone il relativo valore nel calcolo dell'intensità di carbonio per benzina e diesel. Il processo di raffinazione dei greggi pesanti è identico a quello dei greggi convenzionali e, nelle raffinerie europee e in quelle italiane in particolare, soggette alla più severa legislazione ambientale a livello mondiale, la lavorazione dei greggi pesanti non genera alcun aumento di emissioni inquinanti tradizionali. Per quanto riguarda la CO2, il processo può richiedere un modesto maggior consumo di energia che naturalmente determina un corrispondente minimo aumento delle emissioni di CO2. Queste ultime, in ogni caso, restano rigorosamente all'interno delle quote di emissioni assegnate alle singole raffinerie sulla base della direttiva europea sull’Emission Trading System. Per quanto riguarda il petrolio ricevuto dalla Saras con la nave «Minerva Gloria» a Sarroch, si tratta di un greggio pesante che presenta un grado API di 19 e caratteristiche chimico fisiche del tutto analoghe a quelle dei greggi pesanti con gradi API simili, provenienti dal Medio Oriente o da altre regioni mondiali. Il greggio della petroliera «Minerva Gloria» è stato quindi preso in carico dalla Raffineria di Sarroch impiegando le stesse identiche infrastrutture utilizzate per gli altri greggi (stessi serbatoi e stessi impianti) e lavorato, in miscela con altri greggi, attraverso il tipico processo di lavorazione Saras, senza generare alcun impatto ambientale addizionale nella fase industriale. Non si tratta quindi di un greggio «diverso» da quelli che Saras normalmente tratta ed il suo impiego non ha peggiorato l'efficienza dei sistemi di abbattimento delle emissioni in raffineria e non ha dato luogo ad alcun aumento delle emissioni in atmosfera nel territorio di Sarroch. Inoltre il sito di Sarroch della Saras mette in atto un sistema di prevenzione contro i rischi ambientali, anche in materia di trasporto di petrolio via mare, certificato dalla registrazione 12 volontaria Emas (Eco-Management and Audit Scheme) e dalla Iso «14001:2004». La Saras tra l'altro, ben prima che diventasse obbligo di legge, ha scelto di permettere l'attracco a Sarroch solo a navi con il doppio scafo, a maggior tutela dell'ambiente marino. Di seguito il testo dell’interrogazione. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: è in corso di definizione in sede europea una nuova bozza di proposta relativa alla Fuel Quality Directive (FQD), la direttiva europea finalizzata alla conseguire una riduzione del 6 per cento delle emissioni dei carburanti per trasporti entro il 2020 anche attraverso il blocco dell'impiego dei carburanti derivati da «petrolio sporco», ovvero da fonti non convenzionali, il cui processo estrattivo è altamente impattante in termini di emissioni di gas climalteranti; il 23 febbraio 2012 il Comitato tecnico del Consiglio dei Ministri dell'ambiente, si è espresso sulla proposta della Commissione europea di mettere al bando il petrolio estratto dalle sabbie bituminose in base alla direttiva sulla qualità dei carburanti (2009/30/CE) che vuole l'immissione sul mercato europeo soltanto di carburanti fossili che prevedono l'opportunità di generare meno emissioni di carbonio (carbon intensive); il carburante derivato dalle sabbie bituminose (tar sand), secondo le tabelle contenute nella direttiva, redatte sulla base di studi scientifici, in special modo su quello dell’International Food policy research institute, sarebbe del 22 per cento più inquinante di altri combustibili, avendo un'intensità di carbonio pari a 107 gr megajoule di carburante, contro gli 87,5 gr dei tradizionali (secondo la società di consulenza IHS Cambridge Energy research associates sarebbe invece del 10-20 per cento) ed è caratterizzato da una peggior qualità e potere calorifico; numerosi organi di stampa, sia italiani che stranieri, riportano notizie circa l'arrivo di un primo, carico di petrolio da sabbie bituminose in Europa e precisamente in Sardegna –: se il Ministero dello sviluppo economico sia a conoscenza dell'arrivo presso la raffineria di Sarroch in Sardegna di un carico di petrolio derivante da sabbie bituminose attraverso la petroliera Minerva Gloria, primo carico di petrolio da sabbie bituminose in Europa; se l'utilizzo di un combustibile così diverso e di bassa qualità possa peggiorare le prestazioni di efficienza dei presidi di abbattimento delle sostanze inquinanti della raffineria di Sarroch inficiandone il rendimento e quindi causando un incremento delle emissioni in atmosfera ed un incremento dei residui di produzione. (5-03807) 13 Interrogazione a risposta immediata: sulle iniziative per la nomina in tempi rapidi dei presidenti delle autorità portuali scaduti e in scadenza e per la verifica di eventuali incompatibilità dei presidenti in carica TULLO e altri (PD) — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: le autorità portuali, a norma dell'articolo 6 della legge n. 84 del 1994, hanno compiti fondamentali di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali, nonché delle attività commerciali ed industriali esercitate nei porti; hanno poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche per la sicurezza dei porti e nella gestione dei rischi di incidenti connessi alle attività portuali; alle autorità portuali spetta anche la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali; ad esse è attribuita anche la funzione essenziale di affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, anche non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali; le autorità portuali di Ancona, Augusta, Cagliari, Catania, Gioia Tauro, Napoli, Olbia e Piombino sono rette da un commissario straordinario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; autorità portuali di porti importanti come Trieste sono in scadenza; i commissariamenti vengono rinnovati a scadenza, in alcuni casi per anni, mentre non si procede alla nomina del presidente che, a norma di legge, deve essere preceduta dall'individuazione della terna su cui ricercare l'intesa con le regioni interessate; non si procede allo scioglimento dell'autorità portuale di Manfredonia commissariata sin dall'istituzione, in quanto priva dei requisiti di movimentazione merci previsti dalla legge; da notare che Manfredonia (istituita con legge n. 350 del 2003) e Trapani (con decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2003) sono state messe in liquidazione e successivamente soppresse, rispettivamente, con il decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2007 e con il decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2007; paradossale è la situazione dell'autorità portuale di Ancona dove la nomina proposta ha già ricevuto il parere favorevole delle competenti Commissioni di Camera e Senato nel dicembre del 2013; ciò nonostante l'autorità portuale di Ancona è tuttora guidata da un commissario e non si procede alla nomina del presidente; il decreto-legge n. 133 del 2014 «sblocca Italia», all'articolo 29, prevede l'adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro 90 giorni dalla legge di conversione, di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica, che dovrà provvedere, con il parere delle competenti Commissioni parlamentari, anche alla razionalizzazione, al riassetto e all'accorpamento delle autorità portuali esistenti, comunque in applicazione dei principi dettati dalla legge n. 84 del 14 1994, che prevede la soppressione delle autorità portuali in caso di perdita dei requisiti specifici in materia di volume dei traffici del relativo porto –: se non ritenga opportuno attivare tutte le iniziative necessarie e le procedure previste dalla legge per nominare in tempi rapidi i presidenti delle autorità portuali scaduti e in scadenza – che governano un terzo dei porti italiani, tra cui importantissimi scali come Gioia Tauro, Napoli e porti come Trieste (in scadenza) – disponendo, nel contempo, un'urgente verifica di eventuali incompatibilità dei presidenti in carica. (3-01158) Interrogazione a risposta scritta sulla nomina del presidente dell'autorità portuale di Trieste PRODANI (M5S) — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: è prevista a metà gennaio 2015 la scadenza del mandato del presidente dell'autorità portuale di Trieste, Marina Monassi; la nomina — stabilita all'articolo 8 della legge n. 84 del 1994 che istituisce le autorità portuali — avviene con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previa intesa con la regione interessata, nell'ambito di una terna di esperti «di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale» designati dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio competenti territorialmente; la terna deve essere comunicata al Ministro tre mesi prima della scadenza del mandato; nel caso del rinnovo del presidente dell'autorità portuale di Trieste la terna, che doveva essere composta entro il 19 ottobre 2014, è stata indicata senza rispettare le scadenze previste per gli organi triestini competenti: mentre Zeno D'Agostino (comuni) e Nereo Marcucci (provincia) sono stati segnalati in tempo, Antonio Guerrieri è stato indicato dalla camera di commercio solo il 4 novembre 2014, con ben due settimane di ritardo; il porto di Trieste costituisce un unicum nel quadro normativo nazionale, essendo un porto franco riconosciuto dal trattato di pace di Parigi (1947), successivo alla seconda guerra mondiale, e disciplinato dall'allegato VIII; la validità degli articoli da 1 a 20 di quest'ultimo, che regolano il funzionamento e lo status di porto Franco, è stata riconosciuta dal punto cinque del successivo Memorandum di Londra (1956) sottoscritto dall'Italia con la Jugoslavia, il Regno Unito e gli Stati Uniti; il successivo trattato di Osimo del 1975 ha definito i confini tra Italia e Jugoslavia cristallizzando la separazione territoriale stabilita nel memorandum, senza intaccare in nessun modo le prerogative dei punti franchi; esistono interpretazioni giuridiche opposte sull'interpretazione del punto 5 del memorandum di Londra: secondo alcuni esperti gli articoli da 1 a 20 dell'allegato VIII devono essere applicati 15 letteralmente, secondo altri bisogna considerare lo spirito generale delle norme contenute; l'articolo 18 dell'allegato VIII, riferito alla procedura di nomina del direttore del porto di Trieste, organo oggi inesistente ma assimilabile al presidente dell'autorità portuale, al comma 2 stabilisce che questi non debba essere cittadino italiano o jugoslavo; nel rispetto della normativa vigente sulle, Autorità Portuali — la legge n. 84 del 1994 all'articolo 6, comma 12, fa salva la disciplina vigente per i punti franchi del porto di Trieste — e dell'articolo 18 dell'allegato VIII del trattato di Parigi, sarebbe opportuno che la terna per la scelta del candidato a presidente dell'autorità triestina fosse composta da esperti stranieri –: se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative del caso per garantire che il presidente dell'autorità portuale di Trieste sia scelto da una terna di nominativi di esperti stranieri, circostanza che consentirebbe di seguire i dettami stabiliti dall'allegato VIII del trattato di pace a garanzia dell'unicità dello scalo giuliano e nel rispetto della normativa nazionale vigente; se, in vista dell'annunciata riforma del sistema portuale italiano, s'intenda valorizzare la specificità del porto franco di Trieste garantendo l'applicazione delle disposizioni presenti negli articoli da 1 a 20 dell'allegato VIII summenzionato. (4-06788) Risposta del Viceministro dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all’interrogazione sull’estensione delle agevolazioni sui costi dell'energia agli impianti di riciclaggio, presentata da Senaldi (NCD) n. 5-03334 Con l'atto in esame l'Onorevole Interrogante chiede una valutazione sull'opportunità di allargare la platea dei soggetti energivori beneficianti delle agevolazioni di cui all'articolo 39 del decreto-legge n. 83 del 2012 anche con riguardo agli impianti di riciclaggio per il riuso di rifiuti, in particolare di materie plastiche. Al riguardo, si segnala che in data 1 luglio 2014 sono entrate in vigore le Linee guida adottate dalla Commissione europea il 9 aprile 2014 in materia di aiuti di stato a favore dell'ambiente e dell'energia ai sensi delle quali saranno valutate da parte della stessa Commissione le misure introdotte dagli Stati membri in riduzione dei costi energetici a favore delle imprese energivore. In particolare, le citate Linee guida individuano un elenco di attività che possono essere ammesse a beneficiare degli sconti sugli oneri di sistema per il finanziamento delle fonti di produzione rinnovabili. Le attività industriali ritenute ammissibili dalla Commissione sono riconducibili esclusivamente al settore manifatturiero e al settore estrattivo. Alla luce di quanto sopra esposto, non si ritiene percorribile l'inclusione delle imprese che operano nel settore di riciclaggio per il riuso di rifiuti tra i potenziali beneficiari della misura di riduzione dei 16 costi elettrici di cui al richiamato articolo 39 del decreto-legge n. 83 del 2012, in quanto la previsione sarebbe incompatibile con gli orientamenti comunitari. Di seguito il testo dell’interrogazione. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per – sapere premesso che: con la delibera del 3 ottobre 2013, n. 43772013/R/EEL l'AEEG dispone che le imprese consumatrici aventi le caratteristiche indicate dall'articolo 3, comma 1, del decreto 5 aprile 2013 (ovvero che abbiano utilizzato, per lo svolgimento della propria attività, almeno 2,4 gigawatt/ora di energia e che il rapporto tra il costo effettivo dell'energia utilizzata e il valore del fatturato, determinato ai sensi dell'articolo 5, non sia risultato inferiore al 2 per cento) e con codice ATECO prevalente riferito ad attività manifatturiere (da 10.xx.xx a 33.xx.xx) possono registrarsi come imprese a forte consumo di energia e quindi aventi diritto ad agevolazioni sugli oneri di sistema elettrico; le attività manifatturiere comprese dai codici ATECO contemplati nella delibera dell'AEEG sono incluse tutte le attività di «trasformazione fisica o chimica di materiali». L'alterazione, la rigenerazione o la ricostruzione sostanziale dei prodotti sono in genere considerate attività manifatturiere, sia che il nuovo prodotto sia finito, sia che si tratti di un semilavorato destinato ad un'ulteriore attività manifatturiera. Tuttavia il riciclaggio dei materiali di scarto, ossia la trasformazione di questi in materie prime secondarie, è classificato all'interno del gruppo 38.3 («Recupero dei materiali»). Nonostante implichi nella quasi totalità dei casi trasformazioni fisiche o chimiche, questo processo non è considerato attività manifatturiera. La conseguenza diretta di ciò è che la famiglia dei codici ATECO «38» comprende sia i semplici recuperatori dei rifiuti, sia i cosiddetti «riciclatori» di rifiuti, i quali assommano nella propria attività anche quella di «trasformatori» della materia prima secondaria ottenuta con le operazioni di recupero dei rifiuti. Tutti questi soggetti sono stati esclusi dalla scelta ministeriale di limitare l'accesso alle agevolazioni sui costi dell'elettricità alle imprese aventi codice ATECO tra il 10 e il 33; ciò nonostante gli impianti di recupero/riciclaggio di rifiuti «energivori», ovvero per i quali ricorrono le condizioni suddette enunciate all'articolo 3, comma 1, del decreto 5 aprile 2013, ben possono rientrare nei provvedimenti di cui trattasi per le seguenti motivazioni: tali «riciclatori» sostengono una spesa energetica che in alcuni casi arriva a rappresentare più del 20 per cento del fatturato complessivo dell'azienda, di conseguenza non riescono a competere con i costi dell'energia sostenuti dai loro «competitor» oltralpe (in alcuni casi i costi sono pari alla metà di quelli praticati in Italia). Si aggiunga poi che imprese di questo tipo consentono di diminuire l'utilizzazione (e ove ricorra anche l'importazione) di materia prima vergine necessaria alla realizzazione di taluni beni (il 17 caso più diffuso sono gli imballaggi), provvedendo poi al trattamento dei rifiuti evitano che i medesimi vengano avviati allo smaltimento –: se il Ministero dello sviluppo economico intenda valutare di assumere iniziative se del caso normative, per quanto di competenza, per l'allargamento della platea dei soggetti «energivori» beneficianti di siffatte agevolazioni anche con riguardo agli impianti di riciclaggio per il riuso di rifiuti in particolare di materie plastiche. (5-03334) Risposta del Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, alle interrogazioni sullo stato di attuazione dei Protocolli di intesa Italia-Serbia in materia di energia, presentate da COLLETTI (M5S) n. 5-02298 e CARERSCIA (PD) n. 5-03002. In via preliminare, si ritiene utile fornire alcuni elementi di contesto, inerenti il quadro in cui furono redatti gli accordi del 2009 e del 2011 fra Italia e Serbia. In tale periodo il target comunitario del 17 per cento del consumo interno lordo da fonti rinnovabili assegnato all'Italia per il 2020 appariva, alla luce degli scenari allora disponibili, difficile da raggiungere pur sfruttando l'intero potenziale disponibile sul territorio nazionale. L'Italia aveva, dunque, considerato di fare ricorso a partner internazionali al fine di raggiungere gli obbiettivi e non incorrere in sanzioni comunitarie. Tale opzione era chiaramente delineata nel Piano Nazionale per le Energie rinnovabili allora redatto dall'Italia e approvato da Bruxelles. Tuttavia, la crescita impetuosa della produzione da fonti rinnovabili e il contemporaneo calo dei consumi registrati negli ultimi anni, ha consentito al nostro Paese di raggiungere una quota da fonti rinnovabili del 13,5 per cento già al 2012, con un conseguente marcato anticipo rispetto alla tabella di marcia individuata dalla UE. Si ipotizza oggi che, al 2020, l'Italia potrà raggiungere e superare l'obiettivo assegnato. La crescita della produzione da fonti rinnovabili ha comportato, d'altronde, un significativo incremento degli oneri di incentivazione, il cui costo in bolletta ha oggi quasi pareggiato il prezzo della commodity. Ne è conseguito un significativo incremento dei costi dell'energia per cittadini e imprese, solo parzialmente mitigato dagli effetti positivi indotti sui prezzi dell'energia dall'aumento della produzione da fonti rinnovabili (peak shaving). È chiaro che un prezzo dell'energia alto è un elemento particolarmente critico in una fase di stagnazione del PIL in cui si rende vieppiù necessario innescare processi di ripresa dell'economia. Partendo da tale considerazione, declinata in dettaglio nella Strategia Energetica Nazionale (SEN) adottata nel 2013, il Governo è intervento per ridurre il livello degli incentivi alle fonti rinnovabili in Italia, proponendone una razionalizzazione complessiva. Ciò si è reso possibile anche grazie ai positivi segnali sui costi delle tecnologie, in rapida decrescita e sempre più vicine alla così detta «grid parity». Oggi, dunque, il valore 18 richiamato dagli On.li Interroganti (155 euro/MWh) può apparire dissonante, specialmente se confrontato con le condizioni attualmente previste nel nostro Paese. Tale valore va però confrontato con le condizioni vigenti all'epoca, ma soprattutto, va ribadito che tale livello di incentivazione era stato previsto dall'Italia al solo fine di non incorrere in sanzioni comunitarie che sarebbero risultate ben più onerose. In altri termini, il riferimento per giudicare tale valore deve, in ogni caso, essere la sanzione comunitaria in caso di deficit e non il livello di incentivazione necessario per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Si tratta, peraltro, di un principio stabilito dalla legislazione italiana in materia, sulla base della quale è stato redatto l'accordo del 2011. Infatti, la disposizione di legge richiamata nelle interrogazioni in esame (articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 28 del 2011) prevede la possibilità di riconoscere con DPCM un incentivo più elevato e/o duraturo rispetto a quello nazionale, solo previa comparazione fra gli oneri economici conseguenti al riconoscimento dell'incentivo stesso e gli effetti economici – in termini di sanzioni – correlati al mancato raggiungimento degli obiettivi e solo nel caso in cui tale ultimo onere economico risultasse di entità maggiore del primo. La stessa attuazione dell'accordo del 2011, in effetti, è subordinata all'emanazione di tale decreto. Ciò detto, in risposta al quesito relativo all'emanazione del DPCM previsto dall'articolo 36, comma 2 del decreto legislativo n. 28 del 2011, quindi, si può chiarire che il Governo si muoverà sulla linea appena esposta, nel pieno rispetto della normativa di settore, riconoscendo i 155 euro/MWh solo in caso di deficit dell'Italia rispetto agli obbiettivi UE. Nel caso, invece, l'Italia resti in linea con gli obbiettivi assegnati, permarrà l'accordo del 2009 che prevede il servizio di ritiro dedicato da parte del GSE, con conseguente riconoscimento del prezzo medio di mercato. In ogni caso, al fine di dissipare ogni dubbio in proposito, si rende noto che sia il DPCM che l'Accordo, inclusivo della lista definitiva degli impianti, saranno comunque notificati alla Commissione Europea per la verifica di compatibilità con le disposizioni comunitarie, ivi incluse quelle previste per gli aiuti di stato. Relativamente alla realizzazione del cavo sottomarino Italia-Montenegro, si rappresenta che tale interconnessione si inserisce in un piano generale di collegamento strutturale tra il sistema elettrico italiano ed il sistema elettrico dei Balcani, che consentirà il collegamento con le reti di Romania, Albania, Bosnia Herzegovina, oltre che con la Serbia. Il cavo è inserito nel Piano di Sviluppo decennale della Rete di Trasmissione Nazionale approvato dall'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico e dal Ministero dello Sviluppo Economico e fa parte dei Progetti di Interesse Comune (PCI) approvati a Bruxelles nel dicembre 2013 Regolamento N. 1391/2013, per i quali è possibile chiedere anche un finanziamento a livello comunitario. La realizzazione del cavo va, quindi, inquadrata in un processo di progressiva interconnessione dei mercati elettrici europei volto alla riduzione del prezzo dell'energia per i cittadini e le imprese. Vanno, inoltre, ridimensionate le 19 preoccupazioni espresse sull'uso privato di tale interconnessione, in quanto lo stesso Accordo del 2011 prevede che l'assegnazione della capacità di interconnessione della quota italiana sarà effettuata mediante una procedura pubblica svolta da Terna, se pur con priorità di assegnazione all'energia prodotta da fonti rinnovabili nell'ambito di progetti comuni ai sensi della Direttiva 2009/28/CE. Anche in questo caso nel pieno rispetto delle disposizioni di legge vigenti e, in particolare, dell'articolo 40 del decreto legislativo n. 93 del 2011. Per quanto riguarda infine lo stato dei lavori, si precisa che per quanto riguarda la costruzione di impianti idroelettrici in Serbia risultano espletati solo alcuni progetti delle opere da parte delle società italiane e serbe interessate. Di seguito i testi delle interrogazioni. CARRESCIA (M5S) Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: nel marzo 2009, il Ministro pro tempore dello sviluppo economico Claudio Scajola ha firmato i protocolli d'intesa con il Ministro dell'energia serbo Petar Skundric, per cooperare alla costruzione e alla concessione di impianti idroelettrici, termici, reti di interconnessione con l'Italia, la Serbia ed i Paesi confinanti e allo sviluppo di fonti rinnovabili, anche ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali per il calcolo della quota di emissioni stabilita dall'Unione europea. Nel piano di azione nazionale presentato dall'Italia alla Commissione europea nel luglio 2010, è previsto infatti che dall'area dei Balcani siano importati 6 TWh (terawattora) all'anno, attraverso il cavo con la rete montenegrina;il primo protocollo ha ad oggetto la realizzazione dell'interconnessione fisica tra Italia e Serbia con la posa di un cavo sottomarino di 390 chilometri di lunghezza, in corrente continua, con portata fino a un GW (giga watt), per collegare il Montenegro e l'Italia, al costo di un miliardo di euro a carico di Terna (quindi a carico delle bollette elettriche italiane). I lavori di questa interconnessione sono da poco cominciati sulla terraferma italiana, vicino a Villanova (Pescara), in Abruzzo;il secondo protocollo prevede per il chilovattora prodotto da impianti da fonte rinnovabile realizzati in Serbia il ritiro dell'energia elettrica da parte del GSE (gestore servizi energetici) a prezzo fisso. Il protocollo dispone altresì che gli stessi impianti realizzati in Serbia siano costruiti da una società mista al 51 per cento di proprietà della società italiana Seci Energia (gruppo Maccaferri) e per il 49 per cento di proprietà della società statale serba Eps (elektroprivreda Srbije). Gli investimenti che saranno attivati a fronte dell'accordo sono di circa 800 milioni di euro per la costruzione delle centrali sui fiumi Ibar e Drina, oltre a quelli già previsti di 775 milioni per 20 l'interconnessione Italia-Montenegro che sarà realizzata da Terna; il 25 ottobre 2011 è stato firmato dal Ministro pro tempore Paolo Romani un accordo che aggiorna quelli firmati nel marzo e nel novembre 2009, stabilendo le condizioni, anche tariffarie, in base alle quali saranno costruiti gli impianti idroelettrici allora individuati la cui realizzazione, dopo il recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili, viene inquadrata nell'ambito di un «progetto comune» tra Italia e Serbia. Sulla base di tale accordo, l'energia che sarà prodotta dalle centrali idroelettriche realizzate da investitori italiani e serbi sarà destinata al consumo nel mercato italiano, verso il quale sarà convogliata garantendone il transito a lungo termine sull'interconnessione elettrica tra Serbia e Montenegro e, da questa, verso l'Italia attraverso l'elettrodotto già programmato; come riferisce l'articolo pubblicato il 6 febbraio 2014 sul sito della rivista on line «Qualenergia» intitolato «Elettricità rinnovabile dalla Serbia. Accordo poco trasparente da 12 miliardi?», a firma di Alessandro Codegoni, nel 2011 il ministro Romani dichiarò che: «Su questi progetti convergono due interessi reciproci: quello italiano di investire sullo sviluppo di progetti congiunti per contribuire al raggiungimento al 2020 dell'obiettivo del 17 per cento di energia da rinnovabili fissato in ambito europeo, e quello dei Paesi dell'area balcanica di sviluppare le loro fonti interne, rafforzando al contempo la cooperazione industriale e la loro integrazione nel sistema europeo»; l'articolo 36 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, infatti, ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali, detta i criteri in base ai quali è incentivata l'importazione di elettricità da fonti rinnovabili proveniente da Paesi extra Unione europea sulla base di accordi internazionali. In particolare, al comma 1, si prevede che gli accordi di importazione (effettuata su iniziativa di soggetti operanti nel settore energetico), dovranno conformarsi ai seguenti criteri: a) il sostegno consiste nel riconoscimento, sull'energia immessa nel sistema elettrico nazionale, di un incentivo di pari durata e di entità inferiore rispetto a quello riconosciuto in Italia alle fonti e alle tipologie di impianti da cui l'elettricità viene prodotta nel paese terzo, in misura fissata negli accordi tenendo conto della maggiore producibilità ed efficienza degli impianti nei Paesi terzi e del valore medio di incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia; b) le modalità di produzione e importazione devono assicurare che l'elettricità importata contribuisce al raggiungimento degli obiettivi italiani in materia di fonti rinnovabili; c) sono stabilite le necessarie misure che assicurino il monitoraggio dell'elettricità importata per le finalità di cui all'articolo 36; il comma 2 del medesimo articolo consente che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si possa stabilire un valore dell'incentivo diverso da quello previsto alla lettera a), salvaguardando gli accordi già stipulati e contemperando gli oneri economici conseguenti al riconoscimento dell'incentivo stesso e gli effetti economici del mancato 21 raggiungimento degli obiettivi. Non risulta al momento che sia stato emanato alcun provvedimento attuativo del comma 2; secondo quanto riportato nell'articolo sopra indicato, «I serbi stimano il costo totale del progetto in oltre 2 miliardi di euro, che sarebbero però recuperati da loro e dai loro soci privati italiani, grazie alla disponibilità dell'ex governo Berlusconi di pagare l'elettricità importata, e qui sta la questione, ben 155 euro/MWh – Megawattora – (per confronto il costo medio dell'elettricità italiana in Borsa Elettrica è stato di 63 euro/MWh nel 2013), grazie al pagamento di una tariffa omnicomprensiva che la produzione da nuovi impianti idroelettrici riceverebbe in Italia. Visto che l'import dalla Serbia legato a questo progetto potrebbe arrivare a un massimo di 6 TWh l'anno (quasi il 2 per cento dei consumi italiani), l'Italia, oltre al costo del collegamento sottomarino, potrebbe sborsare ogni anno, e per 15 anni, circa 930 milioni di euro per importare l'elettricità balcanica, di cui la metà o più come sovrapprezzo rispetto ai costi di mercato, contribuendo notevolmente a un ulteriore rialzo del costo della nostra elettricità, senza neanche i vantaggi degli incentivi spesi nei confini nazionali»; con riferimento a quanto da ultimo si sostiene nell'articolo, occorre inoltre considerare che in Italia vi è un eccesso di capacità produttiva nel settore elettrico italiano che dovrebbe protrarsi fino al 2020 e che non rende comprensibili le motivazioni di un accordo per l'importazione di energia; a parere degli interroganti: a) non è chiaro perché in un momento in cui molte centrali a ciclo combinato presenti sul territorio, che possono produrre certamente a meno di 155 euro al MWh, restano ferme per eccesso di capacità rispetto alla domanda, dovrebbe essere opportuno aggiungere ulteriori importazioni di energia. Nel 2012 il fattore di carico medio degli impianti a ciclo combinato non cogenerativi è sceso sotto le 2.000 ore (equivalenti a piena potenza), pari a circa il 22 per cento, mettendo in pericolo l'equilibrio economico-finanziario delle società che li detengono, mentre i cicli combinati cogenerativi, che godono di priorità di dispacciamento e di un migliore rendimento energetico totale, funzionano a livello più soddisfacente, mediamente 4.700 ore nel 2012 (54 per cento), anche se sensibilmente inferiore al passato. Tale situazione ha spinto il legislatore ad individuare forme di sostegno per il settore, tramite l'introduzione del meccanismo del capacity payment; b) i contenuti dell'accordo del 2011 sono in contrasto con: 1) i criteri di attribuzione degli incentivi all'elettricità prodotta da fonti rinnovabili in Paesi extra Unione europea previsti al comma 1, lettera a), dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 28 del 2011, prevedendo per l'energia elettrica importata dalla Serbia un incentivo di entità maggiore di quello riconosciuto alla produzione di energia elettrica da fonte idraulica in Italia; 2) le previsioni di cui alla lettera b), tenuto conto che gli obiettivi di produzione italiani da fonte 22 rinnovabile sono sostanzialmente raggiunti grazie al contributo degli impianti idroelettrici, eolici e fotovoltaici realizzati in Italia; 3) le disposizioni di cui al comma 2, poiché trattandosi di un incentivo più elevato rispetto a quello riconosciuto in Italia ai sensi del comma 1, sarebbe stato opportuno procedere all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per definire un diverso valore dell'incentivo da attribuire; appare irragionevole che l'Italia si sobbarchi, oltre al costo di oltre 2 miliardi per la realizzazione del collegamento sottomarino, anche la spesa di 930 milioni di euro all'anno per 15 anni per importare l'elettricità balcanica, di cui la metà o più come sovrapprezzo rispetto ai costi di mercato in una situazione di surplus di produzione elettrica e di obiettivi di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile al 2020 praticamente già raggiunti, contribuendo, inoltre, ad un ulteriore rialzo del costo dell'elettricità per i cittadini italiani; appare illogico proseguire le importazioni di energia rinnovabile, in un momento in cui le centrali italiane a ciclo combinato restano ferme per eccesso di capacità rispetto alla domanda, cosa che ha indotto il Governo ad introdurre il meccanismo del capacity payment; appare infine estremamente grave, dopo aver distrutto l'intero settore industriale operante nel settore fotovoltaico italiano, azzerando il «conto energia» in ragione dei costi eccessivi sostenuti in bolletta, attribuire un incentivo di 12 miliardi di euro a operatori privati per la realizzazione di impianti in Serbia che non necessitano di incentivi, anziché incrementare ancora la produzione sul territorio nazionale di energia verde, con le evidenti ricadute economiche, occupazionali e fiscali –: se il Governo non intenda attivarsi al fine di arrivare all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 28 del 2011, al fine di prevedere che il valore dell'incentivo per l'energia elettrica prodotta dagli impianti in Serbia sia conforme ai dettami di cui al comma 1; se l'uso riservato al gruppo privato, costituito dalla società Maccaferri e dai partner serbi, di un nuovo elettrodotto che prevede un investimento pubblico di oltre 2 miliardi di euro per un periodo di 15 anni sia in contrasto con la normativa comunitaria; se il Governo non intenda assumere alla luce delle considerazioni esposte in premessa, ogni iniziativa di competenza per rivedere tale azzardo che sembra all'interrogante produrre soltanto costi per l'Italia e utili per la parte privata. (5-02298) CARRESCIA (PD) Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: nel 2009 tra il Ministro pro tempore dello sviluppo economico, Claudio Scajola, e il Ministro 23 dell'energia della Repubblica della Serbia, furono sottoscritti due protocolli d'intesa per cooperare alla costruzione e alla concessione di impianti idroelettrici, termici, reti di interconnessione tra Italia, Serbia ed i Paesi confinanti, oltre che allo sviluppo di fonti rinnovabili, anche ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali per il calcolo della quota di emissioni stabilita dall'Unione europea; il Piano di azione nazionale presentato dall'Italia alla Commissione europea nel luglio 2010, prevedeva, infatti, l'importazione dall'area dei Balcani di 6 TWh (terawattora) all'anno, attraverso un cavo sottomarino di interconnessione con la rete montenegrina; il primo protocollo ha, appunto, ad oggetto la realizzazione dell'interconnessione fisica tra Italia e Serbia attraverso la posa, tra il Montenegro e l'Italia, di un cavo sottomarino di 390 chilometri di lunghezza, in corrente continua, con portata fino a un GW (giga watt), per un costo di 1 miliardo di euro a carico di Terna, ovvero a carico delle bollette elettriche italiane; lo stato di avanzamento dei lavori di quest'opera nel 2012, secondo l'Amministratore delegato di Terna, era del 3 per cento che corrisponde alla realizzazione delle opere propedeutiche alla costruzione dell'elettrodotto in prossimità di Villanova (Pescara); il secondo protocollo prevedeva: a) il ritiro dell'energia elettrica prodotta da impianti da fonte rinnovabile realizzati in Serbia da parte del GSE (gestore servizi energetici) a prezzo fisso per chilowattora; b) la costruzione degli impianti realizzati in Serbia da parte di una società mista, al 51 per cento di proprietà della società italiana Seci Energia (Gruppo Maccaferri) e al 49 per cento di proprietà della società statale serba Eps (Elektroprivreda Srbije) per investimenti previsti pari a circa 800 milioni di euro per la costruzione delle centrali sui fiumi Ibar e Drina che si aggiungono agli oltre 775 milioni già previsti per l'interconnessione Italia-Montenegro; il 25 ottobre 2011 il Ministro pro tempore Paolo Romani, ha firmato un nuovo accordo, che ha aggiornato quelli firmati nel 2009 ed ha stabilito le condizioni, anche tariffarie, in base alle quali dovevano essere costruiti gli impianti idroelettrici allora individuati, la cui realizzazione, dopo il recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili, è stata inquadrata nell'ambito di un «progetto comune» tra Italia e Serbia; secondo informazioni risalenti al 2011, l'Italia in conseguenza dell'accordo, oltre al costo del collegamento sottomarino, potrebbe sborsare circa 12 miliardi di euro in 15 anni, per importare l'elettricità balcanica, di cui la metà o più come sovrapprezzo rispetto ai costi di mercato con il rischio evidente di un ulteriore rialzo del costo della bolletta elettrica; gli accordi sottoscritti dal Ministero dello sviluppo economico sono stati oggetto di un'inchiesta giornalistica pubblicata il 6 febbraio 2014 sul sito della rivista on line Qualenergia; nell'articolo si fa rilevare come, mentre per i serbi permane l'interesse ad andare avanti, l'Italia ha praticamente già conseguito l'obiettivo 2020 grazie all'esplosione di produzione solare, eolica e 24 biomasse autoctone; i serbi stimano, inoltre, che il costo totale del progetto, oltre 2 miliardi di euro, sarà largamente recuperato dalla società serba e dai soci privati italiani, grazie alla disponibilità dell'allora Governo Berlusconi di pagare l'elettricità importata ben 155 euro/megawattora, a fronte di un costo medio dell'elettricità italiana quotata dalla Borsa Elettrica, di 63 euro/megawattora nel 2013; si aggiunga che in Italia, nel frattempo, si è manifestato un eccesso di capacità produttiva nel settore elettrico che dovrebbe protrarsi fino al 2020 e che rende difficilmente comprensibili le motivazioni di un accordo per l'importazione di ulteriore energia; non appare chiaro, in definitiva, perché in un momento in cui molte centrali a ciclo combinato presenti sul territorio nazionale, in grado di produrre energia a prezzi inferiori a 155 euro al megawattora restano ferme per eccesso di capacità produttiva, l'Italia debba pagare, a prezzi molto alti, ulteriori importazioni di energia; tale situazione, d'altra parte, ha spinto il legislatore ad individuare forme di sostegno per il settore, tramite l'introduzione del meccanismo del capacity payment; i protocolli sottoscritti tra Italia e Serbia discendono dalla normativa contenuta nell'articolo 36 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, che, ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali, fissa i criteri in base ai quali è incentivata l'importazione di elettricità da fonti rinnovabili proveniente da Paesi extra Unione europea sulla base di accordi internazionali; in particolare, al comma 1, si prevede che gli accordi di importazione debbano conformarsi a criteri delineati dalle lettere a), b) e c), quali il riconoscimento, sull'energia immessa nel sistema elettrico nazionale, di un incentivo di pari durata e di entità inferiore rispetto a quello riconosciuto in Italia alle fonti e alle tipologie di impianti da cui l'elettricità viene prodotta nel paese terzo, in misura fissata negli accordi tenendo conto della maggiore producibilità ed efficienza degli impianti nei Paesi terzi e del valore medio di incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia; modalità di produzione e importazione volte ad assicurare che l'elettricità importata contribuisca al raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di fonti rinnovabili; le necessarie misure che assicurino il monitoraggio dell'elettricità importata; il comma 2 dell'articolo 36, consente, inoltre, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si possa stabilire un valore dell'incentivo diverso da quello previsto al comma 1, lettera a), salvaguardando gli accordi già stipulati e contemperando gli oneri economici conseguenti al riconoscimento dell'incentivo stesso e gli effetti economici del mancato raggiungimento degli obiettivi; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non risulta ancora emanato; alla luce di quanto sopra esposto i contenuti dell'accordo del 2011 appaiono in contrasto con l'articolo 36 laddove: a) i criteri di attribuzione degli incentivi all'elettricità prodotta da fonti rinnovabili in Paesi extra Unione europea previsti al comma 1, lettera a), prevedono per l'energia elettrica importata dalla 25 Serbia un incentivo di entità maggiore rispetto a quello riconosciuto alla produzione di energia elettrica da fonte idraulica in Italia; b) per quanto riguarda la lettera b), gli obiettivi di produzione italiani da fonte rinnovabile grazie al contributo degli impianti idroelettrici, eolici e fotovoltaici realizzati in Italia sono già stati raggiunti e non dovrebbero potersi prevedere incentivi a fonti rinnovabili all'estero; c) in presenza di un incentivo più elevato rispetto a quello riconosciuto in Italia, sarebbe stato necessario procedere all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 2, per definire un diverso valore dell'incentivo da attribuire; nel corso dell'audizione avvenuta il 31 marzo 2014 nell'ambito dell’«Indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale e sulle principali problematiche in materia di energia», l'Amministratore delegato di Terna Spa, ha dichiarato che il più volte citato accordo non è stato una scelta di Terna ma del Ministero dello sviluppo economico ed ha ammesso che esiste una controindicazione riguardante l'accordo, in termini di aggravamento del costo in bolletta per l'Italia «visto che a un paese limitrofo, la Serbia, si destinano incentivi legati ai certificati verdi» –: se, ed entro quali termini, il Governo, intenda emanare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 28 del 2011, al fine di stabilire che il valore dell'incentivo per l'energia elettrica prodotta dagli impianti in Serbia sia conforme ai dettami di cui al comma 1 di tale norma, ovvero adottare altri atti che evitino rialzi nelle bollette a carico dei cittadini e delle imprese; se, in particolare, il Ministro sia al corrente dello stato di avanzamento dei lavori, quale parte degli investimenti sia già stata realizzata e quante siano le risorse impegnate fino ad oggi, anche al fine di ridiscutere l'accordo di cui in premessa per evitare ulteriori danni alle realtà produttive nazionali. (5-03002) 26 SENATO Interrogazione a risposta in 8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni): sull'incompatibilità di ruoli all'interno dell'autorità portuale di Napoli e sulle concessioni demaniali nel porto di Napoli CIOFFI e altri (M5S) - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che: la situazione del porto di Napoli continua a destare preoccupazione per la criticità manifestata nella realizzazione del grande progetto "Porto di Napoli" e per la continua perdita di traffico commerciale dei contenitori; il Ministro in indirizzo ha rinnovato la gestione commissariale della stessa autorità portuale, confermando nel ruolo per altri 6 mesi il professor Francesco Karrer, rendendo doveroso, da parte degli interroganti, di ritornare ad esaminare, con la massima attenzione le eventuali incompatibilità di alcuni ruoli ricoperti; con un precedente atto di sindacato ispettivo (4-02414) sono stati chiesti dei chiarimenti sulla struttura organizzativa dell'autorità portuale e specificamente sulla composizione dell'organico in forza e sulle modalità di assunzione adottate per verificare il rispetto dell'art. 97 della Costituzione relativamente agli enti pubblici non economici, in cui rientrano anche le autorità portuali per le quali è obbligatorio il concorso pubblico, nonché sulla regolarità delle procedure di assegnazione delle concessioni pluriennali sulle aree demaniali marittime portuali a Napoli; considerato che: la legge n. 114 del 2014 (legge di conversione del decreto-legge n. 90 del 24 giugno 2014 in vigore dal 18 agosto 2014) ha aggravato le regole di incompatibilità nell'attribuzione di incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo della pubblica amministrazione a soggetti in quiescenza. Tale divieto, introdotto con il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 (art. 5, comma 9), ora con la legge n. 114 del 2014 è divenuto assoluto; il nuovo disposto dell'articolo 6 del decreto-legge 90 prevede che "All'art. 5, comma 9, del decretolegge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole da «a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o 27 direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo. Incarichi e collaborazioni sono consentiti, esclusivamente a titolo gratuito e per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata". Il comma 2 dello stesso articolo 6 recita: "Le disposizioni dell'art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dal comma 1, si applicano agli incarichi conferiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto"; risulta agli interroganti che al commissario dell'autorità portuale di Napoli, professor Francesco Karrer (nato il 30 gennaio 1942), è stata concessa una proroga di altri 6 mesi per l'incarico conferitogli il 30 aprile 2014 nonostante egli sia in quiescenza, abbia ben 72 anni e l'incarico sia remunerato senza tener conto del divieto assoluto imposto dalla legge n. 114 del 2014; a parere degli interroganti ad oggi la mancata nomina del presidente dell'autorità portuale è sicuramente un male, ma da leggere in subordine rispetto ad elementi decisamente più gravi che hanno compromesso la capacità competitiva dello scalo napoletano in un momento di grandi cambiamenti nel settore dello shipping mondiale, che vede nel Mediterraneo un'area di grande interesse per l'aumento dei traffici commerciali marittimi; con delibera n. 30 del 28 luglio 2011 al punto 3.3.2 "Carenze di controllo per il monitoraggio dei piani di impresa" l'autorità portuale, presieduta da Luciano Dassatti, faceva intendere che l'attività dell'ente, per quanto riguarda la gestione delle concessioni demaniali, fino a quel preciso momento, in violazione al dettato della legge n. 84 del 1994 e successive modificazioni, era stata improntata solo al controllo del pagamento dei canoni demaniali e alla gestione delle manutenzioni delle infrastrutture portuali e delle parti comuni. Inoltre neanche la riscossione dei canoni demaniali era stata seguita con la dovuta attenzione, visto che i concessionari presenti nel porto di Napoli hanno prodotto nel tempo mancati versamenti, con relativo danno per l'erario, per più di 20 milioni di euro. Il rilascio delle concessioni demaniali, ai sensi dell'art. 18 della legge n. 84 del 1994, impone il rispetto di una procedura di evidenza pubblica che prevede, tra l'altro, specifiche indicazioni sulle modalità di pubblicizzazione per la raccolta di eventuali istanze in concorrenza. Su questo tema specifico diversi articoli di stampa mettono in risalto più volte l'assegnazione di importanti concessioni demaniali marittime nel porto di Napoli disattendendo la regolarità procedurale richiesta. Lo stesso professor Francesco Karrer ha dichiarato alla stampa, sabato 18 ottobre 2014, che le concessioni, rilasciate nel porto di Napoli, sono a dir poco creative (si veda "la Repubblica" del 18 ottobre 2014); l'autorità portuale di Napoli, nella suddetta delibera, completa il citato punto 3.3.2 scrivendo che rientrano tra i propri compiti anche la verifica delle attività di rendicontazione dei concessionari, 28 misurando il grado di conservazione dei requisiti che hanno determinato il rilascio delle stesse concessioni. Come recita il comma 8 dell'articolo 18 della legge n. 84 del 1994: "L'autorità portuale o, laddove non istituita, l'autorità marittima sono tenute ad effettuare accertamenti con cadenza annuale al fine di verificare il permanere dei requisiti in possesso al momento del rilascio della concessione e l'attuazione degli investimenti previsti nel programma di attività di cui al comma 6, lettera a)"; l'autorità portuale di Napoli, con delibera n. 7 del 27 febbraio 2012, fissa successivamente anche il modello per eseguire questi controlli per cui intendere l'omissione degli stessi fino a quella data. Se così fosse nel porto di Napoli sarebbero stati violati i principi portanti dell'articolo 18 della legge n. n. 84 del 1994; sul punto il disposto legislativo articolo 18, comma 6, della legge n. 84 del 1994 stabilisce che ai fini del rilascio della concessione in un porto è richiesto che i destinatari dell'atto concessorio: a) presentino, all'atto della domanda, un programma di attività, assistito da idonee garanzie, anche di tipo fideiussorio, volto all'incremento dei traffici e alla produttività del porto; b) possiedano adeguate attrezzature tecniche ed organizzative, idonee anche dal punto di vista della sicurezza a soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo a carattere continuativo ed integrato per conto proprio e di terzi; c) prevedano un organico di lavoratori rapportato al programma delle loro attività; in ciascun porto l'impresa concessionaria di un'area demaniale deve esercitare direttamente l'attività per la quale ha ottenuto la concessione, pertanto non può essere al tempo stesso concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l'attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale, e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione. Su motivata richiesta dell'impresa concessionaria, l'autorità concedente può autorizzare l'affidamento ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 84 del 1994, dell'esercizio di alcune attività comprese nel ciclo operativo; l'autorità portuale o, laddove non istituita, l'autorità marittima sono tenute ad effettuare accertamenti con cadenza annuale al fine di verificare il permanere dei requisiti in possesso al momento del rilascio della concessione e l'attuazione degli investimenti previsti nel programma di attività di cui all'articolo 18, comma 6, lettera a), della legge n. 84 del 1994; in caso di mancata osservanza degli obblighi assunti da parte del concessionario, nonché di mancato raggiungimento degli obiettivi indicati nel programma di attività di cui al comma 6, lettera a), senza giustificato motivo, l'autorità portuale o, laddove non istituita, l'autorità marittima revocano l'atto concessorio; 29 il responsabile anticorruzione risulterebbe avere più ruoli tra loro incompatibili tra cui: avvocato dell'ente dello staff del presidente dell'autorità portuale incompatibile con qualsiasi altro incarico dirigenziale nell'ente stesso in quanto quella dell'avvocato dell'ente stesso è un'attività che deve essere caratterizzata da una sostanziale estraneità rispetto all'apparato amministrativo così come è previsto dall'art. 23 della legge n. 247 del 2012; dirigente dell'area Affari legali, giuridici e contrattuali incompatibile, tra l'altro, ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo n. 39 del 2013, con il suo incarico di componente dell'organo di indirizzo nell'ente stesso; responsabile per la prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza incompatibile, tra l'altro, ai sensi della legge n. 190 del 2012, con la dirigenza di un settore quale l'area Affari legali, giuridici e contrattuali in cui è incardinato l'ufficio Appalti, Contratti ed Economato che rappresenta un settore a rischio di corruzione; considerato inoltre che a quanto risulta agli interroganti: 2 tra le più importanti società terminaliste di container operanti nel porto di Napoli risulterebbero essere la Conateco SpA e la Soteco Srl; entrambe le società risulterebbero avere lo stesso amministratore delegato, come da visura ordinaria; in Conateco SpA gli amministratori sono 2 e con deleghe diverse. Altresì il suddetto amministratore risulterebbe anche rappresentante degli imprenditori nel comitato portuale dell'autorità; in particolare la Soteco Srl ha una compagine societaria composta al 40 per cento da Conateco SpA, al 30 per cento dalla Europe Terminal N.V. e al 30 per cento dalla Trielle Srl; per gli amministratori tra le incompatibilità relative ricorre quella secondo cui un amministratore non può esserlo in più società concorrenti. Tale disposizione, però, può essere superata da un'autorizzazione rilasciata dall'assemblea dei soci; considerato infine che: il ruolo dell'autorità portuale è fondamentale per lo svolgimento delle attività di controllo anche internamente alla propria organizzazione, si chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo intenda adottare le opportune iniziative al fine di verificare le incompatibilità relative all'incarico del professor Francesco Karrer e in caso affermativo quali misure urgenti intenda assumere per eliminare situazioni potenziali di conflitti di interesse nonché le incompatibilità esistenti internamente all'autorità portuale di Napoli in alcuni ruoli dirigenziali; quali azioni di propria competenza intenda intraprendere al fine di controllare l'eventuale assegnazione di concessioni pluriennali da parte dell'autorità portuale su aree demaniali marittime portuali di Napoli in assenza di programmi di attività, come richiede l'articolo 18, comma 6, lettera a), della legge n. 84 del 1994 e, qualora fosse riscontrata, quali iniziative intenda avviare per scongiurare tale grave forma di inadempienza; 30 quali iniziative, qualora sia provata la mancata verifica annuale da parte dell'autorità portuale di Napoli dei dovuti controlli, intenda adottare per porvi rimedio ed accertare la permanenza dei requisiti richiesti al momento del rilascio delle concessioni e l'attuazione degli investimenti previsti nel programma di attività, come disposto dal richiamato art. 18, comma 8 della legge n. 84 del 1994; quali misure, nell'ambito delle proprie attribuzioni e relativamente alle società Conateco SpA e Soteco Srl, concessionarie su aree demaniali marittime del porto di Napoli, voglia adottare per assicurarsi che l'autorità portuale di Napoli abbia vigilato fin dall'inizio sull'assegnazione delle concessioni demaniali nonché per accertare l'indipendenza tra le 2 società, tenuto conto dei forti legami tra le 2 compagini societarie e l'elevato rischio di condizionamento reciproco; come intenda infine procedere per il ripristino della regolarità delle concessioni delle aree banchine interne al porto di Napoli. (3-01397) Interrogazione a risposta scritta: sullo sversamento di idrocarburi nel fiume Arrone, anche a causa di alcuni furti di cherosene dall'oleodotto dell'ENI di Maccarese (Roma) DE PETRIS (SEL) - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che: l'onda di cherosene che da qualche giorno scende lungo il rio Tre Cannelle a Maccarese nel comune di Fiumicino (Roma) fino al mare rappresenta l'ennesimo esempio di disastro ambientale annunciato e sottovalutato; le associazioni ambietaliste Lipu e WWF intervenute prontamente per arginare la strage di animali hanno segnalato l'estrema gravità della situazione: cormorani, gallinelle, germani reali, testuggini d'acqua, nutrie sono le specie tra le più colpite, oltre a numerosi pesci. L'imponente contaminazione ha interessato non solo l'oasi di Maccarese, un'area di svernamento importantissima per innumerevoli uccelli migratori ma anche un'estesissima area agricola, dove la sopravvivenza dell'ecosistema è in gravissimo pericolo; lo sversamento del cherosene nel fiume Arrone è un durissimo colpo all'ambiente naturale, notevoli sono i danni, in termini di perdita di biodiversità e di compromissione degli habitat. Colpita in particolar modo l'oasi naturale della foce Arrone, area di estremo valore, sia per qualità ambientale che di testimonianza storica del paesaggio originario, realizzata qualche anno fa dal WWF; 31 due sono, al momento, le ipotesi sulle cause del disastro originato da un deposito di cherosene collocato a monte del corso d'acqua, vicino allo svincolo dell'autostrada Civitavecchia-Fiumicino: la società ha attribuito il fenomeno a 2 tentativi di furto di cherosene ma, date le proporzioni del danno, è lecito sospettare invece un possibile collasso strutturale dell'oleodotto; finora i carabinieri e i vigili del fuoco hanno riscontrato che il punto in cui si è verificata la fuoriuscita di carburante si trova a un metro e mezzo sotto terra, il che fa presumere che ignoti avrebbero tentato di allacciarsi alla condotta per rubare carburante causandone la rottura, in due punti, uno a Palidoro, nei pressi dell'ospedale "Bambino Gesù" e l'altro vicino a Torre in Pietra; un primo allarme, lanciato nei giorni scorsi, è stato probabilmente sottostimato come pure un ritardo si è verificato nell'avvio degli interventi di bonifica. Il sindaco di Fiumicino, il 9 novembre 2014, ha emesso un'ordinanza per sospendere l'irrigazione dei campi e nonostante la gravità della situazione gli interventi di recupero ambientale adottati dall'Arpa Lazio e dall'Eni, gestore del tratto di oleodotto, si sono limitati alla semplice disposizione di barriere per rallentare l'onda, si chiede di sapere: quali verifiche urgenti il Ministro in indirizzo intenda promuovere per il controllo dello stato attuale delle acque, del mare, dei canali di irrigazione e il monitoraggio dei terreni agricoli e da pascolo nonché dell'intera oasi naturale; quali iniziative intenda intraprendere per accertare la vera causa dell'incidente e per verificare se l'Arpa regionale e l'Eni abbiano realmente attuato tutte le procedure previste per impedire lo sversamento del cherosene fino al mare e il conseguente inquinamento dell'intera area colpita, e qualora venissero accertate inadempienze quali iniziative intenda porre in essere al fine di sanzionare i responsabili; se, per quanto di competenza, intenda adottare tempestivamente un provvedimento a carico dei responsabili del danno all'ambiente per constringerli in solido alla bonifica e al ripristino della condizione ambientale preesistente; al netto di eventuali responsabilità penali o per dolo o colpa grave, quali iniziative urgenti intenda intraprendere coinvolgendo il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e le sue articolazioni, in particolare il Corpo forestale dello Stato, al fine di eseguire una reale stima dei danni alla fauna e alla flora e una valutazione delle misure atte al ripristino delle condizioni dell'ecosistema naturale anche prevedendo, se necessario, lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie; quali iniziative urgenti intenda assumere, anche coinvolgendo le altre amministrazioni e i soggetti interessati, al fine della messa in sicurezza e della riqualificazione ambientale di tutta l'area colpita dallo sversamento di cherosene e dalla conseguente contaminazione al fine di arrivare in tempi 32 rapidi alla bonifica dell'intera area ottemperando al proprio dovere di tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, anche prevedendo l'impiego di adeguate risorse finanziarie; quali iniziative intenda intraprendere per innalzare il livello di attenzione e per assicurare il costante monitoraggio ambientale delle aree di elevato valore ambientale e paesaggistico. (4-02979) 33