SANTA CRISTINA
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SANTA CRISTINA
CAPPELLA DI SANTA CRISTINA – VAL D’ALA (TO) Il santuario di Santa Cristina, abbarbicato su una selvaggia rupe a 1030 metri di altezza a Cantoria in val d’Ala, la più stretta e ripida fra le tre Valli di Lanzo, è un punto panoramico unico da cui leggere, come in un’immensa carta in rilievo, la geografia boschiva del territorio: un primo livello di boschi di castagni e faggi, seguito da densi lariceti, fino a raggiungere in alto le grandi pietraie, che nuovamente si aprono su bacini dall’eccezionale fioritura. Il bosco è stata la prima risorsa economica per questa comunità fin dai tempi più antichi e le tracce, gli strumenti e i modelli della civiltà montanara si ritrovano ancora nella vita di tutti i giorni. Raccolti in numerosi ecomusei e musei sparsi sul territorio, questi oggetti umili ma preziosi della vita di un tempo, ricostruiscono il lavoro di generazioni di agricoltori, artigiani, e naturalmente boscaioli. Il Santuario si trova sul culmine dell’aguzzo sperone che divide la Val Grande dalla Val d’Ala. E’ stato costruito nel XVII secolo per opera congiunta degli abitanti di Cantoira e Ceres. Ha sostituito un primitivo pilone affrescato (dietro l’altare), ma non si esclude che molto prima della cappella esistesse, sul picco acuto che separa la Val d’Ala dalla Val Grande, una mongiòja dedicata ad una divinità delle alture. Infatti una testina in pietra ollare tipo tete-coupée è stata trovata dal Prof. Adalberto Donna incastrata nel muraglione a secco che sostiene la cappella sul lato verso Ceres e sono state segnalate, ma non verificate, incisione rupestri (coppelle e cruciformi) nell’area. La cappella di Santa Cristina aveva già rettori nel Trecento. Sebbene il Santuario sia situato a quota modesta, il panorama che si spalanca ai nostri occhi è davvero fantastico (quasi un 360°). Lungo il percorso si trovano tracce di insediamenti preistorici, la Cappella della Peste con affreschi eseguiti nel 1577 da Oldrado Perino della Novalesa e la Cappella degli Angeli in località Ladant. Si tratta di una bella escursione ad anello, effettuabile praticamente tutto l’anno, salvo in caso di forte innevamento, che si svolge su buoni sentieri rivisti completamente nella segnaletica dal CAI di Lanzo nel 2011. Santa Cristina di Bolsena, nota anche come Santa Cristina di Tiro , secondo la tradizione fu martirizzata sotto l'imperatore Diocleziano, intorno all'anno 304. Le scoperte archeologiche indicano che a Bolsena la venerazione di santa Cristina, vergine e martire, risale almeno al IV secolo: presso il sepolcro della santa, infatti, era sorto un cimitero sotterraneo. La Passione di Santa Cristina è uno scritto che risale almeno al IX secolo, quindi molto più tardo rispetto agli avvenimenti ed eccessivamente agiografico. Ciononostante, la venerazione popolare per la santa preadolescente è sempre stata molto grande in tutta la zona. Il racconto narra di una giovane undicenne di nome Cristina, che per la straordinaria bellezza venne segregata in una torre dal padre Urbano, ufficiale dell'imperatore, in compagnia di dodici ancelle. A nulla valsero i tentativi del padre di costringere la figlia, divenuta cristiana, a rinunciare alla sua fede; il padre passò allora dalle blandizie alle percosse: la fece flagellare e rinchiudere in carcere e in seguito la consegnò ai giudici che le inflissero vari e terribili supplizi. Nel carcere dove fu gettata a languire venne consolata e guarita da tre angeli. Venne poi condotta al supplizio finale: legatale una pesante pietra al collo, la gettarono nelle acque del lago; la pietra però, sorretta dagli angeli, galleggiò e riportò a riva la fanciulla. A quella vista Urbano non resse a tanto dolore e morì. Cristina fu ricondotta in prigione e i giudici tornarono a infierire su di lei condannandola a terrificanti quanto inefficaci torture fino a quando non la uccisero con due colpi di lancia Secondo altre tradizioni si narra che fu condannata ad essere uccisa da serpi velenose che però si rifiutarono di aggredirla uccidendo invece il suo boia; per questo motivo è invocata sia come protettrice del bestiame e dei raccolti, sia contro le vipere.