Il colore: espressione simbolica delle scelte alimentari

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Il colore: espressione simbolica delle scelte alimentari
Alimentazione
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Il colore:
espressione simbolica
delle scelte alimentari
a cura di Mariapaola Graziani - Psicologo - Ricercatore
Istituto di Scienze dell’Alimentazione, CNR - Avellino
Già in epoche “antiche”, quando la storia
dell’alimentazione era
caratterizzata da scarsità di prodotti, carestie,
malattie e assenza delle
pur minime tecnologie di
trasporto, sicurezza, conservazione, ecc., la popolazione divideva gli alimenti
per “colore” separando
quelli poco appetibili da
quelli desiderabili, in base
a contrasti bianco-nero,
soprattutto rappresentati
nelle carni e nel pane: nero
e bianco, quest’ultimo, a
seconda che servisse a
sfamare, rispettivamente,
i poveri o la classe ricca.
Si differenziava il colore
delle carni ponendo
le “rosse”, simbolo di
forza, potere, carattere
guerriero, maschile, e le
“bianche”, associate a
debolezza, indigenza e
femminilità. Le appartenenze socio-economiche
si rappresentavano sommariamente catalogando
i ricchi come “mangiatori
di carne rossa” e i poveri come “mangiatori di
verdure”.
Queste distinzioni erano
essenzialmente basate
su fattori cromatici “naturali” degli alimenti e si
riferivano a colori naturali
di alimenti che, in assenza
di spiegazioni scientifiche,
si arricchivano di interpretazioni simboliche, sociali
e culturali oltre che antropologiche ed economicocommerciali.
Qualche commento
psico-simbolico
Abbiamo già detto che
il colore, fattore che per
primo ci “invade”, è prima
di tutto un segnale della
qualità di un prodotto e
pertanto fattore di anticipazione del senso del
gusto, ma anche delle
qualità fisiche del prodotto: se un alimento
ha un colore diverso da
quello che conosciamo,
nasce in noi la diffidenza.
Provate a immaginare un
pomodoro blu o del riso
nero..!
Ma il colore non è solo
segnale. È anche simbolo ed espressione di riti e
culture, di tratti della
personalità, di aspetti
dell’umore individuale e
in alimentazione testimonia una lunga presenza
culturale.
La moderna “Consumer
Science” ne indaga le
relazioni con le mo-
Per ulteriori informazioni:
Dr Gianvincenzo Barba - Dr Alfonso Siani
Istituto di Scienze dell’Alimentazione, CNR
Via Roma 52 AC - 83100 Avellino
Tel. 0825 299 353 - Centralino 0825 299 111
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e-mail: [email protected] - [email protected]
Il Progetto ARCA
Alimentazione nella Regione Campania
Screening dell’obesità e delle abitudini
alimentari in bambini in età scolare
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e le AASSLL Av 1, Av 2 e Na5.
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tivazioni che guidano le
scelte e i consumi.
Alcuni aspetti delle ricerche
condotte in ISA, dalla nostra
Unità operativa, “Analisi
Sensoriale e Consumer
Science”, indagano le
componenti cognitive
ed emozionali del colore in relazione alla scelta
alimentare
Colori caldi e colori
freddi
In fisica, rosso e giallo
sono detti colori “caldi”:
in ambiente sperimentale,
esposti alle loro frequenze, i soggetti esaminati
rivelano aumento della
pressione arteriosa e del
ritmo cardiaco.
Verde e blu, per contro,
sono detti colori “freddi”:
risultano rilassanti, cioè
Colore e alimentazione ieri e oggi
Già nell’undicesimo secolo si segnalano
alcuni criteri cromatici per definire la
qualità di un alimento: per esempio, il
colore giallo-verdastro dei pesci risulta come segnale di “cattiva qualità”
(Mostasaff) e si può spiegare questa
associazione tra il “giallo” colore e il
“giallo = infezione-pus. Per fortuna la
scienza e la tecnologia sono progredite
e anche l’alimentazione è divenuta
materia di indagine scientifica e non
solo “gastronomica”.
La Scienza dell’Alimentazione indaga
molti aspetti dell’argomento qui esposto
e l’ultima frontiera delle indagini sono
quelle che riguardano le motivazioni
di scelta, oggetto di studio della così
detta “Consumer Science”.
Molti “arcani” vengono svelati ma
restano comunque vitali in molti
“falsi miti” collettivi moderni, fra i
quali primeggia quello delle carni da
consumo. Pur se è ormai noto infatti
che è l’emoglobina la responsabile del
colore rosso dell’alimento crudo (che
degrada fino al nero della cottura), in
molti consumatori con caratteristiche
di tradizionalità molto radicata e con
componenti emozionali molto vivaci, il colore rosso delle carni resta un
fattore primario di scelta associato a
“sangue”, “energia”, “forza” ecc.
Altri “miti” coprono di simbologie
sommerse il colore del pane e identificano nelle croste molto scure, il simbolo di “natura contadina, genuinità,
appartenenza sociale alla comunità
di provenienza” anche se ormai si sa
che responsabile del marrone delle
croste di pani e biscotti è dovuto ad
una specifica reazione chimica, la
reazione di Maillard.
Riguardo poi il colore degli alimenti
freschi del mondo vegetale, essi sono
determinati dai phytochemicals, composti
organici di origine vegetale, presenti
nelle piante che catturano l’energia
del sole dando a frutta e ortaggi i loro
colori naturali.
Alcuni di essi sono ben noti: la clorofilla,
ricca di magnesio, e abbondante nelle
piante “verdi”; il rosso di alcuni frutti e
verdure (pomodori, fragole, ciliegie,
anguria) che indica la presenza del
licopene, un importante antiossidante; gli alimenti più chiari, tendenti al
bianco, (aglio, porri, cipolle), ricchi
di solfuro di allile. Per assicurare un
rilevante apporto di questi elementi e
di altre componenti che costituiscono
il grande patrimonio vegetale, è raccomandato il consumo quotidiano e
variato di frutta e verdura, sia cruda
che cotta.
Ma spesso il consumatore fa un uso
“segnale” di questi colori del mondo
vegetale, per anticiparsi il gusto dell’alimento o riconoscerne lo stato di
conservazione (“rosso”, sta per maturo,
dolce, succoso, ecc., “verde” sta per
acerbo, aspro, muffo) anziché utilizzarlo
come fonte di informazione nutrizionale.
In ossequio a questa forte dipendenza
che il consumatore rivela nei confronti
del colore, da tempi antichi il mercato
è intervenuto con aggiunte di colore
per esaltare alcune caratteristiche dei
prodotti.
Molti coloranti a base di sostanze naturali, (zafferano, cocciniglie, carbone
o semplice trasformazione chimica
(caramello)), sono stati aggiunti agli
alimenti per esaltarne la colorazione
naturale. Ma, complice l’instabilità dei
componenti naturali organici (caroteni, licopeni, xantofille, riboflavine ecc),
lo sviluppo tecnologico ha prodotto
coloranti di sintesi utilizzati per valorizzare “l’apparenza” dell’alimento
quale presupposto fondamentale
nel processo di scelta.
Pur di esaltare il colore naturale del
cibo, il “mercato” non rispettava le
norme deontologiche e, appena nel
1930, si incorreva in alimenti “poco
sicuri” per l’uso di additivi anche
pericolosi, necessari a preservare il
colore originale dell’alimento: i cetrioli
da “conservare” trattati con solfato
di rame; farine sbiancate con blu di
anilina; formaggi trattati con sostanze
a base di piombo rosso per esaltarne
alcune sfumature cromatiche.
Per fortuna oggi, la normativa per la
sicurezza alimentare ci mette al riparo
da tali eccessi ma non abbandona
l’enfatizzazione cromatica di alimenti
anche in imballi e ambienti perché il
colore resta un fattore fra i più importanti
alla base delle scelte del consumatore
nonché elemento di grande attrazione
emozionale e simbolico.
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non alterano gli indicatori di pressione e
frequenza cardiaca.
In una ricerca da noi
condotta,
abbiamo
evidenziato
l’associazione tra colori “caldi” e
alimenti molto diffusi nella
tradizione alimentare mediterranea (pane, pasta,
olio, latte).
Le affermazioni associate
alle scelte sottolineavano non solo il potere
energetico
attribuito
per “sentire comune” a
questi alimenti, ma anche
le loro valenze simboliche
(solarità, vitalità, potere di
aggregazione).
Questi simboli si ritrovano
anche nella tradizione antropologica dei popoli in
rapporto proprio a queste
tipologie di colori “caldi”,
confermando così che le
scelte non sono solo fattori
residui di tradizione e di gusto,
ma indicatori di modelli
profondamente radicati
nelle popolazioni.
Rispetto ai colori “freddi” e “complementari”
(marrone, viola, grigio)
le associazioni sono state
meno omogenee, e per
significatività statistica,
scelti in corrispondenza
di alimenti non preferiti e
con connotazioni diversamente articolate:
Il blu, poco associato
agli alimenti, non è stato
però rifiutato o scartato,
al limite poco associato,
e per lo più, in modo
“cognitivo”, relazionato
al “pesce”, unitamente
al colore grigio.
Il verde per lo più associato ad ortaggi e frutta,
rivelando ovvie nozioni
esperenziali, è però associato anche a valori
di “salute”, esprimendo
un chiaro collegamento
tra “colore verde”, freschezza, vitalità, e perciò
stesso
“natura-madre
buona”.
Meno prevedibile, l’associazione tra viola e dolci
trova conferma in altre
ricerche di settore fra
colore e bevande, per
le quali una spiegazione
orosensoriale riferisce che
il viola “evoca il più alto
valore della soglia sensibile
del gusto dolce”.
L’interpretazione psicosimbolica di questa associazione non può rifarsi a
misurazioni, ma si avvale
di analisi concettuali di
varie componenti indagate e che ricalcano la
“contraddittoria” simbologia del viola.
Questo colore si situa a
cavallo di simboli “opposti”
tra penitenza e potere:
i panni quaresimali della
passione del Cristo e
l’abito talare del potere, ecclesiale (vescovo)
e civile, (imperatore), per
citarne solo alcuni.
L’associazione dolce-viola,
rivela una emozione istintiva, di tipo conflittuale
che ben si esprime nella
scelta di questa tipologia
di alimenti che in genere
ad alto contenuto energetico, in una società
che esalta la magrezza
sociale, ne fa di volta
in volta desiderio e, al
contempo, rifiuto.
Il colore grigio esprime
l’emozione che ci rivelano
le informazioni psico-cliniche che applicano i colori
come reattivo diagnostico
e che rivelano come al
colore grigio vengono attribuiti valori di “barriera,
confine, indifferenza”.
È stato per lo più associato
ad alimenti surgelati, definiti
“devitalizzati”, incartati…
con valenze metaforiche
di “assenza di vitalità”.
Il Colore come simbolo
ed espressione della scelta
Colore non più solo segno, quindi, ma simbolo
e anche fattore dominante del moderno confezionamento (packaging), nella “sapiente”
collocazione commerciale dei prodotti sotto
ombre e luci in prima vista o un po’ in disparte,
per sottolineare caratteristiche commerciali e
valenze simboliche.
Il nero e l’oro per evocare il lusso e il potere; il
bianco per ricordare la purezza, la leggerezza,
la “natura”; i rossi per evocare la vitale energia;
i gialli , preferiti dagli adolescenti, evocatori di
progetto, avventura e rischio; i verdi sinonimo di
equilibrio ma anche di anaffettività, esprimono sia
determinazione che indifferenza; i blu, metafora
di paura o ricerca di quiete, fino anche, però,
alla melanconia.
Dalle nostre ricerche in questo settore, è emerso
che il colore può essere indicatore di segnali e
simboli ai quali la conoscenza e la memoria fanno
appello, come ben sanno coloro che si occupano
di distribuzione e promozione commerciale.
Alcuni esempi: il rosso nelle confezioni si utilizza per
sollecitare il concetto di energia, il giallo quello di
fretta e allegria, il verde e il blu per rassicurare.
I dati delle ricerche internazionali disponibili sull’argomento non sono numerosi ma testimoniano
un crescente interesse su ipotesi di lavoro che
vanno intensificate e indicano il determinismo
delle scelte influenzato in larga parte da esperienze emozionali dove il colore trova ampio spazio,
collegato a molteplici e complesse connotazioni
sia biologiche che psicologiche e culturali.
In un sistema sociale dove gli alimenti sono così
facilmente reperibili e non rappresentano più
solo un bisogno nutrizionale ma soprattutto un
desiderio, per soddisfarlo al meglio è bene che
la ricerca si impegni per fornire al consumatore
strumenti interpretativi per sostenerlo nell’intricato
e seduttivo labirinto persuasivo e cromatico del
mercato globale.