Archivio_2013_files/Enogea 47 Borgogna ext
Transcript
Archivio_2013_files/Enogea 47 Borgogna ext
52 uno speciale "maestoso" di Giampaolo Gravina Note a margine degli incontri di (immagini: Artevino ) ENOGEA - II SERIE - N. 47 passione borgogna: Pollenzo tra produttori di pinot noir e paladini del nebbiolo (con un occhio di riguardo per la Lese maestà Nel nebbioso Novembre del 2009 ero sbarcato a La Morra non senza pregiudizi: da buon partigiano dell’understatement, l’enfasi del titolo Le loro maestà mi era apparsa subito fuori luogo. E per giunta fuorviante. Se spendiamo i nostri migliori argomenti per perorare la causa del terroir, non possiamo rilanciare il primato del vitigno, quand’anche di nobile lignaggio come nel caso di nebbiolo e pinot noir, senza alimentare una certa incoerenza. Ma l’obiezione sorge spontanea: se ci fermiamo alla lettera del testo, quanti nomi passano l’esame? Che dire ad esempio di Slow Food? Cosa c’entra di primo acchito questo anglicismo con la poetica delle osterie, o con la nobile missione di presidiare le eccellenze gastronomiche nostrane? E ViniVeri? Quanti equivoci può suscitare una simile autocertificazione di verità? E cosa ha a che spartire con il progetto di una ruralità consapevole? Non rischia forse di tradire il percorso “antagonistico” di alcuni dei nostri migliori artigiani vitivinicoli? In buona sostanza: non è forse parzialmente tradito anche in casi del genere (ma l’elenco è inesorabilmente destinato ad allungarsi) il movente più genuino dei rispettivi progetti culturali? Borgogna) Allo stesso modo, per reperire indizi dello spirito che ha animato Le loro maestà, serve andare rapidamente oltre il claim e farsene una ragione: a Camillo Favaro e soci piace così. Se passiamo all’evento in sé, infatti, la musica cambia. E va detto che già nella sua prima declinazione langarola tra le vigne del Barolo, nel nebbioso scorcio autunnale di cui sopra, questo sedicente incontro al vertice ha lasciato un buon sapore, tutt’altro che stucchevole: un appuntamento tra produttori (vignaioli quale più quale meno) e appassionati (competenti con analoga intermittenza), animato dalla curiosità e dalla stima reciproca; una tavolata festosa, con le magnum di Langa e di Borgogna offerte e spesso perfino versate dalle stesse mani di chi le ha imbottigliate; e infine una degustazione vivace e partecipata, di quelle che si torna a casa tutti più allegri, ma anche mediamente più consapevoli. Tutti motivi ripresi e rilanciati con ancora maggiore intensità nella seconda edizione, ambientata stavolta nelle sale dell’Agenzia di Pollenzo, tra le aule dell’Università di Scienze Gastronomiche e i caveau della Banca del Vino, targati Slow Food (tanto per restare in tema di nomi un po’ ridondanti). Un’edizione arricchita in termini di quantità e di qualità delle adesioni borgognone, e analogamente capace di modulare la presenza del nebbiolo su più versanti produttivi, benché ancora in funzione di una esplicita dominante langarola e barolista. Tre i momenti salienti dell’evento: una degustazione verticale di quattro diverse annate dedicata a due icone del nebbiolo e del pinot noir d’autore, quali sono indiscutibilmente il Barolo Riserva Monfortino di Giovanni Conterno e il Clos de Tart. di Mommessin. Una cena cucinata a quattro mani da Jean-Christophe Moutet del ristorante Auprès du Clocher di Pommard e dallo staff del Ristorante dell’Agenzia, orfano dei fratelli Alciati (che si accingono in queste settimane ad aprire la nuova sede del Ristorante Guido in quel di Serralunga, nella Tenuta di Fontanafredda del tentacolare Oscar Farinetti: auguri!). E infine un’ampia degustazione della domenica, nel senso più festoso e goloso dell’espressione, dove oltre trecento appassionati di tutta Italia si sono affollati per assaggiare i rossi di una cinquantina di aziende, tra le più accreditate dei rispettivi contesti vitivinicoli. La mia personale ricognizione dell’evento tiene conto in questa sede della vocazione squisitamente francofila della nostra rubrica: sarà dunque