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Nove Nosiole per me posson bastare #angeloperetti
La nosiola è un’uva trentina. Bianca. In passato era una delle
più diffuse nel territorio tridentino. Oggi è ridotta a ben poca
cosa, ed è – azzarderei – quasi a rischio d’estinzione,
soppiantata dall’avanzata imperiosa dello chardonnay –
destinato a farci le bollicine – e soprattutto del pinot grigio, la
cui coltivazione è stata risolutamente spinta dai colossi
cooperativi per motivo di mero carattere commerciale. Il
problema è che col tempo la Nosiola – quando metto la
maiuscola intendo il vino che si trae dall’omonimo vitigno, che è
invece con la minuscola – era diventato un bianchetto banale,
da far fuori entro l’estate. “Chi vuoi che lo beva un vino così?”
era l’obiezione di chi spingeva per l’espianto. Ecco, la questione,
alla fin fine, era tutta lì: capire se con quell’uva ci si potesse fare
qualcosa di più e di meglio del bianchetto di poco costrutto.
I mezzi ci sarebbero stati, nella ricca provincia autonoma, ma s’è preferito prendere altre strade, magari
scorciatoie. Senonché da qualche anno alla nosiola hanno cominciato a crederci alcuni vignaioli, che si son
cimentati nell’interpretarla. Il fatto che abbiano imboccato percorsi diversi – fermentazioni nel legno o nelle
anfore, macerazioni più o meno lunghe, leggeri appassimenti – vuol dire che un codice comune c’è ancora da
trovarlo, epperò qualche Nosiola che lascia a bocc’aperta già c’è.
Ho potuto assaggiare nove diverse interpreazioni della Nosiola a Mezzolombardo, presso la maison di
Elisabetta Foradori, in un tasting allestito in occasione di Senza Filtro, piccolo evento di qualità che ha visto
insieme il team dei Dolomitici e Les Caves de Pyrene. Qui di seguito le mie impressioni sui nove vini, in
rigoroso ordine di servizio. Avverto: poiché non erano indicate nell’elenco consegnato a chi tastava, non
riesco a riportare doc o igt d’appartenenza, per cui mi limito a scrivere, come da lista ufficiale, l’indicazione di
“Nosiola” e l’annata relativa, più l’eventuale nome di fantasia in etichetta e, ovviamente, il produttore.
Nosiola 2010 Vilar
Note canforate intersecano il frutto giallo maturo e la mandorla. Però – è una mia impressione – non trovo
ben definiti i contorni.
Un faccino
Nosiola 2012 Gino Pedrotti
Il colore tende al dorato. Vino sontuoso. Frutto stramaturo e “dolce” (pesca gialla). Spezia. Nocciola, tanta.
Fiori appassiti. Freschezza notevole. Per capirci, un bianco d’impostazione “alsaziana”.
Due lieti faccini e quasi tre
Nosiola 2012 Cesconi
Sentori erbacei, di erbe sfalciate. Fiori bianchi. Sapidità. Croccantezza di frutto: mela, pera. Si beve senza
impegno.
Due faccini
Nosiola Maiano 2011 Francesco Poli
Frutta secca e fieno. Pesca gialla sciroppata. Spezia dolce. Tracce di idrocarburi. Bell’esperimento, ma – per il
mio gusto – c’è una sottile vena boisée e vanigliata che sembra frenare il volo.
Due faccini
Nosiola 2008 Vignaiolo Fanti
Non c’è dubbio: un grande bianco. Giovanissimo (ed è un 2008), floreale, sapido, affilato. Cristallino e
luminoso, anche nel colore. E man mano che passa il tempo il bicchiere vira verso l’uva, croccante. Avercene.
Tre lieti faccini
Nosiola 2002 Cesconi
In magnum, vendemmia 2002. Tra il giallo dorato e il verde. Zenzero, immediatamente. Poi, fiori appassiti e
cedro candito e ananas disidratato. Certo, è quasi arrivato a fine corsa, ma ha retto il decennio.
Due faccini
Nosiola 2012 Castel Noarna
Un fuoriclasse. Bocca esplosiva d’acidità e di frutto (e di spezia). Un bianco dinamico, nervoso. Il bicchiere
vira gradualmente verso la frutta secca (nocciola, mandorla, noce appena raccolta) e la spezia.
Tre lieti faccini
Nosiola Sass Biank 2012 Vilar
Pera stramatura e buccia d’arancia candita e frutta tropicale. L’opulenza fruttata, tuttavia – come per l’altro
vino dell’azienda -, mi pare un po’ sfuocata nei contorni.
Un faccino e quasi due
Nosiola Fontanasanta 2012 Foradori
E qui ci vuole la standing ovation. Capperi, che finezza che ha questo bianco! Fiori, tanti fiori, e frutta
croccantissima, e una tensione gustativa che avvince.
Tre lieti faccini