Contratti, serve più unità

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Contratti, serve più unità
Gruppo associazioni Cnai
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Martedì 21 Luglio 2015
Per il Cnai urge cambiare i meccanismi della contrattazione
Contratti, serve più unità
Q
uando sono le circostanze a guidare le
scelte. All’interno del
panorama italiano
stiamo assistendo a una lenta,
ma inesorabile, mutazione dei
rapporti tra i vari rappresentanti delle parti sociali. Una
mutazione che forzatamente
può condurre a due semplici
alternative: l’irrilevanza o l’aggiornamento delle parti sociali. «Quella della contrattazione
collettiva è una materia che gli
accadimenti degli ultimi anni
hanno sottoposto a continui
stress test. Criticità che ne
hanno testato la capacità di
adattamento di fronte a eventi complessi: i risultati non
sono sempre stati sufficienti e
hanno perciò mostrato che sia
necessario ora più che mai un
punto di svolta nel panorama
nazionale», afferma il presidente Cnai Orazio Di Renzo.
Rappresentanti dei sindacati e degli industriali, maggiormente rappresentativi, si
affacciano alla stagione dei
rinnovi contrattuali (i primi
saranno quelli dei chimici) con
difficoltà derivanti dalla medesima situazione, figlia della
rincorsa a un adeguamento ai
tempi mutati. Soprattutto per
quel che riguarda il maggiore
rappresentante degli industriali, la sfida più rilevante
è sicuramente quella relativa
alla contrattazione di II livello. Un vulnus doloroso, inferta nell’ormai lontano 2012,
dall’allora FIAT fu la scelta
di abbandonare la contrattazione collettiva (uscendo da
Confindustria), optando per
la contrattazione aziendale.
Contrattazione in cui è il rapporto locale – industriale a essere centrale per la fissazione
delle relazioni tra dipendenti
e imprenditori (tutto viene deciso internamente: dagli orari
agli stipendi).
Una scelta, quella di FCA e
del suo amministratore delegato, che ha stravolto i rapporti di forza dei corpi intermedi:
Invece i sindacati vanno in ordine sparso
L’Opinione del presidente di Renzo
Stop a stupendi mostri burocratici
«Prima o poi dovrà finire la triste procedure di eliminare un finanziamento improprio
mediante una norma, mentre con un’altra si
conserva», afferma il presidente Cnai Orazio
Di Renzo, riferendosi alla notizia degli ultimi
interventi del governo sulla conversione in
legge del dl 78 del 19 giugno 2015. «Non è tollerabile che i fondi europei destinati al sostegno dell’occupazione continuino a foraggiare
i Centri per l’impiego, che dati alla mano,
finora non hanno svolto in maniera ottimale
ciò per cui erano stati creati», ricorda il presidente Di Renzo. «Gli interventi dell’esecutivo
(con un’opera di maestria di alto politichese)
puntano all’eliminazione solo virtuale della
disposizione contenuta nella Legge di Stabilità; norma che concedeva agli enti locali
la possibilità di usufruire de il Fondo sociale
europeo per i contratti a tempo indeterminati, la proroga di quelli a tempo determinato
e dei Co.Co.Co. «Constatata da più parti la
natura incoerente di finanziare con fondi
europei (nati soprattutto per incentivare la
formazione nei giovani) i centri per l’impiego,
il governo si è visto costretto a mettere mano
a ciò si aggiunga inoltre la
crisi economica, che ha preso avvio nel 2008, ma anche
l’avvento dell’attuale governo
con le pretese di rottamazione. Tutti fattori che minacciano seriamente di condannare
all’irrilevanza politica e di
contrattazione le attuali sigle
maggiormente rappresentative.
Al momento dell’uscita della
casa automobilistica torinese
dalla rappresentanza degli
industriali, furono molti a
sollevare perplessità sull’effettiva valenza di tale mossa,
vaticinandone la prematura
scomparsa. «A oggi, invece
una contrattazione che lega
retribuzione ai flussi produttivi, si è dimostrata capace di rilanciare il mercato industriale
anche in Italia, dato che da
Melfi e dagli altri poli automobilistici continuano a giun-
alla norma della Finanziaria, ma, come troppo spesso accade, la modifica si è tradotta in
una scappatoia per continuare a far uso di
soldi Ue», sottolinea il presidente Di Renzo.
Infatti, l’articolo sottoposto a revisione prevedrebbe la creazione di una convenzione
tra ministero ed enti locali per la amministrazione delle politiche attive e dei servizi
dell’impiego: ed è qui che rientrano in gioco
i danari del Fondo sociale europeo, in quanto
il Ministero si impegnerebbe a usarli proprio
per finanziare tale convenzione (come copertura agli obblighi di gestione dei servizi).
«Per questi motivi riteniamo che in Italia si corra il rischio sempre di organizzare
degli stupendi mostri burocratici, incapaci
di adattarsi alla dinamicità del mercato del
lavoro. A maggior ragione se, come avviene
attualmente per i Centri per l’Impiego, questi
non vengono finanziati in base all’eccellenza
del proprio operato ma proporzionalmente al
numero di dipendenti a tempo indeterminato: in pratica si continua a premiare i carrozzoni, in vece dei centri efficienti», conclude il
presidente Di Renzo.
gere ottime notizie sul fronte
dell’occupazione e quindi, in
relazione, della produttività»,
afferma il presidente Di Renzo
«ora tutto questo, sommando
le voci sul salario minimo legale e la prevista riforma della
legge sulla rappresentanza nei
progetti dell’Esecutivo, spinge
i corpi intermedi a una corsa
precipitosa per adeguarsi a un
mercato del lavoro che, semplicemente, non è paragonabile a
quello di dieci anni fa, mentre i
rappresentanti finora monopolisti sono rimasti immutati».
Il successo generale della
contrattazione di II livello, riscontrato dopo la fuoriuscita
di FIAT (rilevazioni parlano di
oltre 3.000 accordi di secondo
livello siglati da aziende sul
territorio nazionale), ha quasi
imposto a Confindustria una
rivalutazione della scelta operata da Marchionne. Il sinda-
cato degli imprenditori ha così
constatato finalmente anche la
necessità assoluta, per l’industria italiana, di recuperare
competitività sul piano internazionale. Competitività che,
ovviamente, passa primariamente attraverso una minore
pressione fiscale, ma anche
mediante una maggiore redditività. Affinché si ottenga
una maggiore redditività è poi
necessario permettere l’aggancio dei salari ai riferimenti per
gli incrementi (produttività e
inflazione su tutti).
«In realtà è anche la scure
delle minacce di intervento del
governo quella che crea più
apprensione nelle segreterie
dei maggiori corpi intermedi: la legge sulla rappresentanza rischia seriamente di
ridimensionare i gruppi che
finora l’hanno sempre fatta
da padrona. Una legge dimo-
stratasi sempre più impellente
se, come sembra, i dati finora
disponibili raccontino che solo
una quota minoritaria delle
imprese si sta impegnando a
inviare i dati sugli iscritti ai
sindacati all’Inps: un ritardo
che si tramuta facilmente in
un assist prezioso per le mire
del presidente del Consiglio,
che non ha mai nascosto l’insofferenza nei confronti dei
corpi intermedi», ricorda il
presidente Di Renzo.
Dalla situazione attuale si
evince, quindi, l’attenzione
di Viale dell’Astronomia, nei
confronti del modello FCA
prima tanto bistrattato e
sottovalutato; attenzione culminata con l’invito da parte
di Giorgio Squinzi, affinché
FIAT - Chrysler rientrasse
in Confindustria (invito, peraltro, gentilmente declinato
dall’amministratore delegato,
Marchionne). La rinnovata attenzione degli industriali per i
contratti aziendali si è palesata in alcune proposte di rinnovamento. In queste, pur fatta
salva la centralità del contratto nazionale, un’attenzione particolare è riversata nei
confronti della contrattazione
di secondo livello virtuosa: i
soli vincoli normativi risiederebbero infatti nel contratto
nazionale, mentre il grosso
della contrattazione sarebbe
lasciato al rapporto locale tra
lavoratori e imprenditori.
«Cambiare i meccanismi
della contrattazione è un’impellenza non più rinviabile,
ma alcune sigle sindacali
hanno già fatto sapere che è di
fatto esclusa qualsiasi moratoria per i rinnovi dei contratti,
non proprio un gran biglietto
da visita per trovare un accordo», dichiara il presidente
Di Renzo, «i sindacati ancora
una volta sembrano procedere
in ordine sparso e nell’ultima
segreteria unitaria non sono
riusciti a presentare una linea
unitaria per quel che riguarda
la contrattazione».