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PADRE CLEMENTE GALANO
NEL TERZO CENTENARIO DELLA SUA MORTE
Con la felice coincidenza — mese ed anno — del millennio della
Polonia cristiana, ricorre il terzo centenario della morte del celebre
missionario teatino P. Clemente Galano che con il suo zelo per l'unione
dei cristiani, e in specie per la sua opera verso gli Armeni, irraggiò
splendida luce ecumenica nel regno di Polonia.
Nato a Sorrento, professò nel convento dei Santi Apostoli di Napoli,
il 25 febbraio 1628. Ardente di zelo missionario, appena sacerdote chiese
e ottenne di recarsi nella Georgia, in quella missione che, pochi anni
prima, aveva fondato il Padre Pietro Avitabile, lanciando per primo l'Ordine teatino sulle vie dell'evangelizzazione degli infedeli.
Partito nel settembre 1636, insieme al Padre Francesco Maggio,
giungeva a Gori, sede della missione, nel marzo 1637. Dalla Georgia
passò nella Colchide, dove lavorò indefessamente per tre anni. Conoscitore della lingua turca, georgiana e colchide, egli, tuttavia, preferì dedicare le sue cure agli armeni molti dei quali, per varie circostanze storiche, si erano separati dalla comunione con la Sede romana. Perito, com'era della loro lingua, liturgia e costumi, egli riuscì a convertirne non
pochi.
Per meglio svolgere questa sua missione, fu, nel 1640, destinato a
Costantinopoli, dove aprì un collegio per giovani armeni destinati al
sacerdozio, componendo per il loro uso la prima grammatica della lingua
armena e un trattato di logica. Datano da quell'epoca le sue prime decise
trattative per l'unione degli armeni dissidenti con la Sede Apostolica. E
il Patriarca Ciriaco di Eriva, che ammirava la dottrina e lo zelo del
Galano, avrebbe condotto a termine l'unione se non glielo avesse impedito la morte.
Non così la pensava, invece, il nuovo Patriarca David, il quale circui il teatino di una rete tale di intrighi e di persecuzioni da costringerlo ad abbandonare il terreno.
Nel 1644 ritornava a Roma accompagnato da uno stuolo di discepoli e di dignitari greci e armeni, tra i quali il greco Cirillo, vescovo di
Trebisonda, da luí convertito. Urbano VI II, che lo accolse, ebbe per lui
e per la sua opera parole dí paterno incoraggiamento.
Ritiratosi a S. Silvestro al Quirinale, fu maestro dei novizi e con-
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temporaneamente professore degli alunni armeni del nuovo Collegio
Urbano di Propaganda Fide. Intanto egli stava componendo la sua grande opera in due volumi sulla conciliazione della Chiesa Armena con la
Chiesa Romana (1650-1661).
Nel 1663 la Congregazione di Propaganda Fide lo mandava nella Polonia per preparare l'unione degli armeni di quel regno. Partito insieme
col P. Luigi Pidou, suo allievo, ai primi di ottobre, per la via di Monaco
di Baviera e Praga, giungeva a Varsavia il 17 aprile del successivo 1664.
Con lettere commendatizie del Nunzio Pignatelli e della regina Maria
Ludovica giunse il 1° maggio a Leopoli. Superando ardue difficoltà nonché la diffidenza del clero e del vescovo armeno Nicola Torosowicz, egli
aprì, in quello stesso anno 1664, il Collegio Armeno di Leopoli, sebbene
l'apertura ufficiale non dovesse avvenire che il 25 febbraio 1665. Per la
scelta degli allievi e per la loro accurata formazione religiosa e culturale,
il seminario era destinato a preparare la solida base per l'unione della
nazione armena alla Sede Apostolica. A questo scopo l'attività del Galano
si diffondeva anche nelle diverse parrocchie armene del regno. Ma la
morte prematura del Galano, avvenuta il 14 maggio 1666, stroncava questa provvidenziale attività.
Tuttavia l'eredità dello zelante teatino veniva accolta prima dal
confratello P. Giuseppe Caracciolo e poi dai Padri Luigi Pidou e Francesco Bonesana. Nel 1679 il Nunzio Martelli poteva scrivere a Roma che
la questione degli armeni procedeva assai bene, poiché quel vescovo non
ordinava nessun nuovo sacerdote se non con l'approvazione del Prefetto
del Collegio. L'unione, quindi, era praticamente raggiunta.
Nello spirito ecumenico che, specie dopo il Concilio Vaticano II,
anima la vita della Chiesa di Cristo, brilla di nuova luce l'opera svolta
dal Galano e dai suoi confratelli nel regno della Polonia eroica.
FRANCESCO ANDREU
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C. R.
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