saper leggere il bilancio
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IL BILANCIO PER NON SPECIALISTI: SAPER LEGGERE IL BILANCIO AZIENDALE (Fabrizio Bava) 21 marzo 2006 Il nono seminario del ciclo “Mettersi in proprio un’impresa possibile!”, svolto nell’ambito di Start Cup Torino Piemonte ed organizzato dalla Funzione “Dal Diritto allo studio al mondo del Lavoro (Dir.S.eL.)” dell’Università degli Studi di Torino in collaborazione con I3P ed il servizio MIP Mettersi in Proprio/Sportelli D3 della Provincia di Torino, si è tenuto il 21 marzo 2006 alle ore 9, presso la sala “Principe d’Acaja”, Via Verdi, 8. Fabrizio Bava ha aperto il seminario premettendo che lo scopo della giornata era far capire i concetti basilari del bilancio, che informazioni si trovano dentro un bilancio e come si può leggere il bilancio. Per gli espetti tecnici è invece necessario del tempo per acquisire la tecnica. Il bilancio dovrebbe essere un po’ il biglietto da visita di un’impresa, e deve contenere le notizie essenziali per capire la sostanza di quell’impresa. Comunemente il bilancio, per fattori culturali, è visto come un aspetto amministrativo; non è un argomento abitualmente trattato dai mass media, che ne parlano esclusivamente in occasione di eventi negativi, come crack finanziari di grandi società, come il crack della Parmalat o quando in America è scoppiato lo scandalo Enron, in cui fu falsificato il bilancio, per non far capire che la società era in crisi, ma la società di revisione che lo aveva approvato è stata costretta a chiudere a causa del comportamento scorretto di alcuni dipendenti, poiché nessuno voleva più il loro nome sulle revisioni, per timore di una reputazione negativa. Recentemente anche il legislatore italiano ha cercato di porre rimedio, approvando nel 2005 la legge a tutela del risparmio, che si propone anche di migliorare l’attendibilità dei bilanci, nel caso specifico limitatamente alle società quotate in borsa. Il falso in bilancio è stato anche recentemente oggetto di scontri politici; si può affermare che il bilancio di esercizio può essere credibile se le persone che lo compilano sono oneste, e quando le aziende sono in difficoltà gli amministratori possono essere tentati di nascondere la realtà. Il bilancio è uno strumento poco conosciuto dagli italiani medi: si studia solo in alcuni istituti tecnici e Facoltà universitarie come Economia e Scienze Politiche ed Ingegneria Gestionale .Per questo motivo, anche le persone che dovrebbero preoccuparsi del bilancio lo fanno poco. Il bilancio non è rappresentativo nel senso che non può dire quanto vale un’azienda, però il bilancio dice se l’azienda va bene o va male: se un’azienda non vende non guadagna. In Italia molte piccole imprese non comprendono sufficientemente l’importanza del bilancio; spesso per redigerlo si affidano ad un commercialista, che lo spiega poi al titolare o all’amministratore delegato della società, ma molti di loro si limitano a firmarlo come prevede la legge senza chiedere delucidazioni, ma è un approccio errato poiché analizzando il bilancio si possono ottenere numerose informazioni per conoscere la situazione di una società. Per un imprenditore è importante capire cos’è il bilancio, perché si compila, quali sono gli obiettivi: il bilancio presenta la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica di un’impresa. Il bilancio misura cosa è successo nella ditta in un determinato arco di tempo. In alcuni esercizi economici può essere positivo ed in altri negativo; ma se è passivo per un certo numero di anni consecutivi può indicare una crisi della ditta. Il bilancio è un documento la cui dimensione varia da qualche pagina a centinaia di pagine. In genere si può affermare che più aumentano le dimensioni di una società più aumenta il volume di pagine del bilancio, poiché ci sono più soggetti interessati a conoscerlo, per le società per azioni il bilancio è di circa trecento pagine; inoltre le società quotate in borsa mettono il bilancio sul sito internet per ragioni di trasparenza e devono redigere dei bilanci trimestrali e non annuali. Il regime di legge italiano prevede obblighi implementari man mano che le aziende sono più complesse e più articolate. Il periodo amministrativo dei bilanci è un anno; la maggioranza delle società lo fanno coincidere con l’anno solare, ma ciò non è prescritto dalla legge. Per alcune tipologie di aziende, soprattutto quelle che hanno un picco di attività corrispondente con il periodo natalizio, è opportuno fissare il termine del periodo amministrativo/contabile il 30 giugno, altrimenti si potrebbe avere una visione distorta della situazione aziendale. Il responsabile del bilancio è sempre l’amministratore o il dirigente responabile del bilancio che lo firma, salvo il caso in cui un piccolo imprenditore si rivolga per la redazione del bilancio ad un consulente esterno, che in caso di problemi sarà chiamato in causa. Il Bilancio ha uno scopo conoscitivo, perché dà informazioni sull’andamento della gestione e sul patrimonio dell’impresa ed ha soprattutto una funzione di controllo: tutti i soggetti interessati possono conoscere l’operato dell’amministratore. I soggetti che possono avere interesse nel conoscere il bilancio sono numerosi: i soci, gli investitori, i finanziatori (soprattutto le banche prima di concedere un fido o un finanziamento), i dipendenti (che dovrebbero informarsi sui risultati dell’azienda), i fornitori, i clienti (per essere sicuri che l’impresa possa consegnare quanto richiesto) e gli uffici fiscali. Alcune regole del bilancio sono dettate dalla legge, altre no. Le imposte non si pagano partendo dal risultato dei bilancio; per fare il calcolo dell’importo delle imposte si devono fare dei calcoli elaborati, perchè poichè ai fini della tassazione l’utile viene modificato in base alle regole fiscali. Per questo motivo molte aziende italiane, soprattutto piccole, tendono a minimizzare l’utile, per pagare meno tasse. Questo può però creare difficoltà nel momento in cui ci si rivolge ad una banca per un finanziamento, poiché le banche finanziano le aziende in grado di produrre ricchezza. In Italia le aliquote fiscali sono molto elevate (oltre il 50%) ma è anche presente una forte evasione. Il legislatore alza le aliquote per recuperare gli importi delle entrate non dichiarate. Esistono statistiche che provano che quando sono aumentate le aliquote il gettito fiscale complessivo non è aumentato, si può quindi evincere che l’evasione aumenta proporzionalmente al peso fiscale. Le aliquote fiscali elevate possono anche spingere i grandi gruppi a spostare gli stabilimenti o le sedi in Paesi che hanno regimi fiscali più favorevoli. Fabrizio Bava ha affermato che, con la globalizzazione, un governo di qualsiasi connotazione politica, non può guidare da solo l’economia di un Paese. La legge Tremonti/bis era molto valida, ma il suo effetto è stato vanificato dall’attentato alle torri gemelle di New York, avvenuto dieci giorni dopo la sua entrata in vigore. In bilancio è un documento molto articolato, che contiene molti documenti; quelli più conosciuti sono quelli quantitativi che sono il conto economico e lo stato patrimoniale. Il bilancio deve sempre quadrare; ciò si ottiene inserendo l’utile o la perdita d’esercizio nella colonna corrispondente. Il Codice Civile prevede anche la nota integrativa, che è una descrizione degli schemi contabili, poi il fascicolo di bilancio presenta altri documenti, come una relazione sulla gestione, in cui gli amministratori spiegano la gestione e le relazioni degli organi di controllo: i sindaci ed i revisori dei conti, che dichiarano che il bilancio è stato redatto seguendo il codice civile. Tale funzione viene effettuata, per le società quotate in borsa, da società di revisione. Anche la legge pone delle differenze: per le imprese individuali e le società di persone il bilancio rimane un atto privato, mentre per le società di capitale è un atto pubblico e deve essere depositato presso la Camera di Commercio competente territorialmente, che ne consegna copia (dietro il pagamento di una piccola somma) a chiunque ne faccia richiesta. Ci sono anche delle banche dati a pagamento che permettono di vedere i bilanci e di confrontare quelli di società simili. Le banche consultano molto queste banche dati. Le voci della parte descrittiva del bilancio delle società di capitale sono fissate da un articolo del codice civile, che ha lo scopo di garantire la possibilità di comprendere subito com’è fatto quel bilancio. All’interno dello stato patrimoniale e del conto economico ci sono gli stessi contenuti, ma cambia la forma. Lo stato patrimoniale, come dice il suo nome, comprende il patrimonio dell’impresa; che è calcolato secondo le regole di redazione dei bilanci, che per motivi prudenziali portano ad una sotto stima della ricchezza, poiché la legge impedisce alle aziende di presentarsi come più ricche di come sono realmente. Questo principio non è uguale in tutto il mondo: ad esempio in Inghilterra cercano di essere molto precisi per permettere all’investitore di capire qual è il valore dell’azienda; questo metodo può però essere sfavorevole ai finanziatori. Nell’attivo, posto a sinistra dello stato patrimoniale si inseriscono tutti gli elementi di proprietà dell’azienda che consentono di rappresentare valori che costituiscono la ricchezza dell’azienda, l’impresa può essere proprietaria dello stabilimento o essere in affitto; la proprietà rende ovviamente l’impresa più ricca; ci sono anche i macchinari, gli impianti, le attrezzature ed i mobili per ufficio; ci possono essere anche le scorte di magazzino, che costituiscono la ricchezza. Le imprese, come logica di gestione, dovrebbero avere un valore di magazzino piuttosto basso: se il magazzino è molto alto può significare che si produce più di quanto si riesce a vendere. Altri elementi che aumentano la ricchezza sono i crediti, che rappresentano i diritti di incassare del denaro in una data futura, l’azienda ha anche i conti correnti bancari e la cassa. Alcune aziende possono anche possedere altre società, o partecipazioni azionarie in altre aziende. Nel passivo, a destra, si inseriscono i debiti: prestiti e mutui dalle banche, debiti verso i fornitori per merci acquistate e non ancora pagate, debiti verso il fisco, verso i dipendenti, come il TFR. A quel punto si è in grado di calcolare la ricchezza dell’azienda, che è data dalla somma di tutte le parti dell’attivo meno l’importo totale del passivo. Il patrimonio dell’azienda viene chiamato “patrimonio netto” proprio perché è la ricchezza al netto dei debiti. Il bilancio, per definizione deve bilanciare, quindi si inserisce l’utile a destra: non ci sono quindi solo i debiti ma anche l’utile. All’interno della voce “patrimonio netto”, si ci sono diverse informazioni più analitiche: la prima voce che si trova nel patrimonio netto è il capitale sociale, cioè il capitale iniziale a disposizione dell’impresa. Se si analizzasse lo stato patrimoniale di un’impresa alla sua fondazione si troverebbe a sinistra la cassa e a destra il capitale sociale per l’importo corrispondente. In seguito il capitale sociale rimane fisso, mentre la cassa viene utilizzata per iniziare l’attività: si trasforma il denaro in altre voci dello stato patrimoniale. Dello stato patrimoniale si dice che è una sorta di fotografia dell’azienda, perché è statico. Analizzando il bilancio è necessario capire la differenza tra aspetto finanziario ed economico: l’aspetto finanziario riguarda la liquidità disponibile, quello economico è dato dalla previsione di incassi e pagamenti, poiché le imprese non pagano gli acquisti né incassano i proventi delle vendite al momento della consegna delle merci: nella stragrande maggioranza dei casi sono concesse delle dilazioni di pagamento, mentre per legge l’operazione viene considerata conclusa alla consegna del materiale. Questo è un concetto che per chi non è abituato a ragionare in termini di impresa: il guadagno si calcola non confrontando gli incassi ed i pagamenti come si potrebbe immaginare, ma confrontando i ricavi ed i costi: se i ricavi sono superiori ai costi significa che il prezzo di vendita per le quantità collocate sul mercato è complessivamente superiore a tutti i costi sostenuti per arrivare ad ottenere quel prodotto. In questo caso si ottiene il guadagno, detto “utile d’esercizio”; se invece il prodotto costa più di quanto si ricava dalla sua vendita si ha una “perdita d’esercizio”. L’utile o la perdita rappresentano la ricchezza creata e la richezza distrutta; quando si dice che il sistema delle imprese crea ricchezza, si deve ricordare che crea ricchezza se produce utili. Ma avere molti utili non significa necessariamente avere molti soldi. Questo per gli imprenditori è un fattore molto delicato: vendono tantissimo, sono bravi a fare un prodotto che piace con un margine buono. Il problema della tassazione è che il fisco tassa l’utile, non solo i soldi a disposizione. Se ad esempio si ha un utile di cento, ma in banca si ha venti, ed il fisco chiede quaranta di tasse, si dovrà chiedere un prestito per pagare le tasse. Questo significa gestire male l’aspetto finanziario, cieè i rapporti con i clienti ed i fornitori. Si possono verificare anche dei casi in cui esiste un utile “potenziale” ma l’aspetto finanziario è squilibrato; ciò si verifica quando si hanno dei clienti che pagano con un ritardo considerevole; molte piccole imprese falliscono proprio per una cattiva gestione finanziaria. Talvolta le aziende molto indebitate hanno un utile prima degli interessi passivi, ma dopo averli detratti ottengono una perdita di esercizio. In queste situazioni potrebbe risultare più conveniente trovare un socio finanziatore con cui dividere gli utili che pagare gli interessi alle banche. Se invece si ha una perdita di esercizio perché i ricavi sono inferiori ai costi il problema riguarda il prodotto, che ha perso valore sul mercato, quindi l’azienda deve cercare di rinnovare il prodotto. I centri commerciali sono invece l’esempio della gestione finanziaria ideale: i clienti pagano in contanti, mentre i fornitori sono pagati a 180 – 210 giorni. Molte grandi società sono proprietarie di catene di grande distribuzione proprio per assicurarsi una notevole disponibilità di cassa. Il guadagno non può essere statico come lo stato patrimoniale, ma deve essere correlato ad un periodo di tempo; deve necessariamente essere misurato. Questo è il motivo per cui il conto economico, che è il documento in cui si scrivono i costi ed i ricavi, è relativo ad un periodo. Quando si redige il bilancio annuale, si fa lo stato patrimoniale, ad esempio, al 31 dicembre, ed il conto economico che presenta l’utile o la perdita, ad esempio, è relativo al periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre, così in quel periodo si valuta se l’azienda ha guadagnato o perso, ed alla fine la fotografia al 31 dicembre nello stato patrimoniale. Anche nel conto economico l’ultima riga contiene l’utile o la perdita d’esercizio. L’utile può arricchire la società o essere distribuito ai soci, lasciando immutata la ricchezza dell’azienda. Generalmente le aziende italiane, essendo per la maggior parte piccole, distribuiscono ai soci tutto l’utile, e quindi non hanno risorse aggiuntive. Le aziende che vogliono crescere non dovrebbero distribuire gli utili ma devono reinvestirli. Dal punto di vista formale il conto economico delle società di capitali è fissato dal codice civile, che fa si che non ci siano da una parte i ricavi e dall’altra i costi. Ci sono una parte di costi ed un po’ di ricavi, ed ancora costi e ricavi in forma scalare, con la forma algebrica: il valore della produzione ha il segno più, i costi hanno il segno meno, quindi si deve fare la differenza tra il valore della produzione ed i costi e si ha un primo risultato. Successivamente si calcolano i proventi o oneri finanziari, che possono avere il segno più o il segno meno, quindi si calcolano le rettifiche di valore, i proventi o oneri straordinari. Sommando tutto algebricamente si ottiene il risultato pre imposte. Successivamente si sottraggono le imposte e nell’ultima riga si inserisce il guadagno o la perdita dopo aver pagato le tasse. La forma a scalare consente a chi conosce la tecnica di valutare meglio l’andamento della società, ed a capire le ragioni di eventuali perdite, se sono economiche o finanziarie. Un'altra situazione che può capitare è vedere il risultato ante imposte 100 e l’imposta 130. Questo può lasciare l’imprenditore perplesso, perché non capisce come le imposte possano superare l’importo dell’utile. Questo accade perché il calcolo delle imposte parte da un punto di partenza: nel senso che per il fisco alcuni costi non sono detraibili ai fini delle imposte: l’auto aziendale ed il telefono aziendale non possono essere detraibili totalmente ma al 50%. Questo serve ad evitare abusi, ma può danneggiare gli imprenditori che usano quei beni in modo prevalente per l’azienda. Questo capita alle imprese che guadagnano poco, perché in questo caso basta il mancato riconoscimento ai fini fiscali di alcuni costi per trasformabile l’utile in perdita. Attulmente le imposte sono per le società di capitali il 33% con l’IRES che pagano tutte le società di capitale. Per le società di persone le imposte vengono invece imputate ai redditi dei singoli soci con l’IRE, che ha un’aliquota progressiva. La scelta della forma societaria più conveniente fiscalmente potrebbe quindi essere scelta in base agli utili che si suppone di ottenere. Oggi le imprese pagano anche la famigerata IRAP, su cui l’Europa ha espresso delle critiche, perché può essere una sorta di duplicazione dell’IVA. E’ un’imposta che si paga anche se si è in perdita, ma la costituzione italiana prevede che si paga un’imposta sul reddito solo se si ha un reddito; è stata quindi inventata un’imposta che non è sul reddito: IRAP significa Imposta Regionale sulle Attività Produttive. Questa imposta è stata creata partendo dal presupposto che la metà delle società di capitale italiane chiudono sempre il bilancio in perdita, e quindi non pagano l’IRES. Siccome è noto che in Italia c’è un livello di evasione elevato il legislatore ha pensato di creare un’imposta con meccanismo di pagamento che porti a pagare anche se non ci sono ricavi. L’aliquota è bassa: 4,25, che non si paga però sull’utile ma su importo più elevato: sul valore delle vendite sottratti i costi, non permettendo di detrarre gli interessi passivi, ed il costo del lavoro, che nei bilanci pesa quasi per il 20 –30% dei costi. Il problema è che se questa imposta serve a far pagare chi evadeva, può far andare in perdita gli imprenditori onesti che dichiarano tutti i proventi nel bilancio. Questa imposta è meno onerosa per le imprese sane che non hanno debiti. Nei bilanci l’IRAP assorbe in media il 15% dell’utile. Gli imprenditori affermano che è un’imposta che non facilita l’occupazione, perché se si assume non si può detrarre il costo. Se l’Unione Europea obbligherà l’Italia ad abolire l’IRAP, questa verrà probabilmente sostituita da un’imposta che dia un gettito equivalente. Rita Sorisio