Musicoterapia tra scienza e arte
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Musicoterapia tra scienza e arte
Musicoterapia tra scienza e arte Nina Monaco Pur avendo la musicoterapia solidi fondamenti scientifici che derivano dalla fisica, dall’acustica, dalla neurologia e che supportano la validità della musica come strumento terapeutico, è, tuttavia, soprattutto lo speciale rapporto tra musicoterapista e paziente che rende particolare questa attività. “La musicoterapia è un processo sistematico d’intervento ove il terapeuta aiuta il cliente a migliorare il proprio stato di salute, utilizzando le esperienze musicali ed i rapporti che si sviluppano attraverso di esse come forze dinamiche del cambiamento”. Questa è una delle definizioni più note della musicoterapia, disciplina attuata con successo nelle Americhe, nel Nord Europa e in Italia (anche se da noi non è ancora riconosciuta legalmente). Ma, al di là delle definizioni, la musicoterapia è una disciplina che utilizza il linguaggio sonoro-musicale all’interno di una relazione paziente-terapista. La funzione terapeutica della musica scaturisce dal potere che ha il suono di entrare direttamente in contatto con i centri nervosi dell’uomo, provocando, anche inconsciamente, reazioni di segno assai diverso. Anche la Bibbia riporta una testimonianza a favore dell’uso terapeutico del suono: “…e così, ogni qualvolta il cattivo spirito venuto da Dio investiva Saul, Davide prendeva la cetra e si metteva a suonare; Saul si calmava e stava meglio poiché lo spirito maligno si ritirava da lui e lo lasciava in pace” (Samuele 1, 16-23). Una caratteristica della musicoterapia è costituita dalla multidisciplinarietà, all’interno 32 della quale gli elementi (paziente, terapista, suono) sono visti da una prospettiva medica (relativa al potenziale diagnostico), da una prospettiva psicologica (relativa al potenziale valutativo) e da una prospettiva musicale (relativa al potenziale collegato all’uso del linguaggio sonoro per e dentro la relazione). La musica viene utilizzata per instaurare una relazione con il paziente. Per ogni paziente viene creato un programma terapeutico specifico, secondo le sue esigenze. In base agli obiettivi da raggiungere, come, per esempio, il miglioramento delle abilità comunicative, cognitive, motorie, emotive o sociali, il terapeuta sceglie le tecniche più adatte, come il canto, l’ascolto, la composizione, la produzione musicale ed il tipo di musica. È possibile anche integrare altre discipline, come la psicologia, l’arte o la danza. Lo scopo principale è il miglioramento della capacità di funzionare del paziente. Il canto, in particolare, è un ausilio efficace per il trattamento di problemi respiratori, in quanto favorisce l’assunzione naturale di ossigeno e l’ampliamento della capacità polmonare. Induce l’abbassamento della pressione sanguigna, rallenta il ritmo del battito cardiaco, facilita il rilassamento e migliora il tono dell’umore. In quanto fusione di musica e terapia, la musicoterapia è ad un tempo un’arte, una scienza ed un processo interpersonale. In quanto arte, è legata alla soggettività, all’individualità, alla creatività e alla bellezza. In quanto scienza è legata all’obiettività, alla collettività, alla riproducibilità e alla verità. Come processo interpersonale si collega PNEUMORAMA 40 / XI / 3-2005 all’empatia, all’intimità, alla comunicazione, all’influenza reciproca e alla relazione di ruolo. La musicoterapia può avere effetto preventivo, terapeutico o riabilitativo ed è usata con individui di ogni età, in un’ampia varietà di condizioni. La pratica clinica è vastissima ed è soprattutto nella letteratura nord-americana e nord-europea che si trovano la maggior parte dei riferimenti e delle applicazioni. La musicoterapia fu sviluppata negli ospedali americani dopo la seconda guerra mondiale. Da allora in poi molti ospedali, americani ed europei, hanno introdotto la musicoterapia nella pratica clinica. Tra le molteplici applicazioni ritroviamo la musicoterapia come trattamento della demenza senile. La risposta dei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer alla musica costituisce un fenomeno rilevante. Le abilità musicali sembrano essere preservate, mentre il deterioramento del linguaggio è una PNEUMORAMA 40 / XI / 3-2005 caratteristica del deficit cognitivo. Beatty descrive una donna che aveva subito gravi danni neurologici, quali afasia, disfunzione della memoria e aprassia, ma che era, tuttavia, capace di leggere a prima vista una canzone non nota e suonarla allo xilofono, che per lei era uno strumento poco convenzionale. Sicuramente la prova aneddotica suggerisce che la qualità della vita dei pazienti affetti da morbo di Alzheimer viene migliorata significativamente attraverso la musicoterapia assieme ai benefici sociali globali derivanti dall’accettazione e dal senso di appartenenza ricavato dalla comunicazione con gli altri. Viene raccomandato l’uso della musicoterapia nei pazienti geriatrici, in quanto essa riduce il fabbisogno di tranquillanti e di ipnotici e aiuta la riabilitazione complessiva. L’uso della musica come trattamento fisico in una forma di terapia definita “vibroacustica” 33 può essere interessante, in particolare, per gli pneumologi. La musica viene prodotta mediante altoparlanti inseriti in una sedia, in un materasso o in un letto, sui quali il paziente è seduto o disteso. Il paziente sperimenta quindi direttamente le vibrazioni create dalla musica. Si tratta di una forma di musicoterapia ricettiva che comporta, nondimeno, una relazione paziente/terapista. In Europa i principali pionieri della terapia vibroacustica sono stati Olav Skille in Norvegia, Petri Lehikoinen in Finlandia e Tony Wigram in Danimarca ed in Inghilterra. Molti congegni atti alla terapia vibroacustica e vibrotattile sono stati sviluppati negli Stati Uniti e in Giappone. In Gran Bretagna, comunque, questo tipo di trattamento è stato condotto con la pulsazione e con l’uso di toni sinusoidali a bassa frequenza tra i 30 e i 70 hertz, abbinati ad una musica rilassante. I risultati raccolti durante molti anni di sperimentazioni possono essere considerati come un aiuto ed una guida, piuttosto che come significativi dal punto di vista statistico. Tra le aree clinico patologiche di applicazione troviamo le affezioni polmonari, quali l’asma, la fibrosi cistica, l’enfisema polmonare e la leucodistrofia metacromatica. La leucodistrofia metacromatica e la fibrosi cistica hanno alcune somiglianze in quanto i pazienti devono tossire ed espettorare secrezioni polmonari per mantenere i polmoni liberi. La terapia vibroacustica aiuta a farlo, generando una vibrazione nei polmoni, spostando il muco nella parte inferiore dei polmoni stessi e causando, così, il riflesso della tosse. I problemi causati dall’asma sono stati anch’essi trattati con la terapia vibroacustica, che facilita la respirazione, riduce il sibilo e diminuisce la viscosità dell’espettorato. In Florida sono stati ottenuti notevoli miglioramenti in alcuni casi di asma, insegnando a bambini asmatici a cantare e a suonare il clarinetto o l’oboe. 34 Un elemento fondamentale nella musicoterapia è il rapporto terapistapaziente: il musicoterapista deve possedere, oltre alle competenze scientifiche e artistiche, la capacità di stabilire una relazione empatica con il paziente, essenziale per lo svolgimento della terapia stessa. In particolare, affinché si instauri una condizione di reciproca fiducia fra terapista e paziente, è importante che quest’ultimo sia visto non solo come un soggetto portatore di una certa malattia, ma come un essere umano nella sua interezza. Bibliografia Bruscia KE, Definire la musicoterapica, ed. Ismez. Di Franco G. Le voci delle emozioni, ed. Ismez. Guida generale alla Musicoterapia.Teoria, pratica clinica, ricerca e formazione. D. Aldrige, La musicoterapia nella ricerca e nella pratica medica, ed. Ismez. Siti Web www.dica33.it. N O V I T À I N L I B R E R I A Antonio Schiavulli meno tosse per tutti 1995-2005 dieci anni di medicina respiratoria e altro PRESENTAZIONE DI Gianni Balzano ����� � � � � � � � � � � � � � � � � ����� � � � � � � � � PNEUMORAMA 40 / XI / 3-2005