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Interventi
ACCADEMIA ALIPRANDI
17 febbario 2013 – Sessione culturale
Presidente:
Iniziamo i lavori con la relazione del professor Zambelli, che non solo è
stato insegnante, ma ha utilizzato la nostra arte. Ci parlerà infatti della fedeltà nel
resoconto.
Luigi Zambelli:
Intervento on.le Isidori 28.11.2012
Il brevissimo filmato che avete appena visto mi consente di introdurvi
immediatamente nel tema che vorrei affrontare con questa mia breve relazione;
una giovane collega ha recentemente veicolato in un noto social network queste
immagini che oltre a suscitare in noi delle amare considerazioni sul quoziente
d’intelligenza e sulle capacità oratorie dei nostri parlamentari, ben rappresentano
una situazione in cui molto spesso si viene a trovare chi si occupa di
resocontazione.
Poiché molti dei presenti si occupano professionalmente di produzione di
documenti e, più in generale, della trasposizione del parlato in un testo scritto,
vorrei condividere con voi alcune riflessioni legate a problematiche molto precise
ma che, a mio parere, ancora meritano degli approfondimenti e un costruttivo
confronto. Questo per fornire ai giovani professionisti delle indicazioni di massima
che potranno contribuire a valorizzare la loro preparazione.
Devo premettere che, per la considerazione e il rispetto che porto verso il
lavoro dei colleghi, l’obiettivo delle mie considerazioni non è quello di fornire delle
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indicazioni rigorose, quanto piuttosto sollecitare il dibattito ed il confronto su un
tema che ritengo particolarmente importante perché afferisce ad uno degli
elementi che connotano la nostra professionalità e che conferisce alla stessa quel
valore aggiunto che, purtroppo, non sempre viene riconosciuto. Il tema è quello
della “fedeltà” che, a seconda delle aree di attività e delle modalità in cui si
esplicita, è l’elemento che differenzia la trascrizione dalla verbalizzazione e dalla
resocontazione.
Credo di non poter essere smentito affermando che, purtroppo, coloro che
si sono avvicinati al mondo della produzione di documenti scritti – e mi riferisco
soprattutto ai soggetti imprenditoriali - non hanno posto la dovuta attenzione
all’analisi, alla valutazione e, soprattutto, alla valorizzazione di quegli aspetti del
nostro lavoro che, per il loro intrinseco e forte contenuto intellettuale, segnano una
precisa linea di demarcazione tra l’attività di mera trascrizione ed, invece, quel
processo variegato e complesso che porta alla produzione multimediale di un
documento. I responsabili di molte realtà operative – soprattutto di quelle
impegnate nella verbalizzazione giudiziaria – tendevano a privilegiare l’aspetto
quantitativo e non qualitativo della prestazione, mortificando o addirittura
impedendo la crescita professionale di molti giovani che si avvicinavano a questo
mondo con entusiasmo, disponibilità, vanificando le loro legittime attese.
La stessa terminologia usata per identificare quanti svolgevano un’attività
finalizzata alla produzione di un testo scritto ha subito una lentissima evoluzione
perché legata allo strumento funzionale alla professione. Fino a una decina di anni
fa si parlava di “dattilografi” e di “stenografi”; anzi, quasi sempre di “dattilografe” e
di “stenografe”, dando a questa classificazione di genere una connotazione non
sempre positiva. Soltanto quando si faceva riferimento alla produzione di atti
assembleari in ambito parlamentare al termine “stenografia” si aggiungeva
“parlamentare”. Tutto questo quasi per sottolineare l’enorme distanza che divideva
le due aree di attività, ovvero il vasto mondo della dattilografia e della così detta
“stenografia commerciale” da quello più ristretto della “stenografia parlamentare”,
ambito privilegiato a cui poteva accedere soltanto un ristrettissimo numero di
soggetti.
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Con l’office automation si è aperta un’era nuova, con ampi orizzonti e con
interessanti prospettive per quanti si sono avvicinati a questo settore.
Il variegato repertorio di software di word processing e di nuovi strumenti
informatici che si affiancano alla stenotipia e, da qualche anno, la sia pur lenta ma
costante diffusione dei sistemi di riconoscimento automatico del linguaggio, hanno
reso drasticamente obsoleti i tradizionali mezzi di produzione del testo e, nel
contempo, hanno consentito ad un pubblico eterogeneo di accostarsi alle nuove
tecnologie.
La presenza sul mercato di soggetti imprenditoriali preoccupati spesso
unicamente di accrescere i loro profitti sulla pelle degli operatori ha disorientato, in
modo preoccupante, i possibili fruitori dei servizi, ovvero i responsabili degli uffici
acquisti di enti pubblici, amministrazioni locali ed anche gli operatori dell’area
congressuale.
Le
spregiudicate
azioni
di
riduzione
dei
prezzi
e,
conseguentemente, l’abbassamento della qualità dei servizi forniti, hanno
danneggiato pesantemente un mercato allo stato nascente che, se sostenuto
invece con azioni di informazione mirata e corretta, avrebbe potuto costituire un
fertile terreno sul quale far crescere nuove professionalità alle quali poter garantire
il dovuto riconoscimento, anche in termini economici.
Ho volutamente fatto quest’introduzione perché il livello di carenza delle
informazioni o di disinformazione relativamente alla diversa tipologia dei nostri
servizi (trascrizione, verbalizzazione, resocontazione) non può lasciarci indifferenti
in quanto ha delle ricadute pesanti sotto il profilo del riconoscimento della
professionalità degli operatori e della conseguente remunerazione delle loro
prestazioni.
È infatti proprio sull’ambiguità terminologica e sul diverso significato che
viene attribuito alle parole “resoconto”, “trascrizione”, “verbalizzazione” - ed in
particolare al termine “fedeltà” - che spesso si gioca l’attribuzione di molte
commesse pubbliche.
Molte amministrazioni pubbliche tendono a privilegiare
un’offerta economicamente più vantaggiosa (ma solo apparentemente) rispetto ad
una più onerosa ma che propone un servizio qualitativamente diverso. Se infatti al
termine “fedeltà” viene attribuito un significato preciso, la sua rigorosa
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applicazione ha implicazioni di ordine tecnico-operativo e, quindi economico, non
trascurabili.
Le conseguenze di questo disorientamento del mercato credo non abbiano
bisogno di essere evidenziate perché con le stesse molti dei presenti si devono
confrontare quotidianamente.
A dimostrazione della farraginosità e della palese contraddittorietà ed
ambiguità terminologica che connota gli inviti a presentare delle offerte nonché i
capitolati d’appalto e i disciplinari del servizio redatti dai responsabili degli uffici
contratti di molte amministrazioni comunali, permettetemi di
riportarne alcuni
passaggi di tali atti:
Oggetto: “richiesta preventivo per la trascrizione stenografica delle sedute
consiliari del Comune di xyz” - ……Il servizio richiesto prevede:
1) resocontazione nella maniera il più fedele possibile;
2) correzione grammaticale e linguistica del testo.
E il solerte funzionario di quest’Amministrazione comunale che ha redatto il
disciplinare, si premura di precisare ulteriormente che “la prestazione deve
essere eseguita con la massima professionalità e precisione e deve avere
tutte le caratteristiche di integralità e fedeltà proprie di un resoconto
testuale. Inoltre, attraverso un trattamento sapiente e discreto, il testo scritto
deve risultare ineccepibile anche sotto il profilo letterario”.
A questo punto non rimane che chiedersi se tutto questo lavoro lo si possa
definire – come in premessa – “trascrizione stenografica”
chiamare
o non lo si debba
“resocontazione”. Appare legittimo porsi la domanda se e come la
perentoria richiesta di “integrità e fedeltà” di questo capitolato si possa conciliare
con l’ulteriore definizione dello standard di qualità richiesto, ovvero un “testo
ineccepibile anche sotto il profilo letterario”?
Trasferendo le nostre considerazioni dal piano strettamente teorico a quello
pratico, dobbiamo constatare che questi richiami alla “massima professionalità e
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precisione, all’integrità e fedeltà” quasi mai trovano poi quel dovuto riscontro in
termini economici che invece deve essere riconosciuto a una prestazione
professionale che ha tutti i crismi per essere definita resocontazione parlamentare.
Faccio notare che la gara di cui ho appena citato i passaggi significativi è
stata vinta dalla ditta che ha offerto il minor prezzo, così come previsto
dall’amministrazione nelle premesse del capitolato, ovvero 25 euro per ora di
seduta consiliare, cioè circa 1 euro a pagina!
Ed ancora ci chiediamo se tutto questo accada per un malinteso principio
della rigorosa applicazione delle direttive di spending review o piuttosto per la
convinzione di molti segretari comunali che i verbali delle sedute consiliari non
servono a nulla e, addirittura, sono unicamente un noioso adempimento
burocratico? Ebbene, se questa è la ratio, mi sono trovato spesso nella condizione
di suggerire di eliminare la stesura dei verbali delle sedute. Una trascrizione
costellata di imprecisioni lessicali, lacunosa, in cui il trascrittore si è limitato a
trasferire in caratteri corsivi un linguaggio “pittoresco”, con segni di punteggiatura
sparsi a caso al punto che spesso viene stravolto il senso del discorso, è soltanto
un inutile spreco di risorse e dannosa per l’immagine dell’attività consiliare.
Ho premesso che mi sarei limitato a sfiorare il tema della fedeltà e come
questo principio si coniughi nella pratica quotidiana perché lascio al prof. Carlo
Eugeni di entrare nello specifico di che cosa si debba intendere per “fedeltà”,
quali sono i limiti che il resocontista si deve porre nel suo lavoro di messa a punto
definitiva del testo e i passaggi attraverso i quali si perviene ad una stesura di
elevato standard. Nel suo intervento illustrerà alcuni principi generali che, non
solo trovano riscontro in approfondimenti teorici che sono stati elaborati in ambito
accademico e professionale da esperti impegnati nell’area delle traduzioni – area
molto affine a quella della resocontazione – ma che soprattutto trovano puntuale
conferma nelle “best practice” che l’attività parlamentare ha codificato.
E proprio con riferimento all’esperienza parlamentare non posso non
ricordare le considerazioni proposte da uno stenografo parlamentare, il dott.
Francesco Pariset, il quale in un articolo pubblicato qualche anno fa su una rivista
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del nostro settore scriveva che “per sua natura di atto parlamentare in senso
stretto il resoconto stenografico ha il fine di riprodurre con esattezza e fedeltà in
senso storico, l’effettivo svolgimento dei dibattiti, adempiendo in modo organico e
sistematico il precetto della pubblicità delle sedute…” e richiamava anche le
considerazioni di altro autore secondo il quale: “ai fini della trascrizione di un
messaggio orale, nelle cui modalità rientra il linguaggio parlamentare, il nodo
centrale è rappresentato dalla difficoltà di una trasposizione della lingua dal mezzo
fonico a quello grafico, per la sostanziale differenza di queste due forme principali
della comunicazione verbale”.
Intervento on.le Razzi 01.10.2012
Tutti noi abbiamo sicuramente avuto modo di ascoltare interventi di
esponenti del mondo politico anche illustri che, con la loro veemenza oratoria,
sembrano ignorare le più elementari norme della nostra lingua: i loro discorsi
sono talvolta privi di contenuto e si caratterizzano per le continue ridondanze,
l’incompletezza dei periodi, l’improprietà del lessico e, addirittura, per la presenza
di espressioni dialettali, locuzioni latine citate impropriamente e impunemente,
termini stranieri spesso incomprensibili, palesi contraddizioni terminologiche e
tutto ciò nella totale anarchia grammaticale.
Ebbene dare forma grafica a discorsi intrisi di quelle che ci limitiamo a
definire “improprietà linguistiche” comporta un lavoro particolarmente attento da
parte del resocontista. Non si tratta, infatti, di dare unicamente una dignitosa
veste grafica ai suoni (come avviene nel semplice lavoro di trascrizione) ma il
problema diventa quello di come – ed entro quali limiti – riuscire a costruire una
corretta struttura grammaticale e sintattica partendo da un ciarpame, spesso
incomprensibile, di suoni. Come sottolinea il dott. Pariset “si impone una
ricostruzione interpretativa, se si vuole uno scritto codificato, cioè con soggetti,
predicati e complementi in logica connessione e successione”.
Quest’operazione, che in un mio lavoro ormai datato avevo osato definire di
“microchiurgia linguistica” non si può improvvisare: richiede al resocontista che la
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sua abilità nella ripresa del parlato si coniughi con una solida cultura; quello del
resocontista è un lavoro impegnativo, che richiede un’estrema attenzione, una
capacità di analisi di sintesi ed anche un minimo di arbitrio.
Si tratta di abilità che si affinano con l’attività sul campo e con un costante
aggiornamento, con uno spiccato interesse a quello che quotidianamente avviene
nel mondo. All’oratore ogni errore è perdonato perché “verba volant”, mentre il
resocontista deve rendere conto di ciò che ha scritto perché “scripta manent”.
Poiché anche semplice refuso può essere determinante nell’inficiare la qualità del
lavoro e quindi nella pratica professionale, è spesso opportuno procedere ad una
duplice revisione ed eventualmente anche con il riascolto del file audio dei
passaggi più complessi.
Nel contesto di un dibattito esasperato nei toni e nei contenuti, spesso
l’espressione orale è disarticolata e gli interventi sono costellati da un continuo
sovrapporsi disordinato di voci e parole incomprensibili, con frasi interrotte,
concetti involuti: in simili situazioni la resocontazione diventa estremamente
difficile.
Il resocontista deve saper fare un sapiente uso della punteggiatura perché
in tal modo riesce a recuperare l’intonazione, le pause, la stessa velocità e il ritmo
dell’eloquio; in altre parole, deve riuscire a trasferire nel testo scritto il “pathos” che
si è creato nell’aula assembleare o nella sala convegni.
Una trascrizione professionale quindi non può prescindere da una revisione
definitiva che, non raramente, viene affidata ad una persona diversa da quella
che ha redatto il documento in prima stesura; ciò implica un allungamento dei
tempi di consegna, ma a tutto vantaggio della qualità del lavoro e quindi della
soddisfazione del cliente.
Ovviamente nella fase di revisione si deve evitare anche il rischio di cadere
in quello che in uno studio sulla qualità delle traduzioni è stato definito
“l’accanimento dei revisori”, ossia l’eccessiva ricerca stilistica, come vanno evitate
le scelte puramente soggettive, altrimenti chiamate “vezzi del revisore” (uso
eccessivo della punteggiatura, delle lettere maiuscole, etc.).
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Trasferire l’oralità nella scrittura – come scrive in “medioevo ortografico”
Giuseppe Antonelli – è spesso molto arduo perché il resocontista deve dare una
corretta stesura sotto il profilo lessicale e grammaticale a interventi che spesso
mancano di coerenza e coesione. Non raramente il linguaggio dei relatori, oltre ad
essere eccessivamente tecnico, è permeato da anglicismi non sempre usati in
modo appropriato. Faccio un esempio tra i molti possibili. In un recente convegno
un relatore, dopo una serie di imprecisioni linguistiche, ha chiuso il brillante (si fa
per dire) intervento con un: “good night to the players” (“buona notte suonatori”),
frase sicuramente suggestiva in italiano ma che in inglese diventa un’espressione
assolutamente incomprensibile!
In realtà il parlato e lo scritto sono due varietà diamesiche diverse rette da
regole che non sempre valgono per entrambe. All'interno del proprio "con-testo"
naturale il parlato è essenzialmente corretto. Il parlato si avvale di tanti altri mezzi la gestualità, il tono di voce, le emozioni del parlante, il feedback istantaneo
dell'interlocutore, ecc. - che non sempre possono essere trascritti e in assenza
delle quali il testo può risultare lacunoso. La sua lacunosità però non fa parte della
sua natura, ma sta nella scelta di un medium ad esso estraneo.
Da ciò ne consegue che una trascrizione letterale del parlato non sarà mai
un testo scritto vero e proprio, o perlomeno non potrà esserlo senza un ulteriore
processo di elaborazione.
La fedeltà del resoconto è quindi di tipo diamesico: il resocontista non cerca
di migliorare il parlato, non è fedele alle regole del parlato, bensì alle regole dello
scritto, come se il testo fosse stato un testo scritto in prima istanza senza essere
mai passato per via del discorso parlato. E, in definitiva, il resocontista che si
prefigge un obiettivo di questo tipo è, in un certo senso, un traduttore.
La verbalizzazione giudiziaria
Considerazioni diverse devono essere fatte per il servizio di verbalizzazione
giudiziaria, laddove il trascrittore (non già il resocontista) deve limitarsi a trasferire
su supporto cartaceo o digitale ciò che effettivamente si svolge durante il
dibattimento, ovvero le risposte date da un indagato, da un testimone o da un
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soggetto che, in situazioni, motivazioni e condizioni diverse, si trova davanti al
magistrato per un interrogatorio, una testimonianza o, più in generale, per una
deposizione.
Va però precisato che la trascrizione giudiziaria o verbalizzazione potrebbe
superficialmente essere considerata un lavoro poco qualificante mentre è
un’attività che richiede un’elevata concentrazione, conoscenza di precise
procedure e di un linguaggio giuridico molto specifico. In ambito giudiziario un
errore o l’involontaria omissione (o addirittura “aggiunta”) possono avere
conseguenze anche di tipo penale.
La spinta propulsiva all’introduzione di sistemi di ripresa e trascrizione del
parlato, dapprima meccanica e in seguito elettronica, è stata data dal
riconoscimento che hanno avuto da parte del legislatore che, con l’entrata in
vigore del nuovo codice penale – ottobre 1989 – ha sancito la possibilità di utilizzo
della stenotipia nella redazione dei verbali d’udienza.
Colgo quest’occasione per ricordare che uno dei soci fondatori della nostra
Accademia, il prof. Marcello Melani – scomparso lo scorso anno – ha dedicato la
sua vita non solo alla diffusione della stenotipia in Italia, ma si è impegnato
attivamente per poter garantire agli operatori il giusto riconoscimento della loro
professionalità: purtroppo, sotto questo profilo, non possiamo certo dire che i
risultati siano quelli che Marcello Melani auspicava.
A distanza di oltre vent’anni dobbiamo prendere atto che, se in questi ultimi
decenni abbiamo assistito ad un’espansione in termini quantitativi dell’attività di
verbalizzazione in ambito giudiziario, alla stessa non sono seguite, da parte del
Ministero, delle concrete azioni volte al riconoscimento della professionalità degli
operatori.
L’accesso indiscriminato al mondo della verbalizzazione e l’assenza di
norme precise – quanto meno per quanto attiene la definizione dei livelli di
professionalità richiesti agli operatori, i limiti della loro responsabilità, etc. – non
ha
certo
contribuito
a
migliorare
la
qualità
del
servizio
richiesto
dall’amministrazione giudiziaria.
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Non solo per non abusare della vostra pazienza ma, soprattutto, perché in
modo più autorevole di me altri hanno approfondito la tematica degli errori nei
verbali d’udienza, mi limito a ricordare gli studi della dott.ssa Patrizia Bellucci,
della dott.ssa Palmieri dell’Università di Firenze, quest’ultima già relatrice nel
corso di una sessione culturale della nostra Accademia.
Per la riconosciuta importanza che il mondo accademico attribuisce all’area
della verbalizzazione giudiziaria è stato costituito qualche anno fa, presso il
Dipartimento di linguistica dell’Università di Firenze il Laboratorio di Linguistica
Giudiziaria Italiana. Le ricerche condotte hanno messo in luce come la
verbalizzazione giudiziaria necessiti di ulteriori indagini e, soprattutto, di una vera
qualificazione o riqualificazione degli operatori.
Nello studio intitolato “Processi penali: la prova si forma oralmente in
dibattimento ma si deposita nella trascrizione agli atti”, vi è un’analisi scientifica,
completa e puntuale dei diversi aspetti che caratterizzano il lavoro di stesura dei
verbali d’udienza con considerazioni quanto mai pertinenti sugli errori più frequenti
che possono portare ad inficiare l’intera fase dibattimentale.
Tutto questo conferma che la verbalizzazione giudiziaria, che anche dagli
stessi addetti al lavori spesso viene considerata un’attività che può essere svolta
anche da persone scarsamente acculturate, richiede invece competenze
specifiche. L’indagine delle due studiose dimostra altresì che la professionalità
non si può misurare unicamente sotto il profilo dell’abilità di tipo manuale, ossia
nella capacità di un operatore di riprendere un intervento orale anche ad alta
velocità. Velocità di ripresa e precisione, ossia assoluta aderenza al testo orale,
sono un binomio indissolubile al punto che oggi – vista anche la possibilità di
usare software specifici – la velocità di ripresa del parlato finisce talvolta per
essere secondaria rispetto alla fedeltà.
In campo giudiziario quindi se è accettabile che si possa parlare di
“trascrizione parola per parola”, è tuttavia assolutamente indispensabile che le
parole trascritte trovino assoluta corrispondenza con quelle realmente pronunciate
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dai diversi attori coinvolti a vario titolo nelle varie fasi di un procedimento:
dall’interrogatorio davanti al Gip al dibattimento in aula.
Spesso la stampa nazionale ci dà notizia di verbali non propriamente fedeli
e di trascrizioni imprecise o incomplete che hanno pesantissime conseguenze ai
danni delle persone coinvolte. Cito soltanto un articolo pubblicato sul Corriere
della Sera qualche mese fa, che sintetizzo:
“Intercettazioni sbagliate. Le trascrizioni nel 2005 portarono all’arresto di un
giudice di Messina e di un Sottosegretario al Tesoro. L’asserito contenuto delle
intercettazioni (trascrizioni) si era però rivelato talmente fantasioso da imporre, nel
prosieguo della maxi inchiesta, l’archiviazione di tutti gli indagati, compreso il
magistrato reintegrato in servizio e risarcito con 250.000 euro per due mesi di
ingiusta detenzione ai domiciliari. Il Magistrato infatti, rimarcando l’abissale
differenza tra ciò che (non) si sente e ciò che risulta trascritto, denunciò gli agenti
e il perito per falso ideologico e calunnia.”
Presidente:
Complimenti a Luigi Zambelli. Quanto hai detto l’abbiamo vissuto sulla
pelle, specialmente i due punti essenziali della differenza tra trascrizione e
resocontazione e poi sulla fedeltà del resoconto per quanto riguarda a parte
giudiziaria: conosciamo anche noi i riferimenti che hai fatto.
Nel frattempo do il benvenuto a Marilù Vitiello che entrata ieri con noi in
Accademia.
La parola ora a Carlo Eugeni, che prosegue il discorso di Luigi Zambelli.
Carlo Eugeni:
1. Introduzione
In merito al testo dell'onorevole Eraldo Isidori, che per 40 secondi ha
parlato della situazione delle carceri, ho chiesto a diversi professionisti della
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trascrizione di trascriverlo secondo i loro concetti di “qualità”. Da questo è emerso
che ognuno ha il suo concetto di qualità, donde il mio titolo “A ciascuno il suo”.
Nel mio intervento vorrei prima parlare brevemente del concetto di qualità,
che è già stato introdotto a livello teorico in un settore molto affine a quello della
trascrizione e della verbalizzazione, ovvero quello della traduzione, che spero
potrà avvicinarsi sempre più alla resocontazione. Un’occasione in tal senso
potrebbe essere il 49° congresso mondiale di Ghent dell’11-18 luglio 2013.
Dopo aver introdotto il concetto di qualità, riassumendo la letteratura in
materia, mostrerò le diverse trascrizioni, risultato del lavoro di professionisti sul
video in questione. Con il termine “trascrizioni” intendo la parola generica,
l’iperonimo, che comprende ogni tipo di trascrizione, che io ho raggruppato in
quattro categorie a seconda del tipo di fedeltà al testo di partenza che rispettano:
-
Litteratim: fedeltà ai singoli suoni che compongono le parole;
-
Verbatim: fedeltà alle singole parole;
-
Fattuale: fedeltà al contesto comunicativo;
-
Concettuale: fedeltà ai concetti espressi.
2. Il concetto di qualità
La qualità, come concetto normato dall'Unione Europea, è “l'insieme delle
caratteristiche di un'entità che le conferiscono la capacità di soddisfare le esigenze
espresse e implicite.” Si pone l'accento sulle esigenze: la qualità non è qualcosa
che rispetta dei canoni dati in teoria, ma è la soddisfazione di determinate
esigenze. Un prodotto è di qualità se soddisfa le esigenze espresse da qualcuno.
La norma ISO che ho appena menzionato non è recentissima. Eppure
troppo spesso ancora si utilizza un concetto di qualità astratto dalla realtà, come
se la qualità fosse qualcosa di meramente teorico, a cui aspirare senza pretendere
di poter arrivare, a cui attenersi ciecamente solo perché, forse, “ipse dixit”. Invece,
come ci dice chiaramente anche la legge, la qualità è, in realtà, quel prodotto che
soddisfa le esigenze di chi ne usufruisce. Ovviamente non si può precludere
neanche dall’astrazione teorica, necessaria per ogni evoluzione della materia.
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Da questa breve introduzione emergono due tipi di approccio alla qualità:
un approccio scientifico, per cui si considera un prodotto in termini di accuratezza,
cioè quanto scientificamente risponde agli standard; e un approccio “sociosituazionale”, che concerne soprattutto la fruibilità del prodotto che risponde alle
esigenze espresse e implicite.
Spesso questi due concetti sono contraddittori. Mi è capitato, anche
personalmente, di assistere a dei giudizi in merito a una traduzione o
un'interpretazione in termini entusiastici da parte del cliente, mentre il prodotto non
era all'altezza. Era presentato bene, però, quindi era fruibile. In un certo senso era
quindi di qualità, perché il cliente riceveva qualcosa che soddisfaceva le sue
esigenze. Dal punto di vista scientifico, invece, quel prodotto non era accurato,
non era quello che avrebbe dovuto essere.
In linea teorica propendo un approccio olistico, che comprenda i due
approcci al concetto di qualità e che si concentri sia sull'accuratezza sia sulla
fruibilità. Essendo però la fruibilità un concetto molto soggettivo, perché quello che
è fruibile per me non è fruibile per tutti, mi limiterò qui al concetto di accuratezza,
perché è più facile da condividere e non c'è bisogno di un riscontro da parte della
persona che fruisce di quel prodotto.
3. L'accuratezza nella trascrizione
Ho provveduto a far trascrivere il video che avete visto prima secondo i
diversi ambiti di applicazione della trascrizione. Tanto per avere un termine di
paragone ho inizialmente provveduto alla trascrizione ortografica del testo (tabella
1), ovvero la trascrizione parola per parola dell'originale, che è quella che risponde
di più all’immaginario collettivo quando si parla di trascrizione.
Questo è ciò che ha detto l’onorevole Isidori:
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Il carcere è un penitenziario. Non è un villaggio di vacanza. Si deve scontare la sua
pena prescritta – in realtà lui dice “pescritta”, io ho interpretato in buona fede
“prescritta”, ma potrebbe anche essere “per scritta” – che gli aspetta. Lo sapeva
prima di fare il reato. Io ritengo, come Lega, di non uscire prima della sua pena
erogata. Grazie.
Tabella 1: trascrizione ortografica
3.1
Trascrizioni litteratim
La trascrizione fonetica (tabella 2) non è una trascrizione parola per parola
ma è suono per suono tramite i caratteri dell’Alfabeto Fonetico Internazionale:
/il gart∫ere: (.) Ɛ un benidentsjarjo: (.) non Ɛ un vil:adʒo di vakandza: (.) si
deve: (.) skondare: la sua pena: pescrit:a: (.) ke y aspƐt:a: (.) lo sapeva prima fare i
reato: (.) io ritƐngo come l:ega: (.) di non uʃire brima: (.) del:a sua: (.) bena erogata: (.)
gratsie:/
Tabella 2: trascrizione fonetica
Questa trascrizione, come vedete, riporta in maneira fedele non solo le
singole lettere di una parola così com’è pronunciata dall’oratore, ma anche le
pause, contrassegnate dal simbolo (.), e gli allungamenti di vocale, contrassegnati
dal simbolo : posto dopo la vocale allungata. Un altro tipo di trascrizione che ho
classificato come fonetica è la trascrizione automatica. È un'operazione che sta
diventando sempre più una realtà in quegli ambiti in cui serve una rapida resa del
testo orale in grafemi. È effettuata da un software che da solo trascrive l’input
vocale segmentandolo in base al suono. Il software, però, non fa un lavoro di
trascrizione suono per suono, perché non è in grado, ma abbina la stringa di
suono alle parole che ha dentro il proprio vocabolario, facendo un'operazione che
si chiama matching.
Il risultato finale talvolta delude le aspettative di chi non sa bene che cosa
può e che cosa non può il software. Per esempio il software mette una
punteggiatura in base alle pause e no in base alle regole grammaticali e poi non
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riconosce parole che non sono contenute nel proprio vocabolario. Questa è la
trascrizione automatica di uno dei software più evoluti sul mercato, messo a
disposizione da PerVoice S.p.A.:
Il carcere e Abril Desario non è un villaggio di ragazza. Si deve scontare la sua pena
prescritta che gli spetta non saper rinnovare reato. Io ritengo, come legami di non uscire
prima della sua pena irrogata grazie.
Tabella 3: trascrizione automatica
Come si può vedere, “penitenziario” è stato pronunciato con la /b/ al posto
della /p/ e la /d/ al posto della /t/, come se fosse “benidenziario”, quindi il software
lo ha frainteso con un nome e cognome avente come caratteristiche precipue le
due consonanti in questione. Allo stesso modo “vacanza”, essendo stato
pronunciato con la /g/ al posto della /k/, è stato frainteso con “ragazza”. Altri errori
sono dovuti ad altri problemi di pronuncia, come l’allungamento della vocale finale
(Lega) o cattiva articolazione. Degna di nota è la trasformazione dell’espressione
“che gli aspetta” in “che gli spetta”. I software di trascrizione automatica hanno
infatti dei filtri sintattici per cui riescono a fare, a coppie o a triplette di parole,
un'analisi che allinea la trascrizione. Se uno dice “il cane abbaiano” il software sa
che dovrebbe essere o “il cane abbaia” o “i cani abbaiano”, in automatico, perché
ha in sé un filtro sintattico che gli permette di ragionare su questo concetto.
Con dei filtri semantici, si riescono anche a utilizzare quelle che in
linguistica si chiamano concordanze, cioè parole che vanno con determinate
parole e non con altre. Per esempio un “cane” solitamente “abbaia”, ma non
“abbaglia”, prerogativa invece della “luce”. Se il software dovesse a un certo punto
trovare vicine le parole “cane” e “abbaglia” probabilmente si accorgerebbe che c'è
qualcosa che non va per cui o l’una o l’altra sono fuori posto. Visto che “abbaglia”
è più vicino foneticamente ad “abbaia” di quanto non lo sia la sua concordanza
“luce” alla parola “cane”, probabilmente il software trascriverebbe “cane abbaia”.
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4. Trascrizioni verbatim e fattuali
Abbiamo poi la verbalizzazione processuale (tabella 4).
ONOREVOLE ERALDO ISIDORI (Lega Nord Padania)
Il carcere è un penitenziario, non è un villaggio di vacanza, si deve scontare la
sua pena prescritta, che gli aspetta, lo sapeva prima fare il reato. Io ritengo come Lega di
non uscire prima della sua pena erogata. Grazie.
Tabella 4: verbalizzazione processuale
Oltre alla trascrizione del testo, in questo caso (che non è processuale, ma
che serve solo come pietra di paragone rispetto agli altri) abbiamo anche una
certa impaginazione del testo e quelli che vengono chiamati, in letteratura, i
“facta”, cioè aspetti non prettamente verbali che permettono alla persona che
legge di capire quanto meno chi sta parlando, a che ora e che in cotesto.
Dal punto di vista editoriale, le richieste del cliente in questo ambito sono di
avere una trascrizione il più fedele possibile a ciò che è stato detto, perché ne va –
come ha appena detto Luigi Zambelli – della sentenza, quindi del futuro di una
persona. Il giudice ha bisogno di sapere e sentire le esatte parole pronunciate
dalla persona, per quanto non siano immediatamente comprensibili.
Tipograficamente, è da notare l'uso delle virgole, che è molto soggettivo,
come è possibile osservare un po’ ovunque. In definitiva, il criterio di accuratezza
in questo caso è attenersi, parola per parola, a quello che viene detto dall’oratore.
Un altro esempio di trascrizione verbatim e fattuale è la perizia descrittivatrascrittiva che prevede, come dice anche il nome, un approccio al testo diverso,
tant'è che, come è evidente dalla tabella 5, è molto più lunga delle altre.
Descrizione del video:
La durata è di 38 secondi. È un estratto dalla seduta della Camera dei Deputati
del giorno 28.11.2012 ore 17.37, impressi per come si può evincere dal video
nella parte inferiore dello stesso.
16
(…)
Dal 00.07 a 00.15
Inquadratura sempre sul Presidente della Camera, si sentono rumori e più voci fuori
microfono, le parole risultano comunque incomprensibili
00.16
Onorevole Isidori — (Viene inquadrato a 00.20, lo stesso legge da un foglio che ha
nella mano destra) Il carcere è un penitenziario, non è un villaggio di vacanza: si deve
scontare la sua pena prescritta che gli aspetta! Lo sapeva prima fare il reato! Io ritengo
come Lega di non uscire prima della sua pena erogata. Grazie!
00.36
Voce fuori campo — Bravo! [Applausi]
00.38
Fine del video
Tabella 5: perizia descrittiva-trascrittiva
Il concetto di perizia descrittiva-trascrittiva è che il perito deve descrivere il
testo non solo nel contenuto, ma anche nel contenitore. Il testo quindi non è
soltanto la parola verbale, ma anche la componente audio-video e il supporto in
cui è contenuta la registrazione.
Analizzando il caso specifico, il perito divide la trascrizione in due parti:
descrizione del video e battute, con tanto di timing, cioè la specifica dei tempi. La
descrizione del video serve, a chi usufruisce della perizia, per capire di cosa si sta
trattando, per entrare nel contesto. Inoltre da sottolineare è l’uso del punto
esclamativo, che rende un'enfasi che altrimenti non si capirebbe dalla trascrizione.
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Dal punto di vista extra-linguistico, viene specificato che l’oratore viene
inquadrato dopo un po' che ha iniziato a parlare e che legge da un foglio che ha
nella mano destra. È un dato importante o no? Il perito non lo può sapere, ma un
giudice può anche essere interessato a questo aspetto, perché rende l’evento
comunicativo diverso, per esempio, da un altro in cui viene pronunciato un testo
improvvisato.
Dal punto di vista linguistico poi ci si comporta come nella perizia
processuale, cioè si trascrive fedelmente quello che l'oratore dice, errori compresi.
Dal punto di vista della fedeltà linguistica, questa è totale, quasi lettera per lettera,
laddove necessario, comunque è almeno parola per parola.
Abbiamo infine un altro caso di “factum” riportato, cioè la specifica delle voci
fuori campo che dicono “Bravo” all’oratore, cosa che può essere importante
perché significa che ha avuto un consenso.
5. Trascrizioni concettuali e fattuali
Nell’ambito delle descrizioni concettuali abbiamo quella che viene definita
resocontazione sommaria, un tipo di resoconto che si fa in Parlamento e che
riassume quello che succede in una seduta dell’aula. Io ho preso l’estratto della
Gazzetta Ufficiale, così come è stata pubblicata in merito a questo intervento in
Parlamento dell’onorevole Isidori (tabella 6).
Tabella 6: resocontazione sommaria
L'intervento viene liquidato, essendo una dichiarazione personale di voto e
non del partito, con una espressione formulaica. Se fosse stato un intervento a
18
nome di tutto il partito avrebbe avuto diritto a una piccola sintesi del testo. La
quantità della sintesi varia a seconda del cliente e dell’uso che si fa del resoconto.
Veniamo invece adesso alla resocontazione integrale e cominciamo a
vedere le differenze fra la fedeltà parola per parola – o addirittura suono per suono
– a quella che è, invece, l'esigenza del cliente, cioè avere un testo scritto che dica
le stesse cose del testo parlato ma nel rispetto della grammatica dello scritto
(tabella 6).
Tabella 7: resocontazione integrale
L'onorevole Isidori ne esce con una dignità molto superiore rispetto
all’impietosa trascrizione fonetica. Addirittura viene inserita una formula di saluto
iniziale (“Signor Presidente) e viene introdotto un soggetto generico per rendere
coeso il testo (“Chi delinque”). Da sottolineare è il non intervento sul verbo “fare il
reato”, che non viene alzato di registro come ci si potrebbe aspettare
(“commettere il reato”).
Un ulteriore esempio di trascrizione concettuale è la sottotitolazione (tabella
8). Anche in questo caso, visto che la comunicazione multimediale avviene tramite
il video, oltre che tramite lo scritto, il testo dell'onorevole è stato “pulito”, reso
accessibile a un pubblico che legge un testo transeunte, perché va con lo scorrere
del video. Normalmente nelle dirette televisive non è possibile tornare indietro,
quindi il telespettatore deve poter usufruire del testo scritto nella maniera più
simile all’esperienza di chi sente il testo e lo capisce direttamente dall’originale
orale. Per agevolare la lettura vengono quindi effettuate delle semplificazioni
sintattiche.
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Tabella 8: sottotitolazione intralinguistica
6. Discussione
Questi concetti di qualità della trascrizione sono riassumibili in quattro
macro-aree concettuali. Le trascrizioni litteratim, che rappresentano il suono per
suono, tra cui la trascrizione fonetica, che serve ai linguisti per fare un lavoro che
ai più non è chiaro, quello di mappare quelli che erroneamente vengono chiamati
dialetti, cioè i topoletti o socioletti, ovvero tutte le parlate che deviano dallo
standard e che si caratterizzano per il fatto che sono comuni a determinate aree
geografiche (topoletti) o determinate categorie di persone (socioletti). Nelle
trascrizioni litteratim ho inserito anche la trascrizione automatica, non perché il
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risultato finale sia effettivamente lettera per lettera, ma perché il processo è quello
del riconoscimento in base al suono.
Poi abbiamo quelle che vengono più comunemente condivise, cioè le
trascrizooni verbatim, parola per parola. Queste vengono spesso accompagnate
anche dalle trascrizioni fattuali, che rappresentano il contesto comunicativo in cui
occorre il testo. Un esempio è la perizia descrittiva-trascrittiva, in cui si spiega
anche che cosa fa chi sta parlando e tutto quanto non è prettamente linguistico e
verbale. Un altro esempio è la perizia processuale che si comporta in maniera
simile dal punto di vista linguistico, anche se attualmente ci si limita, di solito, a
fornire informazioni circa il triangolo oratore-spazio-tempo.
Quanto alle trascrizioni concettuali, la resocontazione sommaria è perlopiù
ridotta all’espressione del fatto in sé, alla spiegazione di quanto è avvenuto, non
tanto quello che è stato detto. La resocontazione integrale e la sottotitolazione
invece propongono un’accuratezza “sensum de sensu”, come avrebbe detto
Cicerone. Quindi la fedeltà è al senso, non al suono, non alla parola, non ai fatti,
ma al concetto.
7. Conclusioni
La qualità è un concetto multiforme, non esiste un concetto unico, ma
dipende dal tipo di prodotto finale, o meglio – riprendendo la definizione dell’ISO
9000 – dalla soddisfazione delle esigenze stabilite da chi chiede quel determinato
tipo di prodotto, in questo caso la trascrizione.
Cosa può fare l’Accademia per diffondere questo concetto di qualità? Già
tempo fa fu proposta un'analisi del mercato per contare i professionisti. Ad oggi
non si sa quanta gente lavori nell'ambito delle trascrizioni. Il Ministero di Grazie e
Giustizia ha stabilito, limitatamente alla verbalizzazione processuale, un numero, a
fini puramente di budget, relativamente a 1200 operatori, in cui sono inclusi anche
i fonici, che non hanno niente a che vedere con la trascrizione vera e propria.
L’importanza di sapere quanta gente c'è, deriva dal fatto che si sta parlando di
forza lavoro che costituisce una offerta, che deve essere combinata con una
domanda.
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Oltre a questo è secondo me importante anche stabilire dei criteri, degli
standard, che l'Accademia potrebbe proporre, dall'alto della sua riconosciuta
autorità, a vantaggio degli utenti finali della trascrizione, che hanno il vantaggio di
poter contare su una uniformità delle procedure. Altrimenti, come diceva Luigi
Zambelli, si rischia che un cliente richieda un servizio di resocontazione e riceva
piuttosto un servizio di verbalizzazione o di trascrizione automatica, che non sono
per forza inaccurati, ma diversi da quanto richiesto.
Per dare una base solida a ciò che viene proposto, secondo me tra di noi
c'è chi ha gli strumenti scientifici professionali per giungere a una pubblicazione
specifica che possa dare una linearità a quanto appena esposto. Il vantaggio
sarebbe non solo del cliente, ma anche del datore di lavoro serio che assume solo
manodopera qualificata e del professionista, che avrebbe a disposizione un
vademecum per una qualità standardizzata.
Spero di aver dato il la a qualche pensiero e a qualche reazione costruttiva
e positiva. Ringrazio e passo nuovamente la parola alla Presidente.
Presidente:
Grazie Carlo, per i contenuti della relazione e per come l’hai esposta.
Ha chiesto la parola Evy Rossignoli:
Evy Rossignoli:
Intervento fuori microfono
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Presidente:
Ricordo che nel lontano 1995 ci illudevamo di poter fare una specie di albo
professionale della resocontazione. Non avevamo trovato alcun riscontro.
Trombetti:
A proposito del manuale a disposizione di tutti quelli che devono redigere
un resoconto, vorrei informarvi che la società Tirone lo ha già elaborato, è molto
ben fatto e l'ha messo a disposizione di tutti coloro che fanno parte della società
stessa, con l'attribuzione del ruolo di resocontista.
Forse può essere utile consultarlo. Se volete io posso metterlo a
disposizione. Ovviamente non tutti lo hanno in mano ma può servire, magari per
migliorarlo o integrarlo.
Carlo Eugeni:
Immagino che la Tirone l'abbia elaborato sulla base delle proprie buone
pratiche interne, sulla base del loro di lavoro. Sarebbe comunque un buon punto di
partenza.
Trombetti:
È un punto di partenza perché indica con precisione la strada.
Tutte le persone che lavorano in questo campo sono effettivamente diverse
l'una dall'altra, ognuna ha un suo modo di procedere.
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Fabrizio Verruso:
Desidero ringraziare i colleghi Eugeni e Zambelli, ricordo tra l’altro di aver
studiato sull’ottimo manuale di quest’ultimo, “Documentare la parola”, secondo me
un viatico insostituibile per chi si appresta a fare resocontazione, che
richiederebbe una ristampa.
Conosco anche queste note di resocontazione parlamentare della società
Tirone, a cui si riferisce Annamaria, che per noi sono un punto di riferimento
importante, essendo molti colleghi della società anche ex resocontisti stenografi
alla Camera dei Deputati. Per chi fa resocontazione parlamentare il manuale di
Zambelli rappresenta un compendio grammaticale, ma con diversi riferimenti alla
resocontazione assembleare e professionale, mentre quello a cui si riferisce
Annamaria è più mirato all'ambito della resaconrazione parlamentare, anche per
deformazione professionale dei suoi componenti.
Sono comunque due pietre miliari della resocontazione, in un’ottica di
rielaborazione si potrebbe anche farne una sorta di testo unico, trasmigrando le
informazioni dell’uno nell'altro in un unico compendio, anche con un eserciziario.
Quando io mi apprestai a preparare il concorso di resocontista stenografo in
assemblea oggettivamente vi erano delle difficoltà nel reperire in commercio
questi manuali.
Vorrei poi lanciare una provocazione. L'ho fatto già con uno scritto che è già
stato pubblicato da Carlo su “Specializzazione on-line”, ovvero la nuova sfida che
rappresenta il MoVimento 5 stelle, una realtà politica rispetto alla quale anche
l'ambito della resocontazione probabilmente dovrà fare una riflessione.
Una riflessione peraltro non del tutto temporalmente nuova, perché questa
si è già introdotta, a questo proposito, durante l'ingresso dei radicali in Parlamento
e, successivamente, della Lega Nord. Lo spunto un po' provocatorio fatto dal
collega Zambelli è altrettanto provocatorio per lo spunto della Lega Nord Padania
che, rileggendosi nel resoconto stenografico, non si riconoscerebbe affatto.
Lo ricordo proprio grazie al convegno fatto a Povo di Trento: l'allora
dirigente del servizio resoconti della Camera dei Deputati disse di avere quasi
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rischiato un procedimento disciplinare perché si accusava il servizio di stenografia
di fare interpretazione dei discorsi politici. In effetti non sempre è agevole la
resocontazione, tanto più quando noi assumiamo il fatto – che peraltro è acclarato
dalla letteratura di riferimento – che la retorica parlamentare nei fatti e nel tempo
ha consolidato l'istituzione stessa del Parlamento.
Attraverso questa retorica, così composta, così schematizzata, con queste
formule, si è consolidato il Parlamento come organo. Si è poi via via destrutturato,
per ragioni tutte politiche, quindi il Parlamento si è mano a mano trasformato, da
organo, in collegio.
Questa collegialità e questa diversità politica è giusto che traspaia dai
resoconti.
Da un punto di vista filologico una breve citazione. Mi ha fatto piacere che
Maria Luisa ieri abbia ripreso uno studio di Cortellazzo, il quale diceva, a questo
proposito, sui resoconti parlamentari, negli anni ’90: “Sotto il profilo linguistico, per
taluni soggetti politici, la resocontazione presentava – e presenta tuttora – il difetto
di rendere inaffidabile il prodotto finito. Lo si accusa, infatti, di trasporre l'oratoria
più variegata in liturgia tralatizia, con il difetto di non contribuire a consolidare
l'immagine del soggetto politico che nella sobrietà istituzionale del dibattito politico
e resocontato non reca sufficienti indizi di quella estemporaneità più autentica”.
Cortellazzo prosegue: “Si riporta come, in presenza di articoli a stampa che
evidenziano la straordinarietà di un dibattito, nei resoconti stenografici figurino al
più composti, ma audaci nella realtà, scambi di apostrofi, con il risultato,
osservavano gli addetti ai lavori, che i resoconti parlamentari, asettici e uniformi,
uscivano sconfitti dal confronto con i mass media.
Da un punto di vista filologico, infatti – osservava l'autore – i discorsi dei
radicali assumevano, anche a fini di propaganda, la capitale importanza dello
strumento linguistico. L'elemento caratteristico dei radicali sotto il profilo
comunicativo è proprio il mancato rispetto delle regole del gioco – prosegue
Cortellazzo – con la conclusione che i discorsi parlamentari tratti dai resoconti
stenografici ufficiali sono filologicamente i meno affidabili per effetto di una
revisione formale che cancella le false partenze, i lapsus e tutti gli altri accidenti
25
che capitano nel parlato, come pure in nome della rigorosità del linguaggio
parlamentare”.
A noi la sfida di saper calibrare, a seconda del contesto, ciò che va
resocontato.
Il MoVimento 5 stelle ha già presentato una retorica diversa, che ad
esempio si rivolge, cosa che prima non accadeva – e che noi abbiamo riportato
puntualmente nei resconti – ai cittadini. A me sembra di rivivere quasi una nuova
stagione della riproduzione, ma davvero ci si rivolge in termini di “onorevoli
colleghi, cittadini”, compagni. Grazie.
Presidente:
Grazie Fabrizio, del tuo apporto. È sempre interessante apprendere
qualcosa di più.
La parola a Giampaolo.
Giampaolo Trivulzio:
La mia è solo un'annotazione in merito a quanto ha detto Edy su quanto si
sta evolvendo, perché la diatriba circa gli albi è molto vecchia, risalente.
Mi permetto di ricordare che quando fu emanato il nuovo Codice di
procedura penale venne fondata l’AIS, con cui si intendeva portare avanti un
discorso di qualità della resocontazione giudiziaria, con delle regole. Vennero fatti
molti studi, anche con riferimento alle esperienze straniere.
Il problema fu che si riscontrò una notevole obiezione, anche in sede
parlamentare, a questo discorso degli albi. Non so se ora sia cambiato, faccio solo
un'osservazione di questo tipo.
Devo dire, con altrettanta franchezza, che per quanto riguarda la
preparazione degli addetti ai lavori, dei resocontisti, la più grande obiezione venne
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dagli imprenditori dell'epoca. Ricordo degli accaniti discorsi da parte di un signore,
che credo non sia più nel settore, a Roma, quando asseriva che lui era il dominus
assoluto dei suoi resocontisti, noi non potevamo dire niente.
Tirò fuori per primo quest'argomento, dicendo: “Io mi assicuro il business,
mi assicuro l'attività, assicuro a queste persone un lavoro, ma la responsabilità
penale non è mia, è dell'operatore”. Questo è un grossissimo problema, reale,
come è anche successo.
Ci sono stati altri casi minori, personalmente noi ne abbiamo avuto uno, che
abbiamo superato brillantemente, in cui si tentava di fare un'azione verso la
società. È stata una cosa che noi non abbiamo respinto di principio, ritenendoci
comunque responsabili dell'operato dei nostri lavoratori.
C’è questo grosso problema della responsabilità personale del resocontista,
che andrebbe valorizzata.
Tutto questo ci riporta al fatto che, accanto a tutte queste cose che stiamo
mettendo in atto, dovrebbe esistere una vera e propria azione che, al di là dei
resocontisti, va fatta nelle aziende della clientela. È la clientela che deve capire
queste cose.
Al di là dell’assicurarsi verso il Ministero per determinate cose, occorre
effettivamente incidere sulle reali richieste.
Il signore che vorrebbe la luna nel pozzo poi magari paga tre lire per un
lavoro di alta qualità. Come se io chiedessi il miglior chirurgo l'Italia e lo volessi
pagare come il medico della mutua. Questa è la realtà.
Un'ultima considerazione per quanto riguarda la trascrizione automatica.
Non entro nel merito della fedeltà, ma faccio presente che ho letto con interesse
una frase dei nostri amici giapponesi, che presenteranno una relazione a Ghent
sulla trascrizione in automatico delle conferenze.
Loro dicono che occorre che noi forniamo dei resocontisti capaci di ovviare
alle problematiche che vengono fuori e che derivano, in massima parte, da come
l'oratore espone. Noi da giovani, con la stenografia, ipotizzavamo che ci sarebbe
stato un giorno qualcosa che, mettendolo dentro, ci avrebbe fatto la trascrizione.
Purtroppo questo è rimasto un sogno, ma è arrivata la stenotipia e adesso c'è
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questa nuova fase, una trascrizione automatica che ci crea delle preoccupazioni,
senz'altro – perché tutto questo ha l'obiettivo di ridurre le persone, di pagare meno
eccetera – ma comunque le persone che devono metterci mano non possono
essere le ragazzine di terza elementare che hanno parlato la dattilografia.
Grazie.
Presidente:
È sempre interessante quanto dice Giampaolo Trivulzio. La parola ora a
Rossella D’Arcangelo.
Rossella D’Arcangelo:
Innanzitutto complimenti a Carlo per la relazione, che è stata veramente
interessante, come è interessante l’idea del vademecum. Attenzione, però, a chi
oggi si improvvisa professionista in questo settore – parlo per il mio, quello della
verbalizzazione processuale.
Creare una sorta di vademecum per tutti potrebbe anche essere un'arma a
doppio taglio. Se lo si fa si dovrebbe inserire in un contesto di formazione, non
dovrebbe essere alla mercé di chicchessia. Questo deve essere ben chiaro,
perché la formazione va fatta con tutti i crismi.
Carlo Eugeni:
È chiaro che il libro non dice come si fa la resocontazione se non si sa
l'italiano.
So che Francesco ha un video che fa vedere proprio questo. Se si risponde
ciecamente ai comandi, senza avere la competenza, che era stata sottolineata
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anche ieri da Cellini e da Annamaria Trombetti, quello che viene fuori è un lavoro
tranquillamente automatizzabile.
Se la persona deve solo pigiare dei tasti allora lo può fare la macchina e
tanto meglio per tutti, se è questo l'obiettivo di chi vuole quel determinato tipo di
testo.
Chiedo a Francesco se può mostrarci questo video.
Francesco Cellini:
Mi permetto di dire che non è pubblicità occulta quella che faccio, è un sito
che curo io a livello nazionale, forse in Italia l'unico che si occupa a 360 gradi delle
perizie foniche. Non mi pubblicizzo come professionista, ma lo faccio per dare
delle regole, sempre seguendo il codice, non inventano nulla di personale.
Spesso i periti fonici come me, che non hanno un albo, si improvvisano tali
e provengono anche dal mondo della verbalizzazione giudiziaria. Sovente sono
pagati a pagine, a battute, per cui al verbalizzatore conviene scrivere anche parole
incomprensibili.
Tempo fa mi è capitato di prendere questo testo: “Oggi sono andati in
questura. C'era tanta gente che… Madonna, però, che fila che ho dovuto
sorbirmi… poi ne sono uscito sano… e salvo… salvo complicazioni mi rilasciano il
passaporto”.
Poi c'è l'altra persona che dice: “Ma lui è convinto, Stefano, non glielo
danno subito”.
Questa sarebbe la frase fedele a ciò che viene da una registrazione. È
veramente questa la fedeltà in ciò che ha ascoltato l'operatore o c'è qualcosa da
aggiungere?
Nel mondo delle perizie non basta scrivere questo. Come faceva l'esempio
Carlo, nella descrizione della perizia vanno scritti i tempi, i luoghi e le situazioni.
Questa frase verrebbe in questo modo. Inizia con un rumore di traffico, c'è
una macchina ferma, le persone probabilmente sono in macchina e forse stanno
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ascoltando musica. Dopo tre secondi uno di loro dice: “Oggi sono andato in
questura, c'era tanta gente”.
A un certo punto per sei secondi manca il segnale, se non mettiamo questa
parte sembra che la frase sia intera, invece in quei secondi potrebbe essere
accaduto di tutto. Noi purtroppo non lo sappiamo, perché mancando il segnale del
GPS, che trasmette questi impulsi alla centrale operativa, manca questo pezzo di
conversazione ed è importante descriverlo, perché cambia totalmente il senso di
ciò che abbiamo detto all'inizio e di ciò che accade effettivamente.
All'undicesimo secondo lui dice: “Madonna, però che fila che ho dovuto
sorbirmi”. Fin qui, rispetto all'inizio non c'è una grossa differenza.
Da qui in poi c'è la parte che cambia totalmente il senso, perché mancano
16 secondi perché la musica è così alta che le voci non si riescono neanche a
comprendere. Non si può interpretare, come si è portati istintivamente a fare, e
dire che forse sta dicendo questo, perché la perizia dev’essere fedele a quello che
si ascolta. A volte è preferibile mettere una parola con il punto interrogativo e
lasciare il dubbio, evitando di essere accusati, perché per una parola sbagliata si
può essere accusati e condannati, perché in quel momento si sta giocando con la
vita delle persone. Questo è importante.
Dice: “Poi ne sono uscito sano”, manca per un secondo il segnale, “e
salvo…”. Poi dice: “Salvo complicazioni mi rilasciano il passaporto”.
Potrebbe significare, senza questo pezzo che manca, “ne sono uscito sano
e salvo”. Non è così, dice “ne sono uscito sano… e salvo, salvo complicazioni…”.
Cambia totalmente il senso.
Certe volte anche una virgola può condannare una persona o assolverla,
infatti a quel punto dice: “Ma lui è convinto, Stefano dice che non glielo danno
subito”. Se togliamo la virgola e la mettiamo dopo Stefano cambia il senso: “Ma lui
è convinto Stefano, dice che non glielo danno subito”, si presume che quello
Stefano sia la voce1 , invece in quel caso Stefano è una terza persona.
Sembrano cose semplici, ma in Camera di consiglio un magistrato valuta
queste cose perché questo Stefano potrebbe essere una terza persona che fa
parte di un'associazione criminale, e non è lo Stefano 1.
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Come si diceva prima, non bisognava improvvisare neanche questo.
Purtroppo in Italia, in campo giudiziario, mancando gli albi, mancando la
professionalità certificata, accade questo.
Purtroppo questa è la nostra situazione in questo momento. Speriamo che
l'Accademia possa fare qualcosa anche per questo. Me lo auguro.
Presidente:
Grazie Cellini, per quanto hai esposto.
Sottolineo l'importanza del non verbale, avendo vissuto queste cose
sappiamo cosa vuol dire il non verbale.
Pausa
Carlo Rodriguez:
Vorrei dire una cosa in relazione alle proposte che sono emerse dalle due
relazioni, abbiamo avviato una serie di numeri unici, su diversi temi. Tutto ciò che
è stato discusso nelle relazioni di Luigi Zambelli e poi, con i vari interventi, di Carlo
Eugeni, si potrebbe trovare un terreno fertile per la discussione e l'elaborazione di
un altro numero unico, che potremmo riservare ai temi che sono stati dibattuti, per
mettere a confronto ipotesi diverse e poi, come risultato finale, arrivare alla
pubblicazione di un manuale.
È un tema di discussione teorica, che si apre, che non ha a che vedere con
tematiche di tipo sindacale, di albi o di categorie. Si tratta di approfondire concetti
che sono stati ben espressi. In fondo la traccia del lavoro è già quella, fare
riferimento a lavori precedenti e andare definire meglio concetti e termini,
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proponendo un'interpretazione. Si tratta di questo, mettere in comune un lessico,
magari esemplificato, come è stato fatto.
La vedrei come la possibilità di pensare a un quinto numero monografico
sul tema della resocontazione e della trascrizione.
Giuliano Pirelli:
Buongiorno,
sono
Giuliano
Pirelli
e
sono
consigliere
dell’ALFA,
Associazione lombarda famiglie audiolesi, e come Presidente onorario di
on.A.I.R., che ha ripreso alcune delle attività del progetto Voice.
Vedete due simboli del progetto Voice e l'anno 2003, Anno europeo dei
disabili. Il progetto Voice è nato più o meno verso il ’95-96, come idea, e nel ’97-98
come lavoro ufficiale, nel ’99-2000 come finanziamenti. Le frecce sotto la V di
Voice rappresentano l’idea di raccogliere informazioni sul riconoscimento vocale,
sulle videocamere, sui nuovi computer e sulla sordità, sui bisogni delle persone
affette da sordità.
Viceversa il simbolo sotto, che parte dal 2003, è quello di un Voice adulto
che comincia a diffondere informazioni. Guarda caso ha quei raggi di sole che si
espandono nello spazio, che poi sono gli stessi che si ritrovano dentro on.A.I.R..
Questa continuazione c'era già in nuce, forse perché più o meno in quel periodo
ho conosciuto Carlo Eugeni, che è venuto ad Ispra, al Centro di ricerca della
Commissione europea a fare il suo dottorato.
Tutti, quando si parla dell'Unione europea, pensano ai 20-30.000 impiegati
di Bruxelles. Chi ha un po' più di cultura sa che ce ne sono altri 5.000 tra
Lussemburgo e Strasburgo, quasi nessuno sa che ce ne sono 2.000 ad Ispra.
Ispra è nato come Euratom e poi è andato più verso l'ecologia. Dopo Chernobyl
c'è stata l'idea della decontaminazione e, man mano, tanti altri settori, compresa la
protezione dei consumatori di fronte all'informatica e la sensibilizzazione alle
difficoltà di comunicazione.
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A questa idea generale del Centro di ricerca si è associato, per puro caso, il
fatto che io, personalmente, sono stato toccato dalla sordità in quanto mio figlio a
tre-quattro anni ha avuto gli orecchioni, diventato sordo, quindi avevo un interesse
maggiore a questo tema, che sarebbe stato comunque forse sviluppato.
Parliamo della disabilità come difficoltà di comunicazione. Queste slide
rispecchiano il modo in cui ho presentato la disabilità nelle scuole, in parole
povere dicendo che mentre ognuno di noi sa, tutto sommato, aiutare una persona
disabile motoria o visiva in qualche modo – e loro sono anche molto bravi a dire
come vogliono essere aiutati – viceversa nessuno ha cultura della sordità.
Il sordo non si vede. Più o meno si dice che il numero di gemelli è 1 su 100,
quindi su ogni autobus c'è un gemello e ogni 50 persone c'è un gemello, ma
nessuno lo vede. I sordi sono più o meno lo stesso numero, quindi in ogni autobus
c'è una persona più o meno sorda, ma nessuno la vede, nessuno se ne rende
conto, nessuno sa come aiutarla.
Possiamo pensare che sia un loro problema, ma se ci mettiamo nei panni di
un insegnante a scuola che deve fare lezione a un ragazzo sordo, il problema
diventa dell'insegnante. Questo è il motivo per cui nessuno si dà da fare ad aiutare
le persone sole, perché il compito è dell'altra persona, ad esempio dell’insegnante.
Da qui è nata l'idea del progetto Voice, cioè prendere tutto quello che
poteva offrire la tecnologia, ad esempio il riconoscimento vocale, che nel ’96
cominciava ad essere usato, con grande difficoltà, da qualche notaio per dettare
una pratica notarile, e proporre di farlo on-line, direttamente, per generare dei
sottotitoli.
Sapete benissimo che parliamo di un prodotto che lavorava su un grosso
computer non portatile ma trasportabile, con 25-26 floppy disk per calcolare il
programma Dragon, una giornata di addestramento e una serie di problemi. Oggi
questi elementi sono molto ridotti, oggi sul cellulare c'è già il riconoscimento
vocale e tante altre situazioni nuove.
L'idea del respeaking, nelle prime presentazioni fatte nel ’98, rifletteva sul
fatto che tutte le televisioni, in particolare la Rai, vorrebbero fare i sottotitoli, ma li
facevano a mano, con difficoltà, mettiamo allora un oratore che ripeta le cose.
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Per andare alla storia, com'è nato il sottotitolo? Un’eterna alternanza di
situazioni: i sordi sono stati danneggiati dall'invenzione del telefono, perché sono
diventati isolati mentre gli altri potevano comunicare, forse oggi sono avvantaggiati
dalla chat, in ogni caso all'origine il cinema era muto, per tutti, mentre poi si è
arrivati al cinema sonoro, dimenticando completamente i sordi. Solo i film stranieri
venivano sottotitolati.
Il vero progetto Voice è nato nel ’96-98. Precedentemente c'erano dei miei
tentativi di sottotitolare. Prima non c'era il computer o comunque non c'era
Dragon. Questa è stata la mia prima sottotitolazione.
Proiezione video
Dopo questa idea iniziale, in 10 anni è arrivato il vero progetto Voice.
Proiezione video
La velocità era quella permessa allora, però era corretto, c'era molta
preparazione dietro, avevo addestrato quel testo molte volte.
Dopodiché l'abbiamo presentato a Vienna in una riunione internazionale in
cui si lanciava veramente il progetto.
Proiezione video
Si parlava di campi di applicazione: uno dei tanti campi di applicazione era
quello della scuola, in cui abbiamo fatto tanti tentativi, con tanti insegnanti, molti
anche disponibili.
Il vero problema è quello che già ieri qualcuno aveva toccato quando si
parlava della radio in italiano e in arabo. Si può fare tutto ma bisogna inserire dei
termini. Se questi termini non sono inseriti la cosa non va avanti.
Professori pieni di buona volontà ne abbiamo avuti tanti, per una settimana
o due, dopodiché l'interesse decade. L'uso che ne abbiamo fatto è stato in una
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scuola pilota e poi, in un'altra scuola, un uso quasi da giocattolo, dove la parte del
riconoscimento vocale era nulla.
Proiezione video
Era un gioco di cartoncini, dicendo la parola magica veniva fuori quello che
si voleva.
Il primo uso serio, una conferenza intera sottotitolata.
Proiezione video
Era una conferenza importante della scuola, con diversi docenti che
avevano accettato di parlare. Già la situazione era migliore, c’era un training di
un'ora per ogni professore.
Proiezione video
Queste sono le prime prove fatte al laboratorio del Policlinico di Milano,
prima del riconoscimento vocale.
Riassumendo, il progetto Voice ha fatto quest'opera di sensibilizzazione
organizzando circa 100 seminari a cui hanno partecipato 6000 persone e ogni
presentazione è stata interamente sottotitolata, per poter dimostrare che il sistema
funzionava. Dal ’98 al 2003 poi c'è stata una serie di collaborazioni più o meno
spinte con la Rai, Tv5 e la BBC, per aiutarli a migliorare i sottotitoli, a discuterne,
per giungere ad una armonizzazione, a una proposta di sensibilizzazione, non più
solo con la nostra Europa ma con l'Europa della televisione, con Turchia e
Marocco ad esempio.
In quest'ambito abbiamo fatto una serie di riunioni per dare dei consigli sugli
aspetti dei sottotitoli, che sono diversi nei vari Paesi. Si va dal numero della
pagina, che è 777 in Italia e 888 in Francia, al formato e al carattere eccetera.
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Proiezione video
In questo video c’è l’inizio del respeaking. Quando io andavo in giro e la Rai
e la BBC mi dicevano che sottotitolare così è complesso, dicevo che io l'avevo
fatto a casa, con 1.000 euro, mostrando il video.
Nell'ultimo video siamo sempre nello stesso ambiente, è l'ultimo minuto
della partita quando l'Italia segna. Si vede la scena in cui il figlio che sottotitola,
sentendo la trasmissione, è dispiaciuto e arrabbiato del fatto che il gol sarà
annullato. L'altro, il ragazzo sordo, ha questa reazione solo qualche secondo
dopo, quando il sottotitolo compare. È felice della vittoria e non lo è più quando
capisce, perché legge il sottotitolo.
Due temi completamente diversi: uno è il Consiglio d'Europa, l'altro il
Parlamento europeo.
Il Consiglio d'Europa per motivi suoi ha già deciso che dal 12 al 14 giugno
organizza tre giorni sull'accessibilità alla cultura e invita, secondo la sua routine, i
delegati nazionali normalmente invitati, spesati. Di solito lo fanno tra di loro, non
invitano nessun altro.
Sarebbero disposti a lasciarci organizzare il pomeriggio del 13 giugno su
dei temi visti dall'interno, di accessibilità alla cultura. In parole povere chiedono a
me di fare una presentazione come questa, invitando quattro o cinque persone.
Solo queste persone possono essere pagate, solo persone del Consiglio
d'Europa, non dei 27 Paesi ricchi europei ma con la Russia, la Bielorussia, la
Turchia, Israele che è osservatore, un eventuale rappresentante di uno di questi.
Tra l'altro l’IFOP, la Federazione internazionale sordastri ha una Presidente russa,
potrebbe essere lei questa persona.
Se vogliamo organizzare qualcosa, in questo momento la persona
responsabile di questa conferenza sarebbe disposta a darci carta bianca per il
pomeriggio, portare noi e questi invitati. A quel punto prenderebbero sul serio il
problema della sordità e farebbero la sottotitolazione, che non è detto sia fatta da
noi, in linea di massima la fanno degli stenotipisti olandesi.
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Altro tema è quello del Parlamento europeo. Qualcuno mi chiedeva se
fosse possibile visitare il Parlamento europeo con la scuola: è possibile in
assoluto, nel senso che il Parlamento europeo lo organizza regolarmente, ma non
solo, la grande sala da 1000 persone del Parlamento europeo, con interpreti in 27
lingue, è messa a disposizione due-tre giorni al mese per gli studenti. Arrivano 20
pullman da 50 studenti da diverse nazioni, si siedono in questi banchi, presentano
le loro attività, discutono con quel sistema di microfoni e interpreti per tre o quattro
lingue e portano avanti la discussione. Votano con lo stesso sistema del
Parlamento europeo.
Il caso ha voluto che mio figlio lavorasse all'Università di Torino, dove fa il
sito Web per gli studenti dell'università, e ha fatto uno stage a Strasburgo di
cinque mesi per fare il sito Web del’Euroscola, questa parte scolastica del
Parlamento europeo.
Ovviamente per fare questo deve seguire delle riunioni, senza capire. Gli è
stato offerto, come unico aiuto, una ragazza che prendeva gli appunti. Lui
giustamente si è intestardito e ha detto di volere i sottotitoli.
Non c'era nessuno disposto a organizzarli rapidamente, senza soldi o
comunque nell'incertezza di un compenso, di conseguenza l’hanno Carlo,
Francesca e Tiziana, a distanza.
Loro avevano il videostreaming, già predisposto per le scuole, che ha già
un ritardo, generavano i sottotitoli, li mettevano sul sito di On.A.I.R. e questi
tornavano in sala, a mio figlio che li poteva seguire. L'idea ovviamente era di poter
interessare altre persone.
Concludo proprio con questo passaggio di consegne: io ho lottato con
entusiasmo sulla televisione, che era la novità di vent'anni fa, Carlo e gli altri si
sono lanciati nel sottotitolare la radio Web – una cosa a cui nessuno pensa – in
diretta, in modo che si possa avere una trasmissione dedicata non solo
tecnicamente ma anche socialmente a un ambito.
La sede di questo gruppo è in Sardegna e il gruppo può seguire, ovunque
si trovi nel mondo, questa trasmissione, con i sottotitoli on-line.
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Presidente:
Grazie per questa interessante relazione. Sembra che sia un sogno, chissà
che non possa diventare realtà.
Prego Francesca Marchionne.
Francesca Marchionne:
Come ha già anticipato Giuliano, noi come On.A.I.R., Associazione
internazionale di respeaking, ci siamo occupati di un progetto che ha avuto inizio
l'anno scorso dal titolo “Oltre i suoni” e dal sottotitolo “Dalla voce alla scrittura, per
una radio accessibile a tutti”.
Qui vedete una presentazione complessiva del progetto, quindi di cosa si
tratta: è la sottotitolazione di una Web radio, fatta da On.A.I.R. e i suoi partner –
fortunatamente non siamo da soli.
Perché? Per un’accessibilità ai programmi radiofonici, una cosa mai
sperimentata finora.
Come? Con il respeaking a distanza e un comitato scientifico che segue i
lavori, quindi non solo sottotitolazione ma anche sperimentazione.
Serve questa cosa? È utile? A chi è utile? I sottotitoli aiutano anche
nell'apprendimento oltre che nell'informazione del momento?
Dove? Ovunque, perché è via Internet.
Quando? Dall'anno scorso siamo arrivati a oggi e ancora il progetto va
avanti, anzi, è da lanciare pubblicamente, finalmente, dopo tutte le prove tecniche.
Si tratta di un progetto di sottotitolazione in diretta, tramite respeaking, di
programmi radiofonici che parlano di temi di cultura e di interesse generale.
Programmi sportivi, programmi sulla raccolta differenziata, programmi sul
Parlamento europeo, informazione generale, programmi realizzati anche ad hoc
per informare soprattutto i giovani ma, perché no, anche il resto della popolazione
che ha accesso a Internet e che può seguire tramite sottotitoli.
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Inoltre aggiungiamo la sottotitolazione di canzoni in lingua originale, perché
la radio è fatta prevalentemente di musica e anche i programmi di cultura vengono
intervallati da canzoni. Perché allora non fornire questo ulteriore servizio, visto che
per noi è semplicissimo? Abbiamo i testi delle canzoni, facciamo i sottotitoli prima
e poi inviamo direttamente il testo.
A tutto questo si aggiunge la possibilità degli utenti, sordi, non sordi e
stranieri, di intervenire direttamente nel programma radio tramite una chat, che
viene letta in diretta sia dagli speaker, sia dai sottotitolatori sia dagli altri utenti. C'è
anche un'interazione, uno scambio di idee e di opinioni sulla sottotitolazione, sul
programma, su tutto quello di cui c'è da parlare.
Ancora una volta condivisione di opinione e conoscenze tramite forum
dedicati, anche dopo la trasmissione.
Passiamo ora ai promotori del progetto, che siamo noi di On.A.I.R.,
un'associazione nata nel 2012, abbastanza recente, dall'idea di giovani studenti
universitari, laureandi e laureati, e da altri esperti nel mondo della sottotitolazione
e del respeaking.
In particolare il nostro obiettivo è la piena accessibilità all'informazione e
alla comunicazione quotidiana, quindi giorno dopo giorno, non solo l'informazione
televisiva o i film. I sordi e straniere hanno bisogno di comunicare giornalmente,
anche se vanno dal tabaccaio o in edicola. Noi, passo dopo passo, vorremmo
arrivare a questo.
Il nostro ruolo nel progetto ovviamente è la sottotitolazione, sia delle
canzoni sia dei programmi radiofonici in diretta.
Dobbiamo appoggiarci ad altri soggetti, prima di tutto la radio disposta ad
avere questo servizio. Fortunatamente li abbiamo trovati nella radio degli studenti
dell'Università di Cagliari, una radio che esiste dal 2007, gestita interamente da
studenti universitari, che ha dei programmi dedicati ai ragazzi, all'informazione,
dove i ragazzi possono confrontarsi.
Questi ragazzi di Unica Radio sono stati ben lieti di allargare la propria
audience anche a ragazzi sordi e stranieri. Il loro ruolo nel progetto è quello di
programmare le trasmissioni che verranno sottotitolate e trasmetterle.
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Ovviamente tutto questo è possibile solo grazie a un software di
sottotitolazione a distanza. Fortunatamente per noi, la Synthema, un'azienda che
sicuramente molti di voi conoscono, ci ha fornito un software per sottotitolare via
Web la Web radio.
Questo software è ancora in via di sviluppo, stiamo cercando di svilupparlo
insieme e ci stiamo riuscendo abbastanza bene, visto che l’abbiamo utilizzato
anche per sottotitolare a distanza l’Euroscuola, di cui parlava prima Giuliano.
Lo sviluppo continuerà finché arriveremo a un punto di perfezione, secondo
noi, per cui il loro lavoro sarà fatto e noi potremo finalmente avere un software che
soddisfi ogni nostra esigenza.
La TDM 2000 – un'associazione di volontariato nata a Cagliari nel 2000,
che poi si è anche estesa in altri paesi – si occupa prevalentemente della
promozione della cittadinanza attiva dei giovani, della partecipazione dei giovani
nella propria comunità. Lavora prevalentemente con ragazzi stranieri, quindi il loro
ruolo sarà quello di coinvolgere un maggior numero di ragazzi stranieri nel
progetto, perché noi non ci vogliamo riferire solo ai sordi ma anche a tutte quelle
persone, come ad esempio gli immigrati, che conoscono poco la lingua italiana,
che vogliono sapere qualcosa di più della propria comunità e che si possono
collegare alla Web radio e seguire il programma molto più agevolmente, grazie ai
sottotitoli.
Infine abbiamo trovato un appoggio nella sezione dell’ENS di Cagliari, che
ha fornito la propria collaborazione per coinvolgere il maggior numero di persone
sorde nel progetto. Penso che anche questo sia un passo molto importante.
Voi direte che i sottotitoli ci sono già per la televisione e per le conferenze.
Perché la Web radio? Per il motivo che dicevamo prima. Innanzitutto il nostro
obiettivo è integrare queste persone nella società sotto tutti i punti di vista, sia
sordi che stranieri con scarsa conoscenza della lingua italiana. In secondo luogo
perché i programmi fatti ad hoc sulla raccolta differenziata, sulla partita CagliariRoma o Trieste-Trento, locali, possono essere fatti solo in un programma fatto
appositamente. Non vengono trasmessi in tv. È comunque un mezzo per
coinvolgere queste persone nella propria comunità e nella società in cui vivono.
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Come funziona? L’audio arriva in streaming al respeaker, quindi è
totalmente via Web. Noi abbiamo un link a cui ci colleghiamo e lo streaming ci
arriva con tre secondi di anticipo, perché fare respeaking a distanza vuol dire
avere un maggiore ritardo. Questo maggiore ritardo viene diminuito ascoltando
l'audio tre secondi prima rispetto alla diretta, rispetto a quello che tutti gli altri
sentono.
Quest'audio arriva al respeaker ma arriva anche a un editor, quindi non è il
respeaker che lavora da solo con la voce, ma c'è anche una persona che,
eventualmente, corregge gli errori che il software può fare.
Respeaker ed editor non sono per forza nello stesso posto, possono essere
anche a distanza, in due posti differenti.
Se è presente un editor, questi invia i sottotitoli all'utente finale, nel
dispositivo dell'utente finale, che può essere uno smartphone, un pc, un tablet,
qualunque dispositivo connesso a Internet. Se c'è il solo il respeaker è lui che
manda direttamente i sottotitoli via Internet. L'aggiunta di un editor, però, è sempre
consigliabile, per correggere gli errori.
Abbiamo tre passaggi: i sottotitoli che passano dal pc del respeaker al pc
dell'editor, al dispositivo dell'utente finale, e questo comporta un ritardo.
Stiamo lavorando per ridurre questo ritardo, ma già così il risultato è molto
accettabile, perché non avendo un video a cui stare dietro non importa se la
comunicazione arriva disci secondi dopo rispetto a ciò che è stato detto dallo
speaker. L'importante è che arrivi, questo già va bene. Pian piano si diminuirà
anche il ritardo.
Il tutto è monitorato da un Comitato scientifico, il cui coordinatore è il
professor Carlo Eugeni e i membri sono: un’esperta in accessibilità, due linguisti,
un’esperta dell'apprendimento, una psicologa straniera – che però ha conoscenza
dell'italiano – due giornalisti, un programmatore radiofonico e un sordo, che è il
vice Presidente dell’ENS di Cagliari, come rappresentante dell'utente finale,
perché se facciamo un prodotto di cui gli utenti non possono usufruire lavoriamo
per niente.
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Di cosa si occupa questo Comitato scientifico? Innanzitutto redige le linee
guida per la sperimentazione, poi, settimanalmente, prepara dei questionari sul
programma che viene sottotitolato. Questi questionari vengono distribuiti a un
minimo di trenta utenti, ripartiti tra sordi, stranieri e normoudenti, italiani. Verificare
la comprensione di un sordo e non paragonarla a quello che capisce un
normoudente sarebbe un risultato falso passato, perché non è detto che un
normoudente capisca tutto quello che viene detto. Vediamo cosa capisce un
normoudente, vediamo cosa capiscono un sordo o uno straniero e compariamo i
vari risultati.
Questi questionari verranno valutati e ovviamente il tutto verrà monitorato e
valutato alla fine del progetto, speriamo entro quest'anno.
Dove? È utilizzabile ovunque, basta un pc connesso a Internet e, se
funziona Internet, la cosa è fattibile ovunque, non importa se si è in Italia o in un
altro posto, si può fare questo lavoro. Questo riduce incredibilmente i costi di
viaggio. Non è da sottovalutare.
D'altra parte anche l'utente finale, ovunque si trovi nel mondo, può usufruire
di questi sottotitoli. Su uno smartphone, su un tablet oppure sul pc. Qui abbiamo
Giacomo, che si trovava all'interno del Parlamento europeo e seguiva i sottotitoli
che noi facevamo a distanza
Quando? Il progetto è iniziato l'anno scorso, la presentazione ufficiale c'è
stato il 20 aprile. Molti di voi già lo conoscevano, ne hanno sentito parlare, noi non
ci siamo fermati, abbiamo continuato a lavorare a migliorare. Abbiamo fatto due
sezioni in cui abbiamo coinvolto degli utenti normoudenti, sordi e stranieri, che ci
hanno dato delle indicazioni specifiche. Da due sottotitoli siamo passati a un testo
prima di cinque righe e poi di dieci, perché, soprattutto i sordi segnanti, hanno
difficoltà a leggere e hanno richiesto questa possibilità. Visto che c'è questa
esigenza perché non dargliela?
Hanno richiesto il colore nero del carattere sul bianco, perché il bianco sul
nero del Televideo in questo caso dà fastidio e non riescono a leggere bene;
oppure la dimensione del carattere: sono tutte cose tecniche che permettono agli
utenti finali di usufruire dei sottotitoli.
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Da luglio a febbraio abbiamo apportato queste e altre modifiche al software.
Il software è stato sviluppato fino ad arrivare ad una soluzione che per noi, per il
momento, va bene. Verrà ulteriormente sviluppato ma possiamo dire che siamo
pronti ad iniziare ufficialmente, senza fare figuracce eccessive.
Grazie.
Presidente:
Grazie
Francesca
Marchionne,
questa
è
la
dimostrazione
che
nell’Accademia i giovani sanno rivalutare questo che è stato fatto per tanti anni per
noi e sanno proporre qualcosa di nuovo. Devo dire anche grazie a Carlo Eugeni
perché sa motivare i giovani e sa anche organizzare un team che possa lavorare e
concretizzare le parole espresse.
La parola adesso a Tiziana Trapani.
Tiziana Trapani:
Il titolo del mio intervento potrebbe sembrare una contraddizione in termini,
perché sebbene siamo abituati ad associare il verbo sentire al senso del tatto, lo
stesso non si può dire per quello della vista, specialmente quando il complemento
oggetto è la parola musica.
Si può sentire qualcosa con le mani, il calore, il freddo, ma anche
un'emozione, invece ci riesce un po' più complicato pensare a qualcosa che possa
essere sentito con gli occhi.
Quando si parla di musica l'associazione immediata che si fa è ovviamente
con le orecchie, ma come sappiamo benissimo ci sono delle persone che, a causa
di menomazioni fisiche, più o meno gravi, non possono utilizzare questo canale e
quindi vengono private del piacere di fare un'esperienza musicale di qualsiasi tipo.
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Prima di addentrarmi nei particolari e spiegarvi cosa c'è dietro a “Note
vibranti”, cos'è e come si può sentire la musica con gli occhi e con le mani, vorrei
affrontare la questione della sordità basandomi su un articolo scritto a quattro
mani da Rossella D'Arcangelo e da me per il giornalino dell'associazione onA.I.R.,
che si chiama “Riparliamone”, presente sul nostro sito.
Parlare
di
sordità,
per
una
persona
audiometricamente
sana,
è
doppiamente difficile: da un lato c'è la difficoltà di confrontarsi con una
problematica che non si vive in prima persona e di cui si possono solo immaginare
gli effetti, non si saprà mai fino in fondo come davvero ci si sente; dall'altra parte
c'è la complicazione derivante dall'ipocrisia delle convenzioni sociali che
impongono un atteggiamento politically correct, anti-emarginazione, ma che di
fatto a volte svela un effetto diametralmente opposto. Ecco quindi apparire, negli
ultimi anni, termini come sordomuto, sordastro, audioleso, non udente e il più
moderno ipoacusico; tutti termini corretti da un punto di vista formale ma che
hanno una connotazione negativa evidente, è come se si volesse catalogare una
persona per ciò che non è e non per ciò che è.
Il termine sordo invece non ha questa connotazione negativa. Così come
chi è affetto da strabismo, ad esempio, è strabico, chi è affetto da daltonismo è
daltonico, chi è affetto da sordità semplicemente è sordo, senza che si debba per
forza cercare un'etichetta dietro cui mascherarsi.
Quello che accade quando si entra a contatto con la diversità, intesa nel
senso più largo possibile del termine, è che ci si nasconde dietro a dei luoghi
comuni, dietro a delle credenze popolari, che fanno parte dell'ignoranza, intesa
come non conoscenza di un determinato problema.
Ad esempio un luogo comune molto diffuso è che i sordi siano anche muti.
Questo non è vero, perché la facoltà linguistica dei sordi, la loro capacità di
emettere dei suoni, è intatta. Quella che viene a mancare è la facoltà di
linguaggio, cioè la mancanza di un feedback uditivo impedisce loro di acquisire il
linguaggio parlato in maniera naturale. Fisicamente sono in grado di parlare, a
meno che non ci siano altre problematiche o patologie.
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La sordità ha, come prima importante conseguenza, la riduzione della
capacità di un individuo di rapportarsi con l'ambiente sociale circostante e, per
questo
motivo,
rientra
appieno
nella
definizione
di
disabilità
data
dall'Organizzazione mondiale della sanità che ha elaborato l’AICS, una
classificazione che analizza la disabilità in generale come un'esperienza umana,
che tutti quanti possiamo sperimentare a un certo punto della nostra vita.
Infatti l’AICS considera la disabilità non solo una disfunzione medica e
biologica, quindi dipendente da fattori organici, ma anche come una condizione
sociale, legata quindi a dei fattori ambientali e personali.
A livello europeo ovviamente gli sforzi delle istituzioni sono tesi alla
realizzazione di una società che sia pienamente accessibile a tutti. Nel 2010 la
Commissione europea ha comunicato ai principali organi istituzionali degli Stati
membri una strategia volta proprio a rafforzare l'integrazione e la partecipazione
delle persone disabili alla società, attraverso l'attuazione effettiva della
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che è stata
approvata il 13 dicembre 2006 e che, all'articolo 3, tra i principi generali, enuncia
queste cose.
Non mi soffermo su tutte, quella che voglio approfondire è la questione
dell'accessibilità, quella per cui oggi siamo qui.
Partiamo dalla base, dal significato della parola accessibilità: ho utilizzato
un dizionario on-line, quello della Treccani, e il termine accessibilità significa
“essere accessibile, possibilità di facile accesso”, cosa che ci rimanda al senso
astratto della parola accesso, che indica: “Ammissione a luoghi, ambienti e
condizioni, possibilità di partecipare a qualche cosa”.
Uno dei diritti fondamentali delle persone con disabilità, riconosciuto anche
a livello europeo, è quello di avere non solo la possibilità di accedere fisicamente a
luoghi e ambienti, ma alla totalità degli eventi organizzati dalla comunità in cui si
vive.
Questo spesso comporta un gran dispendio di mezzi, risorse ed energie,
specialmente perché finora sia gli spazi che gli eventi sono stati concepiti per
persone che non hanno disabilità e quindi devono essere adeguati.
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Dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari, che è
un'indagine campionaria, quinquennale, svolta periodicamente dall'Istat, si
distinguono quattro tipi diversi di disabilità, a seconda che vengano compromesse
le facoltà di muoversi, le facoltà di compiere delle azioni quotidiane, come
mangiare e vestirsi da soli, oppure le difficoltà a sentire, vedere e parlare, quindi
disabilità sensoriali, in cui rientra la sordità. Questo ovviamente vuol dire che, a
seconda del tipo disabilità, il significato specifico di accessibilità cambia perché
cambiano gli aspetti della vita quotidiana che vengono preclusi.
Per una persona sorda la difficoltà maggiore ovviamente è scontrarsi con le
barriere quotidiane che impediscono la comunicazione. Andiamo dall'insufficienza
dei servizi offerti dal mezzo ludico informativo più diffuso, che è la televisione –
perché non vengono sottotitolati tutti i programmi e tutti i canali e quindi non si può
accedere alla totalità della programmazione – fino ad arrivare alle difficoltà
all'interno dei luoghi pubblici.
Vorrei fare una piccola parentesi sulla differenziazione prettamente
culturale tra sordi segnanti e sordi oralisti. I soldi segnanti sono quelli che hanno
perso l'udito in età linguale o perilinguale, che hanno come lingua materna la
lingua dei segni e si considerano membri della comunità dei sordi, mentre i sordi
oralisti hanno perso l'udito dopo l'età evolutiva, praticano la LIS come seconda
lingua oppure non la conoscono affatto e si reputano membri della comunità degli
udenti, quindi vivono la sordità come un vero e proprio handicap. Questo per dire
che anche all'interno del mondo della sordità ci sono esigenze specifiche diverse.
Quello che accomuna tutti, però, è trovarsi nella medesima condizione, di non
avere pieno accesso alla vita sociale.
Questo facilita l'isolamento dell'individuo, che è posto di fronte al continuo
giudizio e all'accettazione da parte di un mondo fatto di individui tra loro estranei.
Ecco perché bisogna sfruttare il potenziale della multimedialità per favorire
l'integrazione sociale di tutte quelle persone che partono con uno svantaggio
iniziale, rappresentato dal loro deficit auditivo, fisico.
Chris Bradford, in un libro del 2009 che si intitola “Il giovane samurai e la
via della spada”, scrive: “Disabilità non significa inabilità, significa semplicemente
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adattabilità”. Se pensiamo ad esempio al mondo dello sport, questo ci appare
immediatamente vero, perché ci sono molti sportivi che si sono adattati alla loro
disabilità, riuscendo a fare lo sport che amano. È proprio dal principio “impossible
is nothing” che On.A.I.R., Associazione internazionale di respeaking, è partita nel
tentare di realizzare qualcosa che sembra assurdo, cioè far sentire la musica ai
sordi. Da qui parte il progetto “Note vibranti”.
La musica è una forma di comunicazione particolare, non è tanto un
linguaggio universale quanto un mezzo per trasmettere idee, stati d'animo,
emozioni, bypassando i tradizionali canali di espressione umana, in particolare
quello verbale e quello corporeo.
La musica si dimostra come il mezzo di incontro più equo e democratico
che l'uomo possieda. Ci siamo chiesti allora perché i sordi non possono accedere
a questo mezzo di comunicazione così efficace. Semplicemente perché le loro
orecchie sono, per così dire, rotte?
Un concerto è una delle più alte espressioni della comunicazione
multimodale, perché è composto di tanti elementi: la compresenza di musica e di
testo permette di superare le differenze culturali, geografiche, linguistiche e di
raggiungere il cuore di chiunque.
Tuttavia questo, d'altro canto, rende molto difficile garantirne l'accessibilità,
specialmente per questo tipo di disabilità. Questo spiega perché l'unica tradizione
ben radicata in materia sia quella dei sovratitoli preregistrati, specialmente per
quanto riguarda l'opera lirica.
Non l'abbiamo inventato noi, l'idea della sottotitolazione di un concerto o di
rendere accessibile un concerto a persone sorde è “vecchia”. Negli ultimi anni ci
sono stati dei tentativi in tal senso, che sono andati dalla traduzione della musica
live in stimoli sensoriali, composti da movimenti, vibrazioni e soffi di aria, fino alla
traduzione del suono in colori, per arrivare al primo rave party per sordi.
Tutti questi tentativi però non hanno ancora spianato la strada ad una
soluzione unica e condivisa, anche a causa della forte opposizione della
traduzione visuale.
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Il progetto che abbiamo portato avanti con On.A.I.R. ha cercato di superare
questi impedimenti, sviluppando un approccio multimodale alla traduzione dei
concerti, che fornisca un maggior numero di strumenti utili alla comprensione a
coloro che non possono accedervi in maniera completa, a causa delle loro
restrizioni sensoriali.
È nato tutto per caso, come spesso accade quando si fa qualcosa di
rivoluzionario. Io avevo deciso di passare le mie vacanze natalizie a Trapani
perché vi risiedono dei miei parenti e alcuni miei amici, una di queste mie amiche,
Giovanna Piacentino, si è laureata qualche mese fa al Conservatorio e ha formato,
con tre suoi colleghi, un gruppo che ha la particolarità di suonare musica
irlandese.
Un'altra particolarità è che la cantante canta in gaelico irlandese e gaelico
scozzese. L'effetto finale è molto suggestivo. Io avevo avuto modo di ascoltarli
quest'estate e sono rimasta colpita. Ho approfittato dunque dell'occasione e mi
sono chiesta perché non organizzare un concerto accessibile.
Ho chiesto le varie disponibilità, da parte di On.A.I.R. ho trovato Francesca
e Carlo che si sono prestati molto volentieri a questa sperimentazione e abbiamo
deciso, con loro, di rendere tutte le varie parti di un concerto, che è fatto di
interazione con il pubblico, di musica e di brani cantati, quindi anche di parole,
attraverso il respeaking e il live editing per quanto riguarda tutte le parti in diretta,
parlate e la sottotitolazione in pre-registrato per quanto riguarda i testi delle
canzoni. A questo abbiamo aggiunto anche l’interpretazione in LIS, per quella
differenziazione di cui dicevo prima, per garantire a tutti di poter fruire del concerto
nella maniera preferita.
L’interpretazione in LIS è avvenuta sia per le parti in diretta sia con
un’interpretazione artistica dei testi delle canzoni.
Poi abbiamo consegnato dei palloncini, che essendo pieni di aria
trasmettono le onde sonore, toccandoli si può avere la sensazione della musica
sulle proprie mani. È stato bello anche per gli udenti. La sala era composta per
metà da persone sorde e per metà da udenti ed è stato bello per tutti. È stato
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soddisfacente anche per noi vedere persone che entravano un po' diffidenti e
uscivano con un bel sorriso.
Questo è un bambino sordo, che all'inizio era molto irrequieto perché non
aveva capito. Essendo piccolo non credo potesse seguire i sottotitoli. Sicuramente
avrà avuto difficoltà nel leggere. Non riusciva neanche a seguire l'interpretazione
in LIS, perché probabilmente non è segnante, e quando la sorella gli ha spiegato
come doveva usare il palloncino, come doveva mettere le mani, si è illuminato
perché è riuscito a sentire le vibrazioni della musica. Ha preso il palloncino, l'ha
appoggiato all'orecchio e in pratica ha sentito il concerto così, con le vibrazioni del
palloncino che gli arrivavano direttamente nell'orecchio.
C'erano anche alcuni brani strumentali e su questi sono stati preparati dei
video tematici, perché non si poteva fare una interpretazione artistica in LIS dei
brani strumentali e non si potevano sottotitolare. Sono stati preparati dei video di
accompagnamento.
Vi mostro il respeaking.
Proiezione video
La cantante prima di ogni brano spiegava di cosa parlava la canzone.
Una cosa che volevamo introdurre, ma non abbiamo potuto fare per
mancanza di tempo, è la trasformazione dei suoni in colori. Contiamo, per il
prossimo concerto, di avere più tempo per organizzarlo e quindi completare la
serata anche con questo.
Vi faccio vedere ora un esempio di cromo-concerto, un'esecuzione di
pianoforte particolare in cui alle spalle del pianista c'è uno schermo, fatto a
semicerchio, con un diametro di 5 metro. Su questo schermo vengono proiettate
delle immagini corrispondenti alle note. Spiegarlo è più difficile che vederlo, nello
specifico questo è il cromo-concerto che stato prodotto e realizzato dalla
Metavisioni S.r.l. di Pier Paolo Venier, con cui noi collaboriamo.
Proiezione video
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Io sono molto orgogliosa dell'esperienza, perché per il tempo che abbiamo
avuto a disposizione per organizzarlo, per i mezzi che abbiamo avuto, devo dire
che è riuscito alla grande.
Tra l'altro è stato possibile fare questo concerto anche grazie al contributo
dello Studio ACTA di Luigi Zambelli, che crede sempre molto in tutto quello che
facciamo e questo ci dà una grande forza, perché l'entusiasmo è tanto ma tutti i
giorni ci scontriamo con moltissime difficoltà nel portare avanti i nostri progetti.
Nel nostro piccolo vogliamo dare un contributo per migliorare la società in
cui viviamo, anche se può suonare un po' arrogante. È anche vero però che i
cambiamenti maggiori partono dai focolai piccoli.
Grazie.
Presidente:
Grazie a Tiziana Trapani, che ha aperto una nuova finestra. I palloncini non
sono solo quegli oggetti che vedevamo volare nel cielo. Questo bambino dapprima
era così incredulo e poi ha visto la potenzialità di un palloncino. Lo si vede dal suo
sorriso, quando riesce a sentire le vibrazioni della musica.
Ora possiamo dare inizio al dibattito. La parola al pubblico.
Stefania Marinaccio Ballerini:
Ringrazio Carlo per avermi invitato a questa splendida giornata. Faccio
parte della FIADDA Toscana, un acronimo per Famiglie italiane associate per la
difesa dei diritti degli audiolesi.
Io sono mamma di un ragazzino di 15 anni, nato con sordità profonda. Per
quanto riguarda i sottotitoli, noi dobbiamo cercare di far passare la cultura che il
sottotitolo non è solo una cosa speciale per la persona sorda, ma è utile a tutta la
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comunità, in quanto se io voglio vedere un film alla televisione, a mezzanotte,
senza disturbare i miei figli
e mio marito, posso benissimo togliere l'audio e
leggere il sottotitolo.
Il sottotitolo è utile anche alla persona straniera, che non capisce bene
l'italiano, è utile alla persona anziana che, con l'andare del tempo, ha perso un po'
il proprio udito. Se siamo in un teatro e la persona è in piccionaia potrebbe non
sentire bene, quindi la cultura che deve passare è che il sottotitolo serve a tutti, è
utile a tutti ed è indispensabile per la persona sorda.
Vorrei poi rifarmi all'intervento di Tiziana Trapani. Non voglio aprire la
diatriba che esiste nell'ambito della sordità fra persone sorde, perché si tratta di
persone, segnanti e oraliste. Secondo me non esiste la comunità dei sordi, la
comunità è la nostra, quella italiana, essendo noi in Italia. Allorché nasce un
bambino sordo, innanzitutto dobbiamo insegnargli a parlare, perché non so quale
genitore, al momento in cui gli nasce un bambino sordo, possa preferire indurlo
solo ai segni e non farlo parlare e insegnargli la lingua italiana.
Non farei una distinzione fra sordo segnante e sordo oralista, ma parlerei di
persona sorda – si tratta di una persona – a cui insegnare la lingua italiana, dopo
di che, quando sarà grande, deciderà quello che vuol fare, se segnare oppure
continuare a parlare. Io intanto gli ho insegnato l'italiano e lo mando a scuola
come tutti. Mio figlio è al secondo anno di liceo scientifico e fa il programma di tutti
i ragazzi, segue le lezioni come tutti. Naturalmente ha bisogno di alcuni
accorgimenti, in quanto, non riuscendo a sentire tutto, bisogna che i professori gli
diano un piccolo aiuto.
Adesso Carlo sta preparando una cosa con una scuola a Lucca, con il
Dragon, per far apparire la lezione dietro, al ragazzino; oppure leggere sulle
labbra, ci sono tanti accorgimenti per aiutarli.
Vorrei puntualizzare questa cosa perché forse non tutti siamo istruiti
nell'ambito della sordità. Non lo chiamiamo handicap, perché è brutto, non so
neanche io come definirla, ma è una cosa invisibile, non si vede se una persona è
sorda, parla come gli altri, quindi non farei tanta distinzione. Grazie.
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Presidente:
Ha chiesto la parola l’ingegner Pirelli.
Giuliano Pirelli:
Avevo chiesto la parole per dire le cose che ha detto ora Stefania.
Aggiungo ancora che, con questa distinzione, si pensare che in Italia ci siano dieci
milioni di sordi, di cui cinque milioni di oralisti e cinque milioni di segnanti, invece la
proporzione è molto diversa. I segnanti sono quel numero, relativamente modesto,
circa 200.000-300.000, che sono stati educati, per una serie di motivi, in
quell'ambito.
Gli oralisti sono i milioni di persone che, arrivando verso la mia metà,
cominciano un può a perdere l'udito, non si considerano nemmeno sordi ma non
riescono a seguire bene una trasmissione televisiva o altro e non penserebbero
mai di studiare la lingua dei segni.
Proprio parlando con la Rai, con i produttori, bisogna tener presente queste
quantità numeriche molto diverse.
Francesca parlava della sottotitolazione on-line, a distanza, che abbatte i
costi di viaggio. È una cosa veramente importantissima, ma consideriamo anche
la possibilità di intervenire, ci sono situazioni da soli dieci minuti, ad esempio se si
vuole mostrare al Sindaco di Firenze la possibilità di fare una cosa non si può
pensare di mandare un sottotitolatore. In certi casi può essere vitale per aprire un
mercato.
Termino con una domanda per Francesca, quando parlavi del ritardo tra
streaming e l’audio. Dieci-quindici anni fa la Televisione Svizzera a Lugano faceva
già questa cosa. Loro memorizzavano la trasmissione televisiva e la mandavano
in onda tre secondi dopo, perché potevano tagliarla, fosse successo qualcosa.
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Francesca Marchionne:
Lo spiego tecnicamente. Tutto questo processo si svolge via Internet. Come
spiegavo, ci sono tre passaggi: innanzitutto lo streaming, che già di per sé arriva
con un minimo di ritardo; poi il segnale va al respeaker, il quale manda i sottotitoli
non direttamente al computer dell'editor, ma i sottotitoli passano dal server
dell'azienda, poi ritornano dall'editor, passano di nuovo dal server dell'azienda e
infine su Internet per il pubblico.
I passaggi iniziano a essere tanti. Non è il PC a inviare direttamente i
sottotitoli al Televideo, il quale li manda in onda, qui c'è qualche passaggio in più.
Non stiamo parlando di un passaggio per cui la parola impiega cinque secondi ad
apparire, parliamo di millesimi di secondo, ma se andiamo ad aggiungere lo
streaming in ritardo, il respeaker che comunque deve impiegare almeno due
secondi per produrre il testo, il riconoscimento vocale che non è istantaneo, si
arriva anche a dieci secondi di ritardo. Se poi c'è anche l'editor che modifica la
parola, anche a lui bisogna dare uno o due secondi. Speriamo che, andando
avanti con questa tecnologia, usando ovviamente connessioni ADSL, il ritardo,
che è al massimo di dieci secondi, potrà essere ridotto. Me lo auguro.
Intervento fuori microfono
Noi riceviamo lo streaming audio tre secondi in anticipo per recuperare un
po' di tempo. È la radio che ci concede questa grazia. C'è un link apposito, su
Internet, fatto per noi, in cui loro trasmettono direttamente. La diretta per tutti gli
altri, invece, va in onda tre secondi dopo, viene ritardata. È un'agevolazione per
tagliare un po' questo ritardo. Questo perché abbiamo la chat, la possibilità di far
intervenire gli utenti e non possiamo esagerare con il ritardo, altrimenti la notizia è
già passata. Non abbiamo il video, non abbiamo le immagini da seguire, ma se
vogliamo un'interazione dobbiamo rispettare un po' la tempistica.
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Gianpaolo Trivulzio:
Questo problema dei ritardi effettivamente è una tecnica che si è
consolidata. Un'esperienza pratica che potete avere, che riguarda la televisione, è
quando vengono ci sono le trasmissioni a reti unificate, come ad esempio per il
messaggio del Presidente della Repubblica. Se voi passate da Rai 1 a Canale 5 vi
accorgete che il testo video e audio arriva con circa cinque secondi di ritardo.
Mi risulta che la televisione francese, in materia di sottotitoli, per assicurare
la precisione, addirittura anticipava la lettura del telegiornale cinque minuti prima
dell'orario.
La stessa cosa, come ha detto l'ingegner Pirelli, è stata fatta dalla
Televisione Svizzera, che ha delle regole molto strette. In determinate trasmissioni
in diretta c'è un magistrato che controlla e che può intervenire in qualunque
momento per bloccare l'emissione di determinate cose che non sono ritenute
adatte al momento.
Sono mezzi tecnici che possono aiutare a far sì che il messaggio che esce
sia il più possibile corretto e valido.
Prima abbiamo
sentito parlare di Synthema e vorrei parlare di
un’esperienza che abbiamo avuto, io e la mia socia. Quando abbiamo fatto i corsi
a Milano, il secondo era particolarmente orientato al discorso del respeaking
perché ci siamo fidati delle promesse politiche, che poi non si sono avverate:
l'ipotesi era di trasferire Rai 2 a Milano, attraverso la Lega.
Abbiamo avuto una serie di contatti anche con il Centro tecnico della Rai a
Torino, dove già si facevano i primi esperimenti di trascrizione automatica,
avevamo preso una serie di contatti che dovevano portare a questa cosa, che poi
si è afflosciata. Nell'ambito di questo abbiamo usato la prima versione di
Synthema prevista per la Rai, in cui si ipotizzava che il giornalista parlasse,
dicesse una frase poi doveva dire “punto” e in quel momento partiva.
Ho ricordato all’Intersteno il congresso che si è tenuto a Firenze: sono
passati esattamente 25 anni. La maggior parte di voi, tranne i giovanissimi, può
ricordare qual era la situazione all'epoca. Abbiamo avuto più di duecento
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concorrenti che scrivevano il testo ed erano solo macchine da scrivere. Il
computer stava uscendo allora, ma non era ancora entrato nella mentalità.
Semplicemente questo ci fa vedere con che velocità abbiamo avuto i
cambiamenti che oggi siamo in grado di gestire.
Quando dieci anni fa parlavamo di telelavoro e siamo andati alla Regione
Lombardia per parlarne, ci hanno trattato come matti, nonostante scrivessero dei
vantaggi del telelavoro. Il telelavoro esiste, ma non è completamente valorizzato,
ancora oggi.
L'altro giorno ho visto su Internet che dal Canada chiedono delle persone
che facciano la sottotitolazione in lingua francese. Li chiedevano dalla Francia. In
Francia sono rimasti fermi come muli, si rifiutano di fare un sistema a distanza,
loro lo fanno solo di presenza. Noi siamo più avanzati di loro, effettivamente a
livello internazionale offriamo tantissime cose che sono di esempio e che, a mio
avviso, possono contagiare gli altri, portando anche beneficio per noi.
Presidente:
Vorrei pregare Carlo Eugeni di prendere nota della mia proposta di ieri,
chiedendo che non cada nel silenzio. Il titolo della mia proposta era “Digitare con il
cellulare” e voleva avere due filoni: quello di fare eventuali gare con il cellulare ma
anche codificare dei metodi abbreviativi basati su concetti scientifici e condivisi.
Carlo Eugeni:
Sordi segnanti e sordi oralisti: Stefania, io sono d'accordo con te. Stefania
Ballarini ha sottolineato il fatto che in teoria non ci dovrebbe essere una
catalogazione dei sordi, come se fossero cose, è giusto che sia così, ma
sappiamo tutti che, per motivi storici, sociali, politici eccetera, esiste ed è molto
forte la distinzione fra sordi oralisti e soldi segnanti perché l’Ente nazionale
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sordomuti – che adesso si chiama Ente nazionale sordi – tiene molto alla
valorizzazione della lingua dei segni che, a livello europeo, è diventata anche
lingua minoritaria.
Se dovesse passare anche il riconoscimento della lingua italiana dei segni
come lingua minoritaria significherebbe che la comunicazione della pubblica
amministrazione ai cittadini deve passare, su richiesta, anche in lingua dei segni
italiana. Noi non vorremmo fare una distinzione, vorremmo un accesso universale
all'istruzione e alla cultura, però la lingua dei segni esiste, non la possiamo
ignorare e ci sono delle persone che per tanti motivi usano quella come unica
lingua di espressione.
Non è possibile escluderli solo perché i genitori hanno fatto una scelta per
loro. Da genitore mi sentirei veramente male a proporre una cosa del genere, pur
con un'ottica, che condivido, che è quella dell'accessibilità universale ai prodotti,
per cui i prodotti devono essere, già a livello di progettazione, elaborati perché
siano accessibili da tutti.
La sordità è una menomazione, per essere corretti. L'Organizzatore
mondiale della sanità dice che la sordità è una menomazione, qualcosa che la
persona sorda non ha, il che è una descrizione oggettiva di quello che succede.
Questa trasformazione poi si trasforma in un handicap nel momento in cui la
società richiede quella determinata abilità che la persona menomata non ha. Ad
esempio menomato è il sordo ma anche la persona che non ha un pollice in un
piede. La persona che non ha il pollice del piede non è handicappata perché la
società non è basata sulle abilità del pollice del piede. Il sordo invece è
handicappato nel momento in cui si trova, per esempio, alla stazione e
l'altoparlante annuncia lo spostamento di un treno.
Insieme all'Associazione On.A.I.R. a Lucca abbiamo iniziato a seminare un
progetto che si chiama “On.A.I.R. tra i banchi”. In realtà era già stato promosso da
Giuliano all'interno del progetto Voice: abbiamo riscontrato un entusiasmo
strepitoso da parte di tutti i docenti, addirittura un docente sta pensando di creare
attorno al respeaking una didattica che abbia una progettazione universale. Si dice
agli studenti: fate silenzio perché c’è il software che deve trascrivere.
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Il testo che viene trascritto viene dato a pezzettini di un quarto d'ora ai vari
compagni di classe della persona sorda, lo mandano allo studente sordo o alla
studentessa sorda, che li mette assieme, e che crea una dispensa che dà al
professore e che ridistribuisce in classe gli studenti. In tempo reale la studentessa
sorda riceve il testo trascritto, pur con gli errori del caso.
È una cosa che ho fatto tre anni fa a Perugia in via sperimentale, con un
altro liceo: dà dei risultati eccezionali. In un quadrimestre siamo riusciti ad alzare
la media di 1,5 punti rispetto agli studenti delle altri classi, che è tantissimo, perché
gli studenti non sordi avevano a disposizione la trascrizione di ciò che aveva detto
il professore. Una presa di appunti pulita di ciò che era stato detto dal docente:
assieme al libro costituiva un preziosissimo strumento didattico per imparare.
Giuliano ha parlato poi di una dimostrazione che vorrei fare con il Sindaco
di Firenze, per fargli vedere come funziona la sottotitolazione. Ovviamente non si
può spostare una persona solo per dieci minuti. C'è una piattaforma semplice,
un'applicazione anche su smartphone, per cui si richiede questo servizio e lo si ha
in tempo reale.
In Francia esiste già, noi vorremmo realizzare una cosa un po' più
universale rispetto a quella che fanno loro, per vincoli di legge. Noi vorremmo
utilizzare questa piattaforma per rendere la comunicazione accessibile a tutti. So
che un sogno e si realizzerà chissà quando, ma è bello sognare.
L'idea è quella di avere un’applicazione grazie alla quale si può avere la
traduzione in tempo reale di quello che si sente dire – anche dal macellaio – fatta
da un interprete collegato. Varrebbe anche per la trascrizione e per la lingua dei
segni, per qualsiasi forma di comunicazione, verbale e non verbale.
Con un costo minimo di un euro al minuto, può valerne la pena. Magari non
dal macellaio, ma se una persona è all’estero e non si sente bene, deve andare in
farmacia o in ospedale, sicuramente spenderà 5 euro per una telefonata in cui è
sicuro che la comunicazione arriva.
Il ritardo d'antenna non è una censura. La televisione olandese ha
introdotto 15 secondi di ritardo per far comparire i sottotitoli, che loro producono in
tempo reale, in sincrono perfetto con le immagini. Ritardano semplicemente di 15
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secondi le trasmissioni per tutti, tutti vedono il programma già con i sottotitoli
perfetti, senza problemi di ritardo e di riconoscimento del parlato. Secondo me è
una cosa fattibile, perché lì non c'è più il problema della censura.
Laddove non ci sono più problemi di isteria da censura questo è un sistema
che, laicamente, ha i suoi effetti. Non è grave avere le notizie 15 secondi, forse
potrebbe essere un problema per le partite di calcio, ma stiamo parlando di una
comunicazione che copre un altro 99% di eventi che possono tranquillamente
essere mandati con 15 secondi di ritardo.
Alessandro Ladonna, qui presente e anche socio On.A.I.R., ha lavorato per
un'azienda francese che fa i sottotitoli in tempo reale per le televisioni. Lo invito a
dirci com'è la situazione adesso.
Intervento fuori microfono
Presidente:
La parola infine a Carlo Rodriguez.
Carlo Rodriguez:
Vorrei porre una domanda, in relazione al tema che abbiamo sviluppato
soprattutto nella seconda parte della mattinata.
Rispetto al problema della sordità e del linguaggio, sul rendere accessibili
determinati contenuti, i sordi sono in grado di leggere e comprendere qualsiasi tipo
di scritto? Ho avuto indicazioni sul dover utilizzare delle attenzioni, cioè che si
pongono dei problemi. Forse li avete già anche in parte affrontati.
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Carlo Eugeni:
È un argomento molto interesante. Io ho fatto uno studio su 197 sordi e ho
preso un campione di persone solo segnanti, cioè socie dell'Ente nazionale sordi.
Ho fatto uno studio sulla ricezione del testo in tempo reale e sono venuti fuori dei
dati. Al di là di questo, che secondo me è molto utile, è importante capire che i
sordi, come diceva giustamente Stefania, non esistono come unità linguistica. Ci
sono i sordi universitari e ci sono i sordi che fanno i muratori, che dopo la terza
media hanno smesso di studiare, come tutti.
Problemi legati alla comprensione della lingua, derivanti dalla sordità, non
esistono. C'è un aspetto importante, che è legato alla sordità, che accentua un
problema che gli udenti hanno, cioè siccome il testo dei sottotitoli va e non ci si
può fermare a leggere, più quel testo è lineare a livello sintattico, cioè soggetto,
verbo e complemento oggetto, più è facile da capire, sia per i sordi che per gli
udenti. I non udenti, avendo il problema di non poter sentire la prosodia, da questo
punto di vista in genere hanno più difficoltà.
Le persone colte, che riescono a leggere l'italiano velocemente – così come
le persone udenti colte – in genere non hanno problemi a seguire il testo che va.
Storicamente, come dicevamo prima, fino al ’74, i sordi sono stati educati in
istituti speciali e le persone che sono ancora vive in genere hanno maggiori
problemi di lettura, perché sono stati formati alla lingua dei segni.
Nel progetto “Oltre i suoni” noi abbiamo previsto di coinvolgere anche gli
udenti, perché tutti gli udenti non comprendono il 100% di quello che viene detto.
Per questo noi paragoniamo quello che capiscono gli udenti con quello che
capiscono i sordi e con quello che capiscono gli stranieri: ci rendiamo conto che i
risultati sono sempre molto disparati e dipendono dai singoli, chiaramente.
Tengo a sottolinearlo, perché anche gli studi di Virginia Volterra – che non è
di parte – quando ha portato avanti gli studi sulla lingua dei segni ha mostrato
proprio questo. Paragonava la comprensione dei sordi segnanti con il testo e
diceva che i sordi capiscono la metà delle cose. Un caposaldo della letteratura e
delle scienze in Italia, come Virginia Volterra, commetteva questo che ora è
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evidente essere un errore madornale. Non si può paragonare la comprensione di
un essere umano con l’effettivo potenziale comunicativo di un testo. È solo
quando lo si ascolta che si può capire quanto sia comprensibile: bisogna
paragonare la comprensione di un udente con quella di un sordo e fare la
differenza, non partire dal potenziale comunicativo di un testo nella teoria.
Francesca Marchionne:
Quando prima ho detto che abbiamo fatto due sessioni per vedere
l’usufruibilità dei sottotitoli da parte degli utenti e abbiamo passato il testo da due
linee a cinque e poi a dieci, è stato proprio per questo motivo, perché ci sono delle
persone un po’ più avanti con l’età che avevano difficoltà a leggere, che non
riuscivano a seguire in tempo reale tutto il testo, e altre persone, più giovani, che
essendo abituate a leggere, andando a scuola, seguivano molto più agevolmente.
Per permettere a tutti di usufruire del servizio, abbiamo aumentato le righe. I
giovani un po’ si annoiano, ma almeno le persone che non sono abituate a leggere
un testo, perché segnanti e perché sono state educate in un’altra maniera,
possono comunque usufruirne.
Presidente:
Possiamo considerare chiusa la sessione. Grazie.
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