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PRESENTAZIONE
ALMANACCO 2013
ASSOC
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SEZIO
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ERGAM ALPINI
O
R
acchiudiamo in questo almanacco i fatti che
hanno caratterizzato la vita della Sezione di
Bergamo dell’Associazione Nazionale Alpini.
A condividere con gli Alpini Bergamaschi le pagine di
ALMAN
ACCO
questo almanacco ci sono anche gli scritti di altri Al2 013
pini, sicuramente più autorevoli per il loro ruolo, ma altrettanto accomunati nello spirito di chi porta il Cappello Alpino.
Quindi un doveroso grazie al Comandante del NATO Rapid Deployable Corps - Italy Generale
di C.A. Giorgio Battisti, al Presidente Nazionale dell'ANA Sebastiano Favero e al comandante del
5° Alpini, Colonnello Michele Biasiutti, che ci onorano e ci inorgogliscono per i loro scritti su questo numero.
Quindi si riuniscono in questo annuario i momenti della vita alpina, quella dell’Alpino in servizio
e quella dell’Alpino in congedo. Agli scritti delle figure istituzionali indicate fanno seguito articoli
che riguardano il 5° Alpini, così caro ai Bergamaschi; seguono alcuni passi della nostra storia,
di quegli Alpini e di quei luoghi che hanno visto le gesta di tanti ragazzi durante la Grande Guerra
e le testimonianze di alcuni Reduci che hanno vissuto le traversie dell’ultimo conflitto.
Le occasioni di manifestazioni Nazionali, Sezionali e locali sono la doverosa cronaca di quando
ci si ritrova tutti insieme a festeggiare e a ricordare, momenti di pausa nel corso delle tante attività che vengono svolte.
Le attività dei Gruppi e della Sezione rimangono comunque il nucleo centrale dell’almanacco,
come lo sport, la cultura, le attività didattiche per i ragazzi ed i giovani, la solidarietà, la protezione
civile e poi tutta quella miriade di iniziative solo accennate, ma che costituiscono il modo di essere e di fare di tutti gli Alpini.
Forse per chi scorrerà queste pagine oggi molti argomenti saranno scontati, almeno per noi Alpini. Lo saranno forse meno per chi non ci conosce a fondo e per chi scorrerà queste pagine in
futuro.
La nostra speranza è che l’Annuario possa conservare traccia del nostro fare, del nostro intraprendere, nella speranza che altri, dopo di noi, sappiano fare meglio e di più, con lo stesso spirito di concretezza e semplicità che ha animato i nostri padri e che anche noi cerchiamo di portare
avanti.
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LA PAROLA DEL PRESIDENTE
I
l 2013 è stato un anno denso di impegni. Gli
appuntamenti associativi hanno avuto la preminenza su tutto, ecco quindi l’Assemblea,
l’Adunata Nazionale, quella del 2° Raggruppamento e la Sezionale di Zogno. Il ricordo dei nostri Caduti e dei Veci andati avanti lo abbiamo manifestato in
occasione delle commemorazioni civili e religiose ed in
tutti gli incontri di Area, Zona e di Gruppo. La gratitudine
ai nostri Reduci continuiamo ad esprimerla ogni volta che
li incontriamo ed in ogni occasione in cui ricordiamo le
nostre radici e facciamo memoria del nostro passato,
continuando nel percorso che loro hanno tracciato.
Le Commissioni sezionali hanno lavorato per proseguire
negli impegni assunti. Così è stato per la Casa di Endine
e per le tante iniziative di solidarietà seguite dalla Sezione
e dai Gruppi. Analogo discorso vale per le attività dei Cori
e delle Fanfare. Così è stato per la Protezione Civile in
collaborazione con Provincia, Comuni e Dipartimento
P.C. ove chiamati, ma anche in tutte le periodiche esercitazioni e nei lavori dei nuclei e della Sezione. Non da
meno è stato lo Sport con tutti i nostri campioni sempre
ai vertici delle classifiche nazionali A.N.A. La presenza in
montagna c’è stata per le cerimonie in Adamello, al Rifugio Contrin e nelle altre occasioni di importanza nazionale, ma anche nei rifugi dei nostri monti con il CAI per il
Camminaorobie.
Il lavoro quotidiano di manutenzione della sede della
commissione Lavori, ma anche la gestione amministrativa delle varie commissioni Elettorale, Legale, i Revisori
dei Conti, la Giunta di scrutinio, la gestione dell’archivio,
degli iscritti, il libro verde e tutte le altre attività in sede
hanno fatto sì che si rendesse possibile l’attività di tutti
gli altri.
Lo Scarpone Orobico, il Tricolore nelle scuole, il Museo
e le varie mostre organizzate sono stati i momenti di presenza fuori sede; momenti utile a farci conoscere ed apprezzare, sì apprezzare, perché tutte le attività che noi
riteniamo “ordinarie” di fatto ordinarie non lo sono poi
molto. Solo la capacità, la semplicità e la concretezza
degli Alpini riesce a costruire tanto e bene e credo che
parlandone tra noi, questo non sia indice di presunzione,
ma semplicemente la corretta rappresentazione del nostro fare.
Il 2013 è stato importante nel proseguire nell’attività rivolta al nostro futuro. Non so se quanto stiamo facendo
sarà poi il nostro effettivo futuro, ma di certo non siamo
stati ad aspettare che altri ci utilizzino, ci propongano modelli “alternativi e creativi” in previsione di un nostro graduale ridimensionamento numerico e di un diverso
impegno associativo.
Saremo ancora noi Alpini, i nostri Gruppi, le nostre Sezioni e la nostra Presidenza Nazionale che scriveremo
le nostre future pagine; il nostro destino scaturirà dal nostro lavoro, dalle nostre esperienze ed anche dai nostri
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errori che sapremo doverosamente correggere.
Quindi l’impegno nel collaborare con gli Alpini in
servizio, particolarmente
con il 5° che è stato a Bergamo, non è stato secondario. Non possiamo
ricordare solo i Padri,
dobbiamo lasciare qualcosa per i nostri successori, siano essi quelli in
servizio o altri che saranno Alpini secondo modalità ora non conosciute.
Analogamente abbiamo
sperimentato a livello giovanile l’attività in San Candido in
collaborazione con il 6° Alpini.
Il nostro 2013 da questo punto di vista è stato ricco nel
migliorare la nostra visibilità, non per vanto, ma per proporre un modello comportamentale che ha come paletti
fissi l’amore per la nostra Patria, il rispetto dei nostri valori nazionali e non “nazionalistici”, la determinazione nel
fare e non nell’apparire, l’impegno di non disperdere
quanto ci hanno consegnato i nostri Padri, l’obiettivo di lasciare un patrimonio di giusti ideali ai nostri figli.
Impegno per il 2014 sarà quindi proseguire nell’aprire la
sede a chi non ci conosce, operare perché le scuole visitino il nostro museo, lavorare per portare ancora i ragazzi ad avvicinare gli Alpini in servizio, dare compimento
al progetto Caserma Fior di Roccia oltre che per gli studenti, anche per gli atleti ANA, la nostra Protezione Civile,
i nostri Gruppi, anche e perché no, anche per momenti di
svago dei nostri associati. Avremo quindi due grandi
obiettivi, il primo lavorare per i nostri giovani, il secondo
lavorare per la nostra gente operando oltre che nella solidarietà, anche nella cultura.
Solo sapendo da dove veniamo gli altri capiranno dove
noi vogliamo continuare ad andare, senza inutili confusioni con tante -seppur spesso ammirevoli- altre iniziative, evitando che la nostra operosità venga spesso
“richiesta” per non dire “pretesa” per sopperire ad incapacità altrui e dare visibilità ad altri.
L’impegno per il nostro futuro sarà ancora a tutto campo.
Ognuno potrà collaborare formulando proposte, prestando la propria esperienza, la propria volontà e la propria manualità, certi come sempre che lo zaino a terra
per gli Alpini non esiste. A ciascuno il proprio impegno
con le possibilità e le capacità del momento.
Buon lavoro a tutti noi, con la speranza di poter chiudere
l’Almanacco 2014 che con oggi stiamo cominciando a
scrivere, con risultati anche migliori di quelli con cui siamo
riusciti a chiudere questo Almanacco 2013.
Carlo Macalli
INTERVISTA AL GENERALE C.A.
GIORGIO BATTISTI
GENERALE DOPO UN ANNO DI PERMANENZA IN
AFGHANISTAN, QUAL E’ LA SUA OPINIONE SULLA
SITUAZIONE NEL PAESE?
Questo è la mia quarta missione in Afganistan, la prima
iniziò nel dicembre 2001: l’aspetto che mi colpisce più di
tutto è quanto sia cambiato il Paese. Rimangono ancora
sfide difficili da affrontare, e in alcune zone la situazione
non è stabile per l’aggressiva presenza degli insorti, ma
ritengo si stia procedendo nella giusta direzione: i miglioramenti si notano in tutti i settori della società.
Vi è un chiaro progresso nel processo di stabilizzazione
nazionale. Allo stesso tempo persistono evidenti criticità
quali la lotta al terrorismo, alla corruzione e alla proliferazione dei narcotici, il rientro dei rifugiati, così come lo
sfruttamento delle opportunità nel commercio, infrastrutture e connettività, che sono problematiche all’attenzione
di tutti.
L'Esercito e la Polizia dimostrano ogni giorno maggiore
capacità di affrontare le sfide della sicurezza. Hanno
sempre più fiducia in loro stessi e operano con riconosciuto coraggio per guadagnare la fiducia della popolazione, nonostante le pesanti perdite che subiscono ogni
giorno.
La loro dedizione contrasta efficacemente la campagna
di terrore degli estremisti che si oppongono al processo
di riconciliazione e stabilizzazione nazionale.
ISAF è impegnata da tempo per sostenere le ANSF nel
superare i gap capacitivi che le Forze di Sicurezza Afgane, trattandosi di Forze Armate “molto giovani”, presentano ancora in alcuni campi quali la capacità di
leadership dei comandanti, l’intelligence e il supporto
aereo. Queste criticità non consentono loro il pieno e autonomo svolgimento delle attività operative.
Per meglio comprendere questi progressi non bisogna
dimenticarsi come era la situazione della società afgana
nel 2001 dopo la caduta del regime talebano.
A titolo d’esempio, cito i risultati più significativi raggiunti
nel corso degli ultimi 12 anni. Oltre 7.000 insorti hanno
deposto le armi e sono rientrati nella società attraverso
un apposito programma di reinserimento. La crescita interna è la più rapida tra i Paesi dell’Asia del Sud nei settori dello standard di vita, della salute, dell’istruzione e
della formazione. Più di un terzo della popolazione usufruisce della rete energia elettrica. Le maggiori città
hanno elettricità per 24 al giorno. Sono state costruite
strade asfaltate per circa 32.000 chilometri (nel 2001 i km
erano circa 2.500).
Dal 2002 sono stati costruiti più di 4.500 edifici scolastici,
formato più di 175.000 nuovi insegnanti (di cui il 30% di
sesso femminile) e incrementato quasi del 50% il rateo
d’iscrizione alla scuola elementare. Quasi 8 milioni di
bambini frequentano le scuole elementari (2,5 milioni
sono le ragazze, pari al 37% circa). Nel corso del 2009
circa 80.000 studenti (il 26% ragazze) hanno ottenuto il
diploma di scuola media superiore, mentre nello stesso
anno si sono laureati circa 9.800 giovani.
La percentuale degli analfabeti, pari al 71,9% della popolazione nel 2006, è in costante diminuzione, grazie
anche ai corsi di alfabetizzazione per adulti (frequentati
dal 2007 a oggi da circa 250.000 persone).
L’accesso all’assistenza sanitaria di base è passato dal
9% nel 2000 a circa 90% nel 2013; la percentuale di medici è decisamente aumentata (0,2 medici ogni 1.000 abitanti). La mortalità materna si è ridotta del 15%; la
mortalità infantile è diminuita del 35%. Si è raggiunta una
sensibile riduzione delle malattie endemiche (tubercolosi,
malaria, morbillo, difterite, pertosse e tetano) grazie ai
programmi internazionali di immunizzazione/vaccinazione (il 90% dei bambini di età inferiore a un anno è
stato vaccinato contro morbillo, difterite, pertosse e tetano); l’aspettativa di vita appare in significativa controtendenza, pari a 48,5 anni per gli uomini (dato 2011; nel
2009 era di 47 anni) e di 48,8 per le donne (dato 2011;
nel 2009 era di 45 anni).
Il 71% della popolazione possiede un cellulare; il 52% di-
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spone di un televisore e l’8% ha accesso a Internet.
Sono presenti 175 stazioni radio, 75 canali televisivi,
agenzie di stampa e centinaia di pubblicazioni, inclusi 7
quotidiani.
Esiste ancora un forte divario tra il livello di sviluppo raggiunto nelle principali città e le aree rurali (che costituiscono il 70% del Paese) per le difficoltà connesse con la
compartimentata morfologia del territorio, la carenza di
una buona rete stradale e, talvolta, per una certa resistenza all’innovazione legata a radicate tradizioni socioculturali. La rapida diffusione dei mezzi di comunicazione
di massa, e in particolare la radio, contribuisce a ridurre
progressivamente questo divario di “conoscenza”.
Ritengo comunque che la soluzione politica sia la chiave
per una stabilità sostenibile, per la sicurezza e per la prosperità economica dell’Afghanistan e di tutta la Regione.
La Comunità Internazionale ha fornito i mezzi e le capacità per conseguire questi obiettivi: ora devono essere le
istituzioni afgane ad operare in modo serio e cosciente
per guadagnarsi la fiducia dei propri cittadini.
Le elezioni presidenziali del 2014 sono la più importa
sfida di questi ultimi 13 anni della vita politica dell’Afghanistan e della Comunità Internazionale: una leadership
stabile, eletta attraverso elezioni trasparenti, credibili,
tempestive è di fondamentale importanza per il futuro del
Paese e della Regione.
In conclusione, sono fiducioso nella capacità e nel desiderio di questo Paese di lasciarsi alle spalle decenni di
guerre e di terrore, trovando una soluzione afgana ai problemi afgani, nel pieno rispetto della sovranità, della cultura e delle tradizioni locali.
Abbiamo avuto difficoltà nel passato e sono stati commessi errori, stiamo fronteggiando un presente complesso e, sono sicuro, ci saranno ancora problemi e
contrattempi nel futuro.
I giovani, che rappresentano circa il 50% della popolazione, ricoprono un ruolo fondamentale e saranno il
“mezzo” per far si che l’Afghanistan non possa ritornare
nel periodo degli “anni bui” dei talebani.
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COME DESCRIVEREBBE L’IMPEGNO DEI MILITARI
ITALIANI IN AFGHANISTAN E DEGLI ALPINI IN PARTICOLARE?
Gli uomini e donne in divisa rappresentano benissimo
l’Italia e il loro contributo, anche in termini di vite umane,
è riconosciuto da tutto il personale dei 49 Paesi della Colazione.
In oltre 12 anni, l’ltalia è arrivata a schierare in Afghanistan fino a 5.000 soldati (oggi circa 2.800) con una presenza a ogni livello delle strutture di comando ISAF.
L’impegno italiano è anche testimoniato dai quasi 4 miliardi di euro d’investimenti, oltre al completamento di un
ospedale e del carcere femminile di Herat, 81 scuole, 49
strutture sanitarie, un ospedale pediatrico e un centro
giovanile. Inoltre, gli Italiani hanno restaurato 20 edifici
pubblici e costruito 715 pozzi, 25 strade, 20 canali e ponti
in Karta e Zirko Valley.
Non posso che essere orgoglioso della professionalità
dei nostri soldati che operano con la dovuta determinazione e prontezza, frutto di un valido addestramento in
Patria, mai disgiunte dal rispetto della cultura, delle tradizioni e degli usi e costumi locali.
Come Artigliere da Montagna sono, inoltre, particolarmente fiero degli Alpini e delle Alpine delle Brigate “Taurinense” e “Julia” che si sono dimostrati in ogni
circostanza degni eredi dei loro Padri e delle tradizioni
delle truppe da montagna italiane!
I giovani alpini provenienti da tutte le regioni d’Italia hanno
evidenziato una generosità, una professionalità ed un attaccamento alla specialità per nulla inferiori a quella dei
loro predecessori valligiani.
I risultati ottenuti sono il frutto di una formazione militare
acquisita con l’addestramento alla vita in montagna che
ha messo a dura prova la saldezza fisica e morale di questi ragazzi, ma ne ha promosso la crescita professionale.
Il Generale statunitense Dan McNeill, Comandante della
missione NATO International Security Assistance Force
dal febbraio 2007 al giugno 2008, buon conoscitore della
nostra realtà militare per la sua lunga permanenza in Ita-
lia, si rivolgeva ai soldati delle Brigate “Julia” e “Taurinense” operanti nell’area di Kabul chiamandoli “i miei fratelli Alpini”.
L’Associazione Nazionale Alpini ha svolto un ruolo insostituibile, contribuendo ad alimentare il senso di appartenenza al Corpo e a creare un legame ed una
condivisione di valori forti con le nuove generazioni, rafforzandone l’identità.
COME SI È EVOLUTO L’IMPEGNO ITALIANO ALL’ESTERO DALLE PRIME MISSIONI AD OGGI?
Oltre 20 anni di ininterrotte operazioni all’estero hanno
determinato una significativa crescita professionale delle
nostre Forze Armate, soprattutto per l’Esercito che sempre sostenuto il peso maggiore di questi impegni.
Le attuali missioni internazionali presentano connotazioni
“nuove”, non riscontrabili in nessuno scenario di crisi del
passato, e hanno chiesto alle nostre Forze Armate di
confrontarsi con realtà del tutto diverse rispetto a quelle
tipiche del confronto tra i due blocchi contrapposti.
Ritengo di poter affermare, senza timore di essere smentito, che le F.A. italiane operano all’estero alla pari degli
altri eserciti occidentali in termini di professionalità, preparazione, qualità degli equipaggiamenti e materiali, malgrado finanziamenti sempre più oculati e contenuti.
I nostri comandanti e soldati sono in grado di operare
tranquillamente con i loro colleghi stranieri grazie alla conoscenza e applicazione delle consolidate procedure
NATO e a una padronanza della lingua inglese sempre
più diffusa (specie tra i giovani ufficiali).
I militari sono in grado di assolvere i compiti più disparati
e spesso diversi da quelli tradizionali, in relazione al contesto nel quale si svolge la missione, di norma caratterizzato da un iniziale clima di grandissima tensione e
dall’assenza, almeno nei primi tempi, di organismi internazionali in grado di colmare il vuoto di potere determinatosi al termine del conflitto e di ripristinare una minima
struttura politica e socio – economica. Ciò ha richiesto
che i Soldati, oltre alla capacità di combattere, debbano
possedere una vasta gamma di qualità per essere in
grado di assolvere molteplici pressanti e difficili ruoli, dal
diplomatico al poliziotto, dal conciliatore all’infermiere, dal
direttore di ospedale all’amministratore locale, in scenari
caratterizzati da elevato degrado sociale, politico istituzionale in cui, di norma, le uniche forze organizzate sono
quelle militari.
I nostri Soldati hanno dimostrato “sul campo” di essere
veramente dei bravi professionisti, motivati e pronti ad
assolvere con tempestività, determinazione e coraggio i
compiti che la Nazione gli affida.
Essi dispongono di un importante livello di tecnologia,
non sicuramente di quantità ma di qualità, che sanno
usare correttamente per abbassare il livello del pericolo,
per tenere sotto controllo le situazioni, per rendere più efficaci le loro reazioni.
A tutto ciò, ma non per ultimo, queste missioni, venendo
a contatto con persone di tradizioni, lingue, religione diverse, hanno permesso un’incredibile crescita culturale
dei nostri uomini e donne.
CI RACCONTA UN EPISODIO PERSONALE, UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA SUA CARRIERA CON
IL CAPPELLO ALPINO
Mi è difficile in questo momento ricordare un episodio
particolare della mia lunga carriera alpina. I ricordi che
costellano i miei (numerosi) anni di Artigliere da Montagna sono tanti e tutti ugualmente importanti, si richiamano a un mondo di gente pragmatica, che predilige i
fatti e attribuisce scarso valore alle apparenze: un mondo
nel mondo, in cui lo zaino e la fatica accomunano comandanti e gregari!
Preferisco ricordare uno dei periodi che mi ha dato più
soddisfazioni, quello passato nella Brigata “Taurinense”,
anche se ciò ha richiesto grandi sacrifici, e non solo per
me ma, soprattutto, per mia moglie e per i miei figli.
Ho prestato servizio in tre Brigate Alpine: Taurinense, Tri-
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dentina e Julia. Di ognuna serbo un ricordo esaltante per
le esperienze maturate che mi hanno fatto crescere
come uomo e come soldato!
Devo, tuttavia, riconoscere che la “Taurinense” è la Brigata in cui m’identifico maggiormente e che, ancora oggi,
mi suscita le maggiori emozioni, forse perché in questa
Grande Unità ho servito per circa 11 anni, iniziando la
mia esperienza quale Sottocomandante (4 anni) e poi
Comandante (5 anni) della 40° batteria del gruppo “Pinerolo” e, successivamente, quale Vice Comandante e
poi Comandante di Brigata (quasi 2 anni).
Nella 40° batteria, allora inserita nel gruppo tattico “Susa”
della Forza Mobile Terrestre del Comando Alleato in Europa (AMF/L), ho vissuto esperienze uniche al comando
di ragazzi eccezionali, che ringrazio per la generosità, lo
spirito di sacrificio e la disponibilità che mi hanno sempre assicurato.
Con questo reparto ho preso parte in 9 anni a 21 complesse esercitazioni a fuoco ed in bianco: dall’estremo
nord norvegese al Caucaso turco, passando per gli stretti
danesi, l’Italia del nord est, la Tracia greca e turca.
La “Quaranta” era uno stile di vita del tutto particolare, un
po’ guascona, con un linguaggio e una ritualità che solo
i suoi componenti potevano comprendere, che generava
uno spirito del tutto particolare, difficile da descrivere e
capire se non si è vissuti nella batteria, che nasce solo tra
Soldati che condividono le stesse difficoltà e perseguono
gli stessi obiettivi.
L’attaccamento a questa batteria si è mantenuto vivo
anche dopo il congedo, consolidandosi nel tempo, a conferma di quanto fossero forti i legami maturati “sotto le
armi”. Ne è una conferma la voglia di vedersi anche dopo
anni. Dal 2003 i “Veterani della Quaranta” s’incontrano
annualmente per perpetuare i propri ricordi.
Questa esperienza mi è sempre tornata estremamente
utile nel prosieguo della mia vita militare, soprattutto nelle
missioni all’estero in quanto mi ha fornito le capacità per
agire in ambienti internazionali e per affrontare adeguatamente situazioni critiche, specie in campo organizzativo e logistico.
COSA LE RIMARRÀ DI TUTTE QUESTI PERIODI
TRASCORSI IN AFGHANISTAN?
I ricordi che ho portato e porterò sempre con me in queste quattro missioni sono tanti ma più di tutti, rimarranno
impressi nella mia memoria i paesaggi sconfinati, gli
occhi delle bambine e il volto e i nomi dei nostri Soldati
caduti per l’Afghanistan.
Laura Arnoldi
Comandante del NATO Rapid Deployable Corps
Generale di Corpo d’Armata Giorgio BATTISTI
Il Generale di Corpo d’Armata Giorgio BATTISTI è nato a Mantova l'11 ottobre 1953. Ha frequentato il 154° corso dell'Accademia Militare di Modena (1972-74) e la Scuola di Applicazione di Torino (1974-76).
Promosso Tenente di artiglieria da montagna, ha ricoperto l'incarico di Sottocomandante della 40ª batteria del gruppo
“Pinerolo” della Brigata “Taurinense”. Con il grado di Capitano ha comandato dal 1980 al 1982 la 29ª batteria del
gruppo “Asiago” della Brigata “Tridentina” e dal 1982 al 1987 la 40ª batteria del gruppo “Pinerolo”. Con la 40ª batteria, unità inserita nel gruppo tattico “Susa” per le esigenze dell'AMF(L), ha preso parte a 21 esercitazioni internazionali in ambito NATO. Nel periodo 1993-94, con il grado di Tenente Colonnello, ha comandato il gruppo “Conegliano”
della Brigata “Julia”. Promosso al grado di Colonnello nel dicembre 1996, dal settembre 1997 all'ottobre 1999 ha comandato il reggimento allievi dell'Accademia Militare di Modena.
Ha ricoperto diversi incarichi allo SM dell'Esercito tra cui Ufficiale Addetto all'Ufficio per l'informatica (1988-90), Capo
Sezione di SM dell'Ufficio del Sottocapo di SME (1991-93), Capo Sala Operativa dell'Ufficio Operazioni (1994-97) e
Capo Ufficio Piani e Situazione (1999-2001).
Ha frequentato i corsi previsti per la specialità alpina, il 112° corso di SM ed il 112° corso Superiore di SM. Conoscitore della lingua inglese e della lingua francese. Laureato è in possesso del Master di II livello in Scienze Strategiche.
Ha partecipato alle operazioni in Somalia (1993) ed in Bosnia (1997). Dal 28 dicembre 2001 al 9 maggio 2002 è stato
il primo Comandante del Contingente Italiano della missione ISAF in Kabul (Afghanistan).
Promosso Generale di Brigata il 25 marzo 2002, ha ricoperto l'incarico di Vice Comandante della Brigata “Taurinense”
dal 18 giugno 2002, per assumerne il comando il 26 ottobre 2002. Dal 13 febbraio al 16 giugno 2003 è stato il primo
Comandante del Contingente Italiano in Afghanistan, sia per la missione Nibbio 1 (nell'ambito dell'Operazione “Enduring Freedom”) sia per la missione ISAF. Il 31 ottobre 2003 ha ceduto il comando della Brigata “Taurinense” per ricoprire prima l'incarico di Vice Capo Reparto Affari Generali sino al 20 gennaio 2005 e, successivamente, di Capo
Reparto Affari Generali e Portavoce dello Stato Maggiore dell'Esercito.
Promosso Generale di Divisione il 28 febbraio 2006, il 5 luglio 2007 ha ceduto l'incarico di Capo Reparto Affari Generali per ricoprire quello di IT–SNR (Italian Senior Rappresentative) e Deputy Chief of Staff Support di HQ ISAF X in
Afghanistan sino al 12 dicembre 2007.
Dal 31 maggio 2008 al 24 giugno 2011 ha ricoperto l'incarico di Capo di Stato Maggiore del Comando delle Forze Operative Terrestri in Verona. Il 1° gennaio 2011 è stato promosso Generale di Corpo d’Armata.
Il 30 giugno 2011 ha assunto l'incarico di Comandante del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO in Italia.
Sposato con la Signora Simonetta, è padre di quattro figli, Alessio, Umberto, Filippo e Cecilia.
Quando non è impegnato per servizio, il Generale Battisti trascorre il suo tempo con la famiglia, pratica regolarmente
attività fisica a livello amatoriale e vive con sofferenza ed entusiasmo i risultati dell’Inter.
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PRESIDENTE NAZIONALE A.N.A.
SEBASTIANO FAVERO
S
ebastiano Favero è il presidente dell'Associazione Nazionale Alpini, eletto a maggio
scorso; classe 1948 è nato a Possagno, in provincia di Treviso.
La mia famiglia è alpina, mio padre lo era, il fratello di mia
madre era un alpino che ha fatto la guerra. Io ho iniziato
ad una certa età con la leva a 24 anni compiuti dopo la
laurea in ingegneria. Ho frequentato la scuola allievi ufficiali ad Aosta nel gennaio 74 e a luglio sono stato assegnato alla Brigata Cadore settimo reggimento alpini,
battaglione Pieve di Cadore, 164 compagnia mortai per
nove mesi. Un'esperienza positiva, sia durante il corso
sia come ufficiale durante il quale, oltre ai compiti normali, ho potuto trasformare al zona mensa in tavola
calda, con possibilità per gli alpini di attendere nel corridoio interno piuttosto che all'esterno. Ho poi smontato un
capannone in ferro delle dimensioni di 50 metri per 20, e
rimontato a Tai di Cadore per riparare i mezzi. Quindi non
solo compiti militari, ma anche attività in cui ho potuto impiegare le competenze ingegneristiche.
Dalle nostre parti la tradizione alpina è forte. Gia nel momento in cui sono partito per la leva mi sono iscritto all'ANA. Mi sono impegnato subito nella sezione Monte
Grappa Bassano, il cui presidente era mio zio. Ho il
grande rimpianto di non aver potuto partecipare agli intervento in aiuto delle popolazioni del Friuli nel 1976 per
motivi di lavoro, ma quella rinuncia mi è stata di stimolo
per gli impegni successivi. Con il gruppo ho infatti lavorato per la realizzazione di un rifugio sul massiccio del
Grappa sul Monte Palon, utilizzando materiale di recu-
pero. Agli inizi del 2000 abbiamo sistemato 1000 metri di
trincea e 300 metri di gallerie ed appostamenti che sono
diventati un percorso didattico, oltre all'iniziativa della
'Notte in trincea' che portiamo avanti già da 10 anni con
le scuole superiori.
Ma l'esperienza più significativa è stata l'Operazione Sorriso con la costruzione dell'asilo di Rossosch, progetto
che ho seguito insieme allo zio e a mio fratello minore alpino ed architetto. Mi è venuto così il “mal di Russia”,
Paese in cui sono stato anche quest'anno per celebrare
il ventennale.
Anche l'intervento a Zenica in Bosnia Erzegovina per la
costruire una scuola multietnica in collaborazione con la
Caritas di Milano e di Monaco. Siamo stati per due anni
a lavorare a questo edificio che ospita 400 studenti. In
Mozambico nel 1994 abbiamo realizzato in un villaggio
dove è stato recuperato un fabbricato per ragazze e
donne in difficoltà, un centro di formazione e una struttura che funge da dispensario per per malnutriti. Obiettivo
era ricordare l'ultima presenza di alpini di leva in una missione all'estero, Albatros, chiusa 10 anni prima.
In Russia saremo presenti con la sistemazione di un
ponte a Nikoljeska: parola magica per gli alpini, per ricordare chi ha combattuto durante la seconda guerra
mondiale. L'amministrazione locale ci ha chiesto di sistemare il manufatto attraverso cui sicuramente gli alpini
sono passati per ripiegare a ovest. Dovremmo iniziare il
prossimo anno. Se arriveranno i dati i richiesti per la progettazione entro la primavera, allora potremo organizzare
i turni di lavoro in estate.
Legata a Rossosch ho anche il mio ricordo personale del
grande Leonardo Caprioli. Con lui mi sono incontrato fin
dall'inizio, sia in Russia che a Milano per esporre il progetto.
In particolare lo rammento nell'ultima settimana prima
dell'inaugurazione del 19 settembre 1993: aveva voluto
condividere con i suoi alpini quegli ultimi giorni in cui si lavorava alacremente per concludere i lavori. E' rimasto
nel nostro accampamento, con il suo atteggiamento che
lo faceva sembrare un uomo burbero e severo, mentre
era uomo di grande umanità e generosità. E' rimasto lì
anche quando si facevano tre turni di lavoro dalle 6 a
mezzanotte. Sempre pronto ad incoraggiare. Anche
quando c'era stata qualche discussione con le autorità
russe che non consegnavano i materiali, mi disse, battendomi sulla spalla: “Va bene, vai avanti così”. E' stata
una grande iniezione di fiducia. Caprioli è stato soprattutto un grande alpino, tra quelli che mi hanno insegnato
la disponibilità e la solidarietà.
Caprioli ha fatto molto per l'ANA e per la sezione di Bergamo: le penne bergamasche con la loro alpinità hanno
dato molto e stanno dando molto; non posso chiedere a
questa sezione niente di più se non di continuare ad aiu-
7
tare l'associazione a trovare una soluzione per il futuro.
So che per la città l'adunata del 2010 è stato un evento
molto significativo e c'è chi vorrebbe tornassimo magari
prima di una ventina d'anni. Io a Bergamo ho già fatto
due adunate, la città ha già avuto due possibilità, anche
se non ci sono limiti, dipende molto dalle condizioni oggettive anche dalle richieste.
Sono Presidente nazionale da alcuni mesi e per ora i bilanci sono prematuri. Come primo obiettivo mi sono proposto di guardare e capire. Sono anni che vivo in questo
mondo anche a livello dirigenziale, ma mi sono accorto
che il ruolo è percepito degli alpini in un modo speciale.
Mi rendo conto che devo essere responsabile ed anche
prudente, mentre mi conosco come persona decisa.
Certamente decisiva in questi anni è la questione sul futuro della nostra Associazione. Siamo tanti ancora, dobbiamo essere capaci di costruire un futuro, che io tenterò
di realizzare insieme a tutti. Sono certo della possibilità
che l'associazione possa mantenere e difendere la propria forza, che non è solo numerica, ma anche di valori
ed ideali, non solo per noi alpini, ma per la società e la
nostra Italia.
Sarò ovviamente rispettoso della posizione di quella che
sarà quella della maggioranza
che si esprimerà in assemblea.
Ringrazio Corrado Perona che si
è confrontato con tutte le sezioni
d'Italia per comprendere cosa
pensano gli alpini. Credo che
nessuno possa pensare semplicemente che l'ANA sia destinata
a scomparire, perché si tradirebbe l'articolo due che richiama
al ruolo della memoria. Anche in
passato l'ANA ha saputo modificare il proprio statuto in linea con
i tempi che cambiano. Per esempio all'inizio non c'erano gli artiglieri da montagna; dopo la
seconda guerra mondiale ci fu
una grossa discussione se ammettere i soldati di leva perché
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inizialmente l'ANA includeva solo i reduci; poi si è discusso della durata del servizio nelle truppe alpine per
essere ammessi all'associazione, fino a stabilire gli attuali 60 giorni.
Oggi la leva è stata sospesa, non abolita. Ho ancora speranza che in qualche forma possa essere ripresa, non
per l'ANA, ma per i nostri giovani e per il nostro Paese.
Non voglio abbandonare questa strada e desidererei che
chi è preposto a decidere si assumesse la responsabilità
di una scelta.
Credo che come oggi possiamo formare gli uomini della
Protezione civile che siano alpini o no, sia pensabile una
formazione dei nostri giovani che condividono i nostri valori e un inquadramento nell'associazione diverso da
quello che facciamo ora tra soci e aggregati. Un tentativo c'è già stato nel 2008 individuando chi condivide più
di altri i nostri valori, ma non sono stati definiti i criteri che
devono essere oggettivi e stabiliti dallo statuto.
La sospensione della leva ha portato in passato ad un
distacco tra ANA e truppe alpine, ma la questione si è
chiarita e da almeno 6/7 anni i rapporti tra alpini in armi
e in congedo è strettissimo.
Il prossimo anno ci attende anche il ricordo dell'anniversario della Prima guerra mondiale. L'Ana si sta preparando e coordinando con i comitati nazionali e regionali
che si stanno costituendo;
per noi è fondatale il momento del ricordo. Non dimentichiamo che la Grande Guerra è stata l'ultimo atto dell'Unità d'Italia che ha fatto e recuperare le terre irredente
di Trento e Trieste.
E' importante l'Unione europea, ma è anche vero che
dobbiamo ricordare i sacrifici di chi ha voluto che l'Italia
fosse una cosa sola. Questo sentimento si è diffuso per
la prima volta da Nord a sud dopo la rotta di Caporetto.
Lo posso dire perché questo sentimento da giovane l'ho
raccolto dai i miei compaesani, le cui famiglie che vivevano sotto il Grappa, nella zona della in prima linea e
molti erano stati accolti in Sicilia a Mazara del Vallo e
Marsala per due anni.
Potremo fare qualcosa di più grande in Europa se saremo in grado di tenere quello che abbiamo conquistato.
Non dimentichiamo i nostri valori di moralità e rigore, necessari al nostro Paese in questo momento grave di crisi,
che non è solo economica, ma soprattutto etica.
Sebastiano Favero
86a Adunata Nazionale a Piacenza
LA PRIMA VOLTA A PIACENZA
Bella la città, bella la gente, bella l’adunata
A
nche quest’anno è arrivato il
momento del nostro grande
incontro annuale, che sempre uguale e sempre diverso ci unisce in un solo caloroso abbraccio. Si
aspetta con impazienza che arrivi in
fretta questo appuntamento e poi in
un baleno se ne va lasciandoci sempre un po’ di amaro in bocca per non
aver visto una tal cosa o per non
aver incontrato certi amici, oppure
per non essere stati presenti ad una
certa cerimonia.
A Piacenza non c’eravamo mai stati. Ma c’è
sempre una prima volta per tutto! Quest’anno
è toccato a questa città l’onore e l’onere di
ospitare ed organizzare l’Adunata nazionale
numero 86 nei giorni 10, 11 e 12 maggio; adu-
nata che ha portato una ventata d’entusiasmo, una scossa di vita in tutta
la città. Piacenza, tutta imbandierata,
ci ha accolto con calore, grazie anche
al carattere aperto degli abitanti.
Piacenza, fondata duecento anni
prima di Cristo, ha mantenuto nella
parte vecchia l’impronta a scacchiera
degli accampamenti romani, con
molti palazzi, basiliche ed insediamenti urbani realizzati in mattoni. E
che dire di quei due imponenti monumenti
equestri in bronzo dei Duchi Alessandro e Ranuccio Farnese, che dall’alto dei loro piedistalli
in marmo di Carrara, campeggiano in piazza
dei Cavalli nel centro cittadino. Statue equestri definite le più belle del mondo!
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Volendo, di cose
da vedere a Piacenza ce n’erano
in quantità: la
sempre gettonatissima Cittadella
militare con l’esposizione di mezzi, materiali ed armamenti in
dotazione alle Truppe Alpine,
musei di ogni tipo, chiese, mostre fotografiche,
di uniformi, dell’IMFS; molte di queste esposizioni erano state allestite nel grande complesso dell’ex Ospedale Militare; altri eventi
tradizionali come cori nelle chiese e bande
musicali in giro per le strade, infine i commilitoni che si incontrano in un luogo prestabilito
della città.
Insomma non c’è mai da annoiarsi durante le
nostre adunate, anzi non c’è proprio il tempo
materiale (stanchezza a parte) per poter essere presenti a tutte le manifestazioni. Anche
il fatto di ritrovarsi in compagnia a tavola, al ristorante, nell’accampamento, o sotto un tendone, fa parte del nostro essere alpini, del
nostro modo tradizionale di fare Adunata in allegria, cantando e magari bevendo qualche
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bicchiere in più del solito! Le adunate, come
dicevo all’inizio si assomigliano tutte nello
svolgimento rituale della parte ufficiale, ma
ognuna ha vari particolari che la caratterizzano, aiutando tutti noi a ricordare anche a distanza di anni persone, date e luoghi dove si
sono svolti.
Castel S. Pietro - Bologna
RADUNO DEL 2° RAGGRUPPAMENTO
L
a vasta e nebbiosa pianura bolognese
ha accolto domenica 20 ottobre il Raduno del 2° Raggruppamento tenutosi a
Castel S. Pietro (BO), cui fanno capo le venti Sezioni della Lombardia e dell’Emilia/Romagna, che
ha visto convergere nella cittadina migliaia di partecipanti con rappresentanze e vessilli del Veneto
e del Friuli.
Non è più una novità ormai vedere così tanti alpini
di varie Sezioni, partecipare a questo raduno, che
viene al secondo posto come importanza dopo
l’Adunata Nazionale e che viene a chiudere, che
così si può dire, il calendario delle manifestazioni
di importanza interregionale.
Il tempo ci è stato amico, lasciandoci sfilare all’asciutto con qualche sporadica occhiata di sole,
ma è stato più importante il clima umano e festoso che gli abitanti del luogo e del circondario ci
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hanno esternato durante la sfilata; siamo stati accolti con vero entusiasmo e simpatia e con un
paese abbondantemente imbandierato.
Nel piazzale dell’ammassamento (sul palco Francesco Brighenti fungeva da speaker ufficiale) si
sono svolte le cerimonie preliminari della manifestazione: l’arrivo dei Gonfaloni, del Labaro nazionale e l’alzabandiera hanno preceduto i discorsi
di rito tenuti dal capogruppo locale, dalla sig.ra
Sindaco e dal Presidente della Sezione Bolognese/Romagnola. E’ stata quindi la volta del nostro Presidente Favero, che con vibrate parole ha
posto l’accento sul valore della parola Patria, rimarcandone l’attaccamento ad essa che gli alpini
di ieri e di oggi hanno sempre dimostrato, sottolineando altresì quei valori che mai non tramontano, tra i quali il senso del dovere e la solidarietà
che tutto dona senza nulla aspettarsi in cambio.
La fanfara di Scanzorosciate in testa alla Sezione
di Bergamo, il caratteristico striscione “Berghem
de sass”, il Vessillo sezionale con l’alfiere Finotto
affiancato dal Presidente Carlo Macalli, i quattro
vicepresidenti Arnoldi, Facchinetti, Frigeni, Granelli, (il consigliere nazionale Giorgio Sonzogni
ha sfilato scortando il Labaro nazionale), con i
consiglieri Bettoni, Cuni, Alberto Giupponi, Moro,
Persico, Pulcini, Quarteroni, Sangalli, Stabilini,
Vavassori e Venturi precedevano gli ottantadue
gagliardetti ed i circa trecento soci ben incolonnati e sfilanti in modo esemplare, dando un’immagine di compattezza e di ordine. Varie
manifestazioni si erano tenute nei giorni precedenti, come deposizione di corone ai Caduti,
l’inaugurazione del monumento “agli Alpini”, la S.
Messa, mostre, esibizioni canore e tutto quel co-
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rollario di iniziative che precedono sempre i nostri grandi incontri.
Insomma è stato coronato dal successo anche
questo Raduno d’autunno svoltosi come doveva
svolgersi in amicizia ed allegri.
30a Adunata sezionale: mobilitata l’Area 2
ZOGNO IN FESTA
D
opo l’adunata nazionale, la manifestazione
annuale più importante è l’adunata sezionale
che si svolge a rotazione nelle quattro aree.
Quest’anno è toccata all’Area 2 che ha proposto come
sede Zogno - dove si era già svolta la prima e altre due
nel corso dei trascorsi trent’anni - nella ricorrenza del
90° di fondazione del Gruppo locale. Dopo alcune manifestazioni preparatorie, l’adunata ha preso avvio venerdì 6 settembre con un concerto della Fanfara
Congedati della Brigata Orobica.
Nella mattinata di sabato 7 settembre si sono svolti gli
onori alle lapidi e ai monumenti ai Caduti nelle frazioni
del paese; nel pomeriggio si sono avute dimostrazioni
di mezzi militari d’epoca, della Protezione civile e dell’Ospedale da campo. Alle 17 sono seguiti gli onori al
monumento ai Caduti di Zogno capoluogo, la Messa
nella chiesa parrocchiale e infine, in serata, una rassegna di cori alpini.
La giornata clou è stata domenica 8 settembre con la
sfilata. Presenti molte autorità, tra cui il senatore Nunziante Consiglio, il consigliere regionale Angelo Capelli,
l’assessore provinciale Fausto Carrara, il vicesindaco
di Bergamo Gianfranco Ceci e numerosi altri sindaci e
autorità.
Non potevano certo mancare gli alpini in armi, presenti
in città per l’operazione “Strade sicure”, con a capo i
colonnelli Michele Biasutti del 5° di stanza a Vipiteno e
Luigi Rossi del 6° di stanza a Brunico. Numerose anche
le rappresentanze di associazioni d’arma e di carattere
sociale della zona. Il vessillo sezionale, scortato dal
consiglio direttivo pressoché al completo (mancava il
presidente Carlo Macalli, impedito per motivi di salute),
era seguito dall’alpino Marco Caprioli, che reggeva su
un cuscino tricolore il cappello del papà Nardo, accompagnato dai presidente emeriti Decio, Carobbio e
Sarti e da un drappello di “veci” che negli anni hanno lavorato nella sezione a fianco del “presidentissimo”. Al
suo passare gli applaudi raggiungevano l’apice e si
sono visti molti occhi lucidi. Dietro c’erano i vessilli delle
sezioni di Brescia, Conegliano, Cusio Omegna, Milano,
Monza, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Salò Monte
Suello e Valle Camonica; poi una lunga scia di 260 gagliardetti; i volontari della Protezione civile, dell’Antincendio boschivo, dell’Ospedale da campo, del nucleo
cinofilo Argo; poi gli atleti e centinaia di penne nere divise per area con striscioni a tema alpino; tutti al passo
cadenzato dalle Fanfare alpine sezionali e dal Corpo
musicale di Zogno. Ospiti d’onore i reduci Pietro Bugada di Capizzone, Pietro Cavagna di Serina, Giuseppe Falgari di Bergamo, Romualdo Forcella di
Zogno, Pasquale Paleni di Cusio e Oreste Riva di Petosino che hanno sfilato su storici mezzi militari messi
a disposizione dal collezionista Gianandrea Bonaldi.
Vecchie e gloriose rocce che dopo le battaglie sui fronti
Occidentale, Grecia e Albania e Russia hanno dovuto
subire lo sfacelo dell’8 settembre, come oggi, di settant’anni fa e anni di prigionia. Uno spettacolo degno
dell’adunata l’hanno offerto le case e le vie di Zogno
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pavesate con bandiere, striscioni, nastri e cordate di
bandierine tricolori, disposte con abbondanza e gusto,
con l’aggiunta di una pioggia di “mini tricolori” lanciati
dai balconi sul corteo che sfilava. Non sono mancati
neppure i tricolori viventi, come le tre belle ragazze davanti ad un portone con camicette di diverso colore:
verde, bianco e rosso.
Uno spettacolo coinvolgente, come lo è stata la partecipazione della gente, assiepata numerosa a fianco
della sfilata con una partecipazione corale, appassionata ed un po’ scanzonata, come testimonia una scritta
simpatica e spiritosa appuntata su una porta: “I muli
danno il benvenuto ai loro conducenti”. Gli abitanti di
Zogno sono soprannominati muli.
La sfilata, coordinata da Giancarlo Sangalli, si è conclusa nel campo dell’oratorio dove si sono tenuti i discorsi di rito, presentati da Francesco Brighenti, nei
quali si è ricordato più volte l’opera di Leonardo Caprioli
che ha saputo tracciare nuove vie all’Ana.
Per primo ha parlato Luigi Garofano, capogruppo di
Zogno, che ha dato il benvenuto a tutti i partecipanti;
Giuliano Ghisalberti, sindaco di Zogno, ha ricordato
l’opera degli alpini a favore dell’amministrazione locale;
i colonnelli Biasutti e Rossi hanno evidenziato la simbiosi che esiste tra Bergamo e le Truppe Alpine; il vicepresidente vicario Antonio Arnoldi ha portato il saluto
del presidente Carlo Macalli e ribadito il cordiale legame della sezione con le Truppe Alpine che ha determinato la recente presenza di un reparto del 5° alpini
per le esercitazioni estive in Valle Seriana. Infine il consigliere nazionale Giorgio Sonzogni ha porto il saluto
del presidente nazionale Sebastiano Favero ed evidenziato quanto gli alpini siano un patrimonio indispensabile per l’Italia.
A chiusura il momento più toccante, il dono del capello
alpino di Leonardo Caprioli da parte del figlio Marco alla
Sezione nella persona del vicepresidente Antonio Arnoldi, emozionati entrambi, perché venga conservato
nel museo sezionale; un cimelio che rappresenta una
vita dedicata alle penne nere di una persona che ha
fatto la storia dell’associazione e che resterà per sempre un esempio per tutti gli alpini e gli uomini di buona
volontà.
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5° REGGIMENTO ALPINI
2013: Bilancio di un anno “tipico”
e “straordinario” nel XXI secolo
Il 5° Reggimento Alpini è un’Unità del moderno Esercito
Italiano che, forte delle sue Tradizioni reggimentali,
opera con efficacia al servizio dell’Italia e degli Italiani,
negli scenari più delicati ove si renda necessario schierare forze militari, sia in Patria che all’estero.
Il Quinto è di stanza a VIPITENO (BZ) e si compone di
un comando di Reggimento, una Compagnia Comando
e Supporto Logistico e del battaglione alpini “MORBEGNO”, pedina operativa dell’unità. La sua Bandiera di
Guerra è decorata di un Ordine Militare d’Italia, due Medaglie d’Oro, una d’Argento e una di Bronzo al Valor Militare e una d’Argento di Benemerenza, assegnata per
l’intervento a favore delle popolazioni calabre e siciliane
colpite dal terremoto del 1908.
Nel corso dei suoi 131 anni di storia, il 5° ha partecipato
con i suoi battaglioni, legati per denominazione e reclutamento alle terre lombarde, ai principali eventi bellici
della storia d’ITALIA.
Durante i primi settant’anni, lo troviamo nelle campagne
d’AFRICA, in ERITREA e in LIBIA, nella Prima Guerra
Mondiale sul fronte alpino tenuto dalla IV Armata, nel
corso del secondo conflitto mondiale, sul Fronte occidentale, sul confine greco - albanese e sul fronte russo,
inquadrato nella Divisione Tridentina.
Dalla ricostituzione dopo la seconda guerra mondiale, in
Patria, il Reggimento e i suoi battaglioni hanno svolto e
continuano a svolgere importanti operazioni di soccorso
alle popolazioni colpite da calamità naturali (ultima in ordine cronologico l’alluvione in ALTA VALLE ISARCO nel
mese di agosto 2012, che ha visto il Reggimento in concorso alle forze della Protezione Civile della provincia di
BOLZANO) e operazioni in concorso con le Forze di Polizia, per la salvaguardia delle libere istituzioni, quali
l’Operazione “VESPRI SICILIANI”, “RIACE”, “FORZA
PARIS”, “DOMINO” e “STRADE SICURE”.
Fuori dal territorio nazionale, la nostra Unità, assieme
ad altre dell’Esercito e delle altre Forze Armate, è stata
presente nei principali Teatri Operativi per stabilizzare
aree di crisi, che hanno visto il Reggimento impegnato
dal 2001 in BOSNIA HERZEGOVINA, nell’ambito della
missione “JOINT FORGE”, in KOSOVO per l’operazione “JOINT ENTERPRISE” e in AFGHANISTAN la
partecipazione all’operazione “ISAF”.
Il 5° Reggimento Alpini, grazie alla formazione assicurata ai propri appartenenti dagli istituti dell’Esercito e al
continuo addestramento sviluppato presso le numerose
aree addestrative dell’Alta Valle Isarco e di altre parti
d’Italia, costituisce uno strumento flessibile al servizio
del popolo Italiano, in grado di svolgere tutti i compiti istituzionali previsti per le Forze Armate, sia in ambito nazionale che internazionale, sia in operazioni militari che
in contesti di supporto alle Istituzioni e alle popolazioni
colpite da calamità naturali.
Il Quinto di oggi, conscio della sua intensa e gloriosa
Storia, vive il XXI secolo nel segno di una continuità di
valori che associano gli Alpini di oggi agli Alpini di ieri.
Spirito di Corpo, Professionalità, Coraggio, Disciplina,
Spirito di Sacrificio e Senso del Dovere permeano ogni
attività e ogni operazione sviluppate dalle Donne e degli
Uomini del Reggimento, in linea con i trends espressi
dall’intero Esercito che è Italiano perché è un’Istituzione
al servizio dell’Italia e degli Italiani.
Il 2013 è stato un anno per alcuni versi “tipico”, per altri
“straordinario”, ma comunque un anno di entusiasmo e
soddisfazione per il Comandante e per i suoi Alpini. Per
ripercorrere quanto abbiamo saputo esprimere nel
corso di questi ultimi mesi, potremmo individuare tre filoni principali di azione: le operazioni, l’addestramento e
i rapporti istituzionali e con le comunità locali a noi vicine, sia geograficamente sia affettivamente. Questi tre
filoni, separati solo per esigenze di trattazione, sono di
fatto, per molti versi, interconnessi e parti di un unico
ciclo di attività che concorrono a realizzare il “prodotto
15
operativo” del reggimento, inteso come risultato della
moltiplicazione degli sforzi dei singoli, dei plotoni e delle
compagnie. La coesione e l’affiatamento del fuciliere,
del mortaista, del cuoco, del meccanico e del furiere e
la collaborazione dei loro Comandanti hanno consentito di raggiungere tutti gli obiettivi che ci erano stati assegnati e di raggiungerli in maniera che definirei più che
soddisfacente. In qualità di 50° Comandante sono soddisfatto, non avrei potuto aspettarmi di più da dei professionisti preparati tecnicamente e appassionati alla
loro vocazione!
Ripercorriamolo, in breve, quest’ultimo anno, nel quale
Voi amici dell’ANA di Bergamo avete una parte importante, sia per l’affetto manifestato, assieme alle altre sezioni lombarde, che per il contributo effettivo ad alcune
delle attività addestrative, base irrinunciabile dell’efficienza operativa di qualsiasi unità militare.
1. Operazioni
Il 2013 è stato un anno intenso come tipicamente avviene da almeno tre lustri. Da marzo a settembre, una
compagnia di formazione su base 44^ cp. alpini ha assicurato la protezione della principale base nazionale in
AFGHANISTAN, la Foward Support Base di HERAT,
sede del Regional Command WEST guidato dal nostro
Comandante di Brigata, il Generale Ignazio GAMBA. I
nostri, inquadrati in un’unità interforze (la compagnia era
alle dipendenze di un Ufficiale Superiore dell’Aeronautica Militare), devono essersi comportati molto bene perché sono tornati con molti riconoscimenti e coloro che li
hanno visti operare mi hanno riportato le loro impressioni molto positive.
Chi è rimasto in Italia, però, non è rimasto digiuno di
operatività perché da giugno a dicembre, il Quinto è
stato chiamato a concorrere alla vigilanza e alla protezione di un sito strategico nazionale di prioritaria importanza; il cantiere TAV in Val di Susa. L’esperienza è stata
molto interessante e ci ha fatto ampliare la conoscenza
dell’organizzazione delle Forze dell’Ordine nazionali,
oltre a farci tornare, come reggimento, a Rivoli nella caserma dalla quale i battaglioni del Quinto partirono per
la tragica campagna di Russia nella primavera del 1942.
2. Addestramento
Il valore aggiunto dell’Alpino, oggi come ieri pur con le
migliorie tecnologiche e di equipaggiamento che l’Esercito ha in questi ultimi anni acquisito, si ottiene quando
i procedimenti tecnico tattici della fanteria vengono applicati nel difficile scenario operativo della montagna,
che costituisce una ”palestra addestrativa” insuperabile
(qualcuno, giustamente, parla di “palestra di vita”), che
tempra naturalmente chi l’affronta e nel contesto della
quale anche le azioni apparentemente semplici vanno
valutate attentamente e affrontate con adeguata prepa-
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razione: fisica, psicologica e tecnica.
Sebbene gran parte delle attività addestrative siano finalizzate all’incremento delle capacità più propriamente
combat, non viene mai trascurata la specificità delle
Truppe Alpine, ovvero la capacità di muovere ed operare in un ambiente difficile, compartimentato ed in condizioni meteorologiche anche molto avverse come
quello montano.
E il 2013 è stato un anno intenso anche per l’addestramento che viene cadenzato da esercitazioni che segnano l’apice di una continua e giornaliera attività
durante la quale l’individuo, la squadra, il plotone e la
compagnia migliorano le loro conoscenze e capacità
tecniche e di coordinamento. Elencare tutti i momenti
addestrativi del 2013 sarebbe sinceramente impossibile
in poche righe; ricordiamo solo quelli più esaltanti. Abbiamo iniziato con i CASTA durante la 1^ settimana di
febbraio, dove siamo stati al centro dell’evento clou dei
Campionati con l’esercitazione dimostrativa AQUILA
BLU 2013 nella piana di Dobbiaco e con la vittoria del
Trofeo Buffa da parte di uno splendido plotone, esemplare per la tecnica, ma soprattutto per la coesione militare che ha dimostrato.
Ancora, il 5° Reggimento Alpini ha svolto, nel 2013, le
escursioni invernali al PASSO DEL TONALE e quelle
estive sulle OROBIE, “ospite” dell’ANA di BERGAMO.
Interessantissimi gli itinerari percorsi anche se a causa
dell’innevamento ancora presente sulle cime, CIMA
COCA l’ha salita solo una sparuta rappresentanza con
il Comandante della 107^. Ottima l’occasione per testare le capacità di supporto logistico della CCSL, accampata a CLUSONE e per provare l’equipaggiamento
per il pernottamento in quota. Eccezionale, infine, l’accoglienza dell’Alta Val Seriana che ha rivisto gli Alpini in
zona dopo molti anni. Più in generale, nella normale vita
del reparto, l’attività di specialità svolta in ogni periodo
dell’anno occupa una gran parte dei periodi addestrativi.
3. Rapporti con la Società civile
L’anno è iniziato all’insegna del ricordo e della Storia del
reggimento con la partecipazione della Bandiera di
Guerra e di una compagnia d’onore alle celebrazioni del
70° anniversario di NIkolajewska a Brescia (26 gennaio). In quel fine settimana, a Milano presso il Comando
Militare
Esercito
Lombardia,
una
rappresentanza assieme ad una folta schiera di amici
dell’ANA delle province lombarde ha scoperto una targa
a ricordo dei 130 anni dalla costituzione.
La festa del reggimento cade l’8 giugno, anniversario
dei combattimenti di MONTE FIOR e CASTELGOMBERTO (1916) dove il Battaglione “MORBEGNO” si
guadagnò la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Quest’anno l’abbiamo festeggiata il 6 giugno con una grandissima adesione e concludendola con un concerto
della Fanfara in Piazza Città a VIPITENO.
Nel mese di novembre successivo, una contenuta rappresentanza ha partecipato ad una serie di cerimonie
nella zona di FOZA e ha potuto raggiungere proprio
l’area della battaglia per deporre una corona ai Caduti
assieme alla Sezione ANA “Monte Ortigara”. In quell’occasione, abbiamo potuto assistere ad una interessantissima conferenza sulla Storia dei battaglioni Alpini
e Bersaglieri che si aggrapparono alle pendici meridionali dell’Altopiano di ASIAGO per impedire al nemico di
dilagare nella pianura veneta.
Queste cerimonie, così come per tutte le altre tutte le
cerimonie che riguardano il Reggimento (Colico, Lecco,
Morbegno, Albino, l’adunata sezionale dell’ANA di BER-
GAMO, ecc.), le relazioni con il personale in congedo
sono sempre considerate di massima importanza, sia
nei confronti degli ex-appartenenti al Reggimento, sia
con i soci delle Associazioni Combattentistiche e
d’Arma, in particolare con l’Associazione Nazionale Alpini. Inoltre, non meno importanti sono i contati e i rapporti con le istituzioni locali, sia del comune che ospita
la sede reggimentale, sia con le Amministrazioni dei comuni e delle provincie legate alla storia del Reggimento,
e a quelle legate da profonda amicizia per aver dato, nel
corso della sua plurisecolare vita, alpini al glorioso
Quinto. Tra queste sono da ricordare la città di Bergamo, legata da profonda amicizia e sempre presente
con il gonfalone comunale alle più importanti cerimonie
del 5° Alpini e la sezione ANA che non manca mai di dimostrare l’affetto e l’amicizia agli Alpini del nostro bel
reggimento.
Nonostante i suoi 131 anni di storia, il 5° Reggimento
Alpini è un’unità dell’Esercito Italiano che sa rispondere
alle sfide di un mondo in continua evoluzione. I suoi appartenenti sono Alpini d’Italia e per l’Italia, al servizio
della collettività, pronti all’impiego, operativamente flessibili e tecnologicamente al passo coi tempi, efficaci perché capaci di coniugare allo stesso tempo Tradizioni,
Spirito di Servizio e Professionalità.
E sono Alpini da 131 anni fedeli al motto del 5°: “Nec videar dum sim”, non per apparire ma per essere.
Colonnello Michele Biasiutti
17
IL 5° ALPINI A BERGAMO
I
i Alpini sono a Bergamo ormai da tempo, apprezzati per il servizio “strade sicure”, la città
e l’hinterland sono i luoghi in cui li si può incontrare, non certamente sui monti come
converrebbe a reparti che in tale ambiente dovrebbero essere presenti, non fosse altro che per il nome.
Fin dall’adunata 2010 stavamo chiedendo ai Comandi interessati di potere ospitare nella nostra provincia un Reparto almeno per quello che noi abbiamo
conosciuto come campo estivo o escursioni estive.
Dopo vari rinvii, dovuti alle esigenze di servizio, finalmente gli Alpini sono tornati. Base a Clusone, un plotone di Alpini da poco giunti al 5° Reggimento Alpini,
preceduti da una aliquota di Alpini guidati dal Capitano Massimi che
hanno istallato le
strutture logistiche di
servizio, sono giunti
a Clusone.
Per essere certi di
avere gli Alpini a Clusone avevamo anticipato la preparazione
del campo.
A ripulire l’area da
rovi, stendere la
ghiaia per chiudere
qualche buca sulla
strada e spianare alcuni dossi è stato
compito di alcuni Alpini dei Gruppi dell’altipiano, Clusone in testa, sotto la guida di Aldo
Consonni, cui non difettano certamente capacità, disponibilità e soprattutto determinazione. Alla Protezione civile sezionale il compito di predisporre gli
allacci ai servizi tecnologici e di istallare i container
per i servizi e la cucina. Manzoni, Granelli e collaboratori hanno risolto i problemi in modo egregio, nell’area resa disponibile da Padre Arturo della Casa
dell’Orfano che ha consentito di effettuare anche gli
allacci ai servizi tecnologici necessari. Disponibilità di
cui sapremo ricordarci a tempo debito.
La presenza del 5° ha interessato diversi comuni.
Clusone, ove è stata allestita dal Reparto una mostra
di mezzi, materiali ed atrezzature in una piazza;
Onore ove Alpini del 5° e personale ANA hanno organizzato una giornata di arrampicata per i ragazzi
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nella palestra di roccia; Castione della Presolana ove
si è tenuto un concerto del Coro Brigata Alpina Tridentina in congedo attivato dal personale del Reggimento. Infine i Comuni di Fino del Monte e Rovetta
hanno visto la presenza del Reparto in armi alla cerimonia tenutasi al termine della presenza del Reparto.
Non è possibile dimenticare il CAI, nella persona di
Piermario Marcolin, Presidente dell’Associazione che
ha consentito agli Alpini di essere ospitati al Rifugio
Mario Merelli al Coca, per il pernottamento durante la
percorrenza del sentiero delle Orobie, con la disponibilità dei gestori del rifugio.
Infine numerosi Gruppi della Sezione hanno voluto
ospitare gli Alpini per una cena a fine del periodo di
permanenza.
Un modo per incontrare gli Alpini di
adesso, capire cosa è
cambiato, ricordare
luoghi e persone, ma
soprattutto per rinsaldare un vincolo mai
venuto meno tra chi
nelle caserme alpine è
passato e chi ora vi si
trova in servizio.
È stata un’esperienza
cercata, voluta e sentita, i bergamaschi
aspettavano di avere
conferme che il loro 5°
è un Reparto forte e vitale. Un Reggimento con cui mantenere attiva la collaborazione che ha consentito di consegnare
materiali e medicinali da portare in Afghanistan nel
periodo di presenza in quel teatro.
Un Reparto che pur con la presenza di Alpini provenienti da tutte le regioni d’Italia e non solo del territorio lombardo, continua a parlare una lingua nota,
quella dell’appartenenza ad un Reggimento carico di
storia e di sentimenti di intere generazioni che hanno
avuto, tanti purtroppo nella sfortuna delle vicissitudini
della guerra, altri nel più o meno lungo periodo del
servizio militare, la possibilità di diventare Alpini.
La narrazione della presenza del 5° in territorio bergamasco viene lasciata ad uno dei partecipanti, al Tenente Mondin che ha guidato sui sentieri orobici gli
Alpini del 5°.
CAMPO ESTIVO
SULLE ALPI OROBICHE
N
ello scorso mese di luglio ha avuto luogo il
campo estivo del 5° Reggimento Alpini sulle
Prealpi orobiche a CLUSONE (BG). L’attività
ha coinvolto parte della 107^ Compagnia del
battaglione Alpini “MORBEGNO”, che ha costituito il
grosso dell’aliquota marciante, e parte della Compagnia Comando e Supporto Logistico.
Le escursioni estive rappresentano il culmine dell’addestramento di specialità in ambiente montano e quest’anno, con il suo svolgimento sulle OROBIE, ha
costituito anche un “ritorno alle origini” per il 5° Reggimento Alpini, che per decenni ha avuto fra quelle montagne una delle sue zone di reclutamento storiche.
La 107^ Compagnia Supporto alla Manovra, che nelle
settimane precedenti al campo era stata rinforzata con
personale neo assegnato alle Truppe Alpine, ha costituito la “compagnia guida” dell’attività, che ha seguito
l’addestramento propedeutico dei nuovi arrivati, sia dal
punto di vista della preparazione fisica che da quello
della disciplina del movimento in montagna.
Durante la prima settimana è stata ripercorsa parte dell’Alta Via delle OROBIE. Partiti da VALCANALE, gli alpini sono passati per il rifugio ALPE CORTE, il
GEMELLI, fino al rifugio COCA e CURÒ per poi scendere a VALBONDIONE. Al LAGO DI COCA si è svolta
una breve cerimonia fra Alpini, sezione ANA di BERGAMO e CAI di BERGAMO,
Da Comandante della 107^ Compagnia, mi piace ricordare qui, con una punta di campanilismo, la piccola
ma emozionante parentesi dell’ascesa al PIZZO DI
COCA, effettuata subito dopo la cerimonia assieme all’amico Paolo VALOTI, instancabile ex presidente del
CAI di BERGAMO, conosciuto qualche settimana
prima durante le ricognizioni delle marce e con il quale
abbiamo toccato la neve in vetta alle 20 circa, mentre
un bel sole estivo splendeva sulle montagne bergamasche. Durante il fine settimana sono state svolte con
l’aiuto dell’ANA, del CAI, della Protezione Civile e con
il CNSAS una serie di altre attività a stretto contatto con
la popolazione, come la prova di arrampicata per giovani e bambini, il concerto del coro della BRIGATA ALPINA TRIDENTINA, la Santa Messa e la cerimonia
dell’Alzabandiera.
Nella seconda settimana, le attività del campo hanno
invece avuto una connotazione più propriamente tattica, con lo svolgimento di una esercitazione a “partiti
contrapposti” nelle vicinanze di CLUSONE. La novità
rappresentata dall’area addestrativa ha reso le attività
ancora più reali.
Dopo due settimane intense dal punto di vista addestrativo e dello sforzo logistico, colgo l’occasione per
ringraziare l’ANA di BERGAMO e i suoi gruppi, la Protezione Civile dell’ANA e il CNSAS per l’aiuto nell’attività
di arrampicata per bambini e il supporto tecnico durante
l’attività di marcia. Ancora, il Coro della BRIGATA ALPINA TRIDENTINA che ci ha allietato con i suoi canti.
Da ultimo, ringrazio a nome della mia Compagnia i gestori del rifugio COCA, che ci hanno ospitato ed il CAI
di BERGAMO per il supporto tecnico nel muoverci
lungo i sentieri della montagna bergamasca.
Il campo estivo a BERGAMO è stata l’occasione per il
ritorno in una parte delle nostre montagne che non vedeva un reparto alpino in attività dal lontano 1992. Il 5°
Reggimento Alpini, impegnato fra l’altro nell’operazione
“STRADE SICURE”, ha finalmente potuto raccogliere
l’invito dell’ANA di BERGAMO, svolgendo le escursioni
in una delle zone “storiche” di reclutamento del reparto,
circondati dall’affetto di una popolazione legata da sempre ai suoi alpini.
Tenente Alessandro Mondin
19
AVVICINAMENTO ALLA MONTAGNA
CON IL 6° ALPINI
U
na settimana sui monti con gli Alpini, l’esperimento che abbiamo condotto grazie alla
collaborazione del Comando Truppe Alpine
a San Candido, è quanto troverete nelle relazioni che seguono, quella di una ragazza che vi ha
preso parte e quella di una accompagnatrice con il
ruolo di responsabile di una delle sette squadre in cui
erano suddivisi i partecipanti.
Doverosamente i ringraziamenti al reparto che ce ne
ha data l’opportunità, il 6° Reggimento Alpini, al Comandante Col. Rossi e a tutto il suo personale, cominciando dai preparatissimi istruttori che hanno dato
dimostrazione della grandissima professionalità dei
nostri Alpini in servizio.
Grazie agli accompagnatori dei ragazzi, capisquadra
che li hanno seguiti passo passo, mettendosi in gioco
con la giusta fermezza, comprensione ed anche fisicità per una iniziativa che non rientrava nella quotidianità delle singole persone. Grazie ai nostri Alpini che
con il proprio lavoro ed impegno sono stati presenti
20
nella gestione del corso, ma anche a chi facendo interventi di manutenzione a Villabassa, ha dato “man
forte” per la riuscita.
Grazie ai ragazzi, non semplici comparse, ma attori
ed attrici di una storia che hanno costruito con noi,
giorno dopo giorno, con allegria, spontaneità, qualche
piccola contrarietà, ma tanto, tanto entusiasmo ed accettazione di regole mai prima sperimentate.
I resoconti ufficiali e le analisi le rinviamo più in là,
anche se devo riduttivamente dire: esperimento positivo ed indimenticabile.
Ora limitatevi a scorrere le prime note dei partecipanti,
le troverete interessanti.
“S
u pe’ i monti, su pe’ i monti…”, come dice
una famosa canzone degli alpini, è una
frase che riassume in modo simpatico la
nostra esperienza di avvicinamento alla
montagna. Eravamo tra i monti come località montana,
ma siamo stati proprio “su pe’ i monti” nel vero senso
della frase!
È stata una settimana molto intensa di attività. Si iniziava la giornata la mattina presto: la sveglia era alle
ore 6:30; per noi ragazze che dormivamo in 14 in
un’unica stanza (l’ex infermeria della caserma, oggi adibita a dormitorio femminile) era invece alle 6:10. Subito
dopo ci aspettava l’adunata per la colazione e, poi l’alzabandiera, un momento importante che ci ha particolarmente colpito e coinvolto emotivamente. Noi ragazzi
eravamo disposti in fila e in ordine di squadra. Ed eccoci, qualche istante dopo, tutti sull’attenti, mani diritte
lungo i fianchi, sguardo rivolto verso la bandiera, pronti
a cantare l’inno nazionale, mentre il militare addetto alzava il tricolore. Era commovente alla fine dell’inno (per
intenderci, a: “… l’Italia chiamò: SÌ! ”) sentire quel “SÌ!”
riecheggiare nel cortile della caserma; un “SÌ!” convinto,
gridato all’unisono da tutti, ragazzi e militari. Chissà
quante volte, soprattutto noi ragazzi, quando cantiamo
questo inno non pensiamo al reale significato di questo testo che, invece, ci è suggerito dal suo vero titolo
che è propriamente “Il canto degli Italiani”. L’alzabandiera che mi è rimasto nel cuore, è quello svolto da due
lagunari (i militari che prestano servizio a Venezia) che
hanno pronunciato durante questo rito il motto: “San
Marco!”. Durante la giornata, in base al programma previsto, ci attendevano lezioni teoriche, oppure pratiche
(ovvero le escursioni). Le lezioni teoriche si sono svolte
in caserma. Alcune sono state tenute dal personale civile dell’A.N.A.: la protezione civile, il nucleo cinofilo, il
soccorso alpino del C.A.I. di Bergamo. Ci sono state
date interessanti nozioni sul soccorso in montagna con
cani, sugli incendi boschivi, sui pericoli in montagna,
sulle trasmissioni via radio. Altre lezioni teoriche sono
state tenute da istruttori militari che, con competenza, ci
hanno parlato dei pericoli della montagna e della prevenzione. Gli stessi militari, con molta pazienza e passione, ci hanno poi seguito nelle uscite. Ricordo con
molto piacere le lezioni sui nodi (sono nodi basilari per
fare arrampicate e ferrate) tenute dal maresciallo Beikirker (alpino del 6°) e dai suoi istruttori-collaboratori.
Anche a noi, alla fine spuntava un bel sorriso quando i
nodi erano ben fatti e quando il maresciallo annuiva (da
immaginare con una bella pronuncia alla tedesca):
“Bravi ragazzi, ben fatto!”. Non credevo che i militari fossero così disponibili e aperti con noi. Durante la nostra
permanenza abbiamo potuto chiacchierare molto con i
militari presenti in caserma sulle nostre impressioni e
curiosità riguardo alla loro scelta di vita. Ho avuto anche
l’occasione, una sera, insieme ad alcune amiche, di “intervistare” tre militari-donne. Le giornate più pesanti
sono state quelle delle camminate. Anche le ferrate e le
arrampicate (rigorosamente su roccia!) non erano da
meno, soprattutto per chi non era tanto abituato o
aveva un po’ di paura! Per fortuna i momenti delle
escursioni erano intervallate da interessantissime spiegazioni sulla storia della Grande Guerra (come è accaduto durante la prima uscita in montagna). Bisogna
dire, infatti, che in questi territori (San Candido, Sesto,
e vicinanze) molti luoghi, sentieri e paesaggi - che si è
soliti percorrere e ammirare con tranquillità - sono stati
teatro, invece, di storie tragiche del primo conflitto mondiale in quanto zone di fronte italiano e austriaco. Alla
fine la fatica si faceva sentire: dolori alle gambe, alla
schiena e alle spalle per il peso degli zaini, le vesciche
ai piedi e le ginocchia gonfie per i più “veci”! Ma lo
sforzo e la stanchezza sono state ricompensate dai
paesaggi mozzafiato: ovunque si volgeva lo sguardo si
era circondati da un grande cerchio di vette innevate.
La giornata, dopo la cena, si concludeva con la libera
uscita. Ha fatto eccezione una serata, uno dei momenti
più toccanti di tutta questa esperienza, in cui un militare
ci ha parlato della sua esperienza in Afghanistan. Ci ha
raccontato, attraverso un filmato, di come si svolge la
vita in quei luoghi di guerra (sia dal punto di vista sociale
che militare), di cosa fanno e di come sono organizzati,
come passano le giornate e le notti. Si è soffermato
anche su cose più tecniche, per esempio sui mezzi che
hanno in dotazione gli italiani e che erano presenti
anche in caserma a San Candido.
Questa settimana è stata una delle esperienze più belle
e significative che abbia potuto vivere finora (e su questo saranno d’accordo tutti i miei compagni di viaggio,
almeno spero!). Ho scelto di partecipare perché mi
piace la montagna e l’ho sempre praticata, ma volevo
provare qualcosa di nuovo. Sono stata molto soddisfatta e sono riuscita a trovare quel “qualcosa di nuovo”
che mancava alle solite vacanze. Ho riscoperto i valori
dell’amicizia, della collaborazione, del rispetto e dell’adattamento alle diverse situazioni. Non dimenticherò
mai i sorrisi e lo sguardo stupito di tutti i ragazzi e le ragazze che hanno vissuto con me questa settimana.
Grazie a tutti, grazie agli Alpini dell’A.N.A. di Bergamo
(e al suo mitico Presidente), ai militari e al personale
della caserma, ma più di tutti grazie ragazzi (di tutto).
21
DALLA CASERMA CANTORE
ALLA CASERMA FIOR DI ROCCIA
P
artiamo da due affermazioni:
- Dal momento che è
stato sospeso il servizio di leva è gradualmente
cresciuta l’attenzione per il futuro dell’Associazione Nazionale Alpini a seguito della
conseguente diminuzione dei
soci.
- La presenza di un gruppo di
ragazzi bergamaschi alla caserma Cantore di San Candido è stato un esperimento
della Sezione di Bergamo per
capire se l’essere Alpini suscita ancora un qualche interesse nelle generazioni più
giovani.
Le due questioni non sono disgiunte l’una dall’altra,
anzi sono le due facce della stessa medaglia che meritavano un’attenzione particolare, cui la Sezione di
Bergamo si è dedicata nel corso del 2013.
L’A.N.A. da tempo sta valutando quali sono le conseguenze della sospensione della leva e la ineluttabile contrazione nel numero degli associati. In questo
senso il Presidente emerito Corrado Perona non ha
perso tempo quando presenziando agli incontri con i
Capigruppo organizzati in tutte le Sezioni ha voluto
sentire i pareri degli Alpini sull’argomento.
Sempre sull’argomento è stato chiaro il Presidente
Sebastiano Favero, che ha richiamato con forza l’attenzione circa il fatto che una decisione, così importante per il futuro dell’A.N.A. non potrà essere
procrastinata a lungo, anzi il Consiglio Nazionale
dovrà riassumere le varie ipotesi, individuare i possibili scenari ed infine fare delle scelte.
Anche gli Alpini di Bergamo hanno detto la loro e,
sempre nel rispetto delle competenze della Consiglio
Nazionale, pensano che il futuro associativo non può
essere solo visto nell’ottica del recuperare Alpini in
congedo al momento non iscritti; oltretutto anche il
loro numero va diminuendo in funzione dell’età in
modo coerente con la diminuzione del personale
chiamato negli ultimi anni a prestare servizio di leva.
Per analogia il futuro dell’A.N.A. non può essere neppure il cooptare tutti quelli che, non avendo fatto l’Alpino, ne farebbero volentieri richiesta risolvendo il
problema numerico, ma scardinando anche statutariamente il principio dell’appartenenza dell’A.N.A. al
22
Caserma Cantore a San Candido
novero delle Associazione d’Arma. * (nota)
Negli ultimi tempi, cosa che l’A.N.A. ha sempre detto,
si sono fatte più numerose le prese di posizione circa
il ripristino non della leva, non di un servizio civile
retribuito come quello in essere, ma di un servizio
gratuito dei giovani per la collettività nazionale.
Certo non un anno di tempo, ma qualche mese; non
per qualcuno sì ed i furbi no. Per tutti:
chi nelle istituzioni pubbliche e nei servizi sociali, chi
nella protezione civile e chi nelle forze armate. Ne
guadagnerebbero tutti, la collettività nazionale, ma
soprattutto gli stessi giovani.
Per qualche annoiato giovanotto potrebbe sembrare
tempo sprecato, ma tanti incomincerebbero a comprendere che pulire muri e marciapiedi invece di imbrattarli è onesto e dignitoso, così come in qualsiasi
attività svolta al servizio degli altri.
Tutti avrebbero modo di vivere una esperienza a contatto con altri coetanei, portando qualcosa di sé e
mutuando esperienze di altri; qualcosa di simile a
quello che abbiamo vissuto noi durante il nostro servizio militare.
Se poi un giovane arrivato nelle Forze Armate, in un
ruolo temporaneo di servizio, maturasse il convincimento di provare ad accedere al servizio effettivo
consapevole dei numeri ridotti oggi necessari nella
difesa, sarebbe proprio il classico “partire dalla gavetta”.
Parliamo ora del secondo aspetto indicato all’inizio.
Abbiamo voluto capire se i giovani avevano interesse
a partecipare ad una iniziativa che, pur somigliando
Al cospetto del Monte Bianco
ad una vacanza in montagna praticando attività sportive quali la palestra di roccia, l’arrampicata e le
escursioni, comportasse anche il rispetto di regole,
la convivenza con persone conosciute solo da poche
ore, insomma passare dalle abitudini di casa propria
ad una vita con i tempi scanditi da altri.
Ebbene, una settimana alla Caserma Cantore in San
Candido, ospiti del 6° Reggimento Alpini, è stato il
riuscito banco di prova per 45 tra ragazzi e ragazze
di sperimentare il convivere con altri nel rispetto di
regole abbastanza desuete nella vita di un giovane,
lamentando alla fine come i giorni fossero stati troppo
pochi e chiedendo di poter ripetere l’esperienza.
La Sezione ha così potuto valutare come ci sia ancora interesse per il mondo degli Alpini, per la loro
storia, i loro ideali, ma soprattutto il desiderio e l’esigenza dei nostri giovani di avere riferimenti importanti per le future scelte di vita.
È stata una bella esperienza, le giornate sono trascorse a contatto con gli Alpini del 6°Reggimento,
istruttori capaci di far conoscere il modo di vivere la
montagna e la natura, apprezzando anche le difficoltà fisiche personali oltre a quelle metereologiche e
del terreno.
Alle attività di montagna sono state alternate visite al
museo di Sesto Pusteria, lezioni con personale della
Protezione Civile ed anche la conoscenza di altre
specialità dell’Esercito, essendo presenti in caserma
anche reparti non alpini per attività di addestramento
in aree di montagna.
In altri articoli l’esperienza vissuta dai ragazzi viene
descritta in modo più articolato. Quì riprendiamo il discorso per riferire che alla Sezione di Bergamo è rimasto il compito ancor più stimolante di saper
riproporre l’esperimento, rivedendo nel caso le modalità, i tempi e il personale da coinvolgere.
Allo scopo è stato anche interessante ed utile avere
avuta la possibilità di avere ospite a luglio di quest’anno sulle nostre Orobie il 5° Alpini in attività addestrativa. Utile perché molti ci hanno chiesto di
essere tramite con il reparto per poter partecipare a
qualche escursione congiunta, piuttosto che visitare
il campo base o avere gli Alpini come ospiti nei vari
paesi. Specialmente i giovani ci chiedevano queste
cose e questo ci conferma quanto già espresso
sopra.
Da queste iniziative si è consolidata l’opinione, come
già avevamo pensato, che potendo disporre di una
struttura adeguata, avremmo potuto proporre ad un
maggior numero di giovani l’iniziativa sperimentata a
San Candido, collaborando con la nostra Protezione
Civile, per avvicinare i giovani all’A.N.A.
Come avevamo cominciato a discutere con le Autorità militari, si è ipotizzato di poter utilizzare la caserma Fior di roccia in Val Veny a Courmayeur.
L’ipotesi è di collaborare nella esecuzione di opere
di adeguamento per poter poi utilizzare la struttura
per le attività con i giovani, come sopra indicato, ma
anche per la nostra Protezione Civile, gli atleti dell’A.N.A. e più in generale per le iniziative oltreché sezionali, anche dei Gruppi.
Lo spirito non è di avere una casa vacanze di lusso,
ma una struttura adeguata alle esigenze, anche un
po’ spartana certamente, ma in una zona stupenda ai
piedi del Monte Bianco.
Sarà tutto semplice? Non possiamo saperlo, il Comandante del Centro Addestramento Alpino, Gen.
Antonio Maggi, da cui la struttura dipende, in un recente incontro ci ha ribadito di non dubitare della capacità degli Alpini bergamaschi e questo giudizio non
può che darci fiducia. I risultati speriamo poterli descrivere nel prossimo Almanacco.
Caserma Fior di Roccia a Courmayeur
* (nota) La legge 11 luglio 1978, n. 382, recante “norme di principio sulla disciplina militare”, prevede, all’articolo
20, terzo comma, che il Ministero della difesa con proprio decreto stabilisce, fra l’altro, le norme di collegamento con
i rappresentanti dei militari delle categorie in congedo e dei pensionati delegati dalle rispettive associazioni.
Il DM 5 agosto 1982, concernente “norme di collegamento della rappresentanza militare con i rappresentanti dei
militari delle categorie in congedo e dei pensionati”, prevede, all’articolo 1, comma 1, che le associazioni combattentistiche e d’arma “che contemplano nei propri atti costitutivi l’acquisizione della qualità di socio in base al requisito dell’essere militari delle categorie in congedo o pensionati, e che prevedono tra i propri fini sociali la
tutela degli interessi morali e materiali dei propri associati sono iscritte, a loro richiesta (…), in apposito albo tenuto dal Ministero della difesa”
23
INCONTRI
CON GLI ALPINI
IN SERVIZIO
D
a tempo gli alpini in servizio sono di casa nella nostra città. Nell’agosto 2009 sono arrivati per la
prima volta a Bergamo per l’operazione “Strade
Sicure” gli alpini del 5° Reggimento. A loro sono
seguiti quelli del 2° Reggimento Artiglieria Terrestre, del 7°
Reggimento Alpini, dell’8° Reggimento Alpini, del 2° Genio
guastatori e di nuovo quelli del 7° Reggimento Alpini fino a
al giugno 2012.
Successivamente si sono alternati militari di altri Corpi sostituiti dal 22 marzo del 2013 dal 24° Reggimento di Manovra Alpino e guidati dal tenente Davide Tommasini. Dal 20
giugno sono stati rimpiazzati dagli alpini del 6° Reggimento
di stanza a Brunico e del Centro Addestramento Alpino di
stanza a Aosta comandati prima dal tenente Patrik Kemenater e successivamente dal tenente Baron.
Inoltre nel mese di luglio nelle Prealpi orobiche ha avuto
luogo il campo estivo del 5° Reggimento che ha saldato
ancor di più i vincoli di amicizia.
Non è mancata la partecipazione dei militari alle nostre manifestazioni ed in modo particolare a settembre quando in
occasione dell’Adunata sezionale erano presenti il Col. Michele Biasiutti Comandante del 5° Alpini ed il Col. Luigi
Rossi Comandante del 6° Alpini.
D’altra parte il Vessillo della sezione è stato presente il:
-27 gennaio a Milano per la ricorrenza del 130° di fondazione del 5° Reggimento Alpini,
-8 febbraio a San Candido per i Ca.Sta.
-4 aprile a Torino per la Cerimonia rientro Brigata Taurinense
dall’Afghanistan
-6 giugno a Vipiteno per la Festa di corpo 5° Alpini
-4 ottobre a Udine per la Cerimonia rientro Brigata Julia dall’Afghanistan
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DELL’ORTIGARA
I
l coro tacque, alla fine. Si spense, estenuato da quell’attesa sfibrante d'albe e di
brume, in un silenzio come ammaccato e
doloroso.
Mossali sollevò alta la fiasca della sgnappa: avanti
Savoja! Una fiasca, un'offensiva: alle fiasche di Cadorna, che si arriva a Trento!
Da giorni per il reparto circolava la voce che sarebbe prossimo l'attacco.
Tutto l'altopiano fumigava sporche filacce d'una
bruma di stoppa e, sotto, brulicava l'opera incessante delle formiche operaie: grigioverdi e grigioazzurre, tra cunicoli e rottami arrugginiti. Una corona
color di mota circondava il paciugo: denti frastagliati
di quella bocca spalancata, che ingoiava le divisioni
come gherigli di noce; e i nomi di quelle gengive
snudate mettevano paura: Cengio, Zebio, Tondarecar, Kaberlaba, Castelgomberto...Il nome più
oscuro, presagio del nulla, non era lontano, stava
proprio dietro il roccione sbreccato di cima Caldiera:
l'Ortigara! Di là, anzi, sporgendosi un po'dalla lunetta dell'osservatorio, la si poteva vedere, la meta
puttana: insignificante in altri giorni, d'alpenstock e
di marmellate al sacco, magnetica, in quel terzo giugno di guerra, per tutta la generalitudine al gran
completo: parafulmine di ogni disfattismo, panacea,
duemilacentoetanti metri sul mare nostrum; ben più
vicina, ahimè, sporgentesi, quasi, sul mare tenebrarum, sul limitare di Dite.
L'attacco sarebbe prossimo; imminente, invero,
come assicurava il caporale Verduzio, crollando le
cotenne, informato, proprio lui, greve di patrii taleggi, trasudante buaggine, da chissà quali empirei
gallonati: dal Di Giorgio, perchè no, telepaticamente.
Di Giorgio comandava la 52a divisione: penne nere
di Piemonte, di Lombardia, delle Venezie, riunite
tutte assieme per il gran ballo. All'inizio, il Comando
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Truppe Altipiano aveva deciso di giocarsi la carta
verso la Val Sugana, scalzando dall'orlo dell'acrocoro il gran corpo metallico dei Kaiserjaeger, l'Eiserne Korps, che sbarrava la via di Trento. Poi,
molto italianamente, le azioni principali erano diventate due, sui due lati dell'altopiano: Casara
Zebio e passo Portule.
A cima Caldiera lo sapevano tutti che non c'era abbastanza sangue per alimentare i due scannatoi; si
sarebbe dato di cozzo a casaccio, freneticamente,
un po’ qui e un po’ là, dando lavoro alle regie poste,
ai regi scavafosse, senza avanzare di un passo. E
il tempo ultimo della loro vita scendeva limaccioso
nella clessidra del destino. Con monotonia di maglio e di molino, tambureggiava, dalla sua tana, tra
i boschi, l'ansante ippopotamo da 149 e sputava i
suoi semi d'acciaio con ronzii regolari, sull'immenso
bacile dell'altopiano. Sotto, avvicinando lo sguardo,
come da una specola, frammezzo alla luminaria,
braccia e teste e pacchetti di sigarette e mani e matite copiative dell’imperiale e regio esercito divenivano polta e fango e sangue: povere mogli dei
Tognini!
Ma, per Paolù, accovacciato tra i ciottoli puntuti di
cima Caldiera, aderendovi con arte di biscia, era
solo un accendersi e spegnersi, brevissimo, di fari
nella nuvolaglia, laggiù, verso Gallio ed Asiago.
Come aspettare il tuono, d'estate, quando fa burrasca, ed esserne sempre un poco stupiti, per i tempi
lunghi e per l'ovatta dei suoni. Vedeva passare, un
po'curvi, frantumi bigi d'uomini, simili ai sacconi del
melgotto, silenziosi nella campana dei loro pensieri,
primordiali. Lui pure, Paolù, taceva, dopo l'euforia
breve del canto e ruminava di cose semplici e lontane: forse, belle solo perchè lontane.
Di poca poesia è il pensiero del soldato, non vi cape
la fredda determinazione: vi si trova, semmai,
un'enorme, definitiva, chiarezza nel giudicare i pesi
d'uomini e cose. E’ come un'ipocondria che sveli la
fragilità del nostro esistere: onde si riflette sulla salute perduta, sul suo valore intrinseco, potremmo
dire, e si è cosparsi, noi e tutti gli strafottuti filosofi
con noi, dell'umida paura ch'è, prima o dopo, il sudario in cui l'uomo si avvolge. Anticipo della morte:
del sudario definitivo. E quale malato è più grave di
quello che, sano e forte (altrimenti non l'avrebbero
preso: sarebbe rimasto a casa, con mammà e con
fifì e con mimì), si trovi a vivere con una specie di
Damocle malnato che gli penzoli sulla zucca la sua
spadona? Vero è ch'egli nutre la più grande delle
speranze: guarisci o muori, quasi fosse cura prodigiosissima, ma pericolosissima, l'assalto.
Così Paolù pensava alle pietre tonde, sul greto
secco del fiume e ad una capra che non voleva entrare nello stabbio. Ed era vivo e presente il volo
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orbo del moscone e l'odore modesto del prezzemolo. Dormiva, a tratti, con la sensazione fredda del
casco d'acciaio contro la guancia: un torpore di primavera agli sgoccioli, le rughe irregolari del moschetto sotto i polpastrelli.
Percepiva, come da mondi lontani, le voci animate
di Betelli e Goisis, che discutevano come veri strateghi. Intendiamoci, gli alpini mica sanno cosa decidono i veri strateghi, e che loro sono numeri sulle
statistiche della morte, e che lei, paziente, affila la
ranza! Sulle direttrici d'attacco a quel mammellone
consunto, impietrato e sterile che doveva aprir loro
la via di Passo Portule, la Val Sugana, Trento, la Val
D'Isarco, Innsbruck, Berlino, il Polo Nord...Laggiù
oltre le brume di giugno che sembrava un novembre, in una bella villa con le balaustre in pietra serena, qualcuno vigilava sul gran giorno: davanti a
lui un plastico, con tante bandierine colorate; dietro,
una fotografia appesa al muro, col ritratto di un
omino baffuto che ghignava.
- Vedrai che ci faran salire dal Coston dei Ponari,
dal Lozze..non ce n'è d'altre vie: è un'erta ma ci si
sale: ardela fogliò - faceva il gesto - è come un spigolo smussato, una polenda matta! - perorava Betelli, gesticolando largo, da sensale.
E Goisis scuoteva il testone quadro, col sesto senso
de'poveri nei riguardi d'ogni decisione deputata ad
altri (a l'è ona ciulada!). Senza rassegnazione e
senza speranza, con un rancore disilluso.
- L'Agnellizza ci faranno fare, diolupo, vedrai
te..l'Agnellizza! E poi che nomm, ostie, cossa gh'entrerà?Qualcuno che tentava d'assopirsi (Oh Teresina, che
belle braccette che ci hai!) strillò: “Sito docà!”. Sembrava d'esser ancora in Francia, con gli altri bergamini a spaccar pietre; e ci si aggrappava al proprio
dialetto per tener vivo quel po'di casa e non farsi capire dai mangiarane.
Paolù si riscosse, tirò fuori dal tascapane un tocco
di formaggio un po'muffoso, di quello che non
manca mai nelle saccocce di un montagnino e che
raduna tutti i pelucchi e le scorie di anni di fustagni
indossati, ed iniziò, lentamente, a gramolarlo. Non
un pensiero. Scendevano, coi loro tanghi lenti, dei
bengala lividi.
A Treviso, a Milano, a Bologna, i bimbi si levavano
per sostenere gli esami, mangiavano pane e burro,
baciavano guancie affettuose: che paura grande,
l'esame!
Anche Paolù andava all'esame; e la maestra era
vecchia e secca, e stringeva la falce. Nemmeno un
pensiero.
Si dice che il principe di Condé...
Sono i generaloni che strologano sulla vittoria e
sulla sconfitta: a loro soli appaiono guerrieri nudi di
marmo e signorine con le ali, e dei serti intrecciati
tra le ceree dita; solo per loro si scomodano i presagi, quando, nell'ex “Gasthof zum Wolf”, ora pen-
sione “Bel Riposo”, incarcandosi la servotta diciannovenne (un po'rozza, infine, ma procace), sciorinano sui lini sudaticci, oltre che le modeste
polluzioni, frasi assai ben tornite e rime tra "storia"
e "gloria".
L'alpino, di fronte alla morte, non pensa. Perché, se
pensasse, non uscirebbe dalla tana: vedrebbe i milioni di riformati, i furieri di sesta linea, i mercatanti,
quelli che conoscono questo e quell'altro (e giù a
dire: "Ma che fanno i nostri? Due anni che son lì a
scavar buche!" E vacci tu, fregnone, a scavar
buche, mezzo metro per due, e dentro il Tonin del
Geppo, patapunf, e poi, subito, coprire, che tanto ci
pensano gli obici alla riesumazione!). Oh, se pensasse, l'alpino, elegante come non mai: dietrofront
e dàlli agli untori! Lo sapessi, Paolù, che siamo qui
daccapo e che non sei servito a niente, tu con gli
altri: il Goisis, Betelli e tutti quelli fracassati trai
mughi! Lo sapessi che, in piazza, il piccolo obelisco
di arenaria con la tua foto stinta non vede fiori da
mezzo secolo almeno; e che, ancora adesso, dopo
cento anni, continuano a ciularti!
Qualcuno chiamò: - Avanti Quarantasei, al punto
d'ammassamento..-Ci siamo paìs..- gridò Sambugada, volendo sembrar franco; ma si sentiva una crepa nella voce,
come di vetro che stia finendo di spaccarsi.
Ora, cannoneggiavano con intensità crescente:
Paolù nemmeno se n'era accorto di quel diavolo a
quattro che si preparava.
27
- Hanno cambiato tattica: - disse, ironico, il Cambiasi (e tu pure, Cambiasi, bauscia, sei creta spolpata!) - adesso li fanno a pezzi coi cannoni..gli alpini
non servono più! E, davvero, pareva che la battaglia si decidesse a
cannonate: tutto l'altopiano ribolliva d'una schiuma
rovente ed il magma fluiva, pigro, nel cielo di zinco.
Con rumore di deragliamento, scarrocciavano i 305,
facevano loro da paggi, compresi nell'officio, i 149
A, i 149 G, gnaulavano funesti i 75, questi più vicini,
come schioppetti, solo, un po'più grossi. Dietro quel
muro si stava scoperchiando l'inferno: un erebo vorticante, come un altoforno che piroetti impazzito: a
meno di un chilometro da loro, la roccia si sbriciolava sotto il maglio inverosimile di mille e mille bocche da fuoco.
L'universo non esisteva più; era solo un frullare di
scheggioni, sulle urla e sulle gavette dell’Eiserne
Korps. Eppure gli Imperialregi sapevano e li aspettavano sulle quote brulle, traforate come formaggi,
in attesa, pazienti, di restituire tutto quell'acciaio.
A Calceranica, a Millegrobe, a decine di chilometri
dal catino infernale, uscivano dai depositi giganteschi proietti; venivano carrellati tra le abetaie, verso
piazzole enormi, dove attendevano mastodonti silenziosi. Le mostruose bocche d’acciaio brandeggiavano, lentamente, silenziosamente.
Non lo sapevano Betelli, Paulù, Goisis, di quanto
poco tempo li dividesse da quell'incubo di ferro.
Acute oltre ogni dire, le pubblicazioni degli esperti
28
d'artiglieria italiani, immediatamente prima della
guerra, smentivano con ironica sufficienza le allarmanti notizie sulla produzione di supercalibri da
parte degli Imperi Centrali: in quel mattino di giugno, stava per arrivare la più eclatante delle smentite.
Gli obici continuavano a brandeggiare, pronti a fare
forcella sugli Italiani, come il pestello con una pirotta. In quel momento, il muretto a secco, che divideva la val Caldiera dall'Agnellizza, pareva un
patetico ricordo di vigne a terrazza, anche se gli alpini lo consideravano un signor riparo: un rifugio coi
fiocchi. Finché la si faceva a schioppettate! Di dietro quel muro, sarebbero balzati loro, quelli della
balla rossa, correndo senza corpo, bellissimi e cenciosi, gridando "Savoia!", sgnappa o non sgnappa,
urlando quel che risaliva dagli stomaci, in faccia alle
occhiaie fulminanti delle Schwarzlose.
Al suono di cornette e fischietti, per un attimo, sembrò che il gran frastuono si arrestasse, per poi riprendere con impeto rinnovato.
Paolù prese il suo posto nella fila che si sgranava
fino al pertugio che dava sul vallone e da cui vorticavano pallottole balenghe, schiacciandosi contro
il sasso; mentre balzava in quell'imbuto folle di sangue e di fumo, gli venne alla mente la frase di Goisis.. anche lui non poté fare a meno di pensare:
-Che nome, Agnellizza..! Poi sparve, per gli uomini e per il mondo, in un
grido altissimo di fiamma.
Il reduce racconta: BELOTTI GIUSEPPE
classe 1921 - Gruppo di Sotto il Monte
Fronte Russo
Siamo arrivati in Russia il 22 agosto. Noi soldati avevamo l’incarico
di costruire i rifugi sotto terra per ripararci dal fuoco e dal gelo. In uno
di questi abbiamo passato anche la notte di Natale 1942.
Il 17 gennaio è iniziata la ritirata. Prima del patatrach, il giorno prima,
mi hanno mandato al comando di Rossosch. Ero vicepuntatore del
cannoncino anticarro. Hanno cercato proprio me. A mezzogiorno è
venuto giù un conducente per portarmi con la slitta al comando reggimento, ma là non c’era più nessuno. Ero solo, faceva un freddo
boia: «Cosa faccio?». Ho trascorso la notte tra le mucche della sussistenza. Non sapevo cosa fare. Al mattino arriva la mia compagnia:
«Tenente com’è ‘sta storia? Cosa faccio?» - «Vieni ancora nella mia
squadra». La ritirata era come era, eri un po’ qua, un po’ là. Poi non
trovavi i compagni, eri un po’ sbandato. Ho trovato aiuto e ospitalità
presso le isbe. Ricordo, in particolare, una donna anziana che mi ha
accolto e, dopo avermi sfamato, ha trovato un posto per farmi dormire. Le donne erano sempre pronte ad aiutare i poveri soldati italiani. La gente russa era buona con gli italiani, specialmente le donne,
salutavano con queste parole: «Italianski karasciò!» (Italiani, buoni).
Sai cosa dicevano quelli sulla slitta: «Dammi una fucilata!» ... chi lo
faceva? ... come si fa a farlo? Il 26 gennaio, la battaglia di Nikolajewka. Quella l’ho vista tutta. Ero al cannoncino, ci volevano nove
serventi per far funzionare il cannoncino anticarro. C’era una colonna più finita, non si vedeva dove cominciava
e dove finiva. Il 27 gennaio sono rimasto ancora solo. Io sono tornato dalla Russia per miracolo.
La prigionia
A settembre ero a Rio di Pusteria. Suona l’allarme, ci fanno versare le armi: andiamo a casa? Avevamo solo
il moschetto, abbiamo fatto un mucchio, con le mitraglie puntate dei tedeschi. Siamo scappati uno per cantone.
Io sono scappato l’8 e mi hanno preso il giorno 13 o 14. Mi ero aggregato a 7 o 8 valtellinesi. Eravamo su in
montagna, mangiavamo solo frutta.
La gente del posto ci diceva: «Andate giù, consegnatevi ai tedeschi, vi mandano a casa. Hanno fatto l’accordo
Hitler e Badoglio. Chi non ha sparato contro i tedeschi, sono liberi cittadini, vanno a casa». Alcuni non hanno
dato retta e sono arrivati a casa. Io e altri ci siamo lasciati lusingare, siamo andati a Bressanone. C’era una
tradotta che veniva da Tortona con tanti bersaglieri prigionieri, ci hanno caricato anche noi e ci hanno portato
in Germania, in un campo di smistamento, poi sono stato mandato a lavorare in una fonderia.
In seguito al furto di alcune patate, sono stato rinchiuso, dal proprietario del
campo in una scuderia, in attesa dell’arrivo della polizia. Il contadino ripeteva più volte: «Heute keine Schlage, den du wirst kaput!» (Oggi non ti dò
botte, tanto ti ammazzano). Nel pomeriggio mi hanno portato in caserma,
dove sono stato processato. Grazie all’intervento del capo fabbrica non ho
scontato la condanna e sono stato portato subito al campo di lavoro. Un
altro episodio, vivo nella mia memoria, è l’esplosione di una bomba in un
rifugio. Provocò la morte di una quarantina di internati italiani, fra i quali
due che conoscevo bene: Nicoli di Albino e Rota di Almenno. Era il mese
di novembre del 1944. Il 1° aprile sono stato liberato dagli americani. Sono
passato poi sotto gli inglesi. Ci hanno portato in Italia a settembre. La gioia
del ritorno a casa è stata subito smorzata da un gran dolore. Due persone
mi riconoscono sulla strada di casa, una dice all’altra: «Chèsto l’è ol tus del
póer Belòt». Così ho appreso la morte di mio padre.
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Il reduce racconta: CARRARA BRUNO
classe 1923 - Gruppo di Valpiana
La prigionia
La sera dell’8 settembre 1943 gli alleati tedeschi diventano improvvisamente nemici. Ci disarmano e ci fanno allineare nel piazzale dell’alzabandiera, ci privano di tutti gli effetti personali, in poche parole ci hanno
fatto prigionieri. Ma perché? Nessuno lo sa, loro non ci dicono niente. Il
giorno dopo ci caricano sul treno, sui carri bestiame e chiudono le sbarre,
il treno parte. Ma per dove? Nessuno lo sa, loro non ci dicono niente.
Dopo due giorni di viaggio, in condizioni disastrose, il treno si ferma e ci
fanno scendere. Dove siamo? Nessuno lo sa, loro non ci dicono niente.
Ci sistemano in un campo all’aperto: passa un giorno, passano due giorni,
tre giorni. Quanto durerà questa storia? Nessuno lo sa, loro non ci dicono
niente.
I giorni passano e le condizioni si fanno sempre più insostenibili: giorno
e notte all’aperto, sotto l’acqua, il sole, la neve nelle fredde giornate di
fine autunno e inizio inverno. Ancor più lunghe e gelide notti. Ogni mattina un camion fa il giro del campo caricando i morti. Sono miei compagni di sventura il “Pioda” di Lepreno, il Bonomi Angelo e l’Angelo Carrara,
entrambi di Serina. Ci disponiamo in tondo, ognuno che guarda verso un punto cardinale diverso in modo che
le schiene siano una contro l’altra e riusciamo a scaldarci a vicenda. Verso la fine di dicembre vengono pronte
le baracche; fredde e disadorne ma, dopo tante sofferenze e privazioni, finalmente un tetto sopra le nostre testa.
Loro continuano a non dirci niente, ma noi abbiamo capito: sarà l’inferno.
La fame dei vent’anni è qualcosa di incontrollabile e quando batte non ci sono tedeschi, reticolati o spari che
tengano. Il rancio a Konisberg è fatto di patate bollite, rape bollite e due ettogrammi di pane, il tutto servito una
sola volta al giorno. Sbirciando dal campo abbiamo visto che là fuori ci sono mucchietti di patate coperti di paglia che i contadini locali hanno da poco raccolto. Sono anche loro povera gente, ci dispiace anche un po’ ma
abbiamo deciso di uscire a “fare la spesa” al buio. Il rischio è altissimo, ne va della vita stessa, una pallottola
e zac è tutto finito. I fari ispezionano continuamente i reticolati che circondano il campo. Al rientro alcune sventagliate di mitragliatrici vanno fortunatamente a vuoto. Restiamo immobili, fino a quando tutto si placa. Il bottino viene nascosto sopra i pannelli di abbassamento del soffitto della camerata, l’ispezione immediata non dà
nessun risultato. Per un po’ di tempo è assicurata una prelibata colazione, a base di patate crude non sbucciate, furtivamente consumate mentre le guardie ci accompagnano al lavoro.
Finalmente il ritorno. Solo dopo essere scesi dal treno alla stazione di Bergamo, io e l’inseparabile Angelo
Carrara abbiamo capito di essere di nuovo uomini liberi: coperti di pidocchi, sporchi, sbrindellati, impresentabili, ma liberi. Non ci sembrava vero, eppure nessun militare ci stava sorvegliando o ci diceva cosa dovevamo
o cosa non dovevamo fare, semplicemente liberi! Valpiana era poi solo a 35
chilometri. Ad Ambria, dopo 20 chilometri di camminata, è venuto in nostro
soccorso mio cugino Pietro Carrara, che con il suo camion ci ha portato fino
a Serina. Dopo una sosta, a notte fonda, salutata la compagnia, mi sono incamminato verso Valpiana. Ero stanco ma il passo era sicuro. Alle prime
case mi fermai ad osservare il paesino, non ci tornavo da più di due anni.
Era così piccolo, così bello, così tranquillo... come lo immaginavo tutte le
notti passate nell’angoscia del giorno dopo.
Ancora trecento metri fatti in un solo fiato, il cuore in gola. Erano le tre di
notte. Ero sotto la finestra dove dormivano i miei genitori: il cuore a mille, lo
stomaco chiuso e le gambe che a questo punto sembrava dovessero cedere di schianto. Riesco a ripetere tre volte «Ohé!» Da dietro le imposte la
voce di mio padre: «Chi éi?» ... «Só mè» ... «Ol Bruno! Ol Bruno! Carolina,
l’è ché ol Bruno!» In un amen mamma e papà sono alla porta, quasi strappato lo scarnàs, il catenaccio ... ci siamo ritrovati tutti e tre abbracciati e
piangenti. L’inferno era definitivamente alle spalle.
30
Il reduce racconta: MAGLI GIOVAN MARIA
classe 1922 - Gruppo di Valgoglio
La partenza
Rimasi a Merano fino a metà maggio, poi fui trasferito ad Alpignano, là
era riunito tutto il battaglione (Edolo), formato da soldati nati dal 1911 al
1922, molti dei quali sposati e con figli. Vi era anche mio fratello Francesco, classe 1911, aveva lasciato la moglie e due bambini, era sempre
pensieroso e triste. Verso metà giugno venne a trovarci il parroco di Valgoglio, don Severino Tiraboschi, che si fermò con noi per una notte. La
sera ci recammo all’osteria, con gran stupore della gente del posto. La
mattina successiva celebrò la messa per tutto il battaglione, presenti
anche gli ufficiali che lo ringraziarono. Consumato con noi il rancio nella
gavetta, partì per Valgoglio.
Fronte russo
Noi conducenti portavamo in prima linea o viveri o munizioni. Di solito, si
partiva verso le dieci di sera e si rientrava verso le due di notte. La strada
era lunga e le operazioni di carico e scarico ci impegnavano per molto
tempo. La mattina del 17 di gennaio ci dissero di prepararci a caricare i
muli: dovevamo ritirarci, perché eravamo accerchiati. La notte fu molto rumorosa per l’arrivo ininterrotto di soldati sbandati. Vedevamo uomini ridotti a fantocci, coperti di tracci. chiedevo continuamente notizie di mio
fratello Francesco, ma nessuno lo conosceva.
Quando si arrivava in un paese bisognava cercare riparo. Essendo così numerosi, alla sera se non si trovava
più posto al coperto, bisognava dormire all’aperto, addossati ai muri della case. Una sera mi misi vicino anch’io a una casa con i piedi nella neve. Al mattino cercai di alzarmi, non riuscivo a stare in piedi, mi pareva che
gli arti mi fossero stati tagliati, erano congelati. Dovetti tagliarmi le scarpe e fasciarmi i piedi con un pezzo di
coperta, legata alle gambe con del filo di ferro, ma a camminare era una fatica disumana ...
A Nikolajewka eravamo esposti al fuoco continuo del nemico. Anche il capitano Grandi venne colpito al ventre. Ad un certo punto il suo attendente che conoscevo, come conoscevo il capitano Grandi, mi si avvicinò e
mi disse :«Il capitano è molto grave!». Allora io con qualche altro andai a vederlo. Gli chiedemmo: «Come sta
signor capitano?». Ci rispose: «Ma guarda un po’ che facce di funerale. Vedrete che io me la caverò ancora».
Poi ci disse: «Cantiamo ancora una volta la canzone del Capitano, come facevamo la sera sul fronte del Don».
Infatti, le sere sul Don, per cercare di scacciare la malinconia cantavamo. La intonò lui stesso: «Il Capitan della
compagnia l’è ferito e sta per morir ...», noi proseguimmo, anche per non fargli sospettare la gravità della sua
ferita. Più tardi, quando andammo tutti all’attacco di Nikolajewka, la slitta fu trascinata a turno da due soldati,
per evitare che il mulo desse alla slitta degli strattoni, aggravando le ferite.
Conquistato il paese, in una stanza al caldo, l’attendente preparò un po’ di
brodo caldo e glielo diede, ma lui non riuscì a berlo. Continuava a ripetere:
«Vedrete che me la caverò». Poi aggiunse: «Andate anche voi a cercare
qualche cosa da mangiare e poi riposatevi. Vi vedo tanto stanchi». Il giorno
dopo il capitano morì.
Al mattino arrivammo al Brennero quando il sole era già alto. I soldati di servizio ci dissero che potevamo scendere dal treno perché la sosta sarebbe
stata lunga. Al pomeriggio, visto che non partivamo ancora, alcuni soldati
chiesero spiegazioni ai ferrovieri, i quali risposero che non potevamo partire
fino a notte inoltrata. Mussolini in persona aveva dato l’ordine di non portare
in Italia di giorno dei soldati in condizioni tanto pietose, dovevano portarci di
notte.
Dopo una sosta a Verona, partimmo a notte fonda senza sapere dove fossimo diretti. Al mattino arrivammo a Rimini dove fui ricoverato nell’ospedale.
Feci due mesi d’ospedale, poi mi concessero tre mesi di convalescenza.
31
Il reduce racconta: PARIGI GIOVANNI
classe 1921 - Gruppo di Cenate Sotto
Fronte russo
Il giorno 16 fu calmo. Uscii di pattuglia, era il mio turno di due ore. Quando
rientrai ecco la grande sorpresa: trovai tutto smontato e pronti a partire.
Non credevo ai miei occhi, l’ordine era di partire immediatamente. Per
ogni compagnia restava una squadra in retroguardia, si sparava un po’
qua un po’ là, per far sì che il nemico non si accorgesse che stavamo ritirandoci.
Io restai con la retroguardia. Appena i russi se ne accorsero che non eravamo più in linea, vennero fuori e incominciarono a inseguirci a pochi centinaia di metri, sparando all’impazzata. Noi quattro gatti a correre come
matti per più di dieci chilometri, con le pallottole che fischiavano da ogni
parte. Quando siamo diventati più tanti anche noi, i russi hanno avuto un
po’ di paura e si sono calmati.
Ci eravamo caricati di viveri, ma prima di partire gli ufficiali ci fecero buttare via tutto e prendere più munizioni possibile. Da lì cominciò la vera
tragedia: niente da mangiare, niente dormire, sempre camminare a 40/45
gradi sotto zero, undici combattimenti per undici giorni. Dopo qualche
giorno i piedi facevano male, erano gelati. Una sera provai a togliermi una
scarpa e vidi il piede gonfiarsi a vista d’occhio, non riuscii più a rimetterla.
L’altra non la toccai più, perché avrebbe fatto la stessa fin. Avendo una coperta che mi riparava dal freddo e dalla tormenta, dovetti tagliarla per fasciarmi il piede. Arrivai in Italia con una scarpa sola.
La prigionia
Poi arrivò l’8 settembre. Io ero fuori di servizio, quando rientrai c’erano tutti
i soldati che gridavano: «È finita, siamo borghesi, andiamo a casa!». Anch’io ero contento, ma non mi sembrava una cosa normale finire così, lasciare lì tutto in una pineta e andare a casa così come niente. Dopo un
momento sentii un tenente borbottare: «Gridate, gridate, ve ne accorgerete più tardi». E fu proprio così. Ci portarono in un campo di concentramento in Prussia. Là c’era pochissimo da mangiare e tanto da lavorare
sulla ferrovia. Quando si poteva rubare qualche patata, era tanta grazia di
Dio. Una sera, tornando dal lavoro, per strada trovai per terra una piccola
patata, tutta calpestata e brutta, la presi e la misi in tasca. Al campo ci fecero la rivista e me la trovarono. Mi beccai 36 frustate e due giorni in uno
sgabuzzino alto poco più di un metro e senza mangiare.
Una notte sentìi che andavano a rubare le patate nel magazzino del campo.
Mi aggregai anch’io. Eravamo in nove. Ci pescarono. Per primo botte, poi
ad ognuno ci fecero scavare la propria fossa. Il campo era comandato da
due marescialli, uno buono che si chiamava Klam e l’altro, di cui non ricordo il nome, era cattivo. Era questo
che voleva ucciderci. Al mattino arrivò l’altro e ci salvò.
Dopo ci portarono ad Amburgo in un piccolo campo di circa 80 persone. Arrivato il giorno di Natale non si lavorava. Giunse un vecchietto a chiedere se c’erano quattro uomini che volevano andare con lui a lavorare. Al
primo momento, essendo Natale, non volevamo andare, poi in quattro siamo andati con la speranza che ci
desse qualcosa da mangiare. Abbiamo camminato più di mezz’ora e siamo arrivati ad una casetta prefabbricata, perché la sua era stata bombardata. Ci fece entrare. C’era la moglie che ci aspettava con la tavola pronta
e subito ci diedero da mangiare. Poi un piccolo lavoretto e arrivò mezzogiorno e di nuovo a mangiare. Al pomeriggio abbiamo lavorato un paio d’ore e di nuovo ci diedero da mangiare ed un pacchetto di sigarette ciascuno. Il vecchietto la sera ci portò al campo. È stato il più bel giorno che ho passato in Germania, quei due
vecchietti avevano voluto farci fare Natale.
32
CANTI ALPINI
C
ome mai l’Associazione Nazionale Alpini è riuscita a raggiungere il secolo
di vita, superando le vicende di regimi
e sistemi diversi, e ottenere traguardi straordinari?
Una risposta c’è: perché non è mai venuta
meno al primo scopo espresso all’art.2 del
suo Statuto, che è lo stesso del 1919: tenere
vive e tramandare le tradizioni degli Alpini.
Uno dei mezzi, forse quello più semplice e
appariscente, oltre alle attività concrete, è
rappresentato dalla produzione del Canto Corale. Sotto la voce “Canti Alpini” stanno composizioni di origine e forme diversissime nei
luoghi e nei tempi.
Le “Canzoni degli Alpini” non sono tutte nate
dopo il 1872, anno di costituzione del Corpo;
tanti testi provengono da motivi musicali popolari che si perdono indietro nei secoli, a cominciare da “Il testamento del capitano”.
Le arie intonate tra la gente delle varie regioni
dell’Italia pre-unitaria vengono adattate alle
più diverse condizioni, variandone le parole,
per manifestare i più vari sentimenti, soprattutto in tempo di guerra, nelle trincee o sotto
naia, nelle caserme e nelle osterie.
Nell’esercito italiano, istituito con leva obbligatoria dopo l’unificazione, confluiscono uomini di diversa provenienza, estrazione,
mentalità, cultura, lingua, dialetto; ciascuno
porta “del suo”, aggiunge e toglie parole,
strofe, cambia pronuncia, storpia le finali,…
Non ci sono strumenti, si canta in coro.
A differenza degli altri Corpi, gli Alpini hanno
la caratteristica di operare nelle stesse zone
da cui sono reclutati; pertanto sono più vicini
alla gente e tra di loro è più facile la comunicazione.
C’è un’altra motivazione più profonda: hanno
in comune lo “Spirito della Montagna” che obbliga ad affrontare insieme i sentieri, i crepacci, le incognite della valanga, i pericoli
della tormenta improvvisa, gli attacchi di orsi
e lupi,… La vita in montagna è più faticosa.
Operare in tali condizioni da soli non è immaginabile.
La maestosità dell’ambiente, sulle Alpi, nelle
Prealpi, sull’Appennino spinge ad essere
umili, a considerare continuamente i limiti dell’uomo. Nel contempo si è in alto, vicino al
cielo, alle stelle, a Dio, “sopra” gli altri che
sono giù in basso.
Da qui un particolare “spirito di corpo” che induce anche gli ufficiali (per la verità, non tutti),
provenienti dalle classi sociali più elevate, a
capire la truppa, a stare insieme ai loro sol33
dati-uomini, anche se rozzi, analfabeti, poveri
economicamente, non nello spirito.
Nascono così i canti della naia che diventano
canti di guerra quando gli avvenimenti tragici
travolgono i destini dei singoli. Questi uomini
semplici e taciturni, operai, braccianti, contadini, inservienti, ai quali si aggiungono sovente i loro comandanti, si portano nello
zaino la loro vita, la loro casa e cantano con
parole semplici perché non conoscono i bei
discorsi. La mano sulla spalla del vicino, gli
occhi fissi in quelli dell’altro cercano di accordarsi, di fare coro, perché la sorte che li
attende è la stessa per tutti.
Scaturiscono suoni valdostani, lombardi,
abruzzesi, friulani, trentini, veneti, piemontesi… italianizzati o no. Siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento e l’Autorità cerca di
diffondere la lingua ufficiale.
Sono le canzoni degli Alpini che si rifanno a
villotte di paese, a improvvisazioni di caserma e di tradotte, ad arie di mercenari e prigionieri di secoli addietro, a serenate
antichissime sentite nei paesi. Sono versi che
parlano di baite abbandonate, di Patria, di fatiche e riposi, di morte e tradimenti, di gioie e
amori, di mamme e fidanzate, di proteste per
l’eccessiva disciplina imposta, di prese in giro
nei confronti dei superiori… mai di odio, rancore, vendetta, soddisfazione per la violenza. A volte si rivelano enfatici, baldanzosi,
tracotanti, ma si sente che in quel caso sono
anche goffi.
Nella canta “E la nave si accosta pian
piano…” (1911), durante l’impresa libica, gli
Alpini fanno scappare mezzi massacrati dalle
baionette i miseri Turchi gridando “Alpini abbiate pietà…” , però nell’ultima strofa gli
stessi che sembravano godere ubriacati di
morte hanno nel cuore l’Italia, la morosa e la
mamma.
Non di rado sfottono i superiori, manifestano
l’intenzione di ”gettare il fucile per terra”, addirittura accennano al gesto estremo della diserzione (“Sono un povero disertore”,
1830-1840, canto molto diffuso nelle trincee
della prima guerra mondiale). Naturalmente
questi versi si cantano quando i superiori non
34
ci sono; si rischia grosso. Si sa che tanti testi
ufficiali giunti a noi erano cantati con termini
molto diversi!
Comunque, quasi sempre nei soldati prevalgono l’attaccamento alla Patria, il senso del
dovere, dell’obbedienza, dell’onore, la convinzione di partecipare al destino comune,
anche se gli alti comandi non mostrano alcuna preoccupazione per i bisogni dei sottoposti.
E’ così che si crea, dopo le esperienze nelle
guerre coloniali dell’ ‘800 e del ‘900, nella
prima e seconda guerra mondiale, un ingente
patrimonio di canzoni di carattere militare tra
le quali è sempre più difficile individuare
quelle nate sicuramente tra i reparti alpini.
Qualcuno dei “veci” comincia a mugugnare
per l’eccessiva contaminazione.
A Lecco su iniziativa dell’ ANA nel 1965 si
tiene un convegno “a difesa del canto alpino”.
E’ creata una commissione che compila nel
1967 una raccolta di 31 testi ritenuti sicura-
mente originali e autentici, dopo aver affrontato accurate ricerche storiche fondate su documentazioni certe e con testimonianze non
sempre concordi, seguite da polemiche. Lo
scopo è duplice: tramandare ai giovani un patrimonio autentico e dare delle indicazioni
precise ai cori che nel secondo dopoguerra
stanno nascendo numerosi.
Fino al secondo dopoguerra l’interesse per il
canto alpino è generalmente limitato al
mondo delle penne nere, dei reparti militari,
delle valli di reclutamento; poi arrivano la
radio, i dischi, la televisione, il registratore
con un enorme allargamento dell’interesse
verso il canto corale alpino negli ambienti finora poco coinvolti.
Da una armonizzazione semplice, senza
troppi abbellimenti, si comincia a cedere a
gusti musicali moderni, con arrangiamenti e
armonizzazioni che minano la semplicità originale. Troppa sofisticazione per qualcuno.
Da una parte si trovano coloro che vogliono
mantenersi rigidamente alle fonti autentiche,
dall’altra coloro che vogliono cercare nuove
varietà di espressione, sicuri di restare ancora nell’autentico spirito alpino, in una tradizione che necessariamente si rinnova.
I cori, dalle osterie e dai raduni, entrano nei
teatri, nelle sale degli oratori, nelle chiese. Alcuni testi nuovi “d’ autore” si diffondono negli
ultimi decenni del secolo scorso e diventano
repertorio delle corali alpine soppiantandone
altri: “Signore delle cime”, ”Josca la rossa”, “Il
golico”, “Benia Calastoria”, “Monte Pasubio”,…
Non mi sembra che siano privi di “anima alpina”.
Il problema vero è che, per tanti motivi, oggi
non canta più nessuno. Ancora una volta gli
alpini sono in trincea a difendere il loro spirito, la loro storia, il loro passato, che non è
solo loro ma di tutto un popolo.
Sarebbe fuori posto pensare che si riverseranno nei cori le voci femminili delle Alpine
professioniste che, tornate dall’ Afghanistan,
porteranno senz’altro sensibilità, temi moderni e attuali? O è più realistico pensare che
il fatto di essere soldati di mestiere spazzi via
anche questa tradizione tipica nostra?
D’altra parte i più antichi canti alpini parlavano di mare, sabbia, deserto, ambe africane! Si provi a leggere le parole di “Mamma
mia vienimi incontro” (1896). Gli Alpini di allora soffrivano per il caldo, non per il freddo.
I titoli dei 31 canti
considerati veramente
degli Alpini
A la matin bonura
Aprite le porte
Bandiera nera (Sul ponte di Perati)
Bersagliere ha cento penne
Bombardano Cortina
Di qua, di là del Piave
Dove sei stato mio bell’alpino
E Cadorna manda a dire
E c’erano tre alpin
E la nave si accosta pian piano
Era una notte che pioveva
Eravamo in ventinove
E sul Cervino
E tu Austria
Il testamento del capitano
Il colonnello fa l’adunata
Il 29 Luglio
La Linda la va al fosso
Mamma mia vienimi incontro
Monte Canino
Monte Cauriol
Monte Nero
Motorizzati a piè
Nui suma alpin
Oi barcarol del Brenta
Oi cara mamma
Sul cappello
Sul ponte di Bassano
Ti ricordi la sera dei baci
Trenta sold
Va l’alpin.
35
MUSEO ALPINO
“H
a preso così il via una idea, un progetto in continua evoluzione sul
quale dovremo impegnarci molto
ed a lungo.”
Con queste lungimiranti parole si conclude l'appassionato articolo dedicato al Museo Alpino e apparso
sull'Almanacco
2012. Anche
se
necessariamente a grandi linee, attraverso il presente scritto vogliamo tenervi informati sull'avanzamento dei lavori presso il nostro Museo.
A chi è capitato in quest'autunno di venire alla
Sede di Bergamo, non può essere sfuggito il via
vai di camion e operai appartenenti all'ANA. Il
Museo è stato infatti sottoposto a importanti lavori
di ampliamento, adeguamento e risistemazione architettonica. Gli interventi si sono concentrati principalmente sul piano terra; un atto di fondamentale
importanza è stata la decisione di inglobare negli
spazi museali l'ex appartamento del custode. Gran
parte della metratura resasi disponibile sarà destinata al reparto salmeria/mascalcia, una delle eccellenze del nostro Museo. Altro tassello di cruciale
importanza è stata l'installazione di un ascensore;
quest'ultimo permetterà anche ai portatori di handicap motori di accedere agevolmente al piano superiore del Museo. Ormai, da un punto di vista
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espositivo, incomincia a delinearsi il percorso museale al piano terra, con il settore dedicato ai muli,
uno spazio inerente all'origine degli Alpini e il nostro famoso ed ammirato diorama della Grande
Guerra, un micidiale catalizzatore dell'attenzione
delle scolaresche in visita (e non soltanto di
loro....). Anche se è ancora assolutamente prematuro scriverne, per il piano superiore sembra invece non troppo azzardato prefigurare la presenza
almeno di due settori dedicati rispettivamente alla
prima e alla seconda guerra mondiale, per poi passare al dopoguerra fino
a giungere ai nostri
giorni. Ripetiamo però
che a riguardo, più che
nel campo delle previsioni, ci troviamo ancora in quello della
preveggenza. Attualmente sembra un po'
di trovarsi più che in un
museo, in una sorta di
“Wunderkammer”
(espressione d'origine
tedesca che indica una
“stanza delle meraviglie”), con un’abbondanza di reperti e
cimeli che potrà pure
incantare l'occhio, ma
che a volte esula da
criteri di ordine logico e cronologico. Tutto ciò è
comprensibile, in quanto il Museo è stato creato
alla “garibaldina”, con tanto lodevole entusiasmo
ma poco tempo. A questa felice intuizione bisogna
però dare seguito, limando le idee e raffinando
quindi progressivamente le strutture e l'organizzazione museale. Prima di chiudere questo capitolo,
vogliamo comunicarvi altre due novità: la prima è
che presso gli spazi della Protezione Civile è stato
ricavato un deposito dove saranno raccolti tutti i
reperti e i cimeli non esposti al museo, perché doppioni o non adatti. La seconda consiste nel ricordare che lungo le pareti esterne del Museo e dei
restanti corpi di fabbrica della sede, stiamo cementando una serie di targhe, per lo più commemorative, provenienti da varie storiche caserme
alpine.
Approfittando dello spazio rimasto, vogliamo sinteticamente citare un aspetto poco noto del nostro
Museo, ma che riveste un ruolo fondamentale.
Dietro le vetrine di ogni museo si celano infatti molteplici, lunghe e meticolose attività, spesso poco
conosciute ma d’importanza strategica e la catalogazione di tutti gli oggetti ivi conservati è una di
queste. Anche il nostro Museo non sfugge a tale
regola. L’intero lavoro permette non solo di svolgere una rigorosa ricognizione inventariale dei
pezzi a disposizione, ma fornisce anche una più
dettagliata conoscenza del patrimonio culturale del
Museo.
Per non apparire troppo didascalici, ci limiteremo
ad illustrare l'iter di catalogazione per sommi capi.
Una prima fase consiste nell’identificazione dei
singoli pezzi e nella compilazione di una specifica
scheda cartacea standard prestampata (è capitato
anche che più oggetti di una stessa serie siano catalogati in un’unica scheda). La scheda è una sorta
di carta d'identità del reperto, in quanto riporta alcune indicazioni basilari (denominazione, data-
zione, nazionalità, ecc.) e ci si è essenzialmente
basati sulle direttive emanate dal Museo Alpino
“Doss Trent” di Trento. Le schede vengono poi trascritte in un apposito registro informatico. Infine
tutti i pezzi catalogati sono fotografati ed ogni
scheda “informatica” viene correlata alla sua immagine o immagini (per alcuni oggetti è stata scattata più di una fotografia). In totale le schede
prodotte sono più di 650, le fotografie superano le
700 unità, mentre il Museo conserva oltre un migliaio di oggetti; per il momento, la fruizione delle
schede, delle fotografie e dell’archivio informatico
è riservato solo agli addetti al museo. Ovviamente,
la catalogazione è un lavoro in continuo divenire,
in quanto le schede vanno se necessario aggiornate, corrette, integrate, senza dimenticare poi le
nuove acquisizioni di reperti, i quali vanno puntualmente catalogati.
E’ doveroso ricordare che la stragrande maggioranza del materiale esposto in Museo giunge tramite donazioni o comodati effettuate da Gruppi
Alpini e semplici privati, anche non alpini. Vanno
poi rammentati i numerosi Gruppi Alpini e privati
che hanno generosamente devoluto al Museo
delle somme di denaro, oppure gli alpini che hanno
gratuitamente prestato la loro opera per la sistemazione del Museo descritta all'inizio dell'articolo.
A titolo esemplificativo, ci limiteremo brevemente a
citare la Sig.ra Liana De Luca, vedova di Ubaldo
Riva, primo Presidente della Sezione ANA di Bergamo, che ci ha consegnato le Medaglie al Valore
del marito, ed il nipote Alberto, che ci ha donato il
cappello d’alpino del nonno. A fianco della Sig.ra
De Luca e di suo nipote, va ricordata la famiglia
Calegari, discendente dei Fratelli Calvi, che, oltre
alle precedenti donazioni, ha dato al Museo le tessere d’iscrizione al CAI degli illustri antenati e un
quadro con i loro nastrini delle decorazioni. A queste persone e a tutte le altre che purtroppo non abbiamo potuto nominare unicamente per ragioni di
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spazio, va la nostra più sincera e profonda stima e
riconoscenza, nella speranza di potere sempre
contare in futuro su quella vasta generosità ed attenzione manifestate finora da più parti nei confronti del Museo.
Nonostante il percorso espositivo e didattico del
Museo sia, come si è visto, ancora in fase di definizione ed allestimento, si è già registrata una buona
affluenza di visitatori. Nell’ambito dell’ormai collaudata iniziativa “Tricolore nelle scuole”, soltanto nel
periodo Gennaio-Maggio sono confluite al Museo 7
classi elementari e 11 classi di terza media di 7 differenti istituti scolastici, appartenenti ai comuni di
Bergamo (Scuola Media Lotto), Comun Nuovo, Grignano, Gazzaniga, Predore, Valgoglio e Villa
d’Adda, per un totale di circa 300 studenti ed una
ventina d’insegnanti, accompagnati da rappresentanti dei Gruppi Alpini dei paesi di provenienza. Naturalmente, a fianco delle scolaresche (le nuove
generazioni rappresentano una delle fasce per cui
è stato principalmente pensato il Museo) è giunto
anche un apprezzabile numero di visitatori di ogni
età, alpini e non, spinti da motivi di studio, di interesse, dalla semplice curiosità o dalla voglia di trascorrere un pomeriggio un po' diverso.
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Naturalmente il Museo cerca di proiettarsi all’esterno anche partecipando all’organizzazione di
eventi culturali; ad esempio nel 2013 è proseguito
con successo il cammino itinerante della mostra
dedicata ai Fratelli Calvi. Dopo l’inaugurazione
presso la Sala Simoncini del Comune di Bergamo
nel Gennaio 2012 e avere toccato nel corso dell’anno i comuni di Adrara San Martino, Carvico,
Gandino, Martinengo e Villa d’Adda, nel 2013 la
mostra è stata ospitata a Covo, Mapello, Piazza
Brembana (paese d’origine dei Calvi e dove oggi
sono sepolti), Fara Gera d’Adda ed Antegnate
(quest’ultimo luogo di nascita di Clelia Pizzigoni,
madre dei Fratelli Calvi).
A proposito di Mamma Calvi, come affettuosamente viene chiamata, il 7 Dicembre 2013 è stata
a lei intitolata la Scuola Elementare di Piazza
Brembana, scelta quanto mai azzeccata non solo
perché il paese è indissolubilmente legato alla famiglia Calvi, ma anche perché
Clelia Pizzigoni conseguì nel
1885 il titolo di maestra.
Quest'anno il Museo è stato promotore anche di una seconda
mostra, dedicata alla 156° Divisione di fanteria Vicenza,
un’unità militare che ha condiviso con gli alpini la tragedia
della ritirata di Russia e da cui
ne è uscita praticamente distrutta. Si tratta di una vicenda
che solo recentemente sta tornando pienamente alla luce e
fra i principali artefici di questa
riscoperta vi è la Sezione ANA
di Brescia, la quale ha ideato e
realizzato per prima tale mostra,
prestandoci poi i pannelli didat-
tici ed esplicativi che hanno contraddistinto il percorso espositivo. La mostra è stata tenuta a Bergamo nel mese di Marzo presso la Sala Manzù in
Via Torquato Tasso ed ha registrato una notevole
affluenza di pubblico. Come nel caso della mostra
dei Fratelli Calvi, anche in questa occasione è
stato esposto pure del materiale appartenente al
nostro Museo, come armi, divise ed equipaggiamenti.
Per concludere, vogliamo provare a dare una rapida occhiata a quello che ci attende nel futuro più
o meno prossimo. Oltre alle anticipazioni fornite in
precedenza, uno degli obiettivi di chi gestisce l'istituzione consiste nel cercare di allacciare rapporti
con altre realtà museali già consolidate, fino a
giungere, se necessario, a forme di consorzio. Se
sapremo muoverci con scrupolo ed attenzione, facendo le scelte giuste, il nostro Museo potrebbe
trarne dei vantaggi in termini pubblicitari e di prestigio, oltre che avviare una reciproca politica di
scambi di prestiti di reperti, cimeli o documenti.
Altro fattore di una certa
rilevanza è che si potrebbe entrare in collaborazione con professionisti
dallo sperimentato e qualificato curriculum, sia da
un punto di vista scientifico che in termini d’esperienza, consigliabili nel
processo di crescita e
maturazione di una realtà
ancora ai primordi come
la nostra. Basti pensare
all'apporto di consulenza
che ci potrebbe essere
fornito nell'individuazione
dei bandi di finanziamento, oppure nella
scelta dei criteri d'allesti-
mento, nella definizione dell'arredamento, delle
bacheche e dell'illuminazione da adottare, tutti settori anch'essi di estrema delicatezza. Il Museo richiederà uno sforzo materiale, di conoscenze, di
competenze non indifferente ma gli Alpini sono noti
per non avere paura di rimboccarsi le maniche e
sicuramente sapranno farsi valere pure in questo
inedito, difficile ma affascinante impegno.
Come si può vedere, ci siamo incamminati lungo
un percorso di graduale crescita e rafforzamento
del nostro Museo; cercheremo di tenervi aggiornati, sperando di portare buone notizie, magari
proprio attraverso l'Almanacco 2014...
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LA DIVISIONE “VICENZA”
IN RUSSIA CON GLI ALPINI
C
ome è noto, la Sezione di Bergamo dell’Ana,
adesso, ha un museo: ne abbiamo parlato
altre volte e non è il caso di tornarci sopra
per dire sempre le stesse cose: l’importanza
della memoria, il valore delle testimonianze, il recupero e la conservazione dei cimeli. Però, c’è almeno
un aspetto del nostro museo che merita un’attenzione
particolare, ed è la sua vocazione ad essere un luogo
aperto. Normalmente, si usa dire che la scuola sia,
contemporaneamente, un luogo fisico, ossia quello
che ospita le aule e i laboratori, ed un concetto
astratto, vale a dire, l’idea stessa di istruzione. Ecco,
per un museo, le cose dovrebbero andare in modo simile: da un lato, intendere una struttura museale e,
dall’altra, un’idea di diffusione e di condivisione culturale. O, almeno, è così che l’intendiamo noialtri. Per
questo motivo, con cadenza periodica, che vorremmo
rendere sempre più frequente, il nostro museo si trasforma in qualcosa d’altro: in polo d’attrazione, in organizzatore, in amplificatore. Capiamoci: lo fa alla
nostra solita maniera, con tutti i limiti dell’organizzazione all’alpina, ma anche con tutti i suoi pregi, che
sono l’onestà, l’impegno, l’umiltà e l’entusiasmo.
Perciò, quando si riesce e quando ci pare il caso, organizziamo delle mostre, dapprima in un luogo fisso e
degno e, poi, itinerando qua e là per la provincia, ovunque ci sia qualcuno che abbia la voglia di imparare e lo
spazio per ospitarci: destinazione altrettanto degna e, in
più, probabilmente più efficace, giacché il museo ve lo
portiamo a domicilio, un po’ come le pizze.
L’abbiamo fatto nel 2012, con la mostra sui fratelli
Calvi e lo rifacciamo adesso, con quella sulla divisione
“Vicenza” in terra di Russia, che ha preso il via nella
sala “Manzù” di via Tasso, ma che è nata anch’essa
con l’idea di essere a disposizione dei gruppi che volessero ospitarla, proprio come quella dei Calvi, che
ha rappresentato un notevole successo. Se dedicare
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una riflessione ai quattro eroi alpini bergamaschi era
stato un po’ come saldare un debito di riconoscenza,
questa celebrazione della fanteria, rappresentata appunto dalla “Vicenza”, appare di nuovo come un atto
dovuto: quando si racconta della Russia, invariabilmente, il palcoscenico è occupato completamente dal
Corpo d’Armata alpino, in virtù del suo comportamento eroico, ma, inevitabilmente, anche del peso,
per così dire, mediatico, dei fanti pennuti. L’errore è
quello di dimenticarsi che in Russia c’erano anche
molti altri reparti, di fanteria e d’artiglieria: la “Cosseria”, la “Ravenna”, la “Sforzesca”, la “Celere”, le camicie nere, il genio. E tutti hanno condiviso l’immensa
tragedia della sacca del Don, della ritirata, delle
marce del “Davai!”.
Ricordarli è atto di umana pietà, ma anche di giustizia
storica. Noi abbiamo cercato di riparare come potevamo: con questa mostra che racconta di una grande
unità che fu annientata sul fronte orientale, condividendo quasi tutta la ritirata con la Tridentina e la Cuneense, in mezzo alle quali era stata schierata sul
grande fiume.
Dedichiamo, perciò, questo nuovo lavoro, a quei
quasi ottomila fanti che non tornarono a casa dalla
Russia, e che rappresentano le decine di migliaia di
soldati che furono sacrificati in quell’impresa e che
non portavano la penna sul cappello. Speriamo, ora,
che questo nostro pensiero sia condiviso e che molti
altri vogliano impiantare un lembo del nostro museo
nel loro territorio, almeno per qualche giorno. Noi
siamo pronti, come sempre.
RITORNO A CASA
S
ono tornati! Dopo ben sessantotto anni dalla
fine della seconda guerra mondiale, sono ritornati a casa. Sono ritornati in quella terra che lasciarono per la guerra, giovani, nel fiore degli
anni, ma non vi fecero mai ritorno lasciando nel lutto e
nella disperazione i propri familiari; ora potranno finalmente riposare in quei luoghi che furono a loro cari.
E` stata una cerimonia semplice, austera e velata dalla
commozione quella di giovedì 26 settembre, svoltasi
presso la sede del 3° Rgt. “Aquila” dell’Aviazione dell’Esercito, nell’area dell’aeroporto di Orio al Serio.
Diciotto piccole casse ricoperte dal tricolore (14 bergamaschi) erano allineate nell’affollato salone riunioni della
base, che a fatica ha accolto gli intervenuti a questo
evento; salme rimpatriate dopo l’ esumazione dal Cimitero Militare di Amburgo a cura dell’Associazione famiglie
dei Caduti e dispersi in guerra che molto ha fatto perché
ciò avvenisse.
Soldati, combattenti di varie Armi e Corpi, nostri fratelli
bergamaschi che hanno sacrificato la loro vita per il dovere, per la Patria, riposeranno in pace nella loro terra
d’origine. Erano alpini: Offredi Giacomo di Peghera, Pezzoli Santo di Leffe, Rota Gaspare di Roncola, Medolago
Luigi, Medolago Pietro e Ripamonti Mario di Palazzago.
Gli altri reduci rispondono ai nomi di: Guerini Bonaventura di Vertova, Angeloni Ismaele di Seriate, Martinelli Battista e Beretta Giuseppe di Romano L., Magni Luigi di
Calusco, Agoni Antonio di Schilpario, Bertoletti Giulio di
Caprino B.sco, Madona Aldo di Bottanuco. Rappresentanti del Comune e della Provincia di Bergamo, militari in
servizio, Sindaci coi gonfaloni dei paesi dei nostri reduci,
parenti e familiari, Associazioni d’Arma con bandiere e labari, cittadini, hanno ascoltato brevi e commoventi allocuzioni cui ha fatto seguito la benedizione delle salme da
parte del cappellano militare don Fabio Locatelli e la Preghiera del Caduto in guerra; un picchetto armato presentava le armi e la tromba intonava tristemente il silenzio.
Il comandante del 3° “Aquila” col. Daniele Durante, mentre lo speaker declamava uno per uno i nomi dei Reduci,
consegnava nelle braccia dei familiari la cassetta con le
spoglie. La Sezione di Bergamo non poteva certo mancare a questa doverosa cerimonia, erano presenti: il Vessillo sezionale con l’alfiere Finotto, capigruppo e
gagliardetti dei paesi di provenienza dei reduci, il presidente Macalli, i vice Arnoldi e Granelli, il segretario Bertuletti, i consiglieri Persico e Venturi e lo scrivente.
E sempre per quanto riguarda il rimpatrio dei caduti, giovedì 3 ottobre presso il Cimitero monumentale di Bergamo si è svolta una semplice cerimonia per il rientro
dalla Germania delle spoglie del caduto Giulio Sirtoli di
Città Alta; presenti il Vessillo sezionale con il vicepresidente Granelli, una dozzina di gagliardetti, alpini, labari e
rappresentanti di varie associazioni d’arma, parenti e familiari.
Analoghe cerimonie si sono svolte a Almenno San Salvatore, Casnigo,Costa Volpino, Cenate Sotto, Grumello
del Monte, Leffe e Palazzago dove era presente il Comandante del 5° reggimento Michele Biasiutti ed un picchetto armato.
E’ certo una cristiana ed umana consolazione per i parenti, per i familiari e i compaesani, che hanno atteso per
anni il ritorno del loro congiunto, del loro amico, di poter
finalmente recare un fiore, di poter recitare una preghiera
ed anche di piangere sulla loro sepoltura.
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L’ASILO DI ROSSOSCH
UN “SORRISO” LUNGO VENT’ANNI
S
ono stati più di una trentina gli alpini bergamaschi che si sono recati in Russia per festeggiare il 20° dell’inaugurazione dell’asilo
di Rossosch, insieme ad oltre 400 penne
nere provenienti dalle altre sezioni. La delegazione
era guidata dal presidente nazionale Sebastiano Favero con a fianco il nostro Giorgio Sonzogni, consigliere nazionale e responsabile della commissione
Rossosch.
Cronaca del pellegrinaggio
Questa in sintesi il diario del pellegrinaggio in terra di
Russia per il 20° della costruzione dell’asilo di Rossosch ed il 70° della battaglia di Nikolajevka.
18 settembre - Partenza da Via Gasparini per l’aeroporto e arrivo a Mosca; visita alla capitale: Metropolitana, Piazza Rossa, Grandi Magazzini GUM.
19 settembre - In serata partenza da Mosca per Rossosch con treno speciale riservato ai 400 circa alpini.
Sistemazione in compartimenti da 4 posti letto.
20 settembre - Arrivo a Rossosch in mattinata e smistamento dei 400 ospiti in pullman e prima visita ai
luoghi di guerra; sosta sulle rive del Don con lancio di
una bandiera tricolore in memoria di tutti gli alpini nel
70° anniversario della ritirata; trasferimento presso il
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cippo a quota “Pisello” dove si domina tutto il campo
di battaglia difeso dalla Julia per oltre un mese; cerimonia con autorità e deposizione di fiori alla stele in
omaggio ai Caduti russi. Sempre in Pullman abbiamo
risalito tutto il fronte difeso dalle tre Divisioni alpine
fino al caposaldo “Monte Bianco”, pertinenza del btg.
Val Chiese. Pernottamento a Rossosch presso “La
Casa dello Studente”.
21 settembre - Giornata dedicata alle commemorazioni: 20° di fondazione dell’Asilo Infantile Sorriso e
90° della battaglia di Nikolajewka. In apertura la S.
Messa; presenti il labaro nazionale, numerosi vessilli
e gagliardetti, tra cui il nostro vessillo sezionale e i gaglierdetti dei gruppi di Comenduno, S. Pellegrino,
S.Paolo d’Argon e altri.
22 settembre - Ricognizione nelle zone storiche della
ritirata a partire da Popowka, Kopanki, Postojali, Nikitowka, Arnautowo, Nicolajewka ora Livenka. S.
Messa al cippo del Memoriale italiano sul luogo di una
fossa comune che ha raccolto le salme dei nostri alpini e di militari russi; presenti labaro, vessilli e gagliardetti. Trasferimento al famoso sottopasso
ferroviario con cerimonia e deposizione di fiori alla lapide che ricorda quelle epiche gesta.
23 settembre - Arrivo a Mosca in treno da Rossosch.
Mattinata dedicata alla visita al Cremlino, poi trasferimento al treno per San Pietroburgo.
24 e 25 settembre - San Pietroburgo, vecchia capitale zarista, pulita e lucida per accogliere e meravigliare i turisti. Visite d’obbligo: l’Ermitage, la fortezza
dei SS. Pietro e Paolo, il vecchio arsenale, l’incrocia-
tore Aurora, che sparò sui palazzi del potere zarista
dando il via alla Rivoluzione d’Ottobre, il rompighiaccio Krassin legato alla disavventura del dirigibile Italia di Nobile. Di seguito imbarco per rientro in serata
a Bergamo.
Ricordi del viaggio - Sono stato affascinato non tanto
dallo sfarzo delle due metropoli visitate, ma dalla
steppa fatta ancora di piste che tagliano a metà i piccoli villaggi, le balke, i calanchi, le isbe ancora con i
tetti di paglia (poche), riportandomi indietro nel tempo,
a quando i reduci ci raccontavano le loro tragiche avventure del lontano 1943.
Una testimonianza particolare
È stato un pellegrinaggio particolare, “unico” proprio
per i luoghi visitati : dal fronte di Belogorje dove era
appostato il Battaglione Edolo della Tridentina (le alture della zona portano ancora i segni delle buche e
dei camminamenti degli alpini), alla famosa ansa del
Don, alla chiesa di Basowka utilizzata dai nostri alpini, bergamaschi e bresciani, come osservatorio
strategico per il controllo del fiume.
Proprio in questa chiesa abbiamo apposto una piccola lapide donataci con gran cuore dagli alpini di Azzone di Scalve (Bg) per commemorare, attraverso
una commossa cerimonia, l’alpino ventunenne Giovanni Morelli la cui morte è qui “graffiata” sul muro
dell’abside della chiesa con tutti i suoi dati:
“Alpino Morelli Giovanni nato ad Azzone di Scalve il 51-1921 figlio di Gregorio e Santi Paola morto per la
Patria 2-12-1942 Fronte Russo. Viva i Veci del
Quinto”.
È stato un gesto semplice ma toccante, alla presenza
dei gagliardetti della sua Terra, che ha voluto così ricordarlo e pregare per lui, come per tutti i suoi gio-
vani compagni morti per la Patria in un luogo tanto lontano, sperduto e ostile…Significativa è stata anche la
deposizione qui vicino nelle acque del Don di una corona di fiori con le coccarde delle bandiere russa e italiana per la commemorazione di tutti i defunti di
entrambi gli schieramenti…
Le celebrazioni all’asilo di Rossosch insieme a tutti gli
altri pellegrini con la S. Messa e la visita al sottopasso
di Nikolajewka hanno completato il nostro viaggio
della memoria, già carico di forti emozioni. Non ultimo
per importanza ricordiamo la visita iniziale a Tambov
dei cimiteri italiani, della “foresta di Rada” e di uno dei
tanti gulag dove vennero internati migliaia e migliaia di
prigionieri di guerra. Per non dimenticare l’assurdità
della stessa, con le sue atroci conseguenze e onorare
oggi, e sempre, tutti i caduti per la Patria.
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A 50 anni dalla tragedia
L’ORRORE DEL VAJONT
La testimonianza di alpini bergamaschi
“V
i chiamodil dovere, trovaste l’orrore, vi sostenne l’amore»: poche parole incise su una
medaglia, quella che gli alpini ricevettero per
l’opera di soccorso compiuta dopo l’immane
tragedia del Vajont. Tra quei soldati di leva
che dalle caserme alpine furono mandati subito dopo l’onda
di acqua e fango che spazzodvia Longarone, Erto, Casso e
Castellavazzo ci furono tanti giovani bergamaschi. Ai loro
occhi si presentodveramente l’orrore che edrimasto impresso
nelle menti e nei cuori per tutti questi lunghi 50 anni. Nessuno di loro ha dimenticato.
«Per me edimpossibile dimenticare, ho compiuto 22 anni
proprio il 9 ottobre del 1963 - racconta Guglielmo Redondi
di Ponte San Pietro -. Ero nella caserma Fantuzzi a Belluno.
Fummo tra i primi ad arrivare poco dopo le undici. Partimmo
armati percheein un primo momento si pensodad un attentato, erano gli anni in cui gli altoatesini facevano saltare i
tralicci». Nei primi giorni si temette anche che la diga potesse crollare: «Sarebbe stata un’altra strage tra i soccorritori percheenoi eravamo lidsotto» aggiunge Redondi. Anche
Adriano Sergio Pezzotta di San Paolo D’Argon era in questo primo gruppo di alpini della Cadore: «Non si poteva proseguire con i camion, la strada non c’era piud, e non
avevamo mezzi per illuminare. All’alba vedemmo un disastro inimmaginabile: era un deserto. In piccoli gruppi
cominciammo a ricercare le persone e raccogliere
gli oggetti».
Edoardo Vanotti di Brembilla prestava servizio
militare nel Genio alpino di Bressanone: «Arrivati, fari potenti illuminavano di fronte alla diga
un’immensa distesa di fango che tutto aveva
travolto. Gli autisti come me dovevano inizialmente aspettare al camion, poi sono stati
coinvolti nelle azioni: tutti insieme aiutavamo a
recuperare i morti. Sono immagini ancora vive,
impresse nella memoria, quelle di cadaveri galleggianti nel fango».
In una lettera datata 11 ottobre 1963 indirizzata a
Lina, che sarebbe poi diventata sua moglie, il giovane
Adriano (che a casa chiamano Sergio) scrive: «Dopo un’ora
eravamo giadsul luogo del grande disastro mai visto davanti
ai miei occhi, non saprei descriverti quanto ho visto, ti dico
di aver visto morti, morti e morti e morti, non ho mai pianto
da tutto il tempo che sono stato lontano da te, ma oggi sono
stato costretto». La morte edil primo impatto duro che Lorenzo Magni del 5° Alpini ha quando arriva a Longarone il 10
ottobre: «Mi sono sentito quasi male, il primo giorno edstato
terribile. Ci hanno messo a scavare e abbiamo estratto dal
fango una gamba, solo una gamba con la scarpa. Avevamo
pale e picconi, niente guanti. Dopo il lavoro si faceva una
fila per disinfettare le mani, e altrettanto per mangiare una
gavetta di pasta». Poi Magni viene spostato alla costruzione
di un ponte sul Piave per collegare una frazione isolata; lidritrova un compaesano di Calusco d’Adda, Giancarlo Colleoni: «Sono rimasto lid21 giorni, si scavava nel fango, c’era
gente che piangeva. Un’esperienza che non si dimentica».
Vittorio Marconi, originario di Alzano Lombardo (ora abita a
Sarnico), era nella Cadore: «Non era facile organizzare i
soccorsi, non c’era ancora la Protezione civile». Tutti si
danno da fare, ma non si edmai preparati a certe situazioni:
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«La prima volta che ho visto un corpo estratto - rammenta
Marconi - mi sono quasi sentito male. E poi c’erano i parenti
che arrivavano da lontano, dall’estero, e non trovavano piud
nulla. Per orientarsi tenevano il riferimento del pavimento
della chiesa». C’edchi si aggira nel deserto di fango alla ricerca di un segno del paese che non c’edpiud. «Una scena racconta Redondi - mi edsempre rimasta negli occhi: a 5
giorni dalla disgrazia, mentre stavamo scavando, una
ragazza si edavvicinata, aveva una valigia in mano,
lo sguardo vuoto. Le abbiamo chiesto se potevamo aiutarla. Ha risposto solo che aveva perso
12 persone della sua famiglia. Lei si era salvata
percheeera a servizio in un paese del veneziano. Ancora adesso mi viene la pelle d’oca».
Tra i racconti di questi uomini, che a soli vent’anni si sono trovati in mezzo alla tragedia,
colpisce un’osservazione sui superstiti: «Le
persone rimaste non volevano che ce ne andassimo. Noi siamo partiti di notte, per non farci
vedere. Ci volevano lid, come se avessero paura di
essere abbandonati, di essere lasciati soli» ricordano
Colleoni e Redondi. Loro, i sopravvissuti, non hanno mai
dimenticato i loro soccorritori. Anche lo scorso 15 settembre li hanno invitati alla giornata a loro dedicata che si svolge
ogni cinque anni. Nel Natale del 1963 i superstiti dedicarono
queste parole ai soccorritori: «Siate benedetti voi che ci soccorreste nella tribolazione e ci infondeste coraggio quando
ci stringeva il terrore e cercaste e seppelliste e foste i nostri
fratelli quando tutto era crollato intorno a noi»
da L’Eco di Bergano del 9/10/2013)
Laura Arnoldi
Guglielmo
Redondi
Vittorio
Marconi
Adriano Sergio
Pezzotta
Lorenzo
Magni
MADONNA DEL DON
Q
uando gli alpini giunsero sul fronte del Don
s’accorsero subito che il popolo russo era fatto
da gente come loro, quello che doveva essere
il “nemico” era formato principalmente da poveri contadini che lavoravano campi e prati con fatica per
un tozzo di pane. Erano quelli in alto, da entrambi le parti,
accecati da una cinica brama di grandezza, che li avevano messi gli uni contro gli altri. Tra gli umili prevalse la
comprensione, se non la simpatia, e le donne russe, rimaste nei villaggi, non videro nelle penne nere un nemico ma soldati che facevano la guerra, perché
comandati, senza odio e senza rancore.
Fu così che un giorno una vecchietta russa di Belegorije
chiese agli alpini del Tirano di aiutarla a recuperare un
po’ di roba tra le rovine della sua isba semidistrutta dai
combattimenti. Tra di essa c’era un’icona della Vergine
Addolorata con il cuore trafitto dalle spade dei sette dolori che la signora regalò al cappellano del reparto, Padre
Policarpo Narciso Crosara. Questi la affisse nella sua
isba che divenne la cappella degli alpini. Quella Madre
celeste, divenne per quei ragazzi la figura di una mamma
amorevole a cui confidare dolori e paure. Paura di non
tornare a casa, dolori fisici e mentali che la guerra procurava alla loro giovane vita.
Paure che aumentarono nell’approssimarsi dell’inverno
1942/43. Il generale gelo stava ghiacciando il Don e la
steppa e gli attacchi russi aumentavano ogni giorno.
Padre Crosara si rese conto della situazione che si faceva ogni giorno più drammatica, con il rischio che nessuno potesse tornare a baita. Allora, a metà dicembre
1942, approfittò di un alpino che aveva avuto una licenza
perché sua mamma stava per morire e gli affidò l’icona
perché la portasse in Italia. Il suo pensiero fu che almeno
quella sacra effigie potesse essere di conforto alle tante
mamme che non avrebbero più visto i loro figli tornare
da quell’inferno di ghiaccio. Disse all’alpino: "Ti manda la
Provvidenza! Portala a mia madre. Tu hai la fortuna di ritornare in Italia, noi non usciremo da questo inferno. Dille
che la custodisca per tutte quelle povere mamme che
non vedranno il nostro ritorno: così sarà loro di conforto,
perché davanti a Lei hanno pregato i loro figlioli".
Padre Crosara, benché ferito, sopravvisse al calvario
della ritirata, ma subì la triste sorte di tanti altri e fu internato in un lager tedesco. Rimpatriato nel 1945, ritrovò
l'icona, conservata dalla madre. Con le offerte delle
mamme, delle vedove, degli orfani di guerra che volevano perpetuare la memoria dei loro cari, fece confezionare un’artistica cornice sbalzata in argento e oro. Diede
poi avvio ad un’originale "Crociata dell'amore e del perdono" e accompagnò la sacra effigie in ottanta città d'Italia. Dopo il pellegrinaggio, durato svariati anni, la
Madonna del Don fu sistemata nel Santuario dei Padri
Cappuccini a Mestre. Dal 1974 le Sezioni dell'Ana offrono
a turno l'olio per la lampada votiva che arde ininterrottamente davanti all'icona. Il 13 ottobre 2002, con l'atto di affidamento è divenuta protettrice degli alpini.
***
Quest’anno il compito di offrire l’olio per la lampada votiva è toccato alle sezioni di Bergamo e Gorizia. Alla cerimonia, la quarantasettesima, svoltasi domenica 13
ottobre era presente una nutrita rappresentanza della nostra sezione (circa ottanta alpini e familiari ed una fanfara alpina), guidata dal presidente Macalli e composta
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dal vice Granelli, dai consiglieri Bombardieri, Persico,
Moro, Sangalli, Stabilini, Taramelli e Venturi; dal segretario Bertuletti. Al vessillo sezionale, portato dall’impeccabile alfiere Finotto, facevano da scorta una quindicina
di gagliardetti bergamaschi, mentre la fanfara alpina di
Trescore Balneario ha accompagnato tutta la manifestazione. A rappresentare la Sede nazionale c’era il nostro
Giorgio Sonzogni.
Partiti dalla sede sezionale con i pullman in ore antelucane ed un tempo da lupi, il cielo si è sempre più aperto
per giungere poi a Mestre con il sole che ha riscaldato
tutta la giornata. Dopo il ricevimento delle rappresentanze delle sezioni in municipio (presenti 17 vessilli sezionali ed alcune decine di gagliardetti), in piazza Ferretto
c’è stato l’ammassamento e l’inizio della cerimonia, organizzata dalla sezione di Venezia e dal Gruppo di Mestre. Numerose le autorità civili e militari presenti, tra cui
il ministro Flavio Zanonato, il prefetto di Venezia Domenico Cuttaia, il sindaco di Mestre Giorgio Orsoni.
All’alzabandiera sono seguiti i discorsi del presidente
della sezione di Venezia e del sindaco della città, seguita
dalla lettura di un brano del diario di Nelson Cenci, reduce e valoroso ufficiale alpino, scomparso l’anno
scorso. Si è poi formato il corteo con in testa la fanfara di
Trescore ed a seguire il picchetto di alpini in armi, le corone, le autorità, i vessilli di Bergamo e Gorizia con presidenti e direttivi, gli altri vessilli sezionali con i presidenti,
i gagliardetti e dietro gli alpini, circa un migliaio. Dopo la
deposizione di due corone in onore ai Caduti, la sfilata è
proseguite per le vie della città fino a raggiungere la
chiesa dei Padri Cappuccini per la S. Messa e l’offerta
dell’olio.
Al termine della celebrazione della S. Messa, i presidenti
di Gorizia, Paolo Verdoliva, e di Bergamo hanno rivolto
parole di circostanza a tutti i convenuti. L’uno, dopo i saluti, ha fatto un po’ la storia della sua sezione, mentre l’altro, il nostro presidente, ha dato lettura di alcune
testimonianze di reduci bergamaschi che hanno vissuta
la drammatica campagna di Russia, compresa quella del
cappellano alpino Padre Giovanni Brevi.
Infine, davanti all’altare dove si trova la preziosa icona,
si è svolta la solenne cerimonia dell’offerta dell’olio (offerta non solo simbolica, poiché è un concreto contributo alla chiesa dei Cappuccini) e la lettura da parte dei
presidenti di Bergamo e Gorizia dell’Atto di affidamento
degli alpini alla Madonna del Don, che non è altro che
una preghiera: « Maria, Madre del Signore Gesù, Signora della neve e delle montagne. In quest'ora di letizia e di grazia, in cui a nome delle due sezioni di
Bergamo e di Gorizia, abbiamo offerto l'olio della lampada che arderà per tutto l'anno a nome di tutti gli alpini
caduti sui diversi campi per l'adempimento del dovere e
di quelli che servono ora la patria (...) A te, Madre del
Don, tutto il popolo degli alpini di ieri e di oggi si consacra. Sopra di esso non scenda mai la notte dell'indifferenza, della dimenticanza e dell'incredulità (...) Ci
affidiamo a te, vigila su tutti noi e in particolare sui nostri alpini impegnati al di là dei nostri confini. Essi si
muovono senza odio o rancore alcuno, nell'unica prospettiva della pace. »
Davanti alla Madonna del Don
RICORDATI I CADUTI E I REDUCI DI RUSSIA
Il discorso del presidente Carlo Macalli
Ricordare i bergamaschi decorati con medaglia d’oro Capitano
Franco Briolini comandante della 49ª compagnia del battaglione
Val Camonica del 5° Alpini, il Tenente Cappellano Don Giovanni
Brevi del Battaglione Val Cismon del 9° reggimento alpini, il Sottotenente Leonida Magnolini del 2° artiglieria Gruppo Bergamo,
sarebbe riduttivo. Ricordare con loro i 35 bergamaschi decorati
con medaglia d’argento, i 65 decorati con medaglia di bronzo, i
92 decorati con croce di guerra al Valor Militare sarebbe ancora
riduttivo. Oggi siamo qui per ricordare tutti i bergamaschi che
hanno partecipato, loro malgrado, alle operazioni belliche in
terra di Russia. Alpini Bergamaschi giunti in Russia nel febbraio
1942 con il battaglione sciatori Monte Cervino e poi nell’estate
del ‘42 con i battaglioni Morbegno, Edolo, Tirano e con gli artiglieri del gruppo Bergamo, tutti reparti inquadrati nella divisione
Tridentina, oltre a tutti gli altri casualmente finiti non solo in altri reparti alpini, ma anche in reparti non alpini che hanno
dovuto condividere quelle vicende.
Oggi anche noi bergamaschi siamo tornati a rendere omaggio alla Madonna del Don alla quale, come dice l’atto di
affidamento: “tutto il popolo degli alpini di ieri e di oggi si consacra. Sopra di esso non scenda mai la notte dell'indifferenza, della dimenticanza e dell'incredulità”.
Proprio per non dimenticare gli alpini bergamaschi hanno collocato una copia dell’icona della Madonna in una chiesetta Alpina sul Monte Castello a Miragolo di Zogno ben 40 anni fa, chiesetta che fu benedetta nell’occasione proprio da Padre Policarpo.
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RICORDIAMO
NARDO CAPRIOLI
N
on è facile parlare dell’Alpino Nardo Caprioli.
È stato talmente importante per l’Associazione Nazionale Alpini, che si corre il rischio
di cadere in una retorica poco piacevole,
cosa che lui per primo sentirebbe come fastidiosa.
Nelle pagine seguenti qualche spunto di riflessione lo
forniscono altri che sono stati, come tutti, a lui legati da
profonda amicizia alpina.
Devo prendere atto della vicinanza di tantissimi Alpini,
di tanti amici, delle Autorità istituzionali e di tantissima
gente comune al suo funerale. Ma non posso limitarmi
a constatare. Io come voi, in qualche momento di silenzio di fronte alla bara, ho fatto mente locale all’uomo che è passato in questa Sezione, nell’ANA
nazionale, l’Alpino che, conosciuta la guerra, ha controbilanciato l’orrore vissuto con la sua forte solidarietà
personale. Solidarietà trasmessa con fatti e con gesti
a chi era con lui e a chi oggi è parte di questa nostra
Associazione, senza necessità di ordini, ma con
l’esempio e la dedizione.
“Grazie Nardo” abbiamo scritto fuori dalla sede, ma è
un limite quello della parola, almeno per me, le emozioni e i sentimenti non hanno una misura, ci sono e
basta. E i sentimenti gli Alpini li hanno espressi in
modo semplice, salutando con una breve visita, con il
racconto di un ricordo personale, o ancor meglio con
un gesto d’affetto nel carezzare quella fronte, nel fare
un segno di croce, quasi sempre mascherando l’emozione e girando lo sguardo altrove per non far vedere
gli occhi lucidi.
Grazie signora Anna, a lei e ai suoi figli per esservi privati di un momento di intimità famigliare per dare a noi
Alpini la possibilità di essere vicini a Nardo nella sua
sede.
La lezione di Nardo è stata da tempo compresa e gli
Alpini proseguono questo percorso, cercando di individuare la strada giusta per un futuro degno di tutte le
persone che come lui hanno dato speranza alla nostra Italia.
Potrà quindi sembrare scortese ed inadeguato che io
cambi argomento rispetto alle riflessioni di cui sopra
parlando delle esperienze della nostra Sezione con i
giovani. Sono però intimamente convinto che il nostro
Presidente emerito avrebbe voluto sentirsi raccontare
le esperienze di quel gruppo di adolescenti ai quali abbiamo dato l’opportunità di sperimentare per una settimana la vita dei nostri Alpini in caserma a San
Candido. L’argomento viene raccontato in alcuni scritti
che trovate nelle pagine a seguire.
Di primo acchito la cosa potrà sembrare semplice, una
iniziativa bizzarra, ma grazie ai tanti che hanno colla-
borato,
abbiamo
compreso che si possono e devono dare
risposte ai nostri ragazzi. Giovani che
hanno “fame” di
esperienze nuove,
cosa comprensibile
per l’età, ma che
hanno anche la
“necessità”
di
avere modelli educativi seri, utili per
costruirsi un carattere e per vivere in
modo meno banale la loro età.
Stiamo
passando, anche se
non ce ne rendiamo perfettamente conto, il testimone
non più solo ai nostri figli, ma alla generazione dei nostri nipoti. Alcune iniziative che stiamo sperimentando
sono necessarie per capire cosa si può fare e in che
modo farlo. Sia in Sezione che nei Gruppi c’è fermento
e la cosa fa ben sperare. Sicuramente non stiamo
aspettando che il mondo ci caschi addosso, lamentandoci della fine della leva e il venir meno di iscritti
per questioni anagrafiche. Altre iniziative devono e
possono essere fatte e credo saranno utili a costruire
il futuro dell’Associazione.
Per ricordare degnamente le persone come Nardo è
quindi necessario incontrare i giovani e impegnarsi per
loro e con loro se vogliamo che in futuro l’Italia pulita
trovi maggior visibilità rispetto alle bassezze che
troppo tengono banco.
Magari non saranno Alpini i nostri giovani, ma se sapremo spiegarlo, avranno modo di comprendere ed
apprezzare quello che tanti Alpini prima di noi ci hanno
lasciato e che abbiamo il dovere a nostra volta di trasmettere. Forse non saranno Alpini i nostri eredi, ma
dovremo aver fatto tutto il possibile per far capire loro
l’utilità di essere squadra e non gang, di aver la possibilità di essere tutti comprimari e non semplici spettatori in una società in cui i modelli di riferimento che
vanno per la maggiore sono solo quelli di alcune primedonne e di altrettanti furbi cicisbei.
Poi chissà che non venga il tempo per tornare a un
servizio civico di pochi mesi obbligatorio per tutti, argomento che dovrà necessariamente essere riconsiderato dopo aver lasciato, oltre la naja, anche qualche
valore fondamentale dietro l’angolo.
Ciao Nardo
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11 giugno 1977. Inaugurazione casa di Endine
Merano, 1 novembre 1980. festa del Bocia
Tra i suoi alpini
Bergamo, Adunata Nazionale 1986
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Nardo Caprioli è nato a Bergamo, il 24 novembre 1920.
Dopo aver frequentato il liceo classico “Sarpi”, si è regolarmente iscritto alla facoltà di medicina e chirurgia a
Milano, ma, a 21 anni, ha abbandonato gli studi per arruolarsi volontario negli alpini.
Alla fine del corso A.S., ad Aosta, una volta nominato
sergente, è stato assegnato al 7° rgt alpini, dal quale, in
seguito, è passato al 6° e, infine, superato il corso ufficiali, al 5°, con il grado di sottotenente.
Quando, nel luglio 1942, è partito per la Russia, faceva
parte dell’Edolo, con cui ha combattuto per tutta la campagna, pur venendo aggregato alla cp. controcarri reggimentale, a Rossosch.
Durante la ritirata, dal 15 gennaio al rientro in Italia, ha
comandato il plotone mitragliatrici della 52° cp., che ha
condotto in battaglia, il 26 gennaio, a Nikolajevka.
Nell’aprile 1943, è finalmente tornato in patria, dove ha
potuto terminare l’università, laureandosi nel 1945
Due anni dopo, si è sposato con Anna Callioni, da cui
ha avuto quattro figli.
Regolarmente iscritto alla Sezione di Bergamo dell’Ana,
ha percorso tutte le tappe del cursus honorum associativo, diventandone presidente sezionale nel 1969,
alla morte di Giovanni Gori, suo predecessore.
Durante il suo quindicennio ai vertici provinciali dell’Ana,
Caprioli ha avuto un ruolo determinante nell’organizzazione degli aiuti al Friuli terremotato (1976).
Inoltre hanno preso il via, proprio nei primi anni della
sua presidenza, numerose iniziative sezionali che
hanno dato una nuova impronta civile e solidale all’associazione: la nascita dei primi nuclei antincendio, embrioni del grande progetto sulla protezione civile (1974)
e, soprattutto, la casa per bambini miodistrofici di Endine Gaiano (1975-1977), che ha inaugurato la filosofia
voluta dal presidente di “ricordare i morti aiutando i vivi”.
Nel 1984, ha abbandonato questa carica per assumere
quella di presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini, incarico che ha mantenuto ininterrottamente, fino al 1998, quando, per motivi di salute, ha
dovuto abbandonarlo, pur rimanendo presidente onorario.
Una delle sue prime azioni da presidente nazionale è
stata proprio quella, nel 1985, di modificare lo statuto
associativo, inserendovi il capitolo relativo alla protezione civile, che oggi è un fiore all’occhiello dell’Ana.
Tra le moltissime altre sue iniziative, va ricordata soprattutto la creazione dell’asilo di Rossosch, di cui oggi
ricorre il ventesimo anniversario: simbolo stesso dell’idea costante di Caprioli di ricordare i nostri caduti per
mezzo di opere utili alla gente, piuttosto che con monumenti celebrativi.
Non bisogna dimenticare fra le sue iniziative che il 24
maggio 1985 a Mittenwald viene ufficialmente costituita
la Federazione Internazionale Soldati di Montagna.
Inoltre all’ Adunata nazionale del 1986 a Bergamo sfilano gli automezzi del nascente Ospedale da Campo
ANA che riceverà il suo battesimo nel 1989 intervenendo a Spitak in Armenia in soccorso della popolazione colpita duramente dal sisma del dicembre 1988.
E’ stato l’ultimo presidente nazionale ad avere partecipato personalmente ad un conflitto.
In virtù delle sue molte benemerenze pubbliche, Nardo
Caprioli è stato nominato prima commendatore (1986)
e poi grand’ufficiale (1989) dell’ordine al merito della
Repubblica.
LA COSTITUZIONE ITALIANA
I
l Consiglio Direttivo Sezionale, nella riunione del 27 agosto
2012, ha approvato all’unanimità la proposta della Commissione Tricolore nelle Scuole che è stata denominata
“Lettera ai Diciottenni”.
Con questa iniziativa la Sezione chiede ai Capigruppo, in accordo con
le rispettiveAmministrazioni Comunali, di consegnare a tutti i giovani,
che nell’anno corrente compiono il 18° anno d’età, una copia della Costituzione Italiana, possibilmente durante una cerimonia pubblica.
Questa iniziativa si prefigge sostanzialmente tre obiettivi:
rivolgere a questi giovani gli auguri per il compimento della maggiore
età che significa anche assunzione dei diritti e doveri di ogni cittadino;
continuare ed approfondire il rapporto iniziato con l’incontro del Tricolore in terza media;
presentare ai nostri ragazzi le opportunità di impiego che possono trovare nell’ambito del servizio militare alpino.
Sarebbe opportuno che la consegna della Carta costituzionale avvenisse intorno alla Festa della Repubblica, a sottolineare che il 2 giugno del 1946 il nostro Paese da monarchico divenne una democrazia.
La Sezione ha realizzato una edizione apposita dell'opuscolo a conferma dell’importanza di questa iniziativa, ma in molti casi la Costituzione viene offerta dai sindaci che organizzano anche la cerimonia di
consegna. Dai dati in nostro possesso risulta che ben 19 gruppi (Antegnate, Azzone, Brembate Sopra, Brignano Gera d’Adda, Calcio,
Calvenzano, Castel Rozzone, Cerete Alto, Cividate al Piano, Fara Gera d’Adda, Locatello, Lovere, Martinengo, Pedrengo,
Pianico, Presezzo, Songavazzo, Sotto il Monte, Zambla) hanno acquistato i libretti presso la sede, mentre in altri 8 paesi
(Cerete Basso, Clusone, Fonteno, Onore, Rovetta, Riva di Solto, San Lorenzo, Solto Collina) sono state donate dal Comune.
49
IL TRICOLORE NELLE SCUOLE
L’
iniziativa, nata nell’anno scolastico
2004/2005, si è sviluppata nel tempo con
l’adesione di quasi tutti gli Istituti Comprensivi
non solo della nostra provincia, ma anche di
quelli della provincia di Lecco. Se inizialmente era l'Ana
a proporsi ora sono i dirigenti scolastici che all’inizio dell'anno scolastico ci contattano per avere conferma che
l’iniziativa sarà ripetuta.
I dati sono quanto mai lusinghieri dal momento che
siamo presenti nel 90% degli istituti (nel 2012/2013
siamo intervenuti in 188 scuole, coinvolgendo 8932
alunni di 393 classi).
L’impegno dei nostri relatori, la loro capacità, volontà e
serietà, unitamente a quelle dei Gruppi che hanno stimolato l’incontro tra le scuole e l’A.N.A., mirano a richiamare, promuovere e ricordare ai ragazzi i valori,
l’eticità delle azioni, la solidarietà gratuita che hanno
caratterizzato lo spirito degli Alpini.
In futuro le attività di solidarietà e di sostegno alle comunità che gli Alpini svolgono, grazie alla loro organizzazione nell’A.N.A., sono destinate a scomparire, così
come i Gruppi dovranno cessare di esistere non essendoci un ricambio generazionale. Se vogliamo che i
nostri valori sopravvivano e continuino a dare frutti rigogliosi, dobbiamo diffonderli tra i giovani in modo
nuovo. Questa è la ragione ed il fine del “Tricolore nelle
Scuole”: parlare, spiegare, insegnare ai giovani le qualità della vita, l’amore per la Patria, il senso del dovere
e della solidarietà che ci impregnano e per i quali molti
Alpini sono “andati avanti”.
Dobbiamo cercare tutte le occasioni possibili per incontrare i giovani, molto più sensibili ed attenti di quanto
comunemente si ritiene. Dobbiamo creare molte più op-
50
portunità per comunicare con loro, non solo quando
sono in terza media. Anche nelle classi successive, per
“rinfrescare” concetti trattati, spiegati, insegnati; far conoscere loro il senso e l’importanza dell’assunzione
della “responsabilità”. Al termine del corso di “adattamento alla montagna” svoltosi a San Candido lo scorso
anno, uno dei ragazzi che lo ha frequentato, congedandosi dagli organizzatori, ha asserito: “Mi avete dimostrato, parlato e fatto conoscere cose importanti che
nessuno mai mi ha insegnato; ve ne sono grato”, frase
che ha ampiamente ripagato degli sforzi e dell’impegno
profusi dall’A.N.A. di Bergamo.
Meritano apprezzamento quei Gruppi che si sono impegnati in altre iniziative indirizzate ai giovani come
l'istituzione di Borse di Studio a seguito di lavori svolti
dai ragazzi dopo il nostro intervento, oppure visite ai
Sacrari o partecipazione a momenti di festa dei Gruppi.
E molte altre sono le attività di cui non si ha notizia.
Sono forse duemila i ragazzi di altre scuole che incontriamo molto volentieri, con i quali interveniamo su temi
specifici che ci sono richiesti dagli organizzatori degli
incontri sui temi: “Cos’è l’Italianità”, “Gli Alpini ieri, Alpini oggi” ed “Alpini e sociale”.
Anche quest’anno siamo stati invitati a preparare incontri con Minitalia. Occasioni come questa sono sì
promosse nell’ambito di altri fini, ma sono per noi preziose e da utilizzare per raggiungere il nostro obiettivo
di parlare dei nostri valori ai più giovani, che non devono essere gelosamente nascosti. Così non servirebbero a nessuno; noi invece vogliamo che vengano
riscoperti: solo così, fra cent’anni, gli Alpini esisteranno
ancora. O moriranno con noi.
RAPPORTI CON L’UNUCI
S
ono continuate anche 2013 le attività congiunte ANA-UNUCI, finalizzate al mantenimento di conoscenze e competenze di
carattere pi˘ spiccatamente militare.
Le attività svolte dal personale comprendono partecipazione ed organizzazione di gare di pattuglie militari,
partecipazioni a gare di tiro, accademico e dinamico,
partecipazione in uniforme alle cerimonie per le Feste
Nazionali e cerimonie commemorative.
Venendo alle attività svolte nell'anno in corso:
- a fine marzo la partecipazione alla gara per pattuglie
militari "Brughiera 2013",gara con il patrocinio del Comando Esercito Lombardia, quest'anno piuttosto impegnativa dal punto di vista fisico, ma completata con
grande soddisfazione dei 7 elementi componenti la pattuglia. A parte la sessione di tiro , è basata su un percoso topografico diurno e notturno utilizzato per
congiungere le località in cui si sono svolte le attività
tattiche: primo soccorso d'emergenza, zae,imboscata
e reazione rapida,evaquazione di persone da zona di
pericolo.procedure di alta preparazione militare,e,valutate da personale di istanza al pronto intervento Nato a
Solbiate.
- A fine maggio partecipazione all'organizzazione della
gara per pattuglie militari "Lombardia 2013 - Trofeo Ministro della Difesa", in cui 50 pattuglie di 4 elementi,
provenienti da unità in servizio attivo o della riserva di
eserciti NATO e di altri Paesi. A parte la gestione della
linea di tiro per fucili, sono state gestite due prove: bivacco notturno, valutato secondo le normative previste
dalle norme di sicurezza in teatro operativo. La seconda prova riguardava l'esecuzione di una imboscata
e della conseguente reazione, con il condizionamento
ed evacuazione dei feriti in conseguenza dell'attacco.
Questo aspetto è divenuto molto importante alla luce
dei frequenti rischieramenti in teatro operativo di militari occidentali; si basa quindi su precise normative mediche, di sicurezza e procedurali in grado di garantire la
migliore possbilità di sopravvivenza al personale colpito.
- Gara di tiro "Col.Maggi", a fine giugno a Carate
Briana,strutturata su diverse linee di fuoco, finalizzata
all'ottenimento del brevetto UNUCI di tiro dinamico operativo,cosa che è riuscita.
- Attività logistiche a sostegno della iniziativa di avvicinamento alla montagna a S.Candido.la nostra presenza Ë stata inserita nel momento di relazione
operativa didattican dei ragazzi presenti.
- Partecipazione alla grata di tiro dinamico internazionale Giglio Rosso Pegaso 2013, Memorial Caduti in Afghanistan, organizzata presso il poligono TSN di
Sassuolo, da UNUCI Firenze e Giglio Rosso Shooting
Club di Firenze.
Per quanto riguarda la partecipazione alle cerimonie,
sono da segnalare:
- 2 Giugno, partecipazione alla cerimonia della Festa
della Repubblica.
- il 1∞ novembre per il ritorno "a baita" dei tre caduti di
Palazzago, alla presenza del Comandante del 5∞ Reggimento Alpini, e di un polotone di Alpini dello stesso
reggimento,e,noi inquadrati nello schieramento.
- 4 novembre, celebrazione della Giornata Delle Forze
armate e dell'Unità Nazionale.
E’ allo studio un proseguo di istruzione ,attività, tattico
militare e primo soccorso. Un grazie a tutti gli ufficiali,sottuficiali e truppa che hanno condiviso le nostre
attività sportive militari.
Ricordo ancora che, se qualcuno ha interesse per questo tipo di attività, di rivolgersi in sede per prendere accordi con il delegato sezionale.
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INTERNATIONAL FEDERATION
OF MONTAIN SOLDIERS (IFMS)
XI MEMORIALE DI LES AVELLANES
(IX Giornata di Fratellanza
spagnola - italiana)
Dal 4 al 7 aprile la commissione della nostra sezione, unita alla commissione di Torino ed ai gruppi di Moncalieri con al seguito il loro coro
ed il gruppo di Testona, si sono recati in Spagna, nelle regioni di Aragona e Catalogna, per commemorare con le locali Associazioni di
Soldati Veterani di Montagna e Militari in servizio, i Caduti della
Guerra Civile del 1936/1939 e coloro che sono deceduti nelle missioni umanitarie per la pace.
Un intenso programma tenutasi tra le città di Jaca “situata nel cuore
dei Pirenei spagnoli”, ed Avellanes Lleida, con incontri ufficiali, concerti, celebrazioni, visite a luoghi storici che, se il programma a prima vista poteva sembrare un “tour the force” per
storici e fisici bene allenati, si sono poi rivelati in un indimenticabile viaggio di accoglienza, ospitalità, condivisione di
memorie e valori di uomini, abbinate allo spirito comune del ricordo , portando grandi emozioni.
Un ricordo che rimarrà indelebile nei nostri cuori e nei cuori dei Veterani di Spagna, uniti da sentimenti comuni di amicizia, altruismo e fratellanza, amore per la montagna e per la propria Patria.
56° MITTENWALD 2013
Sabato 4 e Domenica 5 Maggio in Germania la più Solenne
Commemorazione Onor Caduti di Tutte le guerre.
Il Sabato 4 sera riunione conviviale, con allocuzioni del Presidente delle GEBIRGSTRUPPE Dieter Buhrmester , con premiazioni dei meritevoli Veterani dell’Associazione.
Domenica 5 mattina , un’ alba delicata, si è trasformata in un cielo
azzurro, mentre la luna cedeva il posto a un sole splendente, Gli
Alpini sul monte calpestavano la soffice erba ancora umida di rugiada; si preparava la 56° Cerimonia presso il Monumento Hohen
Brendten. La S. Messa con la presenza della Fanfara dei militari
della Brigata GEBIRGSJAEGER, seguita da Tutti in raccoglimento, ha preceduto la deposizione delle corone; quella dell’Associazione Nazionale Alpini, con fronde di pino e fiori
colorati, è stata deposta dal Presidente Sambucco della Sezione di Germania, da Bombardieri Antonio e Granelli
Alessio, alfiere Bono Alberto, che hanno anche rappresentato ufficialmente l’ANA e la Sezione di Bergamo. Durante
la cerimonia le autorità hanno evidenziato il rapporto di Fratellanza e amicizia degli Alpini con le Gebirgstruppe.
Un caloroso incontro e amicizia con gli amici il Maggiore Americano Riciard, il Tedesco capogruppo Jurghen e Josehp con un buon bicchiere di birra anno chiuso la soleggiata giornata.
IL PREMIO INTERNAZIONALE I.F.M.S.
Uno gli alpini se li immagina sul sagrato della chiesa: a fare bisboccia in trattoria o a sfilare per il paese con in testa
la fanfara, spesso siamo proprio noi alpini a diffondere questa immagine un po’ strapaesana. Intendiamoci: non c’è
nulla di male, però, in certi casi, è un’immagine un tantino ingannevole. Tanto per cominciare, le due brigate alpine
sono reparti di pronto intervento europeo, e, dal punto di vista operativo, tutt’altro che strapaesane. Poi, perché l’ANA
è il membro più autorevole dell’associazione che riunisce tutte le truppe da montagna del mondo, che si chiama
IFMS. Anche se una buona parte degli alpini nemmeno lo immagina, tutti i soci della nostra associazione fanno parte
anche della Federazione Internazionale dei Soldati di Montagna, insieme a tedeschi ed austriaci, polacchi e spagnoli,
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sloveni e statunitensi, francesi e svizzeri: e, cosa ancor
meno nota, il premio internazionale IFMS, viene assegnato
ogni anno a Bergamo, promotore il Gruppo Alpini di Azzano
San Paolo. Si tratta di un premio in denaro (poca roba, perché non si naviga nell’oro…) accompagnato da un trofeo
artistico, che raffigura il “Pulpito”, uno dei punti più suggestivi della strada degli alpini, in Dolomiti. Nato dalla buona
volontà degli alpini azzanesi, oggi questo premio è diventato una realtà importante, nel mondo delle truppe da montagna, ed aggiudicarselo è un traguardo ambito.
Con il premio IFMS si vogliono premiare soprattutto due
azioni, che incarnano anche due fondamentali idee circa i
valori da preservare: la salvaguardia, conservazione e ristrutturazione di opere e manufatti militari di valore storico
e la diffusione e la difesa della memoria e delle tradizioni militari. Il tutto, nello spirito che caratterizza il rapporto dell’ANA col passato, vale a dire l’imperativo categorico scolpito sulla colonna dell’Ortigara: “Per non dimenticare”. So
già che qualcuno obietterà: guerrafondai, ma la memoria di noi Alpini è questa e non altre. Può piacere o non piacere, ma gli Alpini non sono un’associazione politica né un gruppo di preghiera: sono un’associazione d’arma. Ciò
precisato, quest’anno il premio IFMS è andato al Comune di Monfalcone, che, in collaborazione con un numero
enorme di enti ed associazioni, sia italiane che slovene, ha ristrutturato e trasformato in bellissimo parco tematico una
porzione di 3 kmq di territorio, nelle immediate vicinanze della città, rendendo visitabili e didatticamente fruibili trincee, ricoveri, camminamenti e strutture militari di vario genere.
Sabato 22 giugno, nella sede ANA di via Gasparini, alla presenza del responsabile nazionale IFMS, nella medesima
cerimonia, è stato segnalato il prezioso lavoro dell’alpino Zanchi, di Bracca, che, insieme al suo Gruppo, ha raccolto
in un bel volume le memorie belliche del paese, con un vasto repertorio documentale ed iconografico. Due gocce nel
mare, forse, ma esempi di come si possa contribuire a mantenere viva la memoria collettiva, conservandola e preservandola per le nuove generazioni. Una bella giornata, all’insegna della cultura e della storia, dunque: tanto per
smentire, una volta di più, quell’immagine solo strapaesana di cui dicevamo all’inizio.
28° CONGRESSO I.F.M.S. (un messaggio di solidarietà)
Nei giorni dal 3, 4 e 6 settembre si è svolta presso la sezione di Gorizia, organizzato dall’Ana, il 28° congresso della
Federazione dei Soldati di Montagna IFMS, mentre il 5 settembre l’associazione 132° Gorb della Slovenia ha organizzato la 27ª giornata dedicata alla memoria ed alla fratellanza. Presenti tutte le delegazioni: Italia, Austria, Francia,
Germania, Polonia, Stati Uniti, Svizzera, Slovenia, Spagna, e l’ultima affiliata alla Federazione, il Montenegro. La sezione di Bergamo ha partecipato con il vessillo, accompagnato dal responsabile IFMS Antonio Bombardieri e dall’alfiere Alberto Bono; Alessio Granelli ha portato lo stendardo della Federazione e la bandiera IFMS dell’Ana. La
delegazione nazionale Ana era presente al completo con il presidente IFMS Renato Cisilin, i consiglieri Curasì, Spreafico, Vercellino, e i membri esterni Granelli e Perosa. Si sono svolte due riunioni di lavoro dei delegati e un’assemblea generale. Si sono visitati il Museo Alpini di Borgo Castello a Gorizia e la Fortezza di Palmanova con omaggio
floreale al nuovo monumento IFMS; sono state deposte corone d’alloro al Sacrario di Redipuglia e al Cimitero austro
ungarico di Fogliano. Giovedì 5, tappa in Slovenia a Koboric (Caporetto), con visita allo storico Museo e omaggio
al Sacrario con deposizione di una corona; poi al monumento di Log Pod Marganton con camminata lungo il sentiero
della pace e visita alla fortezza de Cluse, una volta era la ”Fronte Giulia“ ove si sacrificarono migliaia di soldati degli
eserciti belligeranti. Di seguito rientro in Italia a Cividale e visita alla caserma Francescotto, sede dell’8° Reggimento
Alpini della Brigata Julia con deposizione di una corona al monumento della gloriosa Brigata.
Venerdì 6, giornata conclusiva dei lavori con l’ammissione ufficiale del Montenegro, come nuovo federato, premiazioni con
diploma d’onore e medaglia al merito ai delegati che si sono
distinti per impegno e costanza nell’IFMS, per l’Ana a Lucio
Vadori. Infine la comunicazione che il 29° congresso 2014 è
stato assegnato alla Svizzera ad Andermat, mentre il 30°
(2015) sarà ospitato dall’associazione del Montenegro. Al pomeriggio visita ai luoghi della Grande Guerra, sui sentieri del
Carso e monte Sabotino.
Le giornate del 28° Congresso ci hanno portato a conoscere
luoghi sacri e rivivere gli eroismi di quei tragici periodi, ad
onorare il valore di soldati e civili di ogni nazionalità al fine di
valorizzare il profondo significato della memoria storica che è
monito ed impegno per perseguire e tramandare un futuro di
pace e fraternità.
53
Le motivazioni del premio
PREMIO “ALPINO DELL’ANNO”
I
l 21 giugno scorso, presso la Sezione Alpini
di Savona, l’Alpino bergamasco Giuseppe
Zonca, classe 1943 di Calusco d’Adda, ha
ottenuto questo importante riconoscimento per aver
più che degnamente rappresentato l’Associazione
Nazionale Alpini, i suoi valori, la sua riservatezza nell’aiutare i meno fortunati sia in Bosnia che in Burundi.
Queste le motivazioni ufficiali del conferimento:
“L’alpino Giuseppe Zonca, iscritto al Gruppo di Calusco d’Adda dal 1980, negli anni 2000 ha organizzato
ed eseguito 12 viaggi per la consegna di materiali
umanitari in Bosnia, su strade impervie e piene di pericoli e con mezzi di trasporto inadeguati. Ha inoltre
prestato e presta tuttora la sua opera di volontariato
presso le missioni delle Suore Orsoline del Sacro
Cuore in Burundi, costruendo negli anni una casa di
accoglienza e un forno per il pane; ha rifatto i tetti dell’intero complesso, dotandolo anche di pannelli solari
e ha incanalato una sorgente lontana cinque chilometri per fornire l’intera missione di acqua potabile.
Attualmente, oltre all’impegno costante in Burundi,
54
quotidianamente trasporta gli anziani di Calusco
d’Adda che necessitano di esami e controlli clinici
presso le strutture mediche. Chiaro esempio di altruismo e di dedizione al prossimo, Giuseppe rende
onore all’Associazione e al Corpo degli Alpini ai quali
è fiero di appartenere.”
Prima di lui, altri otto alpini bergamaschi avevano
ottenuto questo ambitissimo premio e, precisamente, Leonardo Caprioli nel 1977, Gianfranco
Rota nel 1988, Domenico Giupponi nel 1995,Germano Fiorina nel 1997, Pietro Merelli nel 2000,
Lucio Piccardi nel 2002, Franco Pini nel 2004 e
Rino Berlendis nel 2006.
Questo premio, istituito nel 1974 dal Presidente Siccardi, è un premio molto sentito: da quando si è deciso di consegnarlo un anno in città e due in provincia
i Gruppi fanno a gara per farselo assegnare, mettendo in campo uomini e mezzi, perché i premiati trovino un ambiente Alpino che li metta a loro agio e che
faccia loro vivere delle giornate indimenticabili.
VESSILLO
SEZIONALE
IN TRASFERTA
I
n guerra, quando le
cose andavano proprio male, il comandante ordinava ai
soldati di raccogliersi intorno
alla bandiera: quante volte, il
Tricolore ha rappresentato l’ultimo baluardo di una difesa disperata, ad Adua come sul
Rombon, a Cheren come sul
Don. Le bandiere hanno come
una vita magnetica: un’energia
propria. Quando passa il nostro
Labaro, lo si guarda con un
misto di commozione e di religioso rispetto: quelle medaglie,
quei nastrini, sono la storia viva
del nostro corpo. E’ lo stesso
dev’essere per il vessillo sezionale: è la bandiera degli alpini
bergamaschi, intorno a cui ci
raduniamo nei momenti difficili
e in quelli lieti. Per fortuna, viviamo in tempi in cui i momenti
lieti sono, di gran lunga, i più
numerosi, e il nostro vessillo,
va e li accompagna, muovendosi per tutta la provincia: anniversari, fondazioni, feste dei
gruppi. Il presidente Macalli
vuole fortemente questa prassi:
il vessillo, dice, deve andare
dove gli alpini bergamaschi lo
chiamano. Con dei limiti, certo
e delle restrizioni: ma, in linea
di massima, l’orientamento è
proprio quello di uscire, di andare tra la nostra gente, di incontrarsi di più, di conoscersi
meglio. Però, nessuno deve dimenticarsi che il vessillo è una
bandiera, la nostra bandiera: va
rispettato ed onorato, perchè
rappresenta la piccola Patria,
che è il primo passo per amare
la Patria più grande.
Accogliamolo, perciò, con orgoglio e con gioia, come il simbolo stesso della nostra
comunità umana.
26/27-01 BRESCIA
27-01
MILANO
10-02
ENEGO
70° Nikolajewka
130° Fondazione 5° Alpini
04/08-02 SAN CANDIDO-BRUNICO
Ca.Sta
24-02
36° Campionato nazionale sci alpinismo
01-03
24-03
PONTE DI LEGNO
UDINE
ROCCARASO
78° Campionato nazionale sci fondo
Cerimonia partenza Brigata Julia per l'Afghanistan
47° Campionato nazionale sci slalom
04-04
TORINO
14-04
CALVATONE
05-05
GERMANIA
Raduno IFMS
01-06
CASUMARO
Inaugurazione scuola materna
06-06
VIPITENO
Festa di corpo 5° Alpini
06-04
LLEIDA
13/14-04 GEMONA
10-05
02-06
10/12-05 PIACENZA
MARCHENO
09-06
PONTE SELVA
16-06
FORCA DI PRESTA
09-06
FRASSINARO
Cerimonia rientro Brigata Taurinense dall’Afghanistan
IX Giornata Fratellanza Spagna-Italia
Adunata Sezionale Cremona
Raduno sezionale
Adunata Nazionale
Adunata sezionale Brescia
Adunata sezionale Milano
Adunata sezionale Modena
37°Camp. Nazionale corsa in montagna a staffetta
16-06
SCURANO
Adunata sezionale Parma
16-06
GARGNANO
Adunata sezionale Salò
16-06
23-06
30-06
30-06
07-07
14-07
21-07
CANTU’
VARAZZE
CONTRIN
PIANI ARTAVAGGIO
COL DI NAVA
ORTIGARA
PASSO SAN MARCO
21-07
PULFERO
10-08
SCERSCEN
28-07
Adunata sezionale Como
Adunata sezionale Premio alpino dell’anno
Pellegrinaggio Nazionale Solenne
Adunata sezionale Lecco
64° raduno Sacrario Cuneense
Pellegrinaggio Nazionale Solenne
Incontro Alpini Bergamaschi- Valtellinesi
41° Campionato Nazionale Marcia di Regolarità a Pattuglie
ADAMELLO
50° Pellegrinaggio Naz. Solenne
06-09
GORIZIA
28° Congresso I.F.M.S.
15-09
PODENZANO
08-09
VERONA
Anniversario tragedia
Campionato Nazionale Tiro: 44°carabina e 30° pistola
Adunata sezionale Piacenza
20/21-09 ROSSOSCH
20° anniversario
29-09
ARCORE
Adunata sezionale Monza
04-10
UDINE
Cerimonia rientro Brigata Julia dall’Afghanistan
29-09
29-09
DOMODOSSOLA
PALAZZOLO SULL’OGLIO
42° Campionato Nazionale Corsa in Montagna Individuale
Esercitazione P.C. 2° Raggruppamento
06-10
SANNAZZARO DE’ BURGONDI Adunata sezionale Pavia
20-10
CASTEL S. PIETRO
13-10
04-11
23-11
MESTRE
Pellegrinaggio Naz. Madonna del Don
PASSO DEL TONALE
Commemorazione
ROMA
Raduno 2° Raggruppamento
Manifestazione per Marò
55
Passo San Marco
38° INCONTRO ALPINI
BERGAMASCHI E VALTELLINESI
E’
stata ancora di altissimo livello partecipazione la manifestazione organizzata dai
Gruppi alpini di Averara e di Albaredo di domenica scorsa con l’incontro tra le penne nere delle
due vallate ciu si sono aggiunti alpini e loro accompagnatori ed escursionisti provenienti da tutta la provincia e pure dal Veneto, dal Comasco e da altre
regioni.
All’incirca un centinaio i gagliardetti per altrettanti
gruppi il che sta per almeno un migliaio di penne nere
che si sono ordinatamente assiepate sotto l’altare da
campo su quale è stata celebrata la Messa del ricordo, officiata da don Sergio Carrara e da don Giuseppe Bulè.
Alle ore 10,30 sui due versanti della montagna si
sono ordinati i due cortei –ciascuno preceduto dai labari sezionali e delle associazioni d’arma, e dal
gruppo delle autorità alpine, civili e militari- che
hanno marciato sul ritmo del “trentatré” eseguito dalla
Fanfara alpina delle sezioni valtellinesi per incontrarsi
56
e fondersi davanti all’altare.
Perfetto lo sfilamento regolato dai carabinieri in congedo della Valle Brembana e dei militari delle stazioni
di Piazza Brembana e Morbegno con i comandanti
Andrea Stincone ed Emilio Murciano.
La manifestazione è continuata con la cerimonia del’alzabandiera e dell’onore ai Caduti ed il ricordo degli
alpini andati avanti e quindi con i discorsi di rito.
Hanno salutato i presenti i capigruppo Bruno Paternoster di Averara e Nevio Ravelli di Albaredo, hanno
commentato il momento i sindaci Mauro Egman di
Averara ed Antonella Ferlini di Albaredo, il presidente
della sezione ANA di Sondrio Alberto Del Martino ed
il vicepresidente della Sezione ANA di Bergamo
Remo Facchinetti che ha ricordato in particolare il
compianto presidente Leonardo Caprioli. “Nardo ci
ha tracciato la via che dobbiamo seguire – ha affermato tra l’altro - ispirandoci ai valori dell’amicizia e
della solidarietà. Ricordando come facciamo oggi i
morti lavorando per i vivi nel bisogno.”. Quindi la
Messa accompagnata in
canto dal coro “I figli di nessuno” di San Giovanni
Bianco.
Il tutto in una atmosfera di
profondo
raccoglimento
degno di un’antica cattedrale le cui mura infinite
sono nel caso le montagne,
le circostanti Alpi Orobie e
lontane Alpi retiche ancora
abbondantemente ammantate di neve. Conclusa la
Messa si è continuato con il
rancio nel corso del quale si
è dato la stura ai tanti ricordi della naja, ai racconti
dei veci ai bocia. Al rinvigorirsi di vincoli di amicizia
stretti nel passato. Infine lo
scambio dei saluti ed un caloroso arrivederci al prossimo anno...
UNA MELA AL GIORNO, TOGLIE...
C
onosciamo questo detto. Sappiamo l’efficacia degli echi popolar-sapienziali. Sappiamo
anche l’incidenza che hanno i vari tormentoni pubblicitari sul nostro vivere. Dove voglio andare
a parare?
Andando a vedere il significato etimologico di ALMANACCO ho trovato che viene dall’arabo. Significa “ CLIMA” ma anche “ Luogo” dove i cammelli
sostavano per effettuare lo scarico-carico di merci/rifornimenti.
Allora: abbiamo una mela e un…cammello.
Cosa ne facciamo?
Mi permetto di metterla sul personale. L’altro giorno
ho scoperto che sono 21800 volte che…il sole si alzato sulla mia esistenza. 21800 volte che i miei
occhi…su altrettante giornate.
Senza fatica posso garantire che non sono corrisposte ad altrettante ‘ sveglie’ ma che tante-tantissime
sono state ( a volte anche ora) ‘ dormi-veglia’. Un
andar via di ore, giorni, anni…nel trascinare una esistenza annoiata perché non innamorata. Tempo subito, piatto, alla ricerca di scosse… Stò raccontando
questo solo per dire ( ora passo dal me al noi…
ormai certo di essere in buona compagnia) quanto
potere abbiamo nelle nostre mani per fare sì che la
nostra esistenza non si riduca a un noioso ‘ scaricare-caricare’. Di fatto la nostra vita è un ripetersi di
cose, scadenze, preoccupazioni, paure…speranze e
gioie. Il tutto può essere subito o messo in balìa dell’oroscopo e/o delle scaramanzie ( e ci diciamo…intelligenti!).
Che bello. Tutti i giorni mi sveglio e posso dirmi che
voglio farne. Sarò anche un cammello ma voglio che
il mio scaricare-caricare abbia la mia firma. Vogliodesidero che abbia il mio odore; che sia espressione
di ciò che dà senso al mio esser-ci.
E qui entra in gioco la…’ mela’. Ho bisogno di ciò
che fa bene a me. Ho bisogno di ciò che io nella mia
libertà scelgo come faro-alimentattore di energie :
senza è un bel problema.
Posso, oggi, dire cosa possa essere questa ‘ mela’
che mangio? Posso fare diventare mio-oroscopo
quotidiano il sapere che sono co-protagonista nel
costruire una umanità più bella, più umana? Dico coprot. Perché socio del Grande Capo ( chiamato
anche…Dio).
Pensa che bello: scendere dal letto, oggi, ogni oggi
per scoprire cosa mi regala la vita e scoprire come
posso essere protagonista in questo grande gioco
che è …la vita.
Due certezze: il cammello c’è ( sono io, volente o no);
la mela c’è: la qualità di ciò che dà senso al mio esserci.
57
CASA DI ENDINE
S
iamo giunti al termine di questo anno ed e’
tempo quindi di trarre le somme su quanto
si e’ svolto per la casa alpini di Endine.
A maggio a Santino Cuni è stata affidata la
carica di responsabile e insieme ad altri alpini che
compongono la commissione e all’associazione la nostra famiglia ci siamo dati da fare per far si che la casa
di Endine sia sempre piu’ accogliente e confortevole
per i ragazzi ospiti.
Il nostro lavoro insieme e’ iniziato con la visita da parte
dei ragazzi disabili alla fattoria Asperti di Bolgare.
A luglio li abbiamo accompagnati, in occasione dell’
iniziativa “cammina orobie” organizzata dal Cai e dall’
Associazione Nazionale Alpini, al rifugio “Leonida Magnolini”. Abbiamo partecipato alla cerimonia celebrativa e il coro alpini valcavallina ha accompagnato la
manifestazione.
Quest’ estate con i ragazzi siamo saliti anche al rifugio
Gemba, dove abbiamo trascorso una giornata in compagnia dei ragazzi disabili della casa dell’Angelo Custode di Predore. La bella giornata e’ stata organizzata
dai gruppi alpini del basso Sebino - valle Calepio con
la collaborazione dei gruppi alpini Valcavallina.
58
Oltre alle varie manifestazione natalizie a cui abbiamo
partecipato, il 21 dicembre si e’ tenuto il Natale del disabile presso il laboratorio della casa di Endine , dove
era presente il nostro vessillo sezionale , il presidente
Carlo Macalli, i gia’ presidenti Alessandro Decio,
Gianni Carobbio e Antonio Sarti, i vice presidenti sezionale , numerosi consigliere e 45 alfieri con i rispettivi gagliardetti. la manifestazione e’ iniziata con l’
alzabandiera e la celebrazione della Santa Messa presieduta da sua eccellenza mons. gaetano bonicelli, e
si e’ conclusa con un rinfresco e lo scambio di auguri
nei mesi di giugno, agosto e settembre ci siamo occupati della manutenzione del parco con taglio erba
e di vari lavori all’ interno della casa.
Ringrazio tutti i componenti della commissione ,i volontari e tutti i gruppi che con il loro contributo economico hanno reso e rendono possibile la realizzazione
di alcune opere. ringrazio inoltre l’ associazione la nostra famiglia che mi ha sostenuto e aiutato in ogni iniziativa proposta.
LIBRO VERDE
DELLA SOLIDARIETÀ
I
n questa sede possiamo solamente segnalare i dati relativi al 2012 in quanto
quelli del 2013 dovranno essere inviati
dalle varie sezioni alla Sede Nazionale
entro il 13 febbraio e di conseguenza non saranno
disponibili prima di fine marzo 2013.
Anche nell’anno 2012 gli Alpini si sono distinti per
la grande disponibilità a donare il proprio contributo
in ore lavorate ed in offerte economiche a tutti coloro che, Enti, Associazioni o singole persone,
hanno richiesto il nostro intervento e la nostra solidarietà.
Dal Libro Verde si evince che il totale generale della
solidarietà è ammontato ad euro 7.134.828,31 euro
ed 2.204.009 ore di lavoro.
Per quanto riguarda la sezione di Bergamo i dati
sono questi: ore lavorate 294.497; somme erogate
euro 960.077,00.
In questa sede vogliamo ricordare un nostro intervento al quale siamo particolarmente legati: partecipazione alla realizzazione di un importante
complesso a fini pedagogici e sociali nella cittadina
di Leginowo, distante circa 30 km da Varsavia. La
situazione attuale evidenzia che è il secondo anno
che funziona la scuola materna e che ora è stato
aperto il Centro Promozione Donna. La nostra collaborazione iniziata nel 2010 sarà conclusa nel
2014.
Ad oggi abbiamo operato per 23.800 ore con una
spesa di circa 17.000 euro per le trasferte dei nostri
volontari.
Sezione
e gruppi
hanno
partecipato
fattivamente alla raccolta fondi per
la realizzaziozione della scuola materna di Casumaro con 20.000 euro nel 2012 ed 51.500 euro nel
2013.
Piace ricordare quanto indicato dal presidente nazionale Corrado Perona nella presentazione del Libro Verde 2012:
“ In questi anni ho anche visto crescere attorno noi un consenso ed una condivisione
sempre più ampi. Ad ogni nostra manifestazione, ad ogni nostro intervento sentiamo
palpabile l’affetto della gente che si avvicina
alla nostra realtà fatta di gesti e sentimenti
concreti e non di esaltazione virtuale.
Questo significa che oggi, più che mai c’è ancora bisogno degli Alpini, perché gli Alpini
hanno conservato la memoria delle cose
vere, dei sentimenti importanti e conoscono
bene il sentiero sul quale è giusto camminare. Il nostro compito, dunque, è quello di
fare in modo che quel barlume di speranza
che noi oggi rappresentiamo non abbia a
spegnersi mai.
Lo dobbiamo ai nostri Caduti ed al loro sacrificio, ai nostri veci e all’esempio che ci
hanno dato. Lo dobbiamo soprattutto ai nostri figli e nipoti ai quali dobbiamo passare
questa fiaccola di speranza perché la custodiscano e la trasmettano a loro volta.
59
“CAMMINAOROBIE”
LA FESTA DELLA MONTAGNA
G
razie al gemellaggio tra Ana e Cai di Bergamo è
stata realizzata una nuova giornata all’insegna
della solidarietà e amicizia sulle Orobie. Due
grandi valori che in montagna vanno in stretta
‘cordata’.
Proprio come la dinamica Sezione ANA di Bergamo e la
vivace Unione Bergamasca delle Sezioni e Sottosezioni
CAI, che nella montagna hanno ideali comuni e rappresenta un terreno per una forte alleanza in quota, come dimostrato nella manifestazione della CamminaOrobie.
Domenica 7 luglio si è svolta la seconda edizione della
CamminaOrobie, un’occasione per riscoprire insieme le
montagne di casa, sotto una luce rinnovata in linea con la
filosofia dei due sodalizi Ana e Cai: “Uno degli obiettivi comuni delle due associazioni è quello di favorire una pratica e conoscenza dell’andare per monti intelligente,
curiosa e consapevole, grazie anche alla capacità di stimolare riflessioni sulla memoria, tradizioni e cultura alpina
e di profondo rispetto per l’ambiente alpino e naturale”.
Con queste premesse, chiaro è stato l’invito rivolto a vivere la montagna per tutte le generazioni e senza barriere,
per tutti gli appassionati, i giovani e le famiglie.
Gli stessi protagonisti, alpini e escursionisti che lo scorso
anno avevano affollato numerosi i sentieri e i rifugi delle
Orobie durante la prima edizione.
I momenti clou sono stati al rifugio “M.O. Leonida Magnolini”, con molti giovani e famiglie e anche gli speciali amici
disabili della Casa Alpini di Endine, al rifugio “Cesare Benigni” e al rifugio “Mario Merelli al Coca”.
In particolare quest’ultimo, alla presenza della moglie Mireaia e del fratello Dino insieme a tanti amici e alpini, c’è
stato un toccante ricordo dell’alpinista e sognatore nel
“suo” rifugio, quello all’ombra dei giganti delle Orobie che,
lo scorso autunno, gli era stato ufficialmente intitolato a
pochi mesi dalla scomparsa avvenuta nel gennaio 2012
sulla punta di Scais.
Al rifugio “Cesare Benigni”, in alta Valle Brembana, c’è
stato invece l’incontro istituzionale, con una cerimonia di
posa sulla parete esterna del rifugio di una targa in onore
di Gianni Zonca, Cesare Calvi ed Enzo Ronzoni, presidenti
scomparsi del Cai di Piazza Brembana-Alta Valle Brembana che hanno dedicato la loro vita alla montagna e alla
costruzione del rifugio intitolato a “Cesare Benigni” il 26
agosto del 1984. Commossi i parenti presenti.
“Questo è il luogo che più mi fa pensare a mio padre”, ha
60
detto Sara Calvi, che come Alessandro Zonca conosce
molto bene la storia del rifugio.
“Per questi tre grandi presidenti il Benigni è stato la loro
casa, sono sempre nei nostri cuori”, ha aggiunto Andrea
Carminati, presidente Cai Alta Valle Brembana.
“È un piacere essere in montagna con amici – ha detto
Carlo Macalli, presidente sezionale Ana - la tranquillità di
questi luoghi permette di riflettere sul passato dei nostri
padri alpini e di quanti amano la montagna per guardare al
futuro”.
All’interno delle iniziative per la manifestazione CamminaOrobie, è stato importante e bello portare al rifugio
“Gemba” di Adrara San Martino le persone diversamente
abili, e le loro famiglie, dell’istituto “Angelo Custode” di Predore e della “La Nostra Famiglia Casa degli Alpini” di Endine Gaiano, grazie agli alpini della Valcavallina guidati dal
Consigliere provinciale ANA Gianpietro Vavassori e al CAI
di Bergamo, con il direttore dell’Istituto Antonio Valenti che
ha concluso il suo saluto alle oltre cento persone presenti:
“Amo le montagne che circondano, geologicamente, sono
irregolari e proprio questa “diversità” genera quell’emozione che proviamo guardandole”.
6a RASSEGNA CORI A.N.A.
G
razie alla grande collaborazione e disponibilità
del gruppo Alpini di Zogno, con la supervisione
e direzione della commissione cori e fanfare
della sezione, due appuntamenti importanti
hanno evidenziato le manifestazioni in programma durante la grande adunata sezionale a Zogno;
sabato 31 agosto ASPETTANDO LA SEZIONALE –
6°RASSEGNA CORI ANA e sabato 7 settembre, Serata
ufficiale della 30° adunata sezionale, con la 6° Rassegna
cori ANA della sezione, nelle due serate 5 delle undici formazioni corali Ana della sezione si sono esibiti nella bellissima Chiesa di San Lorenzo M. di Zogno.
Sabato 31, ad aprire la prima serata, si è esibito il coro
FIOR DI MONTE ospite della rassegna e padrone di
casa, a seguire il Coro A.N.A. VALCAVALLINA diretto dal
Maestro Valceschini Mario e il Coro A.N.A. SOVERE diretto dal Maestro Vigani Sergio, la serata è stata presentata da Carlo Minelli alla presenza, in rappresentanza
della sezione di Bergamo, del Vicepresidente Frigeni e
del Consigliere Persico con il Sindaco di Zogno e il parroco Don Angelo.
Mentre sabato 7 settembre, serata ufficiale della 30°
Adunata Sezionale e della rassegna cori ANA della sezione di Bergamo, giunta alla 6a edizione, si sono esibiti
il CORO VAL S. MARTINO gruppo ANA di Cisano Bergamasco, diretto da MARCO CORDINI; il CORO VERTOVA-COLZATE - gruppo ANA di Vertova, diretto da
RICCARDO POLI; il CORO ANA DELL’ADDA gruppo
ANA di Calolziocorte diretto da IGNAZIO DELL’ORO
Per tutta la serata, presentata da Francesco Brighenti, il
numeroso pubblico ha partecipato prima in attento
ascolto e poi con numerosi applausi all’esibizione dei cori
che con le loro cante sono riusciti a trasmettere e tener
vive le tradizioni alpine, la nostra storia e la nostra alpinità.
Dopo i discorsi di rito la consegna, da parte della commissione Cori e Fanfare, delle targhe ricordo alle autorità
presenti; al Sindaco di Zogno, al Parroco Don Angelo, al
segretario del Gruppo di Zogno, ai maestri delle forma-
zioni e in particolare al Colonnello Rossi presente alla serata.
Al termine il gran finale con i tre cori uniti per cantare
l’Inno degli Alpini, Signore delle Cime e l’Inno Nazionale,
con il coinvolgimento di tutto il pubblico presente.
Un grazie particolare a Don Angelo per la disponibilità e
per aver ospitato la Rassegna in Parrocchia.
Un simpatico fuori programma con il consigliere nazionale Giorgio Sonzogni invitato dal coro Val San Martino a
cantare El Pajon promessa fatta da Sonzogni durante l’incontro intervallare sul monte Linzone dove a cerimonia
terminata, in un momento di pausa alcuni componenti del
coro Val S. Martino insieme al maestro si erano riuniti per
fare alcune cante e Giorgio si aggregava.
In tutte e due le serate hanno partecipato Autorità civili,
militari e religiose, vessillo sezionale e gagliardetti presenti (come nelle occasioni importanti alpine) ma soprattutto tanti alpini, amici degli alpini ed un numerosissimo
pubblico attento e interessato. Come sempre la rassegna
dei nostri cori ANA non ha disatteso le aspettative della
commissione cori e fanfare e del gruppo organizzatore.
61
5a RASSEGNA FANFARE A.N.A.
E
ra la sera del 7 maggio
quando, nel contesto della riunione dei responsabili delle
fanfare ANA, svoltasi nella
sede di Bergamo, coordinata dalla Commissione Cori e fanfare Sezionale, Taramelli, Facchinetti e Valle, gli alpini di
Scanzorosciate propongono ed ottengono l’onore e l’onere di organizzare la
rassegna delle fanfare per l’anno 2013.
Importante, per noi di Scanzorosciate, era
il nulla osta ad ottenere il consenso da
parte di tutta l’area “fanfare” degli alpini
della sezione di Bergamo. Importante e rilevante perché coincidente con la nostra
festa: 80° anno dalla fondazione del
gruppo alpini di Scanzorosciate e 60°
anno dalla formazione della fanfara. Da
quella precisa serata la macchina organizzativa si è messa in moto: a tutti un incarico, ad ognuno
un compito definito…e…via comincia l’avventura. Il periodo della manifestazione è stato inserito nell’ambito della
settimana della festa annuale degli alpini, logisticamente
parlando si tratta di avere la disponibilità massima di spazi
liberi e coperti allestiti ed idonei per il servizio cucina, distribuzione pasti e tavoli per il pranzo domenicale e la cena
per tutte le serate della manifestazione. Si decide di sacrificare parte dell’area mercato adibita a parcheggio, a favore dello spazio di manovra delle fanfare ospitate: Rogno,
Ramera, Trescore, Sorisole, Orobica e dalla collocazione
di un certo numero di sedie prestate dagli amici di Pedrengo. Basteranno trecento sedie? …Oh…fina a mai! Lasciamo un po’ di parcheggio…tanto ghé né dé
spasio…!.Viene studiato il tutto sotto la supervisione della
commissione della Sezione di Bergamo, vengono distribuiti i luoghi, lontani dal punto di ritrovo, da dove far partire
lo schieramento delle singole fanfare; tutto il paese risulta
così coinvolto nella festa degli alpini. L’apparato “information and communication” è stato messo a dura prova: locandine piccole e grandi, manifestini, telefonate ai vari
capogruppo, passa parola…tutto quello che si poteva fare
per informare la gente, alpini e no. Il tricolore è ritornato a
colorire le nostre strade e piazze. Ci siamo, la settimana è
iniziata, la gente affolla la festa e le tavolate, il “profumo”
della cucina alpina si sente a distanza come se dovesse
ammaliare ed invogliare le persone a farci visita; la gente
chiede, si informa, vuole sapere delle fanfare bergamasche…promette di farci visita. Ed il tempo? Come
sarà…bello piano A, brutto piano B…la rassegna si farà in
ogni caso…sperém!
Il momento è giunto, tanti tolgono la “divisa” della cucina o
del servizio piatti per mettere quella bella e stirata della
Fanfara. La gente comincia a farsi vedere nelle strade e
nelle piazze, la serata è stupenda, ideale per la “5^ RASSEGNA DELLE FANFARE ANA DELLA SEZIONE DI
BERGAMO”. Ci si muove suonando tra le strade del
paese, tra gli applausi e gli evviva sia dei bambini che degli
adulti, dobbiamo convergere al piazzale del mercato. Di
62
fronte alle autorità alpine e civili ecco lo sfilamento e l’entrata delle sole fanfare, presentate dallo speaker ufficiale
Francesco Brighenti, ad aprire la nostra fanfara di SCANZOROSCIATE diretta da Acerbis Francesco, a seguire:
SORISOLE diretta da Locatelli Oscar; TRESCORE diretta
da Brusetti Silvano; RAMERA diretta da Belotti Paolo;
ROGNO diretta da Piziali Alfio; OROBICA diretta da Antonio Coter. Si fanno gli onori al Vessillo Sezionale, con
l’NNO DEGLI ALPINI diretto da Piziali della Fanfara di
Rogno, scortato dai Vicepresidenti Facchinetti, Granelli,
Arnoldi e dai Consiglieri Sezionali Cuni, Gregis, Sangalli,
Taramelli, Vavassori . Ad una ad una le fanfare presentano
il loro repertorio programmato.
Momenti emozionanti e di orgoglio alpino, momenti musicali significativi fatti dalla tradizione alpina e no. La gente,
oltre mille persone presenti, si è riversata tutta al piazzale,
posti a sedere esauriti, tutti gli spazi liberi occupati anche
quello tra le auto parcheggiate, applaude si diverte, canta.
Si suona e si canta e al termine, dopo i discorsi di rito e la
consegna, da parte della commissione Cori e Fanfare,
delle targhe ricordo alle autorità presenti e ai maestri delle
formazioni, si chiude la manifestazione ufficiale a fanfare
unite con i brani SVENTOLA TRICOLORE diretto da BELOTTI delle fanfara della RAMERA; l’ INNO DEGLI ALPINI diretto da LOCATELLI della fanfara di SORISOLE e
l’INNO NAZIONALE diretto ACERBIS della nostra fanfara
di SCANZOROSCIATE. E poi…comincia il “fanfarino” con
gli amici di Rogno a farla da padrone, si suona a “fiato libero”, fuori e sotto il tendone…fino a circa le due della
notte! Gli abitanti di Scanzorosciate si ricorderanno per un
bel po’ di questa manifestazione, noi del gruppo la ricorderemo per la grande soddisfazione, l’impegno, il lavoro e
la stanchezza…che l’è saltada fò dopo!
Riteniamo che la manifestazione della rassegna delle Fanfare sia uno di quei momenti importanti e significativi assolutamente da ripetersi negli anni, momenti di sana
cultura alpina, momenti rievocativi della tradizione alpina,
momenti di veri …AMICI MIEI. - FANFARA ANA DI
SCANZOROSCIATE
PROTEZIONE CIVILE
L’
L’anno 2013 si è concluso positivamente in
quanto i nostri volontari non sono dovuti intervenire per emergenze straordinarie particolarmente impegnative (alluvioni e terremoti)
come avvenuto lo scorso anno. Lo evidenziano i numeri
visto nel 2012 i nostri volontari hanno operato per oltre
36.000 ore contro le 23.971 ore del 2013 con l’impiego
a rotazione di 3488 volontari.
La Protezione Civile Volontaria ANA della sezione di
Bergamo (coordinata da Giovanni Ferrari e Giuseppe
Manzoni) è attualmente composta da 1295 volontari ripartiti in 64 nuclei ai quali vanno aggiunti quelli delle
squadre altamente specializzate e precisamente:
-squadre antincendio boschivo
Le due squadre sono di 2° Livello A.I.B. con responsabili Ubaldo Ravasio per Villa d’Almè e Francesco Morzenti per Tavernola Bergamasca. La primaria attività è
chiaramente costituita dall’immediato intervento in caso
di incendi ma subito seguita da una serie attività di ripristino ambientale, prevenzione e pattugliamento
anche fuori provincia (Alassio, Gargano, Monterosso 5
Terre), formazione dei volontari e corsi di alta specializzazione AIB, partecipazione ai campi scuola per ragazzi
delle scuole medie. L’organico attuale delle due squadre è composto da 40 volontari.
-nucleo cinofilo da soccorso Argo di Fiorano al
Serio
Il nucleo è stato presente a 25 eventi e manifestazioni
e partecipato alla esercitazione di raggruppamento in
Val Camonica il 14 settembre, all’esercitazione a Crespi
d’Adda organizzata dalla CRI il 15 settembre, alla esercitazione a Sarnico coordinata dalla provincia tramite la
CROCE BIANCA di Bergamo il 19 ottobre.
L’attuale forza del nucleo è di 43 volontari e si compone
di: 25 unità operative per la ricerca di dispersi in superficie, 9 unità in addestramento con il 16.mo corso ACCS.
Responsabile Giovanni Martinelli.
-squadra alpinistica
E’ inserita nel 2° Raggruppamento ed è la più numerosa
dato che su un totale attuale di 32 volontari ben 28 sono
bergamaschi (6 di Rovetta, 6 di Costa Volpino, 6 di Predore, 9 di Sarnico ed 1 di Serina). Varia la tipologia dei
loro interventi: esercitazioni finalizzate all’esecuzione di
manovre in ambiente innevato con prove ARTVA e posizionamento linea vite e manovre varie; interventi di taglio alberi ed arbusti su parete rocciose ed eventuale
rimozione di parti rocciose instabili; allestimento di una
linea vita lungo un tratto del fiume Oglio in occasione
della esercitazione del 2° Raggruppamento. Coordinatore della squadra Claudio Giudici.
In questa sede vogliamo ricordare alcuni interventi di recupero ambientale più significativi per numero di partecipanti ed impegno.
Operazione Fiumi Sicuri 2013 (Regione Lombardia
– Provincia di Bergamo)
Gli interventi sono stati effettuati in due diversi momenti:
il primo il 23 marzo, ha registrato un ottimo successo in
tutti i 25 cantieri allestiti nei 12 comuni di Albano Sant’
Alessandro, Brembate Sopra, Capriate San Gervasio,
Castro, Fiorano al Serio, Gorlago, Pontida, San Giovanni Bianco, Tavernola Bergamasca, Telgate.
Nella loro semplicità i numeri evidenziano l’impegno profuso: 55 nuclei, 496 volontari, 2976 ore.
63
L’assessore provinciale alla Protezione civile, Fausto
Carrara, ha avuto parole di apprezzamento per tutti i volontari e ha rimarcato che durante l’operazione non si è
registrato alcun incidente o infortunio «segno della preparazione dei volontari».
Quattro cantieri sono stati pure visitati da circa 160
alunni delle scuole primarie e secondarie, una formula
propedeutica per insegnare ai ragazzi il rispetto dell’ambiente ed il valore del volontariato civile. L’intervento
più notevole è stato quello che si è svolto a Tavernola,
dove erano presenti un centinaio di volontari per la pulizia della valle Mondara, coordinati da Francesco Morzenti; a Castro ha lavorato anche il nostro
gruppo di rocciatori.
Il secondo intervento effettuato il 9 novembre nei comuni di Ghisalba e Martinengo ed il 16 novembre nei
comuni di Adrara San Rocco, Adrara San Martino, Calcinate, Sarnico, Sovere, Viadanica, Villa d’Adda e Villongo ha visto all’opera: 48 nuclei, 354 volontari, 2124
ore.
Esercitazione 2° Raggruppamento ANA
L’intervento effettuato a Palazzolo sull’Oglio il 27/28/29
settembre aveva l’obbiettivo di ripulire le sponde del
fiume Oglio.
L’organizzazione dell’esercitazione era iniziata molto
tempo addietro, già a primavera. Durante l’estate
c’erano stati incontri di raggruppamento e sopraluoghi
nei cantieri con i capi nucleo per preparare al meglio
l’esercitazione.
L’intera operazione riguardava ben 7 comuni; i campi
della nostra sezione erano due: uno dislocato lungo il
lato sinistro del fiume Oglio, in territorio bresciano con
13 cantieri; l’altro lungo la sponda destra in territorio bergamasco, in comune di Castelli Caleppio nella zona di
Cividino con 2 cantieri. Il lavoro consisteva nel taglio di
piante, di rovi e cespugli vari. Tutto questo lungo le
sponde del fiume in modo che le acque, di eventuali
piene, possano defluire senza ostacoli. In un punto
molto critico sono dovuti intervenire i rocciatori alfine di
tendere corde quali linee vita.
Complessivamente, durante tutta l’operazione e in tutti
i campi proposti, hanno partecipato circa 1.300 volontari tra alpini e altre organizzazioni di volontariato
64
Per quanto riguarda la nostra sezione i dati finali indicano: 27 sett. 80 volontari per 480 ore; 28 sett, 446
volontari per 3568 ore; 29 sett. 68 volontari per 408
ore.
Nelle tre esercitazioni sovra indicate si evidenzia la partecipazione di 1444 volontari per complessive 9556 ore.
Tenendo presente che complessivamente nel 2013 i nostri volontari hanno operato ben 23.971 ore possiamo
anche indicare altre tipologie di interventi riguardanti le
rimanenti 14.415 ore:
-emergenza neve: 114 volontari per 542 ore
-esercitazione rischio sismico organizzata da Provincia
Bergamo: 10 nuclei, 94 volontari, 900 ore
-presidio A.I.B. ad Alassio e Parco Monterosso 92 volontari per 1782 ore
-esercitazione rischio sismico colonne mobili regionale e
provinciale 118 volontari per 1140 ore
-recupero ambientale 1037 volontari per 5984 ore
–ricerca persone scomparse 109 volontari per 585 ore
–campi scuola a Almenno San Bartolomeo e Tavernola
Bergamasca circa 200 volontari per oltre 1600 ore.
SPORT
S
embra doveroso fare un cenno storico
dello sport e della sua organizzazione che
tramite la commissione con fatica e
grande forza di volontà ha sempre interpretato ed organizzato le attività sportive come strumento per l’educazione e per trasmettere valori
fondamentali quali il sacrificio ed il rispetto degli avversari, in particolare Bergamo, supportata onorevolmente dalla Sezione, esprime un grande spirito
agonistico, ma sempre nel rispetto delle regole e
grande umiltà per lo sport.
A livello nazionale, le prime manifestazioni sportive
inizino nel 1923 e riguardano solo gli alpini in armi.
Nel 1925 si disputa il primo Campionato Nazionale
A.N.A si sci di fondo a S.Colombano in val Trompia.
Nel 1967 il primo Campionato Nazionale A.N.A di
sci alpino e nel 1972 il primo di corsa in montagna
(a coppie), che l’anno successivo diventa individuale.
Seguono in ordine cronologico gli altri campionati:
- 1973 marcia di regolarità a pattuglie, tiro a segno
(carabina);
- 1974 sci alpinismo a coppie;
- 1977 corsa in montagna a staffetta;
- 1983 tiro a segno (pistola libera).
Nel 1975 il C.D.N approva l’istituzione del trofeo
“Antonio Scaramuzza de Marco”. Si tratta della classifica che riguarda i risultati dei Campionati Nazionali
disputati nell’arco di un anno. Il trofeo è una pregevole
opera in bronzo dello scultore. A.Murrer, raffigurante
un alpino in marcia nella steppa russa, offerto dai familiari del generale defunto (medaglia d’oro).
Cosi scrive Nico Staic sul libro Storia dell’Associazione Nazionale Alpini a proposito del Trofeo Scaramuzza. “Dando uno sguardo alla classifica
delle edizioni fin qui disputate, appare clamorosa la superiorità della Sezione di Bergamo,
persino sfacciata”. La forza dei bergamaschi,
che non a caso si richiamano al motto “Berghèm dè sass”, si commenta da sola. Infatti dal
1976, anno della prima edizione, il trofeo è sempre
stato vinto dalla nostra Sezione, ad eccezione del
2010 quando, soprattutto per problemi organizzativi, se lo si è aggiudicato Trento.
Il 2013 è stato ancora un anno prestigioso per la sezione di Bergamo avendo conquistato per l’ennesima volta il trofeo “Gen. Scaramuzza De Marco”
grazie agli atleti che hanno partecipato ai campionati nazionali ANA delle seguenti competizioni:
78° campionato nazionale ANA sci di fondo
Enego 9-10 febbraio 2013
1° TRENTO
2° BERGAMO
3° BELLUNO
36° campionato nazionale ANA sci alpinismo
Passo Tonale 24 febbraio 2013
1° TRENTO
2° BERGAMO
3° SONDRIO
65
44° campionato nazionale ANA carabina libera
Verona 7-8 settembre 2013
1° UDINE
2° BERGAMO
30° campionato nazionale ANA pistola standard
Verona 7-8 settembre 2013
1° VERONA
5° BERGAMO
Classifica combinata
1° BERGAMO
47° campionato nazionale ANA slalom gigante
Roccaraso 23-24 marzo 2013
1° TRENTO
2° BERGAMO
3° BELLUNO
1° Stefano Belingheri campione nazionale
37° campionato nazionale ANA corsa
in montagna a staffetta
Arquata del Tronto 15-16 giugno 2013
1° BERGAMO
2° PORDENONE
3° TRENTO
1° Danilo Bosio, Isidoro Cavagna, Luciano Bosio
campioni nazionali
41° campionato nazionale ANA marcia
di regolarità in montagna a pattuglie
Pulfero 20-21 luglio 2013
1° BRESCIA
2° VALDOBBIADENE
3° BERGAMO
66
42° campionato nazionale ANA corsa
in montagna individuale
Domodossola 29 settembre 2013
1° BERGAMO
2° SONDRIO
3° DOMODOSSOLA
A tutti i nostri atleti va un sentito ringraziamento per
l’impegno fisico e morale che spesso nei singoli
gruppi non viene messo in evidenza visto che questi atleti, “magari restii alle sfilate”, sacrificano ore
e giorni nella preparazione per portare alto il nome
di Bergamo nello sport.
56° TROFEO GENNARO SORA
Il Gruppo di Valgoglio ha bissato il successo del 2011 nella “mitica” staffetta alpina per l’aggiudicazione del Trofeo Gennaro Sora. Accompagnata da una leggera ma continua nevicata,
la 56ª edizione si è tenuta il 17 febbraio sulle nevi degli Spiazzi di Gromo. Alla partenza si sono
presentate trentun pattuglie, di cui quattro di alpini di armi, formate da tre frazionisti impegnati
su tre percorsi diversi: piano, salita e discesa. Partenza in linea con gli sci da fondo in tecnica
classica e percorso di 5 km sulla pista “Spiazzi”, passaggio del testimone al secondo frazionista che, con sci da fondo o da sci alpinismo, ha percorso la salita che da Spiazzi, seguendo il
sentiero nel bosco, raggiunge i pendii innevati di Vodala, dove il terzo ed ultimo atleta, con attrezzatura da sci alpino, si è lanciato nello slalom gigante sulla “Orsini”, riportando i concorrenti
alla zona d’arrivo nella splendida conca degli Spiazzi. Da notare che tra i concorrenti c’erano
anche quattro donne: una, Marica Zamboni, ha gareggiato con la squadra di “Gromo B” nella
frazione di salita; le altre tre, due Vanessa e una Lucia, hanno formato la squadra B del 5° Reggimento Alpini.
LE CLASSIFICHE
PIANO: 1° Valgoglio "A" Pasini Fabio - 2° Zambla Bonaldi Alessandro - 3° Valgoglio "B" Chioda Daniele
SALITA: 1° Casnigo "A" Lanfranchi Pietro - 2° Clusone "A" Zamboni Giovanni - 3° Valgoglio "A" Donati Riccardo
DISCESA: 1° Zambla Quistini Gianluca - 2° Casnigo "A" Rossi Andrea - 3° Oltre Il Colle Ceroni Piersandro
SQUADRE GRUPPI ALPINI
1ª Valgoglio "A" Pasini Fabio, Donati Riccardo, Morstabilini Luca - 2ª Zambla Bonaldi Alessandro, Pirola Corrado, Quistini Gianluca
3ª Clusone "A" Bonadei Stefano, Zamboni Giovanni, Giudici Enrico
SQUADRE ALPINI IN ARMI
1ª 6° Reggimento Alpini "A" Zingerle Stefan, Seghezzi Roberto, Missi Gianluca - 2ª 6° Reggimento Alpini "B" Todesco Simone,
Odoardi Daniele, Carlin Giuliano - 3ª 5° Reggimento Alpini "B" Hochgruber Ugo, Serafini Pierluigi, D'assala Ermanno - 4ª 5° Reggimento Alpini "A" Micelli Vanessa, Primon Vanessa, D'alessandro Lucia
GARA VECI: 1° Rottigni Andrea - 2° Pasini Alfredo - 3° Negroni Edoardo - 4° Giudici Angelo - 5° Negroni Oscar - 6° Albrici Bortolo.
42° (7° del 3° ciclo) TROFEO NIKOLAJEWKA
Ornica, un piccolo paese che ha saputo fare le cose in grande, ricordando Nikolajewka con la
gara di sci nordico e la manifestazione alpina. La manifestazione è stata organizzata dal Comitato permanente di cui fanno parte tutti i gruppi alpini altobrembani, coordinato dal presidente Giovanni Curti e dal segretario Roberto Boffelli. Quest’anno il gruppo maggiormente
impegnato è stato proprio quello ornicese, guidato dal capogruppo Luciano Quarteroni e appoggiato dall’amministrazione comunale. Nell’occasione, grazie alla donazione dei fratelli
Marco e Renata Allevi è stato collocato a fianco del monumento ai Caduti un cippo a memoria del settantesimo, un’opera realizzata da Giuliano Ottaviani, fatta in pietra locale donata
dalla Cave Gamba di Piazza Brembana. La celebrazione dell’evento ha avuto un prologo il sabato precedente nella tensostruttura eretta nel cortile dell’Oratorio con la mostra iconografica
sulla ritirata di Russia commentata da Pasquale Corti reduce di Reggio Emilia che è curatore della raccolta. Sempre nella medesima
serata è avvenuta la premiazione degli elaborati sul Nikolajewka realizzati in alcune scuole dell’Alta Valle. Domenica mattina ai Piani
di Ceresola di Valtorta, con la partecipazione di circa duecento atleti, si è svolta la gara di sci nordico - organizzazione tecnica dello
Sci club Roncobello - conclusasi per quanto concerne l’assegnazione pro tempore del Trofeo Nikolajewka al Gruppo ANA di San Giovanni Bianco che si inserisce così per la prima volta nell’albo d’oro del trofeo.
CLASSIFICA GRUPPI
1° S. Giovanni Bianco (Bonaldi Alessandro, Pirola Corrado, Zampatti Fabio) - 2° Cremeno (Berbenni Roberto, Melesi Andrea, Plati
Graziano) - 3° San Pellegrino (Pesenti Martino, Traini Ezio, Scanzi Massimo).
CAMPIONATO SEZIONALE DI TIRO A SEGNO
Come tutti gli anni, il gruppo di Ponte San Pietro, nei giorni 3, 4 e 5 maggio, ha organizzato il
40° Campionato Sezionale di tiro a segno carabina libera a terra ed il 29° Campionato Sezionale tiro a segno pistola standard. Al termine delle tre giornate di gara, i risultati finali coronano i nuovi campioni sezionali.
Carabina: 1° Renato Rocca con 193 punti; 2° Bruno Piazzalunga con 191 punti; 3° Claudio Dementi con 190.
La classifica dei gruppi vede al 1° posto Ponte San Pietro (Bruno Piazzalunga, Luca Pornaro,
Gualtiero Nava) con 559 punti; al secondo posto Curno (Maurizio Panzeri, Renato Rocca,
Mario Ubiali) con 518 punti; al terzo posto Bonate Sotto (Nicolas Brembilla, David Corna, Alessandro Locatelli) con 506 punti.
Pistola: 1° Fabrizio Frigerio con 195 punti; 2° Luciano Rossi con 185; 3° Livio Alborghetti con 184.
La classifica dei gruppi vede al 1° posto Ponte San Pietro (Gabriele Colleoni, Gualtiero Nava, Luciano Rossi) con 525 punti; al 2°
posto Caprino Bergamasco (Fiorino Acerbis, Fabrizio Frigerio, Mauro Mazzoleni) con 470 punti; al terzo posto Villa d’Almè (Diego
Chiesa, Stelio Chiesa, Paolo Salvi) con 457 punti.
La Sezione ha poi partecipato l’1 e 2 giugno alla 40° edizione del Trofeo Dorligo e Serajevo Albisetti classificandosi, come squadra, al terzo posto su 23 squadre in gara, mentre Renato Rocca si è classificato al primo posto con 190 punti. Infine, una squadra
sezionale, composta da otto tiratori, ha partecipato il 23 giugno a Tarcento ad una gara di tiro con “garand”, classificandosi al 3° posto
con Fabrizio Frigerio, Maurizio Panzeri e Italo Tiraboschi.
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MANIFESTAZIONI di GRUPPO
13 gennaio 2013
BARZANA
Rifondazione gruppo
6 aprile 2013
BOLTIERE
Inaugurazione gruppo
14 aprile 2013
ARDESIO
10° Raduno zona 18
68
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
28 aprile 2013
ADRARA SAN ROCCO
25° di Fondazione,
2° Raduno zone 11 e12
28 aprile 2013
COVO
Inaugurazione sede,
9° Raduno zone 23 e 28
26 maggio 2013
BG - S. PAOLO APOSTOLO
1° di Fondazione
69
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
2 giugno 2013
CERETE ALTO
20° Raduno zona 17
2 giugno 2013
CORNA MARCIA
5° Raduno gruppi
Berbenno, Capizzone,
Brembilla, Ubiale Clanezzo
2 giugno 2013
MONTE LINZONE
6° Raduno
zone Valle San Martino
e Valle Imagna
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
9 giugno 2013
CORNALBA
40° di Fondazione
16 giugno 2013
RANZANICO
50° di Fondazione
23 giugno 2013
ALZANO LOMBARDO
90° di Fondazione,
4° Raduno zona 13
71
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
23 giugno 2013
BOTTANUCO
80° di Fondazione
23 giugno 2013
BG - VIALE VENEZIA
10° di Fondazione
23 giugno 2013
MEDOLAGO
60° di Fondazione
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
23 giugno 2013
TORRE DE’ BUSI
80° di Fondazione
23 giugno 2013
VALSECCA
35° Raduno zona 9
30 giugno 2013
LEFFE
85° di Fondazione
73
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
14 luglio 2013
NEMBRO
85° di Fondazione
21 luglio 2013
PONTIDA
80° di Fondazione
28 luglio 2013
CASAZZA
50° di Fondazione
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
4 agosto 2013
SOMENDENNA
Inaugurazione monumento
4 agosto 2013
FINO DEL MONTE
30° Inaugurazione Cappelletta
4 agosto 2013
PIANICO
12° Raduno zona 21,
45° Inaugurazione sede
75
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
4 agosto 2013
VERTOVA - COLZATE
11° Raduno zona 14
1 settembre 2013
PONTIROLO NUOVO
20° di Fondazione
1 settembre 2013
SCANZOROSCIATE
80° di Fondazione,
1° Raduno zona 12,
60° Costituzione Fanfara
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
1 settembre 2013
VAL SERINA - CURNO
33° Pellegrinaggio
Santuario del Perello
15 settembre 2013
FUIPIANO IMAGNA
Inaugurazione gruppo
15 settembre 2013
VILLA D’ADDA
50° di Fondazione
77
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
22 settembre 2013
CLUSONE - GANDINO
20° incontro
Capanna Ilaria
22 settembre 2013
LAXOLO
Inaugurazione gruppo
6 ottobre 2013
COMUN NUOVO
Inaugurazione sede
MANIFESTAZIONI di GRUPPO
6 ottobre 2013
SCHILPARIO
1° Raduno zona 19
27 ottobre 2013
VIGOLO
25° di Fondazione
27 ottobre 2013
ZOGNO - MIRAGOLO
Inaugurazione monumento
ai Caduti di Miragolo
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Pubblicazione edita dalla
SEZIONE DI BERGAMO
dell’Associazione Nazionale Alpini
via Gasparini, 30 - 24125 Bergamo
Coordinamento editoriale
Antonio Arnoldi, Carlo Macalli
Hanno collaborato all’iniziativa:
Laura Arnoldi, Antonio Bombardieri, Matteo Brumana, Davide Cattaneo,
Marco Cimmino, Santino Cuni, Pierluigi Dall’Angelo, Alvin De Vecchi,
Dario Frigeni, Luigi Furia, Armando Gherardi, Alberto Giupponi,
Alessio Granelli, Daniela Salvetti, Antonello Taramelli,
Paolo Valoti, Raffaele Vitali.
Si ringraziano quanti hanno inviato articoli e fotografie.
In particolare l’Alpino Roberto Bezzi e Rosanna Viapiana per le fotografie,
Alberto Merisio per i disegni
Fotografie di coperta:
Archivio fotografico sezione ANA Bergamo
Prima di coperta: Aig.lles De Chamonix, Aig.lle Verte
e Gh. del Gigante dal Colle della Tour Ronde, Courmayeur maggio 1917
Seconda di coperta: Sul Ghiacciaio del Gigante,
a sinistra: Tour Ronde, a destra: Capucin, maggio 1917
Terza di coperta: La Tour Ronde dal Gh. del Gigante, maggio 1917
Quarta di coperta: M. Blanc du Tacul dal Gh. del Gigante, maggio 1917
Stampa San Nicolò Service - Cividate al Piano
Realizzazione grafica Giacomo Pirro
Vietata la riproduzione e l’utilizzo delle fotografie.
Tutti i diritti sono riservati