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IL DOTTOR FRANKENSTEIN E LA SUA CREATURA
La letteratura è popolata da mostri che appaiono tanto più reali e spaventosi quanto più riescono
ad incarnare, sotto le spoglie di esseri esteticamente abominevoli, una sconcertante normalità di
atteggiamenti, pensieri e comportamenti umani, di caratteristiche cioè facilmente ascrivibili a
qualunque persona, in primis a noi stessi. Scoprirsi simili a chi è diverso da noi, soprattutto se
questa diversità ci ripugna, è un autentico shock.
Tra i romanzi che meglio hanno saputo descrivere il sottilissimo contrasto fra la paura dell’altro e
la paura di ciò che accomuna noi all’altro, troviamo sicuramente “Frankenstein”, opera di una
scrittrice all’epoca giovanissima, Mary Shelley. La moglie di colui che è una delle principali figure
del romanticismo europeo l’insigne poeta Pierce Bysshe Shelley, concepì questo straordinario
romanzo in condizioni particolari, tanto che la stessa genesi dell’opera è di per sé romanzesca:
secondo quanto si narra, Mary Shelley iniziò a comporre la storia dello scienziato Victor
Frankenstein e della creatura a cui dona in maniera improvvida la vita, in una notte di pioggia in
cui discuteva, insieme ad altre persone, sulla natura dei principi dell’esistenza, dopo aver
affrontato altri argomenti relativi a storie fantastiche di fantasmi. Indipendentemente dalla parte
di realtà che racchiude, la storia del contesto in cui il romanzo in questione è stato concepito
contribuisce ad accrescerne il fascino, poiché molto in accordo con la trama di questo capolavoro
gotico che rompe determinati schemi catapultando il rapporto tra uomo e materia scientifica al
centro della narrazione.
Il tema del limite non solo etico-morale della scienza, e la necessità che essa dia conto all’umanità
dei suoi passi che, in ogni epoca, appaiono quasi miracolosi, irrompono in maniera sbalorditiva
nelle inquietanti pagine di questo lavoro, pubblicato nel marzo del 1818, disorientando, come
accade spesso a molte opere immortali, gran parte della critica. Il nome dell’autrice del romanzo
però rimane misterioso fino alla comparsa della seconda edizione, nel 1831, epoca in cui
“Frankenstein, o il Prometeo moderno” è già divenuto un best seller, e la critica afferma che il
lavoro sarebbe stato eccellente per un uomo, e diventa straordinario se realizzato da una donna,
anche molto giovane, dando idea di come nel primo Ottocento la letteratura fosse ancora
considerata un’arte lontana dal mondo femminile.
Il romanzo è scritto con lo stile epistolare reso famoso da Samuel Richardson, al fine di tenere alto
il livello di suspense dell’intera storia, e prende le mosse da un mostruoso esperimento di un
giovane dottore che, disperato a causa della morte della madre, cerca di mettere a frutto le
proprie conoscenze per creare un essere superiore all’uomo, dotato di forza e salute
incomparabilmente maggiori. Dopo notti insonni di studio e tentativi vani, finalmente il dottor
Frankenstein riesce nel suo intento, ma la creatura a cui è riuscito a dare la vita si rivela orribile e il
dottore fugge abbandonando il mostro. Ben presto la creatura finisce col fare i conti con le paure
della gente, incapaci di trattare con umanità un essere tanto ripugnante alla vista, e inizia ad
uccidere le persone legate al suo creatore; egli capisce che solo un’altra creatura sarebbe capace
di comprenderlo e amarlo, ma il dottor Frankenstein, inizialmente deciso ad accettare la richiesta,
distrugge la compagna della creatura prima ancora di darle vita, terrorizzato dall’idea che possa
dargli dei figli. La rabbia del mostro diventa incontrollabile, fino al tragico finale, in cui esprime il
rimorso di aver provocato tanto dolore al proprio creatore.
La fortuna del romanzo e le innumerevoli opere ad esso ispirate testimoniano la straordinaria
capacità di questo classico della letteratura mondiale di risultare sempre attuale nel raccontare
alcune tra le più recondite paure dell’essere umano, basti pensare ad esempio alle discussioni sulla
clonazione e su tutto ciò che riguarda la possibilità che la scienza doni la vita, sostituendosi, agli
occhi dei detrattori, alla natura. Nel leggerlo sarà possibile misurarsi con tante questioni che
appaiono incredibilmente moderne, e superare un equivoco curioso: Frankenstein è il nome del
dottore che crea il mostro, e non della “Creatura”, anche se spesso, nell’immaginario collettivo,
dicendo “Frankenstein” ci si riferisce al mostro.
Ferdinando Morabito