2011-TD53_dossier OER - ADAM

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2011-TD53_dossier OER - ADAM
7,00 euro
53
ISSN 1970-061X - Sped. in abb. post. - 45% - Art 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Chieti - 66100
TD
CNR - ISTITUTO PER LE
TECNOLOGIE DIDATTICHE
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TECNOLOGIE
DIDATTICHE
volume 19 | numero 2
agosto 2011
EDIZIONI MENABÒ
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TD TECNOLOGIE
DIDATTICHE
Quadrimestrale
dell’Istituto per le Tecnologie
Didattiche, CNR,
pubblicato nei mesi di aprile/agosto/dicembre.
Proprietà del Consiglio
Nazionale delle Ricerche
Reg. Trib. di Chieti
n. 8 del 25.11.1992
ISSN 1970-061X
A four-monthly journal on
Educational Technology,
published in the months of
April/August/December.
A publication of the National
Research Council of Italy.
Chieti Court Registration No.
8, 25/11/1992
ISSN 1970-061X
Direttori
Editors
Vittorio Midoro
Donatella Persico
Direttore responsabile
Legal representative
Carlo Rognoni
Comitato editoriale
Editorial board
Mario Allegra
Enza Benigno
Giampaolo Chiappini
Manuela Delfino
Giorgio Olimpo
Simona Ottaviano
Francesca Pozzi
Manuela Repetto
Segreteria di redazione
Editorial secretariat
Caterina Roseo
[email protected]
Traduzioni e
revisioni linguistiche
Translations and language
revisions
Giovanna Caviglione
Jeffrey Earp
TD si rivolge a ricercatori, docenti e operatori della
formazione interessati alla ricerca e alla pratica nel
settore delle Tecnologie Didattiche con l’obiettivo di
contribuire allo sviluppo del settore in Italia
incoraggiando la condivisione dei risultati di ricerca
e delle migliori pratiche educative.
TEMI
La rivista accetta contributi su idee, pratiche e modelli
innovativi riguardanti l’apprendimento e le tecnologie
per favorirli, relativi a tutti i contesti formativi, alle
diverse aree di contenuti e tecnologie usate.
I temi trattati includono:
• Aspetti teorici legati alle Tecnologie Didattiche
• Ambienti di apprendimento innovativi
• Formazione in rete
• Apprendimento collaborativo in rete (CSCL)
• Progettazione e validazione di ambienti di
apprendimento
• Valutazione dell’apprendimento
• Apprendimento basato sui giochi
• Apprendimento informale
• Digital Literacy
• Tecnologie per l’apprendimento inclusivo
• Risorse digitali per la formazione
• Metodologie di ricerca per le Tecnologie Didattiche
• Politiche per l’innovazione dei sistemi formativi
REVISIONE DEI CONTRIBUTI
La pubblicazione dei contributi inviati a TD è
subordinata al giudizio di due revisori e del curatore
del numero.
TD addresses scholars, teachers, trainers, and
practitioners interested in the theory and practice of
Educational Technology.
Its aim is to help advance this field by sharing
research outcomes and bringing to light the best
educational practices.
TOPICS
The journal accepts contributions on ideas, practice
and innovative models for technology enhanced
learning in relation to educational contexts, contents
and technologies of all kinds.
Topics covered include:
• Theoretical aspects of Educational Technology
• Innovative learning environments
• Online education
• Computer-Supported Collaborative Learning (CSCL)
• Design and validation of learning
environments
• Learning assessment
• Game-based learning
• Informal learning
• Digital literacy
• Technology for inclusive learning
• Digital contents and educational resources
• Research methods in Educational Technology
• Policies for innovation in educational systems
REVIEW PROCESS
Manuscripts undergo a double blind review
process involving two reviewers and the editor of
each issue.
Comitato scientifico e dei revisori Scientific committee and reviewers board
Edith Ackermann, Media Lab - MIT
Alfio Andronico, Università di Siena
Alessandro Antonietti, Università Cattolica di Milano
Marco Arrigo, ITD-CNR, Palermo
Monica Banzato, Università Ca’ Foscari, Venezia
Jos Beishuizen, Onderwijscentrum Vrije Universiteit
Stefania Bocconi, ITD-CNR, Genova
Rosa Maria Bottino, ITD-CNR, Genova
Antonio Calvani, Università di Firenze
Maurizio Cardaci, Università di Palermo
Antonio Cartelli, Università di Cassino
Francesco Caviglia, Aarhus Universitet
Renza Cerri, Università di Genova
Michele Cerulli, Liceo Classico “Emiliani”, Genova
Donatella Cesareni, Università “Sapienza” di Roma
Giuseppe Chiazzese, ITD-CNR, Palermo
Antonella Chifari, ITD-CNR, Palermo
Augusto Chioccariello, ITD-CNR, Genova
Alberto Colorni, Politecnico di Milano
Antonella D’Amico, Università di Palermo
Giuliana Dettori, ITD-CNR, Genova
Jean-Philippe Drouhard, Université de Nice-Sophia Antipolis
Jeffrey Earp, ITD-CNR, Genova
Valerio Eletti, Università “Sapienza” di Roma
Michele Fabbri, Università di Ferrara
Angelo Failla, Fondazione IBM Italia
Maria Ferraris, ITD-CNR, Genova
Paolo Ferri, Università di Milano Bicocca
Mario Fierli, già Ministero Pubblica Istruzione
Franco Frabboni, Università di Bologna
Giovanni Fulantelli, ITD-CNR, Palermo
Luciano Galliani, Università di Padova
Manuel Gentile, ITD-CNR, Palermo
Maria Beatrice Ligorio, Università di Bari
Stefania Manca, ITD-CNR, Genova
Roberto Maragliano, Università Roma Tre
Umberto Margiotta, Università Ca’ Foscari, Venezia
Lydia Montandon, Atos Origin S.A., Madrid
Lucio Pagnoncelli, Università “Sapienza” di Roma
Davide Parmigiani, Università di Genova
Bettina Pedemonte, DIDIMA Srl, Genova
Piercesare Rivoltella, Università Cattolica di Milano
Elisabetta Robotti, DIDIMA Srl, Genova
Piergiuseppe Rossi, Università di Macerata
Arduino Salatin, IPRASE, Trento
Juana Sancho, Universidad de Barcelona
Luigi Sarti, ITD-CNR, Genova
Elena Sassi, Università di Napoli “Federico II”
Santi Scimeca, European Schoolnet, Bruxelles
Luciano Seta, ITD-CNR, Palermo
Aurelio Simone, Università Tor Vergata, Roma
Silvano Tagliagambe, Università di Sassari
Davide Taibi, ITD-CNR, Palermo
Mauro Tavella, ITD-CNR, Genova
Guglielmo Trentin, ITD-CNR, Genova
Bianca Maria Varisco, Università di Padova
TD53
dossier RISORSE EDUCATIVE APERTE
OPEN EDUCATIONAL RESOURCES
volume 19| numero 2
agosto 2011
Editore
Publisher
Edizioni Menabò s.r.l.
Via Roma 88
66026 Ortona/CH
Tel. e Fax 085.9062001
Design di copertina
Cover design
Fusako Yusaki
Progetto grafico
Graphic design
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Stampa
Printed by
Poligrafica Mancini,
Sambuceto/CH
Abbonamento 3 numeri
Subscriptions 3 issues
20,00 euro
su cc/p 240663
intestato a:
Menabò srl
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66026 Ortona CH
72
Fattori che influenzano la diffusione di risorse educative aperte
Factors affecting the release of Open Educational Resources
Allison Littlejohn, Helen Beetham, Lou McGill, Isobel Falconer
80
La centralità dei docenti per il successo delle risorse educative aperte
The central role of teachers for the effectiveness
of Open Educational Resources
Giovanni Fulantelli, Manuel Gentile, Davide Taibi, Mario Allegra
88
Risorse educative aperte e professione docente nell’era dell’accesso
Open Educational Resources and teachers’
professionalism in the era of access
Paolo Tosato, Juliana Raffaghelli
96
Federica: la via italiana alle risorse educative aperte
Federica: the Italian way to Open Educational Resources
Rosanna De Rosa, Monica Zuccarini
102
Scenari connettivisti e progetto di Learning Object
adattabili alla diversità cognitiva
Connectivist scenarios and the design of Learning Objects
for cognitive diversity
Maria Esther Del Moral Pérez, Doina Ana Cernea, Lourdes Villalustre Martinez
Curatori del dossier
Dossier guest editors
Mario Allegra
Giovanni Fulantelli
Manuel Gentile
Davide Taibi
Istituto per le Tecnologie
Didattiche, CNR
112
Blended learning: integrazione tra e-learning
e formazione sul campo in sanità
Blended learning: integration of e-learning and on-the-job training
in health care
Elisa Rossato, Giovanni Putoto, Alberto Carraro
RUBRICHE
119
ESPERIENZE
Le mappe concettuali nella didattica della storia:
riflessioni su un’esperienza
An experience in using concept maps in history education
Valentina Fonte
126
Illustrazione di copertina
Cover illustration
Annalisa Bollini
Corso Triennale di
Illustrazione - IED Torino
IED - Three year course
on illustration, Turin
FESTIVAL DELLA SCIENZA
150 anni di scienza
150 years of science
Francesca Messina, Francesca Gorini
130
RECENSIONE
Vivere con la complessità di Donald A. Norman
Living with complexity
Maria Antonietta Impedovo, Valeria Sechi
editoriale
70
Fulantelli G. (2011). Editoriale. TD Tecnologie Didattiche, 19 (2), pp. 70-71
Sono passati 28 anni da quando Richard Stallman lanciò l’idea del Free Software, ponendo le basi per un nuovo approccio alla produzione, distribuzione e riuso delle risorse
digitali. Da allora, pur passando attraverso visioni filosofiche e culturali non sempre concordanti, si sono moltiplicate le iniziative tese a favorire la libera distribuzione e il riuso
delle risorse digitali, non più limitatamente ai programmi per computer (come nell’idea
iniziale di Stallman), ma in vari settori e ambiti applicativi.
Tra questi, un posto di rilevo ha assunto il mondo dell’educazione, soprattutto in questi
ultimi anni, grazie ad alcune importanti iniziative da parte di prestigiose istituzioni accademiche che hanno deciso di rendere liberamente fruibili su Internet i materiali didattici
utilizzati nei propri corsi. L’esempio più noto è quello del MIT e del suo programma Merlot1, poi confluito nell’iniziativa MIT OpenCourseWare2, divenuto presto un esempio per
numerose altre istituzioni educative nel mondo. La rilevanza economica e sociale delle
iniziative come quella proposta del MIT è indiscutibile, tanto da entrare nel dibattito politico di molti paesi; nello stesso anno in cui viene lanciato il programma Merlot, il 2002,
durante una conferenza organizzata dall’UNESCO, viene coniato il termine Open Educational Resources (OER), in italiano Risorse Educative Aperte, per indicare «materiali digitali offerti gratuitamente e apertamente agli educatori, studenti e autodidatti da utilizzare e riutilizzare per l’insegnamento, apprendimento e la ricerca» (Hylén, 2007: p. 30)3.
Da allora, l’UNESCO ha avviato diverse iniziative tese a promuovere la cultura della condivisione e quindi a favorire la diffusione e il riuso delle Open Educational Resources.
Ma cosa rende una risorsa riusabile in un contesto educativo? È sufficiente disporre di repository di risorse digitali sempre più ricchi di contenuti? E quale potrebbe essere l’approccio dei docenti di fronte al fenomeno delle OER?
La disponibilità di risorse di qualità, in genere prodotte in ambito accademico, è sicuramente un punto di partenza importantissimo per la diffusione delle OER. Ma affinché
l’idea di OER realizzi il suo potenziale nella scuola, è indispensabile rendere le risorse riusabili dal punto di vista didattico e pedagogico; ciò implica che i docenti devono poter
riadattare queste risorse al nuovo contesto in cui le stesse saranno utilizzate.
Ecco allora che il termine “open” indica non solo risorse usabili gratuitamente, ma soprattutto risorse aperte dal punto di vista tecnico e del copyright, su cui i docenti possono intervenire per effettuare quelle modifiche che ritengono indispensabili sul piano didattico. Ciò pone le OER al centro di un nuovo modello per la produzione dei materiali didattici: i docenti diventano co-autori delle risorse; attraverso i meccanismi del web 2.0,
comunità di docenti possono collaborare per produrre risorse che verranno condivise sul
Web e attraverso modelli di peer-review ampiamente diffusi sulla rete, sarà la comunità
a valutare la qualità delle risorse prodotte.
La formazione e il coinvolgimento dei docenti appare quindi un nodo centrale per la diffusione delle OER. Ma non si tratta di una formazione meramente tecnica: le OER, unite
alle potenzialità del Web 2.0, rappresentano una sfida importante anche sul piano pedagogico-didattico.
Il dossier sulle OER presentato in questo numero di TD permette di valutare, attraverso
esperienze pratiche in diversi contesti e riflessioni specifiche, l’impatto delle OER sulla
scuola e l’università a livello socio-economico, organizzativo, culturale, e soprattutto sul
piano pedagogico, evidenziando anche le difficoltà di una reale diffusione delle pratiche
didattiche basate sulle OER.
Obiettivo del dossier è quindi stimolare la scuola e l’università
non solo ad adottare strategie che possano favorire l’uso e la
diffusione della cultura delle OER, ma soprattutto a riflettere
1 Programma MERLOT, URL: http://pedagogy.merlot.org/
LearningObjectives.htm e repository URL:
sulle potenzialità che tali strategie offrono oggi al mondo delhttp://www.merlot.org/merlot/viewMaterial.
l’educazione.
htm?id=329318 (ultima consultazione giugno 2011).
Giovanni Fulantelli
2 MIT OpenCourseWare, URL:
http://ocw.mit.edu/index.htm
(ultima consultazione giugno 2011).
3 Hylén J. (2007). Giving knowledge for free: the
emergence of Open Educational Resources. Paris,
France: OECD Publishing, p. 30.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
http://www.merlot.org/merlot/viewMaterial.htm?
id=329318 (retrieved on June, 2011).
2 MIT OpenCourseWare, URL:
http://ocw.mit.edu/index.htm
(retrieved on June, 2011).
3 Hylén J. (2007). Giving knowledge for free: the
emergence of Open Educational Resources. Paris,
France: OECD Publishing, p. 30.
editorial
Richard Stallman launched the idea of Free Software 28 years ago, setting the stage
for a new approach to the production, distribution and reuse of digital resources. Since
then, we have witnessed the emergence of numerous initiatives aimed at promoting
the free distribution and reuse of digital resources, even if these differ in their cultural
and philosophical perspectives. These undertakings have now gone beyond the sphere
of computer programs (Stallman’s initial idea) to embrace various sectors and fields of
application.
One area where a multitude of initiatives has been proposed in recent years is
education. The driving force here has come from prestigious academic institutions that
have decided to make their teaching materials freely available on the Internet. The best
known example is the Massachusetts Institute of Technology and its Merlot program1,
which later merged into the MIT OpenCourseWare initiative2, an example followed by
several educational institutions worldwide. The economic and social impact of such
initiatives is indisputable, and consequently the matter has become a political priority
in many countries. In 2002, the year Merlot was launched, the term Open Educational
Resources (OER) was coined during a UNESCO conference, to mean «digitised materials
offered freely and openly for educators, students and self-learners to use and reuse for
teaching, learning and research» (Hylén, 2007: p. 30)3. Since then, UNESCO has
launched several initiatives to promote the culture of sharing and to encourage the
dissemination and reuse of OER.
But what actually makes a resource reusable in an educational context? Is it enough to
have access to digital resource repositories that are increasingly content-rich? And
what approach should teachers adopt towards the OER phenomenon?
The availability of quality resources, usually produced by academics, is certainly an
important starting point for the dissemination of OER. However, in order to exploit the
potential of OER in schools, resources need to be reusable in terms of learning and
teaching practices, which in turn implies that teachers must be able to repurpose these
resources to suit the new context of application.
This means that the term “open” does not simply mean resources available free of
charge, but more importantly resources that are open in terms of technical structure
and copyright, and that teachers can modify in response to curriculum and teaching
requirements. Consequently, OER have become the cornerstone of a new model for the
production of educational materials. Teachers are co-authors of these materials and,
through the mechanisms of Web 2.0, can form communities that work together to
produce resources to be shared on the web; peer-review models widely used on the
network allow the community to assess the quality of the resources produced.
The training and involvement of teachers is therefore a central node for the
dissemination of OER. But this is not purely technical training: OER, combined with the
power of Web 2.0, also represent a serious challenge at the pedagogical-didactic level.
The dossier on OER in this issue of TD presents practical experiences in different
contexts and specific investigations, allowing the reader to consider the impact of OER
on schools and universities at socio-economic, organizational, cultural, and especially
pedagogical levels. In addition, the papers in the dossier highlight the difficulties facing
effective dissemination of teaching practices based on OER.
So the aim of the dossier is not only to stimulate schools and universities to adopt
strategies supporting the use and dissemination of OER, but
mainly to foster reflection on the potential of these strategies for
today’s world of education.
1 MERLOT program, URL: http://pedagogy.merlot.org/
LearningObjectives.htm; repository, URL:
Giovanni Fulantelli
71
72
Littlejohn A., Beetham H., McGill L., Falconer I. (2011). Fattori che influenzano la diffusione di risorse educative aperte.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2), pp. 72-79
FATTORI CHE
INFLUENZANO LA
DIFFUSIONE DI RISORSE
EDUCATIVE APERTE
FACTORS AFFECTING THE RELEASE
OF OPEN EDUCATIONAL RESOURCES
Allison Littlejohn | Caledonian Academy, Glasgow Caledonian University, UK | [email protected]
Helen Beetham | e-Learning Consultant | [email protected]
Lou McGill | e-Learning and Information Management Consultant | [email protected]
Isobel Falconer | Caledonian Academy, Glasgow Caledonian University, UK | [email protected]
* Allison Littlejohn | Caledonian Academy, Glasgow Caledonian University, UK |
Cowcaddens Road, Glasgow G4 0BA, United Kingdom | [email protected]
Sommario Questo lavoro esamina i fattori chiave che influenzano la creazione e la pubblicazione di Risorse Educative Aperte.
I dati su cui si basa l’analisi sono stati raccolti nell’ambito del processo di valutazione di un piano nazionale inglese finalizzato alla
distribuzione di grandi quantità di risorse educative aperte: l’Open Educational Resources Programme del Higher Education
Funding Council for England (HEFCE). Nello specifico, tali dati riguardano progetti di 29 università e college sparsi sull’intero
territorio nazionale inglese e sono relativi all’analisi delle strategie di condivisione di risorse educative da parte di individui,
istituzioni e centri disciplinari nazionali. L’analisi di questi dati ha evidenziato diversi fattori che influiscono sulla creazione e
diffusione di risorse educative aperte fra cui le motivazioni alla base della condivisione di risorse, le problematiche legali, quelle
relative alla qualità, il problema dell’hosting delle risorse e le questioni relative alla sostenibilità nel lungo periodo.
PAROLE CHIAVE Risorse Educative Aperte, Conoscenza collettiva, Tecnologie web 2.0, Sostenibilità, Licenze Creative Commons.
Abstract This paper examines key factors influencing the creation and release of Open Educational Resources (OER). The data was
collected as part of an evaluation of a national programme aiming to release large numbers of OER: the Higher Education Funding
Council for England (HEFCE) Open Educational Resources Programme. Data was collected across projects in 29 universities and
colleges nationwide, examining open release of educational resources by individuals, institutions and national subject centres.
A range of factors impacting upon OER creation and release emerged including the underlying motivations to openly release
resources, legal and quality issues, resource hosting and long-term sustainability issues.
KEY-WORDS Open Educational Resources, Collective knowledge, Web2.0 technologies, Sustainability, Creative Common licenses.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
RISORSE EDUCATIVE APERTE
La tendenza verso la produzione di sapere collettivo attraverso interazioni tra individui all’interno di
gruppi, comunità, reti e collettivi si sta consolidando (Dron e Anderson, 2007). La conoscenza collettiva si basa sull’aggregazione di conoscenze che
provengono da singoli individui, da pratiche condivise e dall’interazione mediata da macchine; essa
è soggetta ad un processo continuo di arricchimento e raffinamento attraverso l’attività quotidiana
delle persone. Le tecnologie emergenti, quali i wiki, gli strumenti di social bookmarking e i mondi
virtuali, rendono possibile un vero e proprio potenziamento cognitivo degli individui grazie alle opportunità offerte dall’essere in comunità: diventa
possibile sfruttare la conoscenza proveniente da
diverse tipologie di risorse sparse in tutto il mondo, creare nuova conoscenza basata sull’esperienza di ciascuno e comunicare con altri per imparare o trasmettere nuove pratiche (Littlejohn, Margaryan e Milligan, 2009; Margaryan, Milligan e Littlejohn, 2009). La diffusione di queste tecnologie
Web 2.0, insieme allo sviluppo di semplici modi
per contribuire alla conoscenza collettiva, ha fornito un ambiente di comunicazione che favorisce
un’attitudine di apertura, di condivisione e di partecipazione.
L’Open Educational Resources Movement è una
delle manifestazioni più visibili di questi nuovi approcci (Atkins, Brown e Hammond, 2007). Questo
movimento si propone di costruire «un serbatoio
mondiale di risorse educative per tutti, aperte e
gratuite […] creando così un mondo in cui ciascuna persona possa accedere e contribuire alla somma di tutte le conoscenze umane» (Capetown
Open Education Declaration, 2007). L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) definisce le risorse educative aperte (da
qui in poi indicate con OER, dal termine originale
anglosassone Open Educational Resources) «materiale digitale che gli educatori, gli studenti e
chiunque studi in maniera autonoma possa usare
e riusare liberamente per l’insegnamento, l’apprendimento e la ricerca» (OCSE, 2007: p. 10).
L’idea è che il libero accesso alle OER può offrire
numerosi, competitivi vantaggi agli individui ed alle istituzioni. Questi vantaggi includono una maggiore efficienza basata su economie di scala (Littlejohn, 2003), benefici per l’istruzione formale (Mason, Pegler e Weller, 2005) e rafforzamento del
prestigio interno ed esterno (Hylén, 2006).
Il concetto di condivisione e riuso delle risorse educative non è nuovo. L’apprendimento e l’insegnamento hanno sempre previsto forme di condivisione di risorse da parte dei docenti. Tuttavia, le tec-
nologie web 2.0, quali Facebook e Youtube, appaiono in grado di cambiare le regole del gioco consentendo a studenti e docenti di svolgere un ruolo
paritetico nella creazione e condivisone aperta di risorse per l’apprendimento (Liyoshi e Vijay Kumar,
2008). Diventa così possibile condividere informazioni e conoscenze in modi prima impensabili, infrangere barriere di accesso e consentire alle persone di adattare, riusare e assemblare materiali esistenti con altri tipi di risorse, incluse quelle prodotte dagli studenti. La creazione e la condivisione
aperta di risorse presenta vantaggi e benefici non
soltanto per i piccoli gruppi di studenti e docenti,
ma anche per più vasti gruppi di addetti e di istituzioni nazionali ed internazionali che operano nel
settore educativo (OCSE, 2007).
La prima grande iniziativa finalizzata a rilasciare
OER è stata lanciata nel 2001 dal MIT con la Open
CourseWare Initiative (Vale e Long, 2003; MIT,
2006), finanziata dalle Fondazioni William and
Flora Hewlett e Andrew W. Mellon. Da allora si sono susseguite numerose iniziative, tra cui il progetto canadese MERLOT (Carey e Hanley, 2008) e il
progetto Open Learn della Open University, UK
(McAndrew e Lane, 2010). Mentre i benefici potenziali delle OER sono stati ampiamente riconosciuti (OCSE, 2007; Yua, McNeill e Kraan, 2008;
McGill et al., 2008; McAndrew e Lane, 2010), la
pubblicazione di OER di per sé non conduce automaticamente ad una loro significativa utilizzazione
(Margaryan e Littlejohn, 2008; Lane, 2008; Charleworth et al., 2007). La pubblicazione e l’uso di
OER non sono ancora pratiche diffuse e pertanto le
motivazioni che dovrebbero promuoverne la pubblicazione non sono ancora ampiamente comprese.
La valutazione delle iniziative relative alla diffusione di OER ha sollevato importanti quesiti sulla sostenibilità di questo approccio e sui relativi modelli economici, sulle piattaforme per la condivisone e
sulla cultura delle organizzazioni. Il rapporto OCSE
(2007) “Giving knowledge for free” identifica i fattori capaci di influenzare la diffusione di OER, tra
cui il copyright, la sostenibilità, i modelli e le politiche economiche. Altri fattori, inclusi i modelli di
finanziamento e l’intento o motivazione originale a
creare e condividere contenuti aperti, determinano
i modi in cui le OER vengono diffuse (McGill et al.,
2008). Molte organizzazioni sono impegnate nel
processo di libera diffusione di risorse per l’apprendimento senza una visione chiara di quali possano
essere i vantaggi (ibid.).
Definire strategie sostenibili per i materiali educativi aperti richiede considerazioni di lungo termine
che riguardano la tipologia dei materiali e dei media futuri, i possibili mercati per i materiali educa-
73
74
A. Littlejohn, H. Beetham, L. McGill, I. Falconer
tivi (inclusa la popolazione che apprende al di fuori dei sistemi formativi istituzionali) e le questioni
legate ai vari strumenti tecnici utilizzati per la creazione, la condivisione, la gestione e il riuso delle risorse educative.
Affinché il settore dell’istruzione possa trarre vantaggio delle potenzialità connesse alla libera creazione, distribuzione e condivisione di risorse educative, esso deve essere in grado di capitalizzare
l’esperienza maturata e le soluzioni adottate dal
mondo accademico in iniziative OER finanziate i cui
risultati sono pubblicamente disponibili.
Il prevalere di tecnologie per la condivisione dei
contenuti nella società in generale, il crescente consenso verso gli approcci Creative Commons nella
gestione della proprietà e dei diritti, e il numero di
soluzioni open source adottate come pietre portanti delle infrastrutture di e-learning stanno producendo un forte impatto sugli atteggiamenti e sulle pratiche legate alla condivisione (McGill et al., 2008).
Una comprensione approfondita del modo in cui gli
individui, le comunità e le istituzioni possono adattarsi a questo mondo in trasformazione, attivando
processi che rendono i loro materiali sempre più liberamente accessibili, potrebbe fornire un punto di
partenza per le strategie future.
Questo lavoro evidenzia i fattori chiave che influenzano la creazione e la diffusione di Risorse Educative Aperte. I dati provengono dal processo di valutazione di un programma nazionale dedicato alla
diffusione di OER: il Programma Open Educational
Resources promosso da UK Higher Education Academy/Joint Information Systems Committee (JISC).
VALUTAZIONE DEI FATTORI CHE
INFLUENZANO LA DIFFUSIONE DI OER
I Funding Councils del Regno Unito hanno stabilito che l’uso sostenibile delle tecnologie digitali
«svolge un ruolo essenziale nel far mantenere al
Paese una posizione leader nel campo dell’educazione»1 (JISC, 2010). Per raggiungere questo obiettivo, il Funding Council per l’Istruzione Superiore
per l’Inghilterra (HEFCE - Higher Education Funding
Council for England) ha finanziato un’iniziativa sulle OER del valore di milioni di sterline2, gestita congiuntamente dal UK Joint Information Systems
Committee (JISC) e dalla UK Higher Education Academy (HEA) nel periodo 2009-2011. Questo programma ha permesso la diffusione di un numero significativo di risorse educative, rendendole usabili e
riusabili sul lungo periodo. Il programma ha quindi
puntato a un cambiamento
sostenibile nella pratica edu1 URL: http://www.jisc.ac.uk/publications/general
cativa, spostando l’attenzione
publications/2010/enablinginnovationengland.aspx
(ultima consultazione giugno 2011).
dalla proprietà dei materiali
2 URL: http://www.jisc.ac.uk/oer
verso una loro condivisione
(ultima consultazione giugno 2011).
aperta (JISC, 2010).
3 URL: http://www.jorum.ac.uk/
In particolare, il programma
(ultima consultazione giugno 2011).
mirava a identificare gli approcci efficaci e sostenibili per la condivisione di risorse, rendendo disponibile in rete una vasta gamma di materiali per l’insegnamento, inclusi moduli completi, note, video,
valutazioni, test, simulazioni, esami svolti, software e altri strumenti, ed esaminando i risultati di tale apertura. Contestualmente, si è anche cercato di
avviare un rinnovamento nel modo in cui i docenti,
gli studenti e il personale di supporto usano le risorse educative attraverso un cambiamento nella pratica corrente.
La fase 1 del programma si è sviluppata nel periodo 2009-2010 con 29 progetti portati avanti presso università e college in Inghilterra e Galles. Questi progetti hanno prodotto e rilasciato OER in diversi modi:
• a livello individuale, con il processo di creazione
e pubblicazione delle risorse gestito da singoli docenti o piccoli gruppi;
• a livello istituzionale, laddove il processo è stato
gestito da numerosi docenti all’interno di una singola università o college;
• a livello disciplinare, attraverso i centri disciplinari nazionali finanziati dalla UK Higher Education
Academy (l’organismo professionale degli accademici nelle università del Regno Unito).
Tutte le risorse create nell’ambito del programma
sono state raccolte in un archivio nazionale finanziato dal governo (JISC Jorum Open)3 sotto licenza
Creative Commons.
Gli elementi che possono ostacolare la diffusione e
il riuso dei materiali, e i fattori che al contrario possono favorire tali processi, sono stati identificati attraverso un’iniziativa incrociata di valutazione e sintesi prevista dallo stesso programma. La valutazione mirava a:
• individuare problematiche comuni sulla diffusione delle risorse educative aperte all’interno del
programma, a livello individuale, istituzionale o
disciplinare;
• effettuare una ricognizione delle differenze culturali nel settore, evidenziando quali norme, ruoli,
regole e meccanismi di ricompensa favoriscono
una pratica efficace sulle OER in contesti istituzionali e in consorzi con caratteristiche differenti;
• fornire raccomandazioni su modelli efficaci per il
successivo rilascio di OER.
La valutazione e la sintesi sono state viste come un
processo iterativo bi-direzionale fra i responsabili
del programma e il gruppo di valutazione, da una
parte, e i gruppi di progetto sulle OER dall’altra. La
valutazione ha evidenziato i fattori che influenzano
la diffusione di OER. Nello stesso tempo, i progetti
hanno potuto approfondire le questioni che via via
emergevano nel corso delle attività. Questo approccio bi-direzionale ha consentito a singoli gruppi di
progetto di confrontarsi con altri gruppi in modo sistematico, facendo maturare una visione condivisa
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
del programma stesso. Le evidenze emerse nel corso del programma sono state documentate e raccolte in una struttura di valutazione comune e rese
così disponibili per tutta la comunità.
L’uso di una struttura comune di valutazione ha favorito la sintesi dei progetti e ha permesso di individuare le dimensioni chiave del programma e di riflettere su di esse. La valutazione degli approcci
istituzionali, disciplinari e individuali è stata strutturata intorno ad un’unica serie di domande e di
problematiche, fornendo così una base e un linguaggio comune per il processo di valutazione e di
revisione.
La struttura comune di valutazione ha permesso di
raccogliere per ogni singola iniziativa messaggi
chiave, sfide emerse, dati sulle criticità, soluzioni
adottate e risultati ottenuti, consentendo così l’individuazione di importanti aree di criticità, evidenziando gli approcci più efficienti e favorendo l’identificazione di specifiche aree problematiche.
Tutto questo veniva regolarmente aggiornato e condiviso con i gruppi di progetto e con altri gruppi di
supporto. I dati particolari venivano inoltre riportati in una struttura generale per rendere disponibile
una visione globale del programma. Questa struttura4 generale raccoglieva dati rilevati provenienti da
tutte le iniziative individuali, istituzionali e disciplinari. Con l’evolvere della struttura di valutazione,
una serie di fattori legati alla creazione e diffusione
di OER andava emergendo. Tali fattori riguardavano
questioni legate alle motivazioni alla base della diffusione di OER, aspetti legali e relativi alla qualità,
così come il problema dell’hosting delle risorse e la
questione della sostenibilità a lungo termine.
Diffusione aperta da parte delle istituzioni
Si è visto che le istituzioni tendevano maggiormente alla diffusione di risorse non troppo connotate rispetto ad un target specifico, che potessero maggiormente favorire l’impatto sulle varie aree disciplinari. Ciò era più evidente quando dalla pubblicazione di risorse educative aperte si voleva accrescere
il prestigio dell’istituzione. Le istituzioni tendevano
a non diffondere risorse specialistiche, soprattutto
se esisteva la possibilità di commercializzarle. Alcune risorse specialistiche, tuttavia, sono state diffuse per evidenziare aree di eccellenza presso singole istituzioni. Il controllo sulla qualità e la garanzia che i materiali fossero riusabili sono emersi come aspetti estremamente importanti per le istituzioni, e pertanto i progetti istituzionali investivano
molto nella disaggregazione e nella definizione di
appropriati metadati per le OER.
FATTORI CHE CONDIZIONANO
LA DIFFUSIONE DI OER
Il Programma Pilota aveva previsto tre distinte direzioni nell’ipotesi che differenti approcci alla diffusione di contenuti educativi avrebbero evidenziato
un impegno a lungo termine per il rilascio di OER,
che avrebbe favorito l’adozione di appropriati modelli di sostenibilità economica. Sebbene la natura
dei tre tipi di iniziative per il rilascio di risorse educative aperte - istituzionale, individuale e disciplinare - implicasse tre diversi modelli, si è verificata
una interessante sovrapposizione trasversale alle
tre tipologie rispetto alle scelte relative a dove e come conservare e gestire le OER.
Gli approcci adottati dai progetti sono stati influenzati da diversi fattori, in alcuni casi anche piuttosto complessi, riguardanti tra l’altro gli utenti e le
loro esigenze, la sostenibilità, le politiche e le pratiche esistenti, le questioni relative alle infrastrutture tecniche, le abilità e le conoscenze del personale coinvolto. Questioni quali il marchio istituzionale delle OER, il controllo delle versioni e la descrizione dei metadati e delle risorse, hanno in-
Condivisione entro comunità di pratica
Le comunità sviluppatesi intorno a un tema specifico tendevano a includere individui che si percepivano come parte di quel gruppo. Le comunità erano caratterizzate da vincoli molto stretti, con regole, gerarchie e culture che a volte limitavano l’accesso alla comunità stessa. Le comunità già condividevano aree di pratica o interessi di ricerca e i loro membri tendevano a contatti personali solidi,
con incontri frequenti. Alcune comunità condividevano già temi a elevato interesse pubblico, come
per esempio i cambiamenti climatici o problematiche relative al settore della salute.
Gli approcci alla condivisione praticati da queste comunità non si ripercuotevano necessariamente sulle
pratiche delle istituzioni in cui operavano i membri
della comunità. In altre parole, anche se questi ultimi adottavano approcci alla condivisione efficaci con
docenti e ricercatori nella loro comunità, queste pratiche erano meno efficaci nella
condivisione con altri potenzia- 4 La struttura generale è disponibile al sito
https://oersynth.pbworks.com/w/page/29860952/
li utenti, inclusi i colleghi della
Pilot-Phase-Synthesis-Framework
loro stessa università o college.
(ultima consultazione giugno 2011).
fluenzato le decisioni sugli approcci da seguire per
la pubblicazione.
Motivazioni e principali approcci
per la pubblicazione di OER
Dalle valutazioni sono emersi tre diversi approcci
alla diffusione e alla condivisione di risorse educative aperte. Ogni approccio può essere associato a
una delle tre tipologie di progetti, anche se non in
maniera rigida, cosicché è possibile riconoscere, in
qualche misura, aspetti di ciascun approccio all’interno di ciascuna tipologia di progetto.
In tal modo, si evidenziano alcuni dei benefici di
ciascun approccio che possono avere un impatto
positivo sulla sostenibilità.
75
76
A. Littlejohn, H. Beetham, L. McGill, I. Falconer
Si è evidenziato che la costruzione di comunità per
lo sviluppo e la condivisione di OER è importante
per favorirne sia la diffusione che l’utilizzazione.
Approcci capaci di sviluppare la consapevolezza
per l’integrazione di processi efficaci sono stati comuni alle tre tipologie di progetti, come testimoniato dall’uso diffuso di social network e dei servizi del
web 2.0 per diffondere e pubblicizzare le OER. Gli
approcci basati su un archivio della comunità si sono dimostrati validi per lo sviluppo di una responsabilità condivisa e capaci di promuovere risultati
tangibili nelle attività di sviluppo condiviso. L’aggiunta di elementi web 2.0 agli archivi o ai sistemi
di gestione dei contenuti, ha permesso agli individui di crearsi profili e identità entro le comunità, favorendo diversi metodi per sviluppare e condividere OER, in quanto gli utenti hanno potuto creare legami fra di loro attraverso le risorse stesse o, alternativamente, attraverso le persone.
Diffusione aperta da parte di individui
Alcuni individui si sono costruiti una forte reputazione come specialisti della materia attraverso la
diffusione di OER. Tuttavia, le motivazioni tendevano ad essere complesse e gli individui avevano, a
volte, altre motivazioni specifiche, come rafforzare
l’apprendimento centrato sullo studente o supportare tematiche di interesse di una minoranza. Laddove la reputazione era la motivazione principale,
sia le istituzioni che gli individui prediligevano approcci finalizzati a massimizzare l’integrità piuttosto che la riusabilità delle risorse, poiché essi preferivano risultare come autori unici della risorsa. La
pubblicazione di OER da parte di singoli individui
spesso aveva un impatto positivo sull’istituzione e
serviva come esempio di buona pratica teso ad incoraggiare altre persone.
Questioni legali e il problema della qualità
In alcuni casi le questioni relative alla proprietà delle OER hanno innescato una sorta di meccanismo
di “avversione al rischio” all’interno delle organizzazioni. Le università e i college erano preoccupati
dalle questioni relative ai diritti legati alla proprietà
intellettuale, specialmente quando il materiale era
stato creato utilizzando fonti multiple, ed in particolare quando queste includevano estratti da articoli di riviste o immagini, dati o grafici da articoli
pubblicati, o schermate.
I gruppi di progetto dovevano tener conto dei fattori istituzionali e organizzativi capaci di influenzare e
supportare la distribuzione di OER, in quanto gli individui ed i membri di consorzi disciplinari erano
anche collegati ad una istituzione educativa. Ciò
andava a vantaggio dei progetti in cui le istituzioni già af5 http://as.exeter.ac.uk/support/educationenhancement
frontavano il concetto di aperprojects/openexeter/abouttheproject/
tura dei contenuti educativi,
(ultima consultazione giugno 2010).
in particolare dove l’istituzione aveva o stava sviluppando un archivio istituzionale. Alcuni progetti
individuali e di consorzio hanno incontrato maggiori resistenze nel caso in cui le istituzioni non avevano fatto propria la nozione di OER o avevano adottato un approccio particolarmente avverso a qualsiasi rischio nell’attività di diffusione di OER.
La fiducia è stata identificata come un fattore cruciale nel permettere e sostenere la libera distribuzione nell’intero programma. Il rilascio di OER richiede nuove partnership e approcci innovativi, la
riconsiderazione dei ruoli e lo sviluppo di nuove
competenze. Sono emerse nuove comunità di pratica, dentro e attraverso le comunità esistenti, unite da un autentico desiderio di cambiare la pratica
dell’apprendimento e dell’insegnamento attraverso
la libera disponibilità dei materiali. L’integrazione di
un modo di pensare ‘aperto’ nei processi di progettazione dei curricula è stato visto come un fattore
significativo nell’assicurare la sostenibilità a lungo
termine delle attività di progetto. Il livello già notevole del dialogo inter-progettuale, di condivisione
delle pratiche e di creazione di risorse, si è espanso ulteriormente fino a coinvolgere le istituzioni e le
comunità disciplinari creando nuove partnership. È
auspicabile che la fase 2 del programma sia in grado di incrementare e penetrare in queste ricche comunità. Le partnership internazionali hanno caratterizzato gli approcci strategici alle OER di molte
istituzioni. Secondo il progetto Open Exeter5, il rilascio di OER è potenzialmente in grado di connettere tante aree dell’università per uno scopo preciso e
la sua abilità è stata quella di connettere fra di loro
pezzi disparati per uno scopo comune. Gli individui
hanno i loro obiettivi, ma hanno avuto bisogno di
vedere il loro ruolo dentro il quadro generale.
Le questioni relative alla qualità sono state in genere risolte collegando i requisiti di qualità per le OER
ai processi ed alle strategie sulla qualità delle realtà accademiche (per es. adottando strategie di apprendimento-insegnamento o relative alla qualità
già presenti nell’università). Le questioni sulla qualità specifiche della pubblicazione di OER e non
considerate nelle strategie esistenti hanno riguardato la riusabilità, la progettazione di OER per discenti e contesti di apprendimento diversi, i processi di
tagging e la definizione di metadati, l’interoperabilità e l’uso di più media.
Questioni collegate all’hosting
L’hosting di OER è stato un fattore significativo nel
determinare il successo della loro diffusione e la
possibilità per gli utenti di trovare le risorse. Molti
progetti JISC hanno sviluppato un modello basato
sul salvataggio unico e uso di molteplici meccanismi per la rintracciabilità della risorsa, attraverso
fonti più facilmente accessibili. Allo stesso tempo,
alcuni progetti hanno usato archivi istituzionali o di
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
comunità come luogo di salvataggio primario. Il
gruppo del progetto OpenSpires (Università di Oxford)6 ha commentato: «Oggi esiste un modello
chiaro per il salvataggio locale e la visibilità nazionale dei contenuti. In una prima fase, il salvataggio
va fatto in archivio istituzionale, quindi i contenuti
vanno evidenziati attraverso collegamenti con i portali tematici e gli archivi nazionali».
Il finanziamento dei progetti ha contribuito a rafforzare la scelta degli archivi istituzionali di risorse per
l’apprendimento e l’insegnamento, anche se diversi gruppi afferenti ai progetti istituzionali hanno preferito usare sistemi di gestione dei contenuti (Content Management Systems), ritenendo che questi
sistemi fossero in grado di supportare meglio la gestione di learning object complessi. Se da un lato
le logiche istituzionali fornivano archivi stabili e
adeguati per il salvataggio delle risorse digitali, allo
stesso tempo molte istituzioni non contemplavano
il libero accesso ai materiali di apprendimento e insegnamento. I progetti basati su apporti individuali
hanno avuto difficoltà a consentire l’accesso all’archivio da parte di collaboratori non istituzionali,
nonché riluttanza verso l’attivazione di funzionalità
di supporto al lavoro collaborativo (forum, blog, wiki) associate alle risorse dinamiche. Man mano che
le istituzioni incrementavano il supporto alle risorse
aperte all’interno della loro infrastruttura tecnologica, i rappresentanti dei progetti individuali potevano contare su un archivio primario affidabile e attrezzato, continuando a utilizzare i meccanismi del
web 2.0 e altri portali per pubblicizzare e incoraggiare l’uso delle risorse. Tuttavia il problema centrale della responsabilità legale per le risorse dinamiche resta irrisolto.
Diverse tipologie di OER richiedono meccanismi di
hosting con caratteristiche e peculiarità differenti.
Per esempio le OER dinamiche (in continuo divenire), come i wiki, presentano esigenze di manutenzione diverse rispetto ai contenuti statici. Gli approcci ai meccanismi di individuazione delle risorse spaziavano dalla ricerca (usando un browser o i
metadati) agli alert basati su feed RSS. I processi
di alert usavano gli strumenti del Web 2.0 (Twitter,
Facebook) per far arrivare i contenuti agli utenti.
Tuttavia, l’uso di soluzioni Web 2.0 ha presentato
alcune difficoltà in quanto tali strumenti si trovano
in fasi diverse dello sviluppo e supportano diversi
formati di risorse.
Oltre a soluzioni di hosting alternative, l’uso di un
archivio nazionale (Jorum Open) era un elemento
richiesto dal bando per ottenere i finanziamenti.
Mentre nella maggior parte dei casi i progetti hanno pubblicato in questo archivio contenuti o metadati che puntavano a contenuti memorizzati su altri archivi, l’idea di un archivio nazionale ha sollevato diversi dubbi legati al controllo delle versioni,
alla gestione ordinaria e al modo in cui le risorse ri-
sultavano pubblicate. Il dibattito su come un archivio nazionale condiviso come Jorum Open potesse
sostenere il processo di diffusione e riuso di OER è
ancora aperto, con particolare riferimento al crescente uso di archivi istituzionali o altri meccanismi
dedicati alle risorse per l’apprendimento/insegnamento.
Infine, le pratiche sull’uso dei metadati hanno dovuto affrontare il problema della diffusione di grandi volumi di contenuti aperti e la necessità di rendere il processo sostenibile nel tempo. Le problematiche ruotano attorno alla riusabilità degli strumenti, la definizione di linee guida, i vocabolari di
tag e il carico di lavoro connesso alla gestione di risorse educative aperte.
Le problematiche relative alla sostenibilità
Molti dei gruppi, delle partnership e delle comunità che si sono sviluppate attraverso le istituzioni e i
consorzi disciplinari coinvolti nel programma non si
sono costituiti ex-novo. Questi gruppi si sono, infatti, sviluppati partendo da connessioni, relazioni e
pratiche esistenti, ma le comunità hanno collaborato fra di loro secondo logiche diverse per creare e
diffondere OER, in particolare entro le istituzioni.
Queste nuove pratiche sono state costruite all’interno di corsi per la formazione del personale e tramite materiali guida, al fine di garantire un cambiamento duraturo del modo di operare.
A causa della breve durata del programma pilota, i
progetti hanno dovuto sviluppare modelli che tenessero in considerazione i problemi della sostenibilità e del limitato tempo di implementazione disponibile. Integrare la diffusione e l’uso di OER nelle strategie e nelle politiche istituzionali è stato cruciale per favorire la sostenibilità, ma il modello istituzionale delegato, in cui il personale insegnante
guida lo sviluppo di OER, è stato riconosciuto come
il modello ideale a cui tendere. Questo modello è
difficile da realizzare in quanto richiede grandi
cambiamenti del modo di operare. Conseguentemente, i progetti hanno avuto bisogno di forti gruppi centrali per superare le prime fasi dello sviluppo.
Tutte le tipologie di progetto hanno avuto qualcosa
da offrire alla più vasta comunità, facendo emergere connessioni tra un approccio individuale supportato sia da comunità tematiche che da processi istituzionali. Questi modelli non sembrano quindi operare in modo isolato bensì attraverso un approccio
sfaccettato alla diffusione delle OER.
CONCLUSIONI
La valutazione della fase 1 del programma JISC Open
Educational Resources ha messo in luce una serie di
problematiche importanti.
In primo luogo, è emersa una
6 Inspirational Open Content from Oxford University,
diversità di approcci alla difURL: http://openspires.oucs.ox.ac.uk/index.html
fusione di OER. Appare chiaro
(ultima consultazione giugno 2010).
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78
A. Littlejohn, H. Beetham, L. McGill, I. Falconer
che le comunità che già condividono conoscenze
ed idee sulle pratiche (per esempio comunità tematiche) sono più portate alla condivisione di OER.
Quindi la condivisione all’interno di comunità esistenti costituisce un approccio più sostenibile alla
diffusione e al riuso di OER. Quando le istituzioni o
gli individui diffondono OER per migliorare la propria immagine all’esterno tendono a preoccuparsi
dell’integrità delle fonti e sono meno inclini a incoraggiare la riorganizzazione dei contenuti o il coinvolgimento della comunità. Ciò determina una contraddizione tra la logica economica, legata alla costruzione della reputazione delle istituzioni coinvolte, e l’etica del movimento sulle OER che si prefigge l’accesso libero a tutto il materiale per l’apprendimento. Un ulteriore importante fattore riguarda la
scala temporale in cui vengono diffuse le risorse.
Molti autori o gruppi che producono OER si sentono più sicuri se diffondono prima ad un pubblico di
fiducia o ad una comunità ristretta, piuttosto che
direttamente al vasto pubblico. La diffusione graduale di OER permette agli addetti ai lavori di riflettere su che cosa diffondere e come farlo.
In secondo luogo il metodo della vetrina è un motore per la diffusione di OER. In questo studio la vetrina era rivolta ad una serie di persone diverse (discenti, datori di lavoro, pubblico) per diversi scopi.
A volte l’obiettivo era semplicemente la costruzione
della reputazione. Tuttavia, vi erano altre ragioni per
mostrare le attività svolte nell’ambito delle OER, tra
cui consentire ai discenti di scegliere i corsi in modo
informato, aiutare gli studenti a prepararsi per
un’esperienza di alta formazione, sviluppare collegamenti con la comunità o con le imprese locali. La
condivisione all’interno di comunità di specialisti ha
portato ulteriori benefici, come lo sviluppo di una
maggiore consapevolezza generale e l’ottimizzazione del lavoro di sviluppo. Molti dei progetti classificabili come istituzionali hanno previsto la creazione
e la condivisione di OER come parte della valutazione annuale del personale. Ciò si è dimostrato molto
utile per riconoscere ed apprezzare i cambiamenti
verso una pratica educativa aperta.
La consapevolezza sulle OER è la terza questione
che emerge. Anche se le pratiche e gli atteggiamenti di sostegno alla diffusione aperta possono risultare abbastanza diffuse, il livello di consapevolezza
relativamente alle OER è basso, così come il consenso rispetto a termini quali “aperto”, “ridefinire”,
“condividere”, ecc. Chi partecipava ai progetti si è
spesso trovato a fungere da esperto dentro la propria istituzione e da fulcro per la costruzione di capacità specifiche. Si è rivelato estremamente difficoltoso modificare in senso aperto risorse educative sviluppate senza una consapevolezza del concetto di
7 Fase 2 del programma Open Educational Resources
apertura. In questi casi, lo
(OER), URL: http://www.jisc.ac.uk/oer
sviluppo di OER a partire da
(ultima consultazione giugno 2011).
zero è apparso molto più efficace dal punto di vista
dei costi. In futuro lo sviluppo consapevole di OER
potrebbe venire dall’integrazione della formazione
sulle OER nei corsi di formazione accreditati per i
docenti di istruzione superiore condotti dalla UK
Higher Education Academy e dalle iniziative nazionali quali il programma JISC OER.
Infine, le problematiche culturali ed organizzative
costituiscono un fattore importante che può contrastare la diffusione delle OER. Le pratiche istituzionali, disciplinari, e persino tematiche differiscono
fra loro e vi sono anche grandi differenze culturali
fra l’istruzione superiore, l’educazione continua, la
formazione sul luogo di lavoro e gli enti professionali. La volontà di condividere cambia anche in base al tipo di docenti coinvolti. Se si considerano, per
esempio, i docenti universitari con contratto a tempo pieno e i docenti con insegnamento part-time
che svolgono anche la libera professione, questi ultimi potrebbero avere maggior remore alla condivisione di ciò che considerano segreto professionale.
La condivisione dei contenuti è inibita da preoccupazioni istituzionali relative alla potenziale perdita
di utili e dalle pressioni economiche, soprattutto
quando queste possono portare ad una concorrenza più diretta. Al momento, sono pochi i docenti
universitari che hanno il tempo o le competenze per
prendere in considerazione le problematiche connesse al libero rilascio o al riuso dei contenuti per
l’insegnamento che realizzano.
Alcuni considerano lo sviluppo collaborativo di risorse con gli studenti nella normale pratica di insegnamento come un mezzo di sviluppo sostenibile.
Tuttavia, per la maggior parte del personale, riconoscimenti e ricompense adeguate appaiono come
fattori critici per la motivazione ad acquisire le necessarie competenze e dedicare tempo alla diffusione delle OER.
La fase 2 del programma Open Educational Resources (OER) è iniziata ad agosto 2010 e proseguirà fino ad agosto 20117. Questa seconda fase intende ampliare il lavoro svolto nella fase pilota sulla diffusione di OER, esaminando sia le pratiche
educative aperte correnti che quelle emergenti.
Il cambio di governo nel Regno Unito e i pesanti tagli ai finanziamenti delle università potrebbero influenzare i futuri investimenti nel settore dell’educazione. Tuttavia, vi sono segnali che indicano che
le OER continueranno ad essere una priorità, in
quanto considerate capaci di innalzare il profilo dell’istruzione superiore britannica sul mercato globale. Per i ricercatori la priorità deve essere la valutazione dell’impatto che la diffusione di OER ha sulla
pratica didattica e sui risultati dell’apprendimento,
per situare le OER entro un quadro più ampio dei
modelli di studio universitario in cambiamento.
Traduzione a cura di Giovanna Caviglione (ITD-CNR, Genova).
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
GLOSSARIO
SOCIAL BOOKMARKING Il social bookmarking è un do le limitazioni su ciò che è possibile fare sui propri minata tematica. È un termine che deriva dal mondo
meccanismo che consente a utenti di Internet di evi- contenuti.
aziendale, in cui il termine stakeholders indica coloro
denziare siti ritenuti utili per una determinata comu- HOSTING In ambito informatico si definisce hosting che hanno un interesse nelle vicende di un’azienda:
nità, inserendo i riferimenti a questi siti (detti book- (dall’inglese to host, ospitare) un servizio che offre (a azionisti, finanziatori, amministratori, dipendenti,
mark) in un apposito servizio sul Web.
volte in maniera commerciale) spazio su un server clienti, fornitori, pubblica amministrazione, ma anCREATIVE COMMONS (CC) è un’organizzazione non per la memorizzazione di risorse, rendendole quindi che l’opinione pubblica.
profit la cui missione è favorire il libero scambio di accessibili dalla rete Internet.
TAG Un tag è una parola chiave o un termine associacontenuti sulla rete Internet, nel rispetto delle legisla- REPOSITORY Un repository (che può essere tradotto to a un elemento informativo (un’immagine, una
zioni nazionali. A tal fine, sono state realizzate speci- con il termine archivio o repertorio) è un ambiente on- mappa geografica, un post, un video clip...), che defiche licenze d’uso (licenza CC) che capovolgono il line in cui vengono raccolti e organizzati dati e meta- scrive l’oggetto rendendo possibile la classificazione
punto di vista sul diritto d’autore: le licenze CC con- dati (informazioni che descrivono un insieme di dati).
e la ricerca di informazioni basata su parole chiave.
sentono di rendere espliciti i diritti d’uso che un au- STAKEHOLDER Il termine viene usato per indicare co- TAGGING L’attività di attribuire un tag a un elemento
tore concede sui contenuti pubblicati, pur specifican- loro che, a vario titolo, sono interessati a una deter- informativo.
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LA CENTRALITÀ
DEI DOCENTI PER IL
SUCCESSO DELLE RISORSE
EDUCATIVE APERTE
THE CENTRAL ROLE OF TEACHERS FOR THE
EFFECTIVENESS OF OPEN EDUCATIONAL RESOURCES
Giovanni Fulantelli, Manuel Gentile, Davide Taibi, Mario Allegra
Istituto per le Tecnologie Didattiche, CNR| [giovanni.fulantelli; manuel.gentile; davide.taibi; mario.allegra]@itd.cnr.it
* Giovanni Fulantelli | Istituto per le Tecnologie Didattiche, CNR
Via Ugo La Malfa 153, 90146, Palermo | [email protected]
Sommario Le risorse educative aperte (Open Educational Resources) rappresentano una opportunità enorme per la scuola e
l’università. Al di là degli importanti vantaggi derivanti dalla disponibilità di materiali didattici riusabili liberamente, notevoli sono le
potenzialità sul piano pedagogico nel momento in cui le risorse vengono prodotte e condivise direttamente dai docenti e diventano
oggetti sociali attorno a cui si sviluppa la comunità stessa. In tal modo, è infatti possibile sfruttare le competenze e conoscenze di
una comunità di docenti per arrivare a risorse di buona qualità e pedagogicamente efficaci.
In questo articolo presentiamo l’esperienza di tre progetti in cui docenti di diversi paesi europei sono stati guidati nella produzione
di risorse didattiche digitali e sono stati incoraggiati a condividere le stesse all’interno di una comunità di colleghi con interessi
analoghi. I progetti, che rispondono alle priorità definite dall’UNESCO per la diffusione delle risorse educative aperte, hanno
evidenziato la mancanza di una cultura diffusa della condivisione e di specifiche politiche di supporto nella scuola.
PAROLE CHIAVE Risorse educative aperte, Comunità di pratica, Learning Objects, Formazione dei docenti, Web 2.0, E-learning.
Abstract Open Educational Resources (OER) represent a great opportunity for schools and universities. Beyond the significant
benefits of free availability of reusable learning contents, there is considerable potential at pedagogical level when resources are
generated and shared by teachers. Thus, it is possible to exploit skills and knowledge of a community of teachers to create highquality and pedagogically effective resources. When OER are generated collaboratively, they become the social objects around
which the community grows.
In this paper we present the experience gained in three European projects in which teachers have been guided in the production of
digital learning resources and encouraged to share them within a community of colleagues with similar interests. The projects,
which embraced the priorities set by UNESCO for the dissemination of OER, highlighted the need for more widespread sharing and
use of OER in schools, together with suitable support policies.
KEY-WORDS Open Educational Resources (OER), Communities of practice, Learning Objects (LO), Teacher training, Web 2.0, E-learning.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
INTRODUZIONE
L’utilizzo di risorse aperte nella scuola ha rappresentato, fino agli inizi degli anni 2000, una potenzialità legata al riuso di software didattici (soprattutto su alcune aree disciplinari, ed in particolare
nelle aree linguistica e scientifico-matematica),
piuttosto che una pratica didattica corrente. In
particolare, si trattava di utilizzare software sviluppati nel mondo dell’open/free software, e di riadattarlo ai contesti didattici in cui si operava.
L’idea che oltre ai software si potessero condividere anche i materiali per la didattica inizia a diffondersi a partire dalla fine degli anni ’90, con le prime apparizioni di ciò che poi sarebbe stato definito Web 2.0, e acquista popolarità soprattutto grazie all’iniziativa del Massachusetts Institute of Technology (MIT) che nel 2001 lanciò l’iniziativa
OpenCourseWare. Se da un lato le emergenti tecnologie del Web 2.0 favorivano la pubblicazione,
da parte di individui o collettività, di materiali riutilizzabili in ambiti didattici, le iniziative del MIT (e
quelle che sarebbero seguite negli anni) diffondevano l’idea che le risorse già nate come materiali
didattici non fossero patrimonio di pochi, ma che
dovessero essere rese disponibili a tutti.
La libera distribuzione dei materiali didattici prodotti da una delle più prestigiose università americane ebbe un impatto fortissimo sull’intera comunità scientifica, ma non solo. I risvolti socio-politici di una tale apertura potevano avere delle conseguenze enormi sull’idea di educazione in generale,
e sin dall’inizio l’UNESCO raccolse questa importante sfida tanto che, un anno dopo, nel 2002, durante un forum internazionale sul tema, il termine
Open Educational Resources (OER) venne coniato.
Da allora, si è sviluppato un movimento mondiale
sulle OER, che hanno assunto un peso sempre
maggiore nelle politiche legate all’educazione in
molti paesi, e tra il 2005 e il 2007, l’UNESCO ha
identificato le priorità per la diffusione delle OER
nella società (Geser, 2007; OECD, 2007; D’Antoni e Savage, 2009).
Le potenzialità offerte dalla condivisione di materiali didattici rappresentano quindi una vera e propria sfida per la società, tanto che la questione su
come diffondere le pratiche di sviluppo e condivisione delle OER è diventata centrale nell’agenda
politica di diversi Paesi (primi fra tutti Stati Uniti e
Gran Bretagna).
Dal 2004 il nostro gruppo di ricerca ha focalizzato le proprie attività sulle metodologie e tecnologie
per la produzione e condivisione di OER e sulle
strategie per la loro promozione tra i docenti.
Questa attività di ricerca è stata portata avanti attraverso tre progetti finanziati dall’Unione Euro-
pea: Sloop (Sharing Learning Objects in an Open
Perspective, promosso da Itsos “M. Curie” Cernusco S/N (MI), - 2005-2007), Tenegen (Connect the
TEachers to reach and teach the NEt GENeration,
promosso da Prompt-G Educational Centre for Informatics, Ungheria, 2008-2010), e Sloop2desc
(Sharing Learning Objects in an Open Perspective
to develop European Skills and Competences, promosso dal CNR ITD, 2009-2011).
Elemento comune ai tre progetti è la centralità della figura del docente, chiamato a partecipare attivamente alla produzione e condivisione delle OER,
entrando a far parte di una comunità che si sviluppa intorno alle risorse.
Il primo progetto che descriveremo è Sloop, non solo per ragioni cronologiche, ma soprattutto perché
alcuni dei risultati raggiunti durante questo progetto sono stati poi utilizzati nei progetti successivi. Tra
i risultati di Sloop ci soffermeremo in particolare su
un modello di OER chiamato OpenLO, sul concetto
di Learning Object Management System (LOMS) e
sulla piattaforma FreeLOms (una implementazione
di LOMS). In seguito, descriveremo Tenegen e Sloop2desc, due progetti di trasferimento dell’innovazione (l’acronimo utilizzato è TOI: Transfer of Innovation) finanziati allo scopo di favorire la diffusione
e la disseminazione dei risultati conseguiti nel progetto Sloop1. Va evidenziato che la continuità temporale dei tre progetti ha consentito di creare e consolidare una comunità di pratica di docenti che ha
assimilato i concetti alla base delle OER. Infatti durante i progetti abbiamo contribuito ad organizzare
e attivare corsi di formazione online per docenti di
diversi Paesi europei: Germania, Ungheria, Irlanda,
Italia, Romania, Slovenia, Spagna e Turchia. Attraverso corsi pilota e corsi a cascata (in cui i tutor sono ex-discenti dei corsi pilota) abbiamo formato circa 800 insegnanti in Europa sulla produzione e
condivisione di OER.
Ogni progetto è stato caratterizzato da diversi
aspetti specifici: in Sloop è stato sviluppato il concetto di evoluzione collaborativa di Learning Objects; in Tenegen il focus si è spostato sulla creazione di una rete di insegnanti (principalmente nel
territorio ungherese) per lo sviluppo di OER mediante strumenti di authoring di LO e strumenti
Web 2.0. Infine, in Sloop2desc sono stati sviluppati nuovi modelli didattici basati sull’integrazione
del sistema europeo per la certificazione di competenze nello sviluppo di OER generate da comunità
di pratica.
Attraverso la rivisitazione dei
tre progetti, che si sviluppa 1 In generale i progetti TOI consentono la
disseminazione dei risultati conseguiti in progetti già
nella prima parte di questo
conclusi e valutati positivamente, al fine di adattare
articolo, intendiamo evidentali risultati ad altri contesti territoriali o di settore.
81
82
G. Fulantelli, M. Gentile, D. Taibi, M. Allegra
ziare l’evoluzione e maturazione dei concetti su cui
poggiano le OER, quali i modelli di risorsa da adottare, gli standard da seguire, la formazione dei docenti, ecc.
La seconda parte dell’articolo è invece incentrata
sull’esposizione dei rapporti tra i progetti e le principali priorità UNESCO, evidenziando come i tre progetti hanno contribuito a promuovere le priorità indicate dall’UNESCO.
SHARING LEARNING OBJECTS
IN AN OPEN PERSPECTIVE
Il progetto Sloop ebbe inizio nell’ottobre 2005; in
quegli anni l’interesse intorno alle risorse educative
digitali era crescente: possibili modelli di risorse
educative digitali venivano definiti e fra loro confrontati, come ad esempio il modello Learning Object (LO) (Wiley, 2002) e il modello Open Educational Resources (OER) (Atkins, Brown e Hammonds, 2007). Dal punto di vista tecnologico si andavano consolidando standard tecnici sia per la
realizzazione delle risorse didattiche - come lo Shareable Content Object Reference Model (SCORM)
(ADL, 2004) - che per la loro descrizione tramite
metadati - come lo standard Dublin Core e lo standard IEEE LOM (Dekkers e Weibel, 2003; Duval et
al., 2002; LTSC-IEEE, 2002). Contestualmente,
molte istituzioni pubbliche e private iniziavano a
considerare il modello delle risorse educative aperte come un possibile modello di business.
Tuttavia, in questo contesto, il ruolo dei docenti non
risultava centrale, anzi, gli insegnanti erano per lo
più considerati utilizzatori finali di prodotti (le risorse didattiche), a pagamento o meno, realizzati da
istituzioni terze come consorzi universitari o case
editrici.
Partendo da queste considerazioni e al contempo
prendendo spunto dal successo del movimento del
software libero, nacque il progetto Sloop con l’idea
di trasferire la filosofia open source all’interno delle
comunità di docenti in modo da favorire la produzione collaborativa e la condivisione di risorse didattiche digitali.
In sintesi, gli obiettivi del progetto Sloop furono:
• promuovere e facilitare l’integrazione di attività
di insegnamento in presenza con l’e-learning,
per migliorare la qualità e l’efficacia dei processi
di apprendimento;
• personalizzare i percorsi di apprendimento, supportandoli appropriatamente con Learning Object multimediali;
• facilitare la creazione di LO
da rendere disponibili liberamente in rete, per essere riu2 L’expansive learning é una teoria dell’apprendimento
sviluppata da Engestrom. Per un approfondimento sul
tilizzati e condivisi all’interno
tema, si rimanda a URL: http://pagi.wikidot.com/
di comunità di docenti seengestrom-expansive-learning;
http://www.handover.eu/upload/library/jimaw6szeyuluh condo la filosofia del software open source.
4tho6oq.pdf (ultima consultazione giugno 2011).
LEARNING OBJECT O OPEN EDUCATIONAL
RESOURCE? IL MODELLO OPENLO
All’inizio del progetto Sloop, il primo passo fu la
scelta del modello da adottare per la creazione delle risorse didattiche. Come già accennato, in quegli
anni diversi modelli venivano discussi e fra questi
maggiore attenzione veniva posta dagli esperti del
settore e dai ricercatori sui concetti di LO e OER.
Spesso questi due modelli sono stati messi a confronto e associati tanto da essere usati come sinonimi; oggi alcuni autori come Klebl, Kramer e Zobel
(2010) sottolineano come il modello LO abbia di
fatto spianato la strada alle pratiche nel settore delle risorse educative e quindi anche alle risorse educative aperte. Recentemente, autori come Friesen
(2009) e Lane e McAndrew (2010) hanno analizzato con maggiore attenzione similarità e differenze
dei due approcci giungendo alle stesse conclusioni
che, peraltro, furono assunte dai partner del progetto Sloop. In particolare i due modelli differiscono in
primo luogo in quanto il modello OER non fa riferimento ad alcun standard tecnico e non pone attenzione ai concetti di sviluppo modulare delle risorse
didattiche; allo stesso tempo il modello LO non fa riferimento esplicito al carattere non commerciale
delle risorse.
Inoltre, in accordo anche con le tesi di Boyle (2003),
i partner Sloop concordarono come fosse necessario
favorire non solo la creazione di risorse didattiche ma
anche il trasferimento di esperienze didattiche.
Analizzando in questa ottica il modello OER, che considera anche oggetti semplici e non strutturati come
possibili risorse didattiche, appare evidente come tale modello non fornisca nessun meccanismo per trasferire il contesto di apprendimento in cui la risorsa
didattica andrebbe usata (Lane e McAndrew, 2010).
Per questa ragione i partner Sloop considerarono le
risorse didattiche principalmente nella loro forma
“pacchettizzata”, ossia come un artefatto modulare
auto-sufficiente conforme a standard interoperabili e
descritto da opportuni metadati educativi (Baruque e
Melo, 2004; Boyle, 2003).
Nell’adottare il modello LO, abbiamo preso in considerazione un altro aspetto fondamentale: le barriere
culturali, pedagogiche e pratiche che inibiscono la
diffusione delle risorse didattiche digitali nella pratica dell’insegnamento. Fra questi fattori, alcuni autori hanno evidenziato come spesso il paradigma LO è
stato associato ad un approccio commerciale alle risorse educative (Downes et al., 2004; Johnson,
2003).
Al fine di superare questo problema, abbiamo deciso di combinare il modello LO con il concetto di
apertura (“openness”), così da introdurre un nuovo
modello di sviluppo e di sostenibilità e facilitare i docenti nell’utilizzo di questa tecnologia e nell’implementazione di nuovi approcci pedagogici come ad
esempio l’expansive learning2 (Attwell e Pumilia,
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
2007). Per questa ragione partendo dalla definizione di LO fornita da Wiley (2002), abbiamo definito
l’OpenLO come «qualsiasi risorsa didattica digitale
aperta che può essere riutilizzata per supportare
l’apprendimento» (Fulantelli et al., 2008).
In questa definizione l’aggettivo aperto indica un
contenuto sviluppato in un qualsiasi formato digitale (aperto o proprietario) per cui sia comunque disponibile il file sorgente da cui la risorsa viene generata. La disponibilità del file sorgente e l’uso di una
licenza aperta, come ad esempio le licenze Creative
Commons3, consente agli utenti di modificare il
contenuto e adattarlo alle proprie esigenze.
Il modello OpenLO apriva nuove prospettive nell’utilizzo delle risorse didattiche, trasformandole in oggetto sociale in grado di favorire la nascita di comunità di insegnanti e lo scambio, all’interno delle stesse, di conoscenze e pratiche di insegnamento (Engstrom, 2005).
Il repository FreeLOms
All’interno del progetto Sloop è stata sviluppata la piattaforma
denominata FreeLOms (Free Learning Object Management
System), un sistema orientato alla condivisione ed al riuso dei
materiali didattici in grado di gestire le risorse educative aperte
durante tutto il loro ciclo di vita (Gentile et al., 2006).
FreeLomsè stato ideato in un periodo in cui i sistemi di gestione
dei processi di apprendimento on-line si stavano diffondendo
sempre più e differenti tipologie di strumenti venivano proposti
per supportare i docenti nella creazione di materiali didattici
aderenti agli standard utilizzati per le risorse didattiche (es.
SCORM) (Broisin, 2005).
In un periodo in cui l’innovazione tecnologica nel settore della
produzione di materiali didattici era accompagnata
dall’emergenza della dimensione sociale delle Rete, si evidenziò
la mancanza di un ambiente integrato in grado di facilitare non
tanto la creazione di specifici oggetti di apprendimento, ma la
loro evoluzione in forma collaborativa, consentendo a più utenti
di comporre i materiali già presenti nella piattaforma
(favorendone quindi il riuso), e di partecipare attivamente
all’intero processo di costruzione collaborativa delle risorse. A
questa tipologia di ambiente, di cui freeLOms è un esempio,
abbiamo dato il nome di LOMS (Gentile et al., 2010).
Relativamente agli standard, FreeLOms ha messo a
disposizione gli strumenti in grado di semplificare il processo
che permette ai materiali didattici di essere conformi allo
standard SCORM. La scelta dello standard SCORM, voluta dai
partner del progetto Sloop, è stata in seguito superata nella
seconda versione della piattaforma, sviluppata all’interno del
progetto Sloop2desc, i cui concetti chiave sono stati elaborati
durante lo sviluppo del progetto Tenegen.
In questa evoluzione di FreeLOms si è scelto di dare maggiore
importanza alle risorse educative come oggetti sociali,
favorendo principalmente la componente collaborativa e di
condivisione grazie a una maggiore apertura al web 2.0 e ai suoi
contenuti sempre più utilizzati anche in ambito educativo, come
accade per le risorse pubblicate su Flickr, YouTube, ecc.
Per tale motivo il modello OpenLO rappresenta senza dubbio uno dei principali risultati del progetto
Sloop.
IL RUOLO DELLE COMUNITÀ DI PRATICA:
DAL PROGETTO SLOOP
AL PROGETTO TENEGEN
Nel tempo l’approccio basato sul modello OpenLO
si è consolidato, e si è tradotto in risultati tangibili,
primo tra i quali il numero delle risorse educative
disponibili sul repository FreeLOms (allo stato attuale, FreeLOms contiene circa 250 risorse interamente sviluppate da docenti); inoltre, va sottolineato il numero sempre crescente di docenti che, coinvolti direttamente nei progetti o semplicemente informati della nascita di un network di docenti a livello nazionale ed europeo, si è organizzato in comunità di lavoro su base tematica. Il senso di appartenenza e l’esperienza degli altri colleghi nella
comunità di pratica ha favorito il superamento di
alcune barriere culturali nell’adozione delle nuove
tecnologie e dei nuovi processi di insegnamento
che accompagnano l’introduzione di tali tecnologie
(Attwell e Pumilia, 2007).
La nascita di comunità di pratica è un ulteriore fenomeno che aiuta a superare i limiti evidenziati da
alcuni autori relativamente alla descrizione del contesto educativo nel quale usare le risorse didattiche
(Klebl, Kramer e Zobel, 2010; Greller, 2005). Infatti, la comunicazione informale che si sviluppa all’interno della comunità unita all’uso di risorse in forma
“pacchettizzata”, e quindi a una granularità sufficiente ad identificare tali risorse come parti riconoscibili di un percorso didattico, fornisce di fatto una
descrizione informale del contesto educativo.
Costruire le comunità di pratica intorno alle risorse
didattiche come oggetti sociali non solo favorisce il
loro riutilizzo, ma consente la condivisione di esperienze didattiche e l’identificazione dei contesti in cui
tali risorse possono essere utilizzate.
Recentemente i progetti OER
basati sulle comunità di prati- 3 Le licenze Creative Commons offrono sei diverse
articolazioni dei diritti d’autore per artisti, giornalisti,
ca stanno ricevendo particoladocenti, istituzioni e, in genere, creatori che
re attenzione da parte di utendesiderino condividere in maniera ampia le proprie
opere secondo il modello “alcuni diritti riservati”. Il
ti e ricercatori del settore (Kurdetentore dei diritti puo’ non autorizzare a priori usi
shan, 2008), ed è in questo
prevalentemente commerciali dell’opera o la
contesto che nel 2008 hanno
creazione di opere derivate; e se sono possibili opere
derivate, puo’ imporre l’obbligo di rilasciarle con la
avuto inizio le attività del prostessa licenza dell’opera originaria. Le combinazioni
getto Tenegen, un progetto TOI
di queste scelte generano le sei licenze CC, disponibili
nato per la valorizzazione e difanche in versione italiana. Creative Commons è
fusione dei risultati di Sloop e
un’organizzazione non-profit, URL:
http://www.creativecommons.it/ (ultima
del progetto Netis (Network for
consultazione giugno 2011).
4
Teaching Information Society . 4 Realizzato dal novembre 2006 al dicembre del 2008,
Obiettivo principale di Teneil progetto Netis aveva l’obiettivo di migliorare le
competenze dei cittadini europei sui concetti base
gen è stato quello di stabilire,
della società dell’informazione attraverso percorsi di
a livello europeo, un ambiente
e-learning incentrati su un approccio costruttivista ,
per docenti e formatori delURL: http://www.ittk.hu/netis/index.html
l’istruzione e formazione pro(ultima consultazione giugno 2011).
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G. Fulantelli, M. Gentile, D. Taibi, M. Allegra
fessionale basato sulle teorie connettiviste (Bessenyei, 2008; Siemens, 2005).
Lo scopo era dimostrare i vantaggi di tale approccio nella definizione di percorsi didattici con gli studenti della Net generation, sperimentando metodologie che andassero oltre l’e-learning basato sull’uso dei Learning Management Systems5.
Al fine di stabilire obiettivi comuni per la rete di docenti coinvolti nel progetto, è stato proposto lo sviluppo di OER come una delle attività principali. Infatti Netis ha fornito le basi sociologiche e pedagogiche per supportare i nuovi paradigmi del connettivismo per l’insegnamento e l’apprendimento nella
Società dell’Informazione; Sloop ha aggiunto a queste un modello metodologico per lo sviluppo cooperativo di OER. Gli obiettivi specifici del progetto Tenegen sono quindi stati:
• elaborare un modello pedagogico di apprendimento in rete basato sul connettivismo, basato su
Netis e Sloop;
• sviluppare un repository on line di Open Learning Object (accessibili attraverso il portale del
progetto);
• sviluppare un ambiente di apprendimento in rete
basato su software LMS open source;
• elaborare e implementare cinque moduli di formazione in tre lingue (ungherese, inglese, turco);
• attivare corsi di formazione pilota per docenti e
formatori;
• validare i risultati in scuole professionali definite,
a livello europeo, come Vocational Education and
Training;
• realizzare attività di disseminazione in Europa, attraverso la partecipazione a conferenze nazionali
e internazionali su tematiche specifiche relative
alla didattica e alla formazione.
docenti e formatori attraverso l’introduzione di
competenze digitali, nuovi linguaggi e strumenti
di comunicazione;
• diffondere la pratica della condivisione e sviluppo
cooperativo di OER secondo il modello OpenLO;
• stimolare il dibattito tra il mondo della scuola e
quello del lavoro sui potenziali benefici del sistema europeo di certificazione delle competenze.
Il progetto ha quindi l’obiettivo di favorire un aggiornamento professionale dei docenti di scuola secondaria e delle università relativamente ai nuovi sistemi educativi basati sulle competenze.
In particolare, il progetto fa riferimento al sistema europeo di qualificazione, o European Qualification Framework (EQF), adottato dal Parlamento Europeo nell’aprile 2008 per stabilire criteri generali per comparare sistemi di qualificazione e certificazione delle
competenze utilizzati nei diversi Paesi europei. In
questo contesto, nella definizione dei percorsi didattici, i docenti devono tener conto dei sistemi di valutazione e dei criteri che sempre più spesso le aziende adottano per selezionare la nuova forza lavoro.
Le attività progettuali includono attività di formazione online sull’EQF e sui sistemi di certificazione
per circa 400 docenti della scuola secondaria italiana, e per 90 tra docenti universitari, della scuola secondaria e professionisti della formazione in
Romania e Slovenia6.
Infine Sloop2desc vuole essere un’occasione per
migliorare i collegamenti tra mondo della scuola
professionale e mondo del lavoro, e per questo motivo sono stati coinvolti tutor aziendali e sono stati
realizzati momenti di incontro (in presenza e online) tra i docenti e i tutor delle aziende.
Il progetto Sloop2desc, che si concluderà a settembre 2011, ha già ottenuto diversi risultati tra i
quali il coinvolgimento di una sempre più ampia
IL PROGETTO SLOOP2DESC:
comunità di docenti e la produzione di oltre 180 riOER E LE COMPETENZE DIGITALI
sorse didattiche aperte liberamente accessibili traIl progetto Sloop2desc, iniziato nel settembre 2009 mite il repository FreeLOms
e ancora in corso, coinvolge partner universitari, (http://freeloms2.pa.itd.cnr.it/xmlui).
centri di ricerca, scuole secondarie e rappresentanti di imprese in Italia, Slovenia, Irlanda e Romania. LE PRIORITÀ UNESCO NEI PROGETTI SLOOP,
Il progetto si propone di diffondere il modello di in- TENEGEN E SLOOP2DESC
tegrazione fra didattica in presenza e didattica in L’approccio seguito nel progetto Sloop, integrato e
rete già sperimentato in Sloop coniugandolo con la sviluppato nei successivi progetti Tenegen e Slotematica della didattica delle competenze ispirata op2desc, come descritto nei paragrafi precedenti,
al Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendi- ha portato ad affrontare le seguenti questioni prioritarie individuate dall’UNESCO sul tema delle OER:
mento permanente
• promozione di una maggior consapevolezza da
I principali obiettivi di Sloop2desc sono:
parte di tutti gli attori coinvolti nel fenomeno cir• migliorare le conoscenze degli insegnanti degli
ca la natura delle OER e in particolare le principaistituti di istruzione e formali conseguenze derivanti dal loro utilizzo su larga
zione sui nuovi sistemi di
5 URL: http://www.tenegen.eu
scala;
qualificazione
e
certificazione
(ultima consultazione giugno 2011).
6 In Italia e in Slovenia, il progetto si focalizza
delle competenze adottate • creazione di comunità di utenti capaci di svilupsull’EUCIP, un sistema per la certificazione delle
pare e condividere OER;
dagli Stati dell’UE;
qualifiche in ambito informatico; in Romania, si
•
sviluppo
di iniziative volte ad assicurare una ele•
aggiornare
e
completare
le
concentra su sistemi di certificazioni nell’ambito della
vata
qualità
delle OER;
competenze
pedagogiche
di
navigazione marittima dell’IMO.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
• sviluppo di politiche di protezione del copyright
e distribuzione delle licenze compatibili con le
imprescindibili caratteristiche di “apertura” delle
OER.
Poiché i tre progetti sono stati sviluppati in differenti nazioni e in differenti fasi di maturazione della visione di OER in Europa e nel mondo, si possono distinguere differenti approcci che i partner dei progetti hanno adottato nell’affrontare le precedenti
priorità.
L’incremento della consapevolezza nell’utilizzo delle
OER è stato un aspetto fondamentale nello sviluppo
dei tre progetti. L’UNESCO evidenzia come per promuovere la crescita del movimento OER sia necessario che tutti gli attori interessati dal fenomeno (i
decisori a tutti i livelli, gli insegnanti, gli accademici, ecc) siano consapevoli dell’impatto che l’utilizzo
delle OER ha nelle attività didattiche. Le strategie
per supportare questa priorità possono essere differenti, tra queste la formazione dei docenti è sicuramente indispensabile e non a caso è stata centrale
nei tre progetti presentati. I corsi sviluppati nell’ambito del progetto Sloop sono stati mirati al coinvolgimento dei docenti, anche in considerazione del fatto che essi hanno un ruolo importante nel processo
di disseminazione e promozione della cultura OER
tra pari. In particolare, inizialmente nel progetto Sloop ed in seguito nel progetto Sloop2desc, sono stati attivati dei percorsi di apprendimento con modalità a cascata, in modo da rendere attivi nella formazione dei formatori coloro che avevano precedentemente partecipato alle attività formative e allo stesso tempo incrementare il numero di docenti coinvolti nella partecipazione dei corsi.
L’obiettivo di aumentare il livello di consapevolezza
nell’utilizzo delle OER è stato perseguito nei tre progetti anche attraverso l’organizzazione di workshop
di diffusione dei risultati indirizzati ai docenti (principali utilizzatori delle OER), agli stakeholders e ai
policy makers (come gli uffici scolastici regionali),
che hanno la capacità di promuovere politiche in
grado di favorire la diffusione della cultura OER. Occorre evidenziare che si è assistito ad un interesse
crescente da parte dei docenti nel corso degli anni
trascorsi dall’inizio del progetto Sloop allo sviluppo
del progetto Sloop2desc. Un esempio tra tutti è l’interesse mostrato dai docenti per il “Corso di formazione online sulla didattica per competenze con sviluppo di risorse didattiche digitali aperte” attivato
nel progetto Sloop2desc, per cui hanno fatto domanda più di 1400 docenti (per ragioni tecnico-organizzative, è stato possibile attivare corsi per 500
docenti).
Lo sviluppo di comunità e networking sui temi delle OER è considerato dall’UNESCO una delle principali priorità. Questo aspetto è stato affrontato all’interno dei tre progetti, che in ragione dei rispettivi
obiettivi hanno coinvolto e interessato differenti de-
stinatari. Il concetto di condivisione e creazione collaborativa delle risorse alla base dei tre progetti, è
servito da catalizzatore per la formazione delle comunità di pratica finalizzate allo sviluppo di archivi
di OER. La possibilità di creare, modificare, adattare secondo le proprie esigenze pedagogiche le risorse didattiche e il concetto di evoluzione collaborativa delle risorse, permettono di interpretare le risorse didattiche come oggetti sociali. I corsi di formazione promossi all’interno dei tre progetti hanno costituito un motore importante per lo sviluppo delle
comunità.
Le attività di formazione per i docenti, oltre a fornire un importante contributo allo sviluppo della consapevolezza delle potenzialità delle OER, ha rappresentato il meccanismo principale per sviluppare le
capacità ritenute essenziali per la creazione e il riuso delle OER. Ciò riflette quanto suggerito dall’UNESCO relativamente alla necessità di sostenere individui e istituzioni interessati alla creazione e al riuso delle OER principalmente fornendo loro gli strumenti base per sviluppare poi, in autonomia, le relative capacità avanzate. Gli approcci seguiti per la
realizzazione dei percorsi di apprendimento sono
stati differenti nei tre progetti, sia per quanto riguarda le metodologie utilizzate che i destinatari coinvolti. Il progetto Sloop ha coinvolto i docenti in percorsi didattici atti a fornire le conoscenze di base,
teoriche e pratiche, necessarie per la creazione e il
riuso delle OER. Il progetto Tenegen ha spostato
l’attenzione verso tecnologie del Web 2.0. Infine, il
progetto Sloop2desc ha lavorato sull’integrazione
tra la produzione di LO, l’uso delle soluzioni Web
2.0 e la didattica basata sulle competenze.
Per quanto riguarda la qualità delle OER prodotte,
Sloop ha abbracciato in toto il modello di qualità sviluppatosi prima con il movimento free/open source,
e successivamente con la filosofia di sviluppo dell’enciclopedia online wikipedia: i contributi di molti
e il controllo della comunità a garanzia della qualità
dei prodotti sviluppati (Giles, 2005; Olleros, 2008).
In Tenegen e in Sloop2desc, pur mantenendo la
stessa impostazione di Sloop, vi è stata una maggiore partecipazione dei tutor, più attivi nell’offrire suggerimenti sui materiali che si producevano; ciò è
stato più evidente in Sloop2desc, grazie al coinvolgimento di tutor aziendali che prevedeva un confronto sui materiali realizzati dai docenti.
Particolarmente interessante appare la relazione
esistente tra il concetto di sostenibilità, quello di
riusabilità e il modello OpenLO. Infatti, sin dal progetto Sloop, la nostra visione di riutilizzo di risorse
didattiche non è basata sulla semplice combinazione di LO, ma abbraccia una concezione pedagogica di riusabilità, in cui un LO può evolvere per
soddisfare specifiche esigenze didattiche e adattarsi ad un nuovo contesto d’uso. Il modello OpenLO,
che consente questo processo iterativo di adatta-
85
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G. Fulantelli, M. Gentile, D. Taibi, M. Allegra
mento delle risorse nel corso del tempo, garantisce
la sostenibilità pedagogica dei LO. Ciò è supportato dall’analisi del ciclo di vita di un OpenLO: il confronto teorico del ciclo di vita di un LO con il ciclo
di vita di un OpenLO mette in evidenza come
quest’ultimo non raggiunga mai l’obsolescenza, dal
momento che un OpenLO nella sua fase matura
può subire diverse fasi di elaborazione che gli consentono di superare i limiti di un LO chiuso (Fulantelli et al., 2008).
Infine, il problema del copyright, e più in generale
delle licenze d’uso associate alle risorse educative
che si vogliono diffondere in maniera open, è ovviamente centrale all’intero modello di OER, dal momento che un contenuto protetto da copyright sarebbe difficilmente riusabile (si pensi alle difficoltà
nell’applicare la legge italiana sul copyright a contenuti digitali) e impossibile da modificare e di conseguenza riusare. Per tale motivo, tutti e tre i progetti hanno posto l’attenzione al problema delle licenze d’uso adottando la filosofia Creative Commons come modello per la diffusione delle risorse.
CONCLUSIONI
Sebbene l’idea che le OER possano diventare una
risorsa strategica per il sistema educativo si stia
diffondendo rapidamente, il loro uso nei sistemi
educativi risulta ancora estremamente limitato
nella maggior parte dei paesi europei.
Le cause di questo fenomeno sono molteplici. Da
un lato vi sono difficoltà dovute all’uso degli strumenti per la produzione dei materiali (in questo, gli
approcci basati sul web 2.0 possono costituire una
soluzione, ma potrebbe anche esserlo la disponibilità di software che consenta di modificare facilmente LO creati secondo lo standard SCORM). Un
altro problema è quello della disponibilità ridotta di
repository di risorse in lingue diverse dall’inglese.
Tuttavia, in base all’esperienza maturata nei progetti descritti in questo articolo, riteniamo che la
maggior criticità sia da cercare in altre ragioni. A
tal fine, illustriamo due situazioni esemplari che
abbiamo osservato al termine dei corsi di formazione per docenti svolti nei tre progetti:
- sebbene il programma dei corsi includesse un
modulo sulle licenze copyleft , ed in particolare
sulle licenze Creative Cormons (CC), la maggior
parte dei docenti ha dimenticato di associare alle risorse da loro pubblicate in FreeLOms la licenza CC, rendendole quindi, di fatto, non riusabili;
- analogamente, i docenti hanno spesso dimenticato di pubblicare, insieme alle risorse, i sorgenti (open) ove disponibili, rendendo così la risorsa
non modificabile e vanificando l’obiettivo di riadattabilità della risorsa per favorirne il riuso.
Queste situazioni sono emblematiche di come i docenti coinvolti nei corsi, nonostante abbiano seguito percorsi formativi in cui hanno appreso tutti gli
strumenti e le linee guida utili alla produzione di
OER, non siano ancora abituati a pensare che ciò
che pubblicano debba poter essere riusato.
Il problema centrale è quindi la mancanza di una
cultura dell’open, che può svilupparsi solamente
attraverso due azioni strategiche complementari:
da un lato, il coinvolgimento di un numero crescente di docenti nella produzione e condivisione
di OER, promuovendo una pratica didattica legata
al mondo dell’open, dall’altro, lo sviluppo di valide
politiche di investimento sulle OER. I Paesi più
avanzati nel settore sono infatti USA e UK, dove
esistono piani nazionali per la diffusione dell’OER;
anche l’India ha recentemente adottato un piano
analogo. Solamente agendo contemporaneamente
a livello di strategie politiche e sulla formazione dei
docenti sarà possibile assistere alla diffusione di
una efficace pratica d’utilizzo delle OER.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
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RISORSE
EDUCATIVE APERTE
E PROFESSIONE DOCENTE
NELL’ERA DELL’ACCESSO
OPEN EDUCATIONAL RESOURCES AND TEACHERS’
PROFESSIONALISM IN THE ERA OF ACCESS
Paolo Tosato, Juliana Raffaghelli | Centro Interateneo per la Ricerca Didattica e la Formazione Avanzata,
Università Ca’ Foscari di Venezia - Parco Scientifico Tecnologico Vega | [ptosato; j.raffaghelli]@unive.it
* Paolo Tosato | Centro Interateneo per la Ricerca Didattica e la Formazione Avanzata
Università Ca’ Foscari di Venezia - Parco Scientifico Tecnologico Vega
Viale delle Industrie 17/a, Edificio Lybra, 30175 Venezia | [email protected]
Sommario L’uso di risorse educative aperte (Open Educational Resources-OER) è stato indicato come una valida strategia per il
rinnovo di modelli educativi centrati sui processi di apprendimento. In effetti, dopo la formalizzazione del concetto, realizzata
dall’UNESCO, sia la sistematizzazione di modelli ed esperienze d’uso che la condivisione di risorse educative aperte sono cresciute in
modo significativo. Tuttavia, questa nuova modalità di interazione richiede nuove competenze sull’uso e condivisione di conoscenza
nel Web. Questo articolo introduce uno studio preliminare sulle conoscenze degli insegnanti riguardo il concetto di OER, all’interno della
propria pratica professionale, nel contesto del progetto OER-UNIVIRTUA, del laboratorio UNIVIRTUAL e-Learning Technologies. L’analisi dei
risultati emergenti crea la base per pensare ad un modello formativo che punti a colmare i gap di competenze degli insegnanti con
riguardo all’implementazione di percorsi di educazione aperta nel contesto di pratica dell’insegnamento secondario.
PAROLE CHIAVE Formazione degli insegnanti, Risorse Educative Aperte, Educazione aperta, Formazione a distanza, E-Learning, Pedagogia.
Abstract The use of Open Educational Resources (OER) has been considered a valid strategy for fostering innovative educational
practices that adopt a learner centered approach. Following the conceptualization of OER proposed by UNESCO, a number of
significant experiences have emerged in the use and sharing of OER. Nevertheless, these new modalities of interaction require new
competences in the use and sharing of knowledge on the web. This paper introduces a preliminary study of teachers’ knowledge
about the OER concept. It was carried out within the OER-Univirtual project, which is promoted by the Univirtual Lab on e-Learning
Technologies. Analysis of results has provided the basis for formulating a training approach designed to foster teachers’
competences regarding the implementation of a new model of open education in secondary school teaching practice.
KEY-WORDS Teacher training, Open Educational Resources, Open education, Distance education, E-learning, Pedagogy.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
BACKGROUND
Learning 2.0: una nuova sfida per gli insegnanti
Le nuove tecnologie dell’e-learning 2.0 puntano alla creazione di un ambiente di apprendimento multimediale e collettivo in cui l’utente ha la possibilità di sfruttare la ricchezza di dati, informazioni,
idee e punti di vista legati alla dimensione interattiva del software sociale per poi rielaborarli attraverso i propri strumenti e le strategie di apprendimento individuali che caratterizzano il cosiddetto
informal learning (Micarelli, 2008).
Questa integrazione fra tecnologie e cambiamenti sociali sta mettendo in discussione le funzioni dell’insegnante tradizionale. Secondo Seely Brown e Adler
(2008) la visione cartesiana della conoscenza e dell’apprendimento è in contrasto con questa nuova visione dell’apprendimento come attività sociale. Tale
prospettiva indica quindi lo spostamento dalla concezione della conoscenza-sostanza che passa da un
individuo all’altro (“Penso, dunque sono”) verso la
conoscenza come costruzione (“Partecipo dunque
sono”) (Seely Brown e Adler, 2008: p. 3).
Questo approccio ai processi di apprendimento pone le basi per una nuova sfida per gli insegnanti,
che debbono governare processi complessi, miranti all’accesso piuttosto che alla trasmissione (Lemke e Von Helden, 2009). Il problema, allora, riguarda proprio la formazione degli insegnanti, i quali sono spesso accusati di mancanza di competenze per
affrontare la complessità sopra descritta (OECD,
2009; Margiotta, 1997).
Per questi motivi, negli ultimi anni sono stati fatti
numerosi sforzi nei confronti della formazione degli
insegnanti, perché diventino professionisti riflessivi
e agenti attivi delle innovazioni didattiche in grado
di aumentare la qualità dell’educazione (Goodson,
2003; Hargreaves, 2003; Darling-Hammond e
Bransford, 2005). Raggiungere questo obiettivo
comporta il pensare a nuovi modelli di formazione
degli insegnanti, puntando con maggior enfasi alle
strategie di auto-apprendimento, all’adattamento e
creazione delle proprie risorse per la didattica (Hargreaves, 2003; Margiotta, 2007). Tale aspetto, come osserveremo nel paragrafo successivo, potrebbe essere giustamente potenziato dallo sviluppo del
Web come piattaforma - Web 2.0, e la conseguente concezione del “Learning 2.0”.
Risorse Educative Aperte:
contenuti per il Learning 2.0
Il movimento chiamato Risorse Educative Aperte,
o Open Educational Resources (OER), può essere
presentato come uno degli effetti più importanti
sull’istruzione derivante dallo sviluppo del Web
(Seely Brown e Adler, 2008). Questo movimento è
iniziato nel 2001 quando due fondazioni private,
“The William and Flora Hewlett Foundation” e “The
Andrew W. Mellon Foundation”, finanziarono l’ini-
ziativa del MIT Open CourseWare (OCW)1. L’ultimo
scenario fornito dall’UNESCO FORUM nel 2002, sull’impatto degli Open Courseware nell’istruzione superiore nei paesi in via di sviluppo, è servito per definire il concetto di OER: «The open provision of
educational resources, enabled by information
and communication technologies, for consultation, use and adaptation by a community of users
for non-commercial purposes» (UNESCO, 2002).
L’idea alla base delle OER è che esistono numerose
risorse che spesso rimangono chiuse all’interno degli ambienti formativi nei quali sono state create, e
che invece potrebbero essere rese liberamente disponibili attraverso la rete, permettendo così a persone che non hanno potuto accedere a un’istruzione superiore, di usufruire di eccezionali opportunità formative.
L’iniziativa del MIT ha convinto un numero sempre
maggiore di istituzioni (come la Open University
UK, la Open University of Netherlands, l’Universitat Oberta de Catalunya, ecc.) ad aderire al movimento, contribuendo con le proprie risorse educative.
Sebbene non siano disponibili dei dati statistici definitivi, nel gennaio 2007 l’OCSE ha rilevato più di
3.000 Open Courseware, offerti da oltre 300 università sparse in tutto il mondo. In banche dati come MERLOT2, Connexions3, OpenLearn4, e altre,
sono disponibili centinaia di migliaia di oggetti digitali che si traducono in migliaia di ore di insegnamento (e quindi di potenziale apprendimento) liberamente disponibili. Anche se la lingua dominante
fino a questo momento è l’inglese, la continua traduzione delle risorse, assieme al crescente numero
di progetti OER in lingua diversa dall’inglese, permette di raggiungere un numero sempre maggiore
di utenti sparsi per il mondo (OECD, 2007: p. 10).
Indipendentemente dal fatto che le istituzioni siano impegnate in progetti inerenti le risorse educative aperte o meno, è chiaro che le OER avranno
un’incidenza sempre maggiore nei curricoli, in pedagogia e nella valutazione delle competenze, ed è
facile ipotizzare che la diffusione di OER faciliterà
in qualche modo anche l’evoluzione della figura
docente, incrementando al contempo i processi di
auto-apprendimento. Dato il crescente interesse
per il tema dell’apprendimento non formale e informale, non è difficile aspettarsi anche un incremento della domanda per la valutazione e il riconoscimento delle competenze acquisite al di fuori delle norma- 1 «Open CourseWare è un termine che indica il
materiale didattico di livello universitario che un
li istituzioni di apprendimento
ateneo pubblica online suddividendolo per corso e
formale (OECD, 2007).
permettendone la libera diffusione» da Wikipedia,
È inoltre chiaro che le OER
URL: http://it.wikipedia.org/wiki/OpenCourseWare
(tutte le URL citate in nota hanno come data di ultima
stanno diventando importanti
consultazione il 30 aprile 2011).
per l’erogazione di open cour2 http://teachereducation.merlot.org/
seware non solo a livello uni- 3 http://cnx.org/
versitario, ma in tutte le istitu- 4 http://openlearn.open.ac.uk/
89
90
P. Tosato, J. Raffaghelli
zioni scolastiche (Van Assche et al., 2009) e che la
professionalità degli insegnanti verrà ampiamente
legata alla capacità di cercare, usare, gestire, generare e condividere tali risorse. Diventa quindi importante chiedersi come utilizzano i contenuti aperti le diverse comunità di utenti. Quali sono i modelli di consumo che preferiscono? E ancora, pensando agli insegnanti della scuola secondaria, gli insegnanti usano contenuti digitali? Cosa motiva l’insegnante a scaricare tali contenuti? Li condivide con
altri o semplicemente li usa per tenersi informato?
E, più importante di tutto, come mantenere l’interesse e la motivazione su alcune risorse per favorirne la produzione e la condivisione?
Queste domande rilevano solo una parte del problema. Come già evidenziato è necessario chiedersi
come classificare le risorse, non solo per facilitarne
la ricerca e l’accesso, ma anche per consentire agli
utenti di raggiungere particolari reti sociali che permetteranno loro di partecipare ad ulteriori processi
costruttivi e di condivisione delle risorse.
Infine, ma non per questo meno importante, c’è il
problema del riconoscimento dell’apprendimento:
in che misura è possibile analizzare e riconoscere
l’apprendimento informale che avviene attraverso
l’interazione con i contenuti e con i pari?
Da queste domande emergono aspetti relativi alla
strutturazione di un modello formativo, che richiede l’integrazione fra diversi ambienti di apprendimento che erogano contenuti di tipo diverso.
VERSO LA COSTITUZIONE DI UN MODELLO
FORMATIVO DEGLI INSEGNANTI
Il caso OER-UNIVIRTUAL
Il background descritto nel paragrafo precedente,
assieme al focus di ricerca e
sviluppo del Centro Interate5 http://www.univirtual.it/drupal/it/node/167
neo per la Ricerca Didattica e
(ultima consultazione giugno 2011).
la Formazione Avanzata (CIR6 Le quattro fasi del “Quadrifoglio” corrispondono agli
DFA) sulla formazione iniziale
step necessari alla progettazione didattica e sono
rappresentate da sequenze ILVP: Informazione,
e continua degli insegnanti,
Laboratorio, Verifica, Personalizzazione.
sono le basi per la realizzazio7 A questo proposito viene studiata una piattaforma che
ne del progetto Open Educaconsenta l’interoperabilità fra LMS e database di
contenuti digitali metadatati (DSpace, in questo caso).
tional Resources Univirtual
Being
Updated
Being
Connected
Remix
Open
Educational
Resources
Being
Informed
Use
Create
Share
Becoming
Author
Educational
needs
Figura 1. Il modello formativo OER-Univirtual (Raffaghelli e Tosato, 2010).
Flexible
Learning
Environments
(Raffaghelli e Tosato, 2010)5, che costituisce il
contesto per lo studio preliminare presentato in
questo articolo. Il progetto ha come obiettivo quello di introdurre un nuovo approccio alla formazione
degli insegnanti, intrecciando l’efficacia delle OER
con ambienti flessibili di apprendimento.
Partendo dalla base di ricerca e formazione costituita dal modello “Quadrifoglio”6 (Margiotta, 2006),
utilizzato in processi di instructional design all’interno della formazione iniziale e continua degli insegnanti, si è puntato, in una fase iniziale, a comprendere il modo in cui tale progetto poteva essere integrato con la prospettiva OER. Il modello Quadrifoglio
cerca di coniugare la teoria del costruttivismo socioculturale e la psicologia culturale di Bruner con gli
sviluppi e teorie della ricerca sull’e-learning. Per esso, infatti, la conoscenza assume carattere situato e
distribuito e si realizza attraverso la collaborazione e
la negoziazione dei significati in ambienti virtuali di
apprendimento collettivi e personalizzati (Margiotta,
2006). Dinnanzi a questo modello, la sfida sarebbe
stata quella di orientarsi verso una strategia aperta
che riuscisse ad offrire una maggior libertà di scelta
e di organizzazione dei contenuti, integrando al presente modello, le prospettive dei social media e del
contenuto aperto. Pertanto il modello formativo
OER-UNIVIRTUAL si costituisce come possibilità di
strutturare i propri percorsi formativi attraverso la
scelta e la condivisione di OER e l’interazione con
ambienti di apprendimento virtuali, i quali vengono
di volta in volta proposti ai possibili discenti in base
alle loro necessità e allo scambio di informazioni con
altri utenti del sistema.7 Il modello OER-UNIVIRTUAL,
quindi, mira ad attivare la consapevolezza nell’insegnante/formatore dei cicli di vita del contenuto URCS
(Use-Remix-Create-Share, ossia Uso-IntegrazioneCreazione-Condivisione), dove egli può partire da un
livello più passivo di esplorazione/riconoscimento
del contenuto, per arrivare alla creazione di nuovo
contenuto che potrà essere utilizzato da altri formatori. Ad ogni fase, il docente sviluppa strategie metacognitive e riflessive che gli consentono un deuteroapprendimento mirato ad alimentare, come indicato, cicli URCS. Ogni ciclo URCS integra in sé le fasi ILVP del modello Quadrifoglio.
I livelli di formazione proposti sono pertanto determinati dall’interazione con il contenuto e con altri
utenti, in sistemi di attività svolte attorno a tale
contenuto. Tali livelli sono stati così definiti: Being
Informed, Being Updated, Being Connected, Becoming Author, con il tentativo di generare un progressivo sviluppo dei contenuti a partire dalle risorse iniziali, all’interno dello stesso processo formativo.
Come evidenziato nella figura 1, il modello si basa
sull’integrazione tra una piattaforma di OER e ambienti flessibili di apprendimento.
I motivi per cui gli utenti (i formatori) scaricano
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
una risorsa: per informarsi su una nuova tematica
(Being Informed), o per approfondire una tematica che già conoscono nel proprio ambito di pratica
professionale (Being Updated), o per collaborare
con altri in un percorso di apprendimento/lavoro
(Being Connected), o per progettazione/ricerca didattica e formativa (Becoming Author). In ogni caso, il fine ultimo del modello è quello di trasformare il formatore da semplice utilizzatore a creatore
di risorse, sviluppando quelle competenze utili sia
per il Web editing, sia per la descrizione (metadatazione) dei propri contenuti.
I risultati di apprendimento raggiunti da tali attività dovrebbero in seguito essere riconosciuti in diversi livelli di certificazione universitaria.
Come detto in precedenza, si mira a sviluppare la
consapevolezza su quel ciclo URCS, che diventa
cruciale nella professionalità docente con un conseguente impatto nell’istruzione secondaria superiore in chiave “2.0”.
Questo continuo passaggio dall’informale (piattaforma OER) al formale (ambienti di apprendimento flessibili) è la chiave del modello OER-Univirtual
per motivare gli insegnanti all’utilizzo delle risorse
educative aperte e per sviluppare in loro quelle
competenze che sono ormai fondamentali per gestire le nuove sfide della società della conoscenza.
Attraverso lo sviluppo del modello formativo e l’implementazione di una piattaforma ad hoc, atta a
sostenere e validare il modello, il progetto OERUNIVIRTUAL mira a studiare i processi di sviluppo
professionale innescati attraverso l’uso di OER e
l’impatto di tali processi sulla didattica degli insegnanti coinvolti.
Sulla base della Teoria dell’Attività di terza generazione (Engeström, 1991), viene considerata l’importanza dei sistemi di attività in contesti scolastici e formativi, delle comunità degli insegnanti, delle interrelazioni e dei sistemi di valori deontologici,
al fine di attivare cicli URCS. Viene anche considerato il loro impatto nella generazione di cicli di apprendimento espansivo (Engeström, 1991; 2001)
come forme di innovazione didattica e cambiamento nelle concezioni degli insegnanti.
Il progetto di ricerca si fonda sulla classificazione
di OER e sul learning design di ambienti virtuali di
apprendimento per lo sviluppo della professionalità degli insegnanti.
Approccio metodologico
Nel contesto sopra descritto si colloca la ricerca
preliminare attivata con lo scopo di rilevare le conoscenze e concezioni degli insegnanti in merito al
concetto di OER e alle relative pratiche professionali.
L’obiettivo dello studio è stato quello di creare una
prima linea di base per un piccolo gruppo di docenti che parteciperanno, successivamente, alle
fasi di testing e allo studio dei processi di attivazione e mediazione della propria pratica professionale in seguito all’uso di OER.
L’approccio metodologico si basa su una filosofia
che considera il processo di ricerca integrato con le
pratiche educative. I ricercatori sono quindi impegnati in un processo di generazione di nuove pratiche volte a migliorare la vita dei gruppi sociali partecipanti.
I dati emergenti da queste pratiche hanno bisogno
di metodi flessibili per poter essere adeguatamente trattati, raccogliendo e analizzando sia dati
quantitativi che qualitativi, in linea con la prospettive dei Mixed Methods (Cresswell, 2004; Creswell e Garrett, 2008).
Gli elementi chiave della strategia sopra menzionata saranno:
1. La ricerca-partecipata al learning design e al
processo formativo, analizzando le fasi di sviluppo delle piattaforme OER-Univirtual, con
particolare attenzione alle attività di metadatazione e al learning design.
2. L’analisi dell’uso di OER e della loro efficacia
come approccio formativo, analizzando, in particolare:
a. i profili di utilizzo delle risorse, attraverso
analisi dei log nelle piattaforme preposte,
sondaggi online, interviste e focus group;
b. le interazioni tra gli utenti e i contenuti all’interno di comunità di apprendimento (analisi
del discorso e analisi del contenuto);
c. le strategie di metadatazione e i risultati dell’apprendimento, attraverso interviste, forum
di discussione e analisi delle produzioni degli
insegnanti;
d. la soddisfazione degli utenti all’interno del
contesto di sviluppo professionale.
3. Lo studio dell’efficacia dell’architettura del sistema e delle piattaforme Web, considerando
tutti gli aggiustamenti tecnici effettuati al fine di
sostenere il progetto formativo OER-UNIVIRTUAL.
In questo articolo vengono presentati i risultati di
un sondaggio per costituire una linea di base all’esplorazione di credenze e conoscenze messe in
atto in sistemi di attività volti all’innovazione didattica. Si tratta quindi dei risultati parziali della fase
2a, che di certo non pretendono di essere predittivi di un comportamento nei confronti dell’insegnamento tramite OER, ma che introduciamo per l’interesse degli stessi con riguardo alla discussione
sulla prospettiva OER nella formazione degli insegnanti. Inoltre, data la dimensione del campione
utilizzato, i risultati riportati in questo articolo sono specifici del campione preso in esame e non
possono essere generalizzati all’intera popolazione
degli insegnanti, generalizzazione che richiederebbe un’analisi più approfondita dei diversi fattori in
gioco.
91
92
P. Tosato, J. Raffaghelli
L’USO DI OER DA PARTE DEGLI INSEGNANTI
DELLA SCUOLA SECONDARIA
Considerando il background e l’inquadramento progettuale suindicati, ai docenti è stato somministrato
un questionario volto a esplorare le seguenti aree:
1. Un’introduzione del gruppo partecipante, per caratterizzare il profilo degli insegnanti coinvolti in
modo volontario in questa ricerca e per contestualizzare l’interpretazione dei dati.
2. Un’area dedicata a esplorare le concezioni degli
insegnanti riguardo le OER come strumento dentro l’attività professionale. Tale area mira a comprendere come si posizionano gli insegnanti in
questo ambito emergente: come innovatori, partecipanti aggiornati, partecipanti che seguono
un trend confermato, o come “laggards”.8 Tale
sezione riporta anche dati relativi all’opinione
degli insegnanti in merito all’uso e alla condivisione di OER.
3. Infine, un’area dedicata a capire le pratiche specifiche sul circolo URCS-OER, nonché le pratiche
associate, che include le categorie Modalità di
scambio delle risorse, Tipologia di risorse usate
e create.
Gruppo partecipante
Lo studio è stato realizzato sulla base della partecipazione volontaria di un gruppo di 32 insegnanti di
scuola secondaria della provincia di Treviso, regione Veneto, con i quali si collaborerà in una fase di
ulteriore testing. Il metodo di somministrazione è
stato costituito da un momento di informazione sul
proposito della ricerca e dalla compilazione di un
breve questionario online anonimo costituito quasi
interamente da domande a risposta chiusa.
Nel complesso, il gruppo mostra le caratteristiche
medie degli insegnanti della suddetta regione, con
un’età media di 46 anni (con deviazione standard
di 8 punti), e un numero leggermente più alto di
femmine (56%) che di maschi (44%). Per la lettura e interpretazione dei dati, è importante ricordare
che la composizione per discipline, invece, si presenta con una prevalenza di insegnanti di materie
scientifiche (chimica, fisica, matematica, informatica, ecc., pari al 69%) rispetto a quelli di area linguistica (lettere e lingue straniere, pari al 22%) e
a quelli di area filosofico-pedagogico e sociale (filosofia, pedagogia, psicologia, ecc., il 9%).
Concezioni degli insegnanti sul concetto di OER
In questa sezione è stato chiesto agli insegnanti di
definire, in modo interamente
autonomo, che cosa sia una
8 Abbiamo considerato in questo caso la
risorsa educativa aperta e
caratterizzazione di Moore (1995) sul ciclo di adozione
delle tecnologie: Innovators, Early Adopters, Early
quali siano le sue caratteristiMajority, Late Majority, Laggards. I “laggards”
che.
(letteralmente “pigri, ritardatari”) sono utenti che
Dalle risposte fornite (Tabella
sono rimasti indietro, non inclusi in un fenomeno di
1), risulta interessante ossercambiamento ormai assodato.
vare quanto la caratterizzazione della condizione
“aperta” per una risorsa sia maggiormente legata
alla possibilità di interagire attivamente con il contenuto (69%). Tuttavia, l’alta percentuale di risposte per il libero scaricamento e la gratuità (rispettivamente, 56% e 41%), fa pensare alla concezione
prevalente, legata all’attività di uso, e a un minore
coinvolgimento nelle attività di integrazione e creazione. Interessanti, inoltre, sia il cospicuo gruppo di
docenti (43%) che considera le reti sociali un mezzo per condividere le risorse, sia la coerenza etica e
deontologica mostrata dai pochi (19%) che hanno
scelto l’opzione di non considerazione del copyright. Tale dato, invece, può essere interpretato (in
consonanza con i dati che esamineremo più tardi)
come un crescente interesse da parte degli insegnanti nei confronti dei social network, e come la
presenza di docenti orientati a seguire trend di innovazione educativa, dove le reti sociali vengono
considerate ambienti che stimolano modi non tradizionali di apprendimento e che possono essere
proficuamente collegati all’attività professionale.
Secondo te, una risposta in rete è “aperta” quando
Risposta
Conta Percentuale
È gratuita
13
40,62%
Puoi scaricarla liberamente
18
56,25%
Puoi usarle senza considerare il copyright
6
18,75%
Puoi condividerla attraverso reti sociali
14
43,75%
Puoi modificarla e riutilizzarla liberamente 22
68,75%
Altro
0
0,00%
Tabella 1. Definizione di OER (era consentita più di una risposta).
Inoltre, si è chiesto agli insegnanti quale opinione
abbiano sul processo di condivisione e creazione di
risorse. Le risposte ottenute sono convergenti con
quanto ipotizzato precedentemente, e cioè:
1. L’importanza di criteri di economicità e fruibilità
(uso delle risorse altrui), con un 78% di casi
d’accordo con l’affermazione «Condividere risorse permette di risparmiare tempo e denaro»; e
un 56% «Condividere risorse aiuta la progettazione e la pianificazione delle mie risorse».
2. La fiducia e il posizionamento etico, con un buon
56% d’accordo con l’affermazione «Credo nell’educazione aperta», e il 44% «Sarei contento
se qualcuno scaricasse e riadattasse le mie risorse». Tuttavia, a questo entusiasmo si associa un
posizionamento più cauto, con soltanto un 28%
che pensa che la condivisione abbia qualche impatto professionale (Condividere risorse migliora
la mia reputazione di insegnante/formatore/ricercatore nell’ambito delle scienze dell’educazione).
3. Un criterio pratico, per il quale vi sono già primi
elementi di condivisione all’interno della propria
istituzione didattica, con un 44% di docenti che
indicano «Le mie risorse vengono già condivise
all’interno del mio istituto».
93
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
4. Rilevante anche la mancanza di risposte negative, a indicare una crescente convinzione in
merito all’uso di OER. Nessun insegnante (0%)
ha risposto alle opzioni: «Non voglio dare ai
miei colleghi il vantaggio di utilizzare le mie risorse», «Non vorrei che altre persone si scambiassero le mie risorse», «Non ho nessun supporto per rendere le mie risorse liberamente disponibili».
Per quanto riguarda l’uso di risorse create da altri,
si osserva la coerenza con le precedenti risposte,
soprattutto per quanto riguarda la motivazione
economica (78%). Minore la fiducia espressa nella qualità delle risorse che non sono proprie «Ho fiducia che i miei colleghi non facciano errori nella
creazione delle loro risorse» (35%).
Questi dati indicano un trend positivo verso l’adozione di contenuto digitale, con un certo livello di
convinzione sui presupposti alla base del Learning
2.0 (maggior attenzione per l’apprendimento sociale e l’uso di software sociale, apprendimento attraverso le conversazioni sui contenuti, valorizzazione di modalità di apprendimento situato e informale, basate sulla partecipazione, la collaborazione/cooperazione e lo scambio di informazioni tra
pari, ecc.). Tuttavia restano in piedi alcuni elementi che consentono di pensare al momento di transizione con concezioni più legate alle modalità tradizionali di uso delle risorse.
Pratiche degli insegnanti riguardo l’uso,
l’integrazione, la creazione e condivisione di OER
Quando si domanda agli insegnanti se rendono liberamente disponibili i materiali che producono per
le proprie attività di insegnamento/formazione/ricerca, essi rispondono con una percentuale
dell’84% in modo positivo, indicando di rendere disponibili le proprie risorse sia ai propri colleghi
(65%) sia ai propri discenti (53%). Minore risulta il
numero di risorse rese disponibili a chiunque le desideri al di fuori del proprio istituto (40% dei casi).
Considerando invece le modalità di scambio e condivisione delle risorse, emerge molto chiaramente
come le modalità di condivisione siano piuttosto
legate al Web 1.0 o alla carta e quindi, se vi è
creazione, non vi è una condivisione aperta delle
risorse. Il concetto di risorse educative aperte è
probabilmente inesistente, o poco maturo nella
pratica dei docenti.
Infatti, un buon 40% degli insegnanti scambia ancora i propri materiali in modalità cartacea, e soltanto un terzo li scambia per e-mail o attraverso il
Web in generale (questo fa supporre si tratti, in
quest’ultimo caso, di mero scaricamento). Un basso numero di docenti adottano piattaforme (11%)
o strumenti del Web 2.0 (7,4%, indicato dagli insegnanti come blog, Skype e Facebook). La tabella 2 riassume questi dati.
Modalità di scambio nelle risorse
Web 2.0
Email
Uso di piattaforme LMS
Uso del Web in generale
Uso di Intranet Scuola
Uso di Flash-Memory (chiavetta)
Cartaceo
Consegna personalizzata
n.
2
10
3
9
3
4
11
7
% (su 27 risposte)
7,40
37,00
11,10
33,30
11,10
14,80
40,70
7,40
Tabella 2. Modalità di condivisione OER (era consentita più di una risposta).
Si pongono infine le domande “Crei risorse” e “Usi
risorse”, chiedendo agli insegnanti di specificare le
tipologie di risorse usate e create, e la volontà di imparare nell’ambito delle diverse categorie offerte.
La tabella 3 e la figura 2 presentano il tipo di risorse usate, mentre la tabella 4 e la figura 3 mostrano la tipologia di risorse create e l’interesse a formarsi sul come creare le risorse.
I risultati, estremamente interessanti, rinforzano le
interpretazioni finora realizzate con riguardo al profilo degli insegnanti e il momento di transizione.
Tipologie di risorse usate
SI
N.
8
4
3
4
23
28
17
21
9
10
Pagine Web
Animazioni
Videoclip
Podcast/audiofile
Powerpoint o altri tipi di presentazioni
Documenti Word
Esercizi su foglio elettronico
Questionari
Fotografie
Disegni/immagini
NO
%
25,00
12,50
9,38
12,50
71,88
87,50
53,13
65,63
28,13
31,25
N.
24
28
29
28
9
4
15
11
23
22
%
75,00
87,50
90,63
87,50
28,13
12,50
46,88
34,38
71,88
68,75
Tabella 3. Tipo di risorse usate (era consentito scegliere più di una tipologia).
22
Disegni / immagini
23
Fotografie
11
Questionari
15
Esercizi su foglio elettronico
4
Documenti Word
NO
9
Powerpoint o altri tipi di presentazioni
Si
28
Podcast / audio files
29
Video clips
28
Animazioni
24
Pagine web
0
Figura 2. Tipo di risorse usate.
5
10
15
20
25
30
94
P. Tosato, J. Raffaghelli
In figura 2 si osserva il maggiore uso e condivisione di Documenti e Presentazioni (entrambi contenuto digitale fortemente caratterizzato dalle logiche
Web 1.0), e in minor grado, l’uso di video, animazioni, disegni e immagini, ecc., che contraddistinguono il Web 2.0.
Tipologie di risorse usate
SI
N.
13
3
3
4
28
32
24
24
17
17
Pagine Web
Animazioni
Videoclip
Podcast/audiofile
Powerpoint o altri tipi di presentazioni
Documenti Word
Esercizi su foglio elettronico
Questionari
Fotografie
Disegni/immagini
NO
%
40,63
9,38
9,38
12,50
87,50
100,00
75,00
75,00
53,13
53,13
N.
8
14
17
19
3
0
5
5
14
11
Vorrei imparare
%
25,00
43,75
53,13
59,38
9,38
0,00
15,63
15,63
43,75
34,38
N.
11
15
12
9
1
0
3
3
1
4
%
34,38
46,88
37,50
28,13
3,13
0,00
9,38
9,38
3,13
12,50
Tabella 4. Tipo di risorse create.
Disegni / immagini
17
Fotografie
17
Questionari
24
Esercizi su foglio elettronico
24
Documenti Word
32
Powerpoint o altri tipi di presentazioni
Vorrei imparare
NO
28
Si
Podcast / audio files
4
Video clips
3
Animazioni
3
Pagine web
13
0
5
10
15
20
25
30
35
Figura 3. Tipo di risorse create.
Coerentemente con quanto detto sull’uso di risorse
educative, si osserva che la creazione è ugualmente distribuita, con un 87% che crea Presentazioni e
un 100% che crea documenti Word, e soltanto un
3% che crea Videoclip, 4% Podcast, 13% pagine
Web e 17% Fotografie. Da segnalare tuttavia un
certo interesse per colmare questi gap di competenze, in relazione all’interesse di apprendere come
generare Animazioni (46%), Videoclip (37%) e pagine Web (34%); minore il gruppo che afferma di
essere interessato alla creazione di Podcast/audiofile (28%), e molto esiguo il gruppo interessato al
trattamento delle immagini.
Come possiamo osservare attraverso questi ultimi
dati, l’uso di OER dipende in modo profondo dalle
competenze stesse degli insegnanti, che, in vista di
uno scenario sempre più ricco di risorse presenti
nella rete, riconoscono le proprie difficoltà per poterle raggiungere.
CONCLUSIONI
Uso di OER nella scuola:
un momento di transizione
Il progetto OER-UNIVIRTUAL fonda le proprie radici
nella consapevolezza di uno scenario mutato per la
pratica professionale del docente, dove lo sviluppo
del Web 2.0 ha portato alla creazione di un vasto
numero di risorse, sia attraverso attività di formazione degli insegnanti e formazione superiore in generale, sia attraverso pratiche reali al fine di sostenere le attività didattiche. Partendo da una collezione di risorse già presenti all’interno della banca dati del CIRFDA, e in linea con la filosofia di una formazione aperta, la metodologia introdotta nel modello formativo OER-UNIVIRTUAL vuole essere in
grado di stimolare il ciclo Use-Remix-Create-Share di OER.
La difficoltà principale osservata attraverso quest’indagine preliminare non è quella di attivare questo ciclo, ma di generare consapevolezza mirante
alla continuità e motivazione nella condivisione di
risorse digitali, allargando gli orizzonti dell’educazione aperta all’interno della pratica degli insegnanti, come parte di una nuova sfida professionale. In
effetti, sebbene i risultati ottenuti non siano generalizzabili all’intera popolazione degli insegnanti,
molti degli utenti coinvolti nell’indagine pensano
ancora alle risorse con la mentalità di semplici utilizzatori, in cui l’autore-produttore presenta un profilo nettamente separato da quello del lettore-consumatore.
Ciò che intendiamo sottolineare è che il paradigma
dell’educazione aperta potrebbe fallire se non si ponesse la giusta attenzione sulle attività degli utenti
e sulle competenze necessarie per condividere i
materiali. Inoltre, risulta di primaria importanza attivare percorsi formativi dei docenti che abbiano
come obiettivo fare acquisire una competenza specifica per la generazione e condivisione dei frutti del
proprio lavoro in comunità di pratica allargate. In
effetti, come è stato sottolineato dall’Unione Europea (2000; 2007), una delle competenze essenziali del docente è sapere come collaborare e confrontarsi con il mondo oltre la scuola, in reti che attraversano i confini dello spazio aula. Le OER formano, certamente, parte di tale universo in continua espansione.
Implementare un modello formativo
basato sull’uso di OER
Formare gli insegnanti a lavorare attraverso un processo di continua attivazione riflessiva sul ciclo
URCS potrebbe rappresentare una buona strategia
per raggiungere il paradigma dell’educazione aperta, in quanto consente di attivare la componente di
ricerca e riflessività sottolineata nella letteratura
sullo sviluppo professionale dell’insegnante (Goodson, 2003; Darling-Hammond e Bransford, 2005).
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
Questo pone in rilievo un primo aspetto per la ricerca sui processi efficaci di formazione docente in relazione all’implementazione di modelli formativi
aperti, e cioè, la centralità delle operazioni di learning design, cioè la progettazione degli ambienti e
risorse per l’apprendimento, dove il docente non
deve essere un tecnico, ma un esperto che esplora
e costruisce i propri contesti di interazione e facilitazione dei processi formativi “learner-centered”
(Seale et al., 2007).
Vale la pena ricordare che chi insegna investe qualcosa di se stesso, e che le risorse prodotte includono
le credenze riguardo a ciò che costituisce l’apprendi-
mento efficace (Dumont e Istance, 2010). Molte delle tensioni sull’uso e riutilizzo di risorse educative potrebbero essere la conseguenza dell’aver ignorato tale tipo di coinvolgimento soggettivo, che potrebbe
rendere ulteriormente significativo il processo di apprendimento in contesto. La costellazione di percezioni e credenze degli insegnanti, ancora una volta,
risulta essenziale per capire le direzioni che prenderanno la ricerca e le applicazioni del concetto d’uso
di OER nella formazione e professione docente. I dispositivi formativi che verranno proposti dovranno incidere, gradualmente, su tali costellazioni: tale è lo
scopo del modello OER-UNIVIRTUAL.
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95
96
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FEDERICA:
LA VIA ITALIANA
ALLE RISORSE
EDUCATIVE APERTE
FEDERICA: THE ITALIAN WAY
TO OPEN EDUCATIONAL RESOURCES
Rosanna De Rosa | Dipartimento di Sociologia Gino Germani
Università degli Studi di Napoli Federico II | [email protected]
Monica Zuccarini | “Federica web learning”
Università degli Studi di Napoli Federico II | [email protected]
* Rosanna De Rosa | Direttore tecnico-scientifico del progetto Federica, Università degli Studi di Napoli Federico II,
Dipartimento di Sociologia Gino Germani |Vico Monte di Pietà 1, 80100 Napoli | [email protected]
Sommario Le università stanno recuperando terreno sul piano dell’innovazione tecnologica e didattica. Esse hanno iniziato ad
offrire servizi a valore aggiunto, di alta formazione e di professionalizzazione, destinati a rispondere ad una domanda di formazione
continua che proviene dalla società e dal mercato.
Partendo da una panoramica sulle risorse educative aperte (Open Educational Resources-OER), questo articolo presenta
l’esperienza italiana di “Federica”, la piattaforma web learning dell’Università di Napoli Federico II, un progetto open access nato
nell’ambito di una università pubblica del Mezzogiorno che intende promuovere una nuova cultura, una cultura-ponte fra la
printing literacy e la digital culture. Attraverso un’analisi delle potenzialità dell’open education e dei fattori di successo
dell’esperienza “Federica”, l’articolo spiega i limiti e le opportunità che questa strada traccia per le università.
PAROLE CHIAVE Federica, Accesso aperto, Pubblicazioni accademiche, Diritti d’autore, Risorse Educative Aperte.
Abstract Universities have been gaining ground in terms of technological and pedagogic innovation. They are now offering
additional services in the form of further education and career training designed to respond to society and market demand for
continuous education.
Starting from a scenario analysis of Open Educational Resources, this article presents the experience of “Federica”, the web
learning platform of the University of Naples Federico II. As an open access platform set up by a public university in the south of
Italy, Federica is aimed at creating a new culture bridging print literacy and digital culture.
Through a description of the potential of open educational resources and the success factors of the Federica experience, this
article reveals the limitations and opportunities that this path traces for universities.
KEY-WORDS Federica, Open access, Academic publishing, Copyright, Open Educational Resources (OER).
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
Le istituzioni della cultura sono in grande fermento.
Sono chiamate a svolgere la loro antica missione in
un contesto profondamente cambiato che induce alla ricerca di nuovi modelli di sostenibilità economica ed alla sperimentazione di politiche educative più
efficaci. In particolare, le università stanno recuperando terreno sul piano dell’innovazione tecnologica
e didattica dove, pare, si debba giocare la partita più
importante, quella per la competitività sullo scenario internazionale. Accanto ai servizi rivolti ai tradizionali bacini d’utenza, esse hanno iniziato ad offrire così servizi a valore aggiunto, di alta formazione
e di professionalizzazione, destinati a rispondere ad
una domanda di formazione continua che proviene
dalla società e dal mercato. Le università si stanno
progressivamente trasformando in istituzioni permeabili, attraversate da più intensi processi di
osmosi con il territorio ed il contesto politico e sociale. Esse sono oggi in grado sia di intercettare politiche di sviluppo esistenti sia di innescarne di inedite.
L’Academic Ranking of World Universities1 delinea
ogni anno uno scenario in movimento, con poche
variazioni al top della classifica - dove i primi posti
sono stabilmente presidiati dalle più note università
americane, con Harvard in testa - ma con una mobilità interna maggiore sul piano nazionale e regionale, dove, chiaramente, la competitività è rapportata a conseguenze più tangibili.
Le nuove tecnologie rappresentano senz’altro un
volano formidabile di innovazione, una leva strategica per la comunicazione istituzionale ed il marketing territoriale delle università, ma costituiscono
anche il contesto d’azione nel quale vanno ad inserirsi le più diverse iniziative di sperimentazione didattica, di condivisione di risorse, di networking
della ricerca, con ricadute importanti sia in termini
di immagine che di performance. Per fare un esempio, con l’iniziativa OpenCourseware il MIT ha guadagnato posizioni importanti nella classifica dell’Academic Ranking of World University attestandosi fra le prime cinque università più apprezzate al
mondo, assieme ad Harvard, Berkeley, Stanford e
Cambridge. È chiaro, dunque, come l’apertura dei
giacimenti culturali delle università, la messa in rete di archivi gestiti dalle biblioteche accedemiche e
degli enti di ricerca, e l’adozione dell’open access
su più ampia scala, costituiscano parte integrante
di una strategia volta alla conquista di una nuova
centralità per le istituzioni universitarie in un contesto in cui sono richieste più complesse capacità di
governance delle dinamiche istituzionali.
L’adesione al manifesto delle Open Educational Resources (OER) va, quindi, considerata anche in ragione di questi aspetti; aspetti particolarmente sensibili in Italia dove il sistema universitario, da alme-
no dieci anni, è chiamato a continue torsioni ed
adattamenti. Il processo di Bologna, le politiche di
riforma e di valutazione della didattica e della ricerca, la pressione esercitata dagli studenti per una
università più inclusiva, aperta, attenta alle problematiche di inserimento nel mercato del lavoro e di
formazione post universitaria, costituiscono il quadro entro il quale può essere ricondotta anche
l’esperienza dell’Università di Napoli Federico II,
con la sua piattaforma di web learning “Federica”2.
Fattori determinanti certo, ma che non esauriscono
il campo di interesse del progetto. Il team di lavoro
di “Federica” ha infatti maturato una particolare attenzione a quanto sta accadendo sul piano della ricerca universitaria nell’ambito di quei movimenti di
lunga data che, partendo dalle biblioteche, sono arrivati a rivoluzionare i modelli di business dell’academic publishing (Calise e De Rosa, 2008).
Su questo aspetto occorre rilevare che, nel corso
degli ultimi vent’anni, il mondo accademico si è
spaccato fra bisogno di garantire l’autorevolezza dei
processi di produzione scientifica - tradizionalmente basati sui sistemi strutturati di peer-reviewing e bisogno di arginare i processi di commodification
della ricerca agevolando la diffusione della conoscenza a livello mondiale (May, 2005). Questa problematica ha trovato una prima risposta nel self-archiving dei contenuti digitali. In Europa tali iniziative godono oggi di grande considerazione: sono considerate, infatti, come la necessaria risposta alla
cronica mancanza di risorse destinate alla ricerca
ed un modo per ridisegnare le funzioni delle comunità accademiche attraverso l’open access. Si tratta dunque di uno spazio ampio, dai confini non definiti, che tende ad includere iniziative molto diverse sotto la stessa insegna e che, a partire dagli Institutional Repository (IR) e dagli Open Archive
(OA), si è progressivamente arricchito di nuove iniziative fino ad includere le
OER e i progetti di OpenData.
In questo contesto, l’open ac- 1 http://www.arwu.org/
(ultima consultazione giugno 2011).
cess si rivela come l’estrema
2 Federica è la principale componente del progetto
ratio a difesa della cittadella
Campus Virtuale, finanziato su fondi FESR 2007della cultura contro il monopo2013 dalla Regione Campania. L’infrastruttura
tecnologica è gestita dal Centro Servizi Informativi
lio e la concentrazione delle ri(CSI), mentre la direzione scientifica è del prof.
sorse scientifiche; queste ultiMauro Calise. Al progetto collabora un team di
me sono nelle mani di pochi
giovani sociologi ed esperti di media, fra i quali
grandi aggregatori (Reed ElseMonica Zuccarini, per la direzione courseware, e
Tania Melchionna, per la comunicazione istituzionale.
vier, EBSCO, Bell & Howell e
Agli sforzi di Claudio Simeone e di Pasquale Popolizio
Thomson), che rivendono alle
si deve lo sviluppo di una piattaforma ampiamente
biblioteche i materiali di riceraccessibile, a Enza Nigro il design dell’interfaccia. Si
coglie l’occasione per ringraziare tutti, in particolare
ca prodotti dalle stesse comucoloro che silenziosamente hanno fatto del progetto
nità scientifiche (Calise e De
un punto di vanto dell’università italiana. Federica è
Rosa, 2010). Con la riduzione
visibile all’indirizzo URL: http://www.federica.unina.it
delle risorse finanziarie a di(ultima consultazione giugno 2011).
97
98
R. De Rosa, M. Zuccarini
3
4
5
6
7
sposizione di università e biblioteche e con la crescita esponenziale dei costi di accesso alle banche dati (fenomeno noto come serial crisis), l’accesso online alla conoscenza ha finito con il porsi come questione strategica per il mondo scientifico al fine di
continuare ad assistere il progresso sociale. La richiesta di distribuire gratuitamente i risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici si è trasformata
poi in vera e propria questione etica (Sparc, 2010)3
tale da finire anche nell’agenda della Casa Bianca4,
mentre iniziative istituzionali ed accademiche di
contrasto alla serial crisis hanno continuato a svilupparsi in ogni parte del mondo. Anche la Commissione Europea, con il settimo programma quadro,
l’European Science Foundation e l’European Heads
of Research Councils (EuroHORC) stanno giocando
la loro parte nel rafforzamento dello spazio europeo
della ricerca e nella definizione di una road map in cui
Sparc (Scholarly Publishing and Academic Resources
l’open access è punto di parCoalition). L’accesso e l’utilizzo di banche dati e archivi
online costituisce il background naturale di ogni
tenza e di arrivo5 di un impericercatore in ogni ambito disciplinare, mentre i circuiti
gno che prosegue, senza sodi pubblicazione, diffusione e disseminazione dei dati
sta, fin dalla Dichiarazione di
della ricerca e della produzione scientifica in generale
Berlino, nel 2003, con cui i
sono attività largamente gestite da editori ed
infomediari.
principali enti di ricerca tedeLanciata dall’House Office of Science and Technology
schi e quelli di numerose altre
Policy (OSTP), la RFI on public access to publicly
nazioni europee si sono impefunded research rispondeva all’obiettivo di strutturare
la problematica.
gnati a promuovere una politiSherpaJuliet ha identificato le funding organizations e
ca di accesso aperto ai risultale ha classificate per tipologia di policy utilizzata,
ti delle ricerche da essi prospuntando quelle che aderiscono al manifesto Open
mosse e finanziate6. È chiaro,
Access: http://www.sherpa.ac.uk/juliet/ (ultima
consultazione giugno 2011). Sherpa Project è un
infatti, che la maggiore preocconsorzio di università che opera principalmente in
cupazione è dei paesi europei,
Gran Bretagna per sostenere e supportare la
per alcuni dei quali si tratta di
realizzazione di repository istituzionali open access. Un
elenco di repository open access è disponibile sulle
operare uno sforzo collettivo.
pagine del suo sito web ed è liberamente interrogabile
La Dichiarazione di Berlino utilizzando diverse chiavi di ricerca. Sherpa mantiene
alla data del 2010 - era stata
anche il servizio denominato Romeo che classifica le
riviste scientifiche e gli editori per policy di
sottoscritta da 274 istituzioni,
pubblicazione distinguendo gli editori che consentono
255 delle quali in Europa,
l’archiviazione nei repository istituzionali di preprints,
mentre solo 6 istituzioni erano
postprints o pdf dell’articolo pubblicato, URL:
collocate negli Stati Uniti.
http://www.sherpa.ac.uk/index.html (ultima
consultazione giugno 2011).
L’impegno maggiore è chiaraLa dichiarazione di Berlino (Berlin Declaration on Open
mente profuso dagli stati non
Access to Knowledge in the Sciences and Humanities)
english-speaking come l’Itaè reperibile al sito URL: http://www.zim.mpg.de
/openaccess-berlin/berlin_declaration.pdf (ultima
lia, la Germania, la Francia, la
consultazione giugno 2011).
Spagna, il Belgio, la Svizzera e
British Library Press Room, 2 novembre 2009:
l’Olanda. Tuttavia, il moviTransitions in Scholarly Communications - a portfolio
mento verso l’open access
of research projects: http://pressandpolicy.
bl.uk/Press-Releases/Transitions-in-Scholarlycontinua anche per altre straCommunications-2f8.aspx (ultima consultazione
de: con adesioni all’Open Acgiugno 2011). Al joint portfolio hanno aderito, tra gli
cess Initiative, alle Creative
altri, Research Information Network (RIN), Joint
Information Systems Committee (JISC), Association of
Commons Licences, alle OER,
Learned and Professional Society Publishers (ALPSP),
con risultati sorprendenti. PePublishers Association (PA), International Association
ter Suber, nella sua newsletter
of Scientific, Technical & Medical Publishers (STM),
periodica compilata per lo
Publishing Research Consortium (PRC), British Library
(BL), Research Libraries UK (RLUK), Society of College,
Scholarly Publishing and
National and University Libraries (SCONUL), SPARC
Academic Resources CoaliEurope, Research Councils UK (RCUK), Universities UK
tion (Sparc), censisce centina(UUK), Wellcome Trust.
ia di nuove iniziative avviate da università, biblioteche ed istituti di ricerca, istituzioni pubbliche e private. In particolare, le biblioteche e le funding organizations sono in prima linea nel ridisegno delle
strategie di divulgazione scientifica, aderendo al
mandato open access e finanziando direttamente i
processi di digitalizzazione, archiviazione e pubblicazione elettronica (Suber, 2010). Ciò è coerente
con quanto puntualizzato da Borgman, ossia che
negli ambienti digitali può essere difficile distinguere tra diffusione ed accesso alla conoscenza (Borgman, 2007, p. 87).
In Inghilterra, dopo il documento Scientific Publications - Free for All? rilasciato nel 2004 dalla
Commissione Scienza e Tecnologia della Camera
dei Comuni, si assiste alla costituzione, da parte
delle istituzioni più impegnate sul piano dell’innovazione e della promozione della cultura scientifica,
di un joint portfolio per facilitare la transizione al
mondo digitale, affrontando tutte le problematiche
connesse all’accesso7.
Il movimento open access si configura senz’altro
come un tentativo di porre un freno alla normalizzazione culturale in atto. In particolare, le OER tendono ad essere considerate sia come strumento di
inclusione sociale sia come modalità per valorizzare e proteggere le specificità culturali, linguistiche e
di dominio scientifico dai processi di globalizzazione innescati dalla rete e che tanto ha fatto discutere la comunità accademica (Jeanneney, 2007).
L’APPROCCIO DI FEDERICA
ALLE OPEN EDUCATIONAL RESOURCES
Non deve sorprendere quindi che un progetto open
access sia nato nell’ambito di una università pubblica del Mezzogiorno, con l’idea di promuovere
una nuova cultura, che possa costituire un ponte
fra la printing literacy e la digital culture.
Figura 1. Timeline del progetto Federica 2007-2011.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
Il paradigma cui si ispira Federica è quello del weblearning, di un approccio alla rete come piattaforma per l’apprendimento continuo operando una sinergia virtuosa fra web scientifico e web didattico.
Ciò presuppone un ambiente nel quale i materiali di
ricerca e le risorse educative siano entrambi a libero accesso e, soprattutto, inseriti in una rete di rimandi semantici, capace - nel tempo - di costituire
un sistema esperto.
Con la piattaforma Federica si è cercato di seguire
una direzione originale, consapevoli del fatto che
una cultura dell’open access, sebbene con grandi
difficoltà, è andata maturando anche negli atenei
italiani. Federica nasce, infatti, da una visione chiara del percorso di cambiamento intrapreso dalle
università e dalla volontà di investire sulla
conoscenza come leva del cambiamento e fattore di
successo territoriale. Orientato alla promozione della conoscenza, alla diffusione delle nuove tecnologie nei contesti educativi e formativi, allo sviluppo
di una rete immateriale per la divulgazione dei contenuti digitali, il progetto ha fatto poi leva sui seguenti obiettivi operativi:
- realizzare un sistema avanzato per la produzione,
postproduzione ed erogazione di contenuti digitali di qualità in grado di riposizionare il sistema universitario campano fra le best practices europee,
in un’ottica di progressiva integrazione fra le risorse didattiche e di ricerca ad ogni livello;
- realizzare un sistema aperto per l’accesso gratuito al sapere accademico prodotto nell’ambito delle attività didattiche e di ricerca della Federico II;
- realizzare un sistema esperto per il supporto continuo agli studenti, ai dipendenti della Pubbliche
Amministrazioni, e di quanti desiderano rientrare
nei processi educativi e formativi in un’ottica di
apprendimento lungo tutto l’arco della vita, attraverso il continuo miglioramento dell’offerta didat-
tica e con un’offerta certificata e gratuita di conoscenze informatiche e linguistiche;
- realizzare un sistema integrato fra le risorse culturali di ateneo e quelle del territorio, sviluppando
sinergie nuove fra pubblico e privato, e fra diversi
livelli di istruzione, aumentando le condizioni di
attrattività del territorio e la competitività dei nostri laureati sul territorio nazionale;
- realizzare un sistema solidale per lo sviluppo del
potenziale umano ed il miglioramento delle capacità professionali dei giovani laureati, degli stranieri, degli studenti lavoratori, dei diversamente
abili, attraverso un accesso ai materiali everywhere ed anytime, riducendo il bisogno di mobilità verso le sedi universitarie e massimizzando
l’utilità funzionale dell’iniziativa;
- realizzare, infine, un sistema ricettivo sostenendo la domanda di apprendimento personalizzato
a distanza, facilitando gli scambi e la mobilità nazionale ed internazionale, migliorando le capacità relazionali dei cittadini attraverso un’offerta
culturale che incrementa notevolmente le opportunità per le persone di migliorare le proprie conoscenze, a partire dai saperi fondamentali e
specialistici.
La conoscenza dunque al servizio della crescita,
dell’integrazione e coesione sociale, dello sviluppo,
così come indicato nella strategia di Lisbona II.
IL PROCESSO DI SVILUPPO DI FEDERICA
Su queste premesse, dall’analisi delle esperienze
italiane e internazionali e dall’idea di una metodologia didattica modulare, che coniuga semplicità,
flessibilità ed alta qualità tecnologica, nel 2007
viene pubblicata la prima release della piattaforma
Federica. Nella timeline della figura 1 è rappresentato lo sviluppo del progetto sotto il profilo degli accessi, dei moduli e della comunicazione.
99
100
R. De Rosa, M. Zuccarini
Il progetto nasce inizialmente con un finanziamento
FSE e prosegue poi su fondi europei FERS8 che hanno consentito un più consistente investimento in ricerca ed innovazione. In tal senso sono stati concepiti nuovi profili professionali a testimonianza della
convergenza nell’e-learning di competenze provenienti da diversi ambiti: dalla progettazione e direzione didattica al disegno delle interfacce, dalla ricerca sociale alla comunicazione, dalla ottimizzazione degli algoritmi di ricerca allo sviluppo software.
Le iniziative di Federica coinvolgono tutte le 13 facoltà dell’Ateneo ed i relativi corsi di laurea con un bacino d’utenza potenziale di circa 100.000 studenti.
Attualmente sono 300 i corsi e i docenti che partecipano attivamente alla produzione e organizzazione
del materiale di studio, dal syllabus dell’insegnamento al supporto iconografico e multimediale. Ciascun docente lavora al proprio corso con autonomia
ma viene supportato, per gli aspetti legali, tecnici e
grafici, da un team di giovani professionisti.
300
5.000
6.000
40.000
700
3.000
600
corsi
lezioni
links a risorse esterne
immagini
video
documenti allegati
podcast
Tabella 1. I numeri di “Federica”.
I contenuti open access di Federica sono stati ideati
per essere fruiti facilmente e liberamente attraverso
le tecnologie che gli studenti sentono più vicine alle
proprie esigenze, incluse quelle legate alla mobilità
sul territorio. Quindi i corsi sono disponibili sia su
web che sui più comuni supporti mobili (lettori mp4,
cellulari, tablet). Nel 2010, infatti, la Federico II, interpretando le tendenze culturali oggi più diffuse nel
mondo giovanile, è stata la prima università in Italia
ad aprire un proprio canale sulla piattaforma iTunes
U, rendendo disponibili i propri corsi in podcast enhanced e, quindi, puntando molto sul principio della content portability. Ad un anno dal lancio del servizio su iTunes U sono oltre 200.000 i podcast scaricati. La piattaforma web Federica riceve, invece, in
media 320.000 visite al mese con oltre 220.000 visitatori unici a testimonianza dell’interesse che il progetto suscita anche in rete, e non solo fra gli studenti italiani.
L’OPEN EDUCATIONAL
8 Progetto: Campus Virtuale - P.O. FESR 2007-2013 Asse PRACTICE
L’adesione al manifesto delle
V, O.O. 5.1 e-Government ed e-Inclusion.
9 «In generale, l’Open Educational Practice è definita
OER comporta un’idea comcome l’uso delle Open Educational Resources in un
plessa ed integrata del nuovo
modo tale che la qualità dell’esperienza educativa ne
ecosistema mediale nel quale
risulta migliorata. Mentre le OER si focalizzano sul
contenuto e sulle risorse, l’OEP si focalizza sulla
i contenuti digitali possono
pratica di impiego di un metodo educativo finalizzato
essere divulgati secondo i
alla creazione di un ambiente nel quale le OER sono
principi di base dell’apertura,
utilizzate o create come learning resources» (Ehlers,
del libero accesso, del riuso
2010).
gratuito dei contenuti. Su questi aspetti, Federica
ha operato delle scelte optando per la modalità più
aperta possibile di confezionare i propri contenuti:
semplicemente il web e semplicemente il linguaggio html, con una struttura di metadati (Dublin Core) comune a molte biblioteche del mondo. Dal
courseware alla living library, dal podcast alle miniguide, ogni learning object è realizzato con la stessa logica, ed erogato con la stessa modalità su licenza Creative Commons.
Alcune cautele, tuttavia, rispetto al mondo OER, occorre che vengano esplicitate. Nel progetto Federica siamo convinti che i contenuti offerti da una università non possano prescindere dalla loro autorialità, perché l’autore ne garantisce la qualità, la durata nel tempo, l’aderenza ad uno specifico settore
disciplinare con l’utilizzo di un armamentario concettuale e linguistico, nonché di fonti scientifiche,
che ne sono la diretta espressione. Per questo motivo, pur essendo rilasciati sotto licenza Creative
Commons, Federica sconsiglia l’uso commerciale e
cosiddetto “derivativo” dei suoi contenuti. Altro
aspetto, di non secondaria importanza, riguarda il
formato con cui i contenuti sono offerti. Esso è il risultato di uno studio sulle logiche dell’interfaccia,
la loro usabilità e fruibilità, sull’intima connessione
che si realizza tra spazio agito, spazio visibile e spazio logico (Bettetini, Gasparini e Vittadini, 1999) in
percorsi di navigazione che si muovono dalle lezioni alle risorse scientifiche, dentro e fuori il web, per
offrire agli studenti una esperienza facilmente comprensibile e dotata di compiutezza. Federica è quindi non solo i suoi contenuti ma anche il suo formato. Persegue l’idea, cioè, che i contenuti siano strettamente connessi alla modalità con i quali sono organizzati e rappresentati così come abbiamo imparato da cinque secoli di storia della stampa (Bolter,
2002; De Rosa, 2010). In tal senso, l’approccio di
Federica è piuttosto pragmatico, insiste, cioè, sul
passaggio dalle Open Educational Resources alle
Open Educational Practices9 aprendo spazi di riflessività sul reale utilizzo delle OER nei contesti di
apprendimento, sulla diffusione di una OER literacy
e, ancora più importante, sulla creazione di ambienti di apprendimento che si discostino dall’approccio cosiddetto shopping model, al fine di considerare la qualità del processo educativo come
correlata complessivamente alla qualità delle pratiche che è capace di attivare piuttosto che alla qualità del singolo learning object. In tal senso, Federica si riserva qualche dubbio sulla reale trasferibilità dei contenuti in contesti educativi, sociali e tecnologici differenti per valorizzare, infine, il contesto
d’apprendimento inteso come un ecosistema complesso, dove apprendimento formale ed informale,
background culturale e sociale, potenzialità della
rete scientifica e delle risorse accademiche sono
naturalmente integrate.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
OPEN ACCESS:
UN LIMITE E DUE OPPORTUNITÀ
Il limite principale allo sviluppo di una via italiana
alle OER è costituito da una normativa sul copyright poco coraggiosa che, mentre consente l’utilizzo cosiddetto “degradato” di immagini e video provenienti dalla rete, demanda poi alle realtà associative che rappresentano gli editori la possibilità
di consentire o meno tale uso, vanificando così il
principio di apertura espresso dalla legge.
Un percorso, quello per la diffusione delle OER,
che deve fare quindi i conti con non pochi scetticismi e con una legislazione ancora immatura. La
legge che tutela il diritto d’autore (633/194), pur
avendo subito varie integrazioni, ad oggi non riesce
a tenere infatti in giusto conto i cambiamenti sopraggiunti con la diffusione del Web e dei cosiddetti diritti digitali. Ciò ha pesanti ripercussioni sullo
sviluppo dell’e-learning: le immagini e i materiali
di lettura, che nella dimensione chiusa di un’aula
universitaria posso essere mostrati e distribuiti,
non possono essere ugualmente divulgati online
nemmeno per scopo educativo senza incorrere nel
rischio di infrazione. Così, lavorare sulle OER richiede un investimento di tempo nella ricerca di
materiale scientifico ed iconografico non coperto
da diritti.
Una grande opportunità per agevolare il processo di
libera divulgazione del sapere scientifico potrebbe,
invece, venire dalla riscrittura degli statuti, così come prescritto dalla legge Gelmini di riforma dell’assetto universitario. In tal senso, come sostenuto dal
gruppo Open Access della CRUI, l’introduzione negli statuti universitari del riconoscimento dell’open
access alla letteratura scientifica come modalità
per promuove la libera disseminazione in rete dei risultati delle ricerca pubblica potrebbe costituire la
chiave di volta di un nuovo corso per le università e
più in generale per la società della conoscenza.
Un ulteriore aspetto collegato alla tutela del diritto
d’autore è la possibilità delle università di competere con le case editrici sul piano del riconoscimento dell’autorialità. Su questo terreno le università
hanno una grande partita da giocare, soprattutto
se riescono ad estendere le modalità di peer reviewing e di accreditamento scientifico anche alle risorse educative aperte, attribuendo ad esse lo status di pubblicazione a tutti gli effetti, conciliando
in tal modo la tutela della proprietà intellettuale
con l’idea di sapere condiviso.
BIBLIOGRAFIA
Bettetini G., Gasparini B., Vittadini N. (1999). Gli spazi dell’ipertesto. Milano:
Bompiani.
Bolter J. D. (2002). Lo spazio dello scrivere: computer, ipertesto e la ri-mediazione della stampa. Milano: Vita e Pensiero.
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101
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Del Moral Pérez M.E., Cernea D.A., Villalustre Martinez L. (2011). Scenari connettivisti e progetto di Learning Object adattabili alla diversità cognitiva. TD Tecnologie Didattiche, 19 (2), pp. 102-111
SCENARI CONNETTIVISTI
E PROGETTO DI
LEARNING OBJECT
ADATTABILI ALLA
DIVERSITÀ COGNITIVA
CONNETTIVIST SCENARIOS AND THE DESIGN OF
LEARNING OBJECTS FOR COGNITIVE DIVERSITY
Maria Esther Del Moral Pérez | Departamento de Ciencias de la Educación,
Universidad de Oviedo | [email protected]
Doina Ana Cernea | Departamento de Matemáticas, Universidad de Oviedo | [email protected]
Lourdes Villalustre Martinez | Departamento de Ciencias de la Educación,
Universidad de Oviedo | [email protected]
* Maria Esther Del Moral Pérez | Departamento de Ciencias de la Educación,
Universidad de Oviedo | C/Aniceto Sela, s/n 33005, Oviedo | [email protected]
Sommario Gli sviluppi tecnologici e la loro crescente diffusione nella società e nei processi di insegnamento apprendimento hanno
determinato una riformulazione del paradigma educativo che comporta la definizione e la identificazione di connessioni per lo
sviluppo di attività di apprendimento basate sulla partecipazione in comunità specializzate. In questi contesti, che si
caratterizzano per la forte connessione tra gli utenti e le risorse e nei quali ogni individuo conserva la propria identità, la
conoscenza è frutto dei contributi di ogni membro della comunità digitale. Il progetto di Learning Objects (LO) diventa il punto di
partenza per la creazione di nuova conoscenza a partire da configurazioni di rete. In tal modo i LO diventano importanti nodi
interdisciplinari, che incorporano le molteplici esperienze di apprendimento degli utenti in contesti diversi, e che permettono di
contestualizzare e di fornire maggiore significato all’apprendimento degli utenti. La creazione di LO capaci di adattarsi alle
caratteristiche cognitive individuali permette di potenziare sia l’apprendimento di un singolo utente sia la rete di connessioni.
PAROLE CHIAVE Scenari connettivisti, Learning Objects, LO, Differenze cognitive, Apprendimento connettivista.
Abstract Advances in technology and its growing presence in society and teaching-learning processes have led to the
reformulation of the educational paradigm. This entails the establishment and identification of connections for the
development of learning activities based on participation in specialized communities. In this context there is high connectivity
between users and resources; individuals maintain their personal identity while knowledge is generated from the
contributions of each member of a digital community. The design of Learning Objects (LO) becomes the starting point for
creating new knowledge derived from network configuration. Thus, LO themselves are important interdisciplinary nodes
incorporating the multiple learning experiences of users in many different contexts; they set learning in context and provide it
with greater meaning. The creation of LO that adapt to cognitive diversity by responding to individual cognitive characteristics
can enhance learning both at individual and network levels.
KEY-WORDS Connectivist scenarios, Learning Objects, LO, Cognitive diversity, Connectivist learning.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
INTRODUZIONE
Questo articolo si propone di discutere approcci per
promuovere la costruzione condivisa di conoscenza
in tema di Learning Objects (LO) all’interno del
nuovo contesto generato dagli scenari connettivisti.
Il discorso riguarderà sia il processo di progettazione e sviluppo di LO da parte degli utenti sia la categorizzazione collaborativa degli stessi LO, applicando folksonomie orientate a facilitare l’uso condiviso di LO e la loro riutilizzazione.
I Learning Objects sono stati definiti come unità minime di contenuto didattico dotate di significato
proprio, costituite da pacchetti di informazioni multiformato e interattive, identificabili attraverso metadati, progettate per il raggiungimento di un determinato obiettivo educativo, e integrate da contenuti, mezzi, attività e valutazione (Del Moral e Cernea,
2005). Riutilizzabilità, compatibilità tecnica, adattabilità e durevolezza sono state indicate come le
caratteristiche più rilevanti di LO. Questa idea di LO
chiuso si sta, tuttavia, trasformando verso contenuti dotati di grande flessibilità, con un progetto aperto, adattabili ai nuovi contesti connettivisti.
La sfida dei LO connettivisti è sviluppare occasioni
di apprendimento connettivo che facciano convergere gli interessi dei diversi membri di una comunità virtuale verso la costruzione condivisa della conoscenza attraverso scenari virtuali dinamici e flessibili, nei quali la metodologia didattica degli LO includa attività diverse: studio di casi, soluzione collaborativa di problemi, presa di decisioni, pratiche
di riflessione, esame di interpretazioni multiple, dibattiti, webquest, lavoro collaborativo, ecc. Tutto
ciò risulta potenziato dagli strumenti collaborativi
che il web connettivista mette a disposizione, strumenti che consentono modi diversi per esplorare
l’informazione, i contenuti, le risorse e gli stessi LO
e che suggeriscono molteplici applicazioni in diversi contesti.
Nel seguito, si descriveranno le caratteristiche più
rilevanti di LO adattabili alle differenze cognitive
degli utenti all’interno dei nuovi scenari connettivisti. Il valore che tali scenari acquisiscono in rapporto a chi apprende è il poter profittare delle sinergie
di tutti i membri di una comunità di apprendimento per contribuire alla crescita comune.
L’OTTIMIZZAZIONE DEL PROCESSO DI
INSEGNAMENTO-APPRENDIMENTO
NEL WEB CONNETTIVISTA
Le opportunità fornite dal Web connettivista applicate al processo di insegnamento-apprendimento
in rete portano ad una riformulazione del paradigma di progettazione di LO per tener conto dei nuovi parametri di partenza:
• l’apprendimento viene inteso come un processo
di carattere informale, caratterizzato dalla dinamica di crescita e sviluppo della rete, nella quale
i contenuti provengono da molteplici fonti, sono
forniti dagli utenti e sono distribuiti in diversi formati e media;
• l’aspetto chiave per la costruzione di conoscenza
è la possibilità di sfruttare esperienze e sinergie di
altri, il che fornisce nuovo significato all’apprendimento basato sull’esplorazione di modelli di informazione;
• Il concetto di collaborazione assume una nuova
dimensione, andando oltre la semplice costituzione di gruppi di apprendimento e dando priorità invece alle connessioni e interazioni fluide in
reti aperte;
• la comunicazione e, quindi, gli strumenti che la
facilitano nel Web connettivista (wiki, blog, folksonomie, ecc.) sono imprescindibili per favorire
l’apprendimento;
• l’apprendimento ha luogo in contesti che cambiano e si aggiornano continuamente.
Aspetti chiave del Connettivismo
Il Web connettivista nasce con la nuova generazione del download e del shareware, una generazione
che apprende, lavora, si diverte e si esprime mediante strumenti aperti e collaborativi come YouTube, Flickr, GoogleTalk, eMule, Fotolog, Del.icio.us,
ecc. (Downes, 2005). Il contesto sociale del connettivismo promuove attività di apprendimento che
si sviluppano all’insegna della collaborazione:
• Collezionare: immagazzinare dati, organizzare risorse, selezionare informazione, creare contatti;
• Riflettere: pensare criticamente, scegliere, rivedere informazione, creare percorsi;
• Connettere: formare in maniera spontanea gruppi di lavoro, integrarsi in comunità di pratica,
condividere obiettivi, valori e atteggiamenti, collegare informazioni;
• Pubblicare: condividere esperienze, modificare
documenti in diversi formati multimedia, convertire gli strumenti collaborativi in strumenti cognitivi.
Il Connettivismo è una Teoria dell’Apprendimento
nell’era digitale, frutto dell’analisi dei limiti delle
teorie comportamentista e costruttivista (Siemens
2005; Downes, 2007b). Questa teoria prende
spunto dai principi della Teoria delle Reti per ridefinire i concetti di conoscenza e processo di apprendimento: la conoscenza si distribuisce attraverso
una rete di connessioni come una configurazione
particolare di relazioni; l’apprendimento, di conseguenza, consiste nel costruire nuove connessioni e
nuove configurazioni a partire da quelle iniziali, e
103
104
M.E. Del Moral Pérez, D.A. Cernea, L. Villalustre Martinez
implica la capacità di andare oltre le reti già esistenti. In sintesi, il processo di apprendimento si
caratterizza per questi elementi:
- si distribuisce attraverso una rete;
- si basa sul riconoscimento e sulla interpretazione
di configurazioni;
- è profondamente mediato dalla diversità della rete e dalla forza dei suoi collegamenti;
- si appoggia sulla adattabilità delle configurazioni
di connessione;
- favorisce il trasferimento della conoscenza a partire dalle connessioni;
- fa propria la velocità di mutamento dei domini di
conoscenza.
Scenari connettivisti di apprendimento
L’apprendimento in scenari connettivisti assume
come punti di partenza gli aspetti chiave della teoria dell’apprendimento costruttivista, descritti da
diversi autori (Doffy e Cunningham, 1996; Wilson,
1996), sottolineando che la conoscenza si costruisce a partire da reti di informazione generate da comunità di utenti.
L’apprendimento non deve però ridursi alla mera
acquisizione di conoscenza a partire da esperienze
personali, posto che questa è una visione limitata
del costruttivismo, ma derivare anche dalla sommatoria di esperienze degli altri. Acquisiamo le nostre competenze quando creiamo nuove connessioni (Stephenson, 2004). Sulla base della convinzione che il caos, prodotto dalle connessioni spontanee tra utenti e risorse, contiene il significato, l’apprendimento si converte nel processo di riconoscimento di configurazioni di informazioni.
Queste reti informative aperte si caratterizzano per
la loro permanente trasformazione per il loro sviluppo incontrollato, al cui interno il significato sembra
rimanere occulto. Per questo, la sfida di chi sta apprendendo si centra sulla sua capacità di riconoscere configurazioni di informazione rilevante (Siemens, 2005).
Gli scenari di apprendimento connettivista (Siemens, 2005; 2006; 2008; Downes, 2006;
2007a) si distanziano dai principi del costruttivismo in quanto introducono aspetti connotati dalla
concezione informale dei processi e da un’idea di
generazione della conoscenza basata su connessioni spontanee. Questi aspetti danno forma a spazi di
apprendimento interattivo orientati alla soluzione di
problemi e alla ricerca collaborativa, centrati su chi
apprende e volti a potenziare un apprendimento significativo facilitando applicazioni ed esperienze
molteplici.
In questi scenari, gli utenti diventano membri attivi
di una comunità di apprendimento, apportando
uno specifico contesto sociale e facendosi carico
del proprio apprendimento. Gli scenari forniscono
feed-back e/o guide di apprendimento che servono
per orientare gli utenti, offrendo loro diversi percorsi formativi. Al medesimo tempo, permettono di
sfruttare le sinergie della comunità di apprendimento attraverso la continua esplorazione dei contenuti, attivando la capacità di sintesi degli utenti
nel riconoscere configurazioni di informazione e
connessioni all’interno dell’immenso volume di risorse che viene offerto. Tali scenari forniscono, inoltre, agli utenti la possibilità di creare i propri contenuti e decidere sulle proprie strategie di apprendimento, dando loro un controllo totale nel prendere
decisioni in uno scenario in continua evoluzione.
Questi nuovi scenari ospitano informazioni molto
eterogenee e si organizzano mediante la creazione
spontanea di strutture e di configurazioni, di comportamento e di uso, al cui interno l’apprendimento
si basa sulla esplorazione delle nuove connessioni e
delle nuove configurazioni di informazione. In tali
scenari, aperti all’inserimento di nuovi utenti e di
nuove risorse, gli utenti possono sia classificare le
proprie interazioni con l’ambiente sia creare e modificare strutture. Non a caso, tali scenari facilitano
l’accesso a informazione condivisa e l’uso di strumenti collaborativi, potenziando apprendimento di
gruppo, creazione di conoscenza appoggiata sull’esperienza degli altri membri del gruppo e acquisizione di competenze a partire dalle connessioni.
LEARNING OBJECT CONNETTIVISTI
ADATTABILI ALLE DIFFERENZE COGNITIVE
Learning Object Connettivisti
In questo nuovo contesto di apprendimento, caratterizzato dalla massima connessione tra gli utenti e
le risorse, dalla totale apertura e dal cambio permanente nella costruzione condivisa della conoscenza,
nasce la nuova generazione di LO connettivisti
(LOC) le cui specificità sono:
- essere integrati in un ambiente connettivista di
apprendimento;
- incorporare strumenti collaborativi e connettivisti;
- essere basati su un progetto aperto ed essere modificabili da tutti gli utenti di una rete di apprendimento;
- far parte di un sistema informativo totalmente
aperto;
- tradursi in nodi di connessione tra reti informative specializzate;
- rappresentare nodi interdisciplinari, che incorporano le molteplici esperienze di apprendimento
degli utenti in contesti differenti.
Oltre i limiti dei LO convenzionali
Il concetto di LO, o pillola di apprendimento, nasce
più di dieci anni fa dall’esigenza di trovare un approccio al progetto di contenuti educativi in formato digitale capace di facilitare l’apprendimento e di
orientare alla costruzione di conoscenza.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
La caratteristica che differenzia un LO da qualsiasi
altro tipo di documento digitale è la sua capacità di
adattarsi alla specificità degli schemi mentali di chi
apprende. L’informazione che un LO fornisce può
essere attivata, affrontata e recuperata da ogni persona che apprende ed ha, pertanto, la potenzialità
di venir regolata in base alla situazione, per dare risposte a esigenze contestualizzate.
I LOC, a differenza delle convenzionali risorse digitali, contribuiscono a facilitare le rappresentazioni
mentali di chi apprende: infatti i contenuti rilevanti
che compongono tali LO permettono di attivare
analizzatori già noti a chi apprende, sviluppando le
sue capacità di astrazione e rendendolo capace di
estrarre i significati chiave. Inoltre, i LOC favoriscono l’acquisizione e l’integrazione di nuove conoscenze ancorandole a schemi già esistenti e promuovendo il recupero di conoscenze già note.
Queste nuove versioni di LOC attivano i tre tipi di
apprendimento che Rumelhart e Norman (1985)
riferiscono agli schemi: aggregazione, ristrutturazione e adattamento.
I LOC propongono e stimolano un modello di apprendimento generativo, già definito da Wittrock
(1974), la cui premessa fondamentale si basa sul
fatto che chi apprende cerca, in genere, di dare un
senso al proprio contesto, generando, a fronte di
nuove esperienze, percezioni e significati in accordo ai suoi precedenti schemi di conoscenza.
I LOC, nel proporsi come mediatori sociali promuovendo attività collaborative e fornendo occasioni di
feedback (P2P), favoriscono anche un processo di
insegnamento in una prospettiva socioculturale. Un
altro tratto che caratterizza i LOC è la loro capacità
di adattarsi ai diversi stili di apprendimento degli
utenti.
Nelle prime applicazioni, la gestione delle risorse di
apprendimento in formato digitale si basava su archivi e basi di dati che richiedevano l’inserimento di
metadati creati dagli stessi autori. Questa forma rigida di gestione, insieme con le difficoltà collegate
al progetto di materiali “gestibili” che richiedeva
agli autori specifiche competenze informatiche, è
stata sostituita da una agevole categorizzazione sociale che rende possibile l’assegnazione di metadati mediante la creazione collaborativa di tag (etichette) e l’inserimento di note nelle risorse da parte degli stessi utenti.
Sia i LOC sia le risorse che li compongono integrano metadati assegnati dagli utenti, come per esempio i tag e le annotazioni di una immagine in Flickr
(Figura 1).
In sintesi, l’evoluzione degli LO in una cornice connettivista si caratterizza per l’introduzione di aspetti che rimarcano la concezione informale dei processi e una generazione di conoscenza basata sulle connessioni spontanee attraverso l’uso di diversi
strumenti connettivisti.
Figura 1. Un’immagine di Flickr con tag (etichette) e annotazioni create dagli utenti.
Integrazione degli strumenti connettivisti
nel progetto di Learning Object
Il nuovo concetto di LOC nasce dalla convergenza
tra i diversi utenti che nell’interagire tra di loro mediante i diversi strumenti connettivisti, contribuiscono al suo progetto, progetto che ha una struttura aperta e in permanente evoluzione. I LOC incorporano strumenti connettivisti, ma mantengono la
loro qualità originale di facilitatori dell’apprendimento, aggiungendo nuove funzionalità:
• integrano strumenti collaborativi e connettivisti,
come ad esempio wiki, per permettere agli utenti di partecipare al progetto e alla creazione di
contenuti, o Cmap tools, per realizzare mappe
concettuali e per modificarle collaborativamente;
• diventano nodi di connessione tra reti informative specializzate, in quanto possono essre referenziati, integrati e pubblicati in reti sociali;
• rappresentano nodi interdisciplinari, in quanto incorporano le molteplici esperienze di apprendimento degli utenti in contesti anche molto diversi tra di loro.
Questi nuovi LOC permettono di sviluppare attività
distinte adattabili ai contesti in cui vengono usate
dai diversi utenti, in maniera tale che prendendo
come punto di partenza un unico elemento questo
possa essere moltiplicato e disseminato. Alla stesso modo, la sua presentazione può essere suscettibile di tutte le modifiche che gli utenti decidano di
fare per adattarlo ai differenti scenari formativi nel
quale si integra. Il livello di interattività di un LOC è
direttamente collegato agli strumenti che gli utenti
utilizzano per partecipare al suo progetto, strumenti che assumono ruoli diversi in funzione delle distinte fasi della creazione del LOC.
Nell’esempio di LOC in figura 2, relativo al corso di
“Educazione in ambito rurale” della facoltà di Pe-
105
106
M.E. Del Moral Pérez, D.A. Cernea, L. Villalustre Martinez
Alla stessa maniera, il corso propone altre attività
di gruppo e individuali mediante la creazione di organizzatori grafici (mappe mentali, mappe concettuali, linee temporali, ecc.).
In figura 3, è mostrato un LOC creato collaborativamente dagli studenti stessi.
Figura 2. LOC modificabile sulla Scuola Rurale: struttura generale.
dagogia dell’Università di Oviedo, le attività collaborative proposte agli studenti si realizzano attraverso wiki.
Per ogni gruppo di lavoro presente nel corso si crea
un wiki, che da origine a piccole “stanze della conoscenza”, nelle quali mediante il contributo degli
studenti e con l’aiuto dei tutor, si creano e si modificano collaborativamente contenuti (Del Moral e
Villalustre, 2008). Per facilitare la dinamica di interazione tra i membri di ogni micro comunità di
apprendimento, tutti i wiki hanno la medesima
struttura. Gli studenti possono essere considerati
come i co-progettisti dei lavori elaborati da ogni
gruppo, visto che hanno contribuito in maniera collaborativa all’interno del Wiki alla generazione di
nuove idee e di materiali con il permanente supporto dei tutor.
Costruzione collaborativa di risorse e LO
I wiki permettono di generare LO di carattere ipertestuale che si possono aggiornare costantemente,
facendo in modo che tutti gli utenti si convertano in
co-autori e co-progettisti, favorendo la costruzione
condivisa di conoscenza e potenziando un apprendimento collaborativo attraverso la condivisione e il
confronto di idee, opinioni ed esperienze diverse
(Del Moral e Villalustre, 2007). Questo strumento
è molto efficace per proporre compiti di gruppo in
contesti formativi; tra le sue potenziali applicazioni
vale la pena di citare le seguenti (Del Moral, Cernea
e Villalustre, 2007; Del Moral e Cernea, 2006;
Seitzinger, 2006):
- costruzione di contenuti di apprendimento o di LO;
- sviluppo di indagini collaborative;
- biblioteca di progetti collaborativi;
- brain storming;
- quaderno condiviso di appunti e di annotazioni;
- spazio di comunicazione tra esperti e chi apprende;
- valutazione sia individuale che di gruppo: port-folio;
- revisioni peer to peer.
I wiki orientati alla costruzione condivisa di conoscenza sono idonei per aiutare il progetto di LOC
connettiviste. Gli utenti possono, prendendo come
Figura 3. Un esempio di LOC modificabile sulla Scuola Rurale creato dagli studenti stessi.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
punto di partenza i contenuti iniziali di un LO, fare
modifiche, ampliare l’informazione fornita, aggiungere esempi o illustrare nuove esperienze collegandole a nuove reti di apprendimento.
Un esempio è la “Wikiversitad”, piattaforma gratuita e di libero accesso specificatamente destinata all’elaborazione di progetti di apprendimento collaborativo per diversi livelli scolari e diverse aree di conoscenza (Astronomia, Ingegneria, Architettura, Filosofia, Geografia, ecc.). In questo wiki ogni persona può partecipare alle attività di apprendimento
che vi si organizzano, vuoi creando contenuti formativi in collaborazione con altri, vuoi svolgendo o
seguendo corsi.
Per quanto riguarda i weblog questi permettono agli
utenti di condividere le loro riflessioni e loro percezioni sui materiali, sulle risorse e sulle esperienze di
apprendimento (Winner, 2003). Dai loro commenti emergono strutture sociali che facilitano la formazione di una comunità di apprendimento. I weblog
hanno numerose applicazioni in ambito formativo e
ciò grazie alla loro versatilità e semplicità nella pubblicazione di contenuti e alla facilità con cui favoriscono, analogamente ai wiki, l’interazione tra tutti
gli agenti coinvolti nel processo di apprendimento
(Del Moral e Villalustre, 2006).
Classificazione e annotazione collaborativa di LO
Le folksonomie e l’apposizione collaborativa di tag
(etichette) aiutano una navigazione basata sull’esplorazione che gli utenti mettono in atto nell’interagire con determinate LO. Le tag sociali (etichette sociali) assegnate alle diverse risorse servono per
classificare tali risorse, ordinarle, ricercarle e per reperire informazione di tipo specifico ad esse connesse (Cernea, Del Moral e Labra, 2007; Del Moral, Cernea e Villalustre, 2007). I LOC permettono a
tutti gli utenti di aggiungere parole chiave sufficientemente descrittive alle varie risorse di apprendimento (pagine web, immagini, video, ecc.) in modo da condividerle e renderle riutilizzabili da altri.
All’interno di scenari connettivisti si favorisce l’apprendimento in una prospettiva collaborativa, introducendo forme di lavoro alternative capaci di sottolineare la dimensione sociale della conoscenza. Nel
favorire processi di interazione e interconnessione
per la risoluzione congiunta di problemi, per la realizzazione di progetti, ecc., tali scenari si convertono in spazi sociali collaborativi (Owen et al.,
2006), nei quali il progetto di LO acquisisce un
nuovo valore collegato alla sua capacità di contestualizzare e di dare maggior significato al suo uso.
Le interazioni tra le persone che nascono spontaneamente attraverso annotazioni condivise abilitano e rafforzano il processo di apprendimento collaborativo. Gli utenti sono condotti a riflettere costantemente sulle relazioni esistenti tra risorse e tag
(etichette) e in questo senso si potenzia la socializ-
Figura 4. Strumenti connettivisti per il progetto aperto di LO.
zazione concettuale di LO (Del Moral, Cernea e Villalustre, 2007).
In maniera analoga, da un punto di vista socio-costruttivista, l’uso di etichette collaborative o marcatori sociali generate dagli utenti di una stessa comunità virtuale migliora la gestione dei LO grazie
alla struttura sociale che si crea mentre si producono nuove modalità di comunicazione sociale o interconnessione. La classificazione sociale implica
l’interconnessione di molteplicità di reti sia di risorse sia di utenti (Marlow et al., 2006):
- risorse connesse tra di loro mediante link e tag;
- utenti appartenenti a reti sociali diverse e collegati attraverso etichette condivise che puntano a
risorse o LO;
- etichette che collegano LO con gli utenti, fornendo informazione semantica su di loro a partire
dalle esperienze e dalle applicazioni contestualizzate e condivise.
La classificazione collaborativa di LO appartenenti
a una collezione favorisce la creazione di un contesto sociale e personale di apprendimento. In una
prospettiva connettivista, le tag condivise degli
utenti si possono tradurre in un LO significativo favorendo la dimensione sociale dell’apprendimento
online (Estelles, Del Moral e Gonzalez, 2010).
L’utente viene motivato e coinvolto consapevolmente nella creazione di nuovi significati attribuiti a oggetti condivisi, dando luogo a un nuovo contesto di
apprendimento.
Approcci comunicativi per favorire
lo scambio di LO multiformato
Le reti sociali come Facebook, Tuenti, Twitter, Myspace sono forme, in continua evoluzione e crescita, di connessione sociale basata sullo scambio interattivo
e dinamico di diversi tipi di in- 1 URL: http://www.youtube.com/education (ultima
consultazione maggio 2011).
formazione tra persone, grup- 2 URL: http://www.youtube.com/uniovi (ultima
pi e istituzioni.
consultazione maggio 2011).
107
108
M.E. Del Moral Pérez, D.A. Cernea, L. Villalustre Martinez
Facebook crea uno spazio web nel quale gli utenti
condividono il loro profilo e i loro interessi tra gruppi di persone con interessi simili e possono scambiare idee, messaggi, immagini, video, archivi musicali, commenti nonché comunicare attraverso posta elettronica e chat. Questa rete è connessa con
un’ampia gamma di applicazioni e strumenti sociali esterni, propri di ambiti molto diversi, che senza
dubbio possono aiutare il progetto collaborativo di
LO. In chiave educativa, la sua applicazione si configura come uno spazio di incontro on line tra esperti e chi deve apprendere, con la possibilità di creare, a partire da uno stesso profilo, differenti gruppi
con livelli di accesso all’informazione totalmente
configurabili. La maggiore partecipazione di chi apprende può essere, infine, aiutata dal fatto che Facebook rappresenta un ambiente molto familiare e
significativo per gli utenti.
Le reti sociali sono connesse ed integrate con molteplici strumenti che consentono di condividere,
pubblicare congiuntamente e valutare i diversi LO
multiformato.
Youtube, Vimeo, ecc., sono strumenti che consentono la pubblicazione di LO in formato video, il cui
accesso può essere referenziato in altre pagine web
o incluso in un blog o in una rete sociale. Queste
piattaforme contengono strumenti per classificare,
annotare e commentare, valutare video, per creare
e condividere elenchi di video favoriti e per conoscere le statistiche di visita di ogni video.
Sono numerose le università che hanno creato un
suo proprio canale in Youtube Education1. Tra queste anche l’Università di Oviedo che ha attivato un
suo proprio spazio2 per permettere agli studenti sia
di consultare documenti audiovisivi, come conferenze, lezioni magistrali, eventi accademici, tutoriali,
sia di pubblicare i loro lavori più rappresentativi per
condividerli con tutta la comunità educativa.
In maniera analoga, SlideShare rappresenta uno
spazio condiviso nel quale gli utenti possono archiviare e pubblicare presentazioni di diapositive e altri documenti con valore di LO. Anche qui è possibile aggiungere commenti e inserire il riferimento in
una pagina web esterna.
Con Scribd si possono archiviare in rete e condividere documenti multiformato (word, excel, pdf, ppt,
ecc.). Scribd permette di commentare, classificare e
annotare questi documenti; inoltre si può connettere con le reti sociali più diffuse come Facebook,
Twitter e Buzz e approfittare così delle loro strutture e della conoscenza che queste condividono.
Per altro verso, la comunicazione immediata e sincrona permessa da strumenti di uso comune come
Skype, Messenger, Google Talk, Scriblink promuove l’interazione e le relazioni interpersonali in una
maniera molto agile, considerato che tali strumenti sono disponibili e utilizzabili da tutti gli utenti su
qualsiasi computer.
Un altro strumento interessante è Google Wave,
progettato specificatamente per condurre riunioni
di lavori di gruppo e presa di decisioni in comune.
La sua novità sta nel fatto che esso riunisce in un
unico ambiente le funzionalità collaborative della
maggioranza degli strumenti descritti in precedenza, dando luogo ad uno spazio condiviso per sviluppare progetti collaborativi in tempo reale tra diverse persone, nel quale è possibile, in maniera sincrona, lo scambio di video, immagini, documenti di testo e anche di mappe.
Tutti questi strumenti connettivisti permettono di
progettare LO di differente tipo a partire dai contributi di ogni utente, favorendo la trasformazione e la
riutilizzabilità di uno stesso LO, con un percorso nel
quale le caratteristiche individuali di ogni persona
divengono l’asse centrale del processo di creazione
della LO.
Progetto di LOC adattabili alla diversità cognitiva
Nel web connettivista vengono riformulate le linee
guida del progetto di LO al fine di favorirne la totale integrazione nei nuovi scenari, potenziando in tal
modo la loro adattabilità alla diversità cognitiva di
chi apprende.
In questo senso, gli scenari connettivisti facilitano
l’adattamento di LO ai diversi tipi di strategie cognitive usate da chi apprende durante il processo formativo. A questo proposito, vale la pena di notare
che gli stili cognitivi sono tratti relativamente stabili, per quanto suscettibili di mutamento e di miglioramento, che si adeguano a situazioni diverse. Tenerne conto aiuta gli utenti ad apprendere con
maggiore efficacia (Del Moral e Villalustre, 2004).
Sull’argomento sono stati condotti diversi studi al
fine di identificare approcci e strategie didattiche
che favoriscano l’apprendimento in utenti con preferenze cognitive diverse. Tali studi sembrano concordare nell’identificare le pratiche metodologiche
più efficaci per favorire l’apprendimento di studenti con un ben definito profilo cognitivo (attivo, riflessivo, pragmatico o teorico), come segnalano Alonso, Gallego e Honey (1999). Tuttavia, l’acquisizione di conoscenza non dipende solo dalla strategie
didattiche, cioè del modo con cui si presenta e si
organizza l’informazione, del come si progetta un
LO, ecc.; fondamentali sono anche le strategie di
apprendimento messe in atto da ogni soggetto, e
cioè il modo con cui egli organizza, elabora e costruisce la propria conoscenza a partire dal progetto di LO.
Tenendo in conto queste considerazioni, si è adottata la classificazione di Alonso, Gallego e Honey
(1999), basata sulla proposta di Honey e Mumford
(1982), nella quale si identificano quattro stili cognitivi che, a loro volta, rappresentano quattro diversi modi di accedere, elaborare e progettare i LO
in uno scenario connettivista.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
Attivo: lo stile cognitivo di preferenza attivo è tipico
di persone che affrontano con entusiasmo nuovi
compiti, che amano vivere nuove esperienze e
che sono costantemente alla ricerca di nuove attività;
Riflessivo: le persone con uno stile cognitivo di preferenza riflessivo si caratterizzano per essere prudenti, osservatrici e distaccate dal resto degli
utenti;
Teorico: i soggetti che ottengono un punteggio alto
in questo tipo di stile cognitivo si caratterizzano
per essere persone logiche, perfezioniste e coerenti;
Pragmatico: chi mostra di preferenza uno stile
pragmatico ama agire rapidamente in presenza
di idee o progetti che lo attraggono, soprattutto
quando sia possibile realizzare applicazioni pratiche della conoscenza acquisita.
Partendo da questa classificazione, si può, attraverso il progetto di LO, favorire l’attenzione alle diversità cognitive degli utenti, inducendoli ad attivare
meccanismi cognitivi differenti (sperimentare, at-
tuare, riflettere e teorizzare, tra gli altri) per acquisire nuovi apprendimenti.
Su questa base, sono state elaborate linee guida per
favorire una progettazione di LO che permettano a
tutti gli utenti la costruzione connettiva della conoscenza, indipendentemente dalla loro preferenza cognitiva, ricorrendo all’uso di strategie metodologiche
didattiche adeguate. Gli scenari connettivisti offrono
numerose possibilità di realizzare diversi tipi di attività formative, e in questo senso permettono in
maggior misura di adattare il processo formativo agli
stili cognitivi degli utenti, facilitando così i meccanismi di acquisizione, negoziazione e riutilizzazione di
LO. Per tutti gli utenti è necessaria una organizzazione e strutturazione dei contenuti di LO che risponda
ad una sequenza logica, che faciliti l’esplorazione e
la comprensione di tali contenuti, cha sia intuitiva e
chiara. Tuttavia, ogni utente in accordo al suo stile
cognitico preferito richiede, al momento di fruire dei
contenuti di un LO, una presentazione specifica che
si adatti meglio alle sue caratteristiche cognitive, come si indica in dettaglio nella tabella 1.
ASPETTI CHIAVE NEL PROGETTO DI LO
Stili di
apprendimento
Attivo
(si coinvolge
pienamene in nuove
esperienze)
Tipo di attività
proposta nel LO
Presentazione e
Livello di
organizzazione dei interattività del LO
contenuti del LO
Orientata alla
Presentazione
soluzione di problemi creativa e innovativa
dell’informazione
mediante una mappa
di navigazione per la
scoperta della sua
struttura
Partecipazione
degli utenti nelle
attività del LO
Componente
valutativa del LO
Ruolo dell’utente
nel progetto del LO
Uso di strumenti
connettivi
Utilizzerà un livello
massimo di
interattività mediante
link ipertestuali per
indagare, esplorare,
ecc.
Orientata ad
assumere ruoli, fare
rappresentazioni,
ecc., mediante
dibattiti, forum,
blogs, wiki, ecc.
Orientata alla
generazione di idee
e soluzione di
problemi.
Le sue abilità socio
comunicative gli
permettono di agire
come leader nel
processo
Processo di
progettazione a
partire da un dialogo
attivo e immediato
mediante chat,
Messenger,
videoconferenze, ecc.
Riflessivo
Orientata a
(preferisce riflettere promuovere ricerca e
sulle esperienze e
analisi
osservarle da diversi
punti di vista)
Presentazione
interattiva dei
contenuti che
favorisca la
riflessione, con una
struttura che faciliti
la ricerca di
informazione
Permetterà la
manipolazione del
contenuto per
rielaborarlo,
adattarlo,
aggiornarlo, ecc.
Orientata a
confrontare diversi
punti di vista, e a
riflettere sui
commenti di altri
utenti
Focalizzata
sull’osservazione, la
riflessione e l’analisi
dettagliata
La sua capacità di
raccolta dati,
indagare e
approfondire un tema
lo qualifica come
analista
Comunicazione
creativa mediante il
confronto di posizioni
contrastanti e di
commenti mediante
blog, siti google,
marcatori sociali
Pragmatico
(il suo punto forte è
l’applicazione pratica
di idee)
Diretta a favorire
l’applicazione pratica
e l’esecuzione di
compiti
Interfaccia agile per
facilitare il suo uso e
organizzazione chiara
ed intuitiva dei
contenuti
Faciliterà
l’applicazione e la
contestualizzazione
dei contenuti
mediante strumenti
flessibili
Diretta ad elaborare
piani di azione
attraverso video,
chat e lavagna
digitale condivisa
Richiede l’esecuzione
di compiti pratici a
partire da
simulazioni, giochi di
ruolo, ecc.
Il suo carattere
orientato alla pratica
lo conduce a definire
linee guida che
garantiscano la loro
applicabilità
Interazione per la
modellazione pratica
appoggiata su wiki,
software collaborativo
come CmapTools,
MindMapping, ecc.
Teorico
Basata sull’analisi di
(adatta e integra le
concetti, teorie, ecc.
osservazioni in teorie
logiche e complesse)
Presentazione del
contenuto che induca
l’analisi, con una
sequenza logica che
faciliti esplorazione e
comprensione
Fornirà link e fonti
informative mediante
marcatori sociali che
promuovano l’analisi
Focalizzata a reperire
informazione
mediante motori
specializzati, basi di
dati digitali, ecc.
Richiede la
La sua esigenza di
dimostrazione
partire da
dell’assimilazione di presupposti teorici
concetti e teorie
solidi lo indica come
raccordo tra teoria e
pratica
Costruzione
congiunta di basi
concettuali e teorie
attraverso forum,
liste di distribuzione,
ecc.
Tabella 1. Linee guida per favorire la progettazione di LO adattabili alla diversità cognitiva degli utenti. Rielaborazione di Del Moral e Villalustre (2004).
109
110
M.E. Del Moral Pérez, D.A. Cernea, L. Villalustre Martinez
L’inserimento di diversi livelli di interattività di un
LO mediante link ipertestuali consente di soddisfare le esigenze formative degli utenti con stili cognitivi diversi, specialmente di quelli con uno stile in
prevalenza teorico o riflessivo, i quali, in genere,
richiedono un maggior volume di informazioni per
arrivare a comprendere la tematica che stanno affrontando in tutte le sue dimensioni (Del Moral e
Villalustre, 2004).
La creazione di LOC ha dato origine a nuove forme
di partecipazione, attraverso le quali nascono nuove risorse che danno concretezza all’interazione tra
gli utenti e nelle quali gli utenti assumono ruoli diversi di partecipazione in funzione delle loro preferenze cognitive. Quelli tra di loro che hanno uno
stile cognitivo di tipo attivo tenderanno a svolgere
il ruolo di leader del processo, assumendosi gran
parte delle responsabilità, mentre coloro con uno
stile di preferenza pragmatico daranno maggiore
importanza all’applicabilità delle attività previste
nel LO.
Le caratteristiche individuali dei diversi utenti configurano modalità di apprendimento che possono
essere condizionate dalle caratteristiche del LO.
Per questa ragione, i metodi di valutazione, attraverso i quali si misura il livello di competenza acquisito, devono tenere conto di queste peculiarità
cognitive. Così, gli utenti con uno stile di preferenza pragmatico richiederanno una valutazione centrata su simulazioni, su giochi di ruolo, ecc., nella
quale si dia valore all’applicabilità dei contenuti
teorici, mentre per coloro con uno stile in prevalenza teorico la valutazione dovrà orientarsi maggiormente all’analisi di concetti, di leggi, di teorie.
Per le stesse ragioni, al momento di pianificare le
diverse attività in uno scenario connettivista è necessario tener presente l’uso diversificato degli
strumenti digitali offerti dal Web 2.0. Gli utenti
tenderanno ad utilizzare quegli strumenti le cui caratteristiche tecniche si adattano meglio ai loro diversi stili di apprendimento. Così, gli utenti attivi si
orientano verso la comunicazione sincrona, per organizzare e governare il gruppo mediante strumenti sociali come chat, video-chat, messaggeria
istantanea, ecc., mentre quelli con stile prevalentemente riflessivo preferiscono una comunicazione
asincrona, attraverso blog, marcatori sociali, ecc.
che permetta loro di svolgere con calma un’analisi
meditata.
po di numerose attività e pratiche formative di carattere connettivista. In questa nuova prospettiva,
le esperienze di apprendimento condivise in questo nuovo scenario rendono possibile un apprendimento di tipo informale, a partire da connessioni
spontanee tra reti, totalmente aperto e in costante
cambiamento.
Questo nuovo scenario promuove un cambiamento qualitativo che porta a definire l’apprendimento
come un processo sociale e introduce forme di lavoro alternative che sottolineano la dimensione sociale della conoscenza. E ciò a partire dai LO che
danno origine a comunità virtuali di apprendimento che favoriscono l’interazione e l’interconnessione tra gli utenti e tra le risorse per la realizzazione
di progetti e/o per la soluzione congiunta di problemi. Perché ciò avvenga sono necessarie nuove
competenze ed abilità orientate a favorire l’apprendimento in reti di conoscenza condivisa:
• abilità di differenziare tra informazione rilevante
e meno rilevante, visto che all’interno della comunità viene incorporata in continuazione nuova informazione;
• abilità di riconoscere in che misura una nuova
informazione modifica l’ambiente di apprendimento;
• abilità di collegare tra loro nodi di informazione
specialistica e contribuire così al processo di
creazione delle reti di conoscenza;
• capacità di alimentare e tenere aggiornate le
connessioni per assicurare la continuità del processo;
• abilità di identificare connessioni tra aree di conoscenza, idee e concetti;
• capacità di prendere decisioni, scegliere contenuti e comprenderne il significato in un contesto
di apprendimento in continua trasformazione;
• abilità di riconoscere le capacità cognitive delle
comunità, di coltivarle e aumentarle, per assicurare un flusso effettivo della conoscenza.
In uno scenario connettivista, gli utenti mettono,
quindi, in gioco diverse abilità e competenze così
come diverse strategie metodologiche intimamente connesse con le caratteristiche individuali di
ogni soggetto. In tale contesto, gli stili di apprendimento assumono una grande rilevanza. E ciò in
particolar modo nel progetto di LOC adattabili alle
diversità cognitive degli utenti, capaci di contestualizzare l’apprendimento e di renderlo più significativo mediante la presentazione di molteplici siCONCLUSIONI
tuazioni ed esperienze che tengano conto delle diL’uso degli strumenti offerti dal Web 2.0 (wiki, we- verse strategie cognitive usate dagli utenti per l’acblog, folksonomie, ecc.) rende possibile lo svilup- quisizione collaborativa di nuove conoscenze.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
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BLENDED LEARNING:
INTEGRAZIONE TRA
E-LEARNING E FORMAZIONE
SUL CAMPO IN SANITÀ
BLENDED LEARNING: INTEGRATION OF E-LEARNING
AND ON-THE-JOB TRAINING IN HEALTH CARE
Elisa Rossato, Giovanni Putoto, Alberto Carraro | Azienda Ospedaliera di Padova |
{[elisa.rossato; giovanni.putoto]@sanita.padova.it; [email protected]}
* Elisa Rossato | Azienda Ospedaliera di Padova
via Tripoli 5, 35020 Maserà di Padova (PD) | [email protected]
Sommario Nelle strutture sanitarie di piccole dimensioni generalmente sono presenti medici specialisti in Anestesia e Rianimazione
che hanno acquisito una formazione principalmente sulle terapie e protocolli anestesiologici dell’adulto. Ciò rileva in questi
professionisti un’oggettiva carenza specialistico–professionale nella gestione di casi pediatrici e la necessità di sviluppare nuove
competenze teorico-pratiche per gestire terapie e protocolli anestesiologici pediatrici.
Sulla base di queste esigenze, e del fatto che tali professionisti operano in tutto il territorio nazionale, è stato realizzato un percorso di
formazione blended dal titolo “Corso di perfezionamento blended in anestesia pediatrica”, costituito da una formazione on line
alternata ad una formazione sul campo presso le sale operatorie. Il binomio metodologico attuato ha permesso, attraverso la
formazione on line, di rendere fruibili i contenuti ai professionisti dislocati nel territorio e di adattarsi alla complessità organizzativa
delle strutture sanitarie e l’acquisizione delle competenze pratiche mediante l’integrazione di esperienze dirette (formazione sul
campo). Tale processo formativo, infatti, può essere estremamente efficace per lo sviluppo di nuove competenze professionali e una
strategia metodologica trasferibile nella complessità organizzativa del sistema sanitario.
PAROLE CHIAVE e-Learning, Blended learning, Formazione, Salute.
Abstract In health centres and small local hospitals, doctors specialised in anaesthesia and intensive care have usually been trained
to deal with adult patients. As a result, they generally lack know-how in dealing with paediatric clinical cases and thus need to
develop new theoretical and practical skills regarding paediatric therapy and anaesthetic protocols.
To meet these needs on a national basis, a blended learning course called “Corso di perfezionamento blended in anestesia
pediatrica” (Blended Master in Paediatric Anaesthesia) has been developed. This included both on-line and workplace training in
operating theatres. The implementation of a blended methodology contributed to make contents accessible to professionals all over
the country and also helped them both to cope with the organisational complexity of health care organizations and to acquire practical
competences through on-the-job training.
This training approach could prove very efficient for developing new professional competences and may well represent an effective
solution for complex health care organizations.
KEY-WORDS e-Learning, Blended learning, Training, Health.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
Il modello della formazione residenziale d’aula, tradizionalmente adottato per sviluppare e aggiornare
le competenze, è un modello che si adatta bene alle esigenze di una formazione primaria Initial Vocational Educational and Training (IVET)1 nella quale i
discenti possono dedicare tempo e disponibilità alla frequenza. La formazione continua Continuing
Vocational Educational and Training (CVET)2 (lifelong learning3 e lifewide learning4) comporta invece un grado di complessità maggiore in quanto deve rispondere ai bisogni specifici di un’utenza adulta desiderosa di ripensarsi, di aggiornarsi, di confrontarsi e di andare oltre alla preparazione di base
e specialistica (Giacomantonio et al., 2005).
Il problema è molto sentito in sanità dove il rapido e
continuo sviluppo della medicina, delle innovazioni
tecnologiche e organizzative, rendono indispensabile per i professionisti aggiornarsi continuamente.
Molte conoscenze teoriche e pratiche, apprese durante il periodo di formazione accademica, divengono rapidamente obsolete e rimanere competenti richiede uno sforzo costante nel tempo, spesso difficilmente conciliabile con le esigenze aziendali di
produttività e con le esigenze di carattere personale.
Per affrontare il problema dell’aggiornamento delle
competenze, dal 2002, in Italia, è entrato in vigore il Programma Educazione Continua in Medicina
(ECM, 2002) che ha determinato l’obbligo, per circa 900.000 professionisti della sanità, all’aggiornamento continuo, sottraendoli così periodicamente dall’attività produttiva.
In questo contesto, la formazione tradizionale d’aula si è dimostrata inadeguata nel soddisfare le esigenze della formazione continua perché incapace
di raggiungere grandi volumi di utenti in tempi rapidi e a costi sostenibili: la formazione tradizionale
si scontra quotidianamente con problemi temporali (tempo di formazione d’aula e tempo di viaggio
per raggiungere la sede del corso), logistici (aule didattiche, attrezzature multimediali), economici (costi di viaggio per raggiungere la sede del congresso,
costi di albergo per il soggiorno, costi lavorativi) e
organizzativi (turni di lavori).
A fronte di tali difficoltà le tecnologie e-learning
rappresentano una soluzione auspicabile in grado
di sgravare le organizzazioni dalla burocrazia e favorire una gestione più flessibile dei corsi. L’uso
della tecnologia nello sviluppo delle competenze
non rappresenta solo una soluzione informatica all’apprendimento, ma un nuovo modo di sviluppare
conoscenze, in grado di adattarsi alle esigenze peculiari della formazione continua, che è rivolta a
persone attive nel mondo del lavoro e con impegni
sociali, personali e familiari, spesso a carattere inderogabile.
Diviene quindi necessario ricercare metodologie
formative che meglio rispondano alle esigenze di
efficienza, efficacia, appropriatezza ed economicità attraverso l’adozione di modelli blended opportunamente calibrati da esperti della formazione
continua.
GENESI DEL PROGETTO FORMATIVO:
E-LEARNING - FORMAZIONE SUL CAMPO
Una formazione di qualità necessita di un approccio alla progettazione formativa di tipo idiografico5, nel quale si effettua un’analisi dei bisogni mirata a creare un progetto formativo specificatamente centrato sulle esigenze dei discenti.
Questo tipo di approccio ha permesso di rilevare che
nelle strutture sanitarie di piccole dimensioni sono
presenti medici specialisti in anestesia e rianimazione che hanno acquisito una formazione quasi esclusivamente sulle terapie e sulle tecniche anestesiologiche dell’adulto, con una conseguente carenza di
competenza nella gestione dei casi pediatrici.
Accade, infatti, che il bambino portato in emergenza presso una struttura ospedaliera di piccole o
medie dimensioni deve essere stabilizzato da un
anestesista prima di poter essere inviato in centri
di eccellenza pediatrica.
È nata quindi spontanea la richiesta, da parte dei
medici specialisti, di aumentare le loro competenze teorico-pratiche nella gestione delle terapie e
dei protocolli anestesiologici di approccio all’emergenza pediatrica.
L’approccio idiografico ha portato ad ipotizzare, fin
dal principio, la realizzazione di una parte consistente del progetto con modalità di formazione a
distanza, essendo tali professionisti geograficamente distribuiti su tutto il territorio nazionale e, al
tempo stesso, la necessità di integrare i contenuti
on line con la formazione sul campo (learning by
doing) presso le sale operatorie.
Tale binomio e-learning / formazione sul campo (figura 1), permette di valorizzare
sia le potenzialità dell’e-learning nel produrre un risparmio 1 La formazione iniziale IVET riguarda le iniziative
formative rivolte ai giovani e alle persone che
economico, grazie alla possibidevono essere reinserite nel mondo del lavoro.
lità di raggiungere molte perso- 2 La formazione continua CVET riguarda le
iniziative rivolte ai lavoratori per l’aggiornamento
ne a costi contenuti (efficienza)
delle competenze e lo sviluppo professionale.
sia la formazione esperienziale 3 Life-long learning l’apprendimento viene
learning by doing (Kolb,
considerato come un fenomeno che ha il suo
inizio nell’infanzia ma che si protrae per tutto
1984), poiché pone il profesarco della vita.
sionista di fronte a situazioni 4 l’intero
Life-wide learning dove l’apprendimento è
reali complesse, determinando
diffuso in quanto avviene sia nei contesti formali
che in quelli non formali e informali.
un apprendimento attraverso
l’esperienza e l’osservazione 5 L’approccio idiografico consente di centrare la
formazione sulle peculiari esigenze di un gruppo di
dell’impatto delle proprie aziodiscenti rifuggendo dalle generalizzazioni tipiche
ni sulla realtà.
dell’approccio nomotetico (Battacchi, 1990).
113
114
E. Rossato, G. Putoto, A. Carraro
diatrica. In particolare l’anestesista, al termine del
percorso formativo deve essere in grado di:
- eseguire le procedure corrette per l’utilizzo dei dispositivi utili alla somministrazione delle terapie
anestesiologiche nei bambini;
- applicare le tecniche di anestesia pediatrica nelle varie specialità chirurgiche.
Figura 1. Il modello blended proposto prevede l’alternanza di
momenti di formazione e-learning in autoapprendimento a
momenti di formazione sul campo. (Carraro, 2009).
Queste riflessioni metodologiche hanno portato alla progettazione e realizzazione del corso di formazione dal titolo “Corso di perfezionamento in anestesia pediatrica”.
Il progetto è stato realizzato da un gruppo multi
professionale composto da sei anestesisti pediatrici dell’Azienda Ospedaliera di Padova (Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione) e da un progettista di processi formativi e-learning (Struttura Interaziendale di Formazione e Progetti Internazionali)
con la collaborazione del servizio aziendale Information Clinical Technology e della società H-Art Technology.
TARGET E OBIETTIVI
DEL PROGETTO FORMATIVO
Questo progetto di formazione è rivolto a tutti i medici Chirurghi Specialisti in Anestesia e Rianimazione e agli specializzandi in Anestesia e Rianimazione iscritti al 4° anno della Scuola di specialità. Esso ha come obiettivo l’acquisizione di competenze
teorico-pratiche sulla gestione anestesiologica pe-
Figura 2. Interfaccia grafica di un learning-object del corso di perfezionamento in “Anestesia
Pediatrica”. (Carraro e Rossato, 2007).
IL PERCORSO FORMATIVO BLENDED
LEARNING IN ANESTESIA PEDIATRICA:
STRUMENTI E METODI
Il progetto formativo è composto da due parti: la
prima parte è caratterizzata dallo studio di materiali fruibili on line e la seconda parte da attività di formazione sul campo.
La formazione e-learning in auto-apprendimento è
gestita da un Learning Management System (LMS)
che permette la fruizione dei materiali on-line, l’iscrizione telematica dei partecipanti, la gestione degli
accessi, la tracciabilità e il monitoraggio delle attività dei corsisti secondo gli standard internazionali
AICC, SCORM, IMS (Wiley, 2002).
Nel corso in esame, la formazione on-line in autoapprendimento è caratterizzata da percorsi formativi suddivisi in sette unità didattiche ciascuna delle
quali contiene più lezioni.
Le singole lezioni sono basate sull’uso di Learning
Object sviluppati attorno ad un obiettivo didattico e
vertono su materiali composti da: introduzione, definizione degli obiettivi, contenuti e approfondimenti (Giacomantonio, 2007).
I materiali di ogni lezione risultano costituiti da una
parte di testo opportunamente integrato da immagini, foto e link di approfondimento. In questo modo il professionista ricerca e seleziona le conoscenze in auto-apprendimento sulla base delle proprie
esigenze formative ed ha una libertà organizzativa
nella gestione dei tempi di studio e di apprendimento (Banzato, 2003).
Il tutto è inserito in un’interfaccia grafica di Breeze
Macromedia che permette di gestire i Learning Object mediante dei pulsanti di azione oppure di scegliere una visualizzazione rapida dei contenuti che
consente al professionista di dedicare la propria attenzione solo a quegli argomenti in cui si sente più
carente (Figura 2).
Il corsista viene quindi guidato nel proprio apprendimento dalla specifica strutturazione dei contenuti (Banzato e Midoro, 2005).
Lo studio on line dei materiali è supportato da due
modalità interattive:
1) Tutor on line: per eventuali chiarimenti organizzativi, didattici o tecnologici;
2) Esperto di contenuto: contattabile alla casella di
posta elettronica, tramite un link situato all’interno di ciascuna lezione, per chiarimenti sui materiali fruiti on-line.
Al termine dello studio dei materiali e-learning il
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
professionista svolge, per una settimana, delle
esercitazioni pratiche presso le strutture sanitarie
(sale operatorie, servizi di diagnostica radiologica
RM e TC pediatrica, servizi di terapia intensiva
post-operatoria) affiancato costantemente da un
professionista esperto in anestesia pediatrica. La
formazione sul campo consente al corsista di:
- sviluppare abilità tecniche,
- applicare i dispositivi anestesiologici,
- applicare i protocolli,
- porre domande e avere delucidazioni,
applicando praticamente (learning by doing) i contenuti appresi nello studio on line.
GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE:
ALCUNI RISULTATI.
L’innovazione metodologica del progetto formativo
ha spinto a definire un sistema di valutazione accurato con l’obiettivo di rilevare gli aspetti più importanti dell’azione formativa tra i quali:
- l’aumento delle conoscenze ed abilità tecnico
professionali dei professionisti;
- l’efficacia dell’approccio formativo integrato costituito dal binomio formazione e-learning/ formazione sul campo
- l’applicabilità e la funzionalità del LMS nella gestione degli utenti.
I dati in seguito presentati, raccolti mediante strumenti di valutazione somministrati a 26 anestesisti
(di cui 11 maschi e 15 femmine) che hanno completato con successo il percorso formativo, forniscono già importanti spunti di riflessione per ri-progettare quelle parti del corso risultate critiche o carenti.
90
96
93
100
91
93
88
90
81
74
80
72
67
65
70
57
60
50
40
30
20
10
0
preparazione del
bambino
all'anestesia
gestione delle
vie aeree nell'età
pediatrica
sedazione e
anestesia
anestesia loco
regionale
dolore post
opertorio nel
bambino
rianimazione
neonatale e
pediatrica
Figura 3. Livello percentuale medio delle conoscenze in ingresso e in uscita suddivise per aree
tematiche. (Carraro, 2009).
dalla differenza tra la performance in uscita e in ingresso:
Efficacia formativa = performance in uscita - performance in ingresso
dalla figura 4 si evidenzia un guadagno di apprendimento del 33% per la rianimazione neonatale e
pediatrica, del 26% per il dolore post-operatorio,
del 22% per la gestione delle vie aeree, del 23%
per l’anestesia loco regionale e del 19% per la sedazione e anestesia.
Risulta più contenuto il guadagno per l’argomento
“la preparazione del bambino all’anestesia” (12%),
comunque giustificato dal buon livello di conoscenze rilevate in ingresso (pari all’81%) (Figura 4).
100
90
L’aumento delle conoscenze ed abilità tecnico
professionali dei professionisti
Per misurare la performance di apprendimento dei
discenti è stata effettuata una valutazione ex ante
(conoscenze in ingresso) ed una valutazione ex post
(conoscenze in uscita) mediante la somministrazione di un questionario a risposta multipla composto
da 50 items riguardanti sei aree tematiche trattate
nel corso on-line (Figura 3).
Questa valutazione ha lo scopo di misurare l’aumento del livello di apprendimento di ciascun professionista rispetto ad una soglia prefissata
all’80%. Dall’analisi del grafico si rileva che il livello iniziale medio è del 69% con una particolare conoscenza sull’argomento “Preparazione del bambino all’anestesia” (81%), mentre vi sono minori conoscenze (57%) sulla rianimazione neonatale e pediatrica. Al termine del percorso blended tutti i corsisti hanno superato la prova finale di apprendimento superando la soglia percentuale media, prefissata all’80% per tutte le aree tematiche, acquisendo un livello di apprendimento medio del 92%.
Considerato che l’efficacia formativa è determinata
80
70
60
50
33
40
26
22
30
20
19
23
12
10
0
preparazione
del bambino
all'anestesia
gestione delle
vie aeree
nell'età
pediatrica
sedazione e
anestesia
anestesia loco
regionale
dolore post
opertorio nel
bambino
rianimazione
neonatale e
pediatrica
Figura 4. Il grafico riporta le differenze percentuali medie suddivise per aree tematiche tra le
conoscenze in uscita e le conoscenze in entrata dei discenti. (Carraro, 2009).
È stato inoltre somministrato un questionario strutturato che consente al corsista di esprimere la sua
percezione soggettiva sul livello di conoscenze conseguito con lo studio on-line esprimendo un giudizio su 8 items (quanto ti senti preparato su questo
argomento?) in una scala da 1 a 7 (figura 5).
La funzione del questionario è quella di fornire indicazioni ai progettisti del corso sulle aree tematiche i
cui materiali andrebbero migliorati e sviluppati, al fi-
115
116
E. Rossato, G. Putoto, A. Carraro
73
prevenzione del dolore post opertorio
74
misurazione del dolore
76
vie aeree difficili
74
rianimazione neonatale e pediatrica
66
anestesia loco regionale
79
sedazione e anestesia extra sala operatoria
83
valutazione anestesiologica
67
apporto idroelettrolitico
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90 100
Figura 5. Il grafico riporta i valori percentuali medi, suddivisi per area tematica, delle percezioni
delle conoscenze apprese. (Carraro, 2009).
96
utilità per lo sviluppo professionale
efficacia formativa dell'evento
92
metodi didattici
92
aggiornamento delle conoscenze
95
interventi dei docenti
95
89
materiali didattici
supporti organizzativi
89
corrispondenza tra programma e realizzazione
89
98
rilevanza degli argomenti trattati
98
pertinenza degli obiettivi didattici
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100 110
Figura 6. Livello percentuale medio del gradimento espresso dai partecipanti sulle
caratteristiche generali del corso. (Carraro, 2009).
Applicabilità dei contenuti appresi
7
6
77
5
65
4
contenuti applicabili alla realtà
3
effettiva messa in pratica dei contenuti
2
1
Figura 7. Il grafico riporta il valore percentuale dell’applicabilità dei contenuti appresi.
(Carraro e Rossato, 2007).
97
100
96
90
80
70
60
51
50
43
39
40
29
30
20
10
0
difficoltà a trovare il
tempo per lo studio
tempi di studio
preventivati troppo
stretti
possibilità di rivedere
parti del corso
libertà nella scelta
tempi di fruizione
corso
manca il confronto
con altri partecipanti
manca il confronto
diretto con il docente
Figura 8. Il grafico riporta la valutazione dei discenti espressa in percentuale sulla didattica e
sull’organizzazione dei tempi di studio. (Carraro, 2009).
ne di intercettare meglio i bisogni formativi degli
utenti. Rappresenta quindi uno strumento di analisi
dei bisogni formativi ex post che fornisce concrete
indicazioni per un’eventuale rivisitazione didattica.
L’analisi dell’elaborazione grafica permette di rilevare come le aree tematiche su cui deve concentrarsi
l’azione dei formatori nella riprogettazione didattica
per aumentare e migliorare la trattazione teorica online del corso riguardano sostanzialmente:
- anestesia loco-regionale (66%);
- apporto idroelettrolitico (67%).
L’efficacia dell’approccio formativo integrato
costituito dal binomio formazione
e-learning - formazione sul campo
I corsisti hanno espresso un elevato gradimento del
corso blended-learning, come si evince dalla figura
6, con un punteggio medio del 96% per l’utilità e
lo sviluppo professionale, del 92% per l’efficacia
formativa dell’evento e per i metodi didattici utilizzati, del 95% per l’aggiornamento delle conoscenze e per la qualità degli interventi dei docenti,
dell’89% per i materiali didattici, per i supporti organizzativi e per la corrispondenza tra il programma proposto ed il corso realizzato, e del 98% per la
rilevanza degli argomenti trattati e per la pertinenza degli obiettivi didattici (Figura 6).
Inoltre il 77% afferma che i contenuti appresi sono
applicabili alla propria realtà professionale e il 65%
di averli già messi in pratica nella propria attività
professionale (Figura 7).
Allo scopo di valutare l’efficacia di questo approccio formativo è stato somministrato un test che rileva l’opinione dei professionisti. Dai dati raccolti si
evidenzia che il 97% ha apprezzato molto la possibilità di rivedere ripetutamente alcune parti del corso e il 96% ha gradito la libertà di scelta dei tempi
di fruizione del corso (Figura 8).
Il 29% non ha percepito come un problema l’impossibilità del confronto diretto con il docente, il
43% invece ha sentito la mancanza di confronto
con altri partecipanti del corso. Molti discenti hanno avuto la necessità di chiedere assistenza all’etutor e hanno apprezzato la possibilità di avere un
riferimento costante per fare domande e ricevere
chiarimenti. I discenti, infatti, hanno valutato le risposte dell’e-tutor: chiare (95%), complete (93%),
utili (93%) e interessanti, anche se legate soprattutto a contenuti di tipo organizzativo (92%) (figura 9). Il tutor è stato giudicato inoltre veloce nel dare risposte (92%), amichevole (96%) ed efficace
(97%).
Per quanto riguarda l’attività formativa sul campo,
che si è svolta in modalità learning by doing, in
stretto affiancamento con l’esperto anestesista pediatrico (tutor/docente): per il 92% dei partecipanti è stata giudicata chiara, per l’89% completa e organizzata (Figura 10).
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
Dal grafico 10 si evince, inoltre, che il 77% dei partecipanti avrebbe desiderato un periodo più lungo
presso le sale operatorie e il 70% che fossero sviluppati ulteriormente gli aspetti pratici. La presentazione dell’esperto delle attività svolte in sala operatoria, è stata chiara per il 93%, completa per
l’89%, interessante per il 97%, e il linguaggio tecnico utilizzato è risultato semplice da capire per il
98%.
Un altro aspetto analizzato è la fattibilità di integrare lo studio on line con l’organizzazione lavorativa.
Solo il 18% dei professionisti in realtà afferma di
aver utilizzato il computer della propria azienda e il
17% dichiara di aver studiato in orario di servizio.
Da ciò si evince che la maggior parte dello studio è
avvenuto con l’utilizzo di computer personali (82%)
e fuori dell’orario di lavoro (83%) (Figura 11). Da
questi dati si può percepire che la formazione in rete non trova ancora i supporti adeguati per integrarsi efficacemente all’interno della normale attività
professionale.
Complessivamente la soddisfazione del corso integrato blended learning è stata del 90% sull’approccio formativo proposto, del 92% sull’attività residenziale e del 93% sulle aspettative iniziali (Figura 12).
interessante
92
efficace
97
amichevole
96
utile
93
veloce nel rispondere
92
completo nelle risposte
93
chiaro nelle risposte
95
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90 100 110
Figura 9. Il grafico riporta la valutazione dei discenti espressa in percentuale sulle risposte
fornite dall’e-tutor. (Carraro, 2009).
110
92
89
89
100
77
90
70
80
59
70
60
50
40
30
20
10
L’applicabilità e la funzionalità del LMS
nella gestione degli utenti.
Un’altra sfida innovativa di questo progetto è stata
la sperimentazione delle funzionalità dell’LMS al fine di gestire la fruizione di materiali on line.
100
90
80
61
70
60
50
40
30
17
18
20
10
0
durante l'orario di
servizio
usando il PC
aziendale
difficoltà uso PC
aziendale
Figura 11. Il grafico riporta le modalità di fruizione del corso on-line
utilizzate dai discenti. (Carraro, 2009).
I professionisti, infatti, hanno espresso una loro
opinione sull’esperienza di fruizione dell’apprendimento mediato dalle tecnologie rilevando alcune
difficoltà minori risolte in itinere grazie alla collaborazione attiva con l’e-tutor quali: il “blocco e chiusura inaspettata” dell’accesso ai materiali per il
32%, la difficoltà dell’utilizzo della videata grafica
per il 34%, la difficoltà a procedere nella fruizione
dei materiali per il 30%. Hanno invece vissuto come critica l’impossibilità di stampare il testo l’88%
(la stampa non è prevista per ragioni di copyright)
(figura 13).
0
chiara
completa
organizzata
avrei preferito più
aspetti teorici
avrei preferito più
aspetti pratici
periodo in sala
operatoria più
lungo
Figura 10. Il grafico riporta la valutazione espressa in percentuale dei discenti sull’organizzazione
delle attività in sala operatoria. (Carraro, 2009).
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
93
92
90
soddisfazione
complessiva
attività residenziali
soddisfazione rispetto
alle aspettative
Figura 12. Il grafico riporta i valori percentuale della valutazione complessiva del corso integrato.
(Carraro, 2009).
32
blocco o chiusura inaspettata
34
difficoltà videata
88
mancata possibilità di stampa
20
poca chiarezza
30
difficoltà a procedere
4
difficoltà utilizzo password
29
difficoltà di accesso al sito
0
10
20
30
40
50
60
70
Figura 13. Il grafico riporta i livelli percentuali di difficoltà riscontrati dai discenti
nell’apprendimento e-learning. (Carraro, 2009).
80
90
100
117
118
E. Rossato, G. Putoto, A. Carraro
CONCLUSIONI
I dati elaborati nei grafici di sintesi dimostrano come il corso abbia contribuito ad aumentare in modo significativo il livello delle conoscenze dei partecipanti su tutti gli argomenti trattati. La soddisfazione complessiva rilevata è stata elevata sia per lo
studio in rete sia per l’attività pratica svolta presso
la sala operatoria. In particolare, l’attività in sala
operatoria ha creato la possibilità di applicare le
conoscenze apprese e rielaborarle su casi reali mediante il confronto diretto e costante con l’esperto
(tutor/docente).
Anche la metodologia formativa proposta (tempi,
istruzioni, tutoraggio, materiali didattici, ecc.) è stata apprezzata.
Sono però state rilevate alcune aree problematiche
ancora aperte:
- la mancata integrazione dei tempi di studio con
l’attività professionale;
- l’impossibilità dell’uso dei supporti informatici
aziendali.
Questi aspetti, in una prospettiva di diffusione della formazione a distanza, rischiano di appesantire
eccessivamente i carichi di lavoro dei corsisti e demotivare i professionisti nell’intraprendere nuovi
approcci formativi e-learning poiché si trovano a
dover studiare al di fuori dell’orario di servizio per
la maggior parte del tempo. L’azienda, che voglia
avvalersi in modo consistente della formazione mediata dalle tecnologie, dovrà necessariamente affrontare il problema proponendo delle soluzioni.
Il binomio formativo, studio on line in auto-apprendimento integrato alla formazione sul campo, rappresenta una metodologia efficace per lo sviluppo
di nuove competenze professionali e una strategia
trasferibile in diversi contesti lavorativi ed organizzativi.
Sulla base di questa esperienza si può affermare
che una metodologia formativa basata sull’e-learning, se supportata da strumenti organizzativi e
tecnologici adeguati, può essere realizzata all’interno delle singole Aziende Sanitarie e può rappresentare una tipologia formativa accreditata Educazione
Continua in Medicina (ECM) in grado di determinare una maggiore offerta formativa funzionale alla
complessità organizzativa del sistema sanitario.
BIBLIOGRAFIA
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Fonte V. (2011). Le mappe concettuali nella didattica della storia: riflessioni su un’esperienza. TD Tecnologie Didattiche, 19 (2), pp. 119-125
Quali problemi emergono nell’utilizzare le mappe
concettuali per l’apprendimento della storia?
Cosa fare e cosa non fare per risolverli?
What problems arise when using concept maps for
learning history? What are the dos and don’ts for
overcoming those problems?
NELLA DIDATTICA
DELLA STORIA:
RIFLESSIONI SU
UN’ESPERIENZA
ESPERIENZE
LE MAPPE CONCETTUALI
119
An experience in using concept maps
in history education
Con il presente lavoro si vuole prendere in esame
uno strumento non certo recentissimo, ma solo recentemente rivitalizzato ed entrato in voga, a guisa di efficacissimo sussidio strategico, nella didattica di molte scuole italiane. Si tratta delle mappe
concettuali, strumento grafico per rappresentare
sistemi di conoscenze e procedure complesse, teorizzate da Joseph Novak negli anni ’70; qui esse
vengono analizzate alla luce di un’esperienza concreta, condotta nella classe 3ª di una Scuola secondaria di 1° grado nell’ambito dell’insegnamento della storia1.
Si cerca di riflettere sul bagaglio di formazione e
sui requisiti necessari agli studenti per adoperare
efficacemente lo strumento e quindi di capire se
l’utilizzo effettivo sia stato soddisfacente e “facilitante” o meno in relazione al processo di apprendimento. Certamente la questione è molto sfaccettata e, se non è possibile generalizzare partendo
da esperienze personali e diverse in cui cambiano
i contesti d’uso, le modalità di studio e gli obiettivi didattici, è comunque utile una riflessione sui
vari aspetti che qui emergono.
A monte della scelta dello strumento vi è l’intento
di indirizzare la didattica della storia, più che sul
racconto storico, sul modo in cui esso si costruisce
e viene elaborato dal discente, orientando l’attività
da narrazione trasmissiva di argomenti da memorizzare a processo attivo di “costruzione di conoscenza” (Girardet, 2004) in cui ogni passo sottende uno stadio di avanzamento concettuale. Si tratta pertanto di identificare una serie di modi di operare e di condizioni necessarie affinché gli studenti, attraverso l’uso delle mappe, siano facilitati nel
processo di costruzione della consapevolezza della
Valentina Fonte | Dottoranda in Scienze della Cognizione e della Formazione
* Valentina Fonte | Centro Interateneo per la Ricerca Didattica e la Formazione Avanzata,
Università Ca’ Foscari, Venezia | c/o VEGA
Via delle Industrie 17/a, 30175, Marghera (VE) | [email protected]
complessità del fatto storico e se ne approprino,
abituandosi a fermarsi, a riflettere sui singoli passaggi e sugli aspetti più significativi, a indagare formulando ipotesi e domande, a operare confronti.
LE MAPPE CONCETTUALI: UNO STRUMENTO
VIRTUOSO MA COMPLESSO
L’analisi non può prescindere dalle virtù di un metodo di rappresentazione del sapere che fa riferimento a un modello cognitivo di tipo costruttivista, in base al quale ciascuno è autore del proprio
percorso conoscitivo all’interno di un contesto. Le
mappe mirano di fatto a facilitare la realizzazione
di apprendimenti significativi, sono mediatori iconici il cui utilizzo è in grado di modificare realmente le strutture cognitive del soggetto: la conoscenza avviene infatti mediante elaborazione del significato, allorché l’allievo attribuisce al materiale informativo un significato personale.
Giacché riflettono tale elaborazione ed organizzazione personale delle informazioni, come pure lo
stile cognitivo dello studente, le mappe sono in genere differenti l’una dall’altra, anche se sviluppate
a partire dai medesimi input e per gli stessi propositi.
La preparazione di una map1 L’esperienza ha avuto luogo nell’Istituto Comprensivo
pa concettuale costituisce un
Giacomo Zanella di Porcia (PN) durante l’a.s. 2007vero e proprio lavoro di ricer2008.
ESPERIENZE
120
V. Fonte
ca: parole, immagini, fatti e concetti vanno raggruppati in concetti-chiave, rappresentati da proposizioni (unità semantiche), da argomenti (nodi)
e organizzati in una rete semantica in cui ciascun
nodo è collegato ad altri da rapporti logici e associativi.
Viene da sé una riflessione sulla complessità del
processo, che richiede un articolato ragionamento
pianificatorio alla base di tutta una serie di operazioni interconnesse (Figura 1):
comprendere il testo
rispetto alla sua base
concettuale e
nella relazione
con il contesto
selezionare le
informazioni ritenute
essenziali e
gerarchizzarle
ordinare i nuclei
informativi primari,
scegliendo la
prospettiva da cui
presentare le idee
individuare
chiaramente la
“domanda focale”,
ovvero il tema che si
vuole descrivere e
dunque circoscrivere
l’ambito di analisi
condensare le
informazioni in una
parola o in concetti,
riformulando
i contenuti
integrare le
informazioni mediante
inferenze logiche
disporre i concetti
nello schema grafico
specificando la natura
e la direzione delle
relazioni associative
Figura 1. Le operazioni funzionali al processo di concept mapping.
Non si tratta dunque di un’operazione immediata
ed univoca, bensì di una riformulazione finalizzata che mette in campo una serie multiforme di abilità integrate, anzi di autentiche competenze,
giacché è implicita e quanto mai fondamentale la
componente metacognitiva, di riflessione sull’intero processo.
Se è auspicabile che tali abilità fondamentali possano essere acquisite e affinate attraverso l’esercizio, non è però affatto scontato che lo siano tutte e
tutte correttamente; anzi, è convinzione di chi scrive che alcune delle operazioni attivate, quali la
comprensione, la selezione e la manipolazione delle informazioni, il riordinamento e la riformulazione
logica e sintetica, siano difficilmente riferibili alla
dotazione cognitiva di studenti delle scuole secondarie di I grado, laddove lo stesso processo di rappresentazione strutturale delle conoscenze risulta
complesso per il ragionamento di un docente.
È uno scoglio questo, se non un paradosso, emerso a valle dell’esperienza e che appare imprescindibile.
L’ESPERIENZA IN SINTESI
Le mappe sono state utilizzate come metodologia
di supporto per lo studio della storia in una classe
III, ricorrendovi più volte, per argomenti e in periodi diversi durante l’anno scolastico.
Gli studenti erano stati avviati al loro uso anche
negli anni precedenti, attraverso attività propedeutiche finalizzate a diversi obiettivi didattici: collegare semplici informazioni, individuare/comprendere relazioni, raccogliere dati omogenei sulla base di categorie date o indicatori di tipo fisico-geografico, sociale, economico, culturale e religioso. Il
manuale di storia, fin dalla classe 1ª, proponeva
esercizi laboratoriali nella forma del completamento di schemi, guidando l’alunno ad inserire dentro
caselle vuote alcuni termini mancanti indicati in
calce e consentendo pertanto di controllare la reale acquisizione sia dei contenuti sia delle relazioni.
Talvolta, per favorire la familiarizzazione con le
mappe e facilitare lo studio, si era fornita alla classe una serie di materiali didattici di supporto alla
spiegazione frontale, quali tabelle, sintesi e appunto mappe concettuali o visualizzazioni grafiche focalizzanti gli aspetti fondamentali e le linee principali di ogni tema evidenziato.
Premesso questo ed entrando nel cuore dell’esperienza concreta, l’azione didattica si orientava preliminarmente verso la spiegazione e l’individuazione dei nodi significativi di una serie di avvenimenti storici, condotta collettivamente in classe; nella
consapevolezza che programmare è innanzitutto
selezionare, si cercava già di scremare i fatti essenziali della narrazione scegliendo dei problemi
intorno ai quali aggregare i contenuti e lasciando
poi spazio alla discussione collettiva. Ciò per evitare che contenuti cristallizzati venissero passati
dall’insegnante, come avviene spesso, sottraendoli all’elaborazione da parte degli allievi e per creare un ambiente mentale in cui ogni soggetto potesse avvicinarsi ai temi storici con un atteggiamento critico, riflettendo su di essi.
Agli allievi era quindi affidato - talora come attività individuale domestica, talora come esercizio laboratoriale nelle ore curricolari - il compito di sistemare i dati di base fondanti la ricostruzione
operata dal manuale o dalle fonti esaminate in
classe, per poi rappresentare autonomamente
l’organizzazione del sistema di relazioni attraverso le mappe.
Ciò rappresentava uno dei tanti modi per riconfi-
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
tive all’età giolittiana, ciascuno si concentrava di
volta in volta o sull’aspetto politico (conquiste coloniali in particolare, con molta rilevanza sulle date) o su quello economico (esclusivamente la crescita industriale nel Nord) o sull’aspetto sociale
(forte ondata migratoria), senza curarsi del quadro
d’insieme.
Significative al riguardo le risposte date dagli allievi, interrogati in merito alle difficoltà riscontrate
nell’elaborazione delle mappe: «Non so mai da
che parte cominciare»; «Faccio fatica a collegare i
concetti»; «Non capisco quali siano i fatti più importanti»; «Impiego tantissimo tempo a scegliere
le parole»; «Non capisco cosa viene prima e cosa
dopo» (intendendo la difficoltà a indagare cause e
conseguenze di un fenomeno, n.d.r.); «Ricopio intere frasi del testo».
In sintesi gli allievi faticavano a selezionare le date e gli eventi davvero importanti, tendevano a costruire mappe affollate di soli “personaggi-fatti-luoghi-date”. Ad esempio, nel rappresentare i moti insurrezionali in Italia, si limitavano a evidenziare i perso- 2 Si fa riferimento al manuale adottato nell’a.s. 2007naggi citati in quattro para2008: C. Cartiglia (2005). Storia Amica. Percorsi e
strumenti del sapere storico. III volume. Dall’età
grafi del testo, i luoghi e le danapoleonica a oggi, Torino: Loescher Editore.
te - Ferdinando I nel Regno
LE DIFFICOLTÀ EMERSE
L’esperienza ha fatto emergere complicazioni a
monte dell’intero processo, fin dalla mera comprensione del testo: gli alunni, seppure abituati
sin dal primo anno di scuola secondaria all’attività
di comprensione e analisi testuale, hanno manifestato difficoltà a selezionare le informazioni chiave di un testo storico, concettualmente molto denso e dotato di un suo linguaggio tecnico e di una
Gli allievi
L'insegnante
Avvio
peculiare struttura espositiva. La previa individuaAscoltano e partecipano
Introduce l’argomento e sonda i saperi naturali
degli allievi tramite domande-stimolo
zione e l’eventuale annotazione di idee-guida facilitava relativamente poco il successivo lavoro con
Avvio
le mappe, almeno secondo quanto emergeva dalle
Partecipano e annotano gli elementi chiave
Screma e narra i nodi storici principali tramite
sul quaderno di lavoro
restituzioni e revisioni finali.
lezione frontale dialogata
Ancora più lenta e problematica la fase di organizCorpo centrale
zazione dei concetti, da collegarsi in una rete logiIntroduce e promuove
camente strutturata attraverso categorie. Malgrado
Leggono le fonti o i documenti in esame
la lettura collettiva di fonti
- come già detto - conoscessero e utilizzassero le
mappe fin dalla classe 1, e avvezzi a rappresentaCorpo centrale
Partecipano alla discussione collettiva
Facilita la discussione collettiva
zioni grafiche e schematiche anche nel parallelo
focalizzando i nodi-problema
su spunti e problemi
ambito geografico (per identificare le caratteristiche salienti di un territorio o cause e conseguenze
Fase finale
di problemi del mondo d’oggi, ad esempio l’effetto
Ascoltano e annotano la consegna
Assegna la selezione del testo da approfondire
su manuale o fotocopie
serra e la desertificazione), alcuni faticavano non
poco a comprendere la natura dei nessi impliciti
Fase finale
nello stesso testo (quale relazione? quale delle diAscoltano e annotano la consegna
Illustra la finalità delle mappe e chiarisce
sposizioni comporta l’altra?) e a riordinare i conla consegna
cetti gerarchicamente scegliendoli tra i plurimi a
Conclusione
disposizione.
Avvia l’attività domestica individuale
Sistemano i dati di base e avviano l’attività
Ad esempio, incaricati di rappresentare il quadro
o laboratoriale in classe
generale degli Stati europei alla vigilia della Prima
Guerra Mondiale, analizzando un breve capitolo di
Attività domestica
tre paragrafi, la maggior parte degli allievi sintetizProcedono con il “mapping”
zava gli schieramenti in campo, ovvero le alleanze
(Triplice Intesa e Triplice Alleanza) e le tensioni esiNuova lezione
stenti tra gli Stati, senza spiegarne i motivi, o traPartecipano alla discussione e riflettono
Procede alla consegna delle mappe elaborate
lasciando completamente il tema fondamentale
sui confronti e su eventuali “errori”
e avvia una discussione/confronto
delle ideologie di guerra (nazionalismo e razzismo)2. O ancora, nel mappare le conoscenze rela- Figura 2. Le fasi salienti di una lezione tipo di Storia inclusiva dell’attività di mapping.
ESPERIENZE
gurare (in questo caso la spiegazione) mediante
uno scheletro grafico personalizzato, per portare
allo scoperto ragionamenti inferenziali chiarendo
il quadro d’insieme e identificando i possibili fattori esplicativi e il loro intreccio; e, inoltre, per far
acquisire agli studenti in forma attiva competenze
procedurali tipiche sì dello storico, ma utili anche
come strumenti di lettura al di fuori dell’ambito
prettamente storico o genericamente scolastico.
I ragazzi usavano un sussidio tanto tradizionale
quanto prezioso, un quaderno di storia personalizzato e continuamente aggiornabile, in cui sperimentavano e riportavano le conoscenze storiche in
evoluzione e i problemi emersi (in veste di appunti, schede, esercizi, glossari e, appunto, mappe).
Schematizzando una lezione-tipo inclusiva dell’attività finale con le mappe, essa procedeva generalmente secondo le fasi riportate in figura 2.
121
ESPERIENZE
122
V. Fonte
delle Due Sicilie, Santorre di Santarosa, Cesare
Balbo, Carlo Felice e Carlo Alberto in Piemonte nel
1820-21, Francesco IV e Ciro Menotti a Modena
nel 1831, e quindi Mazzini - tralasciando in molti
le aspirazioni dei rivoluzionari e l’esperimento costituzionale di Napoli, così come i mezzi propugnati da Mazzini, quali la propaganda e l’insurrezione, a lungo discussi in classe, e dunque fornendo un quadro superficiale e incompleto. Inoltre ragionavano ben poco sulle cause e restavano fedeli
al manuale non solo nell’uso dei termini, ma anche
nella sua continuità lineare: vale a dire che l’ordine dei fatti storici seguiva quello dei capitoli (per
esempio la Rivoluzione russa veniva dopo la Prima
Guerra Mondiale) o peggio l’importanza e dunque
lo spazio di rappresentazione dedicato ad un evento o problema veniva identificato con quello dedicatogli dal testo (come può accadere quando si
trovano dossier o intere pagine dedicate ad un’incoronazione accanto a secoli sbrigati in pochi paragrafi).
La situazione migliorava allorché si fornivano ai
ragazzi schemi di mappe già in parte strutturati,
da completare ricercando le informazioni nel testo. Il che però implicava un grado minore di manipolazione dei concetti e di personalizzazione
delle conoscenze apprese, appiattendo peraltro
l’esercizio nella localizzazione e messa in ordine
di informazioni (sintagmi) già confezionati o nell’esplicitazione di qualche relazione. E se è vero
che il lavoro domestico va inteso come ripresa,
rielaborazione, riflessione (ove il prefisso ri- ben
esprime un ritorno alla fase precedente, una messa a punto del lavoro compiuto in classe), è altrettanto vero che i compiti non si esauriscono nella
duplicazione del già fatto, vogliono essere anche
l’apertura di nuovi fronti, di nuove domande, dunque uno sguardo in avanti e personale. Raramente le mappature degli allievi andavano in questa
direzione.
plicare correttamente partendo da un testo elementare, figurarsi quali difficoltà comportino nell’ambito di una disciplina come la Storia, per il cui
studio sovente sono privilegiate.
Certo, si potrebbe obiettare che le mappe servono
proprio a questo: a fare ordine, a scegliere le informazioni e a fissarle (memorizzandole) in un tutto
coerente.
Ma qui non si discute sulle valenze dello strumento in sé; si pondera criticamente il suo uso nell’ambito di una disciplina specifica e complessa come
la storia, e la sua efficacia tra discenti non ancora
in possesso di abilità cognitive adeguatamente
strutturate.
L’attività di selezione e gerarchizzazione delle informazioni di un testo è peraltro un’abilità da sviluppare nell’arco di tutto il percorso scolastico, e
resta di fatto virtuoso appannaggio di pochi: sapere cosa riportare e cosa tralasciare in base allo scopo, quindi riordinare e legare tra loro i concetti è
un processo per nulla immediato che presuppone
un’intelligenza critica, simultanea, associativa e
che si affina sul lungo tragitto, educando l’allievo a
guidarsi consapevolmente nella pratica delle conoscenze e delle competenze alla base della comprensione testuale, e quindi eventualmente della
produzione.
Tanto più che nella disciplina storica, sulla scorta
dei più aggiornati paradigmi della storiografia
esperta, la ricerca approfondita dei significati non
passa più per le miopi ricostruzioni linearizzate sul
rapporto antecedente-conseguente, ovvero su paralizzanti schemi di spiegazione causale unidirezionale, preferendo ragionare invece in un’ottica di
rapporti condizionali, di catene di causalità “a ellissi multiple”3.
Ciò richiede un lavoro ancora più graduale e approfondito per avvicinare gli studenti a tale recuperata dimensione della complessità, vigilando perché essa non venga percepita solo come “complicazione”, ma come coesistenza di rapporti molteLE ABILITÀ DA POTENZIARE
plici in luogo di arbitrarie semplificazioni che imSi possono riassumere le difficoltà generalmente poveriscono il senso e la stoffa stessa di cui è fatriscontrate dagli studenti nel rappresentare map- ta la Storia.
pe, attraverso il filtro delle stesse abilità coinvolte:
- la capacità di analisi nell’approfondimento criti- LA CORREZIONE EFFICACE
co dei singoli argomenti;
Vale la pena riflettere anche su un’altra questione
- la capacità di sintesi nello intrinseca all’uso delle mappe concettuali: la corstrutturare gli argomenti in rezione efficace da parte dell’insegnante. È una
un percorso unitario;
problematica rilevante, non meno del delicatissi3 «Lo storico quasi mai ha a che fare con una causa
- la capacità di mettere in mo compito della valutazione.
unica, lavora invece con legami molteplici, di diverso
tipo e di diverso spessore temporale. […] L’ampliarsi
relazione gli argomenti e le Tale azione è collegata all’esigenza di sostenere e
e l’approfondirsi delle ricerche in settori prima
problematiche studiate, at- stimolare la revisione finale da parte dell’allievo e
inesplorati, osservati da prospettive innovative e
traverso collegamenti coe- il ragionamento sull’eventuale errore.
indagati con strumenti sempre più perfezionati, fanno
aumentare in quantità e in qualità le possibilità e le
Gli stimoli cognitivi forniti dagli errori e dalla loro
renti ed efficaci.
sfumature delle nostre domande alla immutata
Ora, analisi, sintesi, astrazio- analisi impongono del resto un riconoscimento. Aldomanda “Perché?”, allargando il ventaglio dei fattori
ne ed elaborazione logica so- trimenti, come sostiene Bateson, si corre il pericoantecedenti e contemporanei ritenuti significativi»
no funzioni già ardue da ap- lo di cadere in un relativismo privo di criteri, che
(Bianchi e Crivellari, 2003: pp. 88-89).
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
I REQUISITI PER UN USO VIRTUOSO
DELLE MAPPE
Ammesso che il docente gestisca consapevolmente anche queste delicate fasi del percorso didattico, permane la necessità di strutturare e sviluppare con attenzione i singoli sottoprocessi relativi al
rafforzamento delle diverse abilità coinvolte.
Si tratta allora di tratteggiare dei requisiti fondamentali per un uso virtuoso delle mappe, ovvero
per gestire la complessità del ragionamento pianificatorio di base e dunque guidare gli allievi a padroneggiare il compito.
Quanto viene di seguito ipotizzato costituisce naturalmente una mera esemplificazione, con attività
generiche: sarà poi il docente a ragionare sulle
scelte specifiche, sui metodi e le strategie per conseguire risultati ottimali e raggiungere le finalità
che si è posto; fermo restando un ventaglio di criticità di fondo sopra sviscerate che, come detto, riguardano l’adeguato sviluppo o meno di specifiche
funzioni cognitive nei soggetti in età pre-adolescenziale (10-13 anni).
Alla luce dell’esperienza e dei problemi emersi,
possibili attività per affinare l’elaborazione delle
mappe non devono prescindere da esercizi di
comprensione e analisi di testi informativi. È essenziale lavorare a lungo sul metodo di studio: come individuare le informazioni chiave di un testo
storico, come gerarchizzarle, anche mediante
semplici segnature testuali (sottolineature, cancellature, segni grafici, ecc.). Utili possono rivelarsi le attività volte ad eliminare le informazioni marginali, quindi a segnare l’ordine logico vicino ad
ogni idea importante con numeri progressivi o altri
marcatori. Per aiutare ad accorpare le idee, si può
chiedere agli alunni di intervenire, a partire da una
lista disordinata di idee, raccogliendo i dati omogenei sulla base di una serie di richieste.
Certamente funzionali sono le attività di potenziamento delle macroregole del riassunto, il cui focus
è rappresentato dalle operazioni sul testo di partenza (Rigo, 2005: pp. 264-273); utile anche un
approccio meno analitico e più globale, che guidi
all’individuazione delle informazioni principali rispondendo alle domande categoriali: Chi? Che cosa? Quando? Dove? Perché? Come?.
Per far fronte alla difficoltà di selezione e rielaborazione delle informazioni, possono risultare strategici anche esercizi per schematizzare e riformulare appunti, così come attività di pianificazione e
schematizzazione esperite dapprima su piccoli
segmenti di testo, quindi su porzioni sempre maggiori.
L’esperienza conferma l’opportunità di una spiegazione
accurata delle categorie più 4 E non dimenticando che, quando il docente corregge
un errore, corregge sempre una persona.
comuni (analogia, causa, 5 Preziosi suggerimenti sulla correzione efficace si
conseguenza, precedenza,
trovano in (Rigo, 2005: pp. 233-238).
ESPERIENZE
impedirebbe l’acquisizione di strumenti di revisione e di cambiamento verso forme di conoscenze
consolidate. L’apprendimento è un processo che si
articola attraverso due piani distinti ma connessi:
una componente conservativa e tautologica ed
un’altra casuale, imprevedibile, creativa, che prepara al cambiamento (Bateson, 1984).
È evidente che il rischio di un relativismo comodo,
sbrigativo, sia connaturato alla versatilità delle
mappe; è altrettanto evidente che qui non si condivide la logica secondo cui tutte le mappe vanno
bene in quanto rappresentazioni di un modo di conoscere personale.
L’errore chiede sempre di essere interrogato, sondato; ed è proprio nel riconoscere che una mappa
si articola attraverso presupposti tendenzialmente
imperfetti o illogici, che attiviamo un conflitto con
altri modi di apprendere e trasformiamo l’errore in
«una risorsa per rivedere e, alla fine, raggiungere
forme di conoscenza più evolute, alla luce di un
processo di condivisione, di confronto con gli altri
protagonisti della comunità ermeneutica che sta
alla base della costruzione della mappa stessa»
(Gineprini e Guastavigna, 2006).
Si impone allora la necessità di attivare un agire
pedagogico che implichi un monitoraggio dell’intero processo da parte del docente, allo scopo di
guidare e affinare le operazioni cognitive dell’allievo giacché saper costruire una mappa è una competenza che si forgia, un salto notevole in termini
di acquisizione di capacità di astrazione; essa non
viene spontaneamente, pertanto non ci si può
aspettare che gli studenti la acquisiscano da soli
senza essere costantemente assistiti nel processo
di forgiatura.
Qualora non si riesca a guidarli lungo l’intero snodo del percorso, è quanto meno indispensabile sebbene non sufficiente - una mediazione finale
con un dialogo su cosa è stato compreso: in che
modo, perché, come si potrebbe esprimere un dato concetto in altre parole, in rapporto a quali altre
conoscenze; «[…] un passo necessario verso
un’armonizzazione e un aggiustamento reciproco
dei diversi modi di insegnare ed apprendere» (Perticari, 1996: p. 137). Di qui la necessaria attenzione e sensibilità del mediatore, capace - più che
di criticare il prodotto - di sostenere in primo luogo il processo, dando al discente un punto di riferimento su cui costruire il proprio iter formativo
senza inibire la sua personale intelligenza, mirando invece a valorizzarla4.
Per farsi reale elemento di conoscenza, le mappe
dunque richiedono di essere costantemente e attentamente analizzate, revisionate, ridefinite attraverso il confronto con il gruppo classe; la valutazione in termini di giudizio non deve assumere un valore rigorosamente formale, quanto il valore di
un’indicazione orientativa utile per l’allievo5.
123
ESPERIENZE
124
V. Fonte
successione, esemplificazione, ecc.), ponendo l’allievo nella condizione di interrogarsi in modo critico su di esse muovendo da un testo dato.
Considerando le difficoltà palesate (ad esempio
con la parola rivoluzione, sovente associata ad un
tempo breve ed “esplosivo”, in luogo di un lungo e
lento processo di “cambiamento”), risulta altrettanto importante far riflettere su parole e concetti
che implicano riferimenti temporali, perché «il
senso del tempo non si impara memorizzando i
fatti in successione cronologica dal più antico al
più recente, ma esercitandosi, lavorando con le diverse temporalità per arrivare a cogliere le relazioni che sussistono tra tempi, spazi e problemi»
(Brusa, 1991: p. 47). La padronanza degli operatori temporali di base (quali la successione, la contemporaneità, la durata) appare requisito fondamentale per evitare che l’ordine temporale della
storia venga identificato con l’ordine lineare dei capitoli del manuale e per compiere operazioni più
complesse, come ad esempio lavorare sulle congiunture; sono esercizi realizzabili sia a partire dal
manuale stesso, smontando e riflettendo sulla sua
impalcatura cronologica, sia a partire dalle fonti,
isolandone e schedandone le informazioni temporali6.
Importante è anche il momento della scelta o della definizione del perché si vuole costruire una certa mappa. Tale finalità costituisce un timone che
guida l’intero processo e deve essere esplicitata fin
da principio nella consegna. Non è detto, infatti,
che una mappa serva solo a sintetizzare i contenuti di un testo, può anche servire per chiarire ed evidenziare uno specifico significato, o per esplicitare, appunto, relazioni ed effetti di non immediata
comprensione.
Altro requisito determinante è il lavoro sulle immagini, linguaggio forte e assai vicino ai giovani: fotografie e testi iconici impongono una riflessione sul
loro significato, scacciando la falsa idea che siano
più facili da leggere dei testi scritti o che riproducano esattamente la realtà, e indagando pertanto
quello che viene definito l’uso pubblico della storia
(Bianchi e Crivellari, 2003: pp.138-145).
6 La lettura e la costruzione di grafici temporali,
insieme al lavoro sulle fonti, costituiscono i punti di
forza della storia laboratoriale (Bianchi e Crivellari,
2003: pp. 64-65).
7 CMap è reperibile gratuitamente all’indirizzo URL:
http://cmap.ihmc.us/download (ultima consultazione
maggio 2011) per sistemi Windows, Mac OSX, Linux e
Solaris. Sebbene l’ambiente richieda una certa
pratica per impiegarlo nel modo migliore, permette
anche di inserire commenti che identifichino le
correlazioni fra i nodi e di inserire link a documenti,
indirizzi web o a sotto-mappe ulteriormente
dettagliate.
CONCLUSIONI
Nel complesso, la sperimentazione delle mappe qui condotta ha messo in luce una
serie non trascurabile di problemi e criticità; la maggior
parte degli allievi coinvolti
non ha apprezzato né tratto
particolare vantaggio dalle attività integrative proposte,
usando faticosamente lo strumento.
Certamente le mappe riman-
gono una risorsa promettente per infittire la rete innovativa della multimedialità nella scuola; nel caso specifico della didattica della storia hanno l’indubbio vantaggio di favorire un’analisi più approfondita e la riflessione sui fenomeni storici, oltre
che facilitare la personale sistematizzazione delle
conoscenze (fissandole in un sintetico archivio e
agevolando il conseguente recupero in memoria,
come pure il ripasso). Esse consentono di collegare eventi, situazioni, concetti, rintracciando i legami che li caratterizzano, e ciò permette all’alunno
di produrre un quadro ampio delle realtà, non legato ad un singolo fatto, ma esteso alle diverse situazioni che scandiscono un periodo storico; un
quadro di civiltà composito e globale, che sappia
rendere la complessità delle strutture sociali, politiche e culturali. Occorre però tenere presente che
vi sono condizioni necessarie e assolutamente vincolanti perché le mappe funzionino con un rendimento accettabile in termini di applicabilità ed efficacia.
La serie di criticità emerse evidenzia in particolare
difficoltà sostanziali nell’uso individuale e difficoltà nella comprensione del testo rispetto alla sua
base linguistica, concettuale e nella relazione con
il contesto (il che preclude l’uso delle mappe così
come di qualunque strumento di rappresentazione).
Le difficoltà legate all’uso individuale rimandano
ad un processo di rappresentazione collaborativa,
e quindi all’opportunità di orientare le attività secondo un cooperative learning per piccoli gruppi,
che promuova l’apprendimento tra pari e renda più
agevole la fase di revisione e discussione finale;
quantomeno si impone di legare strettamente l’attività domestica individuale con quella in classe.
Su questo orizzonte-limite può venire in aiuto
l’adozione di eventuali strumenti informatici come
CMAP, un software specifico che, oltre a facilitare
la realizzazione delle mappe, consente di condividerle e pubblicarle online, di conservare il materiale prodotto (rendendolo recuperabile e modificabile in qualsiasi momento) e di creare collegamenti
di immediata comprensione7.
Il secondo genere di difficoltà lascia pensare a una
possibile sinergia fra costruzione di mappe e sviluppo delle capacità di comprensione e analisi testuale, partendo da fonti accessibili per il linguaggio usato e attinenti temi o problematiche vicine
agli interessi degli studenti. Su questo aspetto viene da sé una riflessione sull’importanza di progettare ed approntare ambienti di apprendimento il
più possibile significativi e diversificati.
Da tutta l’esperienza si ricava la necessità di ridisegnare continuamente l’intero snodo dei processi coinvolti, e di potenziarli per singole tappe, a
fronte di una simultaneità cognitiva delle mappe.
Serve un’educazione all’uso corretto delle mappe
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
re in presenza e con l’apporto di tutto il gruppo
classe.
Solo affinando e controllando separatamente, e poi
insieme, i vari operatori logici e le singole abilità
alla base della mappatura, gli allievi possono affrontare la complessità del compito unitario loro richiesto e ridurre progressivamente le proprie difficoltà fino alla padronanza più o meno sicura di
ogni specifica azione.
Un doveroso e sentito grazie al prof. Giorgio Olimpo per le utili
delucidazioni sull’uso delle mappe e dello strumento.
BIBLIOGRAFIA
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URL: http://skuola.tiscali.it/percorsi-maturita/ (ultima consultazione
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Novak J.D., Gowin D.B. (1989). Imparando ad imparare. Torino: SEI.
ESPERIENZE
che contempli lavori di complessità graduale e mirati al conseguimento delle competenze integrate e
specifiche messe in luce.
Nelle prime fasi di studio può essere utile sottoporre al discente una serie di mappe già impostate,
del tutto definite o da completare (con scelte possibili esplicitate e distrattori), ricavate dai manuali
o elaborate dall’insegnante, a titolo di esempio e sì
da discuterne approfonditamente in classe. Si pone infatti e costantemente la necessità di un buon
lavoro di interrogazione del racconto storico da fa-
125
FESTIVAL DELLA SCIENZA
126
Messina F., Gorini F. (2011). 150 anni di scienza. TD Tecnologie Didattiche, 19 (2), pp. 126-129
150 ANNI
DI SCIENZA
150 years of science
Francesca Messina, Francesca Gorini,
Ufficio Promozione e Sviluppo di Collaborazioni, CNR | [francesca.messina; francesca.gorini]@cnr.it
* Francesca Gorini | Ufficio Promozione e Sviluppo di Collaborazioni, CNR
Villa Balbi Brignole, Corso F.M. Perrone 24, 16152, Genova | [email protected]
Guarda alle eccellenze che hanno fatto la storia del
Paese e ai giovani che ci condurranno verso i prossimi 150 anni di ricerca, la nona edizione del Festival della Scienza, a Genova dal 21 ottobre al 2
novembre 2011, una delle più importanti manifestazioni all’interno delle Celebrazioni dell’Unità
d’Italia in programma per quest’anno.
Dopo il grande successo conseguito l’anno scorso
con Orizzonti - oltre 200 mila visite in 10 giorni quest’anno si annuncia un Festival davvero “storico”: 150 e OLTRE, infatti, il titolo di questa nuova
edizione, sarà una ricerca delle nostre radici scientifiche nel quadro delle celebrazioni per l’Unità
d’Italia.
Una ricerca che - in realtà - inizia ben prima dell’apertura della manifestazione genovese grazie al
progetto 150 anni di Scienza promosso congiuntamente dal CNR e dall’Associazione Festival della Scienza, un viaggio lungo tutta l’Italia alla scoperta delle eccellenze scientifiche di cui il nostro
Paese è stato protagonista che si snoda in numerose tappe: Milano dove grazie a un laboratorio interattivo allestito dall’Associazione Festival della
Scienza in occasione di “Brainforum”, il 5 Aprile
scorso, sono stati ricordati i progressi della ricerca
nel campo delle neuroscienze); Pisa culla dell’informatica (“Internet Festival”, 5-8 maggio 2011);
Napoli con i suo progressi in campo genetico
Uno sguardo all’edizione 2011 del Festival della
Scienza attraverso il grande progetto itinerante
promosso congiuntamente dal Cnr e
dall’Associazione Festival della Scienza con
l’obiettivo di scoprire le eccellenze scientifiche che
la ricerca italiana ha prodotto negli ultimi 150
anni: dalle neuroscienze alle frontiere della rete,
dalla genetica alla chimica all’agroalimentare…
This preview of the Festival della Scienza 2011
focuses on a major initiative celebrating 150 years
of Italian scientific research. Run jointly by the
Italian Research Council (CNR) and the
Associazione Festival della Scienza, the project
presents outstanding achievements in various
fields including neuroscience, web technologies,
genetics, chemistry and much more.
(“150 anni di ricerca genetica a Napoli”, dal 16 al
22 maggio); Firenze per l’ottica e i laser (“Sotto
una nuova…Ottica - uno sguardo sulle leggi dell’ottica, della percezione e dell’universo inseguendo un raggio di luce”, 24-29 maggio); Bari e Foggia per la ricerca in campo agroalimentare (“Made
in Italy Agroalimentare”, 21-25 settembre); Bologna e la prima cattedra di chimica in Italia (“Questione… di chimica - A tu per tu con le meraviglie
della chimica quotidiana”, 23-27 settembre).
«Si tratta di lungo, bellissimo viaggio che ci porta
a scoprire lo straordinario contributo che la Scienza ha dato allo sviluppo dell’Italia» afferma Manuela Arata, dirigente dell’Ufficio PSC (Promozione e Sviluppo di Collaborazioni) del CNR e presidente del Festival della Scienza, «tappa dopo tappa arriveremo a Genova, dove in occasione dell’edizione 2011 del Festival, in programma dal
prossimo 21 ottobre, sarà allestito l’evento conclusivo del progetto “150 anni di Scienza”, proponendo al pubblico genovese le mostre e le più belle esperienze del tour».
Il progetto è partito con un primo laboratorio interattivo allestito in occasione di “Brainforum
2011”, l’ampio convegno organizzato a Milano il 5
aprile 2011 e dedicato a presentare le frontiere
della ricerca sul cervello. “Mindstake” - questo il
titolo dell’esperienza organizzata dallo staff dell’associazione Festival della Scienza riadattando
un’iniziativa proposta in occasione di “2Ways” il
progetto europeo di comunicazione della scienza
della rete Euscea- prevedeva piccoli esperimenti,
video e immagini tese a svelare gli equivoci della
percezione, dimostrando come la rappresentazione della nostra realtà spesso non coincida con
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
127
FESTIVAL DELLA SCIENZA
quello che è il “mondo fisico”. Un esempio, le illusioni ottiche e sensoriali, che fino a poco tempo fa
venivano utilizzate prevalentemente per ‘stupire’ o
intrattenere, oggi - grazie al progresso delle conoscenze sui meccanismi cerebrali - possono aiutarci tanto a tenere allenato il nostro cervello quanto
a rivelare ottime potenzialità sul fronte della prevenzione e diagnosi medica.
Ad esso è seguita la prima, vera tappa importante
del progetto: quella di Pisa, dove dal 5 all’8 maggio è stata organizzata la prima edizione dell’Internet Festival, manifestazione interamente dedicata a meglio conoscere e approfondire l’universo
della rete del ‘www’ a partire dalla competenza che
storicamente la città ha in questo settore grazie alla presenza di realtà di ricerca di assoluto prestigio
internazionale quali l’Istituto di informatica e telematica del Cnr e del Registro.it, principali organizzatori e promotori dell’evento.
Il Festival, che già si candida a diventare un evento annuale anche grazie al sostegno della Regione
Toscana, ha conseguito in soli quattro giorni lo
straordinario risultato di settemila presenze, ospitando oltre 70 eventi tra ludoteche, laboratori didattici e multimediali, mostre, convegni e seminari che hanno acceso i riflettori sui settori applicativi più promettenti di Internet, e sull’eccellenza della ricerca informatica nazionale e pisana.
Erano invece dedicati, rispettivamente, ai temi della genetica e a quello dell’ottica gli eventi organizzati a Napoli (16-22 maggio) e Firenze (24-29
maggio), anch’essi celebrativi di eccellenze scien-
tifiche proprie delle due città italiane e riconosciute in tutto il mondo.
La capitale partenopea, che tanto impulso ha dato alla ricerca in campo genetico, non poteva infatti che ospitare un evento dal titolo “150 anni di
scienza: la ricerca genetica a Napoli”1, un insieme di laboratori e performances ospitate sia presso la Città della Scienza-Fondazione Idis, sia nei
principali centri di ricerca della città come “assaggio” di una più ampia mostra scientifico-interattiva dedicata allo stesso tema che verrà presentata
in prima assoluta nell’edizione 2011 del Festival
della Scienza di Genova e, successivamente, da
febbraio 2012, nella stessa Città della Scienza a
Napoli. La mostra, che avrà per titolo “Il filo della
vita: dall’RNA alle biotecnologie” partirà dagli
esperimenti di Theodor Boveri, che a fine Ottocento hanno contribuito alla localizzazione dell’informazione ereditaria nel nucleo della cellula, per poi
dipanarsi attraverso l’identificazione dei geni che
controllano lo sviluppo e del primo gene-malattia
italiano, dagli studi sulla drosophila alle tecniche
citofluorimetriche alla decifrazione delle prime sillabe del codice genetico, sino ad arrivare all’ambizioso Progetto Genoma Umano: un cammino che
oggi, dopo il completamento del genoma umano,
conduce a straordinarie prospettive terapeutiche, a
partire dalle potenzialità nascoste in quella molecola che - sola - unisce le generazioni passate a quelle future, il Dna.
1 URL: http://idis.cittadellascienza.it/150annidi
L’evento ha trovato ampia colscienzanapoli/ (ultima consultazione giugno 2011).
F. Messina, F. Gorini
FESTIVAL DELLA SCIENZA
128
laborazione nelle varie istituzioni di ricerca locali
che hanno reso Napoli protagonista di assoluto rilievo nel panorama della ricerca genetica: il Consiglio Nazionale delle Ricerche attraverso gli Istituti
di genetica e biofisica (IGB-CNR), di chimica e tecnologia dei polimeri (ICTP-CNR), di biochimica delle proteine (IBP-CNR), di endocrinologia e oncologia
sperimentale (IEOS-CNR), di materiali compositi e
biomedici (IMGB-CNR); la stessa Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, l’Università degli Studi di Napoli Federico II, il Centro Musei delle Scienze Naturali dell’Università di Napoli Federico II, la Seconda
Università degli Studi di Napoli, il Tigem (Telethon
Institute of Genetics and Medicine), BioTekNet
Centro Regionale di Competenza in Biotecnologie
Industriali, Biogem, Ceinge SCarl, la sezione campana dell’Associazione Nazionale Insegnanti Scienze Naturali, l’Università degli Studi del Sannio, la
Fondazione Idis-Città della Scienza e Città della
Scienza Spa, l’Università degli Studi di Salerno.
È proprio nell’unione sinergica di competenze e
know-how che ognuna delle città coinvolte può
mettere a disposizione che si realizza, infatti, l’essenza di questi percorsi, finalizzati a celebrare la
ricchezza di “sapere” del nostro Paese. La stessa
amalgama che ha dato vita, a Firenze, all’evento
“Sotto una nuova ottica”2, allestito dal 24 al 29
maggio grazie alla collaborazione di parte dell’Università degli Studi di Firenze, dell’Istituto nazionale
di ottica del Cnr, del Museo di storia naturale, di
OpenLab, del LENS (Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare) e dell’Inaf-Osservatorio di Arcetri, interamente dedicato ai temi dell’ottica e della
luce, cui Firenze ha dato nei secoli, e continua tutt’ora a dare, un fondamentale contributo.
L’evento, reso possibile anch’esso grazie al contributo
della Regione Toscana, si è re2 URL: www.sottounanuovaottica.org (ultima
so possibile attraverso mostre
consultazione giugno 2011).
didattiche e interattive, laboratori, installazioni,
conferenze tese a svelare le principali scoperte fatte nei secoli e il futuro che la ricerca ha in serbo, in
un itinerario che ha toccato luoghi “storici” della
scienza fiorentina quali La Specola del Museo di
Storia Naturale, il Villino Donati e l’Osservatorio
astrofisico di Arcetri, per arrivare fino a Villa Il Gioiello, ultima dimora a Firenze di Galileo Galilei. Tra
le iniziative rivolte tanto al pubblico delle scuole
quanto a quello più generico, anche uno spettacolo teatrale organizzato da OpenLab in collaborazione con la compagnia teatrale Venti Lucenti dal titolo “Le stanze di Galileo”, un modo per avvicinare la
figura del grande scienziato collocandola sia nel
contesto storico-politico nel quale si è formato e si
è trovato ad operare, sia isolando alcuni momenti
salienti del suo percorso umano e scientifico.
Questo è quanto ha previsto - ad oggi, mentre scriviamo l’articolo - l’ampio progetto “150 anni di
Scienza”, in attesa delle nuove tappe che riprenderanno da settembre.
La prima è prevista a Bari e Foggia, le due città capofila per il settore agroalimentare, dove dal 21 al
25 settembre sarà organizzato l’evento “Made in
Italy agroalimentare”, un percorso alla scoperta
delle antiche tradizioni agroalimentari del Sud quell’insieme di conoscenze e saperi che nei secoli
hanno contribuito a formare il concetto di dieta mediterranea, universalmente riconosciuta come uno
tra i più completi modelli nutrizionali e dichiarata
‘patrimonio dell’umanità’ - e quindi della filiera
agricola che caratterizza in particolare l’area della
Puglia, con le sue eccellenze eno-gastronomiche
(olio, vino, prodotti ortofrutticoli e lattiero-caseari) e
il ruolo che la sua ricerca può svolgere nella tutela
e valorizzazione di questo straordinario patrimonio.
Poi sarà la volta di Bologna e della full immersion
nel mondo della chimica in programma dal 23 al
27 settembre, a celebrazione di un anno che prevede diverse importanti ricorrenze, dai cent’anni
della struttura dell’atomo di Rutherford, al centenario dell’assegnazione del premio Nobel a Marie
Curie, ai duecento anni della scoperta della legge
di Avogadro… La capitale emiliana sarà infatti la
sede della mostra interattiva “Questione di… chimica” organizzata dall’Area della Ricerca Cnr di
Bologna in collaborazione con CNR-PSC, Aster, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna (Dipartimento di chimica “G. Ciamician” e Facoltà di
chimica industriale), e M2ADL di Ravenna: un’iniziativa volta a ricordare e far scoprire come e quanto la chimica sia parte della nostra vita, dagli oggetti più comuni agli alimenti dei quali ci nutriamo.
Si arriva così a Genova, tappa finale del viaggio,
dove in occasione dell’edizione 2011 del Festival
della Scienza - in programma dal 21 ottobre al 2
novembre- confluiranno molte delle esperienze e
delle mostre proposte, a conclusione del progetto.
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
Robert Falcon Scott, ufficiale della Royal Navy a
capo della “National Antarctic Expedition” britannica. La mostra, ideata dall’American Museum of
Natural History di New York, è realizzata da Codice. Idee per la Cultura in collaborazione con Cnr,
Costa Edutainment, Fondazione Cultura, Università di Genova e Museo dell’Antartide, e sarà allestita a Palazzo Ducale.
E ancora, in omaggio agli Stati Uniti - Paese ospite del Festival della Scienza per il 2011- Genova
sarà la sede della seconda sessione del “Convegno
MIT150 Symposia: Brains, Minds and Machines”, l’ampia iniziativa con cui uno dei più prestigiosi centri di ricerca americani, il Massachusetts
Institute di Boston celebra i 150 anni della propria
storia (la prima sessione si è svolta proprio a Boston dal 13 al 15 maggio). Un’occasione unica per
conoscere da vicino mostri sacri della scienza
mondiale come i “padri” dell’intelligenza artificiale
Marvin Minsky, Rodney Brooks, Ammon Shashua,
accanto a studiosi italiani che proprio negli Stati
Uniti hanno ottenuto il coronamento del proprio lavoro di ricerca quali Tommaso Poggio, Emilio Bizzi, David Ferrucci e Giulio Tononi. A sancire lo storico legame tra i due Paesi, poi, sarà siglato anche
l’avvio di una partnership con la Science Festival
Alliance, il network dei festival della scienza e della tecnologia americani nato sotto l’esperienza del
Cambridge Science Festival, che ha lo scopo di
condividere esperienze e best practices nel campo
della divulgazione della scienza allargando ad ampio raggio le possibilità di collaborazioni e connections internazionali.
FESTIVAL DELLA SCIENZA
Ma non è tutto. Il Festival 2011 ha in programma
molte altre sorprese, merito della straordinaria partecipazione che la comunità scientifica italiana e
internazionale ha dimostrato in occasione della
consueta call for proposal, che quest’anno ha registrato il 25 per cento di proposte in più rispetto alla scorsa edizione.
Sarà così ospitata a Genova la mostra “150 anni
di genio italiano”, promossa dall’Istituto Italiano di
Cultura a New York, in collaborazione con la Fondazione Rosselli, che espone oggetti, biografie e
documenti degli scienziati che hanno reso grande
il nome dell’Italia nel mondo, da Meucci ai giorni
nostri, in un percorso tematico che è anche una
preziosa retrospettiva storica.
E poi c’è il futuro: ai tanti giovani talenti italiani nel
mondo che oggi fanno da motore al progresso tecnologico è dedicato infatti “L’Italia dov’è”, il progetto multidisciplinare e multimediale in collaborazione con il docente del Massachusetts Institute
of Technology di Boston Carlo Ratti (dove dirige il
Senseable City Laboratory) e con Luca De Biase,
responsabile delle pagine “Nòva” del quotidiano Il
Sole 24Ore: conferenze, video interviste che mostrare il ruolo da protagonisti dei nostri ricercatori,
scienziati, inventori e innovatori in tutto il mondo.
Tra le altre anticipazioni, la mostra interattiva “Race: Alla conquista del Polo Sud”, l’affascinante
storia che ripercorre la gara per la conquista del
punto più estremo dell’Antartide, quel Polo Sud di
cui ricorre, proprio nel 2011, il centenario del suo
raggiungimento da parte di Roald Amundsen,
esploratore e leader della spedizione norvegese, e
129
Impedovo M.A., Sechi V. (2011). Vivere con la complessità. TD Tecnologie Didattiche, 19 (2), pp. 130-131
RECENSIONE
130
VIVERE CON LA
COMPLESSITÀ
Living with complexity
Donald A. Norman
Vivere con la complessità
Torino, Milano: Addison Wesley Pearson, 2011
ISBN 9788871926469
pp. 272, 16,00 euro
Maria Antonietta Impedovo
Dottorato in “Theory, Techology and History of Education”,
Università di Macerata |[email protected]
Valeria Sechi
Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Sassari |[email protected]
* Maria Antonietta Impedovo | Dottorato in “Theory, Techology and History of Education”,
Università di Macerata |Piazzale Bertelli 1, 62100, Macerata | [email protected]
1 Edizione italiana di
Norman (2011).
Perché le cose sono così complesse? Perché le cose non possono essere semplici? Perché la vita e il
mondo sono complessi, risponde in modo lapidario
Donald Norman nel suo ultimo libro Vivere con la
complessità1, e come tali vanno accettati e compresi. Prendiamo una scrivania piena di carte e libri: a chi osserva appare disordinata e confusa,
mentre l’utilizzatore della scrivania riesce perfettamente a trovare quello che cerca. La differenza, afferma Norman, risiede nella capacità di saper riconoscere le “strutture sottostanti”, che guidano alla
comprensione dell’apparente disordine: «una volta
che la struttura è rilevata e compresa, la complessità svanisce» (pag. 2). La complessità è una condizione del mondo, mentre la semplicità è uno stato della mente: il design svolge il ruolo di facilitatore nel rapportare le due condizioni, gestendo la
complessità per renderla comprensibile e meno arbitraria, sviluppando un «attraente e piacevole senso di controllo e responsabilità » (pag. 9). Infatti, il
protagonista attivo del libro non è solo il design ma
anche l’utente, che mette in gioco le sue abilità e
competenze per organizzare la complessità.
«La mente è semplice»: con questo slogan inizia il
secondo capitolo del testo. Una mente che tende
ad organizzare contenuti ed informazioni per creare schemi, modelli concettuali definiti come strutture che permettono di capire come le cose funzionano. In continuazione siamo portati alla costruzione di nuovi e funzionali modelli concettuali, per
comprendere la complessità della nostra esperienza, reagire alle situazioni o al comportamento degli
altri. Per questo, il design ha un ruolo chiave nel
fornire un adeguato modello, che sia capace di fornire indizi sul funzionamento: «struttura organizzativa fa la differenza» (pag. 11). È la complessità del
modello concettuale, infatti, che ha un ruolo centrale e non l’artefatto: paradossalmente gli utensili
degli artigiani sono i più semplici, come quelli di un
orafo, ciò che è complesso è il loro utilizzo specializzato in relazione ad altri strumenti. La comprensione, quindi, come strategia per guidarci verso la
semplicità.
Inoltre, le cose troppo semplici possono complicare la nostra vita generando confusione, mentre altri
aspetti sono complessi perché intrisi di aspetti idiosincratici (pensiamo a segnali sovrapposti ad altri
simboli). Una strategia attuata dal design è quello
di mettere in atto delle forcing function, ovvero elementi che guidano gentilmente l’utente, con inviti
e vincoli, verso l’unico comportamento considerato
appropriato. In questo modo viene minimizzata
l’esigenza dell’utente di attuare problem solving o
un processo decisionale. Tenere in considerazione
gli aspetti sociali, relazionali e contestuali di dove il
servizio e il prodotto sarà inserito diventa centrale:
continuamente attuiamo, infatti, strategie di coping
TD Tecnologie Didattiche, 19 (2)
con senso di difficoltà e continue interruzioni crea
frustrazione e inadeguatezza: la tecnologia deve
proporsi, invece, in modo “invisibile” per permettere all’utente la focalizzazione verso egli obiettivi che
vuole raggiungere.
Inoltre, il contesto e l’interazione forzano e modellano l’uso stesso del prodotto/servizio. Norman propone l’esempio delle linee desiderate, ovvero tutte
quelle tracce modellate dall’azione dell’uomo ma
non previste, come le scorciatoie nei parchi o sui
marciapiedi. Il design deve accorgersi di questi
comportamenti agiti in quanto derivano da una
esperienza utente ricca di significato e reiterata in
quanto più funzionale e semplice. Un esempio simile, dove le tracce del passaggio delle persone
nell’erba ha lasciato il segno del percorso di queste
interazioni, viene proposto dai ricercatori di IKIT OISE/UT (2007) per parlare del «self-organizing networks»: i sistemi cambiano continuamente e vengono creati e modellati dalle continue interazioni
uomo e ambiente.
Le riflessioni proposte da Norman hanno una diretta implicazione per il miglioramento della progettazione di piattaforme di apprendimento. Infatti, la
complessità del processo educativo e degli interventi di formazione online necessitano di spazi
adatti per mediare la costruzione di conoscenza in
modo partecipativo e condiviso.
Sia il progettista che la figura dell’istructional designer devono essere consapevoli di progettare ambienti di apprendimento che facilitano il processo di
scaffolding, con una chiara struttura sottostante,
con modelli concettuali complessi e ancorati al
contesto, con al centro le esigenze dell’utente e la
valorizzazione della dimensione sociale e relazionale, in una forma di apprendimento just in time, legato all’uso e all’esperienza. Questi i suggerimenti
di Norman che conclude: «vivere con la tecnologia
è una partnership fra i progettisti e noi» (pag. 234).
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(ultima consultazione giugno 2011).
RECENSIONE
per gestire la complessità (come l’utilizzo di segnali esterni, l’imitazione del comportamenti degli altri). Da qui la necessità di utilizzare al meglio la tecnologia per renderla più appropriata ai bisogni sociali e relazionali.
La complessità del mondo viene gestita quotidianamente da tutti. Il segreto di tale adattamento risiede nella nostra capacità di trarre informazioni dalle
tracce presenti nella realtà, attraverso cui ricostruiamo significati dal carattere sociale. Per esempio, le persone in coda ad uno sportello ci indicano
l’apertura dell’ufficio al pubblico. Anche nel mondo
virtuale possiamo ritrovare le tracce lasciate degli
altri, permettendoci di ricostruire il passato e di indirizzare meglio l’azione futura. La dimensione che
emerge predominante è quella culturale, capace di
gestire e ottimizzare le relazioni con gli altri.
Emergono quindi alcune sfide per il design: risolvere problemi della vita quotidiana e aumentare il carattere relazionale e comunicativo dei dispositivi, a
vantaggio del singolo e del gruppo, riportando l’attenzione sulla dimensione creativa e dell’immaginazione. Norman parla infatti di design sociale, meno focalizzato sul funzionamento e maggiormente
centrato sulle persone che azionano l’interazione,
aspetto raramente considerato nel design tradizionale.
Inoltre, i tipi di design più complessi possono permettere e sostenere livelli di attività superiori. L’autore infatti fa notare come lo svolgimento di un
obiettivo non viene realizzato direttamente con un
singolo atto o strumento, ma è lo svolgimento di
molteplici operazioni e compiti singoli che conducono all’obiettivo. Tema che richiama la terminologia introdotta da Leont’ev (1975) che distingue tra
l’attività (superare l’esame); l’azione (leggere, prendere appunti) e le operazioni (stare seduti, sottolineare). L’esigenza è quindi quello di individuare
una soluzione di design adatta e soddisfacente che
induca l’utente a sperimentare un senso di armonia
nell’interazione, sentendosi al centro dell’processo
di progettazione e di utilizzo. A questo si collega,
dal nostro punto di vista, il concetto di “flow”, uno
stato che presuppone il pieno coinvolgimento delle
abilità e dell’attenzione dell’utilizzatore, con una
piena chiarezza verso la meta da raggiungere e un
ottimale senso di controllo nell’attività che si sta
svolgendo. Al contrario, uno strumento, un artefatto, un sistema che appesantisce l’esperienza d’uso
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Concorso di idee
Una metafora per i Social Network
Facebook, LinkedIn, Twitter, Flickr, YouTube, ecc., sono ormai diventati parte delle abitudini digitali di molti e l’immaginario collettivo è sempre più popolato da
immagini e suggestioni che provengono dalla partecipazione a questi ambienti. Com’è possibile esprimere
metaforicamente la natura di questi strumenti?
Per rispondere a questa domanda, in coincidenza con
il numero speciale dal tema “I Social Network nell’apprendimento formale e informale”, la rivista TD
(http://www.tdmagazine. itd.cnr.it/), curata dall’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR di Genova,
promuove un concorso di idee dal titolo “Una metafora per i social network”.
REGOLAMENTO
1. La partecipazione al concorso è gratuita ed è aperta a tutti, sia cittadini italiani che comunitari o extracomunitari,
senza limiti di età. È escluso dalla partecipazione il personale dell’ITD-CNR.
2. All’atto dell’invio delle proposte, ai concorrenti di età inferiore ai 18 anni sarà richiesta una liberatoria da parte di
un genitore.
3. Per partecipare occorre inviare una o più proposte ispirate al tema. Ciascuna proposta, che dovrà presentare carattere di originalità, può essere inviata in una delle seguenti forme: a) immagini (disegni o foto), di dimensioni
14,5 x 13 cm e 300 dpi di risoluzione; b) brevi testi, di lunghezza massima di 100 parole.
4. La proprietà e i diritti di sfruttamento economico dell’opera restano all’autore. Gli autori non avranno nulla da pretendere a livello economico o di altro genere, ma manterranno la totale proprietà intellettuale dei propri elaborati
e potranno pubblicarli presso altre sedi editoriali o siti internet.
5. Le proposte devono essere inviate entro e non oltre il 1° novembre 2011 all’indirizzo [email protected], corredate dell’apposito modulo, scaricabile alla pagina http://tdmagazine.itd.cnr.it/concorso/. Nel modulo andranno tassativamente indicati nome e cognome dell’autore, data di nascita, indirizzo, città di residenza, recapito telefonico
e indirizzo email, seguiti dalla dicitura “Autorizzo il trattamento dei miei dati personali in base all’art.13 del D. Lgs.
196/2003” e dalla frase che dichiari sia l’assoluta inedicità (anche online) della proposta, oltre che la proprietà
dei diritti di sfruttamento economico della proposta inviata. In caso di più proposte (sia nell’ambito della stessa
categoria che per categorie diverse) è richiesto l’invio di un modulo per proposta.
6. Le proposte ricevute saranno esaminate da una Commissione costituita dai direttori e dai membri del comitato editoriale di TD e presieduta dalla dott.ssa Stefania Manca, curatore del numero speciale, che formuleranno il proprio giudizio in base a criteri di originalità e creatività. Il giudizio della Commissione è insindacabile. La commissione si riserva il diritto di assegnare degli ex-aequo. Tutti i partecipanti saranno avvisati tramite email del risultato finale della selezione. La Commissione si impegna a proclamare i vincitori entro il 1° dicembre 2011.
7. I vincitori delle due categorie (immagini e testi) riceveranno un buono acquisto del valore di €50 da utilizzare presso un rivenditore online (es., IBS, Amazon.it, Feltrinelli.it) e l’abbonamento alla rivista TD per un anno. L’immagine vincitrice verrà utilizzata come copertina del numero della rivista. Il testo vincitore verrà pubblicato in una pagina all’interno del numero. In caso di ex-aequo, l’immagine da pubblicare come copertina del numero della rivista sarà scelta dal curatore del numero a suo insindacabile giudizio; l’altra sarà pubblicata in una pagina all’interno del numero.
8. La partecipazione al concorso implica l’accettazione da parte dei concorrenti di tutti i punti del presente Regolamento. In un eventuale caso di plagio, l’autore sarà considerato l’unico responsabile di ogni violazione del diritto
d’autore (punita con sanzioni civili e penali secondo gli artt.156 e ss., artt.171 e ss. e L.633/1941), liberando
l’ITD-CNR da ogni tipo di coinvolgimento ipotizzabile negli atti perseguibili secondo i termini di legge.
Tutela dei dati personali: ai sensi della legge 31.12.96, n. 675 “Tutela delle persone rispetto al trattamento dei
dati personali” l’ITD-CNR dichiara, ai sensi dell’art.10, “Informazioni rese al momento della raccolta dei dati”, che
il trattamento dei dati dei partecipanti al concorso è finalizzato unicamente alla gestione della selezione; dichiara
inoltre, ai sensi dell’art.13 “Diritti dell’interessato”, che l’autore può richiedere la cancellazione, la rettifica o l’aggiornamento dei propri dati rivolgendosi al responsabile del Concorso nella persona di Stefania Manca.
Per ulteriori informazioni, scrivere all’indirizzo [email protected]
o contattare Stefania Manca ([email protected], 010 6475325).
TD
callfor
papers
TD55 Social Network e apprendimento
Anche nel nostro paese la crescente diffusione dei Social Network sta diventando un fenomeno emergente nei diversi contesti professionali e di apprendimento formale e informale. Facebook, LinkedIn, Twitter, YouTube, ma anche Ning, Grouply, Foursquare, Plaxo,
Tumblr, ecc., vengono sempre più spesso proposti come ambienti per creare e supportare le reti sociali, da usare in maniera integrata con strumenti specifici per la formazione e
l’apprendimento. Diventa allora importante chiedersi quali processi di apprendimento
vengano incoraggiati in questi ambienti, in che misura le reti sociali si stiano dimostrando importanti negli apprendimenti individuali e di gruppo, e quali limiti sia possibile evidenziare in questo nuovo scenario, che per alcuni è solo un fenomeno passeggero.
Ricercatori, insegnanti ed esperti del settore sono invitati a contribuire alla riflessione su
questi temi, attraverso articoli di ricerca, resoconti di esperienze e recensioni di ambienti
e strumenti. I contributi potranno riguardare le seguenti aree:
- I social network nell’apprendimento scolastico e universitario
- I social network nell’aggiornamento professionale e nella formazione continua
- I social network in azienda a supporto dei processi di collaborazione e condivisione
- Gestione e sviluppo delle comunità professionali e di apprendimento
- La tecnologia mobile e i social network
- Misure e soluzioni per integrare diversi ambienti di social networking.
Tutti i contributi verranno sottoposti al giudizio di due revisori.
La pubblicazione del numero è prevista per la primavera del 2012.
Per ulteriori informazioni, contattare Stefania Manca, curatore del
numero: [email protected], 0106475325.
informazioni per gli autori
authors information
Tema
Social Network e apprendimento
Tipologie di contributi
- articoli di ricerca
- resoconti di esperienze
- descrizioni di strumenti
- rubrica “a parer mio”
- recensioni di libri
Norme per gli autori
reperibili all’indirizzo
http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/norme
Entro la data
1° ottobre 2011
Come inviare gli articoli
Via e-mail, all’indirizzo [email protected]
Call theme
Social Networks and learning
Contribution types
- research papers
- case studies
- platforms and tools
- opinion papers
- book reviews
Authors guidelines
available at:
http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/norme
Deadline
October 1st, 2011
Submissions
By e-mail, to [email protected]
www.tdmagazine.itd.cnr.it
SOCIAL NETWORKS AND LEARNING
dossier
RISORSE EDUCATIVE APERTE
OPEN EDUCATIONAL RESOURCES
Fattori che influenzano la diffusione
di risorse educative aperte
Factors affecting the release of Open Educational Resources
Allison Littlejohn, Helen Beetham, Lou McGill, Isobel Falconer
La centralità dei docenti per il successo
delle risorse educative aperte
The central role of teachers for the effectiveness
of Open Educational Resources
Giovanni Fulantelli, Manuel Gentile, Davide Taibi, Mario Allegra
Risorse educative aperte e professione docente
nell’era dell’accesso
Open Educational Resources and teachers’
professionalism in the era of access
Paolo Tosato, Juliana Raffaghelli
Federica: la via italiana alle risorse educative aperte
Federica: the Italian way to Open Educational Resources
Rosanna De Rosa, Monica Zuccarini
Scenari connettivisti e progetto di Learning Object
adattattabili alla diversità cognitiva
Connectivist scenarios and the design of Learning Objects
for cognitive diversity
Maria Esther Del Moral Pérez, Doina Ana Cernea, Lourdes Villalustre Martinez
Blended learning: integrazione tra e-learning
e formazione sul campo in sanità
Blended learning: integration of e-learning
and on-the-job training in health care
Elisa Rossato, Giovanni Putoto, Alberto Carraro
ESPERIENZE
Le mappe concettuali nella didattica della storia:
riflessioni su un’esperienza
An experience in using concept maps in history education
Valentina Fonte
FESTIVAL DELLA SCIENZA
150 anni di scienza
150 years of science
Francesca Gorini, Francesca Messina
RECENSIONE
Vivere con la complessità di Donald A. Norman
Living with complexity
Maria Antonietta Impedovo, Valeria Sechi