Tratti di una storia: Duccia Calderari

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Tratti di una storia: Duccia Calderari
Tratti di una storia: Duccia Calderari
Alla Messa del funerale - 15 gennaio 2009
“La mia vita l’ho vissuta! Ora posso anche andare…”. Avevi detto così pochi giorni fa ad una giovane amica. In quelle parole vi
era tutta la tua gratitudine a Dio per i lunghi intensi anni che ti
hanno vista attraversare quasi un secolo, vivendo appieno le
sue contraddizioni e le sue molte speranze.
Carissima Duccia, una sola parola sentiamo di dire, di dirti:
GRAZIE!
Grazie per l’amore caldo, pieno di affetto e di attenzioni, umano e soprannaturale, che hai riservato a ciascuno di noi.
Grazie dai tuoi cari che hai seguito col cuore - giorno dopo giorno - nelle vicende gioiose e in quelle difficili della vita.
Grazie dai tuoi tanti amici, compagni di battaglie di libertà e giustizia, appassionati con
te della bellezza dell’arte e della natura, innamorati come te della vita.
Grazie dalla città di Trento a cui hai donato le tue giovani energie negli anni più difficili
della Seconda Guerra Mondiale prendendoti cura dei feriti e dei poveri e poi, nel primo dopoguerra in un impegno politico attivo come membro del Consiglio Comunale.
E grazie dal Movimento dei Focolari che continuerà ad averti sempre come testimone
della radicalità con cui hai vissuto il Vangelo in tutta la tua vita. Immaginiamo Chiara Lubich che ti ha accolta in Cielo con le braccia spalancate …
Vorremmo ripercorrere ora brevemente la tua storia attraverso alcune delle moltissime
cose che ci hai comunicato e scoprire almeno un po’ la tua lunga esistenza che riflette una
pagina densa e ricca di storia tutta da aprire e da leggere.
Iolanda, Duccia, Calderari, avrebbe compiuto 98 anni il 13 febbraio prossimo.
Una vita, già da giovanissima, piena di interessi e di impegno civile. Appartiene alla prima
generazione di assistenti sociali diplomate in città. La tesi volle centrarla sullo stato di vita
dei minatori italiani in Belgio. “Rimasi così scioccata che volli esporre al Console quan-
to avevo verificato e restai davanti al consolato finché fui ricevuta… Mi comportai in pratica come… una no global”, raccontava spesso ai molti gruppi di giovani che ha incontrato
nella sua vita.
Crocerossina con diploma, durante la II guerra mondiale, quando Trento è sotto i
bombardamenti, si presenta. E viene assegnata all’ospedale Santa Chiara. Lì conosce il
giovane medico Gino Lubich. E’ tramite lui che entra in contatto con gruppi impegnati nella
Resistenza. Si unisce a loro prontamente, non per motivi ideologici, ma perché – ci
spiegavi - “non sopportavo di vedere i nazisti camminare da padroni per le strade di
Cesare Battisti”. La figlia del banchiere Giovanni Calderari e di Emma Disertori, la nipote di
un importante artista trentino, l’incisore Benvenuto Disertori, segretamente, dunque,
opererà nella Resistenza col nome di battaglia “Teresa”. Rischia più volte la vita, come
testimonia una lettera a sua madre: “…Ti scrivo perché mi sento in pericolo, perché forse
è giunto il mio momento. Quando riceverai questa lettera io sarò già arrestata, ma non
tremare per me….T’assicuro che sopporterò tutto con fierezza compiendo il mio dovere
fino in fondo, sicura di aver agito per il bene del mio Paese…”. Ospitò nella sua casa Mario
Pasi la notte prima che si rifugiasse nelle montagne. Andò a trovare spesso nel carcere di
Bolzano Gian Antonio Manci e Gino Lubich sostenendoli affinchè non cedessero alle
torture.
Precedentemente Gino un giorno le aveva fatto conoscere sua sorella Silvia Lubich (poi Chiara), con la speranza di attirare pure lei alla loro causa. “ Ma – racconterà poi
Duccia – è stata lei a conquistare me.”, Infatti “Dopo un po’ di tempo l’ho vista in piazza
Cappuccini, in occasione di una sirena d’allarme (...) sono rimasta colpita dal
comportamento strano, insolito, di un gruppo di ragazze al di là della strada, le quali,
anziché fare come noi e cercare di arrivare il più presto possibile nel rifugio (...),
indugiavano a portare aiuto alle persone in difficoltà. Io sono stata colpita dalla carità,
proprio la carità mi ha affascinato, tanto che ho pensato, siccome ho riconosciuto Chiara:
“Questa volta non voglio perderla di vista, voglio prendere contatto con lei e con loro”. “E’
(stato) l’incontro più significativo che ha improntato la mia vita”.
Da quel giorno finito il lavoro cominciai ad andare anch’io in quella casa a due passi da casa mia, la ‘casetta’ la chiamavano tutti. Diventammo subito amiche.” “Mi accoglievano festosamente anche se fuori c’era la guerra!”. “mi mettevano al corrente di quello che
leggevano nel vangelo (...) E poi si metteva in pratica. I poveri suonavano alla porta a
mezzogiorno e venivano invitati a sedersi al tavolo. Una volta arrivò un uomo, gli demmo
tutto quello che c’era in dispensa. Date e vi sarà dato, dice il Vangelo. E prima di sera
venne altra gente a portare dei viveri».
“A mezzogiorno prendevamo per il manico un grosso calderone di minestra e scendevano
di corsa le scalette dalla ‘casetta’ di via Cervara fino al rifugio di San Martino che era affidato a me come crocerossina.
Chiara Lubich raccontò molte volte un altro episodio “Si chiede nella preghiera e si
ottiene. Un giorno un povero mi ha domandato un paio di scarpe n. 42. Sapendo che Gesù si era immedesimato con i poveri, ho rivolto al Signore, nella chiesa di Santa Chiara vicina all’allora omonimo Ospedale: “Dammi un paio di scarpe n. 42 per te in quel povero.
Uscita di lì, una signorina, Duccia Calderari, mi porge un pacco. Lo apro: c’era un paio di
scarpe n. 42.” Duccia raccontò poi di averle ricevute da uno zio per i poveri.
Una miriade di episodi, di “fioretti” convincenti che con passione, freschezza ed efficacia,
Duccia Calderari, ha testimoniato a giovani, adulti, bambini, di tutte le parti del mondo e di diverse religioni, che sono passati negli anni da Trento per conoscere la città natale
dei Focolari.
Una giovane studentessa di un liceo di Trento, dopo averla incontrata per la prima volta
scrisse in un tema “Duccia, venerdì pomeriggio ti ho ascoltata con grande interesse. Mi hai
saputo trasmettere un grande entusiasmo per la vita … nei tuoi occhi, mentre raccontavi
le tu ‘imprese’ che oso definire ‘eroiche’, splendeva una luce; è come se ciò che hai fatto,
dentro nell’anima, nello spirito, ti ha mantenuta giovane.”
Finita la guerra, nel 48 Chiara Lubich lascia Trento per Roma. Duccia racconta: “Io non
l’avevo seguita (andando a vivere con loro in quella casetta che fu il primo) ‘focolare’ (...),
ma ora che Chiara era lontana ne sentivo forte la nostalgia. Decido di andare a Roma per
chiederle consiglio e Chiara mi risponde: No, la tua vocazione è quella del Buon
Samaritano. Avevo compreso: avrei dovuto cercare di vivere e irradiare il vangelo prima
di tutto in seno alla mia famiglia, poi nell’ambito del mio lavoro, in seguito (nella realtà)
(...) sociale in cui vivevo...” Fu il preludio di una nuova vocazione nel Movimento dei
Focolari: quella dei volontari, ora circa 20.000 nel mondo, volontari, perché l’amore è
libero, volontari per edificare una società nuova, dove splendano con l’amore la giustizia e
la verità.
Nel 1950 per una prima volta e quindi nel 1960 per un tempo più lungo si trasferisce a
Roma dove inizia una collaborazione con Igino Giordani che sarebbe durata 20 anni, inizialmente al giornale ‘La via’ e più tardi in campo ecumenico nel Centro Uno, primo centro
ecumenico del Movimento dei Focolari. Di Igino Giordani scrisse: “Mi rendevo conto di
avere l’onore di lavorare accanto ad un uomo particolarmente importante, di alta statura
morale, dall’intelligenza e dalla cultura al di sopra della media.” Suggerì a Giordani di
pubblicare i suoi diari e li battè tutti a macchina. Questo libro, ‘Diario di Fuoco’ rimane uno
dei testi più toccanti di questa figura di politico, giornalista e storico, la cui causa di
beatificazione è orami avanzata.
Nell’ultimo periodo della sua vita Duccia si trovò a dare a Dio le forze che le venivano
meno e non riuscendo più a viaggiare, a leggere, ad ascoltare la musica, tutte cose che
tanto amava, e diceva: “Mi trovo a perdere queste cose per avvicinarmi a quelle che
restano, quelle del Cielo.” Ma ciò che continuò a fare fino all’ultimo è stato testimoniare a
migliaia di persona che visitano Trento, la radicalità della vita di Chiara e della prima comunità dei Focolari. La sentiva come una missione, che sperava di poter continuare ancora quindici giorni fa, mentre si riprendeva dall’improvviso infarto del 24 dicembre scorso.
Il cuore però ha ceduto nuovamente: tre giorni di lotta per l’affannoso respiro.
“Sono pronta!”
“Sono sempre in unità con Dio”.
“Sei tu signore l’unico mio bene”
“Offro per tutte le necessità dell’Opera di Chiara.” “Questa è la più bella famiglia del
mondo.”
“Offro per l’umanità”.
“Signore proteggi i mie parenti.”
A chi si congedava da lei dopo una visita. “A chiunque abbia avuto una relazione con me
digli “GRAZIE” per aver contribuito ad allietare la mia vita”
“Portate l’amore”.
“Uniti sempre”
Dopo l’unzione degli infermi: “E’ stato bello. Un avvenimento straordinario”
e la notte: “Sento Maria vicino a me!” “..gioia. La gioia..”
E lucida fino alla fine ti sei addormentata dolcemente nelle braccia di Dio Amore.
Carissima Duccia è grande il vuoto che hai lasciato. Ci mancherai molto. Ma qui ci sovvengono ancora le tue parole dette in un momento cui sentivi qualche vuoto dietro a te nella
vita. “Come ricominciare? Mi viene incontro un versetto di una lettera che Chiara Lubich mi
scrisse nel 1945: ‘Mettiti a disposizione dei disegni di Dio...”
Ora è come se tu lo ripetessi per noi: Mettetevi a disposizione del disegno d’amore che Dio
ha su ciascuno e sull’intera famiglia umana.
Sì, questo impegno è il modo più vero e concreto di dirti GRAZIE, perché è l’eredità che ci
lasci e che tu ci aiuterai a raccogliere.