La Leggenda degli Elementi

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La Leggenda degli Elementi
La Leggenda degli Elementi
SOUL
C'è sempre un po' di follia nell'amore. Ma c'è sempre un po' di ragione nella follia.
Arida e sabbiosa come le lacrime d’un defunto scivolava in quei giorni nel pianto l’ancestrale saggezza di
Nosgoth. Imperiture conoscenze strappate dal fetido grembo dei viventi si sostenevano l’un l’altra in un
labirinto di cunicoli e corridoi sempre più ricchi e vasti, impregnati dell’odore della carta e dell’inchiostro. Libri
ovunque, catalogati da perfettissime saggezze in aree tematiche giacevano in imponenti scaffalature in legno
e pietra, ricolme a tal punto che sembrava cercassero di espellere tutto quel sapere per resistere al suo peso
materiale.
Il lato più esterno e superficiale della vastissima biblioteca della Cattedrale del Sangue abbracciava ogni
genere di narrativa: dalle tenere favole che vedevano per protagonisti animali o cose, agli aggraziati libelli
contenenti brevi esempi di morale da insegnare ai giovani pargoli, fino alle più magniloquenti mitologie di
eroici Sarafan e di malefici vampiri in contrasto per il predominio su Nosgoth. Taluni tra questi ultimi
potevano vantare dei rivestimenti in oro e argento finemente lavorati da abili mani umane.
Procedendo verso la zona più interna, puntando al cuore di quella magnifica costruzione architettonica, i
temi spaziavano dagli argomenti pratici a quelli meramente scientifici: c’erano trattati e brevi studi sugli
utilizzi medicinali d’ogni pianta e arbusto, noiosi appunti riguardanti ogni tipo di bestia e sul loro
comportamento, manuali sull’addestramento delle fiere, libri proibiti dagli uomini contenenti sezioni
anatomiche e schizzi e scarabocchi sul funzionamento del corpo animale e umano, spiegazioni minuziose
sulle varie tecniche agricole e sulla rotazione triennale nel lavoro dei campi, studi sull’estrazione di minerali
grezzi e sul loro utilizzo civile e bellico, rielaborazioni di esperimenti fisici e matematici sulla caduta dei gravi,
innumerevoli calcoli sul sistema astronomico e così via, fino alle ricerche metodiche alla base di ogni sapere.
Ma era la zona più intestina alla biblioteca a destare più stupore: letterature, idee e pensieri degli uomini,
filosofie e filosofi d’ogni epoca, pensatori, testi di chierici e sacerdoti Sarafan, manuali sul riconoscimento di
vampiri, streghe e mannari e ricerche umanistiche sul loro pensiero controverso e blasfemo, storie per arguti
lettori scritte con passione e tecnica sopraffina, temi sulla giustizia, sulla fede, sull’amore e sulla libertà, sulla
guerra e sulla ricchezza, sulla speranza e sulla pietà.
Proprio al centro geometrico della biblioteca erano poste tre lunghe tavolate il legno ben lavorato e
riccamente decorato. Ivi sette chierici e sette donne di fede lavoravano alacremente come amanuensi,
scrupolosi copiatori dei testi più antichi, nei quali la gialla carta ormai patinata di marcio rigettava l’inchiostro
e rendeva illeggibili le scritture. Quattordici figure sudice, legate ai piedi e al collo, spalla contro spalla, ad
occupare una sola delle tavolate disponibili. Dal viso magro e debole, dagli occhi rossi di fatica e dalla
schiena ricurva, deboli come un giovane arbusto, pronti a spezzarsi, leggevano e rileggevano e copiavano al
lume di una candela consumata e logora. La loro unica speranza era la sopravvivenza; il cibo era garantito
loro da due fetidi non-morti che all’occorrenza portavano ai prigionieri acqua, erbe bruciacchiate e carne
cruda. Per i bisogni fisiologici c’era da attendere il termine delle tredici ore di lavoro quotidiane dopo le quali
sarebbero stati ammassati in un cubicolo stretto e sporco che dava su un giardinetto pensile non recintato,
oltre il quale attendeva una voragine naturale creata dalle montagne. I suicidi non erano poi frequenti,
poiché l’estrema povertà di quei dotti schiavi poteva competere senza esitazioni con la povertà offerta dai
Sarafan, e copiare e ricopiare sotto la truce sorveglianza dei ghoul era comunque meno opprimente del truce
sguardo e delle sevizie dei Sarafan.
Quella mattina il sole era già alto su Nosgoth, anche se dalla biblioteca nessuno avrebbe potuto scorgerne
anche un solo raggio. Il Negromante passeggiava avanti e indietro tra i tavoli, silenzioso, mentre i Ghoul se
ne stavano immobili ad osservarlo nello sfogliare le nuove pagine d’un’opera appena trascritta da uno di
quegli schiavi sapienti.
“Davvero un ottimo lavoro. Sarebbe un peccato che qualcuno di voi perdesse la vita, siete davvero un’ottima
squadra. Aumenterò leggermente la selvaggina da cacciare per il vostro sostentamento, e che non mi venga
rinfacciata dagli uomini una crudeltà che non si confà al più potente dei vampiri”.
“Sire, avete notizie della mia famiglia?”, chiese uno di quegli uomini con un filo di voce.
“Stanno attendendo invano il vostro ritorno. Siete giovane, e credo abbiamo sperato molto nei vostri studi.
Chissà quanti sacrifici avranno dovuto sopportare per vedervi leggere e scrivere correttamente. Ma qui sei
solo, ragazzo, lontano dai sacrifici degli uomini, lontano dal loro dolore. Credo che stiano gioendo in tua
assenza, oltre alla facciata di dolore che mostrano alla gente. Ma che sia silenzio, e che sia lavoro. Continua e
taci, se non vuoi che la mia clemenza muti in dimenticanza”.
I Ghoul scuotevano il capo in segno d’affermazione e rispetto, sghignazzando per stupidità ad ogni parola
del Guardiano della Morte, anche quando questi non faceva affatto uso d’ironie particolari.
Soul continuò a leggere, stavolta ad alta voce: “Vis tu cogitare istum quem seruum tuum uocas ex isdem
seminibus ortum eodem frui caelo, aeque spirare, aeque uiuere, aeque mori”.
Si fermò un attimo e sollevò il capo, quasi a cercare di rimembrare quel codice linguistico antico.
“Quale ironia, ingrassate la vostra conoscenza fino a diventare talmente deformi da non potermi combattere
neppure con ciò che vi rende forti e saggi. Ma la saggezza umana è futile, è puro intrattenimento;
sollucchero, piacere ed orgoglio temporaneo nel compiacersi di fronte ad una palese perdita di tempo.
Eppure è nei miei più nobili intenti rimanere in contatto coi grandi pensatori di epoche morte, poiché essi
condividono con me lo stesso destino dell’immortalità. Ma qualcosa mi sfugge ancora…”
Toc toc. Rumore di passi leggeri.
“Sheer, sei finalmente tornata. Quali informazioni porti teco?”.
“Gaudiose è dir poco. Padre, avete atteso interi millenni, e la risposta giaceva proprio di fronte a Voi.
L’inchiostro svanisce, le rune no”.
“Le parole degli uomini meritano di morire e rinascere, le parole della magia meritano l’immortalità. Ma quali
sono queste risposte? E qual è in particolare la domanda, per queste risposte?”.
“Ricordate ancora l’Ashiskus, meglio nota come Decale?”
“La sostanza prima, utilizzata durante l’assedio alla Cattedrale dell’Anima per sconfiggere quei Golem,
costrutti altrimenti indistruttibili. È stato grazie alla Decale che Xynay ha mostrato le sue vere potenzialità
elementali; da allora la mia arma è stata capace di alterare il suo elemento in ogni altro, dai dieci della Decale,
ovvero Luce, Tenebre, Acqua, Aria, Terra e Fuoco; Veleno, Vita, Morte e Sacro, ai derivati dei primi sei,
coprendo totalmente lo spettro elementale della materia”.
“Ebbene, esistono delle rune, in antichi testi magici, in possesso di Druidi. Dobbiamo recuperarli. Credo che la
Decale sia la chiave per una domanda ancor più vitale nella Vostra esistenza, Padre…”
“Lo credo bene, ora che comprendo la domanda alla quale alludevi! Organizzerò subito il recupero di questi
antichi reperti, puoi andare. Una fame molto maggiore a quella del sangue sta iniziando a dominarmi”.
--C'è sempre un po' di follia nell'amore. Ma c'è sempre un po' di ragione nella follia.
“Sedetevi dunque a terra ed udite con attenzione il mio diabolico confabulare antico, poiché tra le trame più
oscure partorite dall’ingegno d’un vecchio questo appare un magnifico e fulgido exemplum sull’immortale
immoralità di Colui che affronta gli ostacoli con sarcasmo, dilettandosi nell’osservare dall’alto il configurarsi
predestinato delle infime pedine poste con cura sull’enorme scacchiera del fato. La vita è sofferenza, dolore
ed impotenza; la vita è impossibilità di trascendere i limiti dell’uomo sotto gli occhi degli Dèi; questo accade
affinché la non-vita sia il Dono Supremo. Noi siamo gli Dèi, divinità oscure partorite dalle tenebre, siamo noi
immortali ad opprimere le debolezze mortali, siamo noi a giocare colle loro debolezze, siamo noi a torturare
le loro debolezze, abbiamo creato noi le loro debolezze. Vorador è Maestro per me e per tutti noi, eternare la
sua ancestrale figura è nostro obbligo e dovere, comprendere appieno il suo messaggio di speranza ed odio
deve assurgersi a nostro primo e maggiore istinto prima ancora che pensiero. Vorador è il fulcro di questa
mia storia, egli sorregge antichità e passato con la sua Morte Ultima. Ho atteso per millenni le risposte al suo
sapere caduto nell’oblio generato da Moebius e dai suoi tagliagole, tale che questi istanti che sembrano
un’inezia rispetto alle epoche trascorse nell’attesa, scorrano ben più lentamente di ogni era già trascorsa. Ma
questa mia storia verrà raccontata lentamente, passo dopo passo, obiettivo dopo obiettivo, scoperta dopo
scoperta…”
Il Negromante si fermò per qualche istante, quasi a riflettere su come collegare le parole appena pronunciate
coi fatti più immediati, connettendo passati indefiniti ad un presente mai così attuale. Scosse le vecchie spalle
per poi adagiarsi tranquillamente sul trono, tossì due volte per richiamare l’attenzione e sollevò un aureo
calice, facendo decantare il liquido al suo interno con il potere della telecinesi, poi bevve a sazietà sfidando il
suo stesso indugiare. Sollevò il capo emulando un respiro (da quanto tempo ormai aveva dimenticato l’odore
dell’aria) e riprese a parlare con un tono autoritario, ma al contempo pacato e rauco:
“Tutto appare semplice, almeno in teoria. Un libro da recuperare, tutto qui. Ed ecco sorgere infinite
complicazioni, tali che il mio lungimirante pensiero ha a lungo contemplato e riflettuto per sciogliere i mille
enigmi contorti d’un piano così semplice, sperando nella speranza del beneficio di una speranza.
Progrediamo con la narrazione, dunque: la mia lama, Xynay, reagì a contatto con la Decale durante l’attacco
alla Cattedrale dell’Anima. Era stato lo stesso Vorador a desiderare quel potere potenziale nella lama che mi
forgiò millenni fa, poiché questa storia l’ha scritta lui. Ma preferisco scrivere di pugno qualche capitolo, ormai
la grafia di mio padre si sta facendo illeggibile…”
Soul sollevò la mano sinistra e da essa fu proiettato un cono bluastro contro la parete alla destra del trono.
Ivi comparvero delle immagini confuse e nebulose del colore degli zaffiri: sembravano uomini tra gli alberi;
stavano svolgendo dei rituali magici: erano divisi a coppie in base al sesso; ogni uomo teneva ben strette le
mani della compagna, mentre le labbra delle fanciulle sembravano pronunziare parole ben scandite. Le
immagini generate dal Negromante, tuttavia, non producevano alcun suono. Lentamente si formavano dei
flussi di energia che roteavano attorno ai corpi di ogni coppia.
“Anime…”, disse il Guardiano della Morte, in tono di disapprovazione, “uomo e donna rappresentano l’eterno
circolo di vita, morte e rinascita. Sono rituali profani, dediti al Dio che risvegliò il primo Mietitore: Raziel. Si
tratta di incantesimi creati secoli, forse millenni prima della mia nascita come uomo, scritti forse dagli antichi
fedeli di quella divinità. Come potete notare, quelle formule permettono di richiamare dei flussi di vita, o più
semplicemente anime richiamate dal Regno Spettrale. Secondo quel rituale, le anime vengono poi
consumate dal potere del mago che coordina il rito per generare uno scudo protettivo che non consente a
noi non-morti di avvicinarsi ad un determinato oggetto. Ed indovinate qual è l’oggetto in questione? Ed
indovinate dove dei semplici druidi hanno rinvenuto un rituale così… estremo? La risposta è unica, ad
entrambe le domande.”
L’immagine si compresse, svanì per qualche istante, poi riapparve. Ma le figure erano cambiate; ora sul muro
potevano esser distinti solo un druido con un elmo ornato di possenti corna d’alce ed un libro. Le pagine non
sembravano di comune carta prodotta da mani mortali, e le rune incise su di esse producevano un’aura
enorme che avvolgeva non solo il libro, ma l’intero altare sul quale era posto e colui che ne sfogliava i segreti.
“Lo scudo protettivo, che lo sappiate o meno, funziona anche sui Mietitori d’Anime. Se entrassero nel Regno
Spettrale e riemergessero all’interno del campo spirituale, verrebbero rigettati all’esterno della foresta. Lo
scopo di quella fetida setta di druidi è quello scoprire come domare gli infiniti poteri della Natura e
cancellare sia noi immortali che i Sarafan: abbiamo di fronte un nemico, o forse una corrente di pensiero, il
cui scopo è mutare Nosgoth in un luogo completamente naturale, privo di distinzioni razziali o di classe
sociale, in cui il più forte sopravvive, in cui la Natura è unica legge universale e necessaria. Ma badate bene,
non sono pazzi, possono realizzare i loro scopi. Quel libro contiene sicuramente il potere per creare un
mostro, una creatura distruttrice capace di distruggere ogni roccaforte e divorare ogni avversario. Da quel
che ebbi modo di sapere millenni fa, il semplice respiro di quella creatura distrugge e dilania le carni dei nonmorti, per poi inspirare l’anima della creatura defunta e divorarla, facendone cibo e sostegno per quella che
chiamano ‘La Ruota’. Sarebbe un deicidio. Vi chiederete ora come possano disporre del potere necessario per
evocare un mostro simile. Semplicemente, non ne dispongono. Credo che serva qualcosa, forse la Decale,
forse la mia spada, forse un reagente… non possono evocare una bestia simile con la sola forza degli uomini.
Sono convinto che quella creatura non nascerà mai, e poco m’importa. La distruggeremmo in ogni caso, tutti
insieme. L’Alleanza non conosce sconfitte.”
L’immagine sul muro svanì sotto lo sguardo attento dei presenti.
“Quel libro, ne sono certo, non è stato scritto da uomini. Il suo potere è enorme, non è stato scritto per
quest’epoca. Gli uomini non possono gestirlo. Inoltre sono certo che contenga segreti ben più utili di
un’apocalisse naturale. Dobbiamo recuperarlo, ma non possiamo. I druidi credono di averci in pugno, poveri
folli! I Sarafan non sono poi così stupidi; saranno anche idioti come semplici formiche e bastardi come una
bavosa fiera affamata, ma non potevano non percepire un potere così immenso. Ah, appena scoperto
l’epicentro dell’incommensurabile fonte d’energia, ovvero i boschi a Nord della nostra Cattedrale, ed hanno
mobilitato immantinente uno dei più grandi eserciti a loro disposizione, rimpinguandolo con forze esterne
provenienti da tutta Nosgoth, tale che non ne vedevo da secoli. Hanno affidato il comando al più
promettente guerriero di questa generazione, un giovane dotato di poteri invidiabili anche da un potente
vampiro. Il suo nome è Lucius Il Prode, epiteto donatogli dopo aver salvato un intero villaggio da un attacco
di oltre cento Dumahim e Turelhim con a disposizione un misero manipolo di trenta uomini, aver sconfitto
ogni suo superiore a duello ed aver dimostrato delle doti davvero inaspettate come oratore. Inoltre è ben
noto alle schiere dei Sarafan il suo grande amore per Ivy Delacroix, una dama che descrivono come ‘La
duchessa più bella di Nosgoth; colei che rende timido e pallido il sole e fa bruciare la luna d’invidia’; di certo
il nostro Lucius non poteva scegliere per se altro che il meglio, ed il meglio ha trovato, tale che la passione
che anima il duo è venerata come l’archetipo dell’Amore perfetto. Il giovane è descritto come un amante
dolce e comprensivo, è amato per la sua infinita lealtà e saggezza, per il suo coraggio e il suo innato senso
del comando. Ha sempre pensato anche ai più poveri, ha sostenuto al contempo le cause della nobiltà e
quelle delle popolazioni meno abbienti senza fare distinzioni classiste, ha risollevato il morale dell’esercito e
d’ogni popolo; gode perfino della stima di tutti gli anziani che ha avuto modo di scavalcare in ambito
militare. Incredibile come tutte queste qualità siano toccate ad un solo uomo. Con lui al comando di quei
cani dei Sarafan, la sconfitta dei druidi è inevitabile. Amo l’amore, quando rimembro la sua futilità… Amo gli
umani, quando rimembro le loro debolezze… Amo l’immortalità, quando ricordo che sono io a muovere le
pedine sulla scacchiera… Amo l’amore, quando penso al mio odio, all’odio di Vorador, all’odio che alimenta
l’immortalità…”
--SOUL
Scesa è la notte dei fuochi e del sangue, e la vittoria attende un destino già scritto.
Kainheartless: Sei uno dei miei vampiri più fidati, e sono certo che non mi deluderai. Ti avventurerai da solo verso i
boschi a nord di qui; non farai fatica a trovarli, poiché l’energia sprigionata dagli immensi poteri che respirano in quelle
zone è palpabile sin da qui, è dolorosa e putrida per le carni dei non morti. Il tuo compito è assicurarti che la missione dei
Sarafan riesca, dovrai aiutare il nemico. Ucciderai tutti i druidi che usciranno dallo scudo protettivo, oltre al quale tu non
potrai passare. Lo scudo è invisibile, ma appena entrerai in contatto con esso ti sentirai semplicemente respinto. Sappi
che dei druidi si sono nascosti nelle zone più remote della foresta per controllare ogni animale e bestia ed elemento
naturale di quei luoghi. Lo scudo ha un diametro di circa un chilometro; relativamente poco per le sconfinate dimensioni
della foresta. Per controllare le fiere questi druidi sono necessariamente usciti dalla tana: uccidili tutti ed evita che
infastidiscano i Sarafan. Ma attento: nessun Sarafan deve vederti, e se ti scoprono, attacca anche loro o scappa. Tre
possono metterti in difficoltà, quattro addirittura ucciderti. Avrai tuttavia una grande fortuna: i Sarafan all’attacco non
indossano armature glifiche, non sarai identificato se non dalla loro vista.
Per quel che riguarda i druidi, nonostante i loro poteri e le loro bestie, sono solo uomini...
Torna alla Cattedrale quando i Sarafan avranno preso il libro. Non tentare azioni di recupero eroiche, moriresti. Ti
accorgerai della fine dei druidi quando il loro capo sarà morto e lo scudo dissolto. Continuerai a combattere fino ad
allora, e ti assicuro che non sarà affatto facile, solo tra due eserciti. La vittoria dei Sarafan è probabile, ma non certa;
neanche s’immaginano quanto sarà utile il tuo apporto.
Appena ti presenterai alla Cattedrale, a Missione compiuta, l’occhio sinistro del rifugio di Nupraptor s’illuminerà.
LDR: 4
Radriel: Una carrozza sta trasportando da Avernus la nostra Ivy Delacroix, scortata da un nutrito numero di Sarafan.
Hanno deciso di viaggiare di notte, poiché i Sarafan che la circondano posseggono incantesimi di individuazione del
nemico: vampiri o semplici ladri. Ho in mente un rapimento, e di quelli che infiammano le coscienze delle genti. Dal
matrimonio tra Lucius e Ivy tutti si aspettavano una Nosgoth migliore, epurata dalle abominevoli mostruosità vampiriche
e libera dalla povertà e dalla miseria. Come se fosse colpa nostra… Recuperato il libro, i Sarafan credono di ottenere
indicibili conoscenze, magari sperano nella scoperta d’un arcano sistema per suonare il nostro ultimo requiem. Esigo da
te un’azione magistrale: raggiungi a piedi le vie sottostanti al Bastione di Malek ed attendi la carrozza. Scegli l’istante
giusto e tendi l’imboscata.
I Sarafan posti a protezione della giovane duchessa saranno almeno un manipolo di venti uomini; credo che ad un
confronto diretto non riusciresti a sopravvivere. Non sono affatto potenti come quelli impiegati per la battaglia coi druidi,
ma ricorda che sei sola. Voglio metterti alla prova: dimostrami di possedere le virtù d’un vero Drago. Rapisci la bella Ivy e
portala alla Cattedrale del Sangue senza torcerle un capello. A te la scelta della tecnica migliore.
Sappi che appena ti avvicinerai i Sarafan t’individueranno, dovrai agire lesta o combattere.
Non fallire e non cadere per mano loro: sento che un grande potere scorre in te.
Appena ti presenterai alla Cattedrale, a Missione compiuta, l’occhio sinistro del rifugio di Nupraptor s’illuminerà.
LDR: 3.5
Vae: Come hai osato far giustizia senza rendermi note le tue intenzioni? Sappi che avrei potuto fermarti ed ucciderti in
ogni momento; ho anche io le mie spie infernali. Ma ho apprezzato il gesto, e la punizione mia sarà lieve, stavolta.
Tuttavia, ripeti un atto simile e la tua anima finirà divorata da una bestia affamata del Regno Spettrale, avrò l’onore di
condurla al regno delle ombre coi miei poteri. Il tuo compito è il più semplice: ti avvicinerai al campo dei Sarafan ed
attenderai che l’intero teschio del nostro rifugio risplenderà di fuoco, ben visibile dalle terre che precedono i boschi. Quel
segnale indicherà la vittoria dei guerrieri Sarafan sui druidi e che Ivy si troverà tra le nostre mura. Allora ti presenterai al
campo dei Sarafan e consegnerai questo mio messaggio direttamente a Lucius. Tutto sarà molto facile, dovrai
semplicemente sopravvivere, inchinarti e chinare il capo: sarai solo tra mille nemici. Puoi provare ad attaccare Lucius, se
desideri la morte. Il tuo Spirit Death potrebbe semplicemente farlo sorridere, mentre spezza entrambe le tue braccia .
Non ti darebbe il tempo di gridare, prima che il tuo corpo sia diviso in più parti. Può mozzarti la testa senza neppur
mostrarti la sua lama runica. In un duello aperto, credo di poterlo ben temere persino io. Per questo desidero giocare
d’astuzia. Consegni l’invito e te ne vai: questa è la tua punizione. Il messaggio dev’essere letto dal solo Lucius. Se proverai
a fare il coraggioso o lo sbruffone, al minimo errore morirai. Neanche t’immagini quanto durerà il tuo processo di
rigenerazione, quando il tuo corpo sarà macero e spezzato, potresti soffrire un tormento tale che avresti preferito l’Abisso.
Camminerai su di un’asta debole e fragile sospesa sul precipizio del dolore.
LDR: 3-5.5
Il Messaggio a Lucius, scritto col sangue, con una calligrafia precisa e minuziosa.
O prode Lucius
Conosco bene le vostre virtù, ed apprezzo infinitamente il vostro nobile impegno alla guida dell’esercito ostile che marcia nel
mio territorio.
La vostra futura consorte è in mano mia; uno stratagemma banale almeno quanto la vostra follia nel venire fin qui. Dun que
il più classico degli scambi è la vostra unica opzione: verrete solo, disarmato, con il libro in vista. Non potete sbagliare, fin
qui, altrimenti la Cattedrale resterà inviolabile per voi. Entrerete dirigendovi fino alla Sala del Trono: la via sarà unica ed
obbligata dai miei poteri. Ivi potremmo discutere d’eventuali trattative future, circa il vostro impegno coi Sarafan e sul futuro
di Nosgoth...
Domani notte.
Se non vi presentate, Ivy muore.
Se vi presentate armato, Ivy muore.
Se portate con voi altri uomini, Ivy muore.
Se non portate il libro, Ivy muore.
Mancate di rispetto a questo mio messaggio, ed Ivy muore.
RADRIEL - MISSIONE : IL RAPIMENTO DI IVY DELACROIX
Risveglio Sanguigno
Tutto in una notte d’inverno. Lo scricchiolare dell’erba ghiacciata e poi un indizio. M’inginocchiai su un
mucchio di terra pestata e mi sforzai di capire di cosa si trattasse. Capì che non meno di mezz’ora fa, un
branco di cervi passò per quella strada e ormai stanchi dal lungo cammino dovevano essersi fermati per
riprendere le forze; pensai che non dovevano essere lontani da quella zona. Una strana emozione mi
pervase lungo le vene, gli occhi ardenti scrutavano la notte di quel cielo scuro e sereno. Una nebbia cupa
e tenebrosa scendeva e spirava sul fondo di quella valle, tanto densa da nascondere i piedi della vampira.
Quella sera, era una notte di caccia.
“Sento già l’odore del sangue che scorre nelle sue vene”, Radriel si rialzò fiduciosa al chiaro di luna. Il
branco non doveva essere lontano.
Dopo che ebbe attraversato la fitta boscaglia, s’imbatté in un gruppo di figure indistinte nell’ombra.
Presto, la luce fioca, e morta, della luna rivelò alcuni cervi sdraiati su quella vallata aperta entro la quale
alcuni di essi stavano all’erta, come in attesa di un pericolo imminente.
Aguzzai la vista per sceglierne uno e preferii quello più vicino alla fitta boscaglia. L’animale si guardava
intorno acuminando lo sguardo verso al minimo movimento, le sue orecchie ritte ad ogni minimo suono e
gli zoccoli ben piantati a terra per poter percepire i movimenti provenienti dal suolo. Una creatura molto
cauta, molto vigile, davvero ammirabile. Ma la sua nobile fierezza fu breve; quando pensò di essere in
pericolo, era già tardi per lui. S’inoltrò dentro la foresta, lontana dal suo branco, ed io ne approfittai con
la stessa prontezza con qui un felino è solito agognare la sua preda.
Il sapore del sangue era come percepivo che fosse, quel sapore intenso che ti penetra nell’anima e ti
rigenera.
Dopo il mio pasto, rientrai nel rifugio Nupraptor. Senza saperlo, mentre io ero in assenza, qualcuno mi
aspettava.
Fui chiamata dal signore del pilastro della morte per svolgere un altro compito. Un’altra caccia ebbe
inizio, dovevo scovare la mia preda, ma sana e salva. Si trattava di una duchessa, Ivy Delacroix. Ella,
quella sera stessa, sarebbe scortata in una carrozza da venti saraphan. Dovevo rapirla e portarla qui nella
Nupraptor, tutto questo per opera di un riscatto. Ivy Delacroix, per il libro oscuro che i saraphan tengono
ancora in mano.
Notte di caccia
Accettai l’ordine e la sera stessa partì. “Questa è una notte di caccia” ripetei in mente. La carrozza si
trovava ai piedi del bastione di Malek, diretta ad Avernus. Non si trovava affatto lontano, per cui potevo
arrivare in poco tempo al luogo conferitomi dal vampiro.
Pensai una strategia prima di partire, dovevo trovare, in un qualche modo, una soluzione per rapire la
donna. Non potevo presentarmi sotto forma di drago sennò mi avrebbero scoperto in un baleno;
nemmeno da vampira, perché i sacerdoti sono dotati di poteri d’individuazione. L’unica ovvia soluzione
era quella di stargli alla larga e trovare un piano; e come potevo attaccare in lontananza? Non impiegai
molto tempo nell’escogitare un piano decisivo, semplice ma efficace. Mi procurai dell’olio da lampada; ne
portai un barilotto di medie proporzioni e qualche fiala per un’extra.
Presi dal mio baule una vecchia cintura dove potevo inserire le fiale comodamente, per il barilotto ci
voleva un sacco per poterlo trasportare a spalla.
L’equipaggiamento era al completo, le forze le avevo ancora ed ero pronta per partire. Uscii dalla mia
stanza, attraversai la Nupraptor e seguì il sentiero che mi doveva condurre alla fortezza di Malek.
Notai, grazie alla luce della luna, un’imponente fortezza nera tra il cielo blu notte, sorretta da un’unica
roccia pericolosamente crollante. I riflessi argentei della luna facevano in modo d’identificare i contorni
della struttura. Ero arrivata all’abbazia di Malek.
Il contrasto tra la nitidezza dell’abbazia e le sue fondamenta nascoste tra le spirali di nube, fecero in me
rievocare i castelli che nella vita da umana vidi prima che mio padre insieme agli altri cavalieri dal sangue
draconico morissero per mano del grande persecutore.
La parola persecuzione mi fece rievocare un’insicurezza che considerai ripugnante. Mi guardai intorno per
tre volte nell’assicurarmi di essere sola. Grattai il capo e vidi sotto il sentiero che percorrevo un'altra
strada, solo un poco più ampia. Il carro, a momenti, sarebbe passato da lì.
Scesi dal sentiero superiore e mi appostai nei bordi della strada che andava verso Avernus. Mi accertai
che non ci fosse nessuno nei dintorni, m’innalzai addirittura in volo per vedere se oltre la curva e dintorni
non ci fossero state tracce di carrozze o saraphan. Atterrai, ma purtroppo toccando terra feci innalzare
uno stormo di uccelli neri intenti alla fuga. Dovevo sbrigarmi perchè gli uccelli in volo potevano in qualche
modo far insospettire i saraphan con i loro poteri d’individuazione, se si trovavano nelle vicinanze. Strinsi
i denti, posai il sacco e feci uscire il barilotto. Cosparsi d’olio due lati paralleli della strada; all’incirca
prendeva uno spazio di venticinque metri. Chiusi anche i lati della strada tracciando un perimetro
rettangolare così da poterli circondare.
La trappola era così pronta ad aspettare la sua preda, nel momento in cui la carrozza e i suoi saraphan si
fossero appostati per bene dentro l’area segnata nel terreno; potevo lanciare un’energy bolt a distanza
dal bastione e far accendere così il rettangolo infiammandolo.
Passò un po’ di tempo prima del loro arrivo. Come previsto, la donna era scortata da una carrozza nera
decorata in oro; quel mezzo pesante era trainato da dieci robusti cavalli neri. C’erano saraphan
dappertutto: ad ogni lato della carrozza. Ogni loro passo li avvicinava sempre più alla trappola ed io,
d’altronde, non potevo perderli d’occhio: l’inganno doveva essere calcolato in ogni suo minimo dettaglio,
per essere perfetto. Mancava poco. Gli enormi cavalli, d’un tratto, incominciarono a nitrire e ad agitarsi,
percependo forse, con il loro olfatto, la presenza dell’olio cosparso sul sentiero; forse percepivano la
presenza oscura di un vampiro, ovvero me stessa, sebbene mi trovassi distante da loro.
Qualunque fosse stato il motivo, i saraphan li avevano calmati ed essi proseguirono il loro viaggio. Ecco,
adesso attraversavano l’area cosparsa d’olio e camminavano ignari di quello che gli sarebbe accaduto. I
primi erano guerrieri, ai lati stavano arcieri e maghi che probabilmente dovevano essere dotati di poteri
d’individuazione; al centro, la grande carrozza trainata da possenti cavalli. Dietro di essa, un gruppo di
altri guerrieri saraphan proteggeva il sentiero percorso dalla carrozza e che esso si lasciava alle spalle.
Erano tutti e mancavano davvero pochi passi prima di essere inseriti all’interno del perimetro circoscritto.
Proprio in quel momento percepì una strana presenza dietro le mie spalle. Un senso d’ansia e angoscia mi
pervase, come se qualcuno mi stesse sorvegliando…
Solo all’ultimo momento notai un folle rischio che stavo commettendo: per poco avrei perso l’occasione
del lancio dell’energy bolt, parte fondamentale della trappola.
Presi tutte le forze e chiusi gli occhi, mi concentrai sul perimetro tracciato e lanciai una sfera d’energia
sperando che quella avesse centrato il tracciato.
Silenziosa e furtiva come una freccia fendere l’aria come un coltello, l’olio s’incendiò e un’onda di fuoco
racchiuse, saraphan e carrozza, in un muro di fuoco.
La parte più complessa era terminata, adesso arrivava la parte più cauta di tutte. Rapire la duchessa.
Fuoco e Fiamme
Per un momento sembrava che quella notte fosse diventato giorno. Per quella notte, sembrava esistere
un solo elemento, una sola entità.
“Bruciate nel fuoco dell’inferno!” Chiusi gli occhi e mi lanciai dalla dormiente fortezza di Malak, nel vuoto
del grande dirupo nero e freddo. Per un momento, sia saraphan che cavalli cessarono di rimestare in quel
caos. Gli occhi puntati per qualcosa di più inflessibile e paurosa di una fiamma ardente, un’ombra tetra
con occhi rossi e ali nere sembrava dirigersi verso di loro.
Un ruggito nella notte, e il caos prese il sopravvento.
“Non fatevi prendere dal panico! Non è la paura che guida un saraphan alla battaglia!” gridò uno di loro.
Dalla fitta boscaglia fuggirono stormi di uccelli e pipistrelli, le fiamme prosperavano sempre più e la paura
si estese lungo i confini della foresta.
La squamosa mano destra chiusa in un pugno, la sinistra spalancata con le lunghe dita affusolate e
artigliate, le fauci semi aperte per far mostra degli acuminati denti e degli occhi ardenti come le fiamme
di quella stessa notte.
Gli arcieri fecero un timido tiro di frecce dove alcune non riuscirono nemmeno a superare i tre metri di
distanza e altri dove colpirono per errore gli stessi compagni saraphan, per il terrore delle fiamme alle
loro costole o per la presenza oscura dinnanzi a loro. Fu così che maghi ripresi dal caos iniziarono a
minacciare l’enorme creatura fosca nelle tenebre. Sfere d’energia e frecce incantate ostacolavano l’entità
oscura, e per un momento il demonio sembrava sparito. Un grido d’entusiasmo dilungò per tutta la via.
“Abbiamo sconfitto il demonio! La duchessa per questa notte può stare al sicuro con valorosi guerrieri!”
un altro grido d’esaltazione e poi…
Si aprirono le fiamme e un enorme drago entrò nella cerchia infuocata con ali spalancate.
“Guardate! Può mai essere la creatura di prima? Era stata uccisa per mano nostra!” grido a squarciagola
un guerriero caduto in ginocchio per la vista di quel dragone.
Per la prima volta potei guardarmi con la luce delle spirali di fuoco. Varietà di colore rosso opaco e nero
fosco, impossessavano la squamosa pelle coriacea. Le membrane delle grandi ali erano sfumate di un
rosso scuro per finire di un nero opaco. Le fiamme sembravano accarezzare la pelle dura e squamosa,
filtrando una piacevole sensazione di calore.
Socchiudendo gli occhi ardenti, aprì la mano destra scoprendo delle fiale con del liquido all’interno. Se ne
portò un paio dentro le sue fauci, ruppe le fiale con gli aguzzi denti dopodichè reagì l’olio come
combustione per l’energy bolt. Una lunga fiamma conica si distese lungo il tragitto infuocato, molti
saraphan presero a fuoco, i cavalli neri scalciarono impazziti fino a liberarsi dalle lunghe funi che li
tenevano legati alle pale della carrozza.
Ritentai la fiammata, con successo i saraphan ricevettero gravi combustioni alla pelle per portarli fino alla
morte. La carrozza cominciò a prendere fuoco. Si udì, dal cocchio, urla d’aiuto femminili.
Sentivo d’indebolirmi sempre più e non persi altro tempo. Afferrai con tutte le forze che avevo la carrozza
e la trasportai il più lontano possibile da quel luogo, non avevo intenzione di far vedere quel orribile scena
alla donna, avrebbe potuto perdere i sensi alla prima vista. Appoggiai la carrozza sul terreno e con
velocità estrema mi ritrasformai in vampira afflitta da dolori dappertutto. Mi nascosi su un ramo di un
albero, in attesa che la donna fosse uscita dalla carrozza…
Evy Delacroix
Dalle vampate di fuoco e sangue al contrasto della buia notte e il silenzio.
Si potevano percepire odori di fumo e sangue, dalla corteccia degli alberi al mio continuo pesante affanno
e dal sangue colante dalla mia bocca ferita.
Puzzo di olio imbrattato nei miei vestiti neri, e il dolce profumo di una dolce donna racchiusa in una
carrozza nera ed oro.
“Fatemi uscire! Vi prego! Fatemi uscire! Non sento più l’aria qui dentro!” si udivano calci corrompere il
silenzio di quella notte nella porta del cocchio, finché essa non cessò di rimaner sbarrata.
Spalancai gli occhi e mi ritrai il più possibile nell’ombra. La donna dai lunghi capelli mossi e biondi, scese
dai gradini della carrozza. Il suo sinuoso abito rosso vellutato e rigorosamente decorato dava di già un
aspetto incantevole. Ella timorosa di ogni fievole spostamento del vento, si girava e rigirava finché non le
vidi il volto.
Poteva avere circa venticinque anni, il suo era un volto perfetto, di porcellana. Aveva due occhi azzurri
che sembravano rispecchiare la sua anima, sembrava un peccato vederli ora perdersi nel vuoto del
profondo timore. Passo dopo passo, con la veste alzata con le mani per non farla sporcare, cercava
qualcuno o meglio i soldati che la proteggevano…quando la proteggevano.
Tornò di nuovo indietro, vicino alla carrozza, dove si era trovata perduta da tutto e da tutti. Senza
speranza, s’accasciò a terra con le mani al volto, a piangere. Abbandonata come se ogni ente di quel
posto le volesse far del male, in quanto lei non sapeva che i mali in presenza sua erano taciti. Intorno a
lei potevo percepire quello che in vita passata, da umana, inauguravo tutti i giorni. Senso di serenità,
armonia…che adesso avevo perduto nel corso del tempo, finché Ivy non me la dimostrò tramite la sua
purezza d’anima.
Dopo essersi manifestata con se stessa, si alzò in piedi fiduciosa. Sapevo che quella ragazza non si
sarebbe arresa così facilmente, aveva qualcosa in più di una comune ragazza…era la forza dell’amore che
le dava forza di continuare a vivere, senza arrendersi.
Quale colpa poteva avere una bella ragazza come lei? Era solo suo marito il problema? O dietro quel bel
faccino si nascondeva qualcosa di più? I miei pensieri cessarono appena intravidi qualcosa che davvero
non mi sarei mai aspettata…
Pericoli Imminenti
Quel respiro, quegli occhi…i raggi argentei della luna mi avevano aiutato a scorgere una figura che mai
avrei avuto modo d’ immaginare ad incontrarlo proprio in quel momento. Un flash di veloci immagini
rapirono i miei pensieri, e adesso potevo guardare il mio destino. I due spadoni neri come la notte, quel
cappuccio nero che mai mi dimostrò il vero volto della perfidia, e i suoi occhi rossi dove mi conducevano
alla mia vera morte. Trafitta da quegli spadoni e lasciata a terra, a marcire, con l’anima imprigionata
dentro quel corpo, senza via d’uscita. Evy, era questo che aveva pianificato quel maledetto demonio?
Voleva Evy per ricondursi da me? E’ una trappola! Evy era il mio obbiettivo, e lui ancora una volta mi
aveva raggirato.
Era vicinissimo alla duchessa, dietro un salice piangente, con le spade pronte a sporcarsi di sangue. Non
avevo scelta, Evy era la speranza per tutti noi vampiri e non potevo perderla per mano di un mostro.
“Non ti conviene, mostro, metterti contro di me! Per questa notte andrai a sfamarti da qualche altra
parte!” balzai dal ramo fino a toccare terra, corsi il più veloce possibile e afferrai Evy scansandole
l’attacco mortale delle due lame nere.
“Ti ho vista prima, sai? Davvero un bel ingresso…con tutte quelle fiamme, e che poderosi attacchi
sferravi. Solo che è un vero peccato che tuo padre non sia venuto a vederti....” la sua voce agghiacciante
penetrava dentro di me come laceranti lame, provocandomi un forte senso di rancore.
“Lascia stare Evy, lei non centra nulla!” urlai con tutta la rabbia che mi trovavo dentro.
La ragazza con le mani in viso, sconvolta dalla visione angosciante, si lasciò andare cadendo a terra con
un tonfo.
“Voi siete una vampira?!”
“Lei è qualcosa di più che una usuale vampira…” sussurrò il demone oscuro girando le due lame
sfavillandole dalla luce lunare.
“Facciamo un accordo…io ti lascio Evy viva a patto che tu…” tese la mano verso di me “…verrai con me.
Hai delle doti straordinarie ed io ti posso aiutare a migliorarle”. Scossi la testa innumerevoli volte, chiusi
gli occhi per dimostrare che quella visione non fosse stata mai vera, ma mi stavo solo illudendo. Lui era
davvero lì, con la mano tesa ad attendere una risposta.
“No, tu non avrai niente! Né tanto meno Evy!”.
“E che sia fatta la tua volontà…”.
D’improvviso vidi arrivare una lama ad altezza volto, la evitai abbassandomi. Ma la spada era una, l’altra
dove stava? Spalancai gli occhi, Evy paralizzata e accasciata a terra, guardava la spada roteare in aria in
sua direzione. Evocai una sfera d’energia dal palmo della mano e mirai verso lo spadone. Fortunatamente
spostò la spada in direzione opposta da evitare Evy Delacroix, salvandole la vita.
“Devi dirmi il tuo segreto, Radriel! Sei l’unica a potermelo dire! Avanti! Non hai nessuna speranza contro
di me e lo sai bene! Argh!” tirai una raffica di sfere energetiche nel suo ventre, ottenendo solo uno
sbilanciamento del mio avversario.
“No!” non avrei mai voluto confessare del mio sangue draconico.
“Te ne pentirai, vampira!”.
Un balzo e poi il buio. Sentivo i miei sensi abbandonarmi, gli occhi stanchi si chiudevano . Appoggia la
mano nel mio fianco destro, un metallo freddo conficcato nella carne. Guardai la mano sporca di sangue,
il controllo della mia mente si faceva sempre più fioca.
“Grazie per la tua collaborazione, Radriel…ci rivedremo”. Dopodichè sparì nella notte, silenziosamente.
Non ebbi la capacità di parlare, dalla bocca mi usciva solo sangue e gemiti di dolore.
Afferrai Evy dal vestito con violenza e mi teletrasportai, trascinando con me la duchessa, nel rifugio
Nupraptor.
Accasciati a terra, imbrattatati di sangue e io con il fianco destro dolorante, cercando qualcuno che mi
poteva soccorrere. Guardai Evy come stava, sembrava dormiente. Molto probabilmente l’impatto sul
terreno e il teletrasporto le aveva fatto perdere un po’ i sensi, ma avrebbe recuperato in fretta.
Nel frattempo sentivo qualcuno rialzarmi da terra, vidi, anche se molto sfocato, l’occhio sinistro della
Nupraptor illuminarsi di luce propria. Avevo compiuto un’altra missione, ma avevo fallito contro quello del
famigerato nemico. Adesso il sangue draconico era nelle sue mani, nelle sue nere lame. Poteva sentire i
miei pensieri, i miei istinti e i miei attacchi. Tradì tutti i miei discendenti, compreso mio padre…
--VAE - MISSIONE : MESSAGGIO PER LUCIUS - PARTE I
Risveglio Sanguigno
Tutto in una notte d’inverno. Lo scricchiolare dell’erba ghiacciata e poi un indizio. M’inginocchiai su un
mucchio di terra pestata e mi sforzai di capire di cosa si trattasse. Capì che non meno di mezz’ora fa, un
branco di cervi passò per quella strada e ormai stanchi dal lungo cammino dovevano essersi fermati per
riprendere le forze; pensai che non dovevano essere lontani da quella zona. Una strana emozione mi
pervase lungo le vene, gli occhi ardenti scrutavano la notte di quel cielo scuro e sereno. Una nebbia cupa
e tenebrosa scendeva e spirava sul fondo di quella valle, tanto densa da nascondere i piedi della vampira.
Quella sera, era una notte di caccia.
“Sento già l’odore del sangue che scorre nelle sue vene”, Radriel si rialzò fiduciosa al chiaro di luna. Il
branco non doveva essere lontano.
Dopo che ebbe attraversato la fitta boscaglia, s’imbatté in un gruppo di figure indistinte nell’ombra.
Presto, la luce fioca, e morta, della luna rivelò alcuni cervi sdraiati su quella vallata aperta entro la quale
alcuni di essi stavano all’erta, come in attesa di un pericolo imminente.
Aguzzai la vista per sceglierne uno e preferii quello più vicino alla fitta boscaglia. L’animale si guardava
intorno acuminando lo sguardo verso al minimo movimento, le sue orecchie ritte ad ogni minimo suono e
gli zoccoli ben piantati a terra per poter percepire i movimenti provenienti dal suolo. Una creatura molto
cauta, molto vigile, davvero ammirabile. Ma la sua nobile fierezza fu breve; quando pensò di essere in
pericolo, era già tardi per lui. S’inoltrò dentro la foresta, lontana dal suo branco, ed io ne approfittai con
la stessa prontezza con qui un felino è solito agognare la sua preda.
Il sapore del sangue era come percepivo che fosse, quel sapore intenso che ti penetra nell’anima e ti
rigenera.
Dopo il mio pasto, rientrai nel rifugio Nupraptor. Senza saperlo, mentre io ero in assenza, qualcuno mi
aspettava.
Fui chiamata dal signore del pilastro della morte per svolgere un altro compito. Un’altra caccia ebbe
inizio, dovevo scovare la mia preda, ma sana e salva. Si trattava di una duchessa, Ivy Delacroix. Ella,
quella sera stessa, sarebbe scortata in una carrozza da venti saraphan. Dovevo rapirla e portarla qui nella
Nupraptor, tutto questo per opera di un riscatto. Ivy Delacroix, per il libro oscuro che i saraphan tengono
ancora in mano.
Notte di caccia
Accettai l’ordine e la sera stessa partì. “Questa è una notte di caccia” ripetei in mente. La carrozza si
trovava ai piedi del bastione di Malek, diretta ad Avernus. Non si trovava affatto lontano, per cui potevo
arrivare in poco tempo al luogo conferitomi dal vampiro.
Pensai una strategia prima di partire, dovevo trovare, in un qualche modo, una soluzione per rapire la
donna. Non potevo presentarmi sotto forma di drago sennò mi avrebbero scoperto in un baleno;
nemmeno da vampira, perché i sacerdoti sono dotati di poteri d’individuazione. L’unica ovvia soluzione
era quella di stargli alla larga e trovare un piano; e come potevo attaccare in lontananza? Non impiegai
molto tempo nell’escogitare un piano decisivo, semplice ma efficace. Mi procurai dell’olio da lampada; ne
portai un barilotto di medie proporzioni e qualche fiala per un’extra.
Presi dal mio baule una vecchia cintura dove potevo inserire le fiale comodamente, per il barilotto ci
voleva un sacco per poterlo trasportare a spalla.
L’equipaggiamento era al completo, le forze le avevo ancora ed ero pronta per partire. Uscii dalla mia
stanza, attraversai la Nupraptor e seguì il sentiero che mi doveva condurre alla fortezza di Malek.
Notai, grazie alla luce della luna, un’imponente fortezza nera tra il cielo blu notte, sorretta da un’unica
roccia pericolosamente crollante. I riflessi argentei della luna facevano in modo d’identificare i contorni
della struttura. Ero arrivata all’abbazia di Malek.
Il contrasto tra la nitidezza dell’abbazia e le sue fondamenta nascoste tra le spirali di nube, fecero in me
rievocare i castelli che nella vita da umana vidi prima che mio padre insieme agli altri cavalieri dal sangue
draconico morissero per mano del grande persecutore.
La parola persecuzione mi fece rievocare un’insicurezza che considerai ripugnante. Mi guardai intorno per
tre volte nell’assicurarmi di essere sola. Grattai il capo e vidi sotto il sentiero che percorrevo un'altra
strada, solo un poco più ampia. Il carro, a momenti, sarebbe passato da lì.
Scesi dal sentiero superiore e mi appostai nei bordi della strada che andava verso Avernus. Mi accertai
che non ci fosse nessuno nei dintorni, m’innalzai addirittura in volo per vedere se oltre la curva e dintorni
non ci fossero state tracce di carrozze o saraphan. Atterrai, ma purtroppo toccando terra feci innalzare
uno stormo di uccelli neri intenti alla fuga. Dovevo sbrigarmi perchè gli uccelli in volo potevano in qualche
modo far insospettire i saraphan con i loro poteri d’individuazione, se si trovavano nelle vicinanze. Strinsi
i denti, posai il sacco e feci uscire il barilotto. Cosparsi d’olio due lati paralleli della strada; all’incirca
prendeva uno spazio di venticinque metri. Chiusi anche i lati della strada tracciando un perimetro
rettangolare così da poterli circondare.
La trappola era così pronta ad aspettare la sua preda, nel momento in cui la carrozza e i suoi saraphan si
fossero appostati per bene dentro l’area segnata nel terreno; potevo lanciare un’energy bolt a distanza
dal bastione e far accendere così il rettangolo infiammandolo.
Passò un po’ di tempo prima del loro arrivo. Come previsto, la donna era scortata da una carrozza nera
decorata in oro; quel mezzo pesante era trainato da dieci robusti cavalli neri. C’erano saraphan
dappertutto: ad ogni lato della carrozza. Ogni loro passo li avvicinava sempre più alla trappola ed io,
d’altronde, non potevo perderli d’occhio: l’inganno doveva essere calcolato in ogni suo minimo dettaglio,
per essere perfetto. Mancava poco. Gli enormi cavalli, d’un tratto, incominciarono a nitrire e ad agitarsi,
percependo forse, con il loro olfatto, la presenza dell’olio cosparso sul sentiero; forse percepivano la
presenza oscura di un vampiro, ovvero me stessa, sebbene mi trovassi distante da loro.
Qualunque fosse stato il motivo, i saraphan li avevano calmati ed essi proseguirono il loro viaggio. Ecco,
adesso attraversavano l’area cosparsa d’olio e camminavano ignari di quello che gli sarebbe accaduto. I
primi erano guerrieri, ai lati stavano arcieri e maghi che probabilmente dovevano essere dotati di poteri
d’individuazione; al centro, la grande carrozza trainata da possenti cavalli. Dietro di essa, un gruppo di
altri guerrieri saraphan proteggeva il sentiero percorso dalla carrozza e che esso si lasciava alle spalle.
Erano tutti e mancavano davvero pochi passi prima di essere inseriti all’interno del perimetro circoscritto.
Proprio in quel momento percepì una strana presenza dietro le mie spalle. Un senso d’ansia e angoscia mi
pervase, come se qualcuno mi stesse sorvegliando…
Solo all’ultimo momento notai un folle rischio che stavo commettendo: per poco avrei perso l’occasione
del lancio dell’energy bolt, parte fondamentale della trappola.
Presi tutte le forze e chiusi gli occhi, mi concentrai sul perimetro tracciato e lanciai una sfera d’energia
sperando che quella avesse centrato il tracciato.
Silenziosa e furtiva come una freccia fendere l’aria come un coltello, l’olio s’incendiò e un’onda di fuoco
racchiuse, saraphan e carrozza, in un muro di fuoco.
La parte più complessa era terminata, adesso arrivava la parte più cauta di tutte. Rapire la duchessa.
Fuoco e Fiamme
Per un momento sembrava che quella notte fosse diventato giorno. Per quella notte, sembrava esistere
un solo elemento, una sola entità.
“Bruciate nel fuoco dell’inferno!” Chiusi gli occhi e mi lanciai dalla dormiente fortezza di Malak, nel vuoto
del grande dirupo nero e freddo. Per un momento, sia saraphan che cavalli cessarono di rimestare in quel
caos. Gli occhi puntati per qualcosa di più inflessibile e paurosa di una fiamma ardente, un’ombra tetra
con occhi rossi e ali nere sembrava dirigersi verso di loro.
Un ruggito nella notte, e il caos prese il sopravvento.
“Non fatevi prendere dal panico! Non è la paura che guida un saraphan alla battaglia!” gridò uno di loro.
Dalla fitta boscaglia fuggirono stormi di uccelli e pipistrelli, le fiamme prosperavano sempre più e la paura
si estese lungo i confini della foresta.
La squamosa mano destra chiusa in un pugno, la sinistra spalancata con le lunghe dita affusolate e
artigliate, le fauci semi aperte per far mostra degli acuminati denti e degli occhi ardenti come le fiamme
di quella stessa notte.
Gli arcieri fecero un timido tiro di frecce dove alcune non riuscirono nemmeno a superare i tre metri di
distanza e altri dove colpirono per errore gli stessi compagni saraphan, per il terrore delle fiamme alle
loro costole o per la presenza oscura dinnanzi a loro. Fu così che maghi ripresi dal caos iniziarono a
minacciare l’enorme creatura fosca nelle tenebre. Sfere d’energia e frecce incantate ostacolavano l’entità
oscura, e per un momento il demonio sembrava sparito. Un grido d’entusiasmo dilungò per tutta la via.
“Abbiamo sconfitto il demonio! La duchessa per questa notte può stare al sicuro con valorosi guerrieri!”
un altro grido d’esaltazione e poi…
Si aprirono le fiamme e un enorme drago entrò nella cerchia infuocata con ali spalancate.
“Guardate! Può mai essere la creatura di prima? Era stata uccisa per mano nostra!” grido a squarciagola
un guerriero caduto in ginocchio per la vista di quel dragone.
Per la prima volta potei guardarmi con la luce delle spirali di fuoco. Varietà di colore rosso opaco e nero
fosco, impossessavano la squamosa pelle coriacea. Le membrane delle grandi ali erano sfumate di un
rosso scuro per finire di un nero opaco. Le fiamme sembravano accarezzare la pelle dura e squamosa,
filtrando una piacevole sensazione di calore.
Socchiudendo gli occhi ardenti, aprì la mano destra scoprendo delle fiale con del liquido all’interno. Se ne
portò un paio dentro le sue fauci, ruppe le fiale con gli aguzzi denti dopodichè reagì l’olio come
combustione per l’energy bolt. Una lunga fiamma conica si distese lungo il tragitto infuocato, molti
saraphan presero a fuoco, i cavalli neri scalciarono impazziti fino a liberarsi dalle lunghe funi che li
tenevano legati alle pale della carrozza.
Ritentai la fiammata, con successo i saraphan ricevettero gravi combustioni alla pelle per portarli fino alla
morte. La carrozza cominciò a prendere fuoco. Si udì, dal cocchio, urla d’aiuto femminili.
Sentivo d’indebolirmi sempre più e non persi altro tempo. Afferrai con tutte le forze che avevo la carrozza
e la trasportai il più lontano possibile da quel luogo, non avevo intenzione di far vedere quel orribile scena
alla donna, avrebbe potuto perdere i sensi alla prima vista. Appoggiai la carrozza sul terreno e con
velocità estrema mi ritrasformai in vampira afflitta da dolori dappertutto. Mi nascosi su un ramo di un
albero, in attesa che la donna fosse uscita dalla carrozza…
Evy Delacroix
Dalle vampate di fuoco e sangue al contrasto della buia notte e il silenzio.
Si potevano percepire odori di fumo e sangue, dalla corteccia degli alberi al mio continuo pesante affanno
e dal sangue colante dalla mia bocca ferita.
Puzzo di olio imbrattato nei miei vestiti neri, e il dolce profumo di una dolce donna racchiusa in una
carrozza nera ed oro.
“Fatemi uscire! Vi prego! Fatemi uscire! Non sento più l’aria qui dentro!” si udivano calci corrompere il
silenzio di quella notte nella porta del cocchio, finché essa non cessò di rimaner sbarrata.
Spalancai gli occhi e mi ritrai il più possibile nell’ombra. La donna dai lunghi capelli mossi e biondi, scese
dai gradini della carrozza. Il suo sinuoso abito rosso vellutato e rigorosamente decorato dava di già un
aspetto incantevole. Ella timorosa di ogni fievole spostamento del vento, si girava e rigirava finché non le
vidi il volto.
Poteva avere circa venticinque anni, il suo era un volto perfetto, di porcellana. Aveva due occhi azzurri
che sembravano rispecchiare la sua anima, sembrava un peccato vederli ora perdersi nel vuoto del
profondo timore. Passo dopo passo, con la veste alzata con le mani per non farla sporcare, cercava
qualcuno o meglio i soldati che la proteggevano…quando la proteggevano.
Tornò di nuovo indietro, vicino alla carrozza, dove si era trovata perduta da tutto e da tutti. Senza
speranza, s’accasciò a terra con le mani al volto, a piangere. Abbandonata come se ogni ente di quel
posto le volesse far del male, in quanto lei non sapeva che i mali in presenza sua erano taciti. Intorno a
lei potevo percepire quello che in vita passata, da umana, inauguravo tutti i giorni. Senso di serenità,
armonia…che adesso avevo perduto nel corso del tempo, finché Ivy non me la dimostrò tramite la sua
purezza d’anima.
Dopo essersi manifestata con se stessa, si alzò in piedi fiduciosa. Sapevo che quella ragazza non si
sarebbe arresa così facilmente, aveva qualcosa in più di una comune ragazza…era la forza dell’amore che
le dava forza di continuare a vivere, senza arrendersi.
Quale colpa poteva avere una bella ragazza come lei? Era solo suo marito il problema? O dietro quel bel
faccino si nascondeva qualcosa di più? I miei pensieri cessarono appena intravidi qualcosa che davvero
non mi sarei mai aspettata…
Pericoli Imminenti
Quel respiro, quegli occhi…i raggi argentei della luna mi avevano aiutato a scorgere una figura che mai
avrei avuto modo d’ immaginare ad incontrarlo proprio in quel momento. Un flash di veloci immagini
rapirono i miei pensieri, e adesso potevo guardare il mio destino. I due spadoni neri come la notte, quel
cappuccio nero che mai mi dimostrò il vero volto della perfidia, e i suoi occhi rossi dove mi conducevano
alla mia vera morte. Trafitta da quegli spadoni e lasciata a terra, a marcire, con l’anima imprigionata
dentro quel corpo, senza via d’uscita. Evy, era questo che aveva pianificato quel maledetto demonio?
Voleva Evy per ricondursi da me? E’ una trappola! Evy era il mio obbiettivo, e lui ancora una volta mi
aveva raggirato.
Era vicinissimo alla duchessa, dietro un salice piangente, con le spade pronte a sporcarsi di sangue. Non
avevo scelta, Evy era la speranza per tutti noi vampiri e non potevo perderla per mano di un mostro.
“Non ti conviene, mostro, metterti contro di me! Per questa notte andrai a sfamarti da qualche altra
parte!” balzai dal ramo fino a toccare terra, corsi il più veloce possibile e afferrai Evy scansandole
l’attacco mortale delle due lame nere.
“Ti ho vista prima, sai? Davvero un bel ingresso…con tutte quelle fiamme, e che poderosi attacchi
sferravi. Solo che è un vero peccato che tuo padre non sia venuto a vederti....” la sua voce agghiacciante
penetrava dentro di me come laceranti lame, provocandomi un forte senso di rancore.
“Lascia stare Evy, lei non centra nulla!” urlai con tutta la rabbia che mi trovavo dentro.
La ragazza con le mani in viso, sconvolta dalla visione angosciante, si lasciò andare cadendo a terra con
un tonfo.
“Voi siete una vampira?!”
“Lei è qualcosa di più che una usuale vampira…” sussurrò il demone oscuro girando le due lame
sfavillandole dalla luce lunare.
“Facciamo un accordo…io ti lascio Evy viva a patto che tu…” tese la mano verso di me “…verrai con me.
Hai delle doti straordinarie ed io ti posso aiutare a migliorarle”. Scossi la testa innumerevoli volte, chiusi
gli occhi per dimostrare che quella visione non fosse stata mai vera, ma mi stavo solo illudendo. Lui era
davvero lì, con la mano tesa ad attendere una risposta.
“No, tu non avrai niente! Né tanto meno Evy!”.
“E che sia fatta la tua volontà…”.
D’improvviso vidi arrivare una lama ad altezza volto, la evitai abbassandomi. Ma la spada era una, l’altra
dove stava? Spalancai gli occhi, Evy paralizzata e accasciata a terra, guardava la spada roteare in aria in
sua direzione. Evocai una sfera d’energia dal palmo della mano e mirai verso lo spadone. Fortunatamente
spostò la spada in direzione opposta da evitare Evy Delacroix, salvandole la vita.
“Devi dirmi il tuo segreto, Radriel! Sei l’unica a potermelo dire! Avanti! Non hai nessuna speranza contro
di me e lo sai bene! Argh!” tirai una raffica di sfere energetiche nel suo ventre, ottenendo solo uno
sbilanciamento del mio avversario.
“No!” non avrei mai voluto confessare del mio sangue draconico.
“Te ne pentirai, vampira!”.
Un balzo e poi il buio. Sentivo i miei sensi abbandonarmi, gli occhi stanchi si chiudevano . Appoggia la
mano nel mio fianco destro, un metallo freddo conficcato nella carne. Guardai la mano sporca di sangue,
il controllo della mia mente si faceva sempre più fioca.
“Grazie per la tua collaborazione, Radriel…ci rivedremo”. Dopodichè sparì nella notte, silenziosamente.
Non ebbi la capacità di parlare, dalla bocca mi usciva solo sangue e gemiti di dolore.
Afferrai Evy dal vestito con violenza e mi teletrasportai, trascinando con me la duchessa, nel rifugio
Nupraptor.
Accasciati a terra, imbrattatati di sangue e io con il fianco destro dolorante, cercando qualcuno che mi
poteva soccorrere. Guardai Evy come stava, sembrava dormiente. Molto probabilmente l’impatto sul
terreno e il teletrasporto le aveva fatto perdere un po’ i sensi, ma avrebbe recuperato in fretta.
Nel frattempo sentivo qualcuno rialzarmi da terra, vidi, anche se molto sfocato, l’occhio sinistro della
Nupraptor illuminarsi di luce propria. Avevo compiuto un’altra missione, ma avevo fallito contro quello del
famigerato nemico. Adesso il sangue draconico era nelle sue mani, nelle sue nere lame. Poteva sentire i
miei pensieri, i miei istinti e i miei attacchi. Tradì tutti i miei discendenti, compreso mio padre…
--KAINH - MISSIONE : LA BARRIERA MAGICA
La notte avvolgeva Nosgoth.
Le terre erano avvolte in una simbolica nebbia di follia che le menti nemiche amavano produrre, di tanto
in tanto.
Ma le idee che erano concepite venivano sempre malvagie e piene di desiderio di conquista di Nosgoth
con la forza.
Folli.
Anche noi eravamo così, ma non volevamo avere malvagie intenzioni contro gli esseri umani, ma solo
mettere equilibrio in Nosgoth.
O almeno, questa era la mia impressione ma sicuramente la mia intenzione.
E i Seraphan…
Tentavano.
Tentavano ma non ci riuscivano nella maniera giusta, peggio per loro.
Questa volta avremmo dovuto aiutarli nel loro scopo, ma per favorirne un nostro ; in cuor mio , speravo
di non entrarci troppo in contatto.
Tipica miriade di pensieri che mi venivano ogni volta che mi veniva affidato un compito, che ogni volta
speravo di non deludere nessuno.
Però non avevo esitazione ad uccidere creature, esseri o cose che cercavano di mettere alla berlina la
nostra gente e i mietitori.
Partii dalla cattedrale non appena il sole tramontò. Anche quello : quanto tempo era che non vivevo una
giornata col tempo sereno. Quanto tempo.
Amavo la nebbia, ed amavo anche quando le nubi scendevano giù fino a creare una spessa coltre
chiudendo tutto il cielo.
Ma a volte mi mancava anche il sole.
“Dannazione” pensai “a che diavolo penso tutte le volte che esco dalla cattedrale”
Per cui troncai lì i miei pensieri e cominciai a camminare verso la foresta.
Questa volta, per la prima a dire il vero, portai con me sia Frost che Sibila ; erano ingombranti tutte e
due le armi , ma l’arco mi sarebbe certamente servito ad attaccare da lontano, e tuttavia non volevo
rimanere sguarnito nel corpo a corpo.
Ci volle qualche tempo per arrivare alla foresta , e come prevedevo, piombai più volte in pensieri e dubbi,
ma che scacciavo più velocemente del solito.
La foresta era silenziosa quando incominciai ad addentrarvi , ma man mano che entravo sempre più nei
fitti alberi si incominciava ad udire il tintinnare delle armature.
Incominciai a cercare di amplificare i miei sensi per non farmi notare da qualche Seraphan , perché in
questa immensa massa verde di alberi mille occhi potevano stare a guardare senza che me ne
accorgessi ; per cui andai molto cauto. Non era la paura a farmi esitare, ma il timore di essere subito
scoperto dai crociati di Nosgoth e quindi di iniziare molto in salita il compito che mi spettava.
Ma pensavo troppo, e questo mi innervosì non poco.
Camminando sempre avanti , vidi che la foresta continuava , probabilmente per miglia e miglia , per cui
decisi di deviare ad ovest e dopo un po’ , finalmente scrutai tre cavalieri Seraphan che discutevano fra di
loro. Qualcuno aveva il volto contratto in una maschera di tensione marcata , e dopo un po’ uno di loro
ruppe il silenzio per parlare:
“Dannazione” disse il cavaliere più giovane “questa foresta mi sta facendo uscire matto”
“Che ti prende,fifone?” disse un altro in tono beffardo “sei un cavaliere, non ricordi?”
“Non dovresti avere questi timori” disse l’altro ancora
“Non ho nemmeno detto a cosa mi riferivo a dire il vero” disse stizzito il giovane
“Frena la lingua, giovanotto” disse il più anziano dei tre, che quindi pensai fosse anche il più graduato,
vista l’arroganza nel parlare “o manderemo te da solo a combattere contro questi dannati druidi”
E contro questi dannati falsi crociati , pensai.
Avevano sempre il modo arrogante di fare e di parlare ; questo era uno degli elementi che detestavo di
più di questi dannati cavalieri
Il guerriero si ammutolì, arrendendosi alle parole degli altri due rendendosi conto che protestare ancora
sarebbe solo servito a cambiare la situazione in peggio.
“Ora tieni chiuso il becco eh?” disse il più anziano, ma la giovane vittima del gruppo non replicò.
Dovetti faticare per allentare la presa sullo spadone ed evitare di lanciarmi sullo sbruffone.
Scansai quei pensieri e mi misi ad ascoltare ancora le loro conversazioni per scoprire qualcosa di più , ma
si misero a parlare di altri fatti insignificanti.
Continuavo a seguirli nell’ombra e la pazienza cominciava ad esaurirsi quando per grazia dell’oscurità il
più anziano dei tre , lo sbruffone maledetto, disse di fermarsi
“Fermi, fermi” bisbigliò “Laggiù, guardate”
Guardai in direzione e vidi che vi erano tre druidi seduti attorno ad un fuoco.
Abbastanza stupido da parte loro pensai
“Uno a testa” bisbigliò il Seraphan
Io invece starò a guardare per ora pensai
I tre crociati si avventarono contro i druidi in maniera silenziosa ed improvvisa, però , come previsto i
druidi non si fecero prendere alla sprovvista.
Come dei polli, caddero in una imboscata, ma il più giovane estrasse da sotto il mantello un corno, che
fece risuonare nella foresta silenziosa.
Un segnale di battaglia.
Passò qualche minuto e la foresta si trasformò in un fracasso di armature e urla di guerra ; fu una cosa
che mi impressionò molto, siccome non immaginavo che i due schieramenti fossero così preparati.
Sfilai l’arco dalle spalle e mi preparai ad abbattere quanti più druidi potevo.
I maghi che tesero l’imboscata ai tre Seraphan erano cinque, quindi cominciai a colpirne uno al collo con
una freccia, mentre i tre tentavano di mettere a tacere le loro grevi litanie incantate.
Improvvisamente il più anziano dei cavalieri lasciò cadere la spada e urlò di dolore ; la lama cadde a terra
rovente, mentre un druido lo trapassò con la sua asta magico con una lama in punta.
Ben gli stava pensai.
Gli altri due invece erano leggermente più veloci e perciò zittirono tre maghi prima che pronunciassero
delle parole, mentre io colpii al petto un altro dei druidi.
L’altro venne ucciso all’istante dai cavalieri, quindi mi dileguai silenziosamente per non farmi scoprire dai
Seraphan.
Corsi verso il centro della foresta e in poche centinaia di metri mi trovai nel mezzo della battaglia , in cui
decine di crociati e ancor più druidi si scontravano duramente.
Non pensavo che i maghi fossero così numerosi, però potevo sfruttare il fatto di non essere schierato con
le insegne né di una fazione né di un’altra e quindi quasi inosservato.
Ma vi erano anche le fiere da tenere sott’occhio, visto che erano controllate dai maghi e sicuramente
avrebbero attaccato qualsiasi forma umanoide che non fosse stata un druido, quindi io compreso.
Come improvvisa manifestazione dei miei pensieri, una nera bestia amorfa mi si parò davanti ; la sua
forma cambiava ogni istante per confondersi con l’ambiente e per disorientarmi.
Si lanciò su di me grugnendo come una bestia impazzita e bramosa , finendomi contro di striscio, siccome
ero preso di sorpresa e appesantito dai due armamenti che mi ero portato appresso.
La cosa graffiò l’armatura che fortunatamente mettevo sempre ma la spalla destra fu graffiata dagli artigli
della fiera. Ero bloccato sotto la bestia, che non voleva lasciarmi scappare, inconsapevole che tanto la
mia era solamente carne non-morta, di cattivo sapore.
La scalciai e la strattonai da sotto ma continuava a stringere sempre di più la presa e le zanne erano
sempre più vicine al mio collo.
Dannazione, ci deve essere una maniera pensavo disperatamente
Miracolosamente, tastando il terreno con le mani cercando qualsiasi cosa da sbattere sul muso della cosa
amorfa riconobbi il gelo di Frost e la impugnai, seppur malamente , cominciando a tagliuzzare da sotto la
bestia .
Cominciò a sentire dolore e allentò la presa, quel poco che mi bastava per rimettermi in forze e liberarmi
dalla morsa.
La spalla però mi faceva male e non riuscii subito a impugnare come si doveva Frost per cui con l’altra
mano lanciai contro la fiera degli energy bolt fino a farla stancare ed ansimare.
Presi Sibila e scoccai una freccia senza mirare bene, ma essendo incantata, la freccia prese in pieno la
fiera che finalmente rinunciò e scappò via.
Ora ansimavo anche io, siccome l’avevo vista brutta per cui mi nascosi nell’ombra di un cespuglio e attesi
; toccai la ferita e sentii che si rimarginava, lentamente, ma lo faceva.
Aspettai comunque un po’ prima di lanciarmi nella battaglia nuovamente e decisi di arrampicarmi su di un
albero per vedere meglio.
Salii e mi resi conto che era un’ottima posizione per tirare con Sibila , per cui presi di mira quanti più
druidi potevo.
Qualche volta colpivo inavvertitamente anche dei Seraphan, ma i compagni vicino a loro non vedevano da
dove arrivavano i dardi, e perciò pensavano fossero i druidi.
Sogghignai come un ebete quando accadeva, ma tentavo almeno di non colpirli sempre ed era veramente
una cosa accidentale, perché a volte un druido si spostava all’ultimo o calcolavo male la mira. Ed appunto
sotto questo aspetto avevo molto da migliorare.
Scesi dall’albero e proseguii più avanti nella foresta ricordandomi delle parole del negromante riguardo
allo scudo generato dai druidi e ci andai quasi a finire contro ; fortunatamente sentii che oltre a un certo
punto non riuscivo a camminare come se qualcosa mi voleva rispedire all’indietro.
Un dolore mi prese alla testa e caddi a terra per un breve lasso di tempo.
Lentamente mi ripresi ,ma mi resi conto che vicino a me vi era un cavaliere Seraphan che mi puntava una
lama contro la schiena.
“Bene bene” disse spavaldamente “Oltre ai druidi un va…”
Rischiai, ma respinsi immediatamente con la telecinesi il cavaliere e come prevedevo mi ferì l’altra spalla
con la lama facendo un bel taglio.
Soffocai l’urlo di dolore momentaneo , conscio che la ferita di lì a breve si sarebbe rimarginata, ma il
mantello ovviamente no .
“Dannazione” pensai “il mio mantello”
Non ebbi tempo di pensare che il nemico mi individuò nuovamente e si lanciò di nuovo alla carica, ma
questa volta ebbi una sorpresa per lui, mettendomi a controllarlo mentalmente.
Lo mandai quasi di sua spontanea volontà contro un druido matto che ci mise poco a trafiggerlo con una
carica elementale di ghiaccio e mi liberò dal problema.
Il druido mi vide e caricò un dardo verso di me ma con Sibila gli spedii contro una freccia infuocata che
sciolse il suo ghiaccio, poi una freccia avvelenata raggiunse anche lui, terminandolo.
La ferita pulsava ancora e sentiva bruciare sulla spalla ; speravo di non esser stato ferito profondamente
da una arma Seraphan benedetta o qualcosa del genere, sarebbe stato un bel problema.
Intanto, finché potei , mi misi a bersagliare i druidi di frecce anche all’interno della sfera cui non potevo
oltrepassare, ma i dardi sembravano afflosciarsi non appena andavano oltre lo strato trasparente dello
scudo e pochi furono effettivamente colpiti e ancor meno abbattuti.
Stanco in corpo ma deciso a terminare il mio compito più in fretta possibile , poiché sentivo che le forze
andavano ad esaurirsi.
Una folle idea mi balenò nella testa, anche se era appunto malata perché richiedeva energie fisiche e
mentali ; pensai di evocare i fulmini dall’oscurità.
Sarebbe in ogni caso stato difficile attuarla, visto che i miei nemici erano anche i Seraphan, ma se
pensavo che non lo fossero stati ,probabilmente i fulmini avrebbero colpito solo i druidi maledetti.
Era una follia.
Dietro di me, inaspettatamente (e per la seconda volta) un latrato squarciò il silenzio e mi fece sussultare
; mi ritrovai nuovamente faccia a faccia con una fiera amorfa, ma questa volta non mi feci prendere dal
panico e incoccai una freccia gelida.
Bersagliai la bestia alle zampe, o quello che sembravano, e la bloccai nei movimenti, poi con una freccia
di tenebra perforai la sua carne, obliandola.
Questa volta andò bene rispetto alla prima.
Notai che per fortuna i druidi cominciavano ad arrivare di meno , ma in ogni caso decisi di nascondermi
sul ramo di un albero per evitare di essere visto proprio ora che la vittoria dei Seraphan stava giungendo.
L’albero su cui mi stavo aggrappando era parecchio scivoloso, mi chiedevo perché, poi quando arrivai ad
una ‘altezza abbordabile per bersagliare nell’ombra mi fermai, ma dopo che mi sistemai la risposta al mio
quesito prese la forma di un serpente.
Odiavo i serpenti, maledette creature inventate chissà da quale divina volontà malevola.
Era a tratti nero, a tratti viola e a tratti trasparente, un po’ come gli pareva, ed io non ero troppo pronto
per fronteggiarlo in quel momento anche se dovevo farlo per forza di cose.
Sibila, per quanto comodo fosse per la rapidità d’uso non sarebbe servito a granchè poiché quel
maledetto passava da essere largo a stretto in un batter d’occhio.
A volte vedendo quelle bestie maledette manipolate e senz’altro alterate dai quegli altrettanto dannati
druidi mi veniva il mal di mare.
Quindi difficoltosamente presi Frost tra le dita e attesi l’attacco della cosa strisciante viscida, ma questa
pareva anche aspettare una mia mossa.
Dannazione, che odioso
Se ne stava lì tirando ogni tanto fuori la lingua biforcuta e questo mi fece venire l’ira ancor di più.
Decisi di lanciargli un energy bolt e, come previsto il biforcuto scattò in avanti come una molla, però
contro Frost che era già pronta a cantare.
Il serpente finì in due metà e cadde dall’albero andando a sbattere violentemente sulla terra sottostante,
contorcendosi ancora negli spasmi della morte
La cosa mi fece rabbrividire per la repellenza che provavo.
Guardai giù per vedere come proseguiva lo scontro fra i crociati e i druidi, e vidi che altri uomini
continuavano ad uscire fuori dallo scudo generato dal loro capo, nonché dai cespugli nascosti nel buio.
Non ne potei più, per cui misi da parte il rancore che provavo nei confronti dei Seraphan e mi concentrai
quanto più potevo, ora che non avevo fastidi su quest’albero. In qualche istante sentii l’energia magica
defluire dal mio corpo , ma vidi anche una tempesta di fulmini bianchi e azzurrini scaturire giù dal cielo
notturno, che illuminarono una porzione della foresta. Quando finirono mi accasciai stanco sopra al
legnoso e duro ramo, aspettando che le energie mi tornassero i corpo anche se sarebbe passato del
tempo.
Comunque dopo qualche minuto sentii gridare i Seraphan : dicevano che dei loro cavalieri erano morti
nella improvvisa tempesta di fulmini e si chiedevano come poteva essere che un tale fenomeno si
manifestasse così improvvisamente.
Un fulmine a ciel sereno pensai sogghignando.
Un piccolo aiuto ogni tanto al nemico continuai a pensare Però era stata una fortuna che i fulmini
avessero colpito anche dei crociati Seraphan.
Attesi ancora.
Dopo qualche tempo però li sentii urlare la vittoria
Mi rimisi in piedi sull’albero e scesi cautamente dalla pianta senza farmi individuare : lo scudo era sparito
e vedevo i crociati che si dirigevano verso il centro della foresta.
Tirai un sospiro di sollievo.
Se tutto era andato bene , i Seraphan avrebbero creduto in questo come un inaspettato regalo della
natura.
Poi, usando quel poco che avevo recuperato dell’energia magica mi trasportai alla Cattedrale e lì accennai
un saluto ai vampiri che erano presenti.
--VAE - MISSIONE : MESSAGGIO PER LUCIUS - PARTE II
L'entrata era sorvegliata da due guardie armate. Una di loro si girò verso di me, ma mi nascosi in tempo
dietro una cassa. Dovevo liberarmene in fretta. Presi allora una pallina di piombo. Non avevo molto
tempo; la notizia della morte del saraphan stava facendo accorrere più guardie del previsto. Entrambe le
guardie, erano messe ai lati della porta e non portavano gli elmetti. Tirai allora, con tutta la forza
dell'innesto, il piombino contro la testa del primo saraphan. La potenza generata dal colpo, trapassò il
cranio del primo e colpì il secondo subito dopo, perforando anche la sua scatola cranica.
I due corpi caddero a terra e io corsi a recuperarli. Aprì delicatamente la porta, presi i due corpi e li misi
vicino all'entrata; dove il buio regnava sovrano.
Il posto era una vera e propria catapecchia. La puzza di sterco di cavallo e di rum era impressionante.
Evidentemente qualche saraphan si fa qualche cicchetto fuori licenza di tanto in tanto. La corruzione è
dovunque.
Vi erano una trentina di cavalli in quella stalla, tutti che dormivano tranquillamente. Il terreno era fatto
completamente di terriccio e fieno. Le pareti di legno, erano incostrate di muffa. Nella stalla, vi era solo lo
stalliere. Stava sistemando del fieno nella mangiatoia per i cavalli. Mi avvicinai di soppiatto alle sue spalle
e lo toccai con l'innesto. Immediatamente, egli diventò un mio schiavo. Con un salto vampirico, salì sopra
una trave del tetto, ed ordinai allo stalliere di uscire.
“ei joe, che fai fuori? Portato il fieno?” disse uno scuderio.
“si” rispose lo stalliere.
Potevo vedere con i suoi occhi.
L'uomo con cui il mio schiavo stava parlando, era alto e in sovrappeso. Aveva pochi capelli rossi e un
grosso naso storto. Gli occhi erano grandi e verdi e le labbra erano di un colorito roseo e in carne.
“cosa porti?” disse lo stalliere
“sto portando della carne per la cucina. Ei joe, e con tua moglie?”.
Lo stalliere rimase qualche minuto in silenzio, poi parlò:
“ho un problema con un cavallo. Ha la zampa rotta e devo abbatterlo. Mi serve una mano. Vieni con me”,
e detto questo, si incamminò verso la stalla.
La fortuna a volte è dalla parte del male...
il portatore di vivande, entrò nella stalla:
“joe, dove sei?” disse con un po' di tensione nella voce.
Una voce in un angolo buio rispose:
“sono qua, vieni” disse lo stalliere.
L'uomo grosso si incamminò in direzione della voce. Le sue orecchie, sembravano ingannarlo. Gli era
parso di sentire cadere qualcosa. Quando arrivò, non ebbe il tempo di gridare, a causa del corpo
martoriato e decapitato del suo amico, che gli bloccai la bocca con la mano.
“calma, e non ti succederà nulla” gli dissi con voce austera.
Decisi dunque di impossessarmi di lui. Era l'occasione che aspettavo per potermi muovere
tranquillamente fino al mio obbiettivo.... la cucina.
La cucina.
Jack, era questo il nome della persona di cui mi ero impossessato, porto dentro la stalla, il carro con la
carne. Svuotai uno dei barili e mi infilai lì dentro. Il mio schiavo, mi aiuto a inchiodare il coperchio che
precedentemente avevo aperto.
In seguito guidai l'umano in direzione della cucina, grazie a mau, che dall'alto indicava i vari punti più
vuoti di saraphan. Dovevo fare in modo di evitare i sacerdoti. Loro mi avrebbero scoperto
immediatamente. Dopo una ventina di minuti dentro quel maledetto barile, arrivammo nei locali della
cucina.
“ei jack, quelle casse metti quelle casse nell'angolo. Fra una decina di minuti, metà del reggimento deve
mangiare. Ah, porta una cassa di carne ai cani. Sono affamati.” disse il cuoco.
La cucina, era all'interno di un grande stabilimento. Vi erano 4 guardie all'esterno e tre interne. Non
sarebbe stato facile portare a compimento il mio piano.
Jack prese la mia cassa e mi portò vicino ad una sorta di sgabuzzino. Vi era poca luce in quel luogo
stretto, e in poco più di qualche minuto, uscì da quel maledetto barile puzzolente. Ordinai a jack di
rimanere lì dentro per un pò. Aprì leggermente la porta, e notai che mi trovavo ad una ventina di metri
dai pentoloni di minestra che sarebbero stati serviti a ben 500 soldati. Potevo usare la telecinesi per il
mio scopo, ma il rischio era alto.
Mi sarebbe servito di nuovo jack...
l'uomo allora, uscì dallo sgabuzzino; si diresse verso il centro dello stabilimento e incominciò un pianto
lungo e doloroso.
All'inizio ne i cuochi(che non erano più di 5) ne i saraphan gli diederò corda. ma appena il pianto,
degenerò, tutti accorsero da lui a consolarlo. Sia i cuochi che i saraphan mi davano le spalle.
Era il momento adatto...
aprì la mia sacca ed estrassi il contenuto speciale che avevo chiesto a irraziel di prendere per me ed usai
la telecinesi...
tutto si svolse in non più di dieci minuti, e quando jack smise di piangere i cuochi tornarono a preparare
la cena.
Jack dunque si diresse verso lo sgabuzzino, mi aiuto a rientrare nel barile e mi rinchiuse di nuovo.
Uscì dallo stanzino con il barile sulle spalle.
“jack hai dato da mangiare ai cani?” disse un cuoco.
“la carne è avariata, l'ho buttata tutta” disse serio.
Il cuoco alzò un po' le spalle, in segno di disapprovo ma aveva altro a cui pensare.
“va bene, portala nell'immondizia. Ora devo badare alla cena”
“sono sicuro, che sarà una cena indimenticabile” disse jack con un leggero sorriso sulla bocca.
Il cuoco lo guardò un attimo con aria dubbiosa. Ma non c'era tempo per pensare. La cena doveva essere
servita.
Bene e male:
jack controllava la cassa. All'interno Vae, aspettava con impazienza di poter entrare in scena. C'era un
solo modo per attirare l'attenzione di lucius.... fare un po' di baldoria. Lo schiavo di Vae, era tornato nella
stalla dove il suo corpo era stato posseduto da Vae. Grazie a questo stratagemma, il paladino del male,
era riuscito ad assicurarsi un uscita sicura.
Un urlo nel cielo rimbombò. Quell'urlo proveniente da un rapace nero come la notte, coincideva con la
fine dei pasti dei saraphan. Tutto era pronto. Jack si girò il collo da solo e morì. In quel momento
il paladino uscì dalla cassa e prese il corpo del suo ex schiavo, scaraventandolo sopra una trave.
Aspettò dieci minuti, poi Mau entrò nella stalla.
Diario di un vampiro
Legai ad una sua zampa, il sacchetto contenente, la nebbia fatta in casa. Il volatile si alzò in volo ed uscì.
Era giunto il momento di presentarmi a lucius. E quale miglior modo sennò come demone della nebbia.
La sacca, che mau portava con se, aveva un leggero buco, che a poco a poco distribuì tutte le palline
in un tragitto dalla stalla fino alla tenda del signore dei saraphan. Come mio padre prima di me, avrei
visto il capo dei cani.
La nebbia si alzò. Mi alzo il berretto. Una voce urla che si sta alzando uno strano fumo. Fra poco altre urla
si alzeranno. E se non uscirò vivo, avrò altre soddisfazioni. Aspetto che Mau esca dall'accampamento. In
un'altra zampa, ho legato un altro elemento che ho chiesto di farmi portare da Irraziel.
Tutto è pronto... si va in scena.
--------I saraphan erano in agitazione. Un enorme coltre di nebbia si era distesa su quasi tutto il campo. I maghi
stavano accorrendo. Ma a Vae, sarebbero bastati non più di 5 minuti per arrivare da lucius.
Si trasformò in nebbia, e cominciò la sua folle corsa per arrivare dal capo dei saraphan.
Davanti al suo cammino si posero due ignari guardie sacre. Vae apparse alle spalle di una e le spezzò il
collo. L'altra provò a reagire, ma non ebbe il tempo. L'energy bolt di Vae diretto nel collo, dell'umano, fu
più veloce. Tuttavia una terza guardia lo vide:
“Vampiro!!!” urlava, ma fu l'ultima parola che proferì, prima che un piombino gli perforasse l'armatura,
spaccandogli il cuore. La forza dell'innesto permetteva a Vae, di compiere grandi imprese. Ma il tempo era
contro di lui. Doveva correre.
In mezzo alla nebbia, riuscì a percorrere quasi metà del tragitto in poco meno di un paio di minuti.
Ma l'allarme vampiro era scattato ormai. Il demone vide distintamente la figura di un mago che stava per
evocare una magia di vento. Senza perdere tempo, si fermò, estrasse l'arco e una freccia e scagliò. Il
colpo andò a segno e il mago morì. Il tempo scorreva. Usò più volte il dono del salto(per pochi secondi,
per poi ridiventare nebbia), ma quasi tutte le guardie erano state avvertite e si stavano concentrando
nella zona centrale dell'accampamento. Un vampiro era nella loro tana, e stava uccidendo alcuni di loro.
“guardatelo, è lì” disse una guardia.
La figura di Vae, riapparsa per qualche secondo. Attirò l'attenzione di una 20ina di saraphan
“circondatelo” urlava un altro.
Non mancava molto. Non più di un centinaio di metri. Più volte Vae, usò il salto per evitare i nemici, e
anche sta volta dovette usarlo. Ma una freccia lo colpì nella gamba. Cadde a terra. La nebbia si era quasi
diradata. Non essendo una nebbia vera, la magia normale non era sufficiente. Bisognava scegliere
l'incantesimo giusto, e questo aveva ritardato la diradazione della nebbia.
“Lucius!!! esci fuori”urlava Vae che prese tutti i piombini e lì tirò nella mischia. Uccise due saraphan
soltanto. Con rammarico si ributto nella poca nebbia, e sotto forma gassosa, saltò un ultima volta. Ma lo
scenario al suo atterraggio era raccapricciante. Tutto l'esercito era mobilitato ormai attorno a lui.
L'efficenza dei saraphan era ottima. Aveva percorso solo un km. Nulla per un vampiro in fondo. I maghi
avevano perso qualche minuto in più per spazzare la nebbia. Ma quando essa si diradò completamente,
Vae si trovò circondato da oltre mille saraphan. Dietro di lui, la nebbia si levò completamente, mostrando
altri nemici alle sue spalle.
Il paladino tirò fuori la spada. L'aveva combinata grossa sta volta. Lucius non usciva e a lui toccava
affrontare tutti quei cani. Non avrebbe mai vinto. Ma qualche anima sarebbe sceso con lui all'inferno.
“salve a tutti cani, mi presento a voi. Il mio nome è Vae. “ disse ridendo.
Aveva paura il vampiro. Ma teneva i nervi saldi. Dei maghi crearono una barriera sul campo, impedendo
eventuali fughe dal cielo.
Ci fu un mugolio tra i saraphan. Uno di loro, accorso tra i primi, entrò nella tenda di lucius.
“tu sei Vae?” disse un saraphan molto alto e robusto.
Il Vampiro si chiedeva cosa aspettavano ad ucciderlo. Tuttavia aveva tutte le armi puntate contro e degli
arceri lo guardavano dall'alto, con gli archi pronti a scoccare frecce sacre al primo movimento falso.
“si sono io” disse il vampiro.
Poteva notare, che quel nome dava una forte tensione ai saraphan. Una tensione più simile all'ira che alla
paura.
“uccidiamolo!!!” urlò uno.
“no! !!” rispose un altro, e poi continuò” si aspettano gli ordini” .
Tutto rimase fermo per qualche minuto, poi l'uomo che prima era entrato nella tenda uscì, seguito da
lucius.
Era davvero un bell'uomo. Alto, vigoroso, con una bella chioma di capelli marroni e degl'occhi verdi.
Portava una strana spada con tanti simboli, che cominciò a vibrare quando si avvicinò a Vae.
La sua armatura emanava una sorta di aria purificatrice e sacra. Ciò andò in netto contrasto con Vae. Lo
stesso Lucius se ne accorse, ma non rimase stupito. Aveva egli stesso firmato l'ordine di morte per Vae,
considerato un assassino senza scrupoli. Uno dei peggiori della sua specie.
“lucius...”disse Vae, levandosi il cappuccio e mostrando il suo terribile volto.
“Vae, figlio di Vorador, sei accusato di sterminio e atti di cattiveria contro gli uomini e i saraphan”
“ti rifersci al fatto che il mese scorso, ho fatto una visitina alla scuola di addestramento?” disse Vae.
Lucius, diede un potentissimo pugno a Vae che volò per un paio di metri. La pelle di Vae, bruciò al
contatto con l'armatura di quel paladino. Evidentemente, era un oggetto sacro.
“tu sei un mostro.”
“voi non siete differenti da me”
“tu morirai sta notte” disse lucius sorridente.
“vedo, che odi pure tu...” disse Vae, soddisfatto. Era sempre felice di vedere il male negli occhi delle
persone.
“tuttavia...” continuò il vampiro” io sono qua in veste di messaggero di soul”
lucius, si fermò qualche secondo a riflettere. Poi parlò:
“hai ucciso oltre 15 saraphan, cosa ti fa credere che io ti creda?”
Vae rise:” il fatto che se non leggi questo messaggio, la tua donna morirà”
Lucius corse verso Vae, ma quest'ultimo tirò fuori la lettera “se ti avvicini, la distruggo. Qui ci sono le
istruzioni che devi eseguire. Se non le eseguirai, la tua donna morirà”.
Lucius, poteva anche essere infinitamente più forte di Vae; Ma l'essere del male aveva decisamente più
esperienza di lui in quanto a ricatti. Conosceva le debolezze umane, e sapeva che un uomo puro come lui,
non avrebbe mai rischiato di perdere la sua donna.
“dammela e ti prometto che non ti ucciderò” disse il generale.
Vae, voleva stare al gioco. Sapeva che lucius non avrebbe mantenuto la promessa.
“perchè non hai detto ai saraphan ai cancelli che venivi in nome di Soul?”disse lucius, prendendo il rotolo.
“tu permetteresti al diavolo di entrare a casa tua col tuo permesso?” rispose Vae.
Lucius capì ciò che l'immortale intendeva dire. Poi si mise a leggere.
Le lacrime cominciarono a scendere, sul suo bel volto.
“deve essere una bella lettera d'amore”disse Vae. Adorava quel momento.
Lucius lo guardava con odio e disprezzo.
“morirai bastardo. A soul non mancherà uno come te. GUARDIE!!! UCCIDETELO!!!”.
Uno di loro provò ad avvicinarsi, ma Vae lo toccò con il braccio nero, uccidendolo. Lucius rimase
incredulo.
“se mi uccidi, porterò con me , molte anime” disse il vampiro.
“tu menti” disse una guardia che si scagliò contro Vae. Il vampiro decise di usare il suo colpo migliore.
Una luce verde si caricò tra le sue dita” morte dello.....”
ma senza che fece nulla, la guardia cadde a terra, presa da forti dolori allo stomaco.
La mano di vae, smise di emanare la luce verde. Lucius, corse immediatamente in soccorso del suo
commilitone. L'animo di quest'uomo, era davvero grande.
“che cosa gli hai fatto demone?” disse il generale sempre più arrabbiato.
Vae, allora estrasse una sacca e la diede al suo nemico.
All'interno vi era una boccetta vuota.
“è un potentissimo veleno di un isola lontana. Si ottiene uccidendo 100 infanti. si fa colare il sangue e si
mischia a quello di mille cobra demoniaci. È il “bram”” disse Vae. Poi Prese una pausa e continuò.
“sappi che ho messo questa sostanza, nei pentoloni della cucina. Tutte le persone che hanno cenato sta
sera i, credo trecento sarapahan o di più; fra due ore moriranno tutti” .
Senza perdere un attimo, prese il una seconda boccetta, e la strinse in mano, facendo passare una
lievissima scarica elettrica.
“questo è l'antidoto, la cui preparazione richiede come minimo un intera giornata e circa una ventina di
unicorni, ma qui non nn vedo” disse il vampiro ridendo. Poi continuò:
“come vedi, la tengo tra le mie mani. Sarai velocissimo, ma non sono alla minima pressione, la boccetta
si romperà; ma la scossa che le sto facendo passare sarà più veloce della tua spada, nel caso tu voglia
bloccare una mia pressione eccessiva.”.
Lucius si rialzò. Diede la bottiglia ad un mago. Il vecchio, osservò il contenitore; disse qualche parola
magica, ed un fumo nero uscì dalla boccetta.
“mio generale, quel vampiro non mente” sentenziò il sacerdote.
Il mago, in oltre, era come interessato da quei strani simboli sulla faccia del vampiro.
Quei tatuaggi, quegl'occhi, gli ricordavano qualcosa della sua giovinezza, passata ormai da molte
primavere. Forse un racconto dell'accademia. Forse solo un incubo....
La sua nera figura, dava timore ai saraphan. Sapevano che non era un vampiro comune.
Più volte Vae, aveva assalito le carovane saraphan, sterminandoli tutti. Il suo nome, era simbolo di morte
tra i sacerdoti guerrieri. Si vociferava di come i cuori venissero strappati, le carni lacerate e i corpi arsi
vivi. Ovviamente sapevano che Vae, non poteva nulla contro lucius, ne contro tutti quei guerrieri.
Il capo dei saraphan si girò verso il vampiro. Era stato sconfitto. Per quanto la voglia di ucciderlo era
forte, non poteva permettere che un intero plotone morisse. Non avrebbe permesso la morte di un solo
uomo.
“cosa vuoi?” disse lucius.
“andarmene immune dal campo, e arrivare sano e salvo alla cattedrale”
“sei un verme”
“sarò quel che vuoi, ma ho in mano la vita di trecento soldati”
“come faccio a sapere che mi darai l'antidoto?”
“mi fiderò della tua parola. Tu e il mago mi accompagnerete all'uscita. Quando sarò lì, ti darò l'antidoto.
Lo farai controllare dal mago se vuoi...”
“lo farò...” replico immediatamente il condottiero.
“tu però, ordinerai ai tuoi uomini di non uccidermi. Questi sono i patti. Ci stai?”
“non ho scelta” disse deluso Lucius.
“lo so, contavo su questo e sul tuo buon animo. Andiamo ora. Domani hai un appuntamento”disse il
vampiro ridendo...
I tre, si incamminarono verso l'uscita. Per tutto il tragitto, Vae, fu sotto stretta sorveglianza di tutti i
saraphan. Tuttavia altri, sembravano già mostrare i segni dell'avvelenamento.
Infine arrivarono al gran portone che si aprì alla vista del vampiro di lucius.
Vae, come parola, diede l'antidoto al sacerdote. Come prima, il mago, pronunciò qualche frase e dalla
boccetta uscì un fumo bianco” è lui mio signore. È l'antidoto contro il bram”.
Un'espressione sollevata, si dipinse sul volto di lucius.
Vae, lo guardò con i suoi occhi rossi. Il saraphan si avvicinò a lui. L'armatura, era come respinta dall'aura
maligna del vampiro. Lo stesso accadeva al vampiro con lucius. Due esseri che si respingevano, ma che
inevitabilmente volevano scontrarsi. Erano il bene e il male, che cercavano l'eterno scontro.
“un giorno Vae....”disse lucius.
“quel giorno io sarò pronto lucius. Allora la tua anima vagherà nelle tenebre eterne. “rispose Vae.
Sapeva che se solo avesse voluto, lucius l'avrebbe ucciso. Ma il primo round, era andato a favore del
vampiro. La sua esperienza come vampiro più vecchio di nosgoth, aveva avuto il sopravvento.
“lo vedremo. So molte cose di te. Ora va e avvisa Soul che verrò all'appuntamento. Avvertilo che morirà
se torcerà un solo capello alla mia amata ” disse
“non sottovalutarlo.... sei sempre fatto di carne”
“come voi” replicò il condottiero.
“come noi...” disse Vae,con la voce di uno che non potrà mai scordare le sue origini umane.
Detto questo, il vampiro se ne andò. Il suo compito era svolto. Sapeva che lucius avrebbe mantenuto la
parola data. Con un fischio chiamò Mau, che si mise a girare sulla sua testa.
A poco a poco, le due figure, furono sempre più lontane, fino a sparire.
“signore, non lo inseguiamo?” disse un generale a lucius.
“no, ho dato la mia parola. Tuttavia Gyhn, domani quando non ci sarò, voglio che organizzi un gruppo di
sarapahan. La loro missione sarà sterminare Vae...”
--SOUL
III
TRADIMENTO
In cui Luicius il Prode raggiunge la Sala del Trono, ferito dalle mille insidie della Cattedrale del Sangue, ma vivo. Per riavere la sua Ivy, il
Paladino ha tradito i Sarafan portando seco il Tomo e lasciando l'accampamento, come scritto nella lettera recapitata da Vae.
---
Lucius il Prode spalancò l’enorme anta sinistra dell’antico portale, ringhiando ed ansimando, come un leone
ferito che s’avventa sul temuto rivale, nel ruggito dell’ultimo assalto. Scostò nervosamente la sudata chioma
bruna dal volto, che celava uno sguardo indomito e coraggioso, lucente di smeraldi. La Sala del Trono
attendeva il suo arrivo; l’aria scrostata dalle ombre tetre e lugubri era come dorata da centinaia di fiamme
fluttuanti in un susseguirsi di giochi di luce e d’ombra contro le colonne. Ogni luce nuotava in quegli spazi,
descrivendo lentamente orbite ellittiche e circolari, talvolta attorno alle figure granitiche, ai pilastri, alle statue
ed agli arazzi, talvolta attorno a se stesse, quasi per giuoco infantile. Luce e tenebra sulle pareti, luce e
tenebra a sciami attorno al trono – ivi il Negromante attendeva assiso l’avventore sacro con impassibile
pazienza.
L’eroe degli uomini mantenne il braccio sinistro ben saldo sull’anta, senza richiuderla, cercando di restare ben
diritto sulle gambe, invano. Il suo volto era interamente macchiato di sangue, le sue vesti ne erano intrise in
ogni lembo, l’armatura ammaccata all’altezza del ventre, lo scudo spezzato, la spada riposta – sputò sangue e
passò quel che restava del suo braccio destro, mozzato all’altezza del gomito, sulle labbra carnose e sui denti
macchiati, che a stento nascondevano una rossa brodaglia che ribolliva fin dalla gola, e salendo fino alle
gengive; mal mesciuti: sangue, saliva, sudore e vergogna. Ancora un lapillo di quel liquido scivolò
impudicamente dalle labbra dell’uomo, appiccicandosi su quel che restava della corazza, ma questi non se ne
curò più. La spada venne rapidamente impugnata col braccio mancino, lasciato penzolare il destro dal dolore,
e la punta della lama venne conficcata a terra, sulle dure mattonelle, utilizzata come un comunissimo
bastone. L’incedere di Lucius era quello di un individuo già caduto – morto, destinato inevitabilmente
all’Oblio Ultimo degli uomini. Aveva davvero meritato tanto, in vita?
La spada su cui poggiava l’eroe malvolentieri sapeva conficcarsi nel duro costrutto, tanto che, d’un tratto,
buffamente scivolò in malo modo; spada ed eroe caddero rovinosamente a terra. Il paladino appariva
incapace di alzarsi, stremato dalla battaglia e dal dolore.
Il Negromante gustava la scena, silenzioso, avvolto dalle ombre del fuoco.
Lucius strinse con forza il ginocchio dolorante con l’unico arto superiore disponibile, poi mise di nuovo mano
alla spada scintillante e fece perno, poggiandosi ancora su di essa, e fu di nuovo in equilibrio precario sulle
gambe. Avanzò lentamente, ancora, ancora per qualche passo, poi si fermò di nuovo.
Il verde sguardo si fece fiero e ruggente, leonino e virtuoso, come di rado appariva sul volto d’un Sarafan.
“Signore della Morte, vengo a Voi in assoluto rispetto di ciò che fu il Vostro volere. Portate a compimento il
patto che ci lega!”
L’umano si sentì stretto da una morsa al collo, poi fu sollevato da terra, ed un potere proveniente dal trono lo
spinse contro una colonna – Lucius cadde emettendo un debole miagolio. Fu allora che il Guardiano del
Pilastro della Morte rispose.
“Hai preferito il dado al forfait. Il dado è tratto, ed è già troppo tardi. Rilucevano infatti le mie condizioni, e
non m’avvidi di farle miniare con l’oro, perché il tuo occhio è cieco all’inchiostro. Le avresti notate? Eroi…”
Lucius si alzò di nuovo poggiandosi sul ruvido marmo della parete, e vi restò immobile, colla schiena ben
retta.
“Non potevo tradire i miei superiori. Non potevo tradire il mio popolo. Chiedo perdono, Immortale Pietà!”
“Non sei un Leone, Lucius. Sei un topo, di quelli che albergano tra le putride muffe dei granai e delle stalle, e
che sovente divorano la vita di felini e padroni attaccando in gran numero, o forse anche da soli, velenosi e
potenti per le loro dimensioni deformi ed innaturali; troppi rifiuti albergano nei loro ventri spietati! Ma io non
sono un gatto né un uomo, né un leone né un paladino, giovane uomo – il topo sta invero sfidando il Re dei
Draghi.”
Atterrito ed attonito, il Sarafan a stento riuscì a mantenere quella posizione, intorpidito dal dolore e dal senso
di smarrimento. Il Negromante, tuttavia, esitava nello spezzare quella vita.
“Lucius il Prode. Raccontami ora la tua storia, da quando varcasti la soglia della Cattedrale del Sangue. Cosa ti
ha spinto a tanto? Speravi di annichilire ciò che millenni di crociate non hanno neppure scalfito? Spezzare
l’egida dei Vampiri, da solo… no, non è stato l’eroismo, a muoverti; non è stato neppure il desiderio di
vendetta. Il tuo popolo non avrebbe mai accettato questa tua dipartita, questo tuo atto avventato. Narrami,
dunque, poiché la tua musa è vicina, e la sua lira piangente echeggia tra queste mura come divina ispiratrice
di lacrime e morte…”
“Ho…”, Lucius sputò sangue e tirò un lungo respiro sincopato e gracidante, “ho ricevuto il messaggio dal
Vampiro Vae. Giuro, quando lessi quelle parole, mi sentii furia e collera e nient’altro. Volevo distruggervi tutti,
con queste mie mani, ma esitai. Conoscevo in verità un’entrata nascosta per la Cattedrale, decisi dunque di
giungere a Voi attraverso il labirinto di grotte e cunicoli alle pendici della cascata, fino alla sommità del
Grande Teschio. Non conoscevo ancora l’inferno… dieci uomini con me, dei più valorosi, dei più fidati, dei più
armati. Non potevo fidarmi di un Vampiro, non potevo mobilitare nessun Sarafan in via ufficiale. Sapevo,
inoltre, che non sarei riuscito ad entrare, se non avessi portato meco il libro. Nessuna, tra le entrate, sfugge
allo sguardo del Negromante! Preso il libro, di cui tuttora ignoro i poteri, partii alla volta della Cattedrale…”
Il Signore dei Vampiri lo interruppe con tono paterno, quasi a rimproverare il figliuolo che ha commesso un
grave errore d’inesperienza:
“Dunque sapevi che saresti entrato per mia scelta soltanto, e che se avessi voluto avrei semplicemente tenuto
le porte ben salde, o addirittura avrei potuto renderti folle, perduto e smarrito tra i cunicoli e le illusioni del
labirinto di pietra, fino al lento sopraggiungere degli strazi della sete, della fame e della morte. Chi ti
aspettavi di trovare, poi, all’interno della Cattedrale? Dumahim? Melchiahim? Oppure forse topi? O forse
pensavi che la strada si sarebbe aperta direttamente fino a me? Perché avrei dovuto lasciarti giungere qui in
forze, quando tu stesso, entrando, avevi già scelto di sfidare la mia pazienza? Gioventù, audacia… la saggezza
è ancora lontana…”
“Ah, è stato un grave errore. Confidavo nelle mie sole forze…”
Il Paladino si fermò per qualche istante. Non aveva più fiato ed il respiro veniva meno, il semplice comunicare
comportava una pesante perdita di energie. Consapevole della situazione, Lucius sapeva bene di dover
conservare quelle forze che, per quanto inutili, avrebbero potuto tenerlo in vita ancora, per lei.
“Hai conosciuto uno dei miei incantesimi più potenti. Cosa hai pensato quando, dopo aver sconfitto qualche
non morto durante il tragitto per le grotte, hai visto i tuoi uomini massacrarsi brutalmente l’un l’altro,
lasciandoti solo? E quanto tempo hai perduto, e quanto sangue hai versato, prima di scoprire che il filatterio
del Gigante Lich che ti attendeva nell’atrio era il suo occhio sinistro? E perché non ti sei affatto sorpreso
quando, nel duello contro mia figlia Sheer, lei ti ha lasciato passare dopo averti menomato un solo arto,
quando, oltre al braccio destro, avrebbe potuto mozzarti anche il collo? È doloroso quando un osso viene
tagliato in due? E bruciano ancora quelle cicatrici? Conosco già tutte le risposte, non sprecar fiato per loro e
termina la tua missione. La vera domanda è questa: cosa desideri, da me?”
L’eroe a stento trattenne le lacrime. Il rimembrare tutti quegli eventi così vicini e così dolorosi lo rendeva
sempre più debole, ormai schiacciato da un potere enorme, trascendente. In Lucius prendevano forma le
immagini dei suoi compagni caduti, della violenza colla quale quelle armi roteavano e s’infrangevano contro
le bianche armature dei prodi, del fratricidio al quale dovette assistere gridando e cercando di far rinsavire gli
amici, che nulla avevano chiesto in cambio, al loro comandante, per quella missione suicida. La gratuità della
vita come offerta e sacrificio, questo era il più temibile ricordo, ancor più doloroso delle grida nel sangue e
nelle pene del fuoco e delle lame. Ma non sarebbe stato l’ultimo, tra i ricordi di Lucius. Il peggiore, infatti,
l’attendeva ancora.
“Ivy… prendete la mia vita, Negromante, che io sia schiavo o non morto o Vampiro, rendete me ciò che volete
e rendetele la libertà. Voglio vederla un’ultima volta, voglio abbracciarla di nuovo, per un’ultima volta, e poi il
mio cuore si fermerà, e questo sarà per me il più prode degli addii. Il libro è qui, legato alle mie spalle con
queste catene. Tutto ciò che avete dinanzi a voi è vostro. Sarò ricordato dai Sarafan come un traditore, come
un apostata, come un reietto, o forse diventerò un assassino al vostro soldo, un ladro di vite, il ladro delle vite
di quegli stessi eroi che ieri chiamavo fratelli. Ma prima che il mio cuore si estingua come la tenue fiamma
d’una candela, abbiate pietà del mio errore e rispettate il vostro stesso volere…”
“Ci sono delle regole, Lucius. Ti torneranno a breve in mente quei segni d’inchiostro sul foglio sbiadito della
lettera che il Paladino del Male ti portò con cura e maestria. Ma sappi fin d’ora, che è ormai troppo tardi…”
Seguì un rumore di pietre, ed una minima parte della parete si aprì, mostrando quel che sembrava un
passaggio segreto, o forse semplicemente una piccolissima stanza nera e buia. Al suo interno giaceva una
creatura umana, tutta rattrappita e ricurva su se stessa per le infime dimensioni della putrida cella. Ne
fuoriuscì l’odore pungente di una stanza chiusa da tempo, in cui l’aria viene meno ad ogni ora, seguita dagli
stenti e dai gemiti e dal silenzio.
Era quello l’ultimo atto di una tragedia di ottima fattura, di qualità mai conosciuta tra i mortali, nel
magnificente teatro di Nosgoth. L’abile autore dell’opera attendeva con ansia la fine del dramma,
pregustando i silenziosi applausi del pubblico assente”.
IV
TRAGEDIA
In cui Luicius il Prode ed Ivy Delacroix s'incontrano per l'ultima volta.
--L’enorme salone della morte udì l’incanto del Negromante, che pronunziate le parole dell’incantesimo più
luminoso di Nosgoth fece rilucere all’unisono tutti i fuochi fatui, ancora orbitanti per i maestosi spazi vuoti,
tra le colonne e lungo le pareti della Cattedrale. Ora ogni ombra si era dileguata, ora la verità appariva
tremenda e mostruosa, in tutta la sua cruda nudità.
Solo un tenero pigolio strozzato precedette la vista del macabro spettacolo: Ivy Delacroix avanzava,
zoppicando anch’ella, verso un punto ignoto del salone. Appena uscita da quell’antro non poté far altro che
rivelare, incosciente, le cruente torture subite negli attimi appena passati. Un corpo moribondo, le cui vesti
erano state strappate e ritorte dal ferro rovente, dal dolore caustico dell’umiliazione e dello scherno dei suoi
torturatori non morti; odore acre di sangue nell’aria tutt’intorno, segni evidenti dell’azione cruenta di fruste
su tutto il corpo. Nessuna pietà per quella donna intonsa e pura, le cui colpe ed i cui peccati erano solo teneri
germogli sulla terra arida della virtù.
Lucius ne contemplò il volto, ora orripilante, irriconoscibile: delle chiome ondulate e lucenti come oro restava
un mausoleo di ciuffi macchiati e smorti, impregnati di sudore e fango, in parte recisi e tagliati senza alcuna
cura dalle inesperte mani di chissà quali creature deformi. La perfezione del suo viso non ostentava altro che
profondi solchi di lacrime brucianti, ma l’orrore più struggente fu la vista delle palpebre della donna: cucite in
modo grezzo ed impreciso, di modo che Ivy non potesse più vedere le corruzioni del mondo esterno. Oltre
agli occhi, il pungente ago era giunto fino alle labbra carnose di quella regina della sconfitta; parte di esse,
infatti, avevano subito la stessa mutilazione, tale che anche il solo pronunziare a stento suoni incoerenti fosse
causa di indicibile dolore.
Il prode paladino gridò; tutte le energie rimaste nel corpo di Lucius si fecero tutt’uno con quel suono iroso.
“Non serve”, obiettò il Negromante.
“Non può sentirti. Ha perso ogni contatto con il mondo delle cose e degli uomini. Ti lascio soltanto
immaginare quanto possa essere facile, anche per un branco di Ghoul senza cervello, rendere sorda e cieca
una fanciulla indifesa, durante una violenta tortura. Devo anzi complimentarmi con loro, l’idea dell’ago e del
filo non è stata mia… eppur suona d’artistica citazione memorabile al Guardiano della Mente, Nupraptor…”
Lucius iniziò a piangere, immobile, mentre Ivy continuava a deambulare per la stanza, colpendo in quel
vagare una colonna col capo. Cadde. Piena di coraggio e forza d’animo, seppur indolenzita e sommersa dal
suo stesso vomitar di lacrime, Ivy si rialzò e diede di nuovo vita a quella folle marcia.
“Vampiro… era necessario farla soffrire tanto?”, chiese l’eroe caduto, ormai singhiozzante.
Il Guardiano della Morte rispose, impassibile: “Non hai rispettato appieno i patti – per metà mi hai obbedito,
ed io te la rendo a metà di ciò che proposi in principio: mutilata, eppur viva. Per qualche ora, almeno, poi sarà
la sua fibra a decidere, un dado lanciato per una percentuale di salvezza, un’incognita per valutare la sua
complessione fisica…”
“Sei un mostro…”
“No. Sono solo un antico uomo di scienza e di fede. Il pubblico comprenderà la mia allegoria solo al termine
dell’opera; la tragedia volge al termine. Che vengano gli uomini ai lati del sipario, che il deus ex machina
ascenda dai fondali del male e del dolore, che la verità redima l’intera vicenda di cui sono folle ed empio
protagonista!”
D’un tratto, Ivy si fermò. Il suo singulto aveva deciso di tacere. Voltò il capo in direzione di Lucius; per qualche
arcana ragione divina, ella conosceva la posizione dell’amato. Il Negromante chinò il capo, in segno di
riverenza ed innaturale rispetto per il miracolo che ora si stava compiendo dinanzi ai suoi antichi occhi:
lentamente la donna iniziò a muovere verso il paladino, mentre a lapilli quel sangue continuava ad occultare
l’originale candore delle sottovesti. Un mugolio sincero sembrò strozzare qualche sillaba sincopata, quasi a
formare il nome di Lucius, poi Ivy protese il braccio destro in direzione dell’amato. Ancora qualche passo, ed
il dolore del male e della tremenda sofferenza subita nei tempi dell’atto precedente spezzarono il suo respiro.
S’udì un tonfo, eppur i corpi caduti erano due, entrambi esanimi.
Lucius ed Ivy giacevano a terra, entrambi morti, l’uno proteso verso l’altra, eppur quelle sante mani non
riuscivano a congiungersi per una distanza infima. Da un lato un corpo femminile che mormorava ancora la
perfezione di tutto ciò che è pio e puro, dall’altro un cadavere virile e fiero, ancora e per sempre legato in
maniera indissolubile all’onore ed alla virtù degli uomini. Un fondale rosso, sangue, per terminare quel
dipinto tragico.
Il Negromante sollevò di nuovo il capo: “La follia di questo mio giuoco di scienza ci porta all’epilogo della
nostra tragedia. Avete così conosciuto la fiamma imperitura che alimenta ogni uomo ed ogni donna. Anche
in questo eden convulso e salvifico, tra le malefiche fronde del giardino della morte, nel buio e nel silenzio
dell’oblio più nero, la fiamma ha divampato oltre ogni umana previsione. Questo ardore che alimenta gli
uomini trascende ogni altra creatura divina e non morta su queste terre; è dunque questo fuoco null’altro che
l’essenza pura dei miracoli. Nessuno tra i miei incanti è lontanamente comparabile al potere
dell’attaccamento alla vita, delle passioni e delle speranze di tutte le creature che si fanno nostro cibo. Nella
nostra visione distorta, ci priviamo del fremito e del guizzo dell’anima più nobile. Il mio odio per ciò che ho
perduto, l’odio sempiterno che alimenta l’immortalità e mi narra incessantemente tutte le ancestrali rinunce e
debolezze si fa via via sempre più terribile – ma è quell’odio che mi fa giungere ad una comprensione
superiore, che fa del pensiero di Vorador una futile inezia. Ho fatto di questi due uomini delle piccole pedine,
ho dimostrato l’esistenza di un potere inimmaginabile – l’ho ricordato, per un solo respiro; da secoli avevo
dimenticato la freschezza dell’aria! C'è sempre un po' di follia nell'amore. Ma c'è sempre un po’ di ragione
nella follia. Amo l’amore, quando penso al mio odio, all’odio di Vorador, all’odio che alimenta l’immortalità… e
che cali il sipario, la tragedia si è consumata, la fiamma è estinta...”
Il silenzio di un salone vuoto dedicò al Negromante un ultimo applauso muto, poi lo spazio tutt’intorno fu
avvolto di nuovo dall’immoto frastuono della morte. I corpi senza vita non concedono inchini.
V
ADDIO
In cui Il Negromante congeda i due cadaveri e richiama l'Alleanza ad una nuova missione.
---
“Padre! Perché tutto ciò accade per tua volontà?”
“Piccola mia... Sheer... le emozioni più forti sono quelle provate da chi non conosce il copione, poiché egli si
avvede d’ogni piega degli eventi in quegli stessi istanti in cui essi si compiono, ed è ciò che spinge lo
spettatore a futili parossismi sentimentali. Ma non è questa una tragedia scritta da uomini. Ti confesso che
l’artista, stanotte, è stato il primo amante della sua stessa opera. Solo il vuoto ed il silenzio hanno saputo
apprezzare il sublime dipanarsi della vicenda con più passione del mio animo - egli, ancor più vacuo del nulla
che mi avvampa.”
La vampira camminava lentamente verso il trono dell’antico Signore della Morte, indugiando con lo sguardo
su quell’idillio romantico incastonato sullo sfondo del rosso opaco versato. Il sangue dei due umani appariva
di colore leggermente diverso, sfumando ai lati ed ove il flusso dei lapilli aveva fatto di modo che gli schizzi si
mescolassero tra loro. Quella raccapricciante alchimia metteva in risalto i corpi, statuari nella loro originale
bellezza, ormai dimentichi del patos e della tensione muscolare che spingeva verso un congiungimento d’arti,
quand’erano in vita. Uno sforzo finale immoto, il protendersi della debolezza che resta in sé.
“L’eroe, il paladino degli uomini sconfitto dal Vampiro malvagio. Ho già letto questa storia, Padre, e le
conseguenze sono state terribili...
“...gli echi della morte di William giungono fino a noi. Eppure una guerra contro i Vampiri è già in atto; non
dobbiamo temere gli uomini. Se ne stanno rinchiusi nella campana di vetro che abbiamo costruito per loro,
come una rosa, lì, all’interno di quella prigione, ad appassire lentamente, persi nelle loro ipocrisie e nelle loro
passioni.”
“Di certo non resteranno in silenzio...”
“La parola è più forte della spada. Ma Xynay è più forte della parola. Il verbo è più vigoroso della magia. Ma
la mia magia ha più vigore dl verbo. L’uomo conosce le nostre debolezze. Noi Vampiri conosciamo gli uomini
- e sono ben più vulnerabili.”
“Dunque avresti ricreato tutto questo per te stesso, per compiacerti della tua opera?”
“Non hai osservato bene, figlia mia... ho ricreato quest’ambiente per me stesso, ma non ci sono fini estetici,
né edonismo in ciò che ho realizzato.. invero, tutto ciò è frutto del mio desiderio di redenzione per Nosgoth.
Sono questi atti di purezza intonsa che mi mantengono in vita la debole fiamma d’umanità che lentamente
và consumandosi, in me. Inoltre, sebbene io abbia forzato i copioni ed abbruttito l’eroismo che si celava in
essi, si trattava comunque dell’unico epilogo possibile: un libro per me, la morte ai trasgressori. Questo è
tutto.”
“Che ne facciamo dei cadaveri?”
“Dei ghoul arriveranno a momenti e li porteranno in una carrozza, trainata da cavalli non morti. Le bestie
condurranno i cadaveri a Willendorf, e spero solo in un funerale degno della loro fama. Ma non saranno
pianti: l’eroe ha tradito la patria portando seco il libro che tante perdite è costato ai Sarafan. Un errore come
questo non sarebbe perdonato neppure ad un inetto. La donna sarà ricordata come la peccaminosa causa di
un grave gesto d’egoismo, e nessuno comprenderà il macabro idillio vissuto dai due amanti. Il cuore degli
uomini è così; non sanno discernere un’azione giusta da una sbagliata, sanno soltanto riconoscere l’azione
che porta loro più vantaggi - ed in quest’ottica, la sfida di Lucius nei miei confronti è di certo la scelta
peggiore tra quelle possibili, per lui. Eppure avrei agito allo stesso modo, se fossi stato nella sua sventurata
situazione...”
Il libro, avvolto nel mantello di Lucius, si sollevò magicamente da terra, andando a posarsi fra le braccia del
Negromante. Questi lo aprì lentamente, quasi assaporando il fremito di quel momento. Lesse con attenzione
le formule contenute nelle prime pagine, poi sfogliò di fretta e giunse in fondo, poi tornò di nuovo indietro
nervosamente fino alle pagine iniziali. Sheer osservava silenziosa.
“...è scritto in diverse lingue! La lingua degli uomini passati... l’idioma delle creature infernali... l’idioma dei
draghi... ah, ma riconosco le migliori tra queste rune, le conosco fin troppo bene. Rune vampiriche, forse
scritte direttamente da Vorador, o forse da creature a lui antecedenti. Queste pagine sono sopravvissute a
decine di millenni, fuggendo la decomposizione degli anni e delle guerre. Riesco a sentire il potere che
emana ogni incantesimo, eppure non riesco a decifrare correttamente nessuna tra queste formule perdute...”
“Padre, cosa ne facciamo dei Vampiri che hanno reso possibile questo recupero? Cosa hai intenzione di donar
loro?”
Il Guardiano della Morte non risposte e si sollevò dal trono, diretto all’antro di mille studi e mille letture: la
biblioteca. Ogni suo spasmo, ogni sua energia era concentrata sulle innumerevoli rivelazioni celate tra quelle
pagine - in quel momento, il libro era il mondo ed il mondo era il libro. Nient’altro. Un’aura nera come la
superbia avvolse il Vampiro, che oltrepassò una porta e lasciò sola la figlia. La vampira iniziò a pronunziare
una formula: al tramonto successivo, i tre vampiri che avevano agito per suo conto si sarebbero risvegliati
con una nuova forza.
Passarono pochi istanti, ed il Negromante fu di nuovo nella sala del trono.
“Convoca tutti i Vampiri che trovi per ogni corridoio, in ogni stanza, in ogni angolo della Cattedrale. Ho
compreso per intero il significato di questo libro - per questo non riesco a trovare alcuna risposta a queste
rune... sono stato ingannato. Gli antichi sapevano che nessuna conoscenza futura avrebbe raggiunto tanta
magnificenza. Ma sono stati a loro volta ingannati: io comprenderò quelle scritture!”
Si consideri che dovevo premiare Radriel da due missioni e che ho applicato il dislivello epico su Vae - i premi sono
proporzionati all'altissima qualità di tutte e tre le missioni. Aggiornate pure le iscrizioni.
Radriel
Radriel - level up:
Paladino dal sangue draconico.
Radriel guadagna:
Spirit Death.
- Telecinesi. [Premio Anniversario]
Vae
Vae guadagna:
- resistenza all’acqua.
Nome: Lich [Braccio]
Abilità +3: Ispirazione Negromantica. Vae è capace di risvegliare una creatura morta e di farla agire al suo servizio come
non morto, semplicemente toccandola. Non esistono limiti di dimensioni e forza, per la creatura toccata, anche se le
menti più potenti potrebbero resistere al controllo anche dall’aldilà. I non morti che hanno raggiunto la morte ultima non
possono esser nuovamente risvegliati. Quando viene designato un nuovo servo o semplicemente l’attuale non morto
raggiunge la morte ultima, ritorna un semplice cadavere.
I tipi di non morto disponibili:
Scheletro e zombie - le categorie più deboli. La forza della creatura in vita viene dimezzata. Nel primo caso restano solo
le ossa, nel secondo anche la carne putrefatta.
Ghoul - la forza della creatura in vita viene triplicata.
Fantasma - una creatura incorporea che non può interagire fisicamente in alcun modo col mondo delle cose. Può passare
al regno spettrale e tornare al materiale a volontà.
KainH
KainHeartless guadagna:
- resistenza all’acqua.
- resistenza alla luce.
Nome: Greenstone Armor
Abilità +2: Esposta agli influssi degli incantesimi druidici, l’armatura ha assorbito gran parte del potere emanato,
potenziandosi. La pietra verde, quando il portatore ha l’armatura addosso, si plasma a seconda del fisico del portatore,
adattandosi ed agendo come una seconda pelle di pietra capace di autorigenerarsi. Le armi taglienti non hanno effetto
sul portatore dell’armatura, mentre la forza di quelle contundenti e perforanti è notevolmente ridotta.
Abilità +3: Sempre a causa degli influssi silvani, ora la greenstone armor permette al suo portatore di diventare
incorporeo per trenta minuti al giorno. Quando incorporeo, il portatore può attraversare le pareti ma non può interagire
con i corpi del mondo materiale.
--SOUL
VI
LA VERITA'
In cui il Negromante spiega ai convenuti la storia della Decale e di Xynay, lama forgiata da Vorador che rese il giovane Soul, ancora
umano, invincibile al nemico. Una volta composto il fluido decaelementale, la Decale, e cosparso su Xynay ai tempi della battaglia contro
Menor, la lama ne ha assorbito i poteri - Ma per quale ragione? Si chiede il Negromante. Che Vorador avesse un piano prestabilito tanto
lungimirante da arrivare alla nostra epoca?
C'era poggiato un antico libro, aperto, su quel tavolo, che nascondeva sapienti verità trascritte da mani alacri
e celeri, le cui pagine sfoggiavano una miniatura sofisticata ed elegante. Tra le più svariate argomentazioni
confuse tra i versi di quel testo, alcune erano aggraziatamente messe in evidenza dall'utilizzo di inchiostri
speciali, che facevano assumere alle lettere una colorazione differente in base all'inclinazione del libro nei
confronti dell'osservatore. Una pagina recava l'espressione: “VITRIOL – Visita Interiora Tellus Rectificando
Invenies Occultum Lapidem”. Si trattava sicuramente di un libro esotico, di quelle scienze antiche che la
potente censura dei Sarafan non poteva affatto tollerare. Proprio lì a fianco, giaceva un altro tomo di
dimensioni ridotte, stavolta chiuso, che recava il titolo di “Khemeia”. Poi ce n'era un altro ancora, di tale Gaius
Plinius Secundus, che titolava “Naturalis Historia”, dalle pagine consunte ed in apparente attesa di
trascrizione. Ancora, sempre sullo stesso lunghissimo tavolo, una lunga serie di flaconi ed intrugli, taluni
riscaldati da fiamme perenni, altri in stato ebollizione, altri ancora che producevano fumi variopinti, la cui
condensazione innescava strani ed ingegnosi meccanismi attraverso oscure reazioni elementali. Poi ancora
più in là libri dai titoli più svariati; brevi ed ermetici, come “αἰθήρ”, “Aether” e “Quinta Essentia”, altri più curiosi
e bizzarri come il “Liber de nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris et de caeteris spiritibus” o il “De occulta
philosophia”, ed infine alcuni testi capitati lì forse per caso, come il “De revolutionibus orbium caelestium”.
A rendere ancora più curiosa l'atmosfera, un gruppo di amanuensi umani, tutti impegnati a rifocillarsi attorno
ad una tavolata rotonda imbandita di pietanze: prosciutti e carni d'ogni sorta, vino e latte, prodotti freschi
appena colti dai campi delle zone circostanti. E tanti vampiri, del tutto esterrefatti da una situazione tanto
inconsueta: i più coraggiosi impegnati a sfogliare le pagine di antichi tomi, i più indignati ad osservare con
aria minacciosa quegli umani festanti, per un solo giorno predatori, e non prede.
Ma ciò che più appariva sacrilego ai vampiri, era che questa manifestazione insolita si stava svolgendo
proprio nell'ampia sala del trono, nel cuore più profondo della Cattedrale del Sangue, sotto lo sguardo
divertito di Sheer, che nel frattempo sfogliava una copia degli “Annales”, soffermandosi sui dettagli più
interessanti. L'enorme tavolo in avorio coi libri e gli alambicchi era stato aggiunto per l'occasione, e lo stesso
poteva dirsi per la nicchia imbandita riservata al manipolo di amanuensi. Tutto d'intorno era un brumoso
chiacchierio generale di vampiri, tutti convocati d'urgenza per questioni di importanza indiscutibile. Ma quali
questioni? Sembrava la principale preoccupazione degli astanti. Quella che stavano vivendo sembrava infatti
una ricorrenza pagana e secondaria, forse il giorno sabbatico concesso ai contorti scribacchini stava a
simboleggiare un qualche risultato raggiunto, forse il centomillesimo libro posto sugli scaffali della biblioteca
del Negromante, forse pure il milionesimo, o forse il dicat di Sheer “morte a chi prova a torcere un solo
capello a quegli uomini festanti” era solo una prova di nervi per i non morti più intolleranti. Ma sicuramente
c'era dell'altro, dietro a quelle ampolle, a quei testi, a quella cultura rigettata alla penombra della Cattedrale
dal buio delle cripte del sapere dimenticato dagli uomini.
D'un tratto s'udì il suono di una piccola esplosione, provenire dal luogo in cui erano ubicati alcuni intrugli; un
ghoul scattò del tutto imbarazzato – evidentemente dopo aver provocato il danno, forse per la sua innata e
maldestra curiosità – verso la tinozza dell'acqua, ed ivi immerse la sua mano, che nel frattempo stava
prendendo fuoco. Seguì una risata fragorosa, sia degli uomini, taluni ubriachi, che dei vampiri, che andavano
lentamente tranquillizzandosi. Il siparietto si era fatto divertente. I frammenti della boccetta esplosa erano
ormai sparsi per il tavolo e sul pavimento, e non c'era più traccia alcuna del liquido fuoriuscito. Sheer
aggrottò la fronte, poi tornò immantinente alla sua lettura.
---
Il Negromante entrò da una piccola porticina lignea, posta sulla parete ad ovest, diretto al suo secolare trono
d'ossa. Vestiva la sua solita tunica, appartenuta a Mortanius eoni fa. Era scortato da due figure: un Menorhim
piuttosto anziano ed un grosso ghoul di carne. L'attenzione dei presenti fu subito rapita da quell'entrata in
scena, ed il continuo brusio si fece lentamente silenzio.
Il Menorhim baciò gentilmente la mano alla figlia del Negromante, il quale si sedette invitando con un cenno
la folla all'attenzione più totale.
“È con grande piacere che ho qui convocato i più pii tra gli uomini, i quali, stante il duro e costante lavoro di
copiatura d'antichi testi, hanno reso possibile l'esistenza delle più ispirate scritture, umane e vampiriche, oltre
la censura degli uomini, la tirannia del tempo e l'oblio della memoria. Ho invano cercato di decifrare le rune
contenute nel libro strappato dalle braccia di Lucius il Prode, realizzando ancora null'altro che le mie
incolmabili debolezze. Vi chiederete forse il perché di tutto ciò... ma non vorreste forse conoscere quale follia
possa muovere il mio spirito verso tali ricerche con tanto ardore? Sarei profondamente deluso, in cuor mio,
se non foste spinti da tale curiosità, poiché la pazzia del Signore della Morte è già ragion sufficiente per
detronizzare l'inetto Negromante; quale occasione migliore per colpirmi? Ma forse tradite la vostra stessa
sete di potere continuando a prestarmi fedeltà in maniera del tutto incondizionata. Se fate ciò perché già
avete limpidamente chiari i miei piani, non potrei che preoccuparmene. Sareste infatti davvero delle
intelligenze invidiabili. Ma sono in verità convinto che nessuno di voi conosca le mie reali intenzioni, quindi
scarterò a priori questa ipotesi. Se invece obbedite perché avete totale fiducia nelle mie azioni, fareste bene a
riflettere. Non dovete mai abbassare la guardia, neppure con chi vi ha offerto un'intera Cattedrale come
paradiso della non vita, in cambio di qualche piccolo favore. Non lo faccio per pietà, né tantomeno per essere
solidale con chi condivide con me la stessa maledizione del sangue. Infine, se rispondete ciecamente ad ogni
mia chiamata perché mi temete, allora avreste da temere ancor di più la mia follia. Eppure so bene che
continuate ad obbedire ai miei comandi per la vostra sete di potere, per acquisire nuove esperienze, nuove
abilità e far sfoggio delle più potenti armi mai forgiate a Nosgoth... e forse, anche per scrivere i capitoli
conclusivi della storia che vi vede protagonisti, da quando ancora la gente a Nosgoth vi chiamava uomini. Ma
se davvero la ragione è questa, allora dovreste davvero chiedervi cosa mi stia succedendo, e perché mi stia
dedicando incessantemente alla ricerca di oscure informazioni circa ogni civiltà passata, senza preoccuparmi
minimamente di ciò che accade al di fuori della Cattedrale; dalle azioni dei Sarafan alle apparizioni misteriose
ai Pilastri, alle aggressioni dei vampiri corrotti, lasciando alla giovane Sheer ogni responsabilità. Ma sono qui
proprio per questo. Vi consegnerò ora la chiave della mia indifferenza...”
Ogni sguardo era fisso sul più potente tra i vampiri, ognuno smarrito lungo la via tracciata dagli enigmi del
Negromante, ognuno confuso da quelle parole. Ogni creatura, tuttavia, non poteva che restare
inevitabilmente in tensione, vivendo con passione l'arguto ragionamento del Guardiano del Pilastro della
Morte.
“Inizierò a narrare dal principio, dal tempo in cui ero solo un misero umano. Perdonatemi se non mi
soffermerò sui dettagli, poiché finirei per annoiarvi. Sono passati migliaia di anni, da allora... ricordo che fui
accolto, durante i miei viaggi come ramingo, in quella che potrebbe essere definita l'antenata della
Cattedrale del Sangue. Era in realtà una villa, ed ivi abitava colui che mi avrebbe risvegliato dalla morte: il
leggendario vampiro Vorador. Fu lui a rubarmi la mia vecchia spada, gettandola in un vortice e riforgiandola
con lo stesso; da allora la mia lama ha acquisito la forma che potete contemplare ora ora: Xynay”.
Il vampiro sollevò l'arma per mostrarla ai presenti: un diamante bianco alla base dell'elsa, che cambiava
colore ogni qual volta la lama si impregnava di un nuovo elemento, un teschio posto tra quest'ultima e l'elsa,
come la Mietitrice. Taluni tra i presenti ebbero la spettrale impressione che il teschio cercasse di comunicar
loro qualcosa, direttamente riecheggiando e rimbombando tra i loro pensieri. Il Negromante continuò...
“Vi confesso che da quando ottenni quest'arma divenni invincibile: Vorador mi lasciò andare avanti per la mia
strada, e da allora sconfissi ogni nemico, umano o vampiro, nonostante avessi a mia disposizione le sole e
limitate forze che la natura concede ad un uomo, incrementate dall'infinito potere di questa spada. Ma il più
grande fallimento fu vedere una giovane donna morire sotto ai miei occhi impotenti, giudicata colpevole dai
corrotti tribunali dei Sarafan; il suo nome era Sheer. L'avrei fatta tornare in vita come mia primogenita
soltanto molti secoli dopo, quando rinacqui come Guardiano del Pilastro della Morte, senza tuttavia
mostrarmi ai suoi occhi fino a pochi secoli fa. Poi sarebbe il momento di Caul, il mio secondogenito, e con lui
sarebbe iniziata la mia marcia su Nosgoth... ma questa è un'altra storia. Torniamo a Vorador. Dovete sapere
che fu lui a forgiare la Mietitrice d'Anime, che fu poi incantata dai suoi superiori. Col passare dei secoli, il
vampiro avrebbe appreso l'arte che ora anch'io padroneggio con sicurezza, lo stesso Vorador imparò a
forgiare ed incantare le armi; Xynay e la sua lama ne sono una prova del tutto evidentissima. Anche la spada
che il vampiro utilizzò contro i Guardiani che uccise, la stessa con cui combatté Malek, era figlia della sua
straordinaria abilità con gli incanti e con le rune da imprimere sulle armi. Sono convinto che Vorador mi
volesse comunicare qualcosa, con quel gesto di magnanimità nei confronti di un semplice umano, di una sua
potenziale preda, mi volesse comunicare qualcosa di immensamente più grande e potente dell'energia
scatenata da Xynay in battaglia. Me ne sarei accorto in tempi molto più recenti: nella battaglia contro Menor,
quando cosparsi la mia spada con la Decale, sostanza oleosa decaelementale, la pietra posta sull'elsa conferì
alla spada il potere di impregnarsi con ognuno dei dieci elementi. L'effetto della Decale su Xynay è
radicalmente diverso: laddove utilizzammo quella sostanza per sconfiggere degli enormi Golem che
minacciavano la Cattedrale dell'Anima, e forse alcuni di voi ricorderanno ancora quella battaglia, il potere
della Decale svanì, come previsto, entro pochi giorni. Al contrario, quando Xynay entrò in contatto con
quell'elaborato alchemico, l'effetto di quest'ultimo fu totalmente inaspettato. Da allora sento sovente l'arma
sibilare, gridare e dialogare con me in una lingua lontana e remota, ma non comprendo cosa voglia
comunicarmi – sento solo la sua infinita sete di sangue, sento la sua energia scorrere dentro di me quando la
lama si sazia, come accadeva con la Mietitrice di Kain prima che questa divorasse l'anima di Raziel. Sono
convinto che Vorador sapesse tutto ciò, volesse tutto ciò, e so per certo che questa non sia altro che una
sfida che l'antico vampiro volle lanciare al futuro Guardiano del Pilastro della Morte – sono certo che sapesse
il mio futuro. Non mi tirerò indietro, per quanto tutto ciò sembri una follia, e cercherò di decifrare il codice
arcano, il messaggio oscuro, l'enigma misterioso che tormenta il mio riposo ed affanna la mia veglia. Cosa si
nasconde dietro alla mia spada, da dove viene quella voce e perché Vorador avrebbe designato proprio me
come vittima del suo folle giuoco? Nel tentativo di rispondere a questa domanda abbandonai ogni altra
cosa, e da allora chiesi a Sheer ed ai tre luogotenenti Vae, Radriel e Kainheartless di assolvere alcuni compiti
alla Cattedrale che un tempo mi erano esclusivi. Iniziò allora la mia ricerca...”
VII
VERSO LA CITTADELLA
In cui il Negromante, dopo aver spiegato le diverse teorie della materia, ammette di non essere riuscito a comprendere il legame tra la
Decale ed il vampirismo: il segreto è ancora sepolto nella Cittadella dei vampiri.
“Dopo aver attentamente contemplato e comparato gli innumerevoli testi sottoposti alla mia lettura, posso
delinearvi ora una breve storia delle filosofie naturali presenti a Nosgoth. L'accorto impegno filologico al
quale mi sono dedicato non può infatti restare rinchiuso nel mio solo pensiero; a breve scriverò di mio pugno
una sintesi corretta di tutte le rivelazioni affrontate in questo mio lungo lavoro. La teoria più antica,
sicuramente la più apprezzata e valorizzata dai Sarafan, nonché quella ufficiale, si basa su quattro elementi
fondamentali: acqua, fuoco, terra ed aria. Esistono diverse interpretazioni di questa teoria, alcune delle quali
riconoscono un quinto elemento, l'etere, di cui sarebbero composti i corpi astrali. Una visione alquanto
bizzarra, ma che vede schierarsi tra le sue fila un'innumerevole quantità di alchimisti, convinti dell'esistenza di
una quintessenza, sintesi ultima, perfetta e celeste delle quattro mondane. Altre teorie tipicamente umane
sono quelle basate sul sale, sullo zolfo e sul mercurio, anche queste ritenute vere da eretici rinchiusi in
laboratorio, da maghi e iatrochimici, ai quali l'ortodossia dei Sarafan ha recentemente legittimato
un'onorevole posizione tra le fiamme delle pire e dell'inquisizione. Che l'evoluzione della conoscenza dei
Sarafan sia davvero costituita da una lunga serie di fallimenti è cosa ben nota; gli incantesimi più potenti di
un mago ortodosso non possono neppure lontanamente competere con quelli padroneggiati da vampiri e
druidi. Tuttavia, tra i Sarafan più potenti è diffusa un'eterodossia davvero insospettabile: una volta concepita
la debolezza di istituzioni e credenze basate su idee fallaci, chi davvero desidera il potere non può che
cercarlo laddove l'interpretazione della natura è più esatta”.
Il Negromante si fermò per un istante, assicurandosi che i presenti fossero ancora attenti, poi continuò:
“Un'altra teoria, decisamente più valida, è quella druidica, sulla quale ho tristemente concentrato le mie
attenzioni nel periodo più recente. Gli elementi qui presi in considerazione sono ben dieci, frutto di una
visione molto più comprensiva e nitida della natura: luce, tenebre, fuoco, acqua, terra, aria, veleno, morte, vita
e sacro. Ad essa fanno riferimento tutti gli incantesimi dei Menorhim, mia stirpe vampirica di druidi, i quali ci
introdussero all'esistenza dell'Ashiskus, o Decale, nel linguaggio degli uomini”.
Sheer si alzò in piedi, prese un libro e lo consegnò al Negromante. Il testo aveva l'aspetto dei registri sui quali
vengono annotati i rapporti dei vampiri e dei mietitori, al termine delle missioni loro assegnate. Il vampiro lo
aprì, mostrando ai presenti la pagina dalla quale avrebbe iniziato a leggere. Sheer precisò allora che il timbro
azzurro che su essa era posto, altro non era che l'inconfondibile effige del Mentalista.
“Appena Altair mi consegnò la pietrossuta, l’ultimo componente della Decale, mi ritirai in una sala attigua, per
mescere con calma tutti gli ingredienti della sostanza che avrebbe permesso di sconfiggere i golem. Unendo
le pietre dei quattro elementi base si creò una sfera turbinante che sembrava la quintessenza dell’energia.
Quando introdussi la verde sfera del veleno, l’ammasso si restrinse, fino a raggiungere le dimensioni di un
pugno. Nel frattempo avevo unito i globi di luce e tenebra, che avevano formato un insieme unico e
indissolubile, trasparente e quasi invisibile. L’unione di quest’ultima con le precedenti sfere sprigionò un
cerchio di luce, seguito da uno di oscurità. Il composto era quasi pronto. La sfera turbinava a mezz’aria,
producendo una forte corrente, che si calmò quasi del tutto quando vi lasciai cadere i semi della pianta
Exodus, l’elemento della vita. Infine presi la lama della lancia di Malek e la infilai nel composto vorticante, che
la attirò come se potesse avvertirne la presenza. Ultimato quest’ultimo passaggio, la sfera implose,
restringendosi e abbagliandomi. Qualche secondo dopo, il globo di Decale smise di levitare, e si depositò in
una ciotola di cristallo che avevo posizionato sotto di essa. Uscii dalla stanza dopo qualche ora, mostrando
una boccia di vetro contenente un fluido semitrasparente. Il sole nel frattempo era sorto, debole e freddo, ma
ancora letale per i vampiri, che si erano ritirati ben all’interno per sfuggire il contatto coi funesti raggi”.
Il vampiro chiuse il libro, e riprese:
“Queste poche righe sono state scritte dal Guardiano del Pilastro della Mente, una volta mesciuta la Decale.
Come vedete, a differenza dell'ortodossia umana, la visione druidica del mondo e della natura è ben più
efficace. Chi di voi combatté al nostro fianco quell'epica battaglia contro gli enormi Golem e ne uscì
vittorioso, di certo avrà visto coi suoi occhi tra meraviglia e stupore il potere dei druidi, al quale neppure io
prestavo fiducia, prima di allora, convinto com'ero della totale futilità della vita e delle sue interpretazioni. Il
libro sottratto a Lucius il Prode, che a sua volta aveva recuperato dai druidi umani che l'avevano rinvenuto,
può forse dirsi il testo più antico sulla visione decaelementale del mondo. Ero convinto che da quella lettura
avrei trovato la chiave, le informazioni necessarie per progredire nella mia ricerca sulle intenzioni di Vorador e
sul potere della mia lama, Xynay. Fu un completo fallimento. Le rune eternamente impresse sulle pagine del
libro nascondevano una verità del tutto inaspettata: nelle prime pagine caratteri vampirici, immortali ma
confusi e frettolosi, nelle ultime caratteri umani, molto più deboli e sbiaditi. Il libro che diede vita
all'interpretazione naturale dei druidi conteneva pagine scritte da uomini, ed altre da vampiri. Cosa dedurne?
Elementare: la teoria decaelementale ha origini successive ad un'altra interpretazione più sintetica. Dapprima
preesisteva una teoria sviluppata da vampiri, ormai dimenticata dagli uomini, che venne ereditata dalle
filosofie naturalistiche dei druidi, in prevalenza umani, e tornata ai vampiri all'arrivo dei druidi Menorhim,
qualche decennio fa. Non è dunque all'antica teoria druidica che Vorador fece affidamento, ma ad un'altra,
che probabilmente avrebbe prodotto lo stesso, identico effetto, cronologicamente ancora precedente. Ora
che me ne avvedo, forse la prospettiva più semplice è proprio quella che m'è subito sfuggita, in favore di
idee molto più complesse e confuse. Vorador non conosceva la Decale né le teorie druidiche, poiché ancora
nulla mi ha dimostrato il contrario, e forse proprio per questo le mie ricerche sul modello ufficiale dei sarafan
e su quello druidico sono naufragate tra le onde della tempesta. L'unica cosmologia che l'antico Vorador
poteva conoscere era quella vampirica, non quella druidica, data la sua idiosincrasia nei confronti della vita!”
I presenti iniziavano lentamente a spazientirsi, era quella la prima volta in cui il Negromante esponeva i
perché più profondi delle sue azioni, senza limitarsi ad impartire ordini ai suoi sottoposti. Una melodia iniziò
allora ad ammaliare la Cattedrale del Sangue: uno degli amanuensi iniziò a suonare le note alte e sibilline
della marcia nuziale di Lucius ed Ivy. Una melodia trionfale, quasi un inno vittorioso dalla cadenza militare,
solenne e superba: l'incipit delle missioni.
“Non ho compreso il significato delle rune vampiriche nelle primissime pagine del libro, ammesso che ne
abbiano uno. Tuttavia, conosco già la più antica delle teorie. La teoria elementale dei vampiri si basa su sette
elementi, che credo conoscerete tutti, poiché sono gli stessi su cui si basa l'architettura della Mietitrice
d'Anime, nonché le impregnature dei vostri fratelli mietitori: luce, tenebra, fuoco, acqua, terra, aria e spirito.
C'è quindi solo un luogo nel quale indagare: il tempio dell'antico potere vampirico, il mausoleo dell'antica
civiltà perduta, ove risiedono le forge, ormai prosciugate e prive di energia, di tutti gli elementi. Il luogo in cui
Raziel scoprì i segreti della sua lama fantasma, nonché il passato di Nosgoth, dell'Anziano e della battaglia tra
vampiri ed Hylden, nostri nemici secolari ancora rinchiusi nella dimensione parallela. Il luogo in cui la
Mietitrice d'Anime fu forgiata, ed il luogo in cui risiede tuttora la mia fucina: la Cittadella dei Vampiri”.
SOUL
MISSIONI
La Cittadella dei Vampiri appare oggi come oltre dodici millenni fa, epoca in cui il mietitore Raziel ed il vampiro Kain
scoprirono l'esistenza di quella sacra struttura torreggiante. La Cittadella si trova in un luogo affatto vicino ad entrambe le
Cattedrali: ad ovest dei Pilastri (mappa), al centro del Lago di Lacrime. Tuttavia, quel tempio di affreschi ed arazzi è
rimasto inaccessibile agli uomini a causa di un'imponente coltre di nebbia che rende di fatto impossibile la navigazione
attraverso il lago: tutti i Sarafan che hanno tentato l'impresa non sono mai tornati indietro per raccontarlo, né sono giunti
a destinazione. C'è una sola via per giungere alla Cittadella, ed è attraverso un portale segreto, nascosto in una stanza
alle spalle del trono del Negromante: è da lì che il vampiro si dirige usualmente alla sua fucina. Il portale può essere
incantato in maniera differente, in modo tale da permettere il raggiungimento di aree lontane tra loro della Cittadella;
seppur in mancanza di conoscenze specifiche circa i piani e la loro sovrapposizione, il Negromante è comunque riuscito a
comprendere i meccanismi magici che regolano gli spostamenti planari.
Un tempo la Cittadella era abitata da creature tribali, cacciatori, simili a vampiri, dediti ad un culto totemico; col passare
dei secoli la tribù si è estinta, lasciando spazio alla più totale desolazione delle rovine dimenticate.
Così appare, oggi, la Cittadella dei Vampiri: un enorme complesso di torri, portali e camere; un santuario dedito alla
custodia delle impregnature elementali dei vampiri, un'area ancora vergine ed intonsa, mai trafugata neppure dagli
sguardi più superbi dei mortali. La parte più alta della Cittadella è stata definita dal Negromante come “Il Santuario”,
tomba delle forge elementali, sulla cui sommità è sigillata l'antica Sala dei Nove, ove Raziel combatté Janos Audron. La
parte inferiore della Cittadella non fu visitata da Raziel nella sua avventura, poiché ritenuta forse secondaria, e
sicuramente priva di rivelazioni interessanti per il mietitore. Quella zona era secoli addietro adibita a luogo abitato,
quando ancora i vampiri erano magnifiche creature alate.
--MISSIONE
- Il fiore della conoscenza Nyamelh
Adepto
LDR: 3,5
Phobos
Adepto
LDR: 3,5
La mia ricerca inizia da voi.
Attraverserete il portale giungendo alla zona più bassa della Cittadella; il portale resterà attivo fino al vostro rientro. A
giudicare dai dati contenuti in alcuni testi druidici, sembra che l'antica Guardiana del Pilastro della Natura abbia piantato
un'enorme sequoia immortale nel giardino all'interno della sua antica dimora, un labirinto di piante ed arbusti. Tale
prodigio della natura è occultato dalle altissime mura del cortile interno. Il palazzo della Guardiana è ad ovest del portale,
facilmente riconoscibile dall'effige del Pilastro corrispondente; raggiungetelo. Sembra che la sequoia possa essere trovata
e riconosciuta solo da creature particolari... per quel che mi riguarda, confesso di non averla mai trovata, forse la mia
affinità con la morte mi preclude il passaggio nell'attraversamento dell'enorme labirinto in quel luogo. Sono tuttavia
convinto che Nyamelh abbia la sensibilità adatta per trovare la sequoia; ricordo bene il suo passato. Phobos, affiancala in
quest'avventura. Neppure io so quali prodigiosi enigmi e quali pericoli si celino in quella villa. Una cosa è certa: nessuna
creatura umanoide si trova al suo interno.
Raggiunto il cortile, noterete un dettaglio del tutto insolito: se le leggende druidiche sono vere, la sequoia possiede una
coscienza propria, ed è in grado di comunicare telepaticamente. Sembra che le sue radici abbiano raggiunto ogni recesso
della Cittadella, e che quel prodigio arboreo conosca ogni evento avvenuto al suo interno.
Chiedetele di Xynay e del potere elementale racchiuso nell'arma dal vampiro Vorador. Forse la saggezza della vita arborea
può insegnare molto alle mie folli elucubrazioni.
SOUL
MISSIONE
- A sua immagine e somiglianza Xado
Cavaliere
LDR: 3
Death Mask
Adepto
LDR: 4
Sono onorato nel constatare che uno dei più valevoli tra i mietitori d'anime è giunto fin qui, solo per assecondare quello
che in molti ritengono mio bizzarro capriccio. Xado, avrai al tuo fianco una delle mie vampire più fidate: Death Mask, un
tempo una regina della morte, fu comandante di una delle mie armate. Ora ciò che resta di quell'epoca è soltanto
un'ombra alla ricerca dei suoi antichi poteri.
Il portale vi condurrà all'interno di un antico santuario; ivi era adorata una falsa divinità, ritenuta l'artefice dell'eterno ciclo
di morte e rinascita in tutta Nosgoth. Immagino sappiate di quale parassita stiamo parlando. All'interno di quell'edificio,
un un'epoca leggermente successiva alla nascita dei Pilastri, vennero consumati innumerevoli sacrifici umani. Non sto a
specificare che anche quel luogo è, di fatto, un vero e proprio labirinto. Non vi saprei dire con certezza il motivo per cui
non sono riuscito ad investigare da solo, ma ho l'impressione che le capacità fisiche ed elementali di Xado possano
contribuire in modo decisivo nel raggiungimento del vostro scopo.
Troverete, in una stanza nascosta all'ultimo piano dell'edificio, una grande statua in avorio, raffigurante una creatura alata.
Vi porrà tre domande; badate con attenzione a rispondere correttamente, altrimenti sarete costretti a combatterla.
Fatto ciò, se avrete correttamente risposto a tutti e tre i quesiti o l'avrete sconfitta, Death Mask dovrà porre la sua
maschera sul volto del golem d'avorio, e questa verrà potenziata con un potere negromantico a me ignoto. Mi sarà molto
utile per rinvenire una tecnica di incantamento a me ancora sconosciuta... e potrebbe fornirmi un ulteriore indizio per
apprezzare e comprendere l'incantesimo che sta alla base di Xynay.
SOUL
MISSIONE
- L'ira del druido corrotto Morlack
Shaar-Naik
Adepto
LDR: 3,5
Asgarath
Novizio
LDR: 4
I druidi umani avevano rinvenuto un libro antichissimo. I Sarafan ne sono venuti a conoscenza, e glie l'hanno sottratto,
coperti dalla nostra mano invisibile; la stessa che ha poi strappato il tomo dai loro studi appestati. Forse con poca
gentilezza, dovrei ammettere, e con qualche glorioso bagno di sangue di troppo. La morte di Lucius il traditore, la
scomparsa del libro, l'incantesimo druidico... l'eco di ogni nostra azione giunge spesso all'udito di esseri inaspettati, ma
mai avrei tenuto in considerazione la possibilità di togliermi dalla coscienza un peso tanto gravoso in questa strana
situazione.
Avrei avuto bisogno di un druido abile in combattimento per questa missione, ed eccolo qui, inaspettatamente proprio
tra i fratelli Mietitori d'Anime: Asgarath. Il tuo supporto sarà fondamentale per farmi dimenticare quest'imprevisto. Sarai
accompagnato dalla giovane Shaar-Naik, vampira dagli occhi di ghiaccio, legata all'elemento acqua.
Attraversando il portale giungerete alla base della Cittadella; lì troverete delle piccole casupole disposte lungo il
perimetro dell'isola: una costa alta e rocciosa; un abisso per i più incauti, uno scudo naturale per proteggere l'intera
Cittadella da attacchi via mare in epoche remote. La nebbia ha ora sepolto eternamente ogni pericolo, ma qualcuno ha
scoperto un modo per attraversare il lago, ignorandone gli effetti. Il suo scopo è quello di scoprire i segreti di quel luogo,
per poi vendicarsi del suo antico torturatore. Non che la cosa sia per me fonte di preoccupazioni, sono del tutto certo che
non giungerà neppure ai quartieri alti della Cittadella, prosciugato dalla sete di sangue e perduto tra le intricate vie di
quel luogo sacro. Non voglio tuttavia rischiare che attraversi un portale e giunga fin qui.
Il suo nome è Morlack, ed è un Turelim del tutto insolito: lo utilizzai durante i miei primi esperimenti, quando ancora la
mia esperienza non poteva colmare il mio desiderio di sperimentare nuovi incantesimi. Potrei dire che si tratta del primo
Menorhim di Nosgoth, poiché è dagli studi su di lui che creai quella nuova razza: Morlack è resistente all'acqua, alla luce
solare e persino dotato di un'intelligenza fuori dal comune. È anch'egli un druido. Ricordo che riuscì a fuggire in una
notte di pioggia, e che preferii non cercarlo, convinto com'ero che ci avrebbero pensato i Sarafan. Mi sbagliavo.
Col tempo ha creato nuova progenie, tutti abominevoli Turelim resistenti alla luce ed all'acqua, incuriositi dalla natura ma
del tutto incapaci a manipolarla. Prima di giungere alla Cittadella, vi chiedo di sterminare il suo intero clan, possibilmente
con l'aiuto degli abitanti del villaggio di Siegthar, un piccolo paesino nella valle ad est di Steichenchroe. È lì che il clan di
Morlack dissemina terrore e paura tra i cittadini. Ho curiosamente scoperto che Morlack trova piacere nel condurre
esperimenti con gli umani che rapisce, prima di sfamarsi del loro sangue... una trovata del tutto macabra per esorcizzare i
ricordi delle sue sofferenze, quando era la mia volontà distorta ad imprimergliele.
Tre obiettivi per voi: sterminare il suo clan, scoprire come il solo Morlack sia giunto fino alla Cittadella ignorando la
nebbia ed eliminarlo.
Non ne sono del tutto sicuro, ma forse nel suo rifugio, dalle sue parole e dai risultati suoi esperimenti potreste scoprire
dettagli di grande interesse per la mia ricerca sugli elementi.
SOUL
MISSIONE
- Dentro il laboratorio Bleed
Adepto
LDR: 4->?
Non posso nascondere la mia sorpresa, il grande stupore che provo nel riconoscere una tale magnanimità da parte di
Respen; l'ennesimo mietitore giunge fin qui per assecondare i miei capricci. Figlio della non vita, sappi tuttavia che il fato
non è stato magnanimo con te quanto il tuo Signore nei miei confronti. Avrei indubbiamente preferito disporre al tuo
fianco uno tra i miei Paladini, ma ho infine deciso di destinarli tutti ad una missione ai limiti delle loro capacità.
A conseguenza di ciò, ti ritroverai solo, in un'avventura per te altrettanto difficile, alla luce dei tuoi poteri attuali.
Considerati tuttavia onorato di affrontare con tanta nobiltà le gelide contrade della Cittadella.
Il tuo compito è forse il più importante per la mia ricerca, ma al contempo uno dei più complessi: dovrai disattivare
l'antico portale del laboratorio alchemico in cui il defunto Guardiano del Pilastro degli Stati elaborò, secoli fa, la teoria
con la quale fu poi incantata la Mietitrice d'Anime dai superiori di Vorador, al quale fu assegnato il compito di forgiare la
lama. Il tempio dei saperi alchemici si trova nella parte bassa dell'isola, ma il portale che attraverserai qui, alla Cattedrale
del Sangue, ti porterà direttamente al cuore della Cittadella.
Da lì dovrai cercare il santuario delle forge elementali, luogo dove Raziel impregnò svariate volte la sua lama. Le forge
sono ormai sigillate da millenni. Giungerai fino al tempio della forgia d'acqua: il primo principio primo di cui ho trovato
testimonianza, nei libri degli uomini... poiché l'acqua è vita quasi al pari della luce, per gli uomini, e distruzione ed oblio
per le carni degli immortali maledetti. Troverai nel regno spettrale un passaggio per giungere fin dove nessuno tra i miei
vampiri può, me compreso: sarai la prima creatura a varcare quella soglia dopo oltre quindici secoli.
Creature di pietra ti attenderanno all'interno, seguite da ombre notturne; temile a dovere e fuggi dal regno dei vivi, se
necessario, per ripristinare le energie perdute, e torna a combattere. Sarà estenuante.
Dopo aver sconfitto ogni nemico, lo spirito elementale della forgia si attiverà. Se non ho commesso errori e se le mie
speranze non son vane, e se il mio incantesimo ha avuto effetto, la tua mietitrice verrà impregnata con un potere simile a
quello della decale; con esso potrai fendere la materia, ma non basterà ad aprirti un varco per uscire dal tempio; ma a
questo penserò io. Ricorda, tuttavia, che una volta tornato nel regno spettrale perderai per sempre l'impregnatura. Non
c'è modo di ripristinarla. Non conosco neppure la durata dell'effetto di questo limitatissimo privilegio... svolto il tuo
compitò, creerò un portale che ti porterà alla base della cittadella, e da lì muoverai fino al laboratorio alchemico
dell'antico guardiano. La serratura verrà aperta dalla tua mietitrice.
Ma non finirà in questo modo: sento un potere enorme provenire da quel tempio di formule ed incanti. Lì inizierà la tua
vera missione...
... ho l'impressione di aver scoperto l'autore del libro druidico sottratto a Lucius, e temo che gli incantesimi in esso
contenuti non siano soltanto formule.
--XADO - DEATH MASK - MISSIONE : A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA
Death Mask:
Quando il Signore della Morte comandava le sue disposizioni non vi era uno solo tra i Figli della Notte che
potesse o osasse disobbedire al suo volere, compiacere il sommo Negromante per entrare nei suoi favori
e per ottenere nuovo potere, gloria e rispetto tra i propri fratelli di sangue era lo scopo della maggior
parte dei vampiri della Cattedrale.
Avevo servito il Negromante per centinaia e centinaia di anni. La mia lealtà era cieca e la mia fede nel sue
decisioni incondizionata. Era così per me come per la maggior parte dei miei fratelli. Perché?
Il perché era una motivazione che variava per ognuno dei suoi figli.. perfino nella sua profonda saggezza
l’Oscuro Lord aveva rivelato di non essere al corrente delle motivazioni che spingevano ciascuno di noi ad
avanzare tra temibili nemici, vampiri corrotti e insidiosi tranelli… a sguainare le armi ancora e ancora…
senza esitazione, senza tregua, senza compassione…
La gloria e l’onore, la lealtà e il potere..ogni guerriero sceglie la via che il cuore e la mente gli
comandano… ogni guerriero sceglie la causa a cui sacrificare il proprio sangue ..sia essa nobile o corrotta.
Io avevo fatto la mia scelta in una chiara notte di plenilunio..in un tempo talmente lontano che sembrava
non appartenermi più, quando ancora nelle mie vene scorreva caldo il sangue dei mortali e il mio cuore
versava lacrime per una ferita così profonda che nemmeno il tempo e la morte avrebbero potuto
cancellare.
… Eppure oggi, innanzi al suo alto trono, di fronte alla nuova missione che mi era stata affidata… il mio
animo aveva vacillato… in tutta sincerità e per la prima volta nella mia non vita avrei forse voluto
rinunciare a questo incarico…
Devo cercare di mantenere la calma e riordinare i pensieri… la mia mente è ancora turbata in seguito alla
battaglia che ho affrontato nelle fredde lande a Nord per svelare le trame del signore corrotto di quelle
terre, a fianco di Phobos e per volere del Paladino di ghiaccio… di giorno i miei sogni sono tormentati da
quelle visioni di sangue e sebbene possa avvertire l’impetuosa energia dei poteri magici scorrere
nuovamente nelle mie vene, in seguito ai nuovi poteri di cui il Senza cuore mi ha fatto dono, la mia
mente è più fragile ed esposta come mai prima d’ora… basterà davvero una semplice maschera d’ossa a
proteggermi dai miei incubi?
E se questa maschera dovesse cadere che ne sarà del mio spirito tormentato?
E poi c’è quell’altra questione… avrei potuto agire da sola se non fossi ancora così debole,se non avessi
rinunciato ai miei antichi poteri.. avrei potuto agire al fianco di uno dei tre luogotenenti…e invece… invece
spinto dalla sua bramosia di conoscenza il mio Oscuro Signore aveva richiesto ancora una volta l’alleanza
con quelle creature spettrali… davvero gli oscuri poteri e i segreti irrisolti che si celavano nel freddo e
lucente metallo di cui era forgiata Xynay sono così preziosi da giustificare tale scelta e tale imponente
dispiego di forze da parte della Cattedrale?
L’idea di combattere fianco a fianco con un mietitore mi disgustava.
I mietitori d’anime sono creature dalla fisicità effimera e per questo risultano, sotto taluni aspetti, ancor
più insidiosi dei vampiri come avversari. Di certo la guerra tra vampiri e mietitori, tra il Negromante e il
leggendario Respen, era stata una delle più lunghe e spietate che la storia di Nosgoth ricordi.
Prima che i Signori di Nosgoth si dessero aperta battaglia si affrontarono i loro eserciti…
… Rammento con sorprendente lucidità ciò che avvenne in quei tempi remoti e seppure nella mia anima
si siano assopite nel corso dei secoli e durante il mio solitario vagabondare nelle rigogliose foreste di
queste terre la maggior parte delle passioni umane, ancora sento ardere nel petto il rancore per ciò che
subii per mano del Guardiano del Mente. A quell’epoca le mie spalle erano cinte dal Manto della Morte, un
oscuro artefatto forgiato dal Negromante ed intriso dalle sue più profonde conoscenze di magia nera, tale
manto mi rendeva invulnerabile a qualsiasi attacco fosse esso fisico o magico, benché il suo utilizzo
consumasse le mie energie vitali. Tra le mani stringevo Death’s Schythe rilucente dei suoi mortali poteri
ed ero a capo di una delle armate dell’Oscuro Signore. Seppur la mia natura fosse ancora mortale, il
potere che avevo raggiunto mi faceva sentire invincibile e la mia ambizione fu tale da portarmi ad ideare
un folle piano: guidare il mio esercito in un attacco proditorio nella città di Wasserbunde, con l’intento di
distrarre Respen dal nostro reale obiettivo, i Pilastri. Non fu il fallimento dell’impresa, la disfatta della mia
armata e la fine della mia effimera esistenza mortale ad alimentare nel mio cuore questo profondo
risentimento verso il mietitore, quanto il fatto che osò violare le mie difese mentali e, al di sotto di questa
maschera, mise a nudo la fragilità del mio animo, costringendomi a rivivere i ricordi che la mia mente
stessa aveva tentato di cancellare… da allora quelle visioni hanno cominciato a tormentarmi e le voci delle
anime torturate hanno iniziato ad insinuarsi nel mio cervello, come un’ossessione febbrile, fino a
condurmi sull’orlo della pazzia.
Respen fermò l’avanzata dell’armata della Morte prima ancora che arrivassimo a contemplare le mura di
Wasserbunde. Il suo potere di controllo mentale sul mio esercito fu talmente forte da costringere i miei
soldati a combattere tra loro, in uno scontro fratricida che presto coprì di cupo sangue il campo di
battaglia…completamente soggiogata dalle visioni che mi sconvolgevano la mente fui io stessa a
strapparmi dalle spalle il Manto, il cui tenebroso potere non ero più in grado di sopportare e fu la lama di
uno dei miei più stretti collaboratori a trapassarmi il fianco sinistro fino all’addome… caddi in ginocchio, la
mente sconvolta dai ricordi di quegli anni di tormento e il cuore lacerato da una sofferenza troppo grande
per essere sopportata da un semplice essere umano, rimasi ad assistere impotente al massacro del mio
esercito fino a quando Respen in persona mi si parò innanzi.
Sentivo il liquido caldo e sottilmente viscoso scivolarmi tra le dita… il leggero corpetto di cuoio era
squarciato e intinto di cremisi profondo… ma non provavo dolore… o forse non ero più capace di percepire
la sofferenza fisica.. la mia mente vagava senza meta come allora.. come allora la realtà cedeva il passo
ad un cupo tormento e ad una sensazione di disperata follia… la vita non aveva più valore, il tempo non
aveva più significato e la morte non esisteva. Fu all’improvviso che qualcosa mi ridestò, richiamò la mia
ragione e mi permise di focalizzare nuovamente i pensieri e le immagini davanti agli occhi... e fu così che
vidi i suoi occhi senza orbite che mi fissavano.. mi fissavano profondi come un abisso e colmi di una
intensità magnetica... Pietà o Disprezzo? Odio o Compassione? … Non riuscii a decifrare i sentimenti che
si celavano dietro quello sguardo …
Rimembro ancora però le parole che mi rivolse: <<nonostante le stragi di cui ti sei macchiata ti faccio
grazia della vita, Death Mask, ma dovrai informare Soul che lo attendo ai piedi dei Pilastri. Riferiscigli di
presentarsi da solo se ha un briciolo d’onore, poiché il Guardiano della Mente non tollera i tiranni e gli
assassini>>
<<uccidimi! Uccidimi piuttosto!!>> urlai al gelido veno mentre la figura eterea del mietitore già si era
dissolta alla vista. Non so più dire quanto tempo trascorse, ma il crepuscolo era già imbrunito da tempo
quando l’Oscuro mi trovò a terra, così come mi aveva lasciata Respen. Non avevo fatto nulla per fermare
l’emorragia e oramai la mia vita si stava esaurendo, scivolava via insieme al mio stesso sangue ma i
ricordi che si affollavano nella mia mente non avrebbero potuto essere lavati via con la stessa facilità.
In cambio dell’eterea fiaccola vitale che si era affievolita fin quasi a spegnersi, il Negromante mi donò la
gelida fiamma dell’immortalità, facendomi rinascere come sua figlia vampira, sua leale vassalla ed eterna
servitrice. Ed è unicamente per l’immensa gratitudine che nutro verso colui che mi trasmise l’Oscuro
Dono e il giuramento di lealtà che gli feci che anche oggi mi sono piegata ancora una volta al suo volere
ed ho accettato questo nuovo incarico.
Poche ore sono trascorse da quando il Negromante mi convocò col sussurro al suo cospetto, nel maestoso
salone che utilizzava per le udienze pubbliche. Entrai senza soffermarmi a contemplare le superbe
decorazioni gotiche delle colonne della sala, che pure avrebbero meritato almeno uno sguardo ma che
conoscevo ormai da innumerevoli anni, e mi inginocchiai in silenzio di fronte al trono su cui il Sire di
Nosgoth sedeva in tutta la sua maestosa saggezza. Non era difficile immaginare che il Signore della Morte
avrebbe avuto una nuova missione da assegnarmi ma di certo non mi aspettavo quell’inatteso compagno
d’armi.
Alla mia sinistra, in piedi innanzi al trono, si ergeva quella curiosa creatura. Era senza dubbio alcuno un
mietitore ma le sue fattezze erano assai diverse da quelle del sommo Respen. La corporatura scarna della
sua razza risultava in lui ancora più accentuata dalla lunghezza flessuosa degli arti, gli artigli parevano più
sviluppati e acuminati e dietro la schiena si sviluppavano due appendici che solo uno sforzo di
immaginazione avrebbe potuto dipingere come ali e che possedevano l’impalpabile consistenza delle
ragnatele di un aracnide.
Restai attonita ad ascoltare le parole del Negromante:
<< Sono onorato nel constatare che uno dei più valevoli tra i mietitori d'anime è giunto fin qui, solo per
assecondare quello che in molti ritengono mio bizzarro capriccio. Xado, avrai al tuo fianco una delle mie
vampire più fidate: Death Mask, un tempo una regina della morte, fu comandante di una delle mie
armate. Ora ciò che resta di quell'epoca è soltanto un'ombra alla ricerca dei suoi antichi poteri.>>
La spiegazione della prova che avremmo dovuto superare fu breve… sentivo le sillabe che mi si seccavano
tra le labbra mentre continuavo a porgere ascolto alle parole del mio signore senza riuscire a distogliere
lo sguardo dalla creatura che sarebbe stata il mio alleato in questa insidiosa ricerca. La naturale
ripugnanza che la sua visione mi suscitava andava ad accrescere il ridestato rancore verso la sua razza.
Fu solo quando il Negromante finì di fornirci le indicazioni strettamente necessarie che il mietitore rese
omaggio al Signore della Morte con un profondo inchino: << Le vostre parole mi lusingano. Ve ne sono
grato e sono fiero di poter porre la mia mietitrice al vostro servizio per proseguire l’affascinate ricerca dei
misteri che si celano nella mortale lama di Xynay, i quali sono frutto delle più profonde conoscenze dei
nostri avi>>
<<bene. Se avete dei dubbi circa il vostro incarico non esitate ad esprimerli ora. Partirete domani
all’imbrunire>>
<<conosco a fondo la storia di quel santuario e lo spregevole culto del falso dio che ivi era adorato>>
furono le risolute parole di risposta del ragnoide. Malgrado l’aspetto che di umano aveva assai poco mi fu
subito chiaro che si trattava di un essere tutt’altro che sprovveduto, ma che anzi aveva appreso nel corso
degli anni una profonda conoscenza della complessa storia del regno di Nosgoth.
Il Negromante si rivolse quindi a me, probabilmente notando il mio muto sconcerto : << Ti vedo
pensierosa, figlia mia… cosa ti turba?>>
<< Desidererei discuterne in privato, se il mio signore me lo concede…>> E fu in seguito alla mia
richiesta che l’Oscuro Sire congedò dal mietitore con parole di gratitudine e la creatura, dopo essersi
nuovamente inchinata, si ritirò.
Il Negromante conosceva come nessun altro il mio animo e le ragioni che mi sostenevano in battaglia ed
era anche l’unico vampiro per cui il mio passato non aveva segreti. Mi disse che vincere il risentimento
per il mio passato sarebbe stata la prima prova che avrei dovuto affrontare in questa impresa e mi mise
in guardia circa le prove che avremmo dovuto sostenere nel tempio fornendomi ulteriori istruzioni circa il
rituale negromantico che avrei dovuto compiere alla fine della prova. Egli stesso ammise che l’esito di tale
incantesimo gli era ancora imperscrutabile e questo non faceva che aumentare le mie perplessità.
Ultimai i preparativi e accarezzai, come per cercarvi la sicurezza che in quel momento sentivo venire
meno, la superficie perfettamente liscia e finemente intarsiata della lama di Death’s Scythe, letale
strumento di attacco per tutti coloro che osavano intralciare il mo cammino, assicurai la mia falce dietro
la schiena. Infine indossai la maschera, prezioso strumento di difesa del mio animo. Mi diressi quindi
verso il portale e ivi trovai Xado, il ragno mietitore, uno tra i più valenti cavalieri della Cattedrale
dell’Anima, sedeva in silenzio sulle gradinate che conducevano al portale in attesa del mio arrivo.
<<infine eccoti, Death Mask! Ho sentito molte cose sul tuo conto e sono ansioso di valutare di persona il
valore di una guerriera che è stata esecutrice personale del Signore della Morte>>
Alle sue parole fece seguito il mio silenzio, il mietitore incalzò nuovamente la conversazione: <<negli
annali della Cattedrale sono narrate le tue gesta, fino alla gloriosa campagna contro i demoni del limbo a
sud di Coorhagen.. ma ciò che segue è avvolto nel mistero. Ciò che mi domando è il motivo per cui il
sommo Negromante ti abbia allontanato dalla Cattedrale in seguito ad una missione vittoriosa.>>
<<la storia non è altro che una cronaca di eventi, mietitore. Narra le azioni dei guerrieri ma non le
motivazioni che si celano dentro il loro animo>> Risposi con freddezza << E’ una visione piuttosto
limitata della verità>> aggiunsi in tono sprezzante.
<< Come guardare una donna il cui volto è celato dietro una maschera>> fu l’acuta risposta della
creatura spettrale, che non fece altro che aumentare la mia indisposizione verso il nuovo compagno
d’armi.
Tuttavia sapevo perfettamente che quello non era il luogo né il momento più adatto per sterili diverbi,
quindi mi avviai in silenzio verso il portale luminoso, il cui potere era stato attivato in precedenza dal
Negromante e Xado mi seguii.
Varcata la soglia del portale spazio-temporale ci ritrovammo innanzi al santuario abbandonato. La nostra
prova era all’inizio.
Xado:
La tetra vampira era restia a parlare ma ero sicuro che con l’avanzare della missione si sarebbe sciolta.
L’atrio del tempio era una piccola sala circolare con quattro colonne di cui solo una era rimasta intatta, sui
muri spiccavano resti di affreschi raffiguranti una ruota con un occhio dentro e dei vampiri alati neri in
preghiera.
X<<direi che fanno parte dell’epoca degli antichi vampiri, tu che ne pensi?>>
DM <<sono una guerriera non un archeologo e non siamo qui per turismo>> rispose con durezza
Feci finta di non aver sentito e avanzai per la strada fino all’imbocco di un corridoio.
DM <<sembra che questo tempio sia un labirinto>>
X <<già e se ho capito bene è stato innalzato in onore di una vecchia conoscenza ergo ci sarà da
divertirsi>>
La vampira mi guardò perplessa
DM <<che intendi dire?>>
X <<semplice ci saranno dei guardiani e saranno fatti di polvere e ossa quindi cara socia niente
sangue>>
La guardai con ironia e ripresi
X <<forse il negromante mi ha mandato con te per farti da balia>> e risi
Vidi gli occhi della vampira accendersi di furia ed estrasse la falce
DM <<come osi sciocco mietitore mettere in dubbio le mie capacità?! Ora vedrai!>>
Calò l’arma su di me, ma fui rapido mi spostai di lato e appena la spada ebbe toccato terra mi misi in
equilibrio sul bastone, avvicinai la faccia a quella della vampira.
X <<soul ha sempre buon gusto a scegliere le vampire se ci fossimo conosciuti due secoli fa magari avrei
anche potuto provarci>> dissi divertito.
Di tutta risposta mi arrivò un pugno in pieno stomaco che mi fece volare all’indietro ma non caddi
DM <<sogna pure,mietitore! non mi sarei mai abbassata a stare con un vile Zephonim>>
X <<hai ragione sono piuttosto rivoltanti come aspetto, come mietitore sono molto più attraente non
trovi?>>
La vampira mi guardò mista tra sorpresa e rabbia
DM <<di tanti mietitori con cui il mio Signore poteva farmi lavorare ha scelto quello più narcisista e
idiota. La tua impudenza è intollerabile e il tuo sarcasmo è fuori luogo!>>
X <<hahahaha sei stata sfortunata mi spiace comunque che ne dici se ora andiamo avanti?>>
Procedemmo per il corridoio e arrivammo in una stanzetta quadrata senza porte.
DM <<che diavolo? E adesso?>>
X <<controlliamo i muri vediamo se c’è qualche passaggio segreto>>
Ci mettemmo a osservare attentamente i muri, in confronto all’atrio la stanza era piuttosto spoglia
nessun affresco o statua.
DM <<qui c’è qualcosa>>
Corsi verso Death e mi mostrò che su una roccia era inciso un simbolo.
X <<il glifo dello spostamento tra regni. Ecco il motivo per cui Soul non poteva entrare; sicuramente
anche lui avrà visto il simbolo ed è rimasto bloccato qui>>
DM <<si ma questo significa che solo tu puoi passare>>
X <<troverò il sistema per farti entrare tu stai ferma qui non dovrebbe volerci molto>>
La vampira annuì.
Mi spostai di regno e nel muro magicamente si aprì un passaggio.
Varcai la soglia e mi ritrovai in un ampio salone con al centro un enorme statua raffigurante un vampiro
alato con in mano un’enorme spada.
X <<meraviglioso>>
Davanti a quella statua c’era un portale e senza perdere ulteriore tempo ripresi materia.
Notai che la stanza al buio si illuminò improvvisamente e gli occhi della statua scintillarono
X<<uh Oh! Questa cosa non mi piace per niente>>
La statua stava iniziando ad animarsi sotto i miei occhi, arretrai fino al muro da dov’ero passato.
X <<death mi Senti?>>
Senti la voce della vampira
DM <<sì! Sei dall’altra parte? Trova un modo di aprire un varco>>
X <<sì … volevo chiederti>>
intanto la statua aveva iniziato a muoversi verso la mia direzione
X <<non è che per caso riesci a sfondare il muro>>
DM <<che diavolo stai dicendo ci vorrebbe un colosso per aprire un varco su questo muro>>
La statua era abbastanza vicina
X <<si ma … ecco… vedi c’è un piccolissimo problemino e… non so se riesco a sistemarlo da solo>>
DM <<che intendi di….>>
La vampira non fece in tempo a finire la frase che la statua che ormai era davanti a me calo l’enorme
spada.
X<<grande … grosso e lento mi sono sbagliato! stai tranquilla Death me la cavo da solo>>
La punta della spada aveva scalfito il muro e la vampira ora poteva vedere attraverso quella piccola
fenditura .
DM <<sicuro di riuscirci? E’ bella grossa>>
X <<più sono grossi e più presto vanno giù>>
Con rapidità mi portai dietro di lui e sfoderai la reaver di terra, e con un fendente alle gambe il mostro
mise un ginocchio a terra.
DM <<non male mietitore>>
Guardai verso Death e mi avvicinai al muro.
DM <<beh che aspetti? Finiscilo!>>
Allargai le braccia
X <<perché mai? Ho appena iniziato a scaldarmi>>
DM << Come sei ottuso, mietitore! non abbiamo tempo da perdere oltretutto devi farmi passare da
questo muro>>
X <<appunto<<
La vampira rimase un attimo sconcertata poi capì che cosa passava per la mia testa.
DM <<potresti anche essere più esplicito>>
La statua si era già alzata ed era alle mie spalle.
X <<che ci vuoi fare mi piace fare il misterioso>>
DM <<xado! Attento alle spal…>>
Non ebbe tempo di finire la frase che mi spostai lateralmente e la spada si abbatté di nuovo sul muro
questa volta sfondandolo, gli fui nuovamente alle spalle e con un altro fendente lo inginocchiai.
X <<tutto tuo vampira!>>
Death non se lo fece ripetere due volte e con un fulmineo fendente della falce lo decapitò.
La statua si disgregò all’istante.
X<<non siamo poi tanto male come squadra>>
Gli occhi della vampiri avevano una luce di soddisfazione
DM <<no e devo ricredermi su di te. Sei un idiota ma sai quello che fai>>
X <<che ne dici ti va di concedermi un altro valzer?>>
DM <<che cosa?>>
Ma non ci fu bisogno di rispondere stavano arrivando verso di noi una trentina di esseri di polvere e ossa.
DM <<mi è già capitato di combattere con questi esseri un colpo di spada e si dissolvono non sarà
difficile eliminarli>>
La vampira volse il suo sguardo su me
X <<bene, bellezza! e allora che aspettiamo. Si balla!!!!>>
E ci scagliammo contro l’onda di zombie.
Come aveva detto la vampira un colpo della mia reaver di fuoco e questi si dissolsero come neve al sole e
l’anima che ne fuoriusciva me la pappavo con gioia.
DM <<sono contenta di vedere che queste anime sono di tuo gradimento. Evidentemente i tuoi gusti
lasciano a desiderare>>
X <<in effetti hai ragione hanno un sapore tremendo… che diavolo sto dicendo io non ho la lingua<<
Death si voltò verso di me e accennò un sorriso pur senza perdere la concentrazione sulla battaglia.
DM <<non finiscono mai?>>
X <<già già. Mi è venuta un’idea: sdraiati a terra …..SUBITO!!!>>
DM <<neanche per sogno!>>
X <<fallo!!!>>
DM <<no!>>
X <<testona che non sei altro! Se ti fai male non lamentarti… Glifo della forza!!!>>
Un onda cinetica partì dal mio corpo e si espanse in un tutte le direzioni, gli zombie si dissolsero e la
povera Death venne sbalzata in aria cadendo rovinosamente qualche metro più in là.
Mi avvicinai
X <<tutto bene?>>
E le porsi la mano
DM <<maledetto! perché non mi hai avvertito?!>>
Si alzò furiosa disdegnando la mano che le porgevo ma era stordita
X <<ti ho detto di gettarti a terra ma non hai voluto comunque lo stordimento passerà nel giro di un
minuto l’importante è che abbia sortito l’effetto sperato>>
La vampira si guardo a torno e vide che gli zombie erano scomparsi.
DM <<fammi un altro scherzo del genere e spargerò sangue blu per tutto il tempio>>
Death era furiosa e lo stordimento era passato.
X <<devo ricordarti, supponendo per assurdo che tu riesca a battermi, non puoi uccidermi!>>
DM <<va all’inferno! Mi farò prestare la mietitrice dal mio signore e ti farò risucchiare>>
Indietreggiai mentre la vampira aveva ancora gli occhi iniettati di sangue
X <<su su.. avanti non è il caso di prenderla così non ti sei fatta male>>
DM <<sembra che abbia trovato il tuo tallone d’Achille>>
X <<sinceramente venire risucchiato in una spada non è il massimo delle mie aspirazioni>>
La vampira sorrise.
Ci fermammo una mezz’oretta a riposare.
DM <<e’ da tanto che risiedi alla cattedrale dell’Anima?>>
X <<abbastanza, invece so che tu eri stata allontanata>>
La vampira abbassò la testa
X <<abbiamo passato tutti dei momenti bui nella nostra vita …. Ehm … non-vita. Ricordo ancora quando
mi risvegliai mietitore….>>
E le narrai di come ho conosciuto la mia natura e di come sono riuscito a trovare la cattedrale.
DM <<dunque hai un fratello vampiro. Non hai paura che prima o poi uno dell’Alleanza lo uccida senza
sapere chi sia?>>
X <<ci penso in continuazione per questo lo sto cercando voglio portarlo nell’alleanza ma sembra che
nessuno l’abbia più visto… a questo punto mi viene da pensare … che ..>> ma mi fermai anche solo
pensare che mio fratello fosse definitivamente morto mi faceva star male.
La vampira aveva capito
DM <<se mi capiterà di sentire qualcosa ti avvertirò>>
X <<grazie mille>>
Finalmente sembrava che il velo d’astio che copriva Death fosse stato tolto e tra noi due finalmente si era
instaurato un buon rapporto.
DM <<che ne dici continuiamo?>>
X <<se ti senti riposata si! io non ho problemi potevo partire anche prima>>
DM<<ma se hai insistito tu per fermarci a riposarci>>
X <<he he he tu sei troppo orgogliosa per ammettere che avevi bisogno di prendere respiro>>
DM <<nient’affatto>>
X <<su su andiamo avanti>>
Mentre stavamo arrivando alla fine del salone studiavo i vari affreschi e insieme a Death cercavamo di
capire bene la storia che veniva raffigurata magari era la chiave per carpire il misterioso potere che
avrebbe avuto Xynai.
Gli affreschi rappresentavano scene di guerre di epoche lontane.
X <<hylden e gli antichi vampiri sono sempre stati in guerra, sembra che la ragione di questa disputa sia
legata alla religione.>>
DM <<il mio Signore me ne parlò quando mi racconto la storia di Kain e Raziel; i nostri capostipiti>>
Annuì.
DM <<mi raccontò del giovane Kain e come riuscì a sventare il piano del ritorno degli Hylden ma di come
ci siano finiti laggiù non ne ho idea>>
X <<devi sapere che gli Antichi Vampiri adoravano un dio che come noi mietitori si nutriva di anime si
definiva il mozzo della ruota del ciclo di vita-morte-rinascita. Gli Hylden invece rinnegarono quell’essere
come dio e questi gli scagliò addosso i potenti vampiri>>
DM <<prevalsero i vampiri giusto?>>
X <<sì, gli Hylden vennero segregati in un'altra dimensione e i Pilastri furono innalzati come sigillo e
come punto di equilibrio per l’intera Nosgoth, gli Hylden pero riuscirono a scagliare la famosa maledizione
dell’immortalità>>
DM <<dunque tutt’ora tengono sigillati gli Hylden?>>
X <<non te lo so dire con certezza ma è molto probabile>>
DM <<sei molto informato>>
X <<un amico mi disse che sono un ragno di biblioteca, sì amo la storia di Nosgoth così piena di misteri e
intrighi>>
DM <<già, comunque questi dipinti raffigurano solo scene di guerra nulla a che fare con armi>>
Ci soffermammo su un affresco che raffigurava un occhio da cui partivano dei raggi
X <<questo è il suo simbolo>>
DM <<dell’Elder God giusto? Secondo te è ancora vivo?>>
X <<le cronache riportano che, dopo che Raziel venne assorbito dalla mietitrice, Kain lo sconfisse … bada
bene sconfitto non distrutto, a mio parere non è stato completamente annientato ma solo è troppo debole
per fronteggiare un esercito di mietitori e vampiri >>
DM <<quindi la sua presenza aleggia ancora su Nosgoth! potremmo persino ritrovarlo qui?>>
La vampira perse per un attimo la sua sicurezza
X <<non hai nulla di che preoccuparti se davvero esiste ancora non può nuocerti in quanto la sua
presenza si rivela solo al vampiro che brandisce la mietitrice con all’interno l’anima di un mietitore con la
reaver di spirito>>
DM <<e tu? Se non erro i mietitori possono vederlo tranquillamente>>
X <<ti preoccupi per me? E’ molto gentile da parte tua>>
Anche se indossava una maschera percepii il suo imbarazzo.
X <<tranquilla se mai dovesse presentarsi oggi, cosa assai altamente improbabile, ti avviserò subito
cosicché tu possa avvertire con il sussurro Soul>>
Death sembrò sollevata.
Arrivammo alla fine del salone.
DM <<un altro muro? E adesso?>>
X <<beh almeno questo ha un affresco particolare>>
Raffigurava un vampiro con in mano una pietra e sulla pietra c’era una fenditura
DM <<guarda! lassù c’è un passaggio, ma è troppo alto con un salto non ci arrivo>>
X <<nessun problema, tieniti pronta!>>
Death mi guardò incuriosita, estrassi la Reaver di terra e la infilai sulla fessura della affresco, dal soffitto
si staccarono cinque enormi pezzi e formarono delle pedane sospese per aria che creavano una via per il
passaggio.
X <<andiamo! l’incantesimo non durerà a lungo>>
Death arrivo in fretta al passaggio, le pedane iniziarono a ritornare al loro posto sul soffitto mentre ero
alla quarta roccia.
DM <<attento!!>>
Saltai ma il passaggio era troppo in alto, planai fino al muro e iniziai la scalata.
DM <<allora quelle ragnatele che porti sulla schiena non sono per bellezza>>
X <<no! e nemmeno questi>>
Le mostrai i miei artigli affilati.
DM <<dai Ragnetto! Tocca ancora a te!>>
La vampira sembrava divertita, un enorme portone con il simbolo inequivocabile della mietitrice del fuoco
si presentava davanti a noi
X <<donne!! sempre ad approfittarsene e a dare ordini>>
DM <<muoviti!>>
X <<zi padruna>>
Infilai la reaver di fuoco e la porta si aprì.
X <<già arrivati? Non pensavo fosse così semplice>>
DM <<secondo me il bello inizia ora>>
Una stanza a forma pentagonale con al centro una statua d’avorio a forma di creatura alata si presentava
ai nostri occhi.
Death Mask:
Con un sordo schianto il portone si chiuse improvvisamente alle nostre spalle. Un’atmosfera irreale
regnava in quel luogo, l’imponente statua che si ergeva innanzi a noi emanava al tempo stesso un’aura di
affascinante mistero e torva corruzione. Nel bianco avorio erano scolpite con tale finezza da parere in
grado di librarsi in volo le maestose ali di quella creatura chimerica.
Non era null’altro che un blocco di roccia eppure non so quale maleficio aveva infuso in quella nuda pietra
una malevola fiamma vitale.
<<death! Non pare anche a te…?>>
<<sì..quell’essere ci sta fissando>>
La voce del golem risuonò cupa e possente nelle nostre menti
<<sono colui che serve il Signore dell’Inizio e della Fine, il perno dell’eterna ruota di morte e rinascita. Io
sono il custode di questo santuario che voi, esseri impuri, avete osato infangare con la vostra presenza.
Questo luogo diventerà la vostra eterna prigione, poiché avete cercato di svelare segreti che nessuno, sia
esso un vivo, un non-morto o uno spettro dovrebbe ambire a rivelare>> Alle sue parole seguì quello che
mi parve un tetro sogghigno.
Tuttavia ci voleva ben altro per intimorire il mietitore al mio fianco e, soprattutto, per privarlo del suo
sferzante sarcasmo:
<< Lieto di conoscere il padrone di casa, ti siamo grati per questa bella accoglienza... anzi, devo dirti che
ho gradito gli antipasti… non vedevo l’ora di arrivare alla portata principale!
Ma comportiamoci come si deve e facciamo le presentazioni per prima cosa: io sono Xado…>>
<<cavaliere della Cattedrale dell’Anima e fedele servitore dell’Alleanza.. so bene chi sei>> lo interruppe
la statua <<sei uno dei cani agli ordini di Respen, nient’altro che la ripugnante rimanenza di ciò che un
tempo era una creatura vivente>>
<< Ehm… mi contraddico.. non è che il galateo sia proprio il tuo forte>> fu la replica del mietitore, ma
l’imponente guardiano d’avorio parve ignorarlo.
<< Mentre tu sei colei che si fa chiamare Maschera di Morte, uno dei sicari del Negromante, stento a
credere che il tuo potere sia così limitato… e dire che da tempo desideravo incontrare il portatore di quella
maschera… sei una vera delusione, vampira…>>
<<ora basta!>> lo interruppi. <<non siamo venuti sin qui per sorbirci le tue inutili chiacchiere … l’unica
cosa giusta che hai detto è che stiamo cercando i segreti che custodisci, quindi fatti da parte o capirai che
cosa significa guardare in faccia la morte!>>
<<divertente… sei davvero ingenua, Death Mask. Io sono immortale e invulnerabile a qualsiasi attacco.
Questi segreti sono custoditi tra le mura di questo luogo sacro e qui devono rimanere per l’eternità.
Nessuno ha mai superato le prove che io ho posto ai folli che hanno osato tentare la vostra stessa
impresa. Avete segnato la vostra fine quando avete oltrepassato la soglia di questa stanza>>
Non esitai a quelle parole <<immortale? Interessante.. mettiamolo alla prova!>> alzai Death’s Scythe e
la lanciai con quanta più forza mi era possibile verso la creatura alata, la falce roteò sibilando nell’aria
ma, prima di giungere a destinazione, urtò contro una barriera invisibile e, come guidata da un’altrettanto
eterea forza di volontà, cambio direzione e si ritorse verso di noi.
Xado schivò a malapena il fendente, la lama della falce sfiorò lacerando leggermente l’estremità dell’ala
sinistra del mietitore. Xado si voltò adirato verso di me.
<<saresti pregata di darmi un preavviso prima di lanciarti nei tuoi esperimenti>>
<<invece che lamentarti in continuazione potresti cercare di renderti utile>>
<<ti preferivo quando stavi zitta>> e rise.
Il rapporto che si era instaurato tra me e il mietitore era davvero curioso per i miei canoni, ma a quanto
pareva per chiarirci era più semplice un battibecco di una discussione retorica.
Xado mi avvertii di far attenzione e tenermi più indietro e, avendo compreso subito le sue intenzioni,
questa volta ascoltai il consiglio. L’idea di riprovare l’effetto del glifo del glifo della forza sulla mia pelle
non mi sorrideva affatto. Quando il mietitore sprigionò la potenza della magia del glifo, l’intera stanza fu
scossa da un onda d’urto di estrema violenza, ma anche in questo caso l’attacco si rivelò del tutto
inefficace e la forza del glifo fu respinta. Io ero abbastanza lontana da riuscire a schivarmi mentre Xado,
probabilmente già valutando le conseguenze del suo gesto aveva fatto in modo di sferrare l’attacco
restando vicino ad una delle colonne portanti della sala, dietro la quale trovò riparò per difendersi dal suo
stesso attacco. La colonna andò in frantumi e una nuova scossa simile a quella di un sisma fece tremare
l’intera stanza, il frontone sovrastante il portone da cui eravamo entrati crollò in mille pezzi.
Il guardiano alato non si scompose, ma si limitò a sogghignare prima di riprendere il suo discorso:
<<ora spero che abbiate capito quanto sia vano ogni vostro tentativo, qui siamo nel cuore del santuario
che io custodisco dall’alba del tempo e qui se voi, insignificanti insetti, volete giocare con me dovrete
sottostare alle mie regole>>
<<insetto vallo a dire a qualcun altro! Palesi solo la tua ignoranza se credi che io…>> replicò Xado.
<< Taci! Sentiamo che ha da dirci… non è detto che il gioco non si faccia interessante…>> lo interruppi
io.
<< Le regole di questo gioco sono semplici>> riprese il golem d’avorio << io vi porrò tre quesiti e voi
dovrete rispondere in modo corretto. Se riuscirete a risolvere tutti e tre i quesiti allora vi rivelerò ciò che
andate cercando. Mi è indifferente chi di voi sceglierà di rispondere, ma sappiate che può rispondere uno
solo alla volta e che, ovviamente, chi sbaglia muore. Se il vostro compagno muore siete liberi di
continuare la partita da soli fino alla fine della vostra inutile esistenza o non-vita>> Le orbite vuote
scolpite nell’avorio fissarono con crudele freddezza il mio compagno d’armi <<siccome non puoi morire la
tua misera anima rimarrà imprigionata per sempre all’interno del mio corpo e ti posso assicurare che la
tua sarà una fine peggiore dell’eterno oblio che attende la vampira che ti ha seguito in questa folle
impresa. Vi offro un ultima possibilità: ritiratevi e fate ritorno alle vostre Cattedrali!>>
<<va all’inferno!!>> replicò Xado << Se pensi di intimorirci con i tuoi giochetti sappi che non siamo
arrivati fin qui per tornarcene a casa a mani vuote! Sarà un vero piacere rubarti i segreti che custodisci
tanto gelosamente dopo averti battuto sul tuo stesso campo! Cominciamo pure la partita!
Io non ho mai temuto di perdere una sfida! E tu, bellezza? Sei d’accordo con me, vero?>>
<<io non ho più nulla da perdere>> risposi.
Tre quesiti posti dal custode d’avorio… era contro questa insidia che il mio Signore ci aveva messo in
guardia ed ora, proprio come l’Oscuro aveva previsto, ci trovavamo a giocare le nostre vite come pedine
di una partita senza via di scampo.
<<e sia!>> disse la creatura alata << Ecco a voi il primo quesito: immaginate di essere i signori di una
ricco impero in guerra contro un potente nemico. Dalle informazioni delle vostre spie sapete che egli
attenderà il sorgere di quattro aurore e poi invierà un’armata per assediare e distruggere una fiorente
città limitrofa ai confini dei vostri domini. Tale città è da sempre culla di cultura e bellezza ed è
considerata il fiore all’occhiello del vostro regno. Tuttavia siete anche a conoscenza del fatto che tra non
più di una decina di giorni le forze che difendono il cuore dell’impero nemico verranno smobilitate per far
fronte ad una rivolta intestina, lasciando così l’oligarchia regnante vulnerabile ad un attacco. Spetta a voi
dunque il fardello di prendere un’ardua decisione. Preferite salvare gli abitanti della fiorente cittadina
inviando immediatamente un contingente a proteggerla e prolungando così la guerra con l’impero
limitrofo oppure siete disposti a sacrificare vite innocenti e le bellezze della vostra città per annientare
definitivamente il nemico, smobilitando tutte le armate contro il fulcro dei loro domini? Naturalmente
potete anche decidere di non sbilanciarvi su nessuno dei due fronti e giungere ad un compromesso che
rischia tuttavia di causare la perdita su ambo le parti. Riflettete e rispondete con saggezza. Se non riterrò
soddisfacente la risposta che mi darete sapete già qual’è la sorte che vi attende.>>
Il golem non ci aveva proibito di consultarci prima di decidere chi di noi avrebbe dovuto rispondere, fissai
in silenzio il mio compagno. Xado aveva incrociato le braccia e mi pareva piuttosto pensieroso. Infine mi
rivolse la parola:
<<senti Death, lascia che sia io a compiere la scelta. Se io mi trovassi in quella situazione credo che
cercherei nonostante tutto di mantenere l’equilibrio, insomma da una parte penserei a concludere la
guerra ma dall’altra anche al bene del mio popolo. Dividerei con razionalità le truppe e mi impegnerei su
entrambi i fronti. Non credi anche tu che sarebbe la cosa più giusta da fare?>>
Incrociai le luminose orbite del mietitore, malgrado la sua grande forza d’animo e il suo ottimismo che mi
davano coraggio anche in quel momento, non potei fare a meno di constatare che Xado era piuttosto
indeciso sulla risposta. Meditai in silenzio sulle sue parole per alcuni minuti, poi cercai semplicemente di
far ricorso alla mia personale esperienza. Ricordai i preziosi insegnamenti del mio signore: egli non mi
aveva solo tramandato l’arte della negromanzia… mi aveva anche istruito sulla tattica militare e mi aveva
resa capace di guidare un esercito… ad un tratto mi fu chiara la soluzione dell’enigma…
<<death?! Ma mi stai ascoltando?! Guarda che parlo con te, mica con la parete…>> la voce di Xado mi
distrasse dai miei pensieri… lo guardai sorridendo leggermente poi mi voltai verso il golem d’avorio
<<risponderò io alla prima domanda>> dissi in tono fermo.
<<ma che.. che cosa?!!>> Xado mi afferrò per il braccio << Ma sei impazzita! Ti avevo detto che io…>>
Il guardiano lo interruppe <<ora basta! Vieni avanti, vampira! Attendo la tua risposta>>
Spostai con gentilezza il braccio di Xado, in fondo al cuore la preoccupazione che aveva dimostrato di
provare nei miei riguardi mi era di conforto. La sua dolorosa storia personale aveva toccato il mio animo
profondamente e riuscivo ora a valutare con un diverso sguardo la razza a cui apparteneva. Per un attimo
la mia mente fu sfiorata dal pensiero che forse non era stato un caso se l’Oscuro mi aveva affiancata
proprio a lui in questa missione.
Avanzai fino a trovarmi ad una decina di passi dalla statua.
<< Ebbene io che mi vanto di essere stata Luogotenente del Signore della Morte ti dirò che in una
situazione del genere non esiterei a sacrificare la più fiorente città del mio impero per annientare i miei
nemici. Il mio ordine sarebbe quello di radunare tutte le forze disponibili e radere al suolo il cuore del loro
impero.>> Fissai il golem e i suoi occhi splendenti nel bianco ricambiarono il mio sguardo per brevi istanti
che mi parvero sospesi in un tempo illimitato.
<<la risposta è corretta>> disse infine <<ammetto di averti sottovalutata… d’altra parte se tu non fossi
saggia il Negromante non ti avrebbe scelto tra le sue schiere>>.
Tutto ciò che so… tutto ciò che sono lo devo a lui pensai, mentre le parole che mi aveva rivolto alla vigilia
di un’imminente battaglia secoli addietro riaffioravano nella mia memoria:
“In guerra non c’è posto per l’esitazione, molto va rischiato in un conflitto e non vi è mai una vittoria
priva di sacrifici”. Ancora una volta fu Xado a richiamare la mia attenzione:
<<fammi un’altra volta uno scherzo del genere e giuro che ti picchio anche se sei una donna! Che non ci
stavi tanto con la testa l’avevo già capito ma non che eri completamente matta…>>
<<se sei stato in pena per me allora ti porgo le mie scuse>>
<<non ero affatto in pena per te.. solo che non dovresti agire di tua iniziativa senza consultarmi … ecco
tutto>>
<<e perché mai dovrei consultarti prima di agire, mietitore?>>
<<mi pare ovvio>> replicò lui. In fondo sapevo che la sua richiesta era legittima, in quanto la missione
era stata affidata ad entrambi, ma mi ero quasi sempre ritrovata a combattere le mie battaglie in
completa solitudine e non ero abituata a rendere conto delle mie azioni ad un alleato <<ho preso
ufficialmente l’incarico di farti da balia>> aggiunse Xado. Lo fissai senza riuscire a trovare una risposta… i
suoi modi così confidenziali mi spiazzavano alquanto. Sorrisi senza replicare.
<<avrei dovuto pensare che la risposta corretta fosse quella>> aggiunse il mietitore in tono più serio <<
d’altra parte anche la storia del nostro regno ci insegna che gli Antichi erano disposti a qualsiasi sacrificio
pur di sconfiggere gli Hylden e noi guerrieri dell’Alleanza che portiamo il fardello della loro eredità
dobbiamo essere in grado di ricalcare le loro orme, senza tuttavia commettere gli stessi errori>>.
<<bene, miei cari ospiti>> riprese il golem d’avorio, nella sua voce era chiara una nota di crudele
compiacimento <<siccome il gioco si fa interessante la seconda domanda sarà un po’ più impegnativa
della prima. Sai dirmi tu, Death Mask, dama della morte, che cosa sei? E tu, Xado, mietitore ragnoide,
che cosa sei?>> il guardiano senz’anima lesse nei nostri sguardi lo stupore e il senso di spiazzamento che
la sua domanda ci aveva suscitato, ciò indubbiamente gli piacque poiché sogghignò beffardo. Poco dopo
aggiunse <<non vi fornirò ulteriori indizi. Rispondete o rassegnatevi alla fine>>. Questa domanda
apparentemente di una linearità disarmante celavo un pericolo ben più insidioso della prima. Cercai di
pensare ad una plausibile soluzione… Cos’era che la statua alata voleva sentirsi rispondere? Non certo
qualcosa di ovvio come che ero una umana a cui era stato fatto tramandato il Dono Oscuro.. Che ero una
guerriera? Una servitrice del Negromante? Un membro dell’Alleanza?… No.. non era questa la risposta che
cercavo. Non era questa la risposta che voleva. Percepivo un senso di ansia e smarrimento insinuarsi tra
le mie viscere.. mi resi conto che eravamo caduti nella sua trappola come topi.
Guardai il mio compagno d’armi, il mietitore fissava il suolo, le braccia conserte.
Ad un tratto si voltò verso di me: <<questa volta rispondo io, Death… e comunque vada non lascerò che
quel coso pennuto ci dia scacco matto. Tranquilla! Fidati di me!>>
Non ero tranquilla ma volevo fidarmi di Xado, glielo dovevo… si era dimostrato un alleato prezioso
malgrado le sue singolari maniere.
Xado avanzò innanzi al golem. <<ce l’ho io la risposta all’indovinello>> esordì con la solita baldanza
<<vuoi sapere cosa sono? Io sono un’anima che esula dalla Ruota del Destino. Io sono semplicemente
Xado e sono fiero di essere me stesso>>
La bianca creatura emise un roco grugnito di stizza. <<come hai fatto? Come potevi conoscere la
risposta?!>>
<<ho studiato bene la storia. Tutto qua.>>
<<e sia! Giacché siete delle anime che esulano dalla Ruota potrei concedervi il privilegio di tornare ad
essa… nella Ruota i vostri spiriti potranno riprendere l’eterno ciclo di morte e rinascita che spetta loro.
Ecco dunque il terzo ed ultimo quesito, questo lo rivolgerò a te, mietitore.>>
Xado fissò la creatura alata con aria di sfida, i suoi occhi luminosi scintillavano nella penombra del
santuario. <<e quando avrò risposto ti leverai di mezzo e ci darai accesso al tuo segreto>>
<<ma certo… queste erano le regole del nostro gioco. Ebbene, voi che vi vantate di aver ereditato le
conoscenze degli Antichi, dovreste anche possedere la loro stessa ardente devozione. Se io ti chiedessi di
uccidere Death Mask e poi usassi le facoltà che possiedo per permetterle di tornare alla Ruota, tu lo
faresti per compiacere l'Uno?>>
Xado, che era rimasto a braccia conserte sino a quel momento, scattò all’improvviso con un gesto di
rabbia ed estrasse la mietitrice. La lama spettrale brillò splendente intorno al suo braccio.
<<che tu sia maledetto!! Non avremmo dovuto fidarci di te sin dall’inizio!>>
<<spiacente>> sogghignò il golem senz’anima >>io detto le regole della partita.. o giochi con le mie
regole, piccolo insetto o ti schiaccerò una volta per tutte!>>
Interruppi il loro diverbio:
<<così sia! Se servirà a svelare il segreto che il mio Signore ricerca sarò felice di offrire la mia vita in
cambio.>> Mi inginocchia dinanzi a Xado, posando Death’s Scythe al mio fianco.
<<death…no… questo non puoi chiedermelo!>> tristezza e turbamento erano palpabili nella voce del
mietitore.
<<la mia vita non appartiene a me, ma è consacrata al Signore della Morte e all’Alleanza, dal momento
in cui presati giuramento di fedeltà al Negromante vi rinunciai. Fa ciò che devi. Io non ho rimpianti e ora,
grazie a te, nemmeno rancore per il mio passato. Di questo ti sono grata>>
Xado mi fissò a lungo e, infine, parve decidersi:
<<grazie, dolcezza. Ma i finali drammatici non mi sono mai piaciuti. Questa volta faremo a modo mio.
Tornerò, fidati di me!>> Xado agì in modo fulmineo, senza darmi il tempo di replicare. Quindi si rivolse al
golem: <<l’anima di Death te la puoi scordare e se vuoi la mia…vienitela a prendere!>> e con queste
parole sparì nello Spectral.
“Xado! Maledizione!!” imprecai nella mia mente “E poi trai noi due sarei io quella fuori di senno…” mi alzai
di scatto e mi voltai verso il mio nemico, impugnando saldamente l’ebano di Death’s Scythe. “Avrei
dovuto aspettarmelo…questa era stata la tua scelta: avanzare su entrambi i fronti senza sacrificarne
nessuno, rischiando però di perdere ogni cosa”.
La stessa corrotta energia che animava la statua e che sino a quel momento l’aveva protetta come
un’invisibile eppur impenetrabile barriera parve scorrere rapidamente dentro di essa, l’involucro d’avorio
si ruppe e il golem prese vita innanzi ai miei occhi. Possente e crudele, dispiegò le ali, pronto all’attacco.
Sapevo che, contemporaneamente, anche Xado nello Spectral stava affrontando la mia stessa prova. Ma
in quel momento ognuno di noi era solo nella propria battaglia.
Xado:
<<ti sei messo in trappola da solo stupido mietitore, ma sono magnanimo e ti darò una seconda
possibilità uccidi la vampira e il potere che custodisco sarà tuo>> disse l’anima della statua
<<dunque siamo arrivati a tal punto? Hai cosi paura di noi che mi concederesti il potere? Pensi che io sia
così stupido? Ho capito il tuo gioco, volevi fare in modo che uccidessi la vampira in modo da affrontare
solo me, sai bene che siamo una forte minaccia>>dissi risoluto
<<sei sagace come l’hai capito?>>
<<be semplice il tuo bel discorsetto iniziale sul io non faro passare nessuno e altre amenità, senza
contare che nemmeno l’Uno aveva il potere di riportare le anime alla ruota, lui si sfamava di anime>>
<<e sia mietitore pregustò già il sapore della tua anima>>
Il mostro spiegò le ali e mi caricò violentemente, ma fui più scaltro e scattai di lato. Con destrezza
affondai la Reaver sul fianco della statua.
<<speravo di divertirmi con te ma vedo che sei bravo solo a parole!>> dissi con arroganza
<<vedrai!>>rispose.
Tentai di estrarre la Reaver ma non ci riuscivo.
<<ma che diavol…?!>>
La coda della statua mi si avvinghiò intorno al collo e mi tirò su, vidi la faccia della statua puntare su di
me e aprire le fauci e poi un colpo telecinetico di enorme potenza ne scaturì.
Fui sbalzato in alto fino a colpire il soffitto e poi cadere a terra.
<<ti avevo sottovalutato lo ammetto>> dissi alzandomi con difficoltà
Ma la statua non mi diede tregua e mi caricò scagliandomi addosso al muro.
“Se continuo così finisce male” pensai tra me e me.
<<stupido mietitore! Avresti dovuto aiutare la tua amica nel material!>>
<<che vorresti dire?!>>
<<semplice! Che la vampira sta combattendo contro la mia forma materiale>>
<<ma… questo è impossibile!!>> dissi stupefatto.
Death Mask (feat Xado):
<<il tuo amico ha tagliato la corda e ti ha lasciata nei guai>> disse con scherno la statua.
<<non credo ad una sola sillaba>> risposi in tono risoluto.
<<confidi troppo nel tuo compagno d’armi e per questo ora farai una pessima fine>> Non ascoltai oltre.
Si dice che la miglior difesa sia l’attacco e cercare una difesa contro un simile nemico sarebbe equivalso a
firmare la propria condanna. Mi slanciai in avanti brandendo la falce, i fendenti erano ampi e li portavo a
segno con tutte le forze che avevo in corpo. Per mia fortuna l’agilità del golem non era particolarmente
sviluppata, parò con i possenti artigli i primi due fendenti ma il terzo lo colse di sorpresa, squarciandogli
l’ala sinistra. La creatura indietreggiò con un roco lamento, poi passò al contrattacco. Cercai di evitare i
suoi attacchi e, in breve, mi trovai impegnata in una estenuante successione di assalti. Ero certa che le
mie energie fisiche non fossero sufficienti a sostenere la furia di quella creatura, per questo cercavo di
evitare il contatto diretto facendo ricorso all’agilità innata che contraddistingue i figli della Notte. Allo
stesso tempo non riuscivo a provocare al mio nemico danni di rilievo e le ferite che gli infliggevo si
rimarginavano ad una velocità sorprendente.
Ero di nuovo di fronte ad un nemico immortale dunque? Sentivo l’impugnatura di Death’s Scythe farsi via
via più pesante tra le mie mani, decisi dunque di ricorrere alle arti magiche prima che le forze necessarie
per farlo abbandonassero il mio corpo.
Concentrai le energie nel palmo della mano e scagliai una energy bolt verso il golem, questo si arrestò
infastidito dalla scarica elettrica che, seppur di intensità ridotta, aveva sortito l’effetto che speravo: il mio
nemico era distratto! Scattai in avanti e roteai la falce conficcandola nell’addome della creatura dal basso
verso l’alto. Un liquido denso e quasi nero colò sull’impugnatura d’ebano.
Indietreggiai d’un balzo. Stavo quasi per assaporare la vittoria quando la creatura dispiegò nuovamente le
ali. Percepii chiaramente quell’intensa e oscura energia che aveva reso vivo il freddo avorio attraversarne
il corpo e il golem si erse in tutta la sua possanza, come se il colpo che gli avevo inflitto non lo avesse
mai raggiunto. Il mio nemico si alzò in volo e quando fu a circa tre iarde si lanciò in picchiata verso di me,
come una meteora incandescente. Cercai di farmi scudo con la falce ma la mia resistenza fu vana. Persi la
falce e finii scaraventata contro la parete di pietra alle mie spalle. L’impatto contro la nuda roccia mi
bloccò il fiato in gola. Scivolai a terra e mi accorsi immediatamente che avevo riportato abbastanza danni.
Avvertivo dolorose fitte al torace.
Il golem avanzò verso di me: <<e’ la tua fine, vampira!>> la sua voce riecheggiò tra le mura
pentagonali, terribile e crudele.
Mi rialzai, stringendo i denti mentre l’inebriante sapore del sangue mi scorreva tra le labbra a rigarmi il
volto. “Xado, dove sei?! Si sta mettendo decisamente male…” pensai.
Dovevo guadagnare tempo a qualunque costo… se mi rimaneva ancora qualche carta da giocare era il
momento di farlo. Evocai nuovamente la magia, richiamando il potere che mi aveva concesso in dono il
nobile Paladino di ghiaccio. <<incapacitate!>> ordinai verso il golem. La creatura alata rallentò i
movimenti, annaspando incerta verso la mia direzione. Cercai di raggiungere la mia falce che, per un
crudele scherzo della sorte, era finita esattamente dalla parte opposta della sala pentagonale. Aggirai il
mostro che cercò di colpirmi con gli artigli, ma il suo attaccò andò a vuoto, non riuscendo a controllare i
suoi movimenti. Tesi la mano verso la falce ma un’onda cinetica mi sorprese, andai a sbattere contro una
colonna e ricaddi a peso morto sul pavimento.
<<ora la farò finita con questa farsa!>> l’incantesimo era stato spezzato e il golem mi si avventò contro.
Mi immobilizzò con le possenti zampe, bloccandomi entrambi gli arti e il braccio destro. “Mio Signore,
perdonami!... Non sono stata all’altezza delle tue aspettative” pensai e un sentimento di gelida rabbia mi
attraversò le vene. Io che avevo lottato a fianco del Negromante, che avevo comandato le sue armate di
Morte… non potevo!… Non potevo fare una fine così miserabile!
Tentai disperatamente di divincolarmi dalla presa mentre la creatura spalancava le orrende fauci.
<<la tua resistenza è vana, vampira>> sogghignò, chinandosi verso di me. Ero la sua preda ora,
totalmente inerme di fronte a quel mostro. Chiusi gli occhi mentre il golem spalancava le zanne pronto a
dilaniare le mie carni.
Xado:
<<non puoi combattere contemporaneamente nei due regni!>> dissi incredulo.
<<la mia anima non è legata al corpo. E’ come se fossimo due entità distinte e finchè la mia anima esiste
il mio corpo non può morire.>> disse altezzoso
“Maledizione!! Death è in pericolo!” pensai “Avrà pure un punto debole…”
<<dimmi>> ripresi <<non sei stufo di rimanere rinchiuso qui dentro?>> cercavo di temporeggiare e
cercavo un punto debole.
<<proteggere il potere racchiuso in questo luogo è la mia missione, per questo io sono stato creato>>.
Osservai attentamente il corpo del mostro, ci muovevamo in circolo d entrambi ci stavamo studiando.
<<lo proteggi …. A questo punto non sarebbe più opportuno per te eliminare questo potere visto che
nessuno può usarlo>>.
Il mostro sembrò sorpreso dalle mie parole e tentennò e fu in quel momento che vidi all’interno del suo
corpo una sfera grande come un pugno che si muoveva.
“Che sia quello il suo punto debole?!” pensai
<<xado!>> disse la statua, e rimasi sorpreso a sentir pronunciare il mio nome dall’essere
<<sei molto saggio… ma vedi, solo l’essere che ne è degno può imbracciare questo potere, il mio scopo è
proteggere e consegnarlo a quell’essere.>>
<<forse è giunto quel momento>> dissi risoluto <<terminiamo questa follia!>>
<<no! … forse voi ne siete degni ma se ve lo consegnassi il mio scopo terminerebbe>>.
<<capisco! Quindi è questa la vera terza prova …. Eliminarti!>>
La statua annuì, non persi tempo e mi lanciai verso la sfera che si librava sul corpo.
Il mostro spiegò le ali e prese il volo.
<<hai approfittato della discussione per studiarmi… complimenti! Sei scaltro!>>
<<vieni giù, stupido gatto, a farti uccidere!!” spiccai un salto e riuscì con un taglio deciso a recidere un
ala. Il mostro rovinò a terra e senza perdere altro tempo mi fiondai sul globo, ma un’onda telecinetica
m’investì e ruzzolai per qualche metro.
<<non capisco… Prima sei calmo e calcolatore e poi sei precipitoso. Hai ancora molto da imparare>>
disse con tono altezzoso.
Ero troppo debole per rialzarmi, il mostro se ne accorse.
<<ora finiamola!>> spiccò un salto e atterrò sopra di me, ma simultaneamente con le ultime energie
riuscii a rialzarmi e alzare la Reaver che si conficcò nel ventre del mostro trapassando il globo che per un
fortuito caso stava aleggiando in quella posizione.
<<la fortuna ti sorride in questa battaglia ma arriverai tardi per salvarla… lei è già caduta>> furono le
ultime parole della statua dopodiché divenne quasi invisibile… non aspettai oltre e la divorai recuperando
le forze.
<<non c’è tempo da perdere… il portale!!!>> era al centro della stanza e lo varcai.
Death continuava a tenere gli occhi chiusi ma sembrava che il dolore non arrivasse oppure già pensava di
essere morta, ma poi sentì il fragore di un proiettile telecinetico e il liquido denso colarle addosso.
<<perdonami se ti ho sporcato, ma non dipende da me o almeno non è colpa mia>> dissi in tono ironico.
<<tu… tu … perché ci hai messo tant…?!>> ma si fermò perché aveva notato che il mio braccio sinistro
non c’era più e fiotti di sangue blu sgorgavano dalla spalla.
<<… Il tuo braccio…?!>> esclamò incredula Death.
<<i cattivi trovano un sadico divertimento a prendersi pezzi di me>> dissi ironico.
Nel momento in cui avevo ripreso materia avevo visto Death immobilizzata dal mostro e questi pronto a
divorarla, non avevo perso tempo e mi ero slanciato in avanti, interponendomi tra Death e la statua. Con
la Reaver avevo tagliato le zampe anteriori del mostro e con il braccio sinistro avevo sparato un proiettile
cinetico impregnato di fuoco nello stesso momento il mostro chiudeva le sue fauci, ma non sulla testa
della vampira bensì sul mio braccio che era stato strappato.
Il mostro era stato scaraventato lontano alcune iarde ed era rimasto rovesciato sul fianco, dalla sua bocca
fumante avevo visto dissolversi il mio braccio.
<<xado, vai sullo spectral e recupera le energie>> disse preoccupata Death.
<<in questa stanza non ci sono anime da divorare non ho il tempo di spostarmi in un'altra>> dissi
risoluto.
<<death, recupera la tua arma!>>.
Intanto il mostro si rialzò e notai che i danni subiti si stavano riparando.
<<può rigenerarsi…>>dissi con una punta di panico
Death recuperò la falce <<quel bastardo me la pagherà cara!!>> e si scaraventò sul mostro sfogando la
sua ira. Vidi le ferite che procurava al mostro richiudersi in meno di un secondo e poi la coda che prese
Death alla gola e la scaraventò lontano.
<<death, tutto bene?!>> le domandai.
La vampira si rialzò ansimando <<sono già stata meglio, comunque i miei attacchi non hanno sortito
l’effetto sperato purtroppo…>>. Il mostro spalancò le ali e si librò in aria. Dalla sua bocca comincio a
sputare onde cinetiche. Io e Death iniziammo a schivarle.
<<non possiamo continuare a schivare!>> mi urlò la vampira.
<<hai ragione! Dobbiamo almeno farlo scendere a terra!>> risposi.
<<ci penso io!>> disse risoluta la vampira, spiccò un salto verso un muro e, usandolo come trampolino,
saltò nuovamente verso il mostro, mentre con l’unico arto che mi rimaneva scalai in velocità fino al
soffitto.
Il mostro non si fece prendere di sorpresa e, usando la coda come una frusta, colpì Death, ma questa era
riuscita a lanciare la falce verso un’ala, che venne distrutta. Nel frattempo riuscii a piombare dal soffitto
e, con un fendente della Reaver di fuoco, riuscii a tagliare l’altra ala e, con destrezza, afferrai al volo
l’arma di Death .
Rovinammo tutti e tre a terra.
<<ehi, damigella! Avete per caso perso una falce?!>> e lanciai l’arma a Death.
<<grazie mille! Sapete, con i tempi che corrono, occorre che una fanciulla sappia difendersi!>> disse
ironica la vampira che subito iniziò a colpire le zampe del mostro mentre io riuscii a squarciargli il ventre.
La testa del mostro roteò e istantaneamente lanciò un’onda che ci colpì entrambi. Mentre volavo
all’indietro riuscii a vederlo: come la sua forma spirituale anche il corpo aveva quel centro vitale, che
però, a differenza della versione spettrale, restava immobile.
Rotolai per terra e mi rialzai subito.
<<death, ti fidi di me?>> chiesi.
<<stai chiedendo a me se mi fido di un mietitore? !>> si alzò e mi guardò con ironia <<solo perché sei
tu… dimmi il piano!>>.
Sorrisi <<beh… è semplice! Il mostro ha un cuore all’altezza del ventre se lo becchiamo è fatta>>
<<la fai facile… ricordati che la sua corazza è quasi impenetrabile, se non per ferite superficiali e inoltre
possiede un fattore di rigenerazione quasi istantaneo>> obbiettò la vampira.
<<terrò aperta io la ferita con il mio corpo e tu gli darai il colpo di grazia>>.
<<sei pazzo! Se non riuscissi a far passare la lama attraverso il tuo corpo dovrò vedermela da sola con
lui>> notai l’apprensione crescente nel suo sguardo.
<<guardami bene! Ho perso quasi tutta la mia energia e sto già sparendo, quindi sicuramente
trapassarmi non sarà un problema, piuttosto dobbiamo essere veloci un altro colpo di onda cinetica e
combatterai da sola comunque>>.
La vampira mi fissava notai il turbamento nei suoi occhi.
<<smettila di guardarmi cosi! Non eri tu quella che odiava i mietitori?>>
<<lo so pero … mi hai salvato la vita e poi… >> il suo sguardo si posò dove prima era attaccato il braccio
sinistro… mi guardò nuovamente negli occhi e notò la mia aria contrariata <<poi sarà un piacere uccidere
due nemici con un colpo>> concluse.
Sorrisi <<bene, allora diamo il via all’ultimo giro di danze!>>
Iniziai a scagliare dei proiettili per attirare l’attenzione del golem, mentre Death sfrecciava sul lato
opposto. Il mostro, dal canto suo, si interessò a me e iniziò a sputare delle onde cinetiche, che riuscii ad
evitare.
Death con due rapidi colpi di falce tagliò le due zampe sul lato sinistro della cratura, che cadde sul fianco.
“Ora!!” pensai e con un fendente fulmineo aprii il ventre del mostro e, facendo leva con il braccio e le
gambe, tenevo aperta la ferita per tutta l’estensione del mio corpo.
<<ora Death! Colpisci!!>>
La vampira era salita sopra il mostro e, schivando un’onda cinetica, abbatté la falce.
Sentii la lama conficcarsi sulla mia schiena e trapassarmi… la vidi che affondava nel globo e questi andò
in frantumi e la statua rimase immobile.
<<c’è l’abbiamo fatta!!>> urlò Death
<<sì…>> riuscii a dire mentre precipitavo nel regno spettrale.
Mi rialzai e cominciai a recuperare energia. Ci volle poco tempo e ripresi materia.
Death Mask:
Ero in ansia per Xado… speravo che recuperasse al più presto le forze. Tuttavia pensai che dovevo agire
velocemente, prima che la Sete mi annebbiasse la mente e l’abilità di utilizzare le arti magiche. Esitai per
alcuni istanti tuttavia… privarmi della mschera era come privarmi di una parte di me stessa.. di più.. era
come mettere a nudo la fragilità del mio animo. Davvero pochi tra i non morti avevano veduto il mio volto
eppure, se di quel mietitore mi ero fidata fino al punto da affidargli la mia vita in battaglia, non avrei
potuto avere remore nel mostrargli il mio reale aspetto.
Scostai la maschera dal viso e, come mi era stato ordinato dal Negromante, la posi sul volto della
creatura alata. Radunai tutte le energie che ancora mi restavano in corpo ed evocai l’arte della
Negromanzia. I miei antichi poteri erano andati perduti e, tuttavia, ora percepivo nuovamente la magia
oscura scorrermi nelle vene. Dopo che mi aveva convocata per l’impresa, l’Oscuro Signore mi aveva
spiegato come impostare il rituale e il resto mi venne spontaneo. Distesi le braccia congiungendo i palmi
aperti verso la statua:
<i>“ Ascoltate le mie parole, grandi poteri delle Tenebre!
Donatemi una delle anime torturate e lasciate che le infonda la mia energia vitale per riportarla nel
mondo dei vivi...
Che cadano le maschere e si riveli l’intima essenza dell’ oscurità.
Come in uno specchio sia riflessa l’immagine della conoscenza!
In nome del Signore della Morte io qui svelo il segreto celato nell’avorio!
Essere immacolato, appari innanzi a me, ora!!”
L’alata creatura si dissolse come polvere, in un alone di luce abbagliante. Nascosi il volto tra le mani. Quei
bagliori così violenta mi ferivano gli occhi come aghi arroventati. A poco a poco la luce si affievolì
permettendomi di intravedere una figura in mezzo a quello splendore abbacinante.
I lunghi capelli corvini incorniciavano occhi splendenti come diamanti e le fattezze del viso erano perfette
come un dipinto, riconobbi senza esitazioni la sua figura di oscura bellezza. Era Sheer, mia signora e
sorella. La figlia prediletta del Negromante.
<<lady Sheer! Voi qui?!… Ma che.. che cosa…?>>
Non riuscivo a comprendere il significato di quella visione… era questo il segreto celato nel Santuario?!
Lady Sheer era dunque legata all’essenza di Xynay?...
Le immagini divennero più sfocate innanzi ai miei occhi… lo sforzo per la battaglia e per l’evocazione del
rituale erano stati troppo grandi per il miei poteri ancora così limitati. Trovai sostegno nell’impugnatura di
Death’s Scythe e quando risollevai lo sguardo la figura di donna si era dissolta, al suo posto restava un
cumulo di polvere bianca sopra la quale brillava come argento nella neve la mia maschera. Avanzai di
qualche passo incerto verso di essa e mi chinai a raccoglierla. Al tocco avvertii una scarica di energia
viva, un nuovo potere fluiva dentro la mia maschera, lo percepivo con nitidezza anche se ancora non
sapevo di cosa si trattasse.
<<proprio non capisco perché nascondi un visetto tanto grazioso dietro quella tetra maschera>> fu il
commento ironico, eppur espresso con gentilezza, che mi rivolse il mietitore da poco tornato nel regno
materiale. Distolsi lo sguardo… Xado capii di aver sollevato il velo da una ferita mai rimarginata e cercò di
dire qualcosa come per sviare l’argomento. Tuttavia non riuscii a distinguere il suono delle sue parole.
Sentii le forze scivolarmi via dalle membra e feci appena in tempo ad appoggiarmi al mietitore. Malgrado
l’apparenza corrosa della sua forma, la sua presa era salda e risoluta, così come il suo animo.
<< Su su, piccolina… ora ti accompagno a fare la nanna…non preoccuparti…>> mi canzonò quasi con
tenerezza. Avrei voluto replicare, ma riuscii appena ad abbozzare un sorriso… mentre, insieme ad un
sentore di tranquillità che non provavo da molto tempo, il velo del sonno scendeva a coprirmi gli occhi.
Xado:
Tra le mie braccia la giovane vampira dormiva beatamente. “Ma guarda quando combatte è una furia
invece ora sembra un angioletto, Va bene piccola torniamo a casa”. Prima di uscire dalla stanza mi girai e
osservai il luogo della nostra battaglia, la statua era scomparsa e notai una cosa che mi fece rabbrividire:
un affresco sul muro dove prima c’era la statua raffigurava una ruota con al centro un occhio e le anime
dall’aria felice che vanno verso essa. “Quanta follia può essere racchiusa in un’immagine” … uscii dalla
stanza.
Planai dolcemente nel salone dove avevamo affrontato gli esseri di polvere e ossa e percorsi lentamente
la via del ritorno per non disturbare il sonno meritato di Death mentre a chiedermi il motivo per cui
indossava quella maschera… chissà se prima o poi sarei riuscito a scoprirlo.
Arrivai davanti al portale che Soul aveva aperto per farci entrare nel tempio e tornai alla Cattedrale del
Sangue con Death tra le braccia.
--PHOBOS - NYAMELH - MISSIONE : IL FIORE DELLA CONOSCENZA
Nyamelh
Il Negromante mi aveva affidato una nuova missione, stavolta però non ero sola: Phobos mi avrebbe
accompagnata e mentre lo guardavo nelle mie orecchie echeggiavano le note della marcia nuziale, ricordo
bene lo spartito, la mia primissima missione, eppure nonostante fosse stata scritta per una giornata
importante e "felice" a me dava un senso di profonda malinconia e suscitava un terribile presentimento,
forse un avvertimento a quello che dovevamo affrontare.
Soul ci spiegò il nostro compito, dovevamo varcare il portale e saremo giunti alla cittadella il più presto
possibile.
Guardai Phobos intento a contemplare l'architettura del portale, una lunga asta di metallo nero con dei
piccoli riflessi blu ai margini era poggiata dolcemente alla sua schiena.
"La tua è una strana arma vampiro!" dissi fissandolo curiosamente. Lui mi guardò un solo istante e poi
ritornò a contemplare il portale, un tipo alquanto menefreghista, oppure era solo una mia impressione,
eppur mi ispirava fiducia.
Il vecchio vampiro azionò il portale e così fummo catapultati verso la cittadella, una volta arrivati guardai
attorno a noi.
Phobos
Arrivati alla Cittadella, diedi uno sguardo fugace in giro, prima di soffermare l'attenzione sulla mia
compagna, Nyamelh se non sbaglio...forse ero stato un po' sgarbato, ma ero così prima di ogni missione.
Provai a parlarle:
"La mia asta è un'arma senziente, ovvero riconosce la mano del suo padrone, e reagisce di conseguenza
con tutto il resto..." mentre dicevo questo i suoi occhi si animarono di una intensa luce di curiosità,
intuendo la sua possibile richiesta aggiunsi: "...solo io posso maneggiarla."
La sua espressione da curiosa assunse un broncio quasi infantile, ma al contempo simpatico, che mi fece
abbozzare un sorriso.
"Invece la scimitarra che porti con te cos'ha di speciale?" le chiesi subito indicando l'arma che portava al
fianco sinistro, per distogliere l'attenzione dalla mia e continuare a parlare per creare sintonia.
Con un repentino gesto della mano, sguainò la spada dal suo fodero, la leggera vibrazione che la lama
produsse sfregando col cuoio mi diede l'impressione di far tremare il pavimento, la alzò a mezza altezza
guardandola con aria fiera e soddisfatta, poi aggiunse: "Questa è la mia Tellus... è collegata all'elemento
della terra e ha l'abilità di generare piccoli terremoti"
Nyamelh
Dopo aver rimesso Tellus al proprio posto ci avviammo a scoprire i bassifondi della cittadella alla ricerca
del cortile, nulla si palesava dinanzi al nostro cammino o almeno così sembrava, eppure qualcosa mi
turbava profondamente, un senso di disagio si impadroniva sempre più di me fosse causato da quel
posto.
Trovammo quello che forse un tempo era un viottolo fra gli alti alberi che vi erano in quell'isola e lo
seguimmo, il silenzio assoluto scese su di noi finché qualcosa attirò l'attenzione di Phobos.
"L'hai visto anche tu?" mi chiese dubbioso.
"Cosa? Che? Dove? Forse hai le traveggole." risposi.
"Non sei divertente..." disse lui scocciato agitando le braccia come per cacciarmi.
"Si ne sono sicura hai le traveggole."
"Ma ti diverti a prendere in giro le persone?"
Non risposi, ma iniziai a ridere di gusto, le sue espressioni rabbiose mi davano sicurezza.
Vedendomi ridere Phobos accennò ad una risatina, ma quell'attimo fu interrotto da un rumore terreno,
allarmati e confusi cercavamo la fonte di quel fracasso.
"Che diamine?!" Phobos prese la sua asta che iniziò a reagire al contatto. Le sue gambe erano pronte a
scansarsi ad ogni singolo attacco che poteva colpirlo a differenza di me, per la prima volta non sapevo
come reagire.
"Nyamelh! Spostati di lì!!!" mi urlò prontamente ma non riuscii a capire e dopo un breve volo mi ritrovai a
terra dolorante.
Mi voltai confusa verso Phobos, l'asta tenuta saldamente con la mano destra era pronta a colpire, davanti
a lui un mostro gigantesco era spuntato da sotto terra, lo fissai per qualche secondo, era ricoperto da
enormi scaglie grigie e in alcuni punti vi era della terra da cui spuntavano viscidi vermi bianchi che si
dimenavano.
Disgustata alzai un po' di più lo sguardo, la testa di quell'essere era ricoperta da piccole scaglie come le
prime, sembrava che non avesse occhi indi ne dedussi che aveva olfatto e altri sensi maggiormente
sviluppati.
"Come stai? Ti sei fatta male?" chiese Phobos guardando con la coda dell'occhio verso di me
"Seduta direi..." dissi in tono sarcastico e cercai di alzarmi per dare manforte al vampiro.
"Dai.... ti sei fatta male?!" mi domandò ancora una volta.
"Stavo meglio prima! Cos'è quello?"
"Non ne ho idea."
Phobos
Nyamelh mi raggiunse dopo essersi rimessa in piedi, era un po’ claudicante per la caduta, ma nulla di
particolarmente grave.
La creatura seguì ogni suo spostamento, con la testa tesa a saggiare l’aria e le mascelle spalancate da cui
cadevano grosse gocce di saliva, lasciando dei lunghi fili di bava.
Non mi era mai capitato prima di vedere un simile abominio: non aveva né occhi né orecchi, ma
sembrava percepisse ogni minima vibrazione prodotta dai nostri movimenti…cercai di riflettere per capire
il da farsi, avrei dovuto sfruttare a mio vantaggio la conformità del luogo ed eventuali oggetti in esso.
Notai la gigantesca voragine che l’essere aveva creato sbucando dal terreno.
Vidi una pietra…mi venne un’idea, l’avrei usato per distrarlo e provare un attacco. Feci cenno con un
braccio a Nyamelh perché non si muovesse, e con un’estremità della mia arma la lanciai lontano in
direzione di un angolo vuoto dove avrebbe creato maggior risonanza e quindi vibrazioni.
L’enorme verme si voltò verso quel rumore, rimanendo in spasmodica attesa di sentire un nuovo
movimento per scagliarsi all’attacco: quello era il momento. Sfruttando una sporgenza del terreno lì
vicino, saltai arrivando all’altezza della testa del mostro, che iniziò a voltarsi verso me. Lo colpii
violentemente, andando facilmente a segno, ma non ottenni l’effetto desiderato: l’arma colpì rimanendo
una comune asta, sembrava non fosse un essere vivente, ma bensì un essere inanimato, come
scheggiando della comunissima pietra. Mentre ricadevo, mi colpì col suo muso affusolato, facendomi
sbattere a terra, vicino a dove Nyamelh si trovava in piedi.
“E’…è come fosse di pietra…la mia arma è inutile contro di lui!” le dissi mentre mi aiutava a rialzarmi.
Quando fui in piedi guardai la mia compagna…sembrava che l’aver sentito quelle parole, ed in particolare
il “come fosse di pietra” l’avessero infastidita: nonostante la situazione, guardare le sue espressioni,
scatenava in me un’incontenibile ilarità. Lei mi guardò e rise a sua volta…era strano che in tali circostanze
riuscissimo a ridere.
Con la coda dell’occhio vidi l’essere avanzare verso di noi attirato dalle nostre risate, tentò di attaccare.
Spinsi via Nyamleh, e feci un salto indietro, recuperando la mia arma, e colpendo la creatura in pieno,
stavolta qualche palmo sotto la testa: la mia arma funzionò provocando un profondo taglio dal quale
iniziò a uscire copiosa una sostanza densa, simile al sangue, ma di colore verdastro.
Io e la mia alleata girammo attorno al nostro nemico trovandoci alle sue spalle, mentre questi si
dimenava emettendo profondi gemiti di dolore, le parlai.
“Ora mi è più o meno tutto chiaro: la sua testa è ricoperta da una estesa placca ossea che probabilmente
lo aiuterà a scavare dato che, come abbiamo notato, si muove anche sotto terra…ed ecco perché la mia
arma era stata inutile colpendolo alla testa. Tuttavia il resto del suo corpo non è protetto…”
Mentre dicevo questo scomparve sotto terra…
Nyamelh
Il tentativo di Phobos anche se andò a vuoto fu però utile, ora sapevamo di cosa era fatta quella
creatura: pietra.
"Phobos…" - dissi - "…corri verso la foresta! Quando sono stata lanciata in aria ho visto come un laghetto
verso ovest, vediamo di portarlo là!"
"Cos'hai in mente di fare?" mi chiese lui.
"Vai, io sarò dietro di te, cercherò di attirarlo con delle piccole scosse con Tellus…corri!"
E Phobos corse con quanto fiato avesse in corpo verso il punto che gli avevo indicato, mentre io estrassi
nuovamente Tellus sentendola animarsi di nuova forza.
L'essere si agitò, percepiva le vibrazioni e così seguii il mio compagno facendo scorrere la mia arma sul
terreno per generare le vibrazioni e far si che il mostro ci seguisse.
Il piano funzionò, appena giunsi poco lontana dal laghetto vidi Phobos, mi scansai verso destra e la
creatura si ritrovò davanti al vampiro, ma sulla riva opposta.
Si mosse per attirarne l'attenzione e infine l'essere si protese quasi completamente sopra il pelo
dell’acqua, brandendo la sua asta il notturno ci saltò sopra.
"Bubu settete!" disse ironicamente tenendo l'arma all’altezza della base della testa del mostro, per poi
conficcargliela nelle carni.
"Nyamelh, lancia un Energy Bolt!"
Non me lo feci ripetere due volte, lanciai l'Energy che colpì l'asta che in quel caso fece da parafulmine,
una scossa arrivò dritta al verme che divincolandosi cadde immergendo metà del proprio corpo in acqua,
rimanendo folgorato mentre Phobos con un rapido saltò scappò appena in tempo.
"Ottimo lavoro compare" dissi quando ritoccò di nuovo terra.
"Gioco di squadra, sei stata brava anche tu, ma non sei così eccezionale." rispose sarcastico.
Il mostro era ormai morto, e allontanandoci dal lago ritornammo sulla vecchia viuzza che conduceva
verso la Cittadella.
Notai una densa nebbia calare avvolgendoci sempre più durante il cammino.
Phobos
Man mano che ci avvicinavamo alla Cittadella, col trascorrere dei minuti, una nebbia sempre più densa ci
avvolgeva come un freddo sudario. A giudicare dalle ombre, anche se distorte doveva essere già l’alba,
ma noi non ne avevamo quasi sentore, quella nebbia ci proteggeva: d’altronde ci trovavamo in un luogo
di cui persino le fondamenta erano intrise di un antico potere vampirico.
Giungemmo presto al cortile della Cittadella senza incontrare altri nemici…la cosa non mi dispiaceva, ma
sentivo come un presentimento, come di una minaccia incombente, un qualcosa di inevitabile che passo
dopo passo, ci richiamava a sé.
La mia compagna procedeva spedita, io invece ero inquieto, quel luogo, scenario di antiche e cruciali
storie del nostro fato, celava arcani segreti e numerose insidie. La raggiunsi e cercando di nascondere le
angosce che mi tormentavano le parlai.
“Sembra che tu sappia dove stiamo andando” - le dissi con fare calmo tentando di non lasciare
intravedere i miei reali sentimenti.
Lei rise e poi aggiunse:
“No, sinceramente non lo so, ma dato che neppure Soul, ci ha saputo fornire dettagli precisi sui luoghi e
dato che io dovrei riuscire a trovare l’antica sequoia, beh seguo il mio istinto”
Non sapevo quale follia la muovesse, o se quella fosse semplicemente spensieratezza e incuranza dei
pericoli che potevano nascondersi anche dietro l’angolo. Tuttavia il suo fare rasserenò il mio animo e
proseguii spedito al suo fianco, seguendola verso dove lei “sentiva” di dover andare.
Nyamelh
Non sapevo dove stessi andando, ma il mio istinto mi suggeriva di continuare per quella strada, ci
trovammo dinanzi ad un enorme scalinata di marmo nero con venature rosso sangue
“Che strano...” - pensai
Le pareti che costeggiavano la scalinata era ricoperte da delle altissime piante rampicanti.
Le salimmo e vidi una porta in ferro, la indicai a Phobos.
"Cosa mai ci potrà essere lì?" - chiesi con aria perplessa.
"Ah non so, sei tu che mi ci hai portato qui, ma ormai che ci siamo…direi di aprirla, no?" rispose seccato.
E così mi avvicinai ad essa per aprirla ma non vi riuscii, era bloccata dall'interno, forse con il passare del
tempo si era corrosa, e la ruggine l'aveva bloccata.
"Non si apre!?" provai a tirare.
"E tu tira più forte..." disse pacato.
Tirai più forte verso di me, ma niente, ogni tentativo risultava vano.
Mi voltai verso il mio compagno dicendogli:
"Ti piace lo spettacolo? Perché piuttosto non mi aiuti!?" già alterata assestai un calcio alla porta che si
schiuse, lasciando fuoriuscire i caldi vapori che aveva per molto tempo celato dietro di sè.
"C-che...che figura del cavolo, bastava spingerla." dissi esterrefatta.
"Guarda, c'è pure scritto "spingere"." Phobos mi indicò un punto della porta.
"Dove? Non vedo niente." mi avvicinai di più al punto indicatomi e sgranai gli occhi.
"Ma che? Ma cosa? ahah" disse ridendo di gusto.
"Dai entriamo." risposi seccata.
Quando entrammo una stanza circolare ci accolse, abbandonata da secoli, o forse da molto di più, le
antiche finestre erano ricoperte da enormi ragnatele mentre il pavimento in alcuni punti era sconnesso, di
fronte a noi vi erano alcuni vasi, le piante che vi abitavano avevano da tempo finito la loro esistenza e
oramai disfatte.
"Dove siamo?" mi chiese perplesso Phobos.
Un attimo di silenzio seguì quelle parole ma venne interrotto molto bruscamente da una presenza.
"Chi siete? Vampiri?"
Ci guardammo in giro per cercare la fonte di quella voce di donna, profonda ma con un velo di
malinconia.
"Chi siete? Mostratevi!" azzardai a parlare agitando la mia Tellus, per individuare da dove provenisse la
voce.
Ci apparve dinanzi una strana nebbiolina blu che piano piano prendeva la forma di un viso.
Phobos
L'atmosfera all'interno della stanza iniziò a farsi fredda, ma non di indifferenza, come se una qualche
presenza stesse aleggiando sopra di noi...
Pian piano la nebbiolina andò addensandosi assumendo le fattezze di una donna. Sembrava giovane non
di più di una ventina d'anni, dai capelli nero corvino, raccolti un po' sopra le spalle.
Nyamelh agitava quasi rabbiosa la sua arma contro la nostra ospite, mentre io rimasi dietro di lei, con
l'arma ancora riposta, a osservare tutto, non per paura, ma bensì perché credevo che poco servissero le
nostre armi contro un tale essere etereo.
Nyamelh, iniziò a girarle intorno scrutando la nebbiolina che a tratti pareva disperdersi per poi ricomporsi,
saggiò con la sua spada la consistenza di ciò che avevamo di fronte, solo per fendere l'aria, poiché la
nostra interlocutrice non subì alcun danno e non fece altro se non ricomporsi ridendo fragorosamente.
Chiamai la mia compagna:
"Nyamelh, ferma!" e le feci un cenno con la testa mentre questa sembrava aver preso gusto nel giocare
con la strana figura, e poi rivolgendomi a questa dopo che la mia compagna si fermò:
"Non era nostra intenzione disturbare il vostro riposo, ma dobbiamo portare a compimento un'importante
missione. Se possiamo chiedere il vostro aiuto, e sapere di più su di voi, lasceremo in fretta codesti
luoghi... “.
Mentre le parlavo gli occhi della figura assumevano riflessi purpurei, sembrava sapesse il motivo della
nostra visita a quei luoghi, infatti non appariva sorpresa, ma piuttosto divertita dal mio comportamento e
dalle mie parole, come se avesse delle conferme...anche se, non assumendo delle vere e proprie
espressioni definite, non ne potevo essere totalmente sicuro...diciamo più che altro sensazioni...e a breve
avrei avuto anche io le mie conferme.
Quello che appariva uno spettro rispose alle mie parole:
"So qual è il motivo che vi ha spinti qui, so cosa cercate...io abitavo questi luoghi insieme alla mia
padrona quando ero in vita, oggi sono parte di essi e del loro arcano potere, non v’è bisogno sappiate
altro di me.
Per il resto non vi lascerò fare ciò che avete in mente di fare, proteggerò i segreti che qui son conservati!"
Scomparve così come era comparsa lasciando dietro di sé l’eco di un’agghiacciante risata.
Ad un tratto qualcosa iniziò a muoversi, centinaia di radici e piante rampicanti cominciarono a uscire dal
terreno.
Nyamelh
Lo spettro scomparve ma al suo posto uscirono dalla terra tante radici quante erano i capelli sulla mia
testa e quella del mio compagno.
"Diamine, sono dappertutto!" pur di sfuggirgli mi allontanavo sempre più da Phobos, con Tellus stretta fra
le mani la mossi bruscamente per allontanare quelle piante da me.
"Nyamelh! Torna qua." disse il vampiro prendendo la sua asta e cercando di infilzare quei rami striscianti.
"E' una parola…anzi due..." preoccupata, cercai di evitare quegli esseri per arrivare dal mio alleato, una
volta li ci trovammo fianco a fianco e mentre combattevamo vidi di nuovo quella figura femminile.
"Poveri illusi, stavolta la padrona sarà fiera di me!" rise fragorosamente eppure vi era traccia di molta
malinconia.
Ci mandò nuovamente contro una miriade di quelle cose rampicanti che come le prime, anch'esse
uscivano dal terreno.
"Che diavoleria è mai questa?" Phobos strinse i denti.
"Non mi scapperete, vi distruggerò! Non passerete mai quella porta!" continuò quello spirito.
"Porta? Vuoi vedere che è quella che ci porterà dalla sequoia?" dissi farfugliando a Phobos.
"Molto probabile...appena distoglierò l'attenzione dello spirito tu corri verso la porta…qua ci penso io,
vattene ora che sei una palla al piede." era sicuro di sé, si notava dalla sua espressione, i suoi occhi
ambra brillavano per la sua determinazione.
"Così sia, però fammi il favore di non morire." gli sorrisi in segno d'intesa, poi mi voltai verso il fantasma,
immobile come una colonna, ci fissava con odio anzi no era rancore, rancore che provava verso di noi, ma
per quale motivo? Il suo petto si muoveva come se stesse respirando anche se ormai non poteva più
farlo, pugni chiusi però fece un gesto, come se mi volesse indicare dov'era la porta, e così la vidi: piccola
e nascosta nel muro, ma si poteva vedere.
Phobos lanciò la sua asta contro l'essere etereo consapevole che non gli avrebbe inferto dei danni, ma lo
spirito si dissolse giusto il tempo affinché io riuscissi ad arrivare al mio obbiettivo, al tocco l'uscio si aprì
ma mi voltai ancora un'ultima volta verso il mio alleato sperando che mi raggiungesse.
Phobos
Avevo avuto come la sensazione che quella creatura volesse me, ma anche se lo avessi spiegato alla mia
alleata sapevo non mi avrebbe mai lasciato indietro…ne ricevetti conferma quando fu come gli indicasse
la via.
Affinché lei andasse feci finta di combattere la nostra avversaria scagliandole la mia arma, ben conscio
del fatto che non le avrei arrecato alcun danno.
Sapevo tuttavia che lei si sarebbe fermata sulla porta ad aspettarmi.
Senza voltarmi le gridai:
“Vai, qui non mi sei di nessuna utilità…e poi ho già un piano in cui tu non vieni contemplata!” in risposta
sentii i suoi passi allontanarsi.
Mi rivolsi alla mia antagonista, che come sospettavo non si mosse, non avendo alcun motivo per inseguire
Nyamelh.
“Era ciò che volevi sin dall’inizio, vero? Bloccare solo me?...”
Anziché rispondermi lo spettro mi chiese in modo sarcastico:
“Quale sarebbe questo tuo grande piano per fermarmi? Come speri di avere solo una minima possibilità
contro di me?” e chiuse i suoi interrogativi con un’altra risata, che ormai riusciva come nessun altra cosa
a darmi sui nervi.
Rimasi calmo e risposi andando a raccogliere la mia arma e sedendomi sul capitello di una colonna
distrutta lì vicino:
“So di non aver nessuna possibilità, l’ho capito dalla tua prima apparizione che le nostre armi sono
praticamente inutili, ma era l’unico modo che avevo per far allontanare la mia compagna senza di me,
che suppongo era ciò che volevi…” feci una pausa scrutando ciò che avevo di fronte, incrociai il suo
sguardo e sostenendolo, aggiunsi:
“Ma ho anche capito che non è nel tuo interesse farci del male, perché dati i tuoi poteri l’avresti potuto
fare già da un bel pezzo e in qualsiasi momento. Se ho tratto male le mie conclusioni è ugualmente
inutile per me combattere, sono quindi alla tua mercé.”
La sagoma fluttuante dinanzi ai miei occhi sembrò assumere un’espressione stupita e un po’ compiaciuta
dopodiché scomparve così come ci era apparsa la prima volta. Avrei voluto raggiungere la mia alleata, ma
se si erano dati tanto disturbo dal dividerci ci doveva essere di sicuro un motivo, avevo imparato a
conoscerla e a fidarmi delle sue capacità, nonostante quel suo a volte irritante modo di fare, avrei atteso
qui.
Nyamelh
Mi lasciai tutto alle spalle e andai avanti, di fronte a me vi erano delle alte pareti ricoperte di scure siepi e
piene di rovi, nel mezzo vi era un'apertura e una piccola stradina che si andava diramando in diverse
direzioni in totale erano quattro, tutte costeggiate da muri come all'inizio.
Mi feci coraggio e avanzai, presi la penultima partendo da sinistra e la seguii finché non giunsi ad un altro
incrocio: stavolta le strade andavano obliquamente, presi la prima vicino alla mia sinistra e continuai
lungo quel tragitto, notai che mano a mano che cambiavo direzione la nebbia si faceva più fitta, come un
riflesso incondizionato estrassi Tellus e la tenni in direzione frontale, i minuti passavano lenti e dentro di
me un'irritante ansia premeva sempre più forte, i miseri e deboli raggi del sole che ormai si era alzato
non riuscivano a penetrare in quel labirinto di piante e altri esseri vegetali.
"Che diamine è questo posto?" esclamai irrequieta, per quanto fossi stanca dai combattimenti di prima
iniziai a correre a perdifiato prendendo strade a casaccio, molte volte dovetti tornare sui miei passi
perché alcune portavano a vicoli ciechi, mi fermai per un attimo, dovevo restare lucida così cercai di
respirare molto lentamente e profondamente, le palpebre socchiuse, provai anche a rilassare i nervi cosa
assai difficile visto che la tensione mi aveva presa alla sprovvista.
Pensai: forse lanciando un energy bolt contro quei muri posso creare dei varchi per giungere a
destinazione o almeno qualcosa pure succederà... riaprii gli occhi e fissai un punto, richiamai le energie e
lanciai, per tutta risposta le siepi si animarono e un ramo spuntò fuori dal nulla colpendomi in pieno
stomaco e facendomi volare per qualche metro, Tellus ebbe la stessa sorte, mi rialzai gradualmente,
sentivo diverse fitte nel punto in cui ero stata colpita, portai la mano adagio sul ventre e li riconobbi,
spine grandi come un artiglio, ne staccai una con dolore e la guardai: marrone ma con la punta che
andava sul rosso.
"Accidenti..." feci una smorfia di dolore, mentre le tiravo via una per una, le mani coperte di sangue le
pulii velocemente al mantello rosso scarlatto e dunque mi avviai a prendere la mia fidata scimitarra e la
riposi nel suo fodero.
"Bene, abbiamo potuto sperimentare che questo metodo non funziona" sospirai, ormai stavo perdendo
fiducia nelle mie capacità anche se le parole di Soul mi davano ancora una speranza, dovevo uscire in
fretta da quel dannato labirinto di piante, dovevo farlo, dovevo per le uniche due persone che avevo a
cuore, reiniziai a correre più determinata e finalmente la vidi.... l'uscita, si poteva vedere nonostante la
nebbia una collinetta dov'era l'antica sequoia, alta e maestosa, camminai lenta attenta anche al più
piccolo rumore, tuttavia rispetto a prima ero molto più tranquilla, forse era la presenza dell'albero stesso
a darmi quella pace interiore.
"Ti aspettavo giovane vampira, si sente da lontano la tua ira..." sentii riecheggiarmi nella testa queste
parole.
"Cosa?" chiesi sorpresa.
"Non temere, so chi sei, so cosa cerchi e so chi ti ha mandato, il Guardiano del Pilastro della Morte, Soul
il Negromante che di domande ne ha tante..."
"E dunque?" continuai.
"Io sono qui da tempo immemore, ho sentito cose che voi non potete neanche immaginare, io ricordo
quello che voi potete dimenticare..."
"Quindi se sai tutto puoi aiutarmi, Soul vuole sapere di più su Xynay."
"La risposta è qui, prendi questo fiore e portalo al tuo signore, più altro deve sapere poiché a lui è stato
dato quel potere..."
Fissai l'imponente sequoia, i suoi rami erano folti pieni di foglie le quali si lasciavano accarezzare
dolcemente dal vento esattamente come una madre accarezza il suo bambino, un fiore cadde lentamente
per posarsi dolcemente ai miei piedi, mi chinai per raccoglierlo, era blu con delle venature verdi, la corolla
invece rosso pastello e sui petali si poteva vedere dei piccolissimi e morbidissimi ciuffetti bianchi.
Quando stavo per incamminarmi sulla via del ritorno, per tornare da Phobos, ma l'albero mi parlò
nuovamente.
"Piccola vampira non fare la vecchia strada, segui questa ove si posa la rugiada..."
quando mi voltai vidi i suoi rami che si muovevano per condurmi in un nuovo vicolo, seguii il suo consiglio
e in pochissimo tempo mi trovai dove iniziava il labirinto, mi avvicinai alla porta della stanza dove avevo
lasciato il mio alleato, l'aprii e finalmente potei riposarmi un po'.
Phobos
L’attesa senza far nulla mi rendeva inquieto, mille pensieri affioravano dagli oscuri meandri della mia
coscienza, pensieri angoscianti, scorci di vita passata…e della mia nuova non-vita…e ogni pensiero si
concludeva nel medesimo modo, nella visione di colei che mi aveva fatto questo dono.
Mi sentivo indissolubilmente legato a lei, e l’averla rivista nella cripta di Kainh il paladino, aveva smosso
qualcosa nel profondo del mio animo…
E ora questa nuova missione, la giovane vampira mia compagna, me ne ero affezionato quasi subito…
soprattutto a quel suo modo burlesco di vivere ogni situazione.
Finalmente mi sentivo parte di qualcosa, era come se dopo tanto tempo avessi di nuovo l’opportunità di
far parte come di una famiglia…
A questo pensiero un brivido mi pervase, come di una fredda lama che squarciò profondamente il mio
animo, questi pensieri non mi avevano mai sfiorato fina da quella notte di molti anni fa.
Mi scossi, non potevo più attendere. Mi alzai da dove ero rimasto poggiato per tutto quel tempo, e mi
diressi verso la porta.
Quando mi trovai distante da essa non di più di qualche metro, questa si aprì, e Nyamelh ne uscì un po’
barcollante e malconcia.
Stava per accasciarsi al suolo, ma con un rapido movimento lasciai cadere la mia arma, e la sostenni.
La poggiai lungo la colonna, e la lasciai riposare, ne aveva bisogno a giudicare dalle ferite non ancora
completamente rimarginate, e le quasi impercettibili impronte di sangue rappreso che decoravano il suo
mantello.
Dopo qualche tempo, si ridestò, apri gli occhi e si guardò intorno un po’ intontita…
“Ben svegliata! Vuole le porti la colazione?” - le dissi sorridendo, e un po’ sorpreso per questa mia uscita
- “Comunque, tornando seri, sembra che non sia stata del tutto una passeggiata…o forse sei stata tu ad
essere stata maldestra come tuo solito?” – risi di nuovo.
Mi guardò anch’essa sorpresa, poi la sua espressione mutò, divenne più distesa, serena e quasi felice.
"Scemo, provaci te ad attraversare un enorme labirinto!" disse di rimprovero, ma sorrise anche lei.
L’aiutai a rimettersi in piedi, e ci incamminammo per far ritorno alla Cattedrale, e iniziò a raccontarmi ciò
che aveva fatto dal momento della nostra separazione.
Presto giungemmo al portale da cui eravamo arrivati, e fummo così nuovamente nella nostra “casa”, dove
Soul ci attendeva.
Lo salutammo con un profondo e rispettoso inchino, dopodiché Nyamelh fece rapporto su quanto
faticosamente avevamo scoperto.
“Soul! Abbiamo trovato l'albero, ma per quanto riguarda Xynay non siamo riusciti ad ottenere molte
informazioni, ci è stato solo rivelato che le risposte che cerchi sono racchiuse in questo fiore, questo è
tutto ciò di cui siamo venuti a conoscenza." disse seria e un po’ agitata forse per via del fatto di trovarsi
dinanzi al Negromante in persona.
Soul, fece un cenno affinché gli si venisse affidato il prezioso dono, dopo averlo consegnato con un nuovo
inchino salutammo il nostro Signore, e ci spostammo in un angolo dell’ampio salone in attesa del ritorno
degli altri nostri compagni dalle loro missioni.
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SOUL
PREMI
ARMA di BASE: Falce della Morte. Una grande falce a mezzaluna, l’arma preferita di Death Mask. Forgiata di materiale
oscuro è intarsiata di ametiste e cristalli neri come l’ebano.
+1: Quando la falce viene illuminata dalla luce lunare, la lama si carica in pochi istanti di un'energia azzurra. Il solo
contatto con quell'energia infligge ferite gravi ad una qualsiasi creatura vivente. Non ha effetto su creature non vive
(vampiri, non morti, costrutti etc..) o magiche.
ARMATURA:
ACCESSORI: Maschera della Morte
+1 Ispirazione Negromantica. Utilizzando la sua maschera, Death Mask è capace di risvegliare una creatura morta e di
farla agire al suo servizio come non morto, semplicemente osservando il cadavere attraverso di essa. Non esistono limiti
di dimensioni e forza per la creatura toccata, anche se le menti più potenti potrebbero resistere al controllo anche
dall’aldilà. I non morti che hanno raggiunto la morte ultima non possono esser nuovamente risvegliati. Quando viene
designato un nuovo servo o semplicemente l’attuale non morto raggiunge la morte ultima, ritorna un semplice cadavere.
Potenziando ulteriormente la maschera, sarà possibile risvegliare nuovi tipi di non morti e potenziare gli attuali.
I non morti attualmente a disposizione di Death Mask sono i seguenti:
- Scheletro e zombie (max 3).
Le categorie più deboli. La forza della creatura in vita viene dimezzata. Nel primo caso restano solo le ossa, nel secondo
anche la carne putrefatta.
- Ghoul (max 1).
La forza della creatura in vita viene triplicata.
- Fantasma (max 1).
una creatura incorporea che non può interagire fisicamente in alcun modo col mondo delle cose. Può passare al regno
spettrale e tornare al materiale a volontà.
--SHAAR NAIK – ASGARATH – MISSIONE : L'IRA DEL DRUIDO CORROTTO – PARTE I
- L'ira del druido corrotto PARTE PRIMA: I figli di Morlack:
SHAAR NAIK
Il lago delle lacrime… cristallo splendente di dolore… Era bellissimo.
L’acqua era sempre lo specchio della mia anima: quel giorno il lago era calmo, e io stessa mi sentivo in
pace.
Ero venuta là per farmi un piccolo bagno… mi avrebbe ridestato dai brutti sogni.
Soffrivo spesso di incubi.
Sognavo le mie vittime, sognavo i loro volti insanguinati, che tremavano e chiedevano pietà… tutti ricordi
che una mente traumatizzata aveva rimosso.
E spesso, la mattina dopo, non facevo altro che chiedermi se la strada che stavo percorrendo era quella
giusta.
-Certo che è quella giusta.- mi risposi –creature immonde… - mi svestii, poggiai i vestiti in una roccia
vicina e mi rimisi gli Hydra addosso. Quei pugnali facevano parte del mio corpo ormai. Insieme alla mia
collana, ovviamente. Non me ne separavo mai. Anche perché non sapevo se ciò avesse diminuito i miei
poteri.
E così, lentamente entrai nell’acqua, invitata dal bagliore della luna. Mi passai una mano nel collo, e
iniziai a massaggiarmi la fronte, piena di pensieri. Sarebbe stato bello potermi fare dei bagni anche nella
mia stanza.
Così, mi venne una idea.
Arrivai alla riva, presi un Hydra e con la punta iniziai a disegnare un rozzo progetto nella sabbia.
-Allora…se l’acqua si scalda… la pressione… si… si accumula l’acqua qua…Fatto!- disegnai una vasca con
vicino un congegno per scaldare l’acqua e sollevarla per crearne una cascata.
L’acqua del primo serbatoio si sarebbe scaldata per via di una caldaia alimentata col fuoco; la pressione
dentro il serbatoio avrebbe fatto salire l’acqua su per un tubo, che avrebbe raggiungendo un secondo
serbatoio posto sopra la vasca. In questo secondo l’acqua sarebbe rimasta incanalata, grazie ad una
linguetta mobile solo verso l’alto. Inoltre avrei messo un terzo serbatoio grande un po’ più in basso al
secondo e comunicante con esso: avrei utilizzato una valvola tra i due serbatoi che sarebbe stata chiusa
quando il secondo serbatoio si sarebbe dovuto riempire. In questo modo il terzo serbatoio non sarebbe
mai stato vuoto. L’acqua del terzo serbatoio sarebbe stata usata per miscelare l’acqua bollente con quella
fredda. Tramite delle valvole di cui avrei controllato l’apertura(e dunque la percentuale di acqua in uscita)
il liquido sarebbe finito in una ultimo serbatoio in cui si sarebbe mischiata. L’acqua a quel punto sarebbe
potuta scendere verso la vasca con dei canali orientati: Dopo che la vasca si sarebbe riempita, l’acqua
sarebbe riandata nel serbatoio; si sarebbe depurata per distillazione, e avrei inoltre potuto mettere un
filtro lungo il tubo di scarico per pulirla maggiormente.
-si!al più presto schiavizzerò qualche umano per farmi portare il marmo bianco per la vasca!-ero
soddisfatta.
“Ma quando lo spegnerò questo cervello? Ho bisogno di rilassarmi… “ andai sott’acqua.
Le bellezze del mare mi avvolsero… i coralli, le alghe,conchiglie… dei piccoli pesci colorati mi passarono
affianco: le loro lische viola splendevano grazie ai raggi della luna.
Nuotai per un poco, e dopo un po’ mi riavvicinai ad una caverna crollata, che conduceva ad un rifugio dei
rahabim.
Ogni volta che nuotavo in quel lago, il desiderio di spostare quei massi e fare un massacro era sempre
forte. Avrei voluto sterminare i rahabim da Nosgoth, tra atroci sofferenze… avrei fatto ardere i loro corpi
alla luce del mio LIGHT… avrei bruciato le loro carni lentamente… dopo di che…
“già…dopo di che?” pensai. Guardai i miei capelli scuri, che fluttuavano nell’acqua;li riportai all’indietro e
osservai la luna, la splendida luna che mi teneva compagnia quella notte” dopo di che…sarei rimasta
l’ultima rahabim. E allora potrò iniziare una nuova vita…” fiduciosa di questo, mi avvicinai alla caverna e
tolsi il primo masso. Era pesantissimo, ma ero forte. Ogni volta che usavo le mie capacità, mi chiedevo se
la forza che possedevo non fosse data dal sangue oscuro del mio ciondolo.
Ma mi fermai. Ero sicura di quello che stavo facendo? Dietro quel masso avrei potuto trovare un po’ di
pace per il mio spirito, ma anche trovare la morte…
“la morte l’ho già trovata, e non mi ha fatto paura” risposi ”E non morirò per mano loro. Se dovessero
prendermi, mi ucciderò da sola.” Ero decisa.
Iniziai a spostare tutti i massi, uno a uno, fino a quando non si aprì un bel passaggio.
Passai.
Vidi un corridoio cavernoso, fatto di rocce e di alghe, ma dei rahabim ancora nessuna traccia. Ero indecisa
se continuare… o fermarmi…
“Al diavolo, io entro” nuotai per tutto il corridoio, lentamente. Era tutto molto scuro, non sapevo dove
stessi andando… rischiando di segnalare la mia posizione usai light, e capii che mi stavo avvicinando ad
una stanza enorme.
Entrai con molta cautela.
Era deserto: sembrava che non ci fosse nessuno. Era una stanza enorme , oscura, da cui filtrava la luce
della luna da una grande finestra in alto. Dei rahabim… nessuna traccia.
Che il covo fosse stato abbandonato dopo l’esplosione avvenuta tempo fa?
-Chissà che è successo… -mi chiesi. La stanza comunicava con tante piccole vie sotterranee, sicuramente
scavate dai rahabim per raggiungere qualsiasi posto a Nosgoth.
Ma era abbandonato, e inoltre le vie erano franate. Guardai la stanza: c’erano cataste di armi, pezzi di
legno orizzontali attaccati al muro, cabine e vari bauli. Presi un arma e iniziai a provarla contro un
avversario immaginario.
-En guarde… vi mangerò, gamberetti…- ma erano tutte vecchie e spezzate, e dopo averle rotte tutte
divertendomi a lanciarle mirando contro una roccia, mi avvicinai ai bauli.
Ne aprii uno. C’erano delle tavolette solide, su cui erano incise delle parole. Lessi:
“Oggi, al plenilunio, abbiamo iniziato lo scambio. Il patto coi briganti del nord ci ha fruttato tante vittime:
in cambio di oro ci hanno donato trentacinque persone. Ma… compresi i briganti, ovviamente…
Abbiamo avuto fortuna: i briganti hanno trovato anche delle spezie magiche da donare a Driel-Kan, per i
suoi sortilegi. Egli ci ha assicurato molte volte una vittoria sicura contro nemici potenti, grazie alle sue
magie. E inoltre, una grande sicurezza all’interno del gruppo: chi ci tradiva, moriva.”
-Oddio!-Non credetti ai miei occhi. Driel-Kan doveva essere… se sapeva usare i sortilegi…si…doveva
essere era lui. Continuai a guardare in quella tavoletta, ma non diceva nulla di interessante a parte
quanto tempo erano durate le scorte di sangue… cercai in un’altra tavoletta, in un’altra ancora… finché…
“Era un ragazzo giovane, un ottimo compagno. Ma non era stato presente. Quando c’era bisogno di lui
egli non c’era. Si scoprì il perché: durante le giornate andava sempre verso il sud, in un posto tra
Meridian e la prigione eterna, alle sponde del mare vicine di una casa… egli guardava una giovane donna.
Driel-Kan ne venne a conoscenza, e propose a Bak-Um un sortilegio. Il nostro capo accettò:egli non
avrebbe potuto mai abbracciare il suo amore. Nemmeno salvarla. E noi avremmo potuto fare in modo che
una morisse di una tremenda agonia… appena lo seppe, il vampiro lasciò il clan e iniziò una vita solitaria.
La ragazza inoltre era una mercenaria: non era così facile da rintracciare. Scoprimmo solo il suo nome:
Srivia Najla Ilham. La sua famiglia era una famiglia rispettata e temuta, e avvicinare un suo membro non
era facile nemmeno per un rahabim.“ Lessi e rilessi questa parte. Non ci potevo credere. Avevo trovato la
mia identità. E così il mio nome era Srivia Najla Ilham…
Un turbine di pensieri iniziò a vagarmi nella testa.
Rividi il volto di mio padre, severo come sempre.
Rividi il volto ghignante di mio fratello, che approfittando della sua superiorità gerarchica mi puniva con la
frusta per ogni qualsiasi mio sbaglio.
Rividi il volto di mia madre, freddo e fiero ma preoccupato per la sorte della figlia maggiore…
Rividi per la prima volta il volto del mio maestro di strategia, sempre pronto a burlarsi di me in modo tale
che riuscissi a capire quando dovevo stare attenta alle sue parole…
Rividi le stragi, le uccisioni, i martiri di tutta la gente che avevo fatto soffrire.
Rividi la mia prima vittima. Era Guarj… allora era ancora un bambino. E io ero ancora una bambina, una
bambina con un coltello in mano…
Mi accasciai a terra,le mani nei miei occhi. Ero un mostro…
Non ricordo per quanto tempo rimasi là, accovacciata. Ad un tratto però riguardai la tavoletta, e
riprendendola in mano, continuai a leggere.
“Fino a quando… non venne ci incontrò lei. Successe nel lago delle lacrime. Uccise tutti i rahabim partiti
per una missione. Il suo nome era cambiato in Shaar-Naik. Si narra che le urla della battaglia si sentirono
fino al crocevia dell’acqua.
Per questo, la caccia a quella vampira è sempre aperta. Spero che tu, che leggerai queste parole, sia la
persona giusta per trovarla e strapparle il cuore… fallo per i nostri fratelli rahabhim, morti per una
vendetta insensata.”
-Brutto bastardo! Chi sei,maledetto, che hai scritto queste parole?- ma il suo nome non c’era. Emisi un
urlo di dolore: era troppo. La mia mente stava ancora sgorgando sanguinosi ricordi… e ognuno di essi mi
provocava un doloroso tuffo al cuore.
Adesso capii perché molti vampiri erano sanguinari: il loro dolore si incanalava senza avere altro sfogo
che la violenza.
Vidi una tavoletta di un colore diverso. Era di Driel-Kan. Sembrava un pezzo di diario.
“Sono il migliore.
Adoratemi.
Nessuno può contrastarmi.
O voi, posteri, riuscirete mai a scoprire i segreti della mia nobile arte? Riuscirete mai a superarmi?
Sono il migliore.
O alleati, abbiate timore di me… perché sono rispettoso dei patti quando sono soddisfatto di cosa ottengo
in cambio…
O nemici, abbiate timore di me… perché se vi mettete sulla mia strada dovrete soltanto decidere il modo
in cui volete morire…
Vi sfido….adoratemi…
Provate ad uccidermi… nessuno può contrastarmi…
Voglio il vostro sangue.
Lo voglio… conquisterò Nosgoth, un giorno. E’ il mio destino.
Scegliete voi, da che parte stare.
Io resterò sempre il migliore.
Driel-Kan”
Guardai perplessa lo scritto. A cosa era dovuta quella sicurezza? Girai la pagina, e scoprii che era la fine
di una trattazione su uno sterminio di massa di un branco di turelhim. A quanto pareva, avevano violato il
loro territorio.
Non mi importava, lo avrei trovato e ucciso.
Presi le tavolette che mi interessavano e chiusi il baule. Notai che c’era una iscrizione:
“Gli scritti sono ad opera del nobile gruppo di vampiri che sono morti in questo posto, dopo l’attacco
vendicativo dei turelhim.
Io, uno dei pochi sopravvissuti, ho raccolto gli scritti e rimessi in questo posto, in modo tale che la loro
memoria non vada perduta.
In fede,
Driel-Kan”
Guardai per un attimo lo scritto. Poi iniziai a ridere… dunque era ancora in vita.Tornai in superficie.
Poggiai le tavolette, e mi rivestii.
Era ora… il Negromante mi aveva convocata per un evento. Avrei dovuto correre. “naaa”pensai”le brave
dame si fanno sempre attendere…”però ero impaziente, di sentire quel che aveva da dirmi. Speravo che
c’entrasse qualcosa con Driel-Kan…
Ripresi in mano le tavolette, e guardai la firma del mio nemico.
-Ovunque tu sia… io ti scoverò e ti ucciderò. E questa… è una promessa!!
ASGARATH
Un giorno Respen ci convocò al cospetto dei Pilastri e lì io, Xado e Bleed ricevemmo un nuovo incarico:
– Andate nel rifugio ricostruito del Fu Nupraptor, ove alberga SOul con i nostri fratelli e alleati vampiri. Sta
facendo delle ricerche molto importanti, e necessita del vostro aiuto.
Non ci disse altro, e partimmo subito.
Prima di andare, gli chiesi se aveva scoperto qualcosa sul traffico d’armi con cui avevo avuto a che fare
giungendo da lui,. Mi disse solo che il giovane vampiro Raceltius, da me conosciuto in precedenza durante
il ritorno di Omega, stava indagando su di esso per conto suo e di Kainh.
Ciò mi rasserenò parecchio. Era un giovane molto strano e introverso, ma aveva capacità davvero
promettenti. Pregai per lui…
Io, Xado e Bleed giungemmo alla Nupraptor e venimmo accolti in maniera abbastanza amichevole. Sheer,
la figlia del Negromante, ci condusse nella sala del trono del forte, un immenso salone, che si rivelò esser
molto diverso da come l’avevo immaginato fino a quel momento: quell’ambiente infatti, era stato
predisposto per l’occasione in modo da esser più simile a un laboratorio, che ad un luogo di giudizio e
governo.
Infatti era pieno di scrivanie e ripiani adorni di libri e di alambicchi.
Al centro, vicino a un trono di ossa, invece, per contraddizione totale con essi, vi era una grande tavolata
dove si svolgeva una strana festa fra i vampiri , rallegrata da alcuni musicisti e a cui prendevano parte
anche molti uomini di scienza e di cultura che lavoravano per Soul. Ci venne chiesto di prendervi parte e
ci unimmo ad essa.
Presi posto e bevvi da un calice ricolmo di essenza spirituale.
Dopo tanto tempo, ebbi modo di rivedere vecchi volti ormai amici: quello di Kainh, potente paladino del
gelo, della fiera e nobile Radriel, e dell’enigmatica Shaar Naik.
Assieme a loro, altri che conoscevo bene: una giovane vampira dai capelli bianchi, Nyamelh, che mi
ricordavo di aver intravisto la notte della colonna di luce, e altri tre vampiri: un guerriero biondo che
brandiva una strana sta magica, una donna leggiadra, bellissima e misteriosa, dai profondissimi occhi
azzurri e dallo sguardo freddo e assorto, che calzava una maschera a forma di teschio sul viso e che
portava una falce assicurata dietro la schiena, e Vae, paladino oscuro della cattedrale e famigerato
esecutore del Negromante. Di lui sapevo solo dicerie: avevo udito che aveva un carattere molto violento,
arrogante e che spesso provava una sadica soddisfazione nel trucidare e nell’infierire sille sue vittime.
Sicuramente, semmai fisse divenuto guardiano, sarebbe stato il Conflitto a chiamarlo. Cercai di star
lontano da lui. Fra tutti i presenti, era l’unico che mi metteva seriamente a disagio.
Dopo un po’ di tempo, finalmente entrò il Negromante Soul in persona.
Era una figura imponente, molto alta. Come Respen anch’egli emanava un’innegabile aura di potenza e di
nobiltà d’animo. Ma la sua era diversa: mentre quella del Mentalista infondeva calma, saggezza e
sicurezza, la sua provocava soprattutto timore!
Un timore reverenziale, quello che si avvertiva al suo cospetto, e un brivido, esattamente come quando si
trema senza alcun motivo e quando cerchi spiegazioni ti dicono… “la Morte ti è passata vicino!” Ecco, lì
provavo una sensazione simile.
Eppure, nonostante l’immensa freddezza di quella maschera di rughe che Soul aveva come volto, il suo
aspetto esprimeva una regalità notevole, anche se oscura. Era veramente il Signore della Morte!
Aveva dei fluenti capelli bianchi che gli ricadevano sulle spalle, e indossava una tunica nera, Guardandola
meglio quando egli si portò alla luce, capii che era proprio da quella veste che veniva quel senso di
freddo, gelo e timore.
Il Manto di Mortanius. Lo riconobbi dalle rune che ornavano l’orlo della veste.
Notai che gli altri commensali accolsero con benevolenza il suo arrivo, come si fa con un re o con un
padre anziano e degno di rispetto e fiducia.
Accompagnato da un vampiro simile a un druido e da un non morto, egli prese posto assieme a noi, e
dopo esseri seduto sul suo trono iniziò a spiegarci il perché della festosa riunione.
Misi da parte i miei timori e ascoltai le sue parole.
E così, venni a conoscenza della sua vita, della sua giovinezza e dei suoi scapestrati anni giovanili da
ramingo, quando egli, armato della potente Xynay, mieteva vittime in duello alla spada senza colpo
ricevere.
Fui alquanto scioccato nel sapere che Soul da umano era stato contemporaneo della mia epoca… La
differenza, era che, quando io ero nato, lui stava già dormendo nella sua cripta. Solo pochi decenni di
scarto, impedirono l nostra contemporaneità completa.
Eppure, ora era davanti a me. Com’erano strane le vie del Tempo…
Mi ripresi da quei pensieri e ascoltai il resto del racconto: Soul voleva scoprire il mistero che si celva
dietro alla spada donatagli dal potente e defunto Vorador. E così con uno scambio finito tragicamente,
aveva sottratto ai Sarafan un libro di magia antico quasi quanto il mondo, detentuto fino a poco prima da
alcuni druidi corrotti.
Il suo studio non gli era servito a molto: la Decale conosciuta dai druidi era diversa, nella formula e nelle
dosi, da quella usata da Vorador per incantare la sua lama.
Quel libro però, anticamente era stato scritto dagli antichi vampiri, il che significava che i primi druidi
unani avevano appreso proprio da loro, le loro conoscenze.
Le stesse conoscenze, che conservavo anche io: Fergus, infatti, conosceva molto bene i 10 elementi
naturali: fuoco, terra, aria, acqua… Luce e Buio, i loro catalizzatori, e sacro, veleno, morte, vita,, le loro
conseguenze.
Però, a causa della censura operata dai sarafan nei secoli passati, egli conosceva bene solo le interazioni
fra i primi sei; mi aveva insegnato a utilizzarne le proprietà in maniera rudimentale, ma non mi aveva mai
detto che essi potevano essere uniti tutti assieme per creare un composto che era la Quintessenza del
Creato, tanto ricercata e agognata da molti alchimisti…
Forse non lo sapeva… o forse lo sapeva,… Non aveva importanza: non mi aveva mai detto molto delle sue
origini, e di come era finito a far il consigliere e il mago di corte della mia famiglia. Forse aveva taciuto
per proteggermi da informazioni e da poteri che sarebbero stati troppo grandi per me…
Non avrei mai avuto modo di saperlo. Forse Omega un giorno mi avrebbe potuto aiutare in questo, ma
non ne ero sicuro.
Comunque fosse, era innegabile che davanti a me in quel momento vi era gente molto più colta e potente
diel sottoscritto: il menorhim che accompagnava Soul era sicuramente molto più ferrato in materia di
quanto lo fossi io, eppure, alla fine, dopo aver dato alla donna mascherata, a Xado, Phobos e Nyalemh
incarichi relativi a Xinay e alle antiche magie vampiriche… mi chiamò a se assieme a Shaar Nailk, e ci
scelse per una missione di ricerca e assassinio.,.. la seconda, da quando ero lì:
l'eco di ogni nostra azione giunge spesso all'udi di esseri inaspettati, ma mai avrei tenuto in
considerazione la possibilità di togliermi dalla coscienza un peso tanto gravoso in questa strana
situazione.
Avrei avuto bisogno di un druido abile in combattimento per questa missione, ed eccolo qui,
inaspettatamente proprio tra i fratelli Mietitori d'Anime: Asgarath. Il tuo supporto sarà fondamentale per
farmi dimenticare quest'imprevisto. Sarai accompagnato dalla giovane Shaar-Naik, vampira dagli occhi di
ghiaccio, legata all'elemento acqua.
Attraversando il portale giungerete alla base della Cittadella; lì troverete delle piccole casupole disposte
lungo il perimetro dell'isola: una costa alta e rocciosa; un abisso per i più incauti, uno scudo naturale per
proteggere l'intera Cittadella da attacchi via mare in epoche remote. La nebbia ha ora sepolto
eternamente ogni pericolo, ma qualcuno ha scoperto un modo per attraversare il lago, ignorandone gli
effetti. Il suo scopo è quello di scoprire i segreti di quel luogo, per poi vendicarsi del suo antico
torturatore. Non che la cosa sia per me fonte di preoccupazioni, sono del tutto certo che non giungerà
neppure ai quartieri alti della Cittadella, prosciugato dalla sete di sangue e perduto tra le intricate vie di
quel luogo sacro. Non voglio tuttavia rischiare che attraversi un portale e giunga fin qui.
Il suo nome è Morlack, ed è un Turelim del tutto insolito: lo utilizzai durante i miei primi esperimenti,
quando ancora la mia esperienza non poteva colmare il mio desiderio di sperimentare nuovi incantesimi.
Potrei dire che si tratta del primo Menorhim di Nosgoth, poiché è dagli studi su di lui che creai quella
nuova razza: Morlack è resistente all'acqua, alla luce solare e persino dotato di un'intelligenza fuori dal
comune. È anch'egli un druido. Ricordo che riuscì a fuggire in una notte di pioggia, e che preferii non
cercarlo, convinto com'ero che ci avrebbero pensato i Sarafan. Mi sbagliavo.
Col tempo ha creato nuova progenie, tutti abominevoli Turelim resistenti alla luce ed all'acqua, incuriositi
dalla natura ma del tutto incapaci a manipolarla. Prima di giungere alla Cittadella, vi chiedo di sterminare
il suo intero clan, possibilmente con l'aiuto degli abitanti del villaggio di Siegthar, un piccolo paesino nella
valle ad est di Steichenchroe. È lì che il clan di Morlack dissemina terrore e paura tra i cittadini. Ho
curiosamente scoperto che Morlack trova piacere nel condurre esperimenti con gli umani che rapisce,
prima di sfamarsi del loro sangue... una trovata del tutto macabra per esorcizzare i ricordi delle sue
sofferenze, quando era la mia volontà distorta ad imprimergliele.
Tre obiettivi per voi: sterminare il suo clan, scoprire come il solo Morlack sia giunto fino alla Cittadella
ignorando la nebbia ed eliminarlo.
Non ne sono del tutto sicuro, ma forse nel suo rifugio, dalle sue parole e dai risultati suoi esperimenti
potreste scoprire dettagli di grande interesse per la mia ricerca sugli elementi.
Queste furon le parole che io e Shaar udimmo in quel frangente. Ammetto che il fatto che Soul scegliesse
proprio me per tale incarico mi fece restare alquanto perplesso.
Guardai il Negromante con stupore, sicuro di non aver sentito male. Il suo volto era inespressivo, e mi
fissava a sua volta senza proferir verbo.
Alla fine, mia alzai e mi ingonocchiai copiosamente innanzi a lui.
– Signore della Morte, se così comandate, io obbedirò. Perdonatemi però se la mia mente è ottenebrata
da due dubbi su questa missione. Vorrei chiarimenti, se possibile.
Soul si alzò dal trono e si avvicinò a me, impassibile e freddo come una statua di marmo.
– Chiedi. – rispose solamente.
– Io non sono molto avezzo alla magia di quest’epoca. Perché scegliete proprio me per questo incarico?
Perché non lo affidate gente più capace, come il Menorhim che avete alla vostra sinistra? E poi, perché mi
volete affiancare a Shaar Naik? Perdonatemi, se ve lo dico, ma non è un incarico troppo rischioso per lei?
Io posso morire tutte le volte che desidero, ma lei no…. Scusate le mie obiezioni… – dissi timidamente.
– Che cosa intendi dire, druido? – replicò la vampira, ferita nell’orgoglio – ti avverto che sono
perfettamente in grado di prendermi cura di me stessa! Ho già affrontato dei turelim in passato, e ho
anche incenerito un widingo da sola… Sempre che tu sappia cosa sia… Vuoi che incenerisca pure te??
– Silenzio a entrambi! – ingiunse il Negromante, ad ambedue.
Non urlò, non si adirò. Non si era nemmeno accigliato. Ma il suo tono era tale che mi si sarebbe gelato
tutto il sangue del corpo, se solo fossi stato ancora un umano.
– Questi dubbi sono fuori luogo, Asgarath. E non voglio discussioni qui, nella mia casa. È vero, la mia
corte vampira è ricca di esseri molto più abili e capaci di te, piccolo mietitore, eppure ho scelto proprio te.
Il perché può esser molto vario: a te la scelta. Potrei dirti che mi fido di te, ma non sarebbe vero, perché
da troppo poco ti conosco, e le notizie che ho sul tuo conto son solo quelle che mi ha detto Respen. Ti
dirò, invece, che so del tuo valore,… Non quello dei tuoi poteri ancora deboli… ma il valore del tuo cuore,
e la nobiltà con cui ti accanisci contro ogni ingiustizia. Inoltre, un Menorhim non avrebbe successo contro
un suo pari, figuriamoci contro un padre! E ci sono qualità che io vedo in te, che ancora te non conosci.
Un potere che non emergerà, se non verrà duramente messo alla prova… Per quanto concerne Shaar
Naik, ella è una delle mie combattenti più valorose. Unendo il Fuoco della tua spada al Gelo del suo odio
verso i vampiri corrotti, tornerete vittoriosi! E ora andate! Sieghtar vi attende! Non vivi, o morti del tutto,
… Non tornate fino a clan sterminato.Vae Victis!
Detto ciò, il Negromante sollevò ambo le mani: campi di stasi cinetica avvolsero sia me che Shaar Naik e
ci deposero fuori dalla sala del trono, in modo assai rude. Poi, le porte si chiusero dinnanzi a noi con un
tonfo, lasciandoci soli nel corridoio.
Mi rialzai e guardai il massiccio portale di ebano, avente dei teschi intarsiati come maniglie.
– Spero che non si sia arrabbiato… pensai a voce alta.
– No. Se si fosse adirato, ora te non saresti qua. – rispose Shaar, rialzandosi a sua volta.
Guardai la giovane vampira Figlia delle Acque, decisamente infuriata per la mancanza di fiducia che avevo
dimostrato poc’anzi verso di lei, davanti a tutti i suoi simili…
Dovetti ammettere che non era stata una grande performance dialettica…
– E così non ti fidi delle mie capacità? Non devi aver dubbi sulla mia buona abilità, druido, ma non
aspettrrti che ti pari le spalle!
– Non era mia intenzione irritare nessuno dei due… Io…
– Oh, sta zitto, e risparmia quel fiato da cadavere che ti ritrovi per il combattimento.
Detto questo mi diede le spalle e se ne andò, dirigendosi verso l’uscita.
Con rammarico, e senza alternative, la seguii.
Potevo capire che si fosse offesa, ma non aveva il diritto di trattarmi così!
In verità, sapevo poco di lei: solo che era un assassina al servizio dei sarafan, unitasi ai vampiri in chissà
quale modo… Nion volevo nemmeno pensarci. Uccidere non l’amavo mai, anzi, lo odiavo. E la mia prima
missione non mi era piaciuta molto.
Ma, se non altro, stavolta ero più sollevato: in fondo, forse Soul aveva ragione:se c’era un grande potere
in me, dovevo solo trovare il modo di farlo venire allo scoperto… Anche se io non sentioo niente di simile,
quando mi concentravo sul mio corpo…
Ad ogni modo, quell’incarico mi aveva vistosamente sollevato: finalmente avrei potuto salvare le vite di
un intero villaggio, inoltre avrei posto fin e alle mire edi dominio e alla minaccia di un Menorhim
rinnegato, che in quel momento si stava aggirando nei quartieri bassi della Cittadella dei Vampiri con
proposito tut’altro che benevoli verso il Negromante e l’Alleanza.
L’unico neo era Shaar. Avevo giò visto le sue performance vocali due volte: al cospetto dei Pilastri, iniziò
ad attaccar briga con Nyamelh per motivi assai futili… e Omega,… non lo accolse proprio con le parole di
benvenuto che si confacevano ad un guardiano..
Mentre uscii dalla Cattedrale del Sangue, sotto un cielo nuvolo e povero di stelle, mi chiesi… “Potevo
davvero fidarmi di lei??”
Camminammo a lungo per tutta la notte.
Shaar mi aveva distanziato parecchio, e faticavo a stento a seguire le sue tracce.
Non si fermava nemmeno ad aspettarmi. Sembrava che il suo unico pensiero fosse quello di arrivare a
Steichenchroe, priam di me, unicamente per farmi dispetto… O per dimostrarmi qualcosa.
A quanto pareva, la vampira non si fidava per niente del sottoscritto… Del resto, non potevo biasimarla:
nemmeno io mi fidavo di lei.
Forse perché la conoscevo troppo poco, forse per il suo modo di fare. C’era qualcosa di lei che non mi
metteva a mio agio. Era scostante, impulsiva e volutamente irritante. Ma intuivo che quella era solo
apparenza. Era come se cercasse continuamente di nascondere a tutti non solo i suoi pensieri, ma anche i
suoi affari personali. In fondo, non erano problemi che mi riguardavano.
Lei non sembrava aver alcuna intenzione di parlarne, e io ero troppo preso dalle parole che mi aveva
detto Soul per pensarci.
Inoltre, stavo cercando di non perderla di vista.
Che fosse ancora offesa per prima, fatto stava che sembrava perfettamente intenzionata a mantenere la
sua parola: non mi spettava minimamente e facveva di tutto per distanziarmi.
Se non altro, però, non era affatto stupida: seguendo le sue tracce mentre scendevo dalla rocca della
Nupraptor, vidi che aveva preso una sentiero che costeggiava Wasserbunde senza entrarvi.
Saggia precauzione.
Avvolto nel mio mantello, seguii quella strada per due ore buone, senza incontrar anima viva.
Alla fine, successe quel che temevo: la persi di vista.
Ero arrivato alle sponde del canale che collegava il lago di Wasserbunde al Lago delle Lacrime e di lei
nessuna traccia.
Ma dove si era andata a cacciare?
Non poteva essere lontana.
Guadai a nuoto il corso d’acqua e raggiunsi l’altra riva: trovai delle orme nel fango. Impronte di stivali.
A quanto pareva, era passata lì di recente.
Sicuramente, aveva lasciato quella traccia di proposito. Forse non voleva che la perdessi: dopotutto, non
dovevamo forse lavorare insieme?
Continuai a seguire quelle orme e mi addentrai nella foresta circostante Steicehncroe, nel tentativo di
starle dietro.
Quella caccia durò ancora un po’, ma poi, con l’approssimarsi dell’alba, mi stufai.
Sapevo che Shaar era resistente all’Acqua, anzi, che era in perfetta armonia con quell’elemento, ma la
luce del sole per lei sarebbe stata sicuramente un problema.
Quindi, decisi di passare nel Regno Spettrale: lì avrei recuperato le forze, e grazie alla differenza dello
scorrere del tempo nelle due dimensioni, potevo anche muovermi più in fretta in lei. Divorai un paio di
anime di animali della foresta, poi, a un certo punto, mi trovai davanti a una scarpata rocciosa.
Non potevo andare oltre, ma lì vicino vi era un portale.
Mi materializzai, cercando di capire dove diamine fossi finito.
Avevo continuato a seguire le sue orme ma a un certo punto esse erano finite di colpo… Dove diamine si
era cacciata?
Costeggiai la parete rocciosa per qualche minuto, ma non trovai nulla.
All’improvviso però udii una voce femminile.
– Eh? Druido! Come hai fatto ad arrivare qua prima di me?
MI voltai di scatto.
Era lei, che si rialzava da un cespuglio. Probabilmente mi aveva sentito e si era nascosta per precauzione,
.
– Vampira, il tempo non scorre nello stesso modo nel regno oltre la morte. Non ci è voluto molto a
ritrovarti e a precederti. – Risposi, abbozzando un sorriso.
– Tsk, Mietitori... – sbuffò, irritata.
– Senti, mi scuso per come ho dubitato delle tue capacità. Ho sbagliato a metterti in imbarazzato davanti
agli altri nella sala del trono, e quindi ti chiedo perdono. Ma se vogliamo lavorare insieme, dovremo
collaborare reciprocamente. Ci sono molte vite, in gioco, ricordi? .
Prima che lei potesse rispondermi, udimmo delle voci in lontananza. Guardai: erano dei giovani briganti,
che venivano nella nostra direzione scendendo dalla cengia rocciosa.
Mi allarmai.
Guardia verso di lei… Ma era sparita!
Quegli uomini intanto stavano venendo nella mia direzione e mi avevano scorto.
– Ehi, e tu che diamine saresti? – domandò uno con fare sfottente, impugnando un pugnale insanguinato
di recente.
Soltanto in quel momento, guardando dietro l’uomo, rividi la mia alleata: era appesa ad un albero a testa
in giù, e mi guardava sghignazzando.
“Dubiti delle mie doti? Ora vediamo le tue!” mi disse, col sussurro.
Dannata diavolessa!
Cercai di sorridere in modo disarmante agli umani.
– Ehm, salve, … che ci fanno qui in questa foresta, sperduti a quest’ora della notte degli umani di così
bell’aspetto? – li chiesi, tentando di evitar lo scontro. Non era la migliore delle uscite, in effetti…
– Non stiamo a dirlo certo a lui ! Vero, Jeff?"
– No di certo, Wally! Che ci fai tu invece tutto solo da queste parti. Sei un brigante? Un viandante?Un
pastore? Piuttosto, vediamo che cosa hai dentro quel mantello!
Indietreggiai, pensando a un modo per evitare di venire alle manie e di perder tempo con quei due
imbecilli. A quanto pare, non ce n’era!
SHAAR NAIK
Mi rimisi sopra l'albero e mi sedetti per gustarmi la scena.
Quel dannato druido questa volta avrebbe imparato la lezione. Come osava dubitare delle mie capacità?
Beh, di certo non avrebbe dubitato della mia crudeltà, dopo quell'episodio.
-Che ci fanno degli uomini di bell'aspetto come voi- iniziai a ridacchiare. Ma che faceva, ci provava con i
briganti? Al massimo quella tattica avrebbe potuto funzionare con me.
Iniziò a parlare con loro. Da sopra l'albero sentii le voci:
-Non stiamo a dirlo certo a lui! Vero, Jeff?
-No di certo, Wally! Che ci fai tu invece tutto solo da queste parti. Sei un brigante? Un viandante?Un
pastore?
Lo stavano squadrando. Volevano sapere di certo che nascondeva sotto i suoi pesanti vestiti
-Facci vedere cosa ci doni di bello!- detto questo il mietitore fece qualche passo indietro, ma i due
briganti afferrarono le vesti cercando oro, ma trovarono un corpo blu martoriato
I due banditi sicuramente non avevano mai visto nulla di simile: erano di spalle ma potevo immaginare le
loro facce. Uno di essi lasciò andare il coltello dalla sorpresa.
Asgarath era costernato: non gli piaceva rivelare la sua natura, a quanto pareva.
-Chi..Chi sei?- gridò uno. L'altro fece un passo indietro e lo indicò con un dito.
-È un demone! Un demone!
-Sì! È un demone! È il demone del lago delle lacrime, quello che tempo fa uccise Fred e Jack sulla riva e
sparse il loro sangue nell'acqua sotto il riflesso della luna! Ho visto loro corpi subito dopo, mentre:li
stavamo cercando!- Asgarath non sapeva di che diavolo stavano parlando ma io sì.
Mi innervosii: ero stata io a compiere gli omicidi in una missione.Si prendeva anche i miei meriti ora?
Vidi che quei due stavano per darsela a gambe. Erano terrorizzati.
E il mietitore non proferiva parola. Si stavano voltando, e mi misi a testa il giù. Avevo due liane annodate
e mentre passavano gliele misi intorno al collo.
Loro caddero col sedere a terra.
Non capivano cosa fosse successo. A quel punto si voltarono e mi videro in piedi sopra un ramo
dell'albero.
La mia risata echeggiava nella foresta.
-Ma guarda come è pescoso il lago delle lacrime- Mi girai verso il druido.
-Hai visto come si fa? Avresti potuto fargli “buh”, e sarebbero fuggiti subito! Invece ti sei messo a
provarci."scesi dall'albero e mi misi di fronte a loro, inginocchiata."Non vi spiace invece, se ci provo io con
voi, vero tesorucci?"avevo sete, tanta sete...
-No, Shaar Naik! Che vuoi fare!-lo guardai e in quel momento un brigante mi diede un calcio nel mento e
mi fece volare un pugnale. Mollai la presa della corda e iniziarono a scappare. Ero furiosa.Guardai il
druido, o meglio lo fulminai con gli occhi. Presi il mio pugnale e li inseguii.
-Non li uccidere!.-sentii in lontananza
-Ritieniti fortunato se non uccido te stanotte, druido!ASGARATH
Shaar corse dietro ai due tizi, che a quanto pareva avevano avuto a che fare con il sadismo della
vampira. Come era piccola Nosogth…
Mi ripresi dallo sconcerto per il modo in cui mi aveva deriso per la mia figuraccia, poi le corsi dietro.
Ormai non dubitavo più della sua incolumità… Ma dubitavo seriamente di quello che avrebbe fatto ai due…
Magari potevano tornarci utili…
E invece No.
Ritrovai Shaar pochi minuti dopo, che ritornava da una macchia di alberi ripulendosi le labbra dal sangue.
– Vedo che ti sei nutrita… A quanto pare… – la rimproverai. Speravo solo che non avessero sofferto
troppo.
– Se ti preoccupi tanto per loro, sappi che non hanno sofferto molto. Te invece, soffrirai parecchio, se mi
distrai ancora mentre sto cacciando!
E rise sadicamente, mostrandomi i denti sporchi di sangue.
Scossi la testa seccato.
– Non dovremmo collaborare? Possiamo divertirci anche dopo! Ti rimembro che…
– Ah, già… Siegthar… Beh, e che aspetti? Fai strada, druido. Renditi utile almeno! Magari ce ne sono altri…
Non le risposi nemmeno. Avevo già capito che era inutile discutere con lei.
Feci buon viso a cattivo gioco, e, per la mia stessa integrità mentale, decisi di ignorare le suje
provocazioni e il suo modo di parlare.
Avanzai e fu lei stavolta a venirmi dietro, anche se si mantevena sempre a debita distanza, scostante e
silenziosa.
Non le parlai per tutto il resto della notte. Ero troppo furente.
Pensavo solo a proseguire nel cammno, e ad assicurarmi che non mi facesse altri scherzi.
No. Sembrava che una volta calmat la sua sete di sangue, fosse un po’ più tranquilla: io andavo avanti in
avanscoperta, e lei mi seguiva a qualche decina di metri.
Fortunatamente, Non subimmo altri cattivi incontri.
Trovammo un passaggio che ci permise di scalare l’altopiano, arrivando in cima alla cengia rocciosa. Da lì,
attraverso una serie di sentieri di montagna stretti e tortuosi, superammo Steichencroe, aggirandola
come facemmo con Wasserbunde.
Dall’alto non si vedeva molto: la valle in cui sorgeva la cittadella fortificata era immersa in una densa
nebbia, e l’unica cosa che si notava erano solo le luci delle abitazioni sottostanti.
Presto il cielo iniziò a rischiararsi, e la nebbia si sollevò verso l’alto, salendo verso la nostra direzione.
Non prometteva nulla di buono.
Stava per sorgere il sole, e per Shaar sarebbe stato un problema.
Lei si sedette su un macigno, immersa nella coltre di nubi che ormai copriva ogni cosa e che era giunta
fino a noi.
– Trovami un riparo, presto! – Mi disse, stanca dalla marcia.
Esplorai le alture circostanti il più rapidamente possibile, muovendosi sia nel regno materiale che nello
spettrale. Alla fine, scorsi una grotta in fondo a una gola, proprio al limitare orientale delle alture, laddove
il crinale scendeva nella valle in cui sorgeva Siegthar. Il nostro obbiettivo era ormai vicino.
Tornai da lei il più rapidamente possibile.
Era in piedi, e stava guardando verso est. Sicuramente, era incerta se continuare ad aspettarmi o meno.
– Alla buon’ora! Ma quanto ci hai messo? – mi disse, spazientita.
– Il tempo che ci voleva. Seguimi.
In mezz’ora raggiungemmo il valico e vi scendemmo, io planando col mio mantello e lei saltando
agilmente fra i sassi.
Dovevo ammettere che le sue movenze erano degne di un a lince. Speravo che quella agilità le ritornasse
anche durante la battaglia… ne avrebbe avuto bisogno.
Strano. Cominciavo a preoccuparmi per lei… No, non era preoccupazione. Non solo, almeno. Ero
soprattutto incuriosito. Perché era così sadica e malvagia con tutti? Quale segreto celava nel suo animo?
Tenni quei dubbi per me.
Lei entrò nella caverna appena in tempo. Era vuota. Sembrava una tana d’orso abbandonata Si adagiò su
un letto di muschio e durante il giorno, stette lì a riposare.
Io intanto, restavo all’esterno.
Passeggiavo, pensavo e montavo la guardia. La giornata era calda, radiosa e soleggiata. Ciò nonostante,
nessuno si avventurava per quella via, e nessuno ci aveva disturbato. Lo trovai alquanto sospetto.
Ripensai a quello che aveva detto Soul sul clan di Morlack, e al modo in cui terrorizzavano la gente di
Siegthar, rapendola e usandola per i loro esperimenti. Non era difficile quindi intuire perché nessuno
volesse recarsi in quelle zone.
A quanto pareva, a Steichencroe erano giunte notizie della cosa, e la gente se ne stava ben lontana.
“Strano però, che i Sarafan non intervengano.” Pensai. Ma forse si stavano ancora leccando le recenti
ferite. La morte di Lucius li aveva sicuramente demoralizzati.
Al tramonto, Shaar si ridestò. Ai suoi piedi si ritrovò la carcassa di un vecchio cinghiale. Lo avevo ucciso
durante il pomeriggio, mentre passava nella gola: l’animale era malato e zoppicante, e ormai aveva
seguito il suo corso di vita. Non fu difficile aver la meglio su di esso, e Shaar avrebbe avuto di che
dissetarsi per il risveglio.
– Che diamine è questa cosa? – Chiese, perplessa e disgustata, vedendo l’animale morto davanti a lei.
– Per cibarti. – le risposi. Almeno non massacrerai altri umani.
– Preferisco il loro sangue, se proprio vuoi saperlo. – Mi rispose… Poi, afferrò la carcassa e la gettò fuori
dalla caverna, verso alcune volpi che passavano nei dintorni, che si subito si misero a pasteggiarvi.melica
sull’animale, succhiandone il sangue ancora caldo.
– A quanto pare, la marcia non ti ha stancato abbastanza, eh? – sogghignai.
–. Oh, sta zitto e vedi se sta arrivando qualcuno! O userò il tuo mantello come tovagliolo.Sbuffai, scuotendo la testa.
Uscii e guardai il passaggio. Strano.
C’era qualcosa che non andava. Perché gli animali notturni stavano in silenzio quella notte? Non si udiva il
suono né di gufi né di civette, nei dintorni… Era come se qualcosa li spaventasse…
– Che c’è? Sembri preoccupato… O ti si sono definitivamente decomposte le corde vocali? – Mi chiese lei.
– C’è troppo silenzio qui intorno, stasera.
– Hmmm, Forse hai ragione… – disse, affacciandosi all’esterno e dando un’occhiata.
– Posso sapere perché odi così tanto gli umani? – le chiesi a bruciapelo.
– No, non puoi. E tu, invece? Come sei divenuto un mietitore? Non sembri nativo di questo luogo. Anzi, da
come parli e ti atteggi, non sembri nemmeno di quest’epoca.
– Sei perspicace, vampira. No, non lo sono. È una lunga storia, e non c’è tempo di parlarne. Posso solo
dirti che vengo dall’epoca stessa in cui nacque la corruzione che ancora oggi avvelena questa terra. Avrei
dovuto morire per mano dei demoni mandati dagli Hylden, ma ho ricevuto una proroga sulla mia fine. Il
motivo preciso non lo so ancora. Ma so che sono qua… Un momento…
Le volpi mollarono la preda e scapparono.
Drizzai le orecchie.
Pericolo.
– Nasconditi. – le gridai, evocando la mietitrice.
Con un lampo crepitante, la rossa lama avvolse il mio braccio, ardendo furiosa. Anche lei sentiva che
qualcosa non andava..
A un certo punto, mi gettai a terra. Una freccia mi mancò per un soffio.
Quella che non vidi, invece, fu l’enorme ascia che venne calata sulla mia testa.
Venni colpito in pieno.
L’ultima immagine che vidi, prima di svanire nel regno spettrale, fu quella di un possente guerriero in
armatura, con le insegne di Steichencroe sulla spalla,.
Altri uomini sbucavano dalle pareti rocciose, scendendo verso la gola in cui mi trovavo. Mi calpestarono e
si diressero verso Shaar. Alcuni impugnavano spade e lance e avevano armature molto spesse. Altri
invece erano solo contadini, ed erano armati di torce e forconi.
– Una vampira! Una vampira! – Furono le ultime parole che sentii, poi solo i toni stinti della Dimensione
delle Anime.
Maledizione!!!!
Sapevo bene che non poteva farcela da sola!
Mi rialzai per pura forza di volontà, barcollando ancora per la botta. La fortuna mi venne incontro: uno
stuolo di anime si stava dirigendo verso di me…
Le divorai subito, e quando ebbi finito mi sentii nel pieno delle forze.
Ora dovevo solo trovare un portale.
Passai minuti interminabili a cercarne uno, e dovetti percorrere più di cento di metri per trovarlo. L’unico
disponibile, era sul letto ormai secco di un piccolo lago fangoso, che si trovava in un avvallamento al
limitare della gola.
C’erano 2 sluagh lì, che pascolavano. Li respinsi con qualche proiettile cinetico e mi buttai nel portale,
cambiando piano prima che mi saltassero addosso.
Non persi un solo istante: richiamai la mieti di fuoco, e corsi come il vento nella direzione dell’agguato.
Temevo di arrivar troppo trardi.
Se Shaar fosse caduta, chi lo avrebbe spiegato a Soul??
Finalmente, vidi gli uomini armati.
Erano circa una dozzina, assieme a contadini e a sfollati del,villaggio oppresso.
Dolo che… Non stavano combattendo. Non avevano nemmeno le armi sguainate.
Erano seduti assieme a Shaar, e non sembravano minimamente aggressivi nei suoi confronti.
Anzi, stavano discutendo pacatamente, propri come vecchi amici!
Ma che razza di storia era?
SHAAR NAIK
L'alleanza
Sparì nel regno dei mietitori. Finalmente sparì. Quel druido continuava ininterrottamente a indagare la
mia psiche.
La cosa mi inquietava: nessuno si era mai interessato a quel che provavo. Che irritazione... Fui felice di
vederlo sparire: mentre andava via, lo salutai con la mano.
– Ciao, Ciao! – speravo mi avesse visto. Finalmente... qualche minuto di pace per dare libero sfogo alle
mie fantasie vampiresche. O forse no… ripensai a quel che aveva detto Soul il Negromante… potevano
farci comodo degli alleati in più. Così presi a correre dentro la buia caverna, in modo che perdessero le
mie tracce. Dovevo intrappolarli per parlargli, e per fargli capire che di me si dovevano fidare... o che non
avevano altra scelta che allearsi. Così, corsi all’interno della caverna sino a poco prima del fondo e
trasformandomi in uno stormo di pipistrelli mi poggiai al soffitto.
Mi misi contro la volta della caverna, in modo tale che mi passassero sotto senza accorgersi di nulla. E
così fecero. Arrivarono fino alla fine e rimasero lì tutti e dodici, stupiti.
– Georg… ma qua non c’è…– disse una voce... la voce dubbiosa di un uomo alto e con i capelli lunghi.
– Ma dai, non lo avevo notato! – era una voce sarcastica, e proveniva da un uomo con un’ascia.
– Parli sempre a sproposito, Freur? Non è uscita fuori, a meno che non sia sgusciata via per qualche
piccola uscita laterale. Trovate l’uscita.
Iniziarono tutti a cercare. Attesi qualche minuto sino a quando non si girarono verso di me e allora… lo
stormo si ricompose, per dare forma al mio corpo. Tutti mi fissarono sorpresi. Ghignando, mostrai loro il
mio potere LIGHT: non aveva lo stesso effetto che con i vampiri , ma sarebbero rimasti accecati per un
po’…giusto il tempo di renderli innocui e spiegare loro la situazione.
– Che vuoi da noi, vampira! – mi disse l’uomo chiamato Georg. Aveva un tono nobile, autoritario, forse
era il capo.
– Propongo un’alleanza.
– tsk..Ci proponi un’alleanza accecandoci? –disse l’uomo chiamato Freur.
– No, ve la propongo non uccidendovi. – calò il silenzio.
– Non dire scemenze. Siamo in dodici! Siamo armati e ...
– E non ci vedete. Posso prendere l’ascia ad uno di voi e tagliarvi a metà uno ad uno. Perciò stai zitto se
non vuoi essere mutilato.- L’uomo dai capelli rossi chiamato Freur emise uno sbuffo e si zittì.
– Chi è il capo qua? – chiesi.
– Sono io. – rispose l’uomo chiamato Georg. Stava lentamente venendo verso di me, seguendo la mia
voce. Aveva la barba rossastra e un’armatura di pelle con uno strano simbolo nel petto. Aveva un aspetto
imperioso.– Dimmi, vampira, le tue intenzioni, ma ti avverto che non la passerai liscia se farai del male a
uno solo dei miei uomini. – Non potevo guardarlo negli occhi dato che li aveva chiusi. Ma aveva un tono
molto risoluto: non scherzava.
– Non ne ho la minima intenzione, se non mi farete del male. Non vi ho attirato in trappola per uccidevi
ma per fare in modo che foste costretti ad ascoltarmi.
– Suvvia parla dunque!
–Da che villaggio provenite?
– Perché lo vuoi sapere? – Chiese Georg. Era ovvio che fossero di quel villaggio di cui ci aveva parlato il
negromante… Nessun umano si aggirava da queste parti. Tuttavia stetti al loro gioco; era chiaro che non
volevano ammettere le sue origini... Forse pensavano che mi sarei nutrita dei loro familiari.
– Ebbene, so di un certo villaggio qui vicino che viene continuamente molestato e depredato da dei
vampiri corrotti. Morlackim, la loro razza ha questo nome. Conoscete tale villaggio? Ebbene, io e l'essere
che poco fa avete aggredito siamo venuti per sterminare quella ignobile razza!
Mi fermai un attimo, guardando le loro facce. Non si erano ancora ripresi dal mio lampo di luce, ed erano
abbastanza diffidenti. Qualcuno, di fronte all’ironia di quella frase, sbuffò sarcasticamente. In ogni caso,
gli era stata offerta la possibilità di sbarazzarsi della piaga del loro villaggio.
- Prima ci accechi e ci tendi un agguato… Poi ci chiedi di allearci… Cosa ci garantisce che tu non sia una di
loro?- disse l'uomo chiamato Freur, facendo un passo avanti. Mi misi a ridere.
– Se non avessi bisogno di voi per uccidere quei vampiri, sareste già morti. Ma mi siete utili. Ho una
missione da compiere e voi dei persecutori di cui sbarazzarvi.
– Ebbene vampira, – iniziò Georg – Noi siamo di quel villaggio. La nostra gente viene continuamente
sottoposta a tassazioni che non possiamo pagare. I nostri bambini e le nostre mogli rapite, i nostri amici
vengono uccisi tentando di difendere le loro famiglie.– si mise una mano negli occhi e se li strofinò, dopo
tentò di aprirli ma li richiuse subito dopo. – Agh! Ma quanto dura l'effetto?
– Ancora qualche minuto. Dopo di che, se non accettate la mia proposta, vi ucciderò.-andai a poggiarmi
nella parete della caverna – Non mi sarete più utili. E badate bene potrei uccidervi da sola, ma tra poco
quell'essere blu sarà qui e mi darà manforte. Prima non voleva torcervi un capello perché è troppo buono,
ma vi farà morire bruciati se ci attaccherete. Se non vi farò morire dissanguati prima io!. – Dissi con un
vago tono di minaccia. Poi mi sedetti.
– Come hai intenzione di sterminarli? Qual è il tuo piano? – urlò un ragazzo bruno dal mezzo del gruppo.
Ci pensai un attimo.
– Confido nei vostri muscoli e nell'abilità della vostra gente. Prima ho avuto modo di vedervi in azione: le
vostre tecniche di attacco mi hanno sorpresa. I miei complimenti, non vedevo un umano tirare un
fendente così potente da...beh, da quando ero in vita...– mi misi a ridere, ricordando i tempi della mia
gioventù umana. Poi dei ricordi dolorosi ripresero a sfociare… e la mia risata si bloccò in un ghigno amaro.
– in ogni caso, mi piace definirmi una buona stratega. Potrò morire, ma se vi atterrete al mio piano, state
certi che nessuno di quei brutti schifosi rimarrà in vita… A costo di far saltare in aria l'intera Nosgoth! –
Iniziai a sentire dei brusii di approvazione – Inoltre, quello che avete attaccato prima è un druido.
Possiamo contare anche sulla sua esperienza, il che ci da un buon vantaggio.
– Ehi ehi, tutto questo sa troppo di martirio. Io voglio tornare a casa col sedere intatto! – era ancora
quell'imbecille coi capelli rossi. Mi avvicinai a lui lo disarmai con un colpo. L'ascia tintinnò ai nostri piedi.
– Tu mi hai davvero rotto, anche se la tua preoccupazione è lecita. Ho visto come sei inciampato durante
il vostro attacco. Non sai nemmeno stare in piedi, né tenere un'arma al buio. È ovvio che tu sia
preoccupato! – detto questo mi girai e dissi, alzando il tono:
– In ogni caso, miei cari guerrieri, il rischio in una battaglia c'è sempre. Voi volete la liberazione del vostro
popolo? La volete? – Li stavo iniziando a convincere: I loro volti erano molto distesi, alcuni di loro
avevano già aperto gli occhi ma tuttavia ascoltavano interessati, senza nessuna ostilità. Le loro armi
erano o riposte o abbassate.
– Ovvio che la vogliamo, vampira! – era il ragazzo bruno, che aveva gli occhi socchiusi.
– Ebbene, io sono qua non per garantirvela, ma per darvi una possibilità. Le vostre armi ve la
garantiranno! Le vostre possenti braccia, la vostra abilità di sopraffare il nemico! Siete voi la vostra arma
vincente! Voi vi garantirete la liberazione dal vostro oppressore!
– Avete sentito uomini? Noi combatteremo! E garantiremo ai nostri figli un futuro libero da quegli sporchi
vampiri corrotti! Sapevamo sarebbe giunta l'ora, e quel giorno è arrivato. Perciò esultate, il tempo di
vendetta è arrivato! – gridò Georg. Iniziò il tumulto generale. Quasi tutti ormai avevano recuperato la
vista, e tutti sembravano risoluti e convinti delle mie parole e da quelle del loro capo. Georg guardava i
suoi uomini, fiero come un degno condottiero: loro erano la sua ragione di vita. Avrei voluto avere anche
io un superiore così, durante il mio periodo da mercenaria.
– Parli bene, amico mio. – mi avvicinai a lui e tesi la mano –ti propongo dunque un’alleanza. E... ci tengo
molto all’onorazione dei patti. Tu e i tuoi uomini non potrete più tirarvi indietro dopo aver stretto questa
mano: dobbiamo distruggere i Morlackimh. Se qualcuno di voi tradirà me o il mio compagno, vi assicuro
che se ne pentirà!
– Così sia, vampira!
Strinsi con vigore la mano dell’uomo, sorridendo. La missione stava procedendo bene. I suoi compagni
iniziarono ad esultare!
– Dobbiamo festeggiare! –disse il ragazzo coi capelli lunghi che prima aveva parlato. Tutti si misero a
ridere: evidentemente era l'anima del gruppo.
– Dopo tanti anni, hai proprio ragione… Nikox! Avanti uomini, togliete le scorte di cibo che avete dal
cavallo! Festeggeremo l'alleanza con questa vampira, qui e ora! – mi misi a sorridere mentre vedevo tutti
quanti indaffararsi: avevo sicuramente dato una speranza a questa gente. Io? Avevo dato una speranza?
Non mi riconoscevo più...
–Mi chiamo Shaar-Naik, Georg.– gli dissi.
– Piacere Shaar-Naik. Io sono il capo villaggio!
Ci sedemmo in una parte della grotta.
– Vedi, anche se, per non destar sospetti, quando venivano i Morlackim facevo finta di obbedirli… Fin da
quando han iniziato le loro angherie ho tentato subito di istituire un gruppo per opporci a loro! Purtroppo,
ho avuto poche adesioni. Questi sono i miei uomini più fedeli.
– Sono pochi.
–Già… Purtroppo non siamo rimasti molti nel villaggio. Siamo in tutto ottanta. Sono rimaste poche
famiglie e pochi guerrieri. E non voglio far combattere i bambini! Lo guardai…:Era di spirito nobile.
– È' giusto. I bambini sono riservati al futuro…– qualcuno mi si parò davanti agli occhi offrendomi una
bottiglia e un pezzo di pane strano. Era il ragazzo bruno.
– Avanti, assaggia!
– Eh? Che diamine è?-– dissi, prendendo un pezzo di pane:era duro, ma aveva un odore speziato. lo
assaggiai: Era dolce.
– E' pane con erbe di mare. Mia moglie è bravissima nel farlo!
– E tra l'altro… Phil, non vuole ancora dare la ricetta alla mia! – disse Georg, ridendo.
– Ehm… Che se la vedano loro!
– Tua moglie ha davvero delle buone mani.– dissi al bruno.
– Si, le bambine adoravano questo pane. Spero potranno riassaggiarlo.
– Se la domanda non è inopportuna... che è successo ai tuoi bambini? –chiesi cordialmente.
– Le gemelle Ahata e Shil sono state rapite, mentre Ahl è morto. E' stato uno dei vampiri corrotti. –mi
disse, a bassa voce – per quello voglio ucciderli, non devono rimanere vivi!
C’era ira nelle sue parole.
– La sete di vendetta…- Mi sorrise. Era un sorriso amaro. Troppo amaro... che però potevo capire.
–E ora, si brinda! – Georg e gli altri si alzarono in piedi: ognuno aveva una bisaccia, e se non ce l'aveva la
teneva alzata col compagno. Il ragazzo dai capelli rossi, Freur, era rabbuiato… Si era ripreso la sua arma e
non aveva la bisaccia.
– Allo sterminio dei Morlackimh! –dissi.
– Al ripristino del nostro villaggio! –disse Georg
– Al pane speziato della moglie di Phil! – disse Nikox… Alché tutti risero, e mandarono giù il contenuto
delle loro bisacce. Io annusai il contenuto, vidi che il liquore non aveva nessuna traccia di veleno e bevvi.
Per abitudine controllavo sempre. La bevanda era densa e calda, un liquido adatto a riscaldare il cuore
degli uomini durante le battute di caccia invernali.
Buttai giù qualche sorso e ritappai la bisaccia (non volevo togliere provviste agli uomini, e inoltre volevo
sangue non alcool!) e con la coda negli occhi vidi qualcuno all'entrata della caverna: era Asgarath. Chissà
che stava pensando di quella scena.
– Uhuh... druido, vuoi unirti a noi?
Lui mi guardò stupito, e poi si avvicinò con cautela.
–Shaar-Naik... Che cosa è successo? Io credevo che...
–Tu credevi male, omino dipinto di blu. – risi, e poi gli feci cenno di avvicinarsi – Vieni dai, ti spiego la
situazione…
Gli spiegai brevemente che vi avevo stretto un’Alleanza, e che Soul aveva detto il vero: i vampiri stavano
disseminando il panico a Siegthar, e dovevamo sterminarli.
–Sì, vampira… Mi congratulo. Hai fatto la cosa giusta. Ma... – mi prese per la spalla – posso parlarti un
secondo in privato? – io lo guardai un attimo. C’era molta approvazione nei suoi occhi.
– Va bene. – ci allontanammo un po' dai guerrieri che parlavano già delle loro tattiche di combattimento,
in modo tale da sostenere una conversazione privata.
– Allora… Che c'è?
–Vampira, Come hai fatto a convincerli? Non sembravano ben disposti nei nostri confronti! Anzi, direi che
ci avrebbero volentieri squartato in due… .- mi guardò con aria perplessa, massaggiandosi la nuca dove
era stato colpito dall’ascia di Freur. Beh, era un dubbio lecito. Non era molto comune che vampiri e umani
socializzassero in quel modo.
– Diciamo che ho fatto in modo che mi ascoltassero.
– Come?
– Ho usato qualche trucchetto... – Dissi, emanando una debole luce dalle mani. Il druido annuì, capendo
che avevo usato il Light per accecarli, poi si girò e guardò i guerrieri. Il suo sguardo si fermò su Freur, il
ragazzo dai capelli rossi, che aveva l'aria abbattuta: era l’umano che aveva quasi decapitato Asgarath.
C’era rabbia nello sguardo di Asgarath… ma sfumò subito, e lasciò il posto alla compassione.
– Non li hai minacciati, vero? – disse, senza voltarsi.
– Un po'.-sorrisi coi canini scoperti- In ogni caso è servito allo scopo. Molti erano scettici…– diede
un'ultima occhiata al ragazzo dai capelli rossi e mi riguardò con aria comprensiva.
– Almeno non hai ucciso nessuno, stavolta! Devono essere proprio disperati per accettar il nostro aiuto…
– Sono più che disperati! La loro gente viene continuamente depredata dai vampiri, che chiedono
tassazioni continue. E i tributi non comprendono solo denari, cibo e altri prodotti, ma anche persone.
– Persone? Oh, per Fergus… – aveva uno sguardo inorridito. .
– Che c’è?
– Non ricordi, Shaar? Il Negromante ha detto che i figli di Morlack facevano esperimenti sugli umani del
luogo... senza alcun motivo, ma solo per pura ritorsione sulle sofferenze che ha patito lui! .
– È vero…Hai ragione. Beh… spero scelgano almeno la gente giusta... – dissi, scrollandomi le spalle.
– Shaar-Naik! E dire che speravo che stessi iniziando a capire! Una vita è sempre una vita! Ti ricordo che
anche noi eravamo come loro, un tempo… e non tutti noi eravamo esattamente dei benefattori!
– Sì certo... Quindi, secondo la tua logica, un omicida vale come una ragazzina. Tzé...
– Non è quello che intendevo! Perché continui ad accanirti così tanto con loro? Credevo che li avessi
risparmiati per misericordia… non perché ci servono!
– Non venirmi a far lezioni di strategia o di utilità druido. Lavoravo per i sarafan e per chiunque volesse
uccidere qualcuno, una volta! So benissimo come sono veramente gli esseri umani! Se non soffrono non
imparano! E noi siamo qui solo per correggere un errore del negromante, non per magnanimità verso la
loro specie!
- mi rifuto di credere che Soul ci abbia dato questo colpito solo per mero interesse personale!
-E’ un vampiro! E inoltre.. a me non interessa se è un interesse personale o meno. Queste missioni sono
il mio passatempo... stragi... incendi... da mercenaria lo facevo perché lo dovevo fare.. ma da vampira è
il motivo per cui aiuto l'alleanza. E inoltre...-scossi la testa pensando alla mia vendetta sui rahabim e su
Driel-Kan. Guardai il mio medaglione, la mia prima vampirizzazione. Lui seguì il mio sguardo
-E’ un oggetto molto bello. E sento della magia in esso. L’hai preso da umana?
-Si.- lo accarezzai e poi guardai il mieitore. -Per favore Asgarath, so che sei abbastanza sensibile da
accogliere la mia richiesta. Non chiedermi altro su quest’oggetto e sul mio passato.- lui scosse la testa
fissandomi. Mi chiesi che aveva capito quel mietitore sul mio conto.
–Si, vampira. In ogni caso, mi rifiuto di creder che l’Alleanza sia così cinica… E poi… Un momento… TU, eri
nei sarafan? No no non voglio sapere altro… – mi disse, sconvolto e irato.
– No, ero un Angelo della Morte dei Sarafan. Badavo ai loro affari più loschi, in modo tale che non
rischiassero di venir coinvolti. E adesso basta! Se non vuoi che ti morda!
– Oh, per favore… Non lo sai che chi beve il sangue di un mietitore diventa tale? Se ti sconvolgp tanto
ora, non oso pensare come diverresti nell’avermi sempre in mezzo ai piedi, visto che poi dovresti
trasferirti da Repsen…. – il druido incrociò le braccia, ridacchiando.
Lo guardai per un attimo, senza parole.
-No grazie. Preferisco la mia vita da cinica sanguinaria.
-va bene, la non vita è tua. Spetta a te decidere cosa farne. Spero solo che questa strada che intraprendi
non ti conduca alla perdizione.- gli feci un sorriso amaro. Era già sulla strada della perdizione. Da quando
ero stata abbracciata. Mi allontanai da lui , tornando dagli umani mentre Asgarath scuoteva la testa con
una mano negli occhi,(quel povero mietitore sarebbe impazzito con me, lo sapevo) e mi concordai con
Georg della partenza verso il villaggio. Decidemmo di partire subito: io non potevo viaggiare di giorno..
Inoltre, lui e i suoi volevano tornare a casa il prima possibile! Quindi Sellammo i cavalli, e iniziammo la
marcia verso Siegthar, decisi a porre fine alla piaga che la funestava, ognuno con le proprie ragioni.
Dopo la discussione avuta con lui, Asgarath era alquanto taciturno e mi ignorava volutamente, assorto in
chissà quali pensieri. Se ne stava in groppa al cavallo di Georg, assieme a lui e ci precevano al trotto.
Ogni tanto vi scambiava qualche chiacchiera e in breve i due avevano stabilito subito una certa sintonia.
Georg era piuttosto diffidente nei confronti del bizzarro essere demoniaco, ma io avevo garantito per lui,
quindi aveva accettato la sua compagnia senza obbiettare. E non gli ci volle molto per entrare nelle sue
simpatie.
Freur invece, lo guardava male e spesso gli lanciava occhiatacce. Era evidente che non si fidava affatto di
lui. Quell’uomo sarebbe stato un problema…
Io montavo assieme a Phil, l’uomo che aveva perso i bambini. Per rompere il ghiaccio, cercammo di
accordarci sul piano di attacco alla residenza dei Morlackim.
– Io ho visto come è fatta.– disse lui a un certo punto.
–L'hai vista? – chiesi al ragazzo. Lui annuì
– Orsù, racconta, allora! Anche il più piccolo dettaglio può servirci! – chiese Asgarath, voltandosi verso di
noi.
– Si, è una specie di castello. Un'ampia struttura di roccia, imponente. Impossibile entrare per vie laterali
senza permesso. Si sono piazzati proprio bene: è contro la parete rocciosa, in fondo a una gola, ed è ben
difesa da ogni tipo di attacco! Credo che l’abbiamo edificata su qualche miniera abbandonata… Ai lati del
bastione ci sono due piccoli accampamenti, dove montano la guardia alcuni vampiri. Impossibile arrivar
dal fondovalle senza esser visti da loro! Una volta li abbiamo seguiti, sapete… – si rivolse agli altri uomini
– quando hanno portato via Ametista a Grahab... li portano dentro il castello.
– Quindi devono esserci delle prigioni. – commentò il druido.
-Si, di sicuro. Hanno decimato il nostro villaggio, ormai non resta nessuno per opporre resistenza. E
quando ci abbiamo provato...
-Si, non è mai servito a nulla! – disse Freur – Siamo troppo deboli! Avevamo cercato di salvare Ametista
e abbiamo perso metà degli uomini in quel folle attacco. Inoltre, da allora hanno raddoppiato i tributi! Io
continuo a pensare che sia una follia! Non vedo perché dovremmo rischiare la pelle di nuovo per una
flebile speranz….
– Adesso basta! TU! Mi stai infastidendo troppo! – Gridai! Diedi un calcio al cavallo di Phil, che così corse
verso il suo. Poi cercai di agguantarlo. Vedendomi irata, anche Freur spronò il suo animale al galoppo.
Non servì a nulla: lo raggiunsi e feci per agguantarlo in modo da sbalzarlo dalla sella, ma Asgarath e
Georg arrivarono e si misero di fianco a noi. Il druido mi trattenne prendendomi una mano. Il ragazzo,
invece, vedendosi raggiunto era sceso da cavallo e stava intanto scappando.
– Shaar-Naik, non è il caso di fare così, ha espresso solo…
– Tu! Tu Finirai male, imbecille! – urlai verso quell’idiota, che mi guardava impaurito da terra.
– Suvvia, calma, ha ragione anche lui, siamo pochi.– disse Asgarath.
-Si, infatti – disse Georg – C'è bisogno di un buon piano.
– Su questo non c’è problema. Vi assicuro che l'astuzia supererà la forza di quei scimmioni vampirizzati.
-dissi, sicura – Non dovete farvi abbattere già prima che la battaglia sia iniziata da qualche timore, solo
perché in passato vi è andata male!
– Già, ci penseranno i Turelimh ad abbatterci...– era ancora il rosso...
–No, no... Shaar... – il mietitore non riuscì più a trattenermi. Scesi dalla sella, agguantai il rosso per i
vestiti e lo sbattei contro la parete rocciosa che stavamo costeggiando a più riprese.
– Non ...hai ancora...capito che... la tua gente... sta morendo?- Lo sollevai un'altra volta e lo scaraventai
contro un anfratto, lasciandolo in pace. Georg scese da cavallo e venne verso di me… Dopotutto era un
suo uomo.
– Secondo te i vampiri vi lasceranno stare perché hanno preso abbastanza uomini o perché hanno
desiderio di spostarsi? Scordatelo questo! Vi sfrutteranno sino a quando non servirete a nulla, e allora vi
useranno come schiavi o per esperimenti che solo loro possono sapere! – Senza che me accorgessi,
Asgarath era arrivato vicino a me, sconvolto e seccato dal mio comportamento così contradditorio.
Sicuramente non sapeva più cosa pensare, dopo il nostro litigio. Stavo fingendo? O mi preoccupavo
davvero per quelle persone? Mi mise una mano sulla spalla, per dirmi di calmarmi. Ma la verità era che
non sopportavo i vigliacchi: io stessa non avevo fatto nulla per ribellarmi alla mia condizione da umana, e
adesso me ne pentivo. Avrei potuto vivere una vita da donna libera, invece che da assassina schiavizzata.
Mi ricordai che dovevo ancora fare un saltino a casa per salutare la mia famiglia, ora che sapevo
esattamente dove abitavano, ma adesso avevo un'altra missione da compiere...
Mi voltai verso Asgarath. Quel tizio mi stava dando problemi. Avrei preferito eliminarlo subito per non
averne. Ma il buon senso mi diceva che avrei creato timore negli altri umani, e non volevo mi vedessero
come una dittatrice. Non volevo creare problemi a Georg, mi dissi guardandolo... mi stava simpatico,
quell'uomo.
– Georg, dobbiamo mettercela tutta. –gli dissi, cercando di calmarmi. Lui rimase un po' spiazzato, ma poi
si rivolse a Freur. – Siediti che ne parliamo. – gli disse. Discussero un po’ sottovoce. Dopo un po’, Georg
si girò e mi fece:
-Freur sarà con noi. Rimontiamo in sella, così discuteremo del piano…
Cavalcammo per buona parte della serata. Io ero mi ero coperta con un pesante mantello, e montavo con
giovane dai lunghi capelli suo bel cavallo nero. Dopo il battibecco avevo deciso di mettermi più lontano da
Freur quindi decisi di star nella retroguardia. Asgarath, invece era di nuovo con Georg, e stavano
discutendo tra loro mentre galoppavano al nostro fianco. Sembrava avessero trovato una buona intesa.
Dietro di noi tutti e dodici gli uomini, tutti coperti con pesanti mantelli: faceva freddo. Notai che il giovane
che mi portava sul suo cavallo tremava. Glielo resi, dopotutto, non soffrivo il freddo. E poi, doveva
nascondere la sua nuca. Malgrado i suoi capelli lunghi, erano raccolti in una coda. Il desiderio di afferrarlo
per il collo e di bere il suo giovane sangue era troppo allettante... ma dovetti contenermi. Maledissi
Asgarath: avrei dovuto scolarmi Freur poco prima…
A un certo punto, il mio sguardo venne attirato da un paio di ombre sospette che si muovevano nella
vegetazione circostante.
– Ferma!! – tutti si fermarono. Georg si avvicinò e il ragazzo e Asgarath mi guardarono con aria
interrogativa.
– Che succede, Shaar-Naik? – scesi subito da cavallo: avevo visto dei banditi passare tra gli alberi. Presi
due bisacce dal cavallo dell'uomo e sparii tra gli alberi, senza dir una parola. – Ha fame. – Spiegò
Asgarath a quella gente perplessa.
Tornai dieci minuti dopo con la bocca piena di sangue e la borraccia piena.
–Non resistevo più...– mi rivolsi al giovane bruno – ragazzo, scusa, ma ti stavo per azzannare. – lui mi
guardò spaventato, Asgarath seccato.
–Io te l'avevo detto che avresti dovuto cibarti del...
– Cibati tu di un cinghiale, scheletro nano! Io non mangio animali! Poveri animali!
– Poveri uomini no, Eh?- Mi disse Georg, un po' stravolto. Sicuramente sapeva che mi nutrivo di sangue,
ma vedermi con la bocca sporca non doveva essere piacevole. Mi pulii.
– Io mangio solo cattivi se la cosa può farvi star meglio. O non c'è gusto nel catturarli.
–Eh certo, vampira, come no… – Rispose Asgarath. Rimontai a cavallo e io lo guardai storto.
– Parla quello che ha ucciso un animale innocente. Vergogna! Potrei dirlo alla Guardiana della Natura.– il
mietitore spalancò un po' gli occhi, immaginandosi la scena, ma sapeva che non lo avrei mai fatto. Lei
avrebbe ucciso prima me per il poco rispetto che avevo dei luoghi sacri…
– Suvvia uomini! Andiamo! – ripartimmo, e io mi addormentai sulla spalla del ragazzo. Tanto sapevo che
Asgarath sarebbe rimasto all'erta, e che mi avrebbe svegliata se fosse successo qualcosa. Quel mietitore
era alquanto irritante: sii buona...facciamo la cosa giusta...Perché odi gli umani… bla bla bla… bah. Non
poteva fregarmi di meno della cosa giusta. Non esisteva “la cosa giusta”...tranne la cosa giusta per me...
quella si, esisteva. Quel mietitore non amava il sangue, non amava uccidere, e infatti uccideva solo
briganti e criminali. Sempre “se” li uccideva. E inoltre era come se volesse continuamente indagare la mia
psiche. Perché? Per caso complottava contro di me? Voleva per caso uccidermi? Mi promisi di tenerlo
d'occhio. Ma No...era troppo buono per complottare qualcosa di subdolo. E lo avrei già scoperto.
Lo stavo fissando, e sicuramente sentì il mio sguardo nella sua nuca; si girò : i nostri sguardi si
incrociarono, il mio pungente e profondo, il suo un po' imbarazzato ma al tempo stesso fermo.
Continuava a guardarmi mentre pian piano iniziai a chiudere gli occhi...
--SHAAR NAIK – ASGARATH – MISSIONE : L'IRA DEL DRUIDO CORROTTO – PARTE II
Il villaggio di SiegThar
Mi svegliai quando arrivammo a Siegthar. Era mezzanotte e, se quello era un villaggio, Asgarath era il
Guardiano dell’Energia. Era edificato su un’ampia vallata delimitata dalle montagne circostanti. Mentre
Scendemmo, io e il druido ne fummo al tempo stesso disgustati e affascinati. Forse un tempo era una
bella contrada ridente, ma ora era solo un luogo di disperazione, un luogo dove la morte era sopraggiunta
con la forza e dove aleggiava ancora, seminando paura e follia. Proseguimmo stupiti: era notte, ma tutti
erano ancora svegli. Forse ci aspettavano. Tutti mi fissavano, sicuramente non mi avevano riconosciuta
come vampira. Tuttavia, il mio pallore spettrale stava insospettendo alcuni di essi: mandavano tutta la
famiglia o ciò che ne rimaneva dentro le case.
Già… le case… erano tutte ridotte malissimo: vetri rotti, persiane rovinate e staccate, mura crepate e
danneggiate. Alcune erano semibruciate, forse distrutte da qualche incendio appiccato dai morlackim per
divertimento o ritorsione verso qualcuno che si era opposto loro. E, infatti, benché fossero mezze crollate
e senza tetto, esse erano ancora abitate da qualcuno: vecchi, bambini, donne e uomini vestiti di stracci e
ridotti peggio dei mendicanti di Meridian. Le colture erano bruciate, le stalle erano semivuote, i pollai
deserti. Quella gente non aveva cibo. Asgarath era sconvolto…. E furioso. Gli tremavano le mani dalla
rabbia. Si diresse subito verso gli sfollati cercando di aiutare quelli che trovava come poteva. Georg e gli
altri lo seguirono e gli diedero manforte.
Io invece mi tenni in disparte, passeggiando per quelle vie anguste e desolate. Notai che alcuni si
radunavano accanto ad un piccolo fuoco acceso dentro una cesta di metallo dove facevano bruciare una
strana erba mista a dell'olio, e ne respiravano il fumo. Oppure la prendevano, la arrotolavano e se la
mettevano in bocca, accendendola.
–È per non soffrire la fame. – disse il giovane bruno dai capelli lunghi, che si era avvicinato a me. –
Quell'erba permette di farci mangiare di meno.
– Non vi rende aggressivi? – lui mi guardò stupito.
–No...
–Mh... Io ne conosco un'altra, che rende aggressivi. La usano alcuni soldati. Io non ne ho mai fatto uso,
non ne ho bisogno.
– Il che non è affatto rassicurante.– commentò il ragazzo.
–Lo so, non è una novità. – dissi ridendo.– A proposito umano, come ti chiami? Sei stato così gentile da
portarmi sul tuo cavallo, e non so nemmeno il nome del padrone di quello splendido collo.
– Il mio nome è Nikox. Grazie del complimento, in ogni caso. Spero tu non debba mai assaggiarlo. –
disse, coprendoselo con il mantello. Risi, ma mi resi subito conto di quanto quella risata echeggiasse
solitaria: mi guardai intorno, e tutti ci guardavano. Asgarath stava già dando una mano ad alcuni bimbi,
cercando di confortarli e di divertirli cun po’ con la sua magia. Vidi che produceva uno strano fuoco
azzurro dalle sue mani… Stranamente, quando glielo mostrava, essi sembravano tranquillizzarsi., I
genitori erano molto impauriti da ciò ma vedendo che la creatura non faceva loro del male , dato che era
stata raccomandata da Georg lo lasciarono fare.
A me, invece, la distruzione piaceva, ma non mi piaceva vedere i bambini e le fanciulle soffrire. Guardai
una ragazza bionda che aspirava l’olio e l’erba: qualcuno sarebbe finito con la testa nel cesto ardente del
fumo per questo.
– La gente non parla, Shaar-Naik. – mi disse Asgarath, tornando dai bambini.
– Ne sono sicura. E' meglio se non diciamo perché siamo qui.
– Si, seminerebbe il panico esattamente come quel Freur! E poi, non credo che vedan di buon occhio le
due Cattedrali. . Comunque, c’è qualcosa che non mi piace in quell’uomo..,E non è solo per come mi ha
accolto. . Sento ambiguità in lui, quando lo guardo.Temo che ci possa far qualche brutto tiro… La paura
rende folli...
Lo cercammo con gli occhi, ma era vicino a Georg. Tirammo un sospiro di sollievo. Asgarath andò da
Georg e iniziò a discutere con lui:
– Georg, quando verranno i prossimi “esattori”? – chiese
– La gente ha detto che giungeranno fra poco… A quanto pare, han deciso di farci una visita a sorpresa.
Hanno chiesto... – si bloccò. L’uomo aveva un’aria molto contrita.,… e sospettosa. Forse temeva che fosse
colpa nostra… Che venissero per noi… O forse che li volevamo tradire…
Stavo per parlagli, ma qualcosa interruppe la nostra conversazione: un uomo biondo stava bussando
animatamente alla porta di una casa in condizioni disastrose: avrebbe potuto tirarla giù se avesse
continuato a battere così forte. Finalmente aprì un uomo, ma il biondo lo prese per la maglia e lo buttò a
terra, poi andò sopra e iniziò a dargli dei pugni.
– Ti insegno io a dire che dovrei essere preso io perché non servo a nulla! – alcuni uomini guardarono
distrattamente la scena, ma non fecero nulla. Anzi, passarono davanti senza alcun interesse.
– Basta!– Georg aveva parlato. I due uomini si fermarono. – Stanotte non verrà preso nessuno!– tutti lo
guardarono, il biondo iniziò a ridere. Una risata amara… quasi folle.
– Come no, certo... magari combattendo tutti assieme arriveremo alla vittora...ma non farmi ridere,
Georg..,-mi girai verso Freud.
–Questo modo di comportarsi l’ho già visto… è per caso suo fratello?!- sentii un brutto rumore: Georg,
possente com'era, aveva appena tirato un pugno al biondo.
– Gash, stai perdendo la testa. Pure tu...
– Si, pure io! Mia sorella, Ametista... è stata portata via vorrei ricordarti! Ormai non ci resta che morire! E
tra poco arriveranno! – sentii dei rumori in lontanaza.
–STANNO ARRIVANDO! – la gente iniziò ad urlare. Tutti corsero subito barricarsi dentro le loro case,
mettendo dei sacchi davanti alle loro porte. Dovevano essere i tributi. Alcuni vigliacchi misero anche dei
bambini vicino ai sacchi. Senza volerlo, inizai ad emettere un suono simile ad un ringhio: avrebbero solo
dovuto provare a toccare quei bambini. Anche Asgarath lui era furente, e guardava la scena con rabbia.
Gli uomini di Georg fecero altrettanto e ci lasciarono, andando dalle rispettive famiglie per non destar
sospetti. Io mi appostai con lui in un luogo meno in vista. Georg andò ad accorglierli.
I morlackim erano arrivati: erano venuti con due carri: in uno vi erano delle armi e delle armature
magiche, messe lì per essere usate in caso di ribellione del gregge umano… Nell’altro invece vi era una
grossa gabbia di legno fatta di rovi intrecciati. Erano cinque e si fermarono al centro della piazza.
Scesero, lasciando lì le armi… Erano sicuri che la loro forza e le loro abilità vampiriche fossero più che
sufficienti contro i villani.
Non avevano tutti i torti: erano molto possenti e tarchiati: avevano una muscolatura eccezionale e
indossavano delle cinghie con degli spallacci col simbolo del loro clan. Avevano lo stesso viso dei turelim,
ma erano più aggraziati: il muso era meno sporgente, i lineamenti meno brutali e le orecchie più piccole.
Ciò nondimeno, conservavano comunque lo stesso sguardo feroce e bestiale Asgarath li guardava
incuriosito. Era la prima volta che vedeva dei vampiri corrotti.
Si avvicinarono alle case e con fare spaccone, uno di loro, disse:
– Bene, vedo che ormai sapete bene cosa fare! Per ricompensa, oggi forse vi lasceremo qualcosa! Se ne
avremo voglia! … Detto ciò, tre di loro andarono a raccogliere i tributi, mettendoli nel carro delle armi.
Alcuni ridevano soddisfatti, altri si divertivano a schernire la gente dalle porte delle loro abitazioni,
ringhiando e digrignando,. O mostrandoli i canini.
– Per quanto ancora dovete depredare il nostro villaggio?– chiese Georg, avvicinandosi furibondo.
–Per quanto ne avremo voglia. E ora vediamo chi di voi ci farà l’onore della sua compagnia questa
volta…– disse uno di essi.Mi voltai verso Asgarath, che tremava di rabbia.
–Non dire nulla, Shaar-Naik. Se a te questa situazione fa venire rabbia, immaginati lo stato del mio cuore.
–Andiamo.-dissi, decisa.
–No, non ancora.
– Come no? Cosa aspetti?– guardai i vampiri: uno di essi aveva sfondato una porta, era entrato in
un’abitazione e stava trascinando fuori una fanciulla, la quale gridava isterica.
-Questo, aspetto! Andiamo! – Io e Asgarath uscimmo allo scoperto, dirigendoci verso il capo dei turelim,
il quale si vide consegnare quel trofeo sotto lo sguardo impotente di Georg.
– E quelli chi sono? – disse il mostro, che stava per assaggiare il collo della giovane fanciulla. Come tutta
risposta, presi uno dei coltelli che usavano i villici per pulire il pesce, mi avvicinai un poco fischiettando, e
lo piantai nella fronte di uno dei vampiri. Egli grugnì delle volgari scemenze, e si estrasse il pugnale dalla
testa. Gli sanguinava piuttosto copiosamente, ma si stava già rimarginando. Tutti si girarono verso di me.
L'effetto sorpresa era sempre il mio preferito.
-Salve! Come va'? Ah... Scusate per il coltello, ma non posso usare le mie armi preferite per questo
schifo.
– E tu chi sei, umana? Mi chiese un vampiro. Mi misi di fronte a lui.
-Umana?- risi scoprendo i denti, e lui capì. Fece qualche passo indietro.
-Una vampira?
-Oh si... chiodo scaccia chiodo...vampiro scaccia vampiro... – sentii un passo leggero e veloce dietro di
me. Doveva essere Asgarath. Si fermò di fronte ai vampiri e gli puntò il dito contro.
– Adesso, basta, bestie! Lasciate stare questa gente, se non volete provare voi del vero dolore!-i vampiri
non si scomposero, ma si limitarono a guardare il mietitore. Dopo di che iniziarono a ridere.
-E tu chi sei, nanetto?- Asgarath aveva il suo mantello, non avevano riconosciuto la sua natura.
-Il mio nome è Asgarath, e sono un druido. Lasciateli stare immediatamente, e consegnatevi senza
opporre resistenza, e forse saremmo clementi con voi…
–Ah si? – inziarono a ridere –Sai che puoi fare druido? Puoi...
Asgarath si scoprì il mantello, mostrando la sua vera natura. Subito dopo evocò la sua spada: una lama
fantasma rossa come le fiamme dell’inferno balenò sul suo braccio, crepitando.
I vampiri fecero un passo indietro.
–Una vampira...un mietitore... l'Alleanza...
–Già, bastardo, e trema perché hai scatenato l’Ira dei guardiani! Il Cerchio non è rimasto indifferente a
questo dolore! Arrendetevi! – disse il druido, puntando la spada alla gola di un turelim.
Non credetti alle mie orecchie: non avevo mai visto il mietitore così… così aggressivo. Scoppiai a ridere
involontariamente. Lui mi guardò un poco, poi feci cenno di lasciar perdere e ritornai seria.
Il loro capo non si scompose più di tanto e fece segno agli altri due di attaccarci. Ci piovvero addosso
come saette. Io usai il MIST, e non fui colpita. Mi materializzai subito dietro quello che mi aveva aggredito
e che mi aveva superata per lo slancio, e gli conficcai gli Hydra in gola. Notai che l'acqua non gli faceva
nessun effetto, quindi gli feci uno squarcio dal collo ai glutei, con tutti i centimetri delle mie lame. Il
vampiro cadde a terra e lo pugnalai al cuore. Mi girai e vidi il capo dei vampiri inorridito. Asgarath aveva
appena decapitato quello che lo minacciava e aveva affondato la mietitrice contro un altro suo compagno.
Le loro carni avevano preso fuoco e stavano spandendo nell’aria un acre odore di bruciato..
– Trema …perché ci hai fatto imbestialire! E tu, molla quella ragazza! – dissi al capo. La lasciò andare e mi
venne incontro. Io ero imbestialita per quello che avevano fatto alla ragazza: mi avvicinai a lui e ad un
certo punto mi fermai e gli diedi un calcio in pieno petto: andò a finire nel cortile sabbioso di una casa
vicina alla piazza. Si rialzò e mi attaccò con un pugno: mi prese allo stomaco, ma fortunatamente usai il
MIST in tempo e mi sfiorò appena. Usò un proiettile telecinetico e mi colpì di striscio ad una gamba:
avevo inziato a sanguinare. Usai il REPEL e mi avvicinai a lui: i suoi colpi non mi potevano fare nulla, anzi
molti gli ritornavano addosso, scaraventandolo al’indietro, e così iniziai a massacrarlo di pugnalate: se
provava a difendersi con le braccia squarciavo pure quelle.
Alla fine mi allontanai per ammirare la mia opera. Sanguinava dappertutto e le braccia erano ridotte in
brandelli. Cadde a terra.
–Eh no, con te non ho ancora finito. –lo presi per le orecchie e gli misi la testa in uno dei cesti ardenti del
fumo- Questo è da parte di quella ragazza laggiù.- iniziò ad urlare e lo lasciai sgolarsi: era troppo debole
per dimenarsi troppo. Solo quando il fuoco gli aveva ormai devastato i viso, lo tirai fuori.
Mi girai: Asgarath se la stava vedendo con l’ultimo rimasto: se la cavava bene, il mietitore: era abile con
la sua mietitrice, e molto veloce nello schivare i colpi. Con un'abile mossa, schivò un proiettile cinetico, né
parò uno con la spada e un terzo lo deflesse contro il nemico. Approfittando della sua distrazione, gli
amputò un braccio, ed egli cadde a terra, sfinito e gravemente ustionato.
-Wow omino blu, hai conquistato punti simpatia.- i vampiri corrotti avevano rinunciato a combatter e
alzavano le mani in segno di resa. lui mi guardò un poco, e poi mi chiese:
-Shaar-Naik, che ne dici di convincere quello che stai tenendo in mano a collaborare?– io lo guardai
stupita.
-Mi stavo giusto chiedendo perché non l’ho ancora ucciso...però, devo ammettere che per una volta la tua
pietà ci è stata vantaggiosa. Bravo, omino blu, non ci avevo pensato.- infatti avremmo potuto chiedere al
capo dei vampiri informazioni utili sul loro covo. Oppure addirittura farci accompagnare.
-Allora, parla!-disse Asgarath. -Come facciamo ad entrare al vostro covo? Ditecelo!
Ma il vampiro non parlava. Il druido si avvicinò e gli avvicinò la mietitrice al volto… ancora ustionato come
era dal fuoco, per il vampiro era un autentica tortura aver quella lama bruciante così vicina. – Avanti!
Parla o ti lascio raggiungere i tuoi simili per mano della mia alleata!
-Uhuh...-sogghignai un poco scrocchiandomi le mani... il vampiro sembrò ripensarci.
-Non...non si può...
-Come sarebbe non possiamo entrare? Ci deve essere un modo...- gli dissi, gentilmente.
-N-no... ci sono guardie dappertutto, non potete. L'unico modo per entrare è entrare da prigionieri...
-Sei...sicuro?- gli dissi, accarezzandolo con un Hydra.
-S-s-si... sicuro...-Questo lo lasci decidere a noi, se permetti! – gli ingiunse Asgarath.
-Ma hai sentito cosa ha detto? .– gli dissi
-Che l'unico modo per entrare è da prigionieri. Un bel niente! Non ci faremo attirare in una trappola.
Costui ora ci dirà esattamente tutto quello che vogliamo sapere! Georg, vai a prendere delle catene per
legarlo! - ci fu un attimo di silenzio, ma poi Georg obbedì e tornò con dei ceppi da cavallo.
-Tu sei un folle. Non ti riconosco più.
- No, io son solo un mietitore che ha visto anche troppo. Posso passare in luoghi che gli altri non possono
valicare… Te lo sei già dimenticata? – il druido mi fece il cenno del glifo dello spostamento. – Posso
superare le guarnigioni nel regno spettrale e neutralizzare le sentinelle prima che ci scoprano,
materializzandomi vicino a loro! E sono sicuro che esistono dei passaggi segreti, per entrare! Quando
voglio so essere molto silenzioso. Quindi il problema non è come entrare, ma quello che ci aspetta
dentro! E ora, Faccia-da-Coniglio ce lo dirà, se non vuole conoscere l’Uno. – Asgarath si abbassò il
bavero, imitando il gesto di divorare un’anima.
Terrorizzato, il Turelim annuì. Io risi.
-Mietitore, guarda che sono io la vampira qua! In ogni caso, l’idea di entrare da prigioniera non è niente
male…-guardai il vampiro corrotto-Avanti te! Parla!-sbottai impaziente.
– S…si… vi dirò tutto! Tutto quanto… – disse, gemendo, E mentre veniva incatenato da Georg., iniziò a
raccontarci…
IL FORTE DEI MORLACKIM
ASGARATH
Come aveva detto Phil durante nostro il viaggio verso Siegthar, la reggia di Morlack si ergeva con tutta la
sua imponenza alla fine di una stretta gola situata fra le montagne, in cima a un dirupo. Era una grossa
fortezza eretta con le arti magiche del turelim e del suo clan sopra quella che un tempo era un miniera di
rame, poi abbandonata e dimenticata dagli esseri umani una volta esauritasi. Il bastione era scolpito nella
stessa roccia della montagna… Non era un insieme di pietre e mattoni come gli altri castelli, ma un unico
blocco di pietra, scolpito e modellato per l’occorrenza. E, come aveva detto l’uomo che aveva perso i figli,
esso era pressoché inespugnabile: la fortezza era piccola, ma molto ben difesa: l’enorme sbarramento
delle sue mura esterne la proteggeva contro ogni assalto dall’esterno. Ai lati di quella insormontabile
barriera rocciosa, inoltre, vi erano due piccoli accampamenti, ognuno eretto ai piedi di un torrione. Da
quelle alture, essi dominavano tutta la vallata sottostante, e chiunque si avvicinava a quel luogo veniva
scorto subito dall’acutissima vista dei vampiri. Sembrava proprio che fosse un poste inespugnabile…
almeno dal punto di vista di un umano.
Ma Faccia da Coniglio aveva detto molte cose a me, a Shaar e alla brava gente di Siegthar… Non solo
sulla fortezza, ma anche sul suo clan e su tutti i segreti del castello.
Morlack aveva iniziato a reclutare nuovi figli vampiri pochi anni dopo esser sfuggito a Soul: aveva
raggiunto un clan di Turelim e l’aveva assoggettato con la sua magia. Nuovamente infusi del suo dono
oscuro, quei vampiri si erano risollevati dal loro stato animalesco: avevano acquisito forma più umana e
aggraziata, e mitigato le loro debolezze alla luce e all’acqua. Giacché i vampiri corrotti anelano
soprattutto al potere e al dominio, questo bastò a garantire a Morlack la loro totale e assoluta devozione.
I suoi primi figli erano due ed erano i suoi luogotenenti più fidati: istruiti dal druido corrotto sulle arti
magiche e sulla natura, costoro dominavano nel castello, nel mastio che si trovava oltre gli sbarramenti.
Erano i suoi attendenti principali.: custodivano la fortezza quando lui non c’era ed eseguivano tutti i suoi
ordini.
Gli altri invece, erano stati abbracciati in seguito, e quindi, sebbene avessero le stesse capacità, erano
meno evoluti, ed erano solo turelim di basso rango. Quelli che si occupano della raccolta degli umani e
che io e Shaar avevamo sterminato erano solo i più deboli. In tutto, i Morlackim erano una quarantina…
E, quindi… ne restavano 32! Oltre ai due luogotenenti, infatti, vi erano una decina di loro apprendisti… gli
altri venti, invece, erano completamente negati in magia, ma eccellevano nel combattimento e
difendevano il forte da eventuali assalti. Indossavano armature leggere, e si armavano con le armi
elementali forgiate dai loro superiori. Erano estremamente pericolosi. Metà di loro sorvegliava il cortile
interno della fortezza… l’altra, le torri ai lati del suo ingresso. Come riuscire a espugnare quella trappola
mortale?? Per fortuna, avevamo un piano.
Infatti, alle nostre minacce, Jerrod (questo il nome del turelim che si occupava dell’approvvigionamento
dell fortezza e del rapimento degli schiavi,) si era rivelato molto collaborativo. Grazie a tutte le
informazioni che ci aveva dato in pasto, ora avevamo trovato un modo per acceder al forte e liberare
quella gente.
L’unica via possibile per accedere al cortile centrale era un angusto passaggio scavato nella roccia… Esso
era bloccato da un enorme macigno e lo si poteva smuovere solo dagli ingranaggi che si attivavano dalle
torri. Quell’informazione ci bastò. Sfortunatamente, egli ignorava ciò che a noi interessava di più: Morlack
aveva chiaramente intenzione di vendicarsi di Soul per le sofferenze patite. Aveva atteso secoli per
questo, vivendo solo con quello scopo, e ora finalmente era pronto. Ma, purtroppo, Faccia da Coniglio non
sapeva che cosa avesse in mente,né a cosa servissero tutti quei prigionieri e quegli esperimenti che
Morlack faceva sul loro conto: lui e i suoi scagnozzi erano di basso rango, in confronto agli altri, e spesso
erano derisi e bistrattati proprio per questo. Sfogarsi sulla povera gente era l’unica soddisfazione che
avevano… Prima di incontrare noi.
Pazienza; Se lui non ce lo diceva, l’avremmo scoperto noi per conto nostro! E, dopo un giorno esatto dagli
eventi di Siegthar, qualche ora dopo il calar del sole, iniziò il nostro assalto.
Erano circa le nove di sera. Mi trovavo ai piedi del torrione ovest, nell’altopiano su cui si trovava
l’accampamento. L’aria aveva un odore freddo, pungente. Faceva freddo e il respiro si condensava davanti
al naso. Io ero andato in avanscoperta, nel regno spettrale, laddove non potevo essere scoperto: mi ero
arrampicato per le affilate pareti rocciose ai lati della fortezza, saltando ora su un macigno, ora su un
altro per arrivare in cima. Alla fine, dentro una piccola nicchia della montagna, avevo trovato un portale.
Mi stavo riposando un po’, e studiavo la situazione Prima di intervenire. Fui fortunato: quando mi
materializzai, non avevo nessun vampiro davanti.
Nell’accampamento vi erano cinque turelim che montavano la guardia. Li spiavo da dietro un masso. Tre
erano attorno al fuoco, e stavano mangiando della carne… carne umana! Due non si vedevano. Dovevano
essere dentro la torre. Le sentinelle erano piuttosto corpulente… assai più dei turelim da quattro soldi che
avevamo affrontato a Siegthar. In questo, Jerrod non aveva mentito. Decisi che la tattica migliore era
coglierli di sorpresa. In questo, non potevo fallire. Afferrai un sasso e lo tirai vicino a me, in modo da
attirar l’attenzione di qualcuno di loro.
– Che cos’era? – gridò uno di loro, drizzandosi le orecchie.
– Cosa?
– Ho sentito un rumore.
– E allora vai a controllare, no?
Titubante, il Turelim prese la sua lancia e si avvicinò a me. Feci dietro front e mi riparai nell’anfratto ove
vi era il portale. Se mi avesse distrutto, avrei potuto materializzarmi rapidamente. Avevo trascinato lì
un’anima aspirandola ed era pronta per essere ingerita in caso di evenienza. Cautamente, il vampiro si
avvicinò a me. Drizzò le orecchie, e annusò l’aria. Forse sentì il mio odore, perché a quanto pareva…
decise di dar un’occhiata dove mi trovavo. Più vicino… Sempre più vicino… Ancora un passo… Mi vide.
– Salve bastardo! – Lo salutai, dopodiché saltai roteando su me stesso. Il fendente gli staccò la testa di
netto e la sua carne si incendiò-.Non fece in tempo né a dar l’allarme, né a lamentarsi. Uno di meno.
Afferrai la sua lancia prima che cadesse a terra e mi diressi verso gli altri due, uscendo dal mio
nascondiglio.
I due vampiri erano talmente impegnati a mangiare, che mi videro solo quando scavalcai il macigno che
mi celava alla loro vista. – Ehi, ma quello è un… Gli lanciai addosso la lancia impregnata d’Aria, che lo
infilzò da parte a parte. Il vampiro crollò a terra esanime, col sangue che gli colava dalla bocca… Poi, Il
potere della lancia fece il resto, e le sue carni esplosero.
– Un mietitore, bravo! Hai indovinato! – Gli dissi. Saltai giù e piombai nell’accampamento. Rimasto solo, il
suo compagno imbracciò uno spadone e decise di affrontarmi. Stranamente, non chiamò aiuto. Forse
voleva vantarsi coi suoi superiori di avermi ucciso tutto da solo? Che idiota…
Iniziammo a girare lentamente attorno al fuoco, scrutandoci a vicenda. Lui con la spada, e io con la
mietitrice. Ogni tanto mi sparava un proiettile cinetico, ma non erano molto rapidi e non mi era difficile
evitarli con degli scarti. Alla fine, gridò e mi corse contro, calandomi addosso un fendente. Lo parai con la
reaver e gli sparai contro un proiettile cinetico… Lo allontanò solo di pochi passi. Ripetei l’operazione,
cercando di scaraventarlo nel fuoco… Funzionò le prime volte, ma poi la creatura si accorse del mio trucco
e iniziò a pararli e a scartare. Presto cominciai a stufarmi. Quel gioco stava durando troppo. Non avevo
molto tempo, prima che i suoi compagni scendessero ad aiutarlo. Sparai 3 proiettili di fila: uno lo evitò,
uno lo neutralizzò con uno suo, il terzo lo colpì di striscio. Approfittai di quella distrazione e lo investii con
un getto di fiamme azzurre scaturite dalla mia mano sinistra. Quella mossa lo colse completamene di
sopressa: il vampiro venne respinto dal fuoco magico, che si avventò con una furia estrema sulla sua
carne corrotta. Balzai in un attimo addosso a lui, lo disarmai afferrandogli il polso che reggeva l’arma e lo
finì con un affondo al cuore. Divorai la sua anima.
– Ma cosa sta succedendo laggiù?!?! – gridarono due voci scendendo di corsa le scale. Dannazione! Mi
avrebbero scoperto! Mi misi contro il muro della torre I due vampiri corsero fuori talmente in fretta che
non si accorsero nemmeno di avermi superato. Si trovarono davanti i resti a brandelli dei loro compagni.
– Non è possibile! Chi può aver fatto questo? – strillò il comandante, che indossava un’armatura runica.
– Io!
Si voltarono e mi videro, sgranando gli occhi. Gli saltai addosso con una furia inaudita tempestandogli di
fendenti infuocati. Il comandante fece appena in tempo a sguainare le sue spade, parando i colpi, ma
l’altro non fu altrettanto fortunato: schivai una sua artigliata chinandomi e gli mollai un fendente alle
gambe, staccandogliele di netto. Purtoppo, il capo del plotone fu più astuto: si avventò su di me con
ambo le sue spade: due lame ricurve, dal bagliore verdognolo. Dovevano essere impregnate di Terra!
Rotolai a terra appena in tempo per non esser tranciato in due. Ma non ero preparato a quello che
avvenne: una potente scossa tellurica si produsse dal suolo, laddove le lame lo colpirono, sbilanciatimi e
impedendomi di rialzarmi.
Furente, l’animale si diresse verso di me. – Quindi L’Alleanza ci ha scoperto, eh? Bene! Il Padrone non
aspettava altro!
Arretrai strisciando a terra, retrocedendo verso uno dei cadaveri dei suoi compagni.
– Il tuo padrone è una razza in via di estinzione… esattamente come te.
– Stai delirando nanetto! Ti farò a pezzi!
– Beh, allora perché tergiversi? Fallo! NO? – gli lanciai un proiettile cinetico caricato al massimo della
potenza, ma la sua armatura stranamente, lo respinse senza colpo ferire. Sgranai gli occhi, e il mostro
rise sonoramente. – Tutto qui, non sai far di meglio?
– Dipende da cosa intendi per “meglio”… – dissi, continuando ad arretrare! Il tremore era quasi finito. Il
bestio si spazientì e mi caricò: Era proprio quello che volevo: Afferrai la lancia d’aria che era rimasta a
terra, dopo l’esplosione del suo compagno e gliela scagliai contro con tutta la mia forza. Non servi a
molto: egli si portò le sciabole di terra a protezione del corpo, incrociandole. A contatto con l’elemento
opposto, la lancia esplose. L’onda d’urto magica ci sbalzò ambedue indietro con una furia inaudita.
Mi rialzai da terra per primo e corsi verso il mio nemico: una delle lame si era disintegrata nell’urto, ma
l’altra era ancora in buone condizioni. Quando lo raggiunsi era in piedi anche lui. La telecinesi non
l’avrebbe dissuaso, vista la sua corazza…Non mi restava che un’alternativa… Raccolsi tutte le mie forze e
scagliai il fuoco magico contro di lui… Ma, ancora una volta l’armatura lo respinse,… Il turelim però stava
accusando il calore piuttosto seriamente. Continuai, spingendolo lentamente all’indietro… Non andava
affatto bene! Per alimentare quella magia, io utilizzavo la mia stessa energia vitale…. Inoltre non sapevo
ancora controllarla bene! Se l’avessi lasciata sfogare troppo, sarei finito nel regno spettrale…
Ma decisi non demordere: c’era troppo in gioco. Feci appello a tutto me stesso e raddoppiai la potenza
della fiamma… Fu uno sforzo inumano. Finalmente. La carne del vampiro iniziò a bruciare., e l’armatura a
scaldarsi..ma erano solo ustioni superficiali. Allo stremo delle forze, ebbi un’idea:… speravo solo di
ricordarmi bene le interazioni alchemiche. Diressi il getto contro la lama impregnata di Terra che il
guardiano aveva in mano: Come sospettavo, la lama non reagì bene: si tramutò rapidamente in magma,
e colò addosso al vampiro. Lanciò un grido devastante, poi prese fuoco. Furente, gli balzai addosso, e
affondai la mietitrice nella testa, incenerendogli il cervello… Rimasto decapitato, e ormai bruciante, il
vampiro crollò a terra e rapidamente si disfece in polvere…
Caddi in ginocchio anch’io, stremato e ansimante. Se quella era la forza di un drappello… Come potevo
sperare di aver la meglio da solo su un intero clan? Forse Freur aveva ragione, nel definirla una follia…
No, non dovevo pensare in quel modo. Il pessimismo di quell’individuo era davvero contagioso… Mi feci
forza e abbassai stancamente il mantello, risucchiando l’anima del comandante… Mi sentii subito un po’
più in forze. Avevo smesso di ansimare…. Mi rialzai a fatica, e mi diressi verso la carcassa del soldato. La
perquisii e trovai, su ciò che restava dei suoi pantaloni, una piccola pietra magica… Interessante.. La
presi.
Salii in cima alla torre, arrivato in cima, vidi una stanza con alcune asce appese al muro in una
rastrelliera… un tavolo in cui i vampiri stavano giocando a carte… e uno strano meccanismo, con un
incavo della stessa forma della pietra. La inserii e sentii scattare qualcosa. A quanto pareva, avevo
sbloccato uno dei due meccanismi che ostruiva l’entrata al castello. Sospirai. Bene, il mio compito l’avevo
fatto. Passai nello spectral e mi rifocillai delle anime dei vampiri uccisi prima. Fortunatamente, non vi
erano sluagh lì, altrimenti sarei rimasto a secco. Questo mi rimise del tutto. Dopodiché discesi dalla
montagna e mi misi a correre in direzione del torrione orientale, ove secondo il piano, si sarebbero diretto
Shaar e gli altri, che avrebbero preso possesso della seconda guarnigione.
Stavolta, eravamo in molti: la nostra difesa del villaggio di Siegthar aveva scaldato i cuori e riscosso gli
animi di molti dei suoi abitanti: di fronte alla speranza che davamo loro, più di trenta persone si erano
unite a noi… Inoltre, Freur aveva smesso di lamentarsi, e perfino Grahab aveva smesso di malmenare gli
altri. Anche lui ora era dei nostri! Phil invece, era misteriosamente sparito il giorno dopo… Strano… Molto
strano. C’erano state ricerche, ma nessuno l’aveva trovato… Dove diamine si era cacciato quell’uomo?
Sentivo che c’era qualcosa che non andava in questo. Ne avevo parlato con Georg, e lui mi disse che, da
quando aveva perso le figlie Phil non era più lo stesso: ogni tanto amava isolarsi, stare per i fatti suoi…
Questo potevo capirlo… ma non capivo perché non si fosse unito alla nostra spedizione, quella sera,
quando lasciammo Siegthar al tramonto... Che avesse avuto paura? Strano! Era così determinato a
vendicarsi…
Ad ogni modo, finalmente avevamo la nostra piccola armata: uomini adulti per la maggior parte… Ma
anche qualche donna che aveva perso la famiglia per mano dei vampiri e che, come Phil, non aveva più
niente da perdere, a combattere… Ve erano due: Jessica, e Marie: la prima era una cacciatrice che aveva
perso i genitori, (per intenderci, quella che era stata quasi azzannata davanti ai nostri occhi) la seconda,
invece, una scalatrice provetta, ed era anche la moglie di Phil. Sulle prime Georg aveva rifiutato, ma lei
aveva insistito talmente tanto dopo la scomparsa del marito, che l’uomo non seppe dirle di no. Del resto,
il tormento che Phil fosse stato preso da qualche altra pattuglia, era molto grande, ed era cresciuto col
passare delle ore!
Scacciai quei pensieri e decisi di tornare alla missione. Quella gente aveva bisogno di me…Non potevo
mancare. Phil era scomparso, ma stare a ipotizzare e supporre non l’avrebbe riportato indietro. Quindi
tornai al mio compito: raggiungere Shaar e l’armata. mentre percorrevo il sentiero nella loro direzione,
mi chiesi quale segreto celava nel suo cuore quella strana vampira.
Non avevo mai conosciuto una persona così contraddittoria: da un lato era sadica, sanguinaria e quasi
animalesca a volte, ma dall’altro aveva comunque una sua sensibilità. L’aveva mostrato più di una volta.
Chissà cos’era il medaglione che portava sempre al collo. Emanava un’aura di potere… Era chiaramente
magico… Sembrava pieno di sangue…sangue nero liquido… Che razza di roba era? Conoscevo solo una
cosa che poteva aver quel tipo di sangue… me l’aveva raccontato Fergus una sera di inverno, dell’antica
leggenda dei 5 sarafan che uccisero il potente e “mostruoso” Janos Audron, strappandogli il cuore…
Sarafan che poi avevano incontrato una tragica fine nel pieno dei loro anni e della loro virilità… Sarafan
come quelli per cui lavorava Shaar Naik… Speravo solo che non facesse la fine di Janos, o di quegli
uomini…
IMBOSCATA E TRADIMENTO
SHAAR NAIK
Qualche ora prima, sulla strada del forte…
– Allora, ti ricordi cosa devi fare, Asgarath?
– Certo, io vado al torrione occidentale e elimino le guardie. Tu prendi gli uomini ed elimini le guardie del
torrione orientale, apri l’ingresso, stani i vampiri di guardia e fai entrare tutti… Non è esattamente una
passeggiata, ma sono sicuro che ce la faremo.
– Lo abbiamo ripetuto trecento volte ormai, Shaar-Naik.– mi disse Nikox, sorridendo.
– Già, anche se non ti fidi della nostra forza fisica, fidati almeno della nostra memoria! – ci disse Phil.
Iniziammo a ridere, ma il fatto era che avevo un brutto presentimento.
– Non sono certa delle vostre capacità mentali ma sono certa del buon sapore del vostro sangue. –risposi,
con un sorriso truce. Mi guardarono un po’ agitati e vidi un mezzo sorriso da parte di Asgarath. Ormai
stava iniziando ad abituarsi alla mia ironia.
– Ehm… Comunque non crediate… Non è nulla di speciale, il mio sangue. –disse Phil– Ora partiamo! Io e
Hurt andiamo in avanscoperta. Tra dieci minuti siamo qui! –Prese una donna e la abbracciò. Doveva
essere la compagna. – Torno subito, amore mio.
Partirono, lasciando me e gli altri indietro. Eravamo nel canyon, a metà strada dalla fortezza, e il sole era
appena tramontato. Avevo volato laggiù sotto forma di pipistrello e poi gli altri mi avevano raggiunto.
Eravamo accampati in una macchia di arbusti, in cima a una delle cenge della gola.
Passò diverso tempo, e la gente non tornava.
Vedendomi pensierosa, Asgarath si avvicinò a me e mi chiese:
– Sei agitata, vampira? – mi disse, in tono canzonatorio.
– Non agitata, ma c’è qualcosa che non va’. –mi girai – non avremmo dovuto portare quel tipo là dai
capelli rossi. Giuro che se fa qualcosa di sbagliato o se succede qualcosa di strano me lo scolo. – Asgarath
guardò Freur. Vidi approvazione nei suoi occhi da spettro.
–Non piace nemmeno a me. La botta che mi ha dato mi fa ancora male… Però non fare azioni avventate.
–Io non faccio mai azioni avventate. Io massimo manifesto le mie emozioni. Sono una tipa molto
sensibile, sai?! mi offendo facilmente.
– Meno male che sono diventato un mietitore…
– Sei noioso e antipatico. Non capisci l’umorismo.– gli dissi.
– Probabile. – commentò il mietitore, con noncuranza, e si allontanò. Adoravo punzecchiarlo, era il mio
unico divertimento, dato che non potevo giocherellare con gli umani.
Passarono alcuni minuti, noi restavamo in silenzio, gli altri discutevano sul da farsi.
–Asgarath, guarda là.– qualcuno urlava: era una delle nostre donne: urlava tra le lacrime, perché era
passato troppo tempo, e gli uomini non erano tornati. Si diffuse il panico.
–Asgarath…
– Si, Shaar- Naik, ho capito. Vado.- lo vidi sparire.-mi rivolsi agli umani, con tono fermo:
– Calmatevi, ora Asgarath controllerà la situazione.
Ma il mietitore tornò tempo dopo, e tutto quel che seppe dire era che non erano rimasti che brandelli dei
corpi, ma si potevano intravedere le impronte dei Morlackim partire da un lago di sangue dove c’erano
una bisaccia e una spada…
La moglie di Phil scoppiò di nuovo in lacrime, e lasciai che gli altri umani la consolassero. Maledizione, ci
avevano scoperto… avrei dovuto mandare Asgarath in avanscoperta sin dall’inizio…
*** giunti al forte… ***
Dopo la scomparsa di Phil e Hurt, avevamo deciso di raggiungere il castello ancora prima. Gli uomini
volevano vendicarsi. Quella sera faceva freddo, ma questo non diminuiva la loro determinazione.
– Ehi, Shaar-Naik siamo pronti.
–Ti ho detto di chiamarmi signora, stupido ammasso di sangue! – era Freur. Mi alzai dal masso da cui
guardavo la fortezza dei nemici, mi spolverai i vestiti e mi incamminai.
–Vado avanti io.
Eravamo in un bosco vicino al castello, ben nascosti, e vicini al bastione est. Presi la forma del MIST e
tenendomi bassa senza farmi vedere andai verso la prima guardia.
Si stava grattando la testa, e guardava verso il torrione. Non sembrava pericoloso, ma aveva una bella
ascia che sarebbe potuta diventare un problema. Guardai a destra: altre due guardie vicino ad un
accampamento controllavano la situazione. Io le fissai: uno di loro sembrava abbastanza sveglio. Era
armato di un arco con frecce bianche che sembravano impregnate d’aria. Egli avvicinò verso un altro
vampiro, che era seduto e stava affilando una spada. Vidi che controllava il bosco e parlava con il
compagno d’armi. Mi allarmai e guardai nella loro direzione. Fortunatamente vidi un piccolo animale
selvatico che stava sbranando una lepre in modo feroce. La osservai anche io per un po’, ammirando la
bellezza di quel crudo ma naturale spettacolo, e ritornai dal gruppo di umani.
Vidi che mi aspettavano ansiosi, e alcuni di essi consolavano la moglie di Phil, Marie. Guardai quello
spettacolo freddamente, poi iniziai a spiegare:
– Sono quattro. – dissi. – uno ha un’ascia ed è il più vicino. Posto a sinistra. Non è molto sveglio:
tranciategli quella stupida testa.
Due sono a destra vicino ad un accampamento, e sono arcieri. Fate molto attenzione a loro: sono
pericolosi e hanno frecce speciali. Dovremo stanare loro per primo. Ci penserò io.
Un ultimo è posto vicino al cancello della torre, e ha una bella spada. Georg, lo lascio a te questo.
– Perfetto.– disse Georg. – Voi – disse, indicando delle ragazze, Grahab,e altri che non conoscevo – Voi
stanate il primo di cui ci ha parlato Shaar-Naik. Voi invece verrete con me – disse indicando il resto degli
umani, insieme a Freur.
– Io partirò per prima.– sfoderai gli Hydra – Ah, prima che mi dimentichi….qualcuno rimanga di guardia
per quello. – e indicai Jerrod, il vampiro corrotto che avevamo portato con noi dalla cittadella e che
Asgarath chiamava continuamente Faccia da Coniglio. Avrebbe fatto la sua parte in quella storia.
–Io vado.
Mi avvicinai il più possibile ai bordi della foresta e scrutai i vampiri. Un arciere si era allontanato dagli
altri.
– Perfetto. – presi bene la mira e lanciai un Hydra alla base del suo collo. Lo presi in pieno. Mi avvicinai
correndo velocemente e gli tranciai la testa mentre si accasciava al suolo. Uno in meno.
L’altro arciere si accorse della mia presenza e mi scaglio una freccia. La spezzai con l’Hydra mentre mi
veniva addosso, ed esplose vicino alla mia testa. Girai la faccia troppo tardi: una scheggia si conficcò
nella mia fronte.
– Agh… – Mi ripresi giusto in tempo per schivare un’altra freccia; guardai fisso il vampiro, che
sogghignava sicuro che non mi sarei potuta avvicinare.
– Guarda che anche io ho una buona mira, idiota. – e gli lanciai un Hydra nella mano. Il vampiro urlò e
fece cadere l’arco: non mi avrebbe più dato fastidio con le sue frecce. Mi avvicinai e gli diedi un calcio in
pieno petto, e con un gesto rapido lo sgozzai, presi una freccia e gliela lanciai proprio nello squarcio,
facendolo aprire ancora di più; tolsi l’altro mio fido pugnale dalla sua mano, e lo pulii dal sangue usando i
suoi vestiti. Dopo di che gli tolsi l’elmo e gli schiacciai la testa.
Brandelli di cervello mi riempirono le scarpe.
– Però, non mi aspettavo di trovarne tanto.
Mi guardai intorno, mentre mi strofinavo con noncuranza lo stivale sui suoi calzoni: le ragazze, Grahab, e
altri umani stavano stanando il vampiro con l’ascia: Grahab lo avevano immobilizzato tagliandogli le
gambe e Jessica gli aveva appena tagliato la testa con la sua spada.
La situazione con vicino al portone era ben diversa: il vampiro stava avendo la meglio; non avrei potuto
permettere che il vampiro vincesse. Così presi l’arco impregnato d’aria e mirai al vampiro.
– Georg! – lui si girò di scatto, insieme a tutti gli altri umani che conoscevano il suo nome e io fulminea
feci scoccare la freccia. Lo presi ad una parte scoperta della gamba, e la freccia impregnata di aria gli
fece esplodere l’arto.
– Adoro le esplosioni. – subito gli umani lo disarmarono, ma il vampiro era forte per cinque uomini: diede
un pugno a un umano e prese per il collo Grahab, che stava soffocando. Vidi Freur che con un gesto
inaspettato staccò la mano al vampiro con una spada sottrattagli, ed egli emise un rantolo di dolore.
Georg decapitò il vampiro all’istante, facendogli esplodere la testa con la sua spada luminescente.
Dovevo ammettere che ci sapevano fare, per essere degli umani. Fischiai per dire loro di ritirarsi il prima
possibile, prima che altre guardie sopraggiungessero. Guardai la torre occidentale, pensando ad
Asgarath: speravo che facesse fuori il maggior numero di vampiri.
Tornammo alla radura, dove i feriti si medicarono e i guerrieri si riposarono. Mi avvicinai a Jerrod, mezzo
stordito e incatenato, e gli sussurrai all’orecchio, destandolo:
– Ora tocca a te…
***Qualche minuto dopo, dentro la torre…***
–COOSSSSSSSSSSA? Si sono ribellati? – la voce del vampiro con l’armatura grigia risuonò per tutto il
portico.
– Sì, sì, giuro! Sono riuscito a scappare solo io!- il vampiro con l’armatura grigia guardò Jerrod con
cattiveria. Una nuova figura vestita di blu fece la sua presenza: entrò da una porta fatta a masso in fondo
al corridoio, che dava sicuramente al centro della rocca. L’ala orientale, come tutte le altre, era separata
dal cuore del castello e la chiave dell’apertura era una runa di carica, che teneva in mano il nuovo
arrivato in quel momento. Andò verso di lui, un po’ accigliato, e chiese:
–Cosa è successo?
– Ah, Belk. Questo è l’unico sopravvissuto all’ultima spedizione dagli umani.
– Cosa?
– Ma…ma… ! No, non è and…-balbettò Jerrod.
–Zitto! La verità è che siete degli imbecilli, mandano i più scarsi a fare questi lavoretti, a sottomettere
degli inutili umani. E voi che fate? Vi fate sopraffare? –il vampiro grigio guardò gli ostaggi.– E l’unica cosa
che siete riusciti a portare sono un paio di schiavi e una donna! Fai pena!
I due vampiri guardarono il gruppetto di umani vicino a Jerrod, e i loro sguardi si fermarono soprattutto
sulla figura femminile che il vampiro teneva stretta a sé.
O meglio, sulla figura femminile che lo teneva stretto a se…
Infatti, se solo avesse fatto una mossa falsa, lo avrei sbudellato dalle spalle. Ma a quanto pare qualcuno
fu più veloce di me: il vampiro dall’armatura grigia lo decapitò. Belk scosse la testa.
– Guarda che ci sarebbe potuto servire per ricostruire i fatti.
– Non c’è nessuna scusante per loro… erano dei perdenti!Piuttosto…- Si avvicinò a me, e io finsi di
tremare. Abbassai lo sguardo, e i miei piccoli falsi singhiozzi scossero il mio corpo. Lui mi prese
delicatamente il viso tra una mano e mi guardò fisso. Chiusi bene la bocca nascondendo i denti,anche se
ero coperta da una sciarpa.
– Beh, almeno una cosa l’ha fatta giusta. Questa è mia.– il mio io si sdegnò:“tu sei mio, imbecille. Vedrai
come ti spezzo le braccine se non la smetti di parlare.” pensai, mentre mi guardava il collo con desiderio.
Mi leccò una guancia bagnata dalle mie finte lacrime, e a quel punto il mio sdegno non mi permise di
lasciar correre. Gli afferrai la lingua con gli artigli, e lo guardai fisso negli occhi… era disorientato, ma allo
stesso tempo stava cercando la sua arma.
Gli misi un piede nel petto e gli diedi un calcio. Il vampiro fece un volo di due metri lasciando una scia di
sangue in aria. Io mi ritrovai con la sua lingua in mano. La guardai per un po’, dopo di che mi misi a
ridere e iniziai a farla ondeggiare.
Corsi a prendere la sua spada caduta in terra ma non riuscii a decapitarlo: gli tranciai soltanto il braccio
sinistro e la mano destra, che aveva usato per proteggersi.
-Fermo, lingua lunga!– ma notai che l’altro vampiro chiamato Belk, inorridito dallo spettacolo del
compagno che soffocava nel suo stesso sangue, iniziò a indietreggiare un poco. Poi iniziò a scappare.
– Ragazzi! Finite quel chiacchierone! – iniziai a inseguire l’altro vampiro. Lui mi serviva: aveva la runa per
accedere al cuore della fortezza. Lasciai così Nikox e Grahab con il vampiro a terra disarmato. Vidi Grahab
combattere con una delle spade rubate al carro dei vampiri, al villaggio, una lama di un bellissimo colore
smeraldino, che a quanto pareva, avvelenava le carni colpite…
Raggiunsi Belk e usai STUN per colpirlo, e anche se non era particolarmente potente nei vampiri corrotti,
lo vece inciampare. Si stava per rialzare, quando gli conficcai tutti e due gli Hydra nella schiena e mi
arrampicai sopra di lui. Lui si alzò e continuò a camminare,e iniziò a sbattere la sua schiena (e quindi
me ) al muro.
-Stai fermo maledetto! Tanto ti uccido lo stesso!- Presi l’Hydra e glielo conficcai alla gola. Dopo di che
gliela squarciai sino a quando non smise di muoversi.
Soddisfatta, presi la pietra dalla sua sacca
-Te l’avevo detto…- dissi, ridendo della faccia inorridita del cadavere.
Tornai dagli umani: Grahab aveva una ferita alla schiena.
– Ho sistemato quel vampiro… siete in grado di proseguire? –g li chiesi. Loro annuirono: erano
determinati.
Aprimmo il cancello interno della torre e… ci ritrovammo di fronte a tre vampiri. Sicuramente dovevano
aver sentito dei rumori. Due di loro erano vestiti di blu, e uno di rosso scuro.
-Ehm… buonasera….-notai che stavano guardando la runa che avevo in mano. La nascosi dietro la
schiena, assumendo un’aria da bambina pestifera- siamo venuti qua per controllare le serrature… a
quanto pare funzionano quindi…
-Quindi avete finito di vivere! Ridammi la chiave!- mi urlò il vampiro vestito di rosso. Si stava per
avventare su di me, e gli lanciai la runa in piena testa con tutte le mie forze.
-Uhuhuh…- sfoderai gli Hydra, pronta al macello come sempre. – Cautela! – dissi agli umani.
I tre gridarono e ci corsero addosso infuriati. Uno di loro tentò subito di darmi un fendente, ma con MIST
non ebbe nessun effetto. Usai REPEL e mi avvicinai a loro tre, occupandomi per primo dei vampiri con
l’armatura blu: con gli Hydra tagliai la gola ad un vampiro, e la carne dell’altro appena sotto il busto
dell’armatura, facendogli uscire le frattaglie.
Il vampiro con l’armatura rossa mi prese alle spalle immobilizzandomi, ma uno dei due uomini gli creò un
nuovo foro da cui respirare, piantandogli la spada nella schiena. Ne approfittai per girarmi e tagliai
definitivamente la testa al vampiro che tentava di richiudersi la ferita alla pancia, e mi allontanai con
MIST dal campo di battaglia: il REPEL era finito.
Nikox e Grahab erano riusciti a mettere con le spalle al muro l’ultimo morlackim vestito di blu:
quest’ultimo aveva perso molto sangue e le armi magiche stavano aiutando loro molto.
Mentre li osservavo, il vampiro si divincolò e scappò , impaurito. Urlai ai due uomini:
– prendetelo! Non lasciategli dare l’allarme!
Nel mentre il vampiro con l’armatura rossa, che doveva essere il comandante della sezione, stava
venendo verso di me con una spada. Usai lo stun, ma non retrocesse di molto. Incrociammo le lame:i
miei due pugnali e la sua spada si scontrarono, e riuscì con la sua forza a scaraventarmi e a farmi cadere.
Mi stava per dare il colpo di grazia con la sua spada, ma con una veloce capriola all’indietro mi rimisi in
piedi. Gli diedi un calcio e lo disarmai. Lui per tutta risposta si scaraventò su di me e mi prese per il collo,
sollevandomi. Mi diede un pugno allo sterno, così da farmi tossire sangue.
– Vampira… dove pensavi di andare? – era davvero forte…
-Non avrai creduto sul serio che saresti entrata qua e ci avresti uccisi tutti?
-E perché no? Siete soltanto un ammasso di muscoli in decomposizione…- mi diede un pugno
-Ahah… ora vedremo se avrai ancora la forza di agitare quella tua lingua avvelenata… dopo che avrò finito
con te…- … un altro pugno… gli Hydra caddero a terra con un leggero tintinnio di sconfitta, e io non
potevo sopportare un altro di quei fendenti micidiali… ma dovevo. Dovevo. Chiusi gli occhi, strinsi il mio
fido pugnale, raccolsi le mie ultime forze e…il vampiro prese fuoco, mentre una lama fantasma rossa
come il sangue uscì dal suo addome, incendiandolo e passandolo da parte a parte.
– NON SI TRATTANO COSI’ LE SIGNORE! – caddi a terra, e rimasi a tossire accovacciata per un paio di
minuti.
– Shaar-Naik, Stai bene? Hai una cera orribile… – aprii gli occhi: era il mietitore. Ero stata salvata lui.
– Tu?!? – lo guardai storto. Dietro di lui c’erano i due uomini che, a distanza, mi guardavano un po’
preoccupati.– Cosa hai fatto?? -sibilai: mi sentivo oltraggiata.
– Come sarebbe? Ho ucciso il vampiro che… – ma non gli feci finire la frase.
-Tu! Mi hai salvato la vita! No… non ho bisogno di una balia! – tentai di rimettermi in piedi, ma mi faceva
male il tronco. Ritentai, ma ricaddi. Così lo guardai negli occhi: quel mietitore mi aveva umiliata
salvandomi la vita… davo l’impressione di non saper badare a me stessa?
–Ah… avresti preferito che ti lasciassi morire? – mi chiese sprezzante.
– Si, lasciami morire in pace la prossima volta! E… Ce l’avrei potuta fare benissimo da sola. Lasciami fare
il mio lavoro, te vatti a gingillare con qualche bacchetta magica, druido!–lui sghignazzò un poco, e poi mi
disse in tono sarcastico:
– Sì come no… Ho notato come sai prenderti cura di te… – quel tono mi fece arrabbiare. Ogni parola mi
costava una fitta di dolore, però… non potevo fare a meno di agitare la mia cosiddetta lingua avvelenata:
– Sei irritante, mi stai sempre intorno, appari nei momenti inopportuni … da quando sei in missione con
me non fai altro che criticare i miei sani istinti sanguinari e tentare di placare la mia ira contro i vampiri
corrotti! Se dovrò morire, lasciami morire per la mia causa! –lui mi guardò un attimo, stordito.
– Questa non è la tua causa, è la nostra causa…. – mi disse, come se stessi dicendo assurdità. Mi misi a
ridere.
– Ma... tu pensi seriamente che mi importi qualcosa di questi ammassi di sangue caldo ambulanti?– dissi,
indicando i due uomini che sorvegliavano il cancello. – Non mi importa un accidenti del negromante e
tanto meno dei suoi obiettivi. Non mi importa niente neppure dell’Alleanza se lo vuoi sapere, ma finché gli
scopi dell’Alleanza sono i miei ,vi partecipo felicemente… ma ciò non toglie che il mio scopo abbia la sua
priorità. E il mio scopo di vita è uccidere i rahabim e in loro mancanza, qualsiasi altra forma di
vampirismo corrotto. Sono esseri che non meritano il dono oscuro, sono bestie… mi hanno rovinato una
possibile esistenza felice… e voglio la vendetta. E se morirò combattendo, non avrò perso nulla.
Tentai di alzarmi, tossendo, ma riuscii a malapena a stare in ginocchio. Il druido mi guardò,
compassionevole.
– Suvvia… Shaar-Naik, non dire queste cose… non riesci nemmeno a stare in piedi…Lo vedi dove ti sta
portando la tua folle vendetta privata? - Lui tentò di darmi la mano per aiutarli, ma la scacciai con un
colpo, e a voce bassa e tagliente lo avvertii:
-Stammi lontano, mieitore. Stammi lontano.– ero piena di rabbia e delusione. Nessuno mi aveva salvato
la vita, a parte Sylfean in una missione precedente. E da lei lo accettai, perché poteva capire il mio
dolore, e questo ci rendeva vicine come sorelle. Quell’essere color lampone non poteva capire un
accidenti. Mi aveva umiliata col suo gesto.
Mi rialzai da sola e iniziai a camminare. Gli diedi un’ultima occhiata, e gli dissi:
– Non aspettarti nulla in cambio. – lui mi guardò scuotendo la testa.
– Guarda che nemmeno io lo faccio per te! – mi rispose– Ma Soul ci ha affidato questo incarico insieme, e
insieme intendo portarlo a termine? Hai capito? Non ho alcuna intenzione di riportargli il tuo cadavere! E
a parte questo… Credi forse che io sia nato ieri? Credi che non capisca certe cose? Studiavo il
comportamento umano millenni prima della tua nascita! Lo vedo come guardi continuamente il tuo
medaglione! Tu… Tu hai perso una persona molto importante per colpa dei vampiri corrotti.. Considerando
il carattere che hai e quello che facevi da umana, forse è l’unico che ti abbia mai voluto davvero bene!
Per questo vuoi vendicarti! Ma pensi davvero che la vendetta te lo riporterà indietro? O che nel mondo
esistano solo persone spietate e crudeli?! – urlò il mietitore.
Mi diede le spalle, in silenzio, poi si voltò di nuovo.
– Scusa… Non avrei dovuto essere così aggressivo… Io non sono abituato a cose simili…Sono uno
studioso, non un guerriero…… - ma non sentii nemmeno cosa mi disse. La mia mano partii da sola: gli
diedi uno schiaffo in pieno viso. Un silenzio calò nella stanza, e tutto parve fermarsi: la porta principale
che cigolava, il flusso di sangue che usciva dalla testa mozzata del dannato, gli umani,Nikox e Grahab,
che trattenevano il respiro vedendo la scena, Asgarath che mi guardava con i suoi occhi profondi,severi
ma compassionevoli, e io, che mi sentivo ferita nell’orgoglio e nell’animo, nel sentire le parole di quel
druido mietitore.
Il suono del colpo risuono come uno schiocco di frusta. Dopo averlo colpito, non rigirò la faccia verso di
me, ma rimase a fissare l’entrata per la torre orientale.
Io lo guardai per un attimo, e poi mi allontanai.
Gli uomini mi parlarono, con la voce spezzata.
– Signora… do… dobbiamo aprire il cancello per permettere agli altri di accedere? – li guardai un
po’stordita, e mi ripresi subito.
–Si, andate ad aprire quel portone! E se trovate altri vampiri venite a chiamarmi…non affrontateli da
soli!–guardai Asgarath con frustrazione.
–Vengo con voi. – gli umani lo guardarono con aria interrogativa – Sono problemi dell’Alleanza, cose
nostre…- Mi lasciò da sola e andò insieme ai due uomini in una stanza vicina.
– Ma… tutti i vampiri dell’Alleanza sono così… così… – gli chiese Nikox.
– No, alcuni sono ancora peggio… Fatemi un favore… se un giorno vedete un vampiro tatuato dalla pelle
grigia che risponde al nome di Vae, con una spada spezzata, affiancato da un falco nero… lasciate il
villaggio! – il druido rise. – Comunque, non tutti nell’Alleanza pensano solo alla vendetta. Molti miei simili
sono degni di fiducia, come anche molti vampiri, e più volte hanno compiuto gesta davvero notevoli…
– Davvero? Credevamo che i vampiri fossero tutti dei pazzi sanguinari…
– Assolutamente no! Il mio signore Respen, ad esempio…
Smisi di ascoltare le loro ciance. Dunque ero una pazza sanguinaria. La pazzia… forse ero davvero folle.
Con un obiettivo folle. Ma poco mi importava… ma se la pazzia è essere se stessi totalmente e seguire i
propri scopi, beh ne andavo orgogliosa.
Intanto dovevo calmarmi..guardai la testa mozzata del vampiro. Un ghigno prese forma nel mio viso
inespressivo…
– Yuu! - Ero riuscita a far entrare rotolando uno dei suoi due bulbi oculari dentro la sua bocca aperta. Mi
soffermai a guardare la sua lingua, che usavo per fare in modo che il bulbo rotolasse all’interno della
bocca comodamente, dopo di che chiusi di scatto la testa, mozzando la protuberanza rossastra grazie ai
denti aguzzi. – Oggi faccio collezione di lingue a quanto pare.– non sapendo che farmene, la ficcai nella
cavità oculare vuota della testa e mi unii agli uomini. Mi ero ripresa: mi sentivo più in forze. Notai che
Grahab e Nikox avevano indossato le armature che avevamo rubato ai vampiri corrotti… come del resto la
maggior parte dei combattenti.
Ci incamminammo così verso il centro della fortezza.
Sbloccammo l’ingresso ostruito dal masso porta, e superato un tunnel, ci ritrovammo di fronte a un
portale. – Aprite la porta! – alcuni uomini aprirono il portone e mi ritrovai di fronte ad una scena che non
mi sarei mai aspettata:
Un giardino verde, immerso nella luce del plenilunio. Dei piccoli pilastri fatti di ossa che disegnavano un
esagono. Un fontana rossa al centro dell’esagono. Una scala bianca fatta di marmo scuro al lato opposto
dell’esagono da dove eravamo arrivati.
E, sopra la scala, un’armata di guerrieri. Alcuni di loro ci raggiunsero per intimarci di arrenderci.
Una donna urlò, più uomini gridarono infuriati… ma non era per i cancelli che si chiudevano dietro di noi,
e nemmeno per la barriera magica che ci impediva di sfondarlo… bensì…
– Phil! Che ci fai tu tra le fila di quei vampiri, bastardo traditore??
--SHAAR NAIK – ASGARATH – MISSIONE : L'IRA DEL DRUIDO CORROTTO – PARTE III
ASGARATH
Ci avevano circondato, e non avevamo via di scampo. Una dozzina di Turelim armati fino ai denti di frecce
impregnate di vari elementi, e di lance simili a quella che avevo usato prima… Se il loro potere era
identico, non osavo pensare cosa avrebbero fatto a un umano!
Eppure, i nostri guerrieri erano quattro volte superiori a quei turelim: inoltre molti di loro indossavano
armature runiche prese dal carro di Jerrod e dei suoi scagnozzi. Ma le armature erano poche, e
proteggevano solo una dozzina di noi. Georg ne indossava una stupenda, che sembrava quasi forgiata
nell’oro. Aveva un intenso bagliore dorato ed emetteva una vistosa aura visibile anche al buio. Anche se
era stata costruita per i turelim, grazie alla mole e alla prestanza dell’uomo gli calzava a pennello. Anche
Grahab e Freur portavano una corazza: quella del primo aveva un intenso colore verde smeraldo, quella
del secondo era rossa come i suoi capelli, e aveva come stemma il simbolo del fuoco. Gli altri uomini del
loro gruppo che avevamo incontrato la sera prima, invece, avevano solo piccole cotte di maglia incise di
rune, simili a quelle che deflettevano i miei colpi cinetici. Se non altro, almeno loro avrebbero avuto una
speranza in battaglia. Infatti, quelli del villaggio che si erano uniti a noi indossavano solo delle piccole
cotte di cuoio e delle protezioni improvvisate nelle ultime ore, fatte con quel poco che non avevano
razziato i vampiri.
Lo stesso valeva per le armi: Georg aveva una lunga spada recante sopra il simbolo della luce… Grahab
una piccola daga finemente intarsiata e Freur la formidabile ascia con cui mi aveva quasi staccato la testa
la sera prima… Cosa sulla quale avevo soprasseduto, viste le circostanze. Anche gli altri della resistenza
impugnavano spade magiche di minor fattura, ma comunque abbastanza potenti…Tuttavia… le nostre
difese contro i turelim finivano lì: la gente comune era munita solo di archi, frecce e pugnali da caccia…
nel carro dei turelim non ce n’erano abbastanza per tutti.
Insomma, il grosso delle nostre forze non erano messo affatto bene: un corpo a corpo con quei guerrieri
provetti li avrebbe spazzati via in men che non si dica… e anche la loro telecinesi e le loro armi avrebbero
avuto la meglio su di loro, complice una forza e una potenza maggiore.
Prendendoli di sorpresa potevamo anche avere qualche speranza di vittoria, ma così…
Eravamo circondati da ogni parte. I turelim ci tenevano sotto tiro dall’alto, guidati dal loro comandante…
che ci guardava da uno spalto sopra di noi. Non era un guerriero comune: non indossava un’armatura,
ma una pesante cotta di metallo scarlatto, incisa di rune. In mano aveva uno spadone ardente… Capii chi
era: Era Mellock, il secondogenito di Morlack, che aveva il comando delle sue forze di difesa esterna. Uno
dei suoi quattro figli più devoti, di cui ci aveva parlato Jerrod. Il vampiro ci guardava pieno di
soddisfazione… pensando sicuramente alla gratifica che gli avrebbe dato il suo capo per quel servigio.
Phil era al suo fianco. Il vampiro lo guardò sorridendo e gli diede una pacca sulla spalla, ridendo
sguaiatamente.
– Bwahwahha! Bravo umano! Complimenti! Ci hai offerto i nostri nemici su un piatto d’argento. Miserabili
umani! Credevi davvero che non ci fossimo accorti della tua resistenza, Georg? Lo sapevamo da
parecchio, invece! Attendevamo solo il momento adatto per colpire… e ora finalmente è giunto! E ti
assicuro che la tua gente ti sarà molto grata per questo: grazie a te, infatti, ora soffrirà un nuovo tipo di
dolore… che nemmeno s’immagina!
Gli umani guardarono Georg sconvolti e infuriati: chi si sentiva tradito, chi si sentiva deluso. Alcuni
avevano già abbandonato la speranza, e stavano deponendo le loro armi, sperando nella vana clemenza
dei turelim. Freur e Grahab scuoterono la testa… Il primo era teso come una spranga di metallo, e
impugnava l’ascia con una forza tale da rischiare seriamente di romperne il manico… L’altro invece aveva
gli occhi sbarrati e i nervi tesi allo spasmo. Era chiaro che quell’uomo stava per avere una crisi isterica…
Dopotutto, non era mai stato molto razionale… La perdita della sorella l’aveva completamente distrutto.
Georg però, da vero leader non si lasciò intimidire:
– Phil! come hai potuto tradirci così?! La morte e la sofferenza della nostra gente non conta più nulla per
te? E tua moglie? Come hai potuto farle questo?? – gridò l’uomo infuriato, cercando di calmare i nostri
guerrieri, che ormai stavano andando in preda al panico. Il capo villaggio poi guardò Marie e io feci lo
stesso. Era visibilmente sconvolta nel vedere suo marito in combutta con i turelim… Se pensavo a come
quell’uomo era stato così gentile e amichevole con noi, mi veniva il voltastomaco… se solo ne avessi
avuto ancora uno. Guardai Phil negli occhi. Ero al colmo della rabbia. Ma nel suo sguardo non vidi
tradimento… Vidi paura e pentimento. Un profondo pentimento.
– Mi dispiace, Georg! Ma ho dovuto farlo! Cercate di capire… Ne vale della salvezza delle mie bambine! Mi
hanno catturato durante il nostro viaggio. Che altro dovevo fare? Ci avrebbero offerto la nostra vita in
salvo, come anche quella delle nostre due gemelle! L’ho fatto per loro, Marie1 L’ho fatto per noi due! –
gridò l’uomo, guardando la donna. –.E sei stato magnifico! Complimenti! – gli disse Mellock con un’altra
sonora risata. – Ora più nessuno si opporrà a noi! Oggi un villaggio… e quando nostro padre tornerà col
potere dell’Antica Cittadella, avremo anche tutta Nosgoth! Nessuno, nemmeno il Cerchio potrà fermaci!
Guardò me e Shaar, ridendo sguaiatamente, poi scese una scalinata assieme a due guardie armate di
lance, venendo verso di noi, mentre Phil rimase sopra con gli arcieri. Ci guardò dall’alto in basso,
studiandoci.
– Bene! Bene! Cos’abbiamo qua? Un mietitore! Uno dei figli di Respen! Voi non potete morire, ma potete
essere comunque imprigionati! E ti assicuro, piccolo demone, che noi conosciamo mezzi per distruggere
anche voi! Ti spezzeremo, e prima di veder l’oblio sono sicuro che ci dirai tutto, sui nostri nemici!
Lo guardai furente senza rispondere. Non era ancora il momento… Mellock guardò Shaar Naik e le prese il
mento fra gli artigli. – Oh, ma guarda… una deliziosa vampira… Così giovane… Così bella… eppure dalla
parte sbagliata. So che ultimamente hai ucciso alcuni rahabim… perché ti metti contro i tuoi stessi
fratelli?! Perché invece non ti unisci a noi? Potresti ottenere un potere che nemmeno immagini! In poco
tempo avresti delle conoscenze che Soul ti concederebbe col contagocce! PERCHE’ SERVIRE LUI
ACCONTETANDOSI DELLE BRICIOLE, QUANDO PUOI AVERE UN SIMILE POTERE DA NOI? – le gridò in
faccia…
lei storse il naso, prese la sua mano con tra le sue mani e la scacciò.
– E dimmi, le conoscenze che mi proponi puzzano come te, disgustoso essere?
A quella battuta, i soldati del vampiro scoppiarono a ridere. Mellock invece non apprezzò affatto l’ironia di
Shaar. – Stupida, piccola vampira! Sei solo una ragazzina! Che ne sai te dell’immortalità? Ti schiaccerò
qui e ora! Così sarai da esempio per il Cerchio e per questi stolti!
Mellock Ringhiò… E sguainò la sua spada infuocata scagliandosi verso Shaar. Lei però non stette ad
aspettare: balzò all’indietro con sorprendente velocità e sguainò gli Hydra un attimo, lanciandoli alla gola
delle due guardie, l’unico punto scoperto dei loro corpi. I pugnali si conficcarono subito nei loro colli, ed
essi si chinarono scossi dalla tosse, sputando sangue. Mellock li guardò disorientato, come anche gli
umani. Non si aspettavano una reazione così violenta. Era il momento.
– Allontanati e Tappati le orecchie! – sussurrai a Shaar. Lei capì ed eseguì. Saltai addosso a Mellock e gli
assestai un calcio sul petto, allontanandolo, ulteriormente, approfittando della sua sorpresa A quanto
pareva, non si aspettava nemmeno una mia reazione!
– Razza di piccolo… Ora ti insegno il rispetto che si deve agli anziani! – Disse il vampiro! Fece un cenno ai
suoi guerrieri e poi mi attaccò. Vidi che i Turelim stavano per scagliarci addosso le loro frecce ,letali! Non
avevo un istante da perdere! Gettai la coda dell’occhio su Shaar e vidi che si era portata abbastanza
lontano… Avrebbe sofferto, ma mai come quei bastardi…
Quindi, battei violentemente le mani, scagliando attorno a me e addosso al luogotenente vampiro il Glifo
del Suono. Fu un successo: una devastante onda d’urto sonica si propagò nell’aria, investendo l’intero
cortile! Contemporaneamente, tutti i turelim si portarono le mani alle orecchie sanguinanti, e crollarono a
terra in preda a grida e a feroci convulsioni. – Ora Georg!! – gridai, facendo apparire la mietitrice di fuoco
e afferrando una delle lance dei due vampiri feriti da Shaar – Facciamo vedere a queste bestie di che
pasta sono fatti gli Uomini e le Donne di Nosgoth!
Detto ciò, mi scagliai contro le guardie del corpo di Mellock e con un fendente ben piazzato ne feci
rotolare le teste, dando fuoco ai loro corpi. Frattanto, Georg si riscosse dalla sorpresa e decise di reagire:
– Avete sentito, uomini? Presto! Alle armi! È ora che vendichiamo i nostri caduti! – Lo gridò con una tale
forza e fierezza che la gente si unì subito a lui riscuotendosi dal panico. Approfittando dell’effetto del glifo,
sia i suoi guerrieri che i comuni cittadini imbracciarono rapidamente gli archi e, chi caricando frecce
magiche, chi semplici frecce di legno, si unì a noi, scagliando le loro armi contro gli arcieri che ci
circondavano negli spalti. Erano circa una decina, cinque su ogni parapetto… Molti, ancora frastornati dal
glifo del suono, vennero colpiti in pieno, e non riuscirono a scansare in tempo quelle raffiche. Tuttavia, le
loro armature offrivano una protezione notevole e molte frecce venivano fatte a pezzi, respinte o
semplicemente rimbalzate dal loro potere. La prima salva, quindi, ne uccise solo tre, vittime di frecce
elementali di fuoco. L’unico elemento che sembrava davvero nuocerli veramente.
Vedendo ciò, Jessica, che guidava il manipolo dei nostri arcieri, gridò. – Un’altra salva, presto! Mirate alla
testa! È l’unica zona scoperta!
Gli umani di Siegthar eseguirono appena in tempo: l’effetto del glifo era ormai svanito e i vampiri si
stavano iniziando a riprendere… Alcuni si stavano dirigendo verso il cortile discendendo in fretta le
scalinate… altri invece, stavano caricando i loro archi… Questa volta, però, l’attacco andò a buon fine:
colpiti in pieno volto, buona parte di loro vennero falciati dalla nuova pioggia di dardi: alcuni presero
fuoco, colpiti dalle ultime frecce magiche di cui disponevamo… altri vennero sbalzati giù nel cortile dai
parapetti, colpiti dall’esplosione di frecce impregnate d’Aria, e poi vennero abbattuti dalle spade
elementali di cui disponevano gli uomini di Georg, che li furono addosso in men che non si dica. Qualcuno
infine, venne congelato da frecce di Ghiaccio. … e bastò una pietra scagliata con una fionda da un vecchio
pastore per romperlo in migliaia di frammenti. Dopo solo un minuto di combattimento, di quei turelim ne
restavano solo tre… ma bastarono: Due di loro scesero giù, dirigendosi verso la gente, e iniziarono a
sparare contro di essa i loro proiettili cinetici. Erano scariche molto potenti, e una decina dei nostri,
uomini della resitenza e cittadini normali, vennero feriti o uccisi. Vedendo ciò, io e Gorge Freur e Grahab
gridammo con un moto di rabbia: i tre uomini impugnarono le loro armi e corsero ad abbattere quei due…
Io intanto, li lanciai delle scariche di fuoco magico, che li investirono in pieno e che, anche se non gli
fecero granché, li distrarono comunque abbastanza da dar tempo ai tre paladini di arrivare in soccorso
della loro gente.
Fu in quel momento però, che qualcosa mi investì alla schiena: un potentissimo colpo cinetico, che mi
scagliò in avanti con veemenza. Non mi ruppi la spina dorsale solo per pura fortuna, visto che avevo
avuto l’accortezza di accompagnare l’urto, anziché contrastarlo… Ma sentii comunque un fortissimo dolore
ad un braccio… dovevo essermi rotto qualche osso… Inoltre, avevo una ferita alla gamba. Mi rialzai a
fatica e guardai… – Ehi, druido! Ti sei dimenticato di me? Mi deludi! Abbiamo un conto da regolare! Forza!
Fami vedere quanto vale la tua magia!
Era Mellock a parlare… Ripresosi dal Glifo che gli avevo fatto esplodere addosso. Mi faceva cenno di venire
e digrinava i denti, colmo d’ira. – Ma certo, con piacere! Gli dissi… Il braccio della mietitrice era inservibile
ma potevo ancora imp0ugnare la lancia d’aria con l’arto sano. Mi diressi verso di lui zoppicando. Il turelim
scoppiò in una risata! – E vorresti batterti così? Hai un bel coraggio! – Mi lanciò un altro colpo cinetico,
ma stavolta lo parai con la lancia… Il potere d’aria di cui era imbevuta ne neutralizzò facilmente la
potenza e lo respinse verso il cielo. . – Ha parlato proprio un vigliacco che aggredisce i nemici alle spalle
mentre sono distratti. Sei una vergogna per tutti i druidi! Potreste usare il vostro potere per aiutare la
gente, e invece volete solo conquistare… E alla fine che cosa otterrete, senon che polvere e una Nosgoth
devastata?
– IL POTERE! Qualcosa che evidentemente sfida la tua comprensione!! – disse il guerriero, infiammando
la sua spada e scagliandosi verso di me con un affondo. Schivai il colpo e lo respinsi con l’asta. Dovevo
ammettere che quell’arma aveva un’ottima potenza, sia in attacco, che in difesa. … Tuttavia, sentivo il
calore malefico della lama del mio nemico… Non era per niente da sottovalutare. – Il potere non è nulla,
se non sai controllarlo, esso controllerà te! – gli risposi.., Sparai un proiettile e contrattaccai…
continuammo così per parecchio tempo, mentre attorno a noi si consumava la battaglia. Sentivo le grida
di uomini e vampiri mescolarsi in una cacofonia indistinta… Non potevo distrarmi però… Un solo fallimento
e sarei morto. Passarono diversi minuti e nessuno di noi prevaleva: sia io che il turelim eravamo
ugualmente abili: parate, affondi, stoccate… Io cercando di confonderlo roteando l’asta e attaccandolo
con finte, ma lui riusciva sempre ad anticiparmi e parava e deviava i colpi… prestò imparò anche a
difendersi dal potere respingente dell’Aria, e io iniziai ad arretrare… Il sangue che perdevo lentamente
dalla gamba e il dolore dal braccio destro non mi aiutava, e aumentavano… Non potevo nemmeno usare
la mietirrce per difendermi in quelle condizioni.. – Sei abile… Più di quanto pensassi… La mia offerta resta
valida… Unisciti a noi! Diventeresti il druido più potente di tutta Nosgoth! Perché darsi tanta pena per il
gregge umano?! – mi disse a un certo punto.
– Perché io stesso appartenevo al “gregge”. Quindi, come per Shaar, il mio rifiuto resta valido… NO! –
Detto ciò, gli scagliai in faccia una sfera di fuoco azzurra, che lo colpì in pieno e lo fece arretrare,
ustionandolo leggermente. Ne approffittai: impugnai l’asta con ambo le mani, e la infiammai con la
magia… Poi l’abbattei con tutta la forza che avevo ancora in corpo contro di lui… Mellock riuscì a parare il
colpo con la sua spada di fuoco, ma successe qualcosa di imprevisto: a contatto con il mio fuoco magico,
il fuoco oscuro contenuto nella sua spada esplose… La deflagrazione mi sbalzò indietro, ferendomi
gravemente…. Iniziai a perdere consistenza… Stavo per sprofondare nel regno spettrale… Di istinto
abbassai il bavaglio e divorai l’anima di uno dei due turelim scesi in campo prima… appena abbattuto
dagli umani… mi rigenerai abbastanza da snebbiarmi la vista , ma le ferite di prima ce le avevo ancora… E
fu allora che vidi: Mellock si era appena rialzato ed era agonizzante… e fumante d’ira: il braccio che
reggeva la sua arma era completamente carbonizzato e la sua lama magica in frantumi… Il vampiro
inoltre, aveva ustioni profonde in tutto il corpo e la sua cotta era ormai ridotta a un ricordo… ciò
nonostante… era ancora in piedi! E si stava dirigendo verso di me, correndo con una furia assassina. Mi
afferrò e mi sollevò da terra come niente! – TU… – disse con odio… Mi strinse con una forza pazzesca, e
stava per spezzarmi il collo… ma all’improvviso, vidi una lama dorata uscire dal suo petto…una lama che
gli trafisse il cuore… E subito dopo, un potentissimo colpo d’ascia diretto alla testa… che rotolò a terra in
un attimo… Caddi a terra ansimante, circondato da Freur e da Georg… che mi aiutarono rialzarmi…
– Tutto bene, Asgarath? – mi chiese il capo villaggio… Reagii di istinto… Afferrai il mio bavero con l’arto
sano e aspirai l’enorme anima che vorticava davanti a me … e che io solo potevo vedere… Gli umani mi
lasciarono andare… sconvolti dal mio gesto… Risucchiai tutta l’Essenza di Mellock ed essa mi rigenerò
completamente. Davanti ai loro occhi, riacquistai subito perfetta salute. I miei occhi brillavano come
torce… Risi sadicamente, inebriato da quella ventata di energie… Ma durò solo un attimo, e mi ricomposi
quasi subito…
– Scus… Scusatemi… Avevo fame. – Dissi, tentando di giustificarmi… – Se Shaar mangia sangue, io
mangio fantasmi… Ho dato al nostro amico una nuova forma di dolore… quella che voleva far provare a
noi… – dissi, guardando le carni di Mellock che si dissolvevano. Solo allora mi resi conto della stranezza
della presenza dei due.
– Ma… Ma voi… Che ci fate qua? – gli chiesi… Mi guardai attorno e solo allora vidi che la battaglia era
finita: i due turelim che avevano aggredito la gente giacevano morti e mutilati… uno ormai polvere, l’altro
semipietrificato… uccisi dalle loro stesse armi… ironico. Cercai Shaar con lo sguardo: era affianco a Phil e
furente d’ira, gli puntava alla gola i suoi Hydra… Doveva esserseli ripresi durante la battaglia… Ma perché
diavolo non mi aveva dato una mano, visto che erano vicino a me? Non andai certo a chiederglielo: era
troppo furente e stava trascinando il traditore da noi, in modi tutt’altro che garbati. Avevamo vinto.., a
quanto parevo… Ma il sapore della vendetta si tinse subito di amaro, quando sentii le grida e i lamenti di
chi stava soffrendo… Girai lo sguardo e vidi che più di venti persone erano cadute in battaglia: buona
parte era gente comune… I guerrieri di Georg, grazie alla armature invece, avevano ricevuto danni lievi…
il peggiore, aveva solo un braccio e una costola rotta. Ma gli altri erano stati tutti straziati dalla telecinesi
dei due turelim che li avevano aggrediti… e quelli scampati a quel fato, erano stati trafitti dalle frecce di
quello che si era salvato dal glifo e dai nostri dardi… Dov’era? Lo cercai con lo sguardo e ne vidi i resti:
era infilzato contro uno spuntone che sporgeva da uno dei parapetti che cingevano il cortile. Doveva
essere sicuramente opera di Shaar. Ora capisco perché non mi aveva aiutato: era impegnata con quel
mostro, che con le sue maledette frecce stava sterminando tutti! Devo dire che gli aveva fatto un bel
servizio, visto che molte di esse ora ornavano il suo capo… trasformato in un grottesco puntaspilli la cui
pelle era in parte ghiacciata, incenerita, pietrificata ed esplosa.. Shaar… sadica come al solito.
Mi diressi verso di lei e verso gli altri uomini, accompagnato da Georg e dai suoi due compagni. C’era
ancora molto da fare...
SHAAR: IL LABORATORIO DEI PRIGIONIERI.
Dunque quel bastardo era ancora vivo… Mi aveva preso in giro. Lo guardai: lo stavo trascinando per un
orecchio per tutto il piazzale, verso il mietitore e gli umani…
Tsk, il mietitore. Dopo la discussione, il mio istinto sadico si attivava ogni volta che lo guardavo. Avrei
voluto pestarlo. Ma avevo una missione da compiere con lui. Questo però non mi impediva di torturare
Phil, che aveva rotto il patto.
– Ooh, ti farò provare brividi che..nemmeno immagini…– gli dissi, ridendo. Dopo di che, lo presi per la
maglia, lo sollevai e lo buttai ai piedi di Georg.
– Questo schifoso bastardo non ha rispettato il patto stipulato con me. Ti ritengo responsabile, Georg, è
un tuo uomo. E la punizione per questo, secondo il mio codice…
– Lascia che se ne occupino loro, Shaar-Naik – disse asgarath. Feci finta di non aver sentito.
– Allora? Che si fa? Mi avete messo in pericolo, fidandovi di questo essere senza spina dorsale.Qualcuno
deve pagare. – si avvicinarono le donne, la cacciatrice Jessica e Marie, che era la moglie di Phil:
guardandolo ella scoppiò a piangere. Presi allora la faccia di quell’uomo e la misi di fronte a quella di
Marie.
– Guarda cosa hai fatto…guardalo bene… perché morirai sapendo che hai fatto del male alla persona che
ami.– sfoderai un Hydra e con un gesto rapido lo indirizzai verso la sua testa. Quando però il mio pugnale
stava per conficcarsi nel suo collo, qualcuno mi spinse, e il mio pugnale andò a colpire la mano di Phil,
che cadde a terra con un tonfo. Marie iniziò ad urlare e svenne. Io mi girai verso Asgarath, che aveva
tentato di fermarmi.
– Occhio per occhio. – gli dissi. poi mi girai verso il mietitore.
– Sono stanca di te, Asgarath! Questa è una faccenda fra loro e me! Non ti riguarda! – dissi, scacciandolo.
– Senti, Shaar Naik... So che prima ti ho ferita, ma sappi una cosa: anche se le tue azioni per me sono
moralmente discutibili, io apprezzo parecchio la tua onestà e sincerità. Sei spietata, ma hai un notevole
senso dell'onore,e sei insolitamente sincera. Mantieni i patti e non ti ho mai visto mentire...
– E allora, converrai che proprio perché ho fatto con loro un patto di sangue, visto che lui ci ha tradito ora
dovrà pagarne il fio!
– No. Guardalo. Guardalo negli occhi. Cosa vedi? Io ci ho visto rimorso e dolore, quando ci ha imbrogliati.
Non rabbia, non vanità, non sete di conquista o desiderio di dominio. L'ha fatto solo perché aveva paura,
perché aveva paura di morire e perché temeva di far soffrire anche la moglie. Non merita la tua ira, e non
merita la morte.
– E quindi cosa dovrei fare? Venir meno al nostro patto?
– No. Lascialo stare. Lascia che sia il rimorso dell'azione che ha fatto, gli sguardi e i giudizi dei suoi
compagni a punirlo. Lascia che sia la sua coscienza a perseguitarlo. Se lo uccidi, non avrà imparato
niente. Finirà nella Ruota e non gli sarà servito di nessuna lezione.
– La sua vita mi appartiene! Decido io cosa farne!
– Questo è vero. Le nostre due specie sono le sole ad avere il libero arbitrio e a poter modificare le
esistenze degli altri. Ma, proprio per questo, abbiamo una responsabilità ancora più elevata verso coloro
che non hanno il nostro dono. Quindi, scegli bene. Non penso che la morte sia abbastanza sadica o utile
come soluzione... e non credo che sia la scelta giusta.
Ringhiai. Perché doveva sempre mettersi in mezzo per ogni cosa? Come se me ne importasse qualcosa
della mancata capacità di scelta che avevano gli umani verso le loro vitarelle, o di tutte quelle ciance
fatalistiche sul destino… O come se questo giustificasse quell’uomo per la sua idiozia…
Feci per allontanare il mietitore furiosa, ma notai che si era già scostato per conto suo: stava andando a
sincerarsi di quanti fossero stati feriti o uccisi, e di chi invece fosse ancora in grado di combattere. Lo
lasciai stare. Afferrai Phil per il colletto della maglia, e lo guardai negli occhi, fissandoglieli per alcuni
secondi.
Era vero. L'omino blu aveva ragione. Quell'uomo non era un traditore, era solo un vigliacco. Ancora
peggio.
Lo scaraventai a terra e lo lasciai perdere la discussione. Prima o poi quell’uomo avrebbe avuto la giusta
punizione dalla sua coscienza. E poi, gli avevo almeno tagliato la mano.
– Non sei degno di vivere. Ho stretto un patto con il tuo capo…ci siamo stretti la mano. E tu l'hai
disonorato. – Phil mi guardò e si nascose il viso.
Gli girai le spalle e me ne andai.
– Calmiamoci tutti – disse Nikox – ora che facciamo?
– Dobbiamo andare alle prigioni, per vedere se ci sono dei superstiti. – disse Asgarath.
– Va bene. Aspettate. – girai un poco per i corpi dei vampiri nella stanza, sino a quando non ne trovai uno
in fin di vita. Lo girai delicatamente e lo presi tra le mie braccia: era svenuto e aveva una ferita profonda
al petto. Gli sfilai l’elmo e gli accarezzai il viso, come una madre che accarezza il suo bimbo mentre
dorme. Dopo di che, gli diedi uno schiaffo. Il vampiro urlò.
-Ssh… non voglio farti del male.. hai già una brutta ferita sai? È un miracolo che tu sia vivo.-il vampiro
iniziò ad agitarsi e a guardarsi la ferita. Lo accarezzai nuovamente alla fronte, e gli sussurrai all’orecchio:
– Fermo… stai calmo… tranquillo… vivrai, se farai quello che ti dico… ti darò del sangue… Oppure… – gli
feci vedere un Hydra, e glielo passai sulla pancia, graffiandolo. Il vampiro scosse la testa in un gesto
affermativo. Presi una piccola bisaccia del sangue e gliela diedi. Il vampiro iniziò a bere.
– Shaar Naik! Che stai facendo!
– Ci servirà. Le prigioni non saranno di certo incustodite. Lui sarà il nostro garante per l’accesso. – il
vampiro finì il sangue in quel che parve un sorso solo, e si distese. La ferita iniziò a guarire.
– Cosa hai fatto! – urlò Freur. – Vuoi farci uccidere?
– Stai zitto! O vuoi perdere pure te una mano…o qualcosa a cui tieni di più?il vampiro si stava riprendendo: era abbastanza cosciente per capire, ma anche abbastanza debole da
non poter resistere ad un attacco. Era il momento. Gli misi un Hydra nel cuore e premetti un poco, dopo
di che gli dissi:
– Dimmi dove sono le prigioni e da cosa sono protette. – lui rimase stupefatto per il cambiamento di tono:
iniziai a premere più forte e la sua lingua si sciolse.
– Non uccidermi… le prigioni sono nei sotterranei.. c’è una porta laggiù…scendete le scale… ci sarà un
bivio e prendete la diramazione a destra…
– Bravo… e cosa c’è di guardia?
– Due vampiri.. sono di basso livello…sono due ammaestratori…
– Cosa? Ammaestratori?- Asgarath si era avvicinato e guardava il vampiro con aria interrogativa.
– Si... ammaestratori…-ebbi un brutto presentimento.
– e… e cosa ammaestrano?-chiese Georg.
– Chimere.
– Cosa???
– Si… chimere… esseri con zone del corpo provenienti da animali di diversa spe..
– Lo so cosa sono! Ma non pensavo esistessero davvero! Sono leggende!-ma poi ci pensai bene:anche i
windighi lo erano, sino a quando non ne vidi uno pronto ad attaccarmi…
– Infatti… non sono frutto di fantasie di antichi, ma di esperimenti… – ci spiegò il vampiro.
Capii: Morlack non si divertiva solo con gli umani… forse aveva usato gli animali come allenamento, prima
di passare a esperimenti più seri e impegnativi…
– Certo… di Morlack… è ovvio… e sono stati usati per la sicurezza…– disse Asgarath.
– Bene. Accompagnaci, vampiro.
***
Ero coperta da inutili stracci umani, presi da una delle donne di Siegthar. Non potevo presentarmi alle
guardie come la vampira venuta per sterminare i morlackhim: quello lo avrebbero scoperto da soli.
Avevo lasciato tutti gli altri al bivio: avrebbero potuto soccorrermi ma al tempo stesso sarebbero stati al
sicuro. Asgarath intanto se ne era andato per gli affari suoi.
Porco prima eravamo giunti alla diramazione, e dopo aver chiesto dove fossero i laboratori, ci aveva
congedato dicendo:
– Bene. Mentre voi andrete dai prigionieri, io andrò a far visita ai laboratori. Ho delle faccende da sbrigare
lì, per conto dell'Alleanza. – chissà quali faccende avrebbe dovuto sbrigare… in ogni caso era meglio così.
Chi fa da se fa per tre… anche se mi servii di lui prima di lasciarlo andare. Gli chiesi se avesse potuto
scaldare il mio freddo corpo con la fiamma della sua spada. In tal modo, se i Turelim mi avessero toccato,
non avrebbero capito che ero anch’io una vampira.
–… in questo modo non capiranno che sono morta. – lui mi guardò approvando.
– Sei astuta, Shaar. – si congratulò. Io feci un ghigno sarcastico e mi avvicinai a lui, facendomi scaldare
dalla mietitrice.
–Attento a non bruciarmi i vestiti o li ripagherai te a quelle donne.
– Tanto ci penserai te a stracciarli nella lotta. – mi rispose. Mi voltai e feci un ghigno malizioso.
– Ti piacerebbe, brutto pervertito.– risi: Asgarath si faceva imbarazzare facilmente, ed era sempre uno
spasso vedere la sua faccia. Povero mietitore, così puro di cuore e così giusto… Non aveva mai fatto la
parte del cattivo, e si vedeva.
Finì di passar la fiamma vicino al mio corpo, e se ne andò con uno sguardo pieno di raccomandazioni.
Io mi rivolsi agli umani:
– Donne e uomini, voi rimanete qua. Restate uniti e non spostatevi per nessun motivo sino a quando non
vi mando a chiamare, intesi? – dopo essermi assicurata che avessero capito, presi il vampiro per il
braccio e lo portai con me.
– Avanti! Portami alle prigioni.
Attraversammo un corridoio lungo e buio, molto stretto. Dopo di che il tunnel girava ad L.
– È dunque questo il posto? Dietro quel muro?
– Sì, signora.
In effetti sentivo delle voci di vampiri e delle grida di umani, provenire da dietro l’angolo.Ma c’era anche
un suono strano… presto avrei scoperto di che cosa si trattava.
– Perfetto. Grazie e arrivederci. – Presi un Hydra e gli staccai la testa. Era ancora debole e non poteva
resistermi.
Sospirai: adesso sarebbe arrivata la parte delicata. Presi un Hydra e mi versai qualche goccia di acqua
negli occhi, in modo di averli luccicanti. Vidi della terra nei miei stivali. Ne presi un poco e disegnai una
grossa tumefazione sul mio braccio sinistro, che lasciai scoperto. Mi strappai un poco i vestiti in modo da
sembrare uscita da una lotta, e presi un’espressione disperata. Zoppicando e tenendomi il braccio, svoltai
l’angolo.
Subito le guardie mi videro e si misero all’erta. Dovevo fingermi spaventata:urlai e mi misi a correre nella
direzione opposta.
Loro in breve tempo mi raggiunsero e mi sollevarono.
Il più mingherlino si parò di fronte a me e mi chiese:
– E tu? Che ci fai qua?
–Aaah! Lasciatemi! Lasciatemi, brutti conigli troppo cresciuti! – i vampiri risero.
– Non credo…prima risponderai alle nostre domande, ragazzina. – iniziai a piagnucolare.
– Sisisì! Ma lasciatemi stare! – mi misero a terra, tenendomi però per le spalle. Quello più magro si
abbassò e mi chiese:
– Bene, allora dicci, piccolina…da dove sei arrivata?
– mi…mi hanno portata nel castello stamattina…vampiri…come voi… hanno assaltato il villaggio… – il
vampiro più grosso iniziò a mugugnare.
– mmm… Sì, ho sentito parlare di questo fatto. Ma si dice che gli umani si siano ribellati! E che Jerrod sia
stato annientato per la sua incompetenza! Te fai parte del suo ultimo bottino, per caso?
– Sì… Prima di essere stati respinti, sono riusciti a portare via me e i miei fratelli… Oh… poveri loro! Sono
rimasti tutti uccisi in uno scontro che è avvenuto poco fa al centro del castello! – avevo centrato. I
vampiri spalancarono gli occhi.
– Eh Come sarebbe a dire?
– Sì… Poco fa… i ribelli sono giunti fino a qui!… Sembra che Georg si stia facendo aiutare da un vampiro e
da uno strano essere blu dagli occhi spiritati...
– L’Alleanza! Quel Phil ci ha tradito! Lo dicevo a Mellock che non c’era da fidarsi di lui! – rispose quello
grosso.
– Cosa? – azzardai, da brava finta ingenua.
– Zitta, umana! Cosa facciamo ora? – disse quello grosso. avevo fatto centro. Ora uno di loro sarebbe
andato…
– Dobbiamo andare a controllare! Andrò ad avvisare Mellock! Lui saprà cosa fare! Tu occupati di lei! –
disse quello magro, indicandomi.
– Sì, ci penso io. La sistemo subito in cella!
– Ottimo.Ti farò sapere appena posso! Non la passeranno liscia! – rispose quello magro andandosene…
Finalmente!
– Vedrai come ci divertiremo, bella! – il vampiro robusto mi prese in braccio e mi mise in spalla, come se
fossi un sacco di patate. Iniziò a ridere. Io iniziai a scalciare a protestare… spreco di energie inutile. Avrei
potuto ucciderlo in quello stesso istante… e avrei voluto… nessuno avrebbe dovuto permettersi prendermi
in braccio così.
Ma mi serviva. Avrebbe dovuto accompagnarmi all’interno… l’avrei torturato dopo.
Varcammo la soglia delle prigioni.
Poco oltre il cancello d’ingresso c’era una piccola arena con una delle chimere.
La guardai attentamente: aveva la testa di un drago e la coda di un serpente. Il corpo pareva di un leone,
ma le zampe erano equine. Aveva un aspetto possente e feroce, non sapevo se sarei uscita da viva da
uno scontro diretto con quel mostro. Per fortuna, era dentro una gabbia.
Il vampiro intanto mi portò verso uno dei corridoi che si dipartivano a raggiera dallo spiazzo, e che
ospitavano le celle. Notai che erano buie e strette. Mentre entravo, studiai la situazione: i lucchetti delle
porte sarebbero stati facili da aprire, ma l’entrata del corridoio, che si era appena richiusa alle nostre
spalle, era assai complicata da sfondare: era fatta di roccia. Dunque decisi di indebolire subito il vampiro.
Appena fui vicino ad una cella, mi svincolai dalla sua presa e caddi in avanti. Lui tento di riprendermi, ma
mi svincolai velocemente. Capì che c’era qualcosa che non quadrava… troppo tardi. Presi un hydra e lo
conficcai vicino al suo cuore... Scacco. Se avessi spostato il pugnale di mezzo centimetro, lo avrei ucciso.
– Stai fermo o morrai. – lui tentò di darmi un pugno, e spostai leggermente l’Hydra per fargli sentire
lentamente il suo cuore che si lacerava… il vampiro si accasciò.
– Bene bene… ora vediamo.
– Con l’altro Hydra lo accecai, in modo tale che non potesse vedere quel che gli succedeva intorno. Mi
serviva vivo solo perché sapeva dove erano le chiavi delle celle.
– Ascoltami bene ora. Non ho la minima voglia di stare a scassinare tutte le celle, mi vuoi dire dove sono
le chiavi così mi risparmio la fatica?
– NO! – il vampiro mi scagliò un proiettile cinetico alla cieca, che schivai facilmente.
– uhuh… vampiro, ho io il coltello dalla parte del manico…– lui rise. Non mi piacque quella risata.
–Ahah…Davvero, vampira? Cosa pensi che ci faccia quella chimera Laggiù?
– Ma che stai dicendo? Quella bestia non è in questa stanza, è fuori…– non feci in tempo a finire la frase
che il vampiro emise un fischio acuto con la bocca.. talmente acuto che oltrepassava la soglia dell’udibile.
Io mi coprii le orecchie con le mani, guardando la scena stupita. Lo presi tra le mani e iniziai a scuoterlo.
– Che hai fatto? – lui rise, scosso da tremiti di dolore e follia.
– Vedrai…– guardai l’entrata: si vedevano strane ombre fuori dalla porta di pietra. Ci furono dei secondi di
silenzio. Poi..
– Tum… tum…- il vampiro rise ancora più forte. Io capii…
–La chimera! – tolsi il pugnale dal vampiro isterico, senza preoccuparmi minimamente del modo in cui lo
sfilai, e urlai, ai prigionieri :
– Non urlate! Allontanatevi dal cancello della cella! – la porta del corridoio si era aperta. Dovevo chiuderla
per non permettere alla chimera di entrare… iniziai a correre, cercando di raggiungerne la leva. Ma…
–SBAM!-entrò, in tutta la sua maestosità, e il blocco di pietra scivolò alle sue spalle.
Corpo da drago, corpo di cavallo e coda di serpente… la pericolosa creatura si avvicinò a me in tutta la
sua maestosità.
Mi guardò coi suoi occhi fissi. Vide il Turelim agonizzante a terra, e capendo la mia intrusione, iniziò a
sbuffare fumo. Mi spostai appena in tempo per evitare una possente fiammata, che andò a colpire il corpo
del vampiro bruciandolo completamente.
Subito mi si avventò contro, e fu così veloce da riuscire a prendermi in pieno petto con la sua testa; mi
scaraventò dall’altra parte della stanza facendomi sbattere la testa al muro.
– Oh, oh… questa volta sono davvero nei guai…– mi toccai la testa: il sangue usciva copiosamente.
Iniziai a correre cercando un riparo, e notai uno scudo di metallo . Lo presi assieme ad una piccola ascia,
e lo usai per evitare il più possibile le fiammate.
Il metallo però si scaldava: e inoltre ogni volta che rimanevo al riparo, il mostro si avvicinava per
colpirmi: lo scudo mi volò via diverse volte, e le sue fiammate mi impedivano di usare l’accetta.
Mi ritrovai con diverse ferite al busto e alla testa. Ormai non riuscivo più nemmeno a prendere lo scudo
nella mano…
Notai una cella semi aperta, con dentro diverse armi: la chimera non era abbastanza grande per
avvicinarsi, tuttavia…
– Spostatevi il più possibile da quella cella! Presto! – gli umani nella cella affianco si scostarono nel lato
sinistro, e velocemente entrai nella cella. La chimera si incastrò, e emettendo un forte verso di rabbia,
iniziò a scalciare con i suoi zoccoli equini.
tentai di avvicinarmi alla sua testa per colpirla con la scure, ma quella subito mi bruciò una gamba. Caddi
a terra, stremata dal dolore, urlando…
Ero molto vicino all’animale. E un suo zoccolo mi diede un forte calcio e mi porto all’altra parte del muro,
dove erano appese altre armi. Sbattei così forte al muro che alcune armi caddero dalla rastrelliera… aprii
gli occhi per un momento… una balestra… forse potevo ancora farcela…la presi in mano… e mirai alla
testa…
venne preso nell’occhio. Ma non fu sufficiente, e aumentò ancora di più la sua furia...
Mirai all’altro. Emise un rantolo…
Cadde a terra. Proprio di fronte a me. Stava spalancando la bocca… delle scintille stavano uscendo… C’era
un ultima freccia a disposizione, e mirai proprio laddove doveva essere al cuore… mirai…la freccia partì…
sperando che la freccia arrivasse a destinazione, persi i sensi, stremata.
Mi svegliai un po’ dopo, tra le braccia di una delle umane che mi tamponava la faccia.
Davanti a me c’era Georg, che mi guardava un po’ preoccupato. Gli umani a cui avevo ordinato di
aspettare dovevano essersi allarmati per la mia prolungata assenza e avevano mandato un uomo a
controllare. Guardai la chimera: era distesa a terra con la testa che sanguinava, e non si muoveva. Il
capo villaggio mi parlò, avvicinandosi a me con cautela:
-Shaar-Naik, stai bene? – cercai di spostarmi, ma la gamba bruciata mi faceva un male…tentai di
rialzarmi, ma anche il piede era completamente ustionato. Dovevo curarmi… dovevo bere sangue…
Avevo ancora una borraccia, e la finii tutta in un paio di sorsi.
– Altro sangue…– tutti si scostarono da me leggermente; in quel momento pensai che avrebbero fatto
bene a scappare: li avrei potuti azzannare. – Datemi sangue… – Nikox si avvicinò a me e mi parlo a voce
ferma ma comprensiva:
– Ma.. non possiamo darti del nostro sangue… ragiona…– era vero, ma in quel momento non mi
importava. Per curarmi quelle ferite avevo bisogno di dissetarmi,e avevo tanta sete…
– Non mi interessa! Vieni qui te… Finalmente assaggerò quel tuo bel collo! – con uno scatto felino lo presi
per una gamba e lo feci cadere al mio fianco. Lo fermai e i miei denti toccarono pericolosamente la sua
pelle...
– Ferma! Calmeremo la tua fame… Ma col mio sangue! Ma non toccare i miei uomini! – spostai i canini dal
collo del giovane e mi rivolsi a Georg. I suoi guerrieri stavano trattenendo il fiato, contrariati dalla sua
proposta.
– Tu… Tu saresti disposto a fare ciò per la tua gente?- iniziai a ridere… notai che una goccia di sangue
cadeva dalla giugulare di Nikox… era così allettante…
– Ho una controproposta. Andatevene, tornate al cortile e prendetene dai vostri caduti. – lasciai andare il
ragazzo, che scappò via pulendosi il collo. Lanciai la borraccia a Nikox – Tieni. Va’ e riempimele tutte. Per
bene. Ma fa attenzione! Uno dei due vampiri qui di guardia è andato nel cortile per dar manforte ai suoi
compagni quando gli ho detto della battaglia.Non sa che sono tutti morti. È stato appena abbracciato ma
potrebbe darti dei problemi.
–Verrò io con lui! – disse Freur. Georg approvò e gli mandò assieme anche Grahab. I tre uscirono.
– Senti – dissi a Georg – prendi le chiavi da quel cretino laggiù e apri le celle. – Georg si alzò e andò a
prendere le chiavi dal turelim carbonizzato. Io mi abbandonai a terra: la donna che mi teneva era
scappata.
– Mamma!! – sentii delle urla di gioia: mi alzai un poco e vidi Marie che abbracciava due bambine appena
liberate: erano le figlie gemelle di Phil, il traditore. Controllai la stanza: non lo vidi. A quanto pare le
bambine si fecero la stessa domanda.
– Dov’è papa?? – la madre non rispose. Guardai quella scena con un ghigno: sicuramente il padre non
voleva farsi vedere il quello stato.
Dopo poco tempo Freur e gli altri fecero ritorno. Avevano con se il cadavere del giovane turelim scappato
prima, e le borracce. Chiesi loro del vampiro e dissero che non era stato un problema: era talmente
sconvolto dal macello che si era parato davanti ai suoi occhi che era stato una sciocchezza avervi la
meglio. Annusero anche che molte delle borracce le avevano riempite col suo sangue.. Per rispetto verso i
loro caduti.
Nikox mi diede una delle otri con una mano tremolante. Evidentemente gli avevo fatto paura.
Ma gli feci ancora più paura quando gli lanciai addosso le borracce. Volevo il sangue umano. Non quello di
inutili vampiri. Mi rintanai in un angolo, sperando di poter presto cacciare liberamente.
Guardai la scena delle famiglie che si riunivamo,amanti che si abbracciavano, amici che si rincontravano…
e io lì solitaria, in un angolo, pensando ai ricordi che poche ore addietro avevo appreso.
Solo mia madre era stata così affettuosa con me. Una volta… mi trovò piangendo sotto un albero. Ero
inciampata. Avevo circa dieci anni e dovevo scappare da alcuni cani da caccia di mio padre…
l’addestramento era duro… dovevo sopravvivere.
Scappai… ma i cani mi davano la caccia nella boscaglia intorno. Mi rifugiai sopra una caverna, sotto un
albero vicino.
Mi ritrovò mia madre…
– Su non piangere… so che è dura, ma tu sei più forte di quei brutti cagnacci no? Devi solo rendertene
conto. – mi diede un bacio, e mi riportò a casa, asciugandomi quei lacrimoni di paura.
Il giorno dopo feci la mia prima pelliccia.
E la bestiaccia di quel giorno era quella che stava davanti a me.
– Ora mi prenderò il tuo sangue…bestiaccia.– mi rialzai, a fatica, e inziai a berne il sangue. Sicuramente
molto meglio di sangue di vampiro uscito da una provetta. A un certo punto però, sentii qualcuno
scoppiare in lacrime.
Era Grahab.
–Che succede, amico? –gli disse Gerog, avvicinandosi.
– Mia sorella Ametista…Non è qui! Dov’è? Che fine ha fatto?
– L’hanno portata via poco prima che arrivaste. È nei laboratori…–disse un vecchio.
Grahab gridò furioso, scoppiando in un pianto isterico.
Pensai al da farsi…E mi ritornarono in mente le parole di Asgarath su come noi potevamo cambiare il
destino degli umani.
Lo guardai, poi mi alzai, decisa . – Basta umano. Sii uomo. Asgarath è andato proprio verso i laboratori, e
sarà la nostra prossima tappa. Tra poco sapremo se è ancora viva. Verranno con me solo i più valorosi
guerrieri, mi sono rotta di avere una marmaglia di gente che crea confusione.
Georg, Freur e Grahab si offrirono per proseguire con me. Anche Jessica decise di un unirsi a noi. Ma gli
altri no. Erano troppo spaventati e sconvolti, e non vedevano l’ora di andarsene definitivamente da quel
luogo. Meglio così. Non mi servivano un branco di cani sciolti. Solo i più forti.
Georg e Freur erano i più valorosi. E poi… anche quella ragazza, Jessica…era abile con l’arco. E così,
appena mi rimisi in forze, partimmo, lasciando che Nikox e Marie guidassero gli altri alle loro case.
--SHAAR NAIK – ASGARATH – MISSIONE : L'IRA DEL DRUIDO CORROTTO – PARTE IV
IL SEGRETO DEI MORLACKIM
ASGARATH
Lasciai dirigersi alle prigioni Shaar, Georg, Freur, le donne e gli altri guerrieri, augurando loro buona
fortuna e stringendo la mano al capo villaggio, poi proseguii il mio viaggio. Volevo scoprire qual’era il
segreto dei Turelim, la fonte di tutto il loro potere non poteva essere data solo dalle conoscenze che
Morlack aveva infuso loro: c’era dell’altro nascosto in quella fortezza, che doveva essere rivelato, ed ero
deciso a scoprirlo. Discesi per parecchi minuti una lunghissima scalinata che si intorlatrva sempre più in
profondità nelle viscere della montagna, lasciandomi guidare dalle voci e dalle grida che provenivano dal
fondo. Alcune torce dai fuochi rossi come sangue mi illuminavano la via… Stalattiti calcaree pendevano
dal soffitto, mentre ogni tanto colonne di pietra si ergevano a sorreggerne la volta. Le grida man mano
che proseguivo divenivano sempre pèiù forti, ma anche più profonde: distorte dall’eco delle rocce, da un
flebile sussurro qual’erano all’inizio stavano diventando sempre più ovattate e cavernose. Sembravano
che, più che degli esseri umani torturati, là sotto ci fosse la porta dell’inferno… o di ualche dimensione
malefica… Ciò all’inizio mi fece indugiare parecchio… Ma poi, sapendo che era solo un’illusione, mi feci
forza e andai avanti… ben conscio delle vite che erano in gioco. Quel cunicolo era lunghissimo e sembrava
non fionire mai… Iniziai a correre accelerando via via il passo.
Alla fine, giunsi ad un bivio: una strada continuava a scendere, un’altra risaliva, e altri due tunnel minori
si dipartivano lateralmente, perdendosi nell’oscurità… In tutte le strade, eccetto queste ultime,
scorrevano dei binari in rovina… usati anticamente per trasportare i carri dai minatori. Da che parte
poteva essere il laboratorio?
Cercai di affidarmi al mio istinto… DI sentire qualcosa che potesse guidarmi… Ma nulla. Quel luogo
malefico schermava le mie percezioni. Sarei dovuto andare a naso. Andai in direzione del tunnel
discendente… Ma presto sentii che le grida si allontanano… Stavo quasi per decidere di ritornare indietro,
ma all’improvviso aumentarono di nuovo.,.. e stavolta, erano nitide e chiare…. Non più disturbate dalla
roccia… Allora mi misi a correre, dimentico di tutto… Dopo un po’, raggiunsi la fine del tunnel: mi trovai in
un’enorme arena sotterranea. Avevo sbagliato strada. Stavo per tornare indietro, ma all’improvviso una
barriera magica mi apparve davanti, celandomi il passo. Ero intrappolato. E solo allora mi accorsi della
trappola: sopra di me, infatti, vi era un bizzarro meccanismo dalla forma a cornucopia, che, attraverso un
insieme di leve, valvole, carrucole, e ingranaggi, simulava la voce e le grida degli umani! Una trappola per
eventuali soccorritori! Lo studiai meglio e vidi che il suono veniva prodotto dall’aria immessa grazie ad
alcune tubature appese al soffitto tramite degli anelli di metallo, fissati ad esso con delle catene.. Il
meccanismo distorceva e amplificava l’aria, creando quel bizzarro effetto. Notevole.
Un lugubre suono mi riscosse dall’ammirazione: Notai che attorno a me erano apparse delle strane
creature che sembravano quasi fatte di fumo… Ombre… Una decina di ombre! Evocai la mietitrice appena
in tempo, perché esse mi saltarono subito addosso… Combattei come un matto, e alla fine, a suon di
schivate, fendenti e telecinesi, riuscii ad aver la meglio su di loro… Fu abbastanza facile, anche se riportai
qualche graffio e mi lacerai il mantello: per distruggerne una, bastavano solo due fendenti ben assestati…
ed esse sapevano solo artigliare, nonostante l’aspetto temibile..Ero stato fortunato… Sapevo che alcune
erano molto più grosse e dotate di telecinesi… Forse quelle erano giovani… ammesso che quei mostri
senz’anima avessero un ciclo vitale… Comunque, come le sterminai, la barriera magica svanì.
Feci per tornare indietro, ma quando fui all’uscita dell’arena successe qualcos’altro: un pannello del muro
si aprì e da esso uscì una gigantesca fiera, che emerse da una tana piena di ossa spolpate… Sembrava un
leone… solo che era grosso il doppio! Inoltre, aveva gli occhi verdi luminescenti… il corpo era rivestito da
una corazza di metallo e gli artigli erano stati sostituiti da falcioni affilati! Ma che diamine… Optai per la
fuga: passai nel regno spettrale e corsi nel tunnel, risalendone rapidamente i gradini… La bestia non
poteva certo inseguirmi, lì, e nemmeno fiutarmi… Speravo solo di trovare un portale…
Fui fortunato: ce n’era uno proprio al centro della diramazione. Allontanai uno sluagh con un paio di
proiettili e ripresi materia… Sentii un ringhio. Un ringhio???!
Rotolai a terra appena in tempo: la fiera mi aveva seguito ed era ad appena pochi metri da me. Evitai
un’artigliata per puro miracolo. Dannazione! Ma come diamine aveva fatto a fiutarmi nel regno spettrale?
Ripresi subito a correre, ma stavolta presi la strada in salita… E fui davvero fortunato, perché a un certo
punto nella mia corsa, senza accorgermene feci scattare una trappola: da alcuni fori delle pareti uscirono
improvvisamente alcune fiammate… ero troppo oltre per essere colpito, ma la belva vi si trovò proprio in
mezzo… ne venne investita in pieno e prese fuoco, bruciando davanti ai miei occhi e morendo fra atroci
agonie… Questo i Turelim non l’avevano previsto… A quanto pareva, avevano pensato che bastassero le
ombre ad aver la meglio su eventuali vittime di quella trappola! Se qualcuno vi resisteva oltre un certo
tempo, poi, sarebbe arrivata la fiera a finirlo e a ripulire la fossa dai cadaveri. Non avevano certo
considerato che qualcuno potesse fuggire dall’arena portandosi dietro il loro “animaletto”…
Divorai l’anima della belva, prendendomi una rivincita su di essa… Poi iniziai a riflettere. Dovevo trovare
un modo di disinserire quelle trappole… Potevano essere davvero pericolose per Shaar e gli altri. Già…
Chissà come stavano… Se l’erano cavata? Erano riusciti a trarre in salvo i prigionieri? Per un attimo volli
quasi tornare indietro per accertarmene, ma avrei solo fatto infuriare la vampira. Dovevo darle più
fiducia, aveva ragione… Ritornai indietro, ben attento a non far scattare la trappola… Raggiunsi il bivio. Lì
staccai una torcia dalla parete e la gettai a terra all’inizio dell’imboccatura della strada in salita, in modo
che potessero ritrovarmi e che prendessero la via giusta. Avanzai di nuovo fino a dove vi erano i
lanciafiamme… solo allora notai che, poco oltre essi, si trovava un vecchio carro da minatore rovesciato a
terra. Spiccai un balzo in avanti, superando le mattonelle che attivavano la trappola… Sollevai il carrello,
lo avvicinai al trabocchetto e poi lo sollevai e lo scaraventai sopra i pannelli di pietra che facevano
scattare la trappola, evitando accuratamente di poggiarvi i piedi. I getti di fuoco si attivarono e stavolta
proseguii lasciandoli accesi. Questo avrebbe avvisato i miei compagni del pericolo e gli avrebbe anche
fatto capire come fare a neutralizzarlo… Speravo solo che prima o poi, finisse il combustibile…
Ripresi ad avanzare, stavolta a mietitrice sguainata per illuminarmi il cammino e individuare possibili
pericoli. Dopo un po’, notai un drastico cambiamento nell’ambiente: a un certo punto il corridoio si
diramava nuovamente: la parte di solida roccia, resto dell’antica miniera, eseguiva una curva a gomito e
si inoltrava in basso verso chissà quale abisso… L’altra via, invece, era completamente diversa ed era
chiaramente di origine recente: le sue pareti erano di un bellissimo marmo bianco, talmente puro da
riflettere la mia immagine come uno specchio… Dovevo ammettere che Shaar aveva ragione a non
definirmi una gran bellezza… Mi inoltrai in quella strada… e presto inizia a salire per una gradinata. Il
corridoio continuava a salire ed era sorretto da imponenti colonne. Le pareti erano scolpite da bassorilievi
di origine recente, turelim di varie epoche: nei primi venivano mostrati prima della loro mutazione,
quando ancora servivano Turel… e vi era anche una statua del medesimo.. più avanti, invece, venivano
raffigurati come vampiri corrotti, dopo la loro mutazione… e infine, lo stadio dei morlackim… a quanto
pare, quei bastardi si consideravano il prossimo anello evolutivo dei vampiri corrotti… che sfrontatezza!
Scossi la testa, disgustato dalla loro arroganza e dal modo in cui si autocelebravano… In quel momento,
udii nuovamente delle grida umane… ma stavolta erano chiare e nitide, ed erano di donna! Corsi subito
fino alla fine del corridoio, avanzando rapidamente, ma comunque con cautela… Alla fine, raggiunsi una
stanza con tre diverse porte che si affacciavano da una parete. Su di esse, in runico era scritto
“LABORATORIO.” Erano in mithril, tutte chiuse e blindate, tranne quella in mezzo, che era solo
appoggiata. Mi ci avvicinai cautamente e vi appoggiai l’orecchio… Le grida proveniva da lì dentro… Udivo
anche delle sonore risate… Avevo sentito abbastanza. Aprii subito la porta e mi catapultai dentro,
entrando a mietitrice sguainata…
– Lasciatela stare, schifosi bastardi!! – gridai entrando nel laboratorio… Era tanta la mia foga che andai
quasi a sbattere contro due Morlackim che mi davano le spalle. Erano stranissimi… come mai ne avevo
visti prima: i loro lineamenti, infatti, erano pressoché umanoidi… a parte le grandi orecchie e il muso
leggermente sporgente, sembravano essere dei vampiri comuni… Probabilmente, erano stati abbracciati
da poco. Non avevano né armature né spade: indossavano solo dei lunghi sai neri che li coprivano tutto il
corpo. Anche la testa era coperta parzialmente da un cappuccio nero… A quanto pareva, quelli erano i
giovani apprendisti maghi di Morlack. Non attesi nemmeno che si voltassero: mi gettai addosso a loro con
una furia cieca e gli tranciai a metà con la mietitrice, affondagliela nei fianchi. Morirono all’istante,
afflosciandosi come sacchi vuoti.
Varcai la soglia… e sobbalzai dalla sorpresa… Infatti, là dentro non c’era nessuno! Ma chi aveva gridato
allora? Ero caduto in un altro tranello? Avanzai, esaminando l’ambiente, e solo in quel momento mi
accorsi della sua stravaganza!
La stanza in cui mi trovavo, infatti, era la più strana che avessi mai visto: aveva una forma ottagonale, ed
era molto alta, tanto che si riusciva a malapena a vederne il soffitto. Non era rischiarata da torce, ma da
bizzarri globi colorati appesi alle pareti, che emettevano luci azzurrastre e spettrali, dando al posto un che
d’arcano. Inoltre, la sala aveva la forma di un immenso pozzo: man mano che proseguiva verso il centro,
il pavimento di marmo digradava in maniera crescente, fino a sprofondare in un gigantesco baratro che si
perdeva nelle viscere della terra, dal quale proveniva una soffocata ma continua e palpante vibrazione…
come il battito di un cuore. Inoltre, nuvole di fumo ne risalivano copiosamente… Che fosse collegato a
qualche camera magmatica??
Sembrava proprio di si: due tubature risalivano dal precipizio: esse confluivano in due alcove ai lati
dell’ottaedro, e ognuna ospitava un recipiente: il primo era una vasca piena di magma ribollente, il
secondo invece… era un gigantesco frantoio ripieno di ghiaia…
Sgranai gli occhi al colmo dello stupore: le tubazioni che alimentavano i due contenitori, infatti, erano
trasparenti, e sembravano fatte di un cristallo purissimo, come mai ne avevo visti prima… Mi avvicinai con
prudenza e vi avvicinai la mano… Era freddo e incredibilmente liscio… Avevano una capacità incredibile sia
di isolare che di trattenere il calore… com’era possibile?
Allora osservai i due recipienti del Fuoco e della Terra, e notai che erano sovrastati da due giganteschi
camini, le cui cappe ospitavano dei bizzarri meccanismi: il magma veniva letteralmente vaporizzato da un
raggio di energia proiettato da un cristallo posto all’interno del fumaiolo; e le volute di fuoco che ne
derivavano venivano aspirate dalla sua canna… Che correva verso l’alto fino a penetrare nel soffitto. Lo
stesso avveniva anche col pietrisco: le lame che frantumavano la ghiaia liberavano una sorta di energia
verdastra, e anch’essa veniva assorbita dal suo fumaiolo.
E quello, era solo l’inizio: a completare quella grottesca opera di ingegneria e alchimia, infatti, ci
pensavano l’enorme tunnel che, rispetto all’ingresso, si trovava dall’altro lato dell’ottaedro: ivi infatti
scorreva copiosamente un fiume, che si gettava con violenza nella voragine, perdendosi nel buio. Il
vapore dell’acqua che veniva fusa dal magma sottostante risaliva poi verso la cima della sala…
Guardai verso l’alto, e vidi che al centro del soffitto, proprio sopra il pozzo, una grata risucchiava il
gas...Rivolsi di nuovo lo sguardo al corso d’acqua e mi avvicinai fino a raggiungerne l’argine: e allora
notai che all’interno del tunnel si trovava una terza alcova. In essa, un altro gigantesco macchinario di
raccolta aspirava parte dell’acqua con un sistema idraulico, e poi la pompava verso l’alto con un altro
insieme di tubature trasparenti. Ma che diamine stavano combinando i Morlackim??!
Ripensai alle parole che Georg mi disse la sera prima, durante il viaggio verso il villaggio: gli avevo
chiesto com’era la sua contrada prima dell’arrivo dei Morlackim e lui mi aveva parlato di un fiume che un
tempo scorreva da est, bagnando tutta la vallata che dominava la loro fortezza … fiume che aveva
smesso di scorrere proprio poco dopo l’insediarsi di quei vampiri… Ciò aveva inaridito non solo quel
canyon, ma anche le terre del loro villaggio, perché le aveva private quasi completamente dell’acqua…,
l’avevano fatto per indebolire ulteriormente i villici? O c’era dell’altro? Possibile che i Morlackim ne
avessero deviato il corso fin dentro quella stanza?
Titubante, avanzai nella stanza e solo allora mi accorsi di dettagli che mi erano sfuggiti: infatti, anche i
lati diagonali dell’ottaedro, erano occupati: alcuni avevano dei tavoli di laboratorio pieni di alambicchi,
sgorbie e recipienti di vetro ribollenti di strani fluidi… Alcune di quelle sostanze le riconobbi, altre invece
No. Dovevo ammettere, che per quanto bastardi, i Morlackim avevano conoscenze di tutto rispetto…
quello che non capivo era…da dove provenivano??
– Notevole vero? – mi disse una voce gracchiante e profonda. – Tutto il potere degli elementi al servizio
della nostra causa! È fenomenale quanto si possa ottenere, quando si hanno le conoscenze e i mezzi per
attuarle… Quello che mi domando piuttosto, è… Che cosa ci fa qui Asgarath, drudo mietitore inviato da
Respen e Soul per sterminarci… Non dovresti essere già ridotto all’impotenza??! E dove si trova Mellock?!
Gli avevo detto di condurti qua assieme a quella vampira! Perché sei da solo?
Il vampiro continuava a parlare… Ma io non vedevo nessuno. – Chi sei? – chiesi. – Fatti vedere!
Ci fu un lampo di energia purpurea… e finalmente il mio interlocutore apparve: era un Morlackim molto
simile a Mellock… Ma al tempo stesso, completamente diverso: aveva lo stesso vestito nero dei due
maghi che avevo trucidato, ma a differenza loro, era anche avvolto da un mantello e la sua pelle aveva
una carnagione olivastra… una folta barba nera inoltre, incorniciava il suo volto affusolato. Aveva due
grandi orecchie a ventaglio e occhi rossi come rubini… Era meno muscoloso degli altri turelim, ma in
compenso era alto e aggraziato, e quello che perdeva in forza, lo guadagnava sicuramente in agilità.
Non era solo: assieme a lui, vi erano altri sei maghi, apparsi anche essi dal nulla… Erano vampiri giovani,
con tratti turelim… Chiaramente erano statti abbracciati da poco…:
– Or dunque? Sto aspettando le risposte, mietitore. – Mi chiese il turelim, con tono gentile.
– Se vuoi sapere che fine hanno fatto i tuoi fratelli che proteggevano l’esterno di questa diabolica
fortezza, sappi che sono andati a far un giretto nella pancia dell’Uno. – gli risposi, abbassando il bavero in
un gesto più che eloquente. Il vampiro aggrottò le folte sopracciglia nere, e i suoi assistenti ringhiarono
d’ira. Ciò nonostante, non mi attaccarono. – Anche Mellock ha avuto la stessa fine… – aggiunsi. – così
come quel simpaticone che difendeva le mura esterne con le sue dannate spade sismiche. Allora… Con chi
ho il piacere di parlare?!
– Argus, primogenito di Morlack, e suo sommo druido. – Rispose con orgoglio misto ad astio. Era
schiumante di rabbia per la morte del fratello, eppure riusciva incredibilmente a controllarsi, tanto da
farmi un inchino durante le presentazioni. Rimasi alquanto sbalordito da ciò.
– Dunque, quello che ci ha detto Phil è vero: l’Alleanza è venuta davvero a sfidarci? Notevole… E dire che
era alquanto restio ad accettare le parole di quello sciocco umano… Quello che mi stupisce però… è che tu
sia riuscito a giungere fino a qua… Da solo, poi! Come fai a conoscere tutti i segreti della nostra fortezza?
– Ho studiato… – risposti, evasivamente… – E comunque, non ti preoccupare di questo… Riceverò aiuti
molto presto! La vostra oppressione è finita! – gli risposi!
– Ah, sì? Non credo proprio… – disse il mago, guardando in direzione della porta. Fece un cenno della
mano, e una barriera di Tenebra apparve immediatamente, sigillando l’ingresso da cui ero entrato…
Dannazione… – Ho come l’impressione, invece, che tarderanno parecchio, come puoi vedere… Rispondimi,
piuttosto. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, tanto…
Lo stregone e i suoi accoliti incrociarono le braccia, restando in silenzio. Decisi di guadagnare tempo…
Dovevo pensare a un modo per uscire da quella situazione.. gli raccontai di Jerrod… di come io e Shaar
l’avevamo incontrato nel villaggio, e di come era stato facile ridurre il turelim a più miti consigli…
Contrariamente alle previsioni, Argus rise divertito, quando seppe del tradimento…
– Già, Jerrod è sempre stato un’idiota integrale… Sono felice che l’abbiate ucciso… – commentò. –
Tuttavia, c’è ancora una cosa che non mi è chiara: perché siete stati mandati qua? Per distruggerci? O per
rubarci le conoscenze? Soul ha forse deciso di rimediare alla sua dimenticanza? Mi complimento per la
sua memoria, ma non posso esimermi dal biasimare la sua leggerezza. Davvero ci considera così poco da
ricordarsi di noi solo ora che siamo a un passo dalla vittoria? Patetico. Non so proprio come abbia fatto a
diventare guardiano… ma in fondo dovremmo ringraziarlo, non è vero, fratelli? Se lui non avesse fatto
fuggire stupidamente il nostro maestro, ora noi non esisteremmo, né avremmo tutta questa conoscenza!
– Risero come dannati. Più tempo… Mi serviva più tempo. Dovevo ritardare lo scontro il più possibile! Non
avrei avuto molte speranze contro 7 turelim assieme…per quanto giovani e deboli, i loro poteri potevano
essere davvero impressionanti.
– Sei stranamente loquace, per essere un turelim – osservai. – E hai anche delle maniere molto dignitose.
Com’è possibile che un membro del tuo clan sia così civilizzato?
– Ehehhe, già… di solito siamo più… rozzi, vero? Ti ringrazio del complimento, Asgarath. Vedi… Gli altri
membri del nostro orgoglioso clan sono stati abbracciati da Moralck che erano abbietti turelim corrotti,
poco più che bestie consumati da fame e rabbia! Io e i miei discepoli qui presenti invece… una volta
eravamo umani. Eravamo sacerdoti di Avernus un tempo… Il vampiro ci fece visita in privato, e ci offrì il
suo potere e le sue conoscenze in cambio dei nostri servigi. All’inizio eravamo contrari, visto che di solito
noi veneriamo l’Uno… Ma quando ci ha infuso il dono oscuro, capimmo quanto eravamo stupidi e fanatici
da umani… Adoravamo un falso dio, lì alla cattedrale… che ci manipolava e ci privava della vera libertà
d’azione! Morlack invece ci ha dato scopi e certezze che prima non avevamo… e il potere di riplasmare il
mondo a nostro piacimento!
– Ma davvero? – chiesi, fingendomi stupito. – E dimmi, Argus… Che cosa avete intenzione di fare per
ridare nuova linfa vitale a Nosgoth, visto che credete di esseri così capaci? I vostri poteri sono notevoli…
Ma, se voi aveste il dominio dei pilastri, come vorreste usarli?
Argus scoppiò a ridere. – No, Asgarath… Non sono così stupido da risponderti. Anche se non era il
massimo della diplomazia, sono certo che Mellock ti ha già fatto la sua offerta di unirti a noi… Il fatto che
tu sia qui da solo e che lui sia morto, e che ora degli umani si aggirino liberamente per la nostra casa, mi
fa capire molto chiaramente quanto tu sia forte e risoluto. Per non parlare di quello che hai fatto a due
dei miei! – gridò, indicando i resti inceneriti dei due maghi che avevo abbattuto entrando… No! Non avrai
i nostri segreti! A meno che non te li vieni a prendere! E ora basta parlare… Forse il tuo potere ci sarà
molto utile… una volta che sarà alla nostra mercé!
Detto ciò… Argus fece un cenno ai suoi accoliti, dopodiché si scostò il mantello dal corpo… E vidi che
indossava una stranissima cintura, con un cristallo di ametista viola incastrato nella sua fibbia. Il mago
afferrò il monile e un lampo di energia purpurea lo avvolse, rendendolo invisibile… I suoi discepoli invece,
restarono ben visibili. Ne approffitai, evocai la mietitrice e corsi verso di loro, avvicinandomi alla vasca del
del Magma. Uno di loro, notando la cosa, protestò.
– Maestro? Perché non ci occulti come hai fatto prima?
– Spiacente, figli miei… Considerate questo come… Un esame. Datemi prova del vostro coraggio e della
vostra forza1 Chi sopravvivrà al mietitore, avrà un notevole encomio da parte mia… – Rispose Argus,
ridendo… I sei maghi si guardarono perplessi, poi, si diressero verso di me… avanzando cautamente. Uno
di loro mi sparò un proiettile cinetico. Lo evitai con una capriola. Il colpo esplose contro il magma,
sollevando schizzi di roccia fusa. Fortunatamente, non ero troppo vicino… mi spararono ancora, ma
stavolta furono più abili: lanciarono 3 proiettili simultaneamente, da 3 direzioni divers… ne evitai uno, ma
questo mi portò sulla traiettoria degli altri.. Uno lo parai con la reaver ma il terzo mi colpì in pieno:
sbalzandomi all’indietro, mi mandò a sbattere contro le pareti della vasca… Che caldo… Vedendomi in
difficoltà i turelim risero e si avvicinarono ancora di più… Perché avevano smesso di attaccarmi? Forse
volevano un duello onorevole? Beh, glielo diedi: ripresi l’equilibrio e gli risposi: li tempestati di proiettili a
mia volta, sparandoli in varie direzioni… ad alcuni infusi del fuoco magico, aumentadone la potenza…
Quella mossa spiazzò completamente i maghi: alcuni ne annullarono l’effetto con altri colpi impregnati
d’acqua, altri eressero degli scudi di rune attorno ai loro corpi… ma tre furono colpiti, ricavandone
parecchie ustioni superficiali…. Uno di loro, poi, venne sbalzato in direzione del pozzo… Ne approfittai: mi
diressi su di lui con un salto e lo aggredii con una furiosa serie di fendenti: disarmato com’era e in bilico
fra me e il baratro, il mago fu facile da colpire: gli staccai un braccio e lo uccisi, dando fuoco alle sue
carni… Non ne divorai l’anima: afferrai la sua carcassa ancora ardente e la scagliai contro uno dei suoi
cinque fratelli, che guardavano la scena inorriditi. Il turelim prese fuoco, e corse gridando come un
pazzo… si diresse alla galleria da cui proveniva la conduttura dell’acqua, e si gettò nel fiume in preda al
panico… l’acuqa però lo travolse e lo scaraventò nel baratro, liberandomi della sua presenza… Ne
restavano quattro. Stavo per dirigermi verso di loro, ma in quel momento sentii una potente forza
cinetica afferrarmi, facendomi fluttuare per aria.
– Siete davvero degli idioti! Devo fare tutto io??!? – gridò Argus, invisibile… Mi ero quasi dimenticato di
lui! Non era affatto una bella situazione: il mago mi aveva chiuso in un campo di telecinesi e mi stava
trascinando verso il pozzo… Era chiaro che voleva gettarmi nel baratro, come avevo fatto col suo
apprendista… Imprecai, mentre lui e i suoi accoliti mi guardavano, ridendo come folli…
Cercai di cambiar piano, ma il laccio cinetico mi impediva in qualche modo di farlo…. Il,pozzo si fece più
vicino, sempre più vicino… Non dovevo lasciarmi sopraffare dal panico. Chiusi gli occhi e mi concentrai,
cercando di percepire dove si trovasse lo stregone… E alla fine lo sentii: era vicino al frantoio. Cacciai un
grido e scagliai il fuoco magico in quella direzione, lanciandolo in modo disperso. Vidi che urtò qualcosa di
invisibile, e che iniziò a divorarla voracemente … Argus riapparve, avvolto dalle fiamme e urlante di
dolore… Il suo saio bruciava che era una bellezza… Mi lasciò andare, ma ormai era tardi: ero proprio
sopra l’abisso! E vi caddi, urlando…
Dopo essersi spento le fiamme con una magia d’acqua, lo stregone bruciacchiato, ma ancora integro,
attese alcuni minuti, aspettando che da un momento all’altro risalissi dal baratro. Non avvenne niente…
Alla fine, stanco del silenzio, si stufò: – Joseph, Hesolphir… andate a controllare! .– intimò a due dei
superstiti. I due maghi si avvicinarono al baratro… Vi si sporsero, ma non videro nulla.
– Non c’è niente, capo! Deve essere precipitato! – commentarono… Argus sgranò gli occhi, al colmo dello
stupore…– Non è possibile!Non può essere così debole! È sicuramente nel regno spettrale,… O nascosto
chissà dove! ASGARAAAAAATH! VIENI FUORI E COMBATTII!! – gridò.
Nulla. Lo stregone sbuffò,stizzito e poi gridò di rabbia… Non credevo di stargli così a cuore… Scornato,
disattivò la barriera di ombre che bloccava l’accesso alla sala, e si diresse verso il baratro, per sincerarsi
di persona della mia dipartita.
Non appena sporse il muso, un potente getto di fiamme azzurre lo colpii in pieno petto, facendogli
prendere fuoco… di nuovo in fiamme, Argus cadde a terra per l’urto, gridando di dolore… In quel
momento balzai fuori dalla nicchia in cui mi ero nascosto, che si trovava proprio sotto di lui. Piantai gli
artigli sull’orlo del baratro e mi issai sopra, sotto lo sguardo incredulo del mago e dei suoi discepolk.
Dopodiché, al colmo di ira, afferrai Argus per la gola, gli strappai la cintura dalla tunica e lo scaraventai
violenentemente nel pozzo, dove cadde urlando…, fino a svanire nelle sue oscure profondità. Si sentii un
tonfo, poi uno sfrigolio… poi il silenzio…Era caduto nella lava…
Scossi la testa, poi vidi qualcosa risalire dal baratro: la sua anima… Nera come la pece. La divorai,
mandandola a far compagnia a suo fratello questo mi fece riprendere completamente le forze. Passata
l’euforia del momento, mi ripresi e osservai la cinta che avevo strappato al mago… Interessante, molto
interessante. La indossai, poi, sguainando la mietitrice di fuoco, mi diressi verso i quattro turelim rimasti,
ancora sconvolti per la morte del loro capo…
–Allora… – chiesi – Avete già finito i vostri trucchi? Chi di voi vuole essere il prossimo?
In quel momento un rumore provenì dalla porta di ingresso… Erano Georg, Freur, Grahab, Jessica e Shaar
Naik, che fecero irruzione nella sala. – Finalmente siete qua, amici. State bene? Avete avuto problemi? –
chiesi ai quattro, continuando a puntare la mietitrice contro i vampiri corrotti.
– Grazie alla torcia che hai abbandonato, siamo riusciti a trovare la strada per raggiungerti, ma abbiamo
avuto dei problemi con la trappola incendiaria… Freur ha avuto alcune difficoltà a superarla.. – rispose
Georg.
– Si strizzava dalla paura – aggiunse Shaar, scoccando un’occhiataccia all’uomo.
– Non è vero… Io volevo solo essere certo che non partisse qualche getto durante la mia traversata! –
replicò l’uomo.
Erano sempre i soliti. – Credevo di averla sistemata in modo da non nuocervi… è ancora attiva? – chiesi,
per interrompere la discussione.
– No… L’ho disinserita… – rispose Shaar… – Ma… Asgarath….Che razza di posto è questo? Un fucina? Che
cosa sono tutte queste luci natalizie che ornano le pareti?
– Sai Shaar… Non lo so ancora nemmeno io… Ma sono sicuro che i padroni di casa lo sanno, vero, amici? –
mi rivolsi verso i quattro maghi rimasti… ne afferrai uno per il collo, quello più anziano, e gli puntai la
spada alla gola… Il vampiro cacciò un gemito, ma era ancora talmente sconvolto e paralizzato per la
morte del suo capo e la distruzione del suo clan, che non aveva il coraggio di reagire.
– Allora…Hesolphir… giusto? Sono certo che il defunto Argus ha detto molte cose a te a i tuoi fratelli, che
noi non sappiamo. Ti dispiace spiegarci il funzionamento di questa macchina e il suo utilizzo?! – chiesi
gentilmente, indicando la sala
– Mai! … Non tradirò mai il maestro! Cercatevelo da soli… Vedrete… è solo questione di tempo prima che
lui ritorni dalla Cittadella dei Progenitori con i suoi segreti… quando scoprirà che cosa è successo
scoprirete tutto il suo potere, e rimpiangerete amaramente di averci sfidato! – il vampiro rise e mi
respinse con un proiettile cinetico. Questo, in qualche modo, diede ai suoi fratelli il coraggio di attaccarci…
Fu davvero una follia: Due di loro si avventarono contro Georg e Freur, ma non fecero in tempo ad
avventarsi contro i due umani, né ad usare i loro incantesimi: Shaar Naik fu più veloce e li colpì con due
Stun. Quella magia vampirica era poco efficace verso i vampiri corrotti, visto che su di essi il suo effetto
durava molto meno che sugli esseri umani… Tuttavia, rintronò abbastanza i turelim da dare il tempo ai
due guerrieri di reagire… e così il primo venne trafitto dalla spada di luce di Georg… dei raggi partirono
dalla lama, e come folgori bianche avvolsero tutto il corpo del vampiro, incenerendolo in un istante…
Freur, invece, conficcò la sua poderosa ascia sulla schiena dell’altro, ed esso cadde a terra esanime. IL
terzo, nel frattempo, aveva preso di mira Jessica, la cacciatrice umana che ci aveva accompagnato e che
aveva comandato i cittadini che si erano uniti a noi in quella crociata. Lei però non ne attese l’attacco:
caricò subito una freccia incendiaria dal suo arco e la scagliò contro il turelim… Ma in qualche modo, lo
mancò il mago si mutò in nebbia, e gli passò attraverso senza colpo ferire. Allora, il vampiro contrattaccò,
scagliando un potente prouettile cinetico nero come inchiostro contro di lei… la colpì in pieno,
scaraventandola a terra facendo a pezzi il suo arco. Subito dopo però, il mago venne aggredito da un
poderosa fiammata di fuoco azzurro che lo investii dalle spalle. La magia si avventò con incredibile
voracità sulla sua toga, e in breve lo ridusse in cenere. Ne divorai l’anima, poi, mentre Goorg e Freur
andarono a soccorrere la ragazza, io e Shaar ci scambiammo un’occhiata e guardammo lo stregone che ci
aveva lanciato la sfida. Furenti, ci avvicinammo a lui, avanzando cautamente. Vedendo di che era rimasto
solo, il mago sparò contro di noi due proiettili simili al primo, poi cercò di fuggire, dirigendosi verso
l’ingresso. Io schivai il mio colpo rotolando… Shaar invece, si avvolse per un attimo nel Repel, il proiettile
venne respinto e ritornò contro il mago, che venne colpito in pieno volto. Corsi verso di lui, lo afferai per il
bavero del saio e lo trascinai fino al gigantesco frantoio, avvicinandolo pericolosamente alle pale che
tranciavano la ghiaia.
– Che cosa le hai fatto?! – gridai, indicando la giovane che aveva ferito. – Parla o assaggia la tua fine…
Il turelhim rise gracchiando…
– L’ho accecata, esattamente come voi avete appena fatto con me… Non vedrà mai più!!! Questo vi
insegnerà a non ficcare il naso in cose che vi riguardano… Gli strinsi la gola, spingendolo ancora di più
verso il frantoio. Shaar allora andò a uno dei tavoli e prese un loro recipiente, un alambicco in cui bolliva
un fluido verde giallastro.
– Acido solforico? Non penso che basterebbe a sciogliergli la lingua – osservai. .
– Oh, Vedrai che basterà! – rispose Shaar, colandolo sull’orecchio sinistro del mago. Urlò, mentre
intaccava i suoi lobi.
– Bastaaaaaaaaaa! Smettetelaa! – gridò lo stregone, mentre la sua carne veniva sciolta…
Feci un cenno a Shaar e lei allontanò la pozione…
– Sono sicuro che c’è un antidoto… – bisbigliai… – O siete così brutali da non averci nemmeno pensato? Le
vostre buone maniere sono solo una patina per mascherare la vostra brutalità? Avrete pure qualcosa per
annullare la vostra magia, nel caso vi sfugga di mano… Se non lo avete, siete davvero dei pazzi!
Messo alle strette in quel modo, il mago si arrese.
– Sì… Siiii… C’è un antidoto… Risparmiatemi, vi prego, e ve lo mostrerò…
Guardai Georg e Freur che tentavano di ripulire alla bell’e meglio il volto di Jessica dal veleno di tenebra.
– Spero per te che non sia un trucco. – Lo sollevai brutalmente e lo calciai in direzione di Shaar. Lei
afferrò il mago barcollante, e lo immobilizzò girandogli le braccia dietro la schiena, puntandogli un Hydra
in gola. .
Io andai a prendere delle catene che si trovavano arrotolate su di un tavolo,usate probabilmente per
legare i prigionieri, e con quelle bloccammo le braccia del turelim. Poi lo trascinammo a spintoni verso
l’uscita. Georg e Freur sollevarono Jessica per le spalle, e la portarono con noi, mentre andavamo via da
quella sala.
Stranamente, Shaar non fece alcun commento su quanto era avvenuto, né sulla rabbia che provavamo, o
sulla crudeltà con cui ci eravamo abbattuti su quei vampiri. Forse era preoccupata per Jessica, o forse era
sconvolta dal mio modo di fare… Probabilmente in quelle ultime ore non mi riconosceva più.
Aveva ragione. Nemmeno io mi riconoscevo più. Tutta la morte che avevo visto nell’ultima giornata era
stata più che sufficiente a minare l’autocontrollo di cui andavo tanto fiero. Speravo, finita quella storia,
che Respen mi desse un po’ di vacanza. Stavo permettendo alla mia natura di predatore di prevalere sul
mio senso morale… Non dovevo permetterlo. Non volevo diventare uno sciacallo senza anima. Non
avvenne avuto alcun senso la mia immortalità, se l’avessi rovinata così. Così come non volevo che Shaar
si facesse sopraffare dalla sete di vendetta verso i vampiri corrotti… qualunque motivo avesse per
avercela tanto con loro.
Il druido Morlackim, ultimo superstite del suo clan. ci condusse alle due porte vicine a quella che portava
alla fucina, che prima avevo ignorato in quanto sigillate..
– Queste porte conducono ai nostri segreti più intimi: in una c’è la nostra biblioteca, nell’altra la nostra
sala degli ospiti…
– Sala degli ospiti? – chiesi.
– Deve essere dove torturano la nostra gente. – commentò Georg.
Shaar Naik spinse il pugnale sulla gola del vampiro.
– Chi c’è lì dentro? – chiese.
– Nessuno. – rispose Hesolphir. Non stavamo torturando nessuno in questo momento! – disse il vampiro.
– – Sta mentendo! Ho sentito delle grida di donna qua vicino, mentre arrivavo. E siccome non credo che
siano allucinazioni, di sicuro stavate torturando qualcuno!
Shaar e Grahab sgranarono gli occhi.
– Mia sorella!! –strillò l’uomo, prendendo il turelim per il colletto della sua tunica.
– Sua sorella?
– Asgarath… Ricordi Ametista, la sorella di Grahab? Quando siamo entrati nelle prigioni, i superstiti ci
hanno detto che era ancor viva… e che la stavano portando nel laboratorio… – mi spiegò Shaar.
Corrugai la fronte, guardando l’uomo che, in preda a furia cieca, stava malmenando il vampiro.
– Basta così, Grahab! E tu, apri quella porta subito! – intimai al vampiro!
– Ma vi ho già detto che non c’è nessuno lì!
– Sono stufa! Ora parlerai! – Shaar roteò rapidamente uno dei suoi pugnali, tranciando i resti dell’orecchio
mezzo sciolto del mago.
Un grido lancinante risuonò per tutte le caverne…
– Vuoi che taglio anche l’altro? – chiese la vampira.
– Nononoononoo!!, – Hesolphir scosse la testa terrorizzato. – Va bene, ve la apro. Ma dovette liberarmi
una mano… non posso farlo, sennò!
– Bada di non far scherzi.– gli intimai, poi gli allenti le catene… lo stretto indispensabile per muovere un
arto.
Il vampiro poggiò la mano sopra la porta e la mosse con una serie di gesti esoterici. Si udì qualcosa
scartare, e la porta si aprì. Ci accolse una zaffata pestilenziale… un odore di sangue e morte.
Dopo un attimo di esitazione, legammo di nuovo la mano del turelim poi, entrammo subito.
Rispetto all’altra stanza, era molto meno grande: era piccola, e aveva una forma rettangolare… Ma si
vedeva lontano un miglio a cosa serviva: era una sala delle torture, rischiarata da globi rossastri che la
rendevano ancora più opprimente.
Ovunque vi erano strumenti atti a infliggere dolore ai prigionieri: presse, tavoli con corde emanovelle per
tirare gli arti, gogne, ghigliottine, vergini di Norimberga e ragni spagnoli… La puzza era insopportabile: vi
erano alcune gabbie appese al soffitto con cadaveri ormai marciti… alcuni erano morti di recente, altri
erano ormai scheletri. In tutti i muri vi era sparso sangue. Era un mattatoio!
Shaar guardò quel posto affascinata, io disgustato.
– Hanno mezzi dieci volte maggiori a quelli che usano gli inquisitori dei sarafan! Da dove l’avete preso
tutta questa roba?! – chiese la vampira.
– Prima di prelevare ospiti da Siegthar, usavamo i sarafan per le nostre… ricerche. .– disse il vampiro. –
questo proviene da alcuni dei loro accampamenti. Ne abbiamo dell’altro, se volete vederlo. – disse, con
un ghigno.
– Un momento, disse Georg, notando qualcosa in fondo alla stanza… Freur, vai a vedere… io resto a
guardare Jessica.
L’uomo dall’armatura dorata si tolse il mantello della corazza, lo adagiò a terra e distese la ragazza
gemente su di esso. Poi ne tagliò dei pezzi con la spada e li usò per fasciare le ferite della giovane
cacciatrice. Era ancora sveglia, ma il veleno le aveva tolto la vista… Dovevamo agire in fretta. Non
conoscevamo gli altri effetti di quella stregoneria.
In quel momento, l’uomo con l’ascia cacciò un urlo: avvicinandosi a un lato in ombra dello stanzone,
infatti, aveva visto una cosa raccapricciante: una donna legata a una lastra verticale da catene che
cingevano le mani e le caviglie. Degli aghi si infilavano sulla sua pelle, e risucchiavano il suo sangue.
Come i meccanismi visti prima, anche essi confluivano a una tubatura di cristallo che svaniva sul soffitto…
Affianco a lei vi erano molto altri uomini ormai morti, completamente dissanguati. .
– Ametista… – l’abbiamo trovata… disse l’uomo con la voce straziata. Corremmo tutti a vedere,
trascinando con noi il vampiro.
Mi avvicinai al corpo della donna e la tastai sulla gola… Era morta.
Grahab gridò isterico, e si avventò sul turelim. I suoi compagni dovettero far non poca fatica a trattenerlo
dal fare a pezzi il vampiro. Guardai l’uomo distrutto, poi il cadavere. Era morta da poco.Non c’era ancora
rigor mortis.
– Scusatemi… Tenete d’occhio quel turelim, e liberate questo corpo… – dissi, poi cambiai regno.
La stanza per fortuna non aveva sluagh… Se quella donna era morta da poco, lì doveva ancora esserci la
sua anima… E infatti, la vidi…, Lo spettro, ancora sconvolto e scioccato dalla sua morte violenta, mi
guardò spaventato e urlò… Cercò di fuggirmi, ma lo inseguii.
– Aspetta… Non voglio farti del male! – gridai. Nulla… il fantasma aveva già oltrepassato la porta… E lì
aveva malauguratamente incontrato uno sluagh, che lo divorò senza indugi. Gridai infuriato e mi
avvinghiai verso lo sciacallo, tempestandolo di fendenti… Ma era inutile. Ormai l’anima era stata
assimilata… l’avevamo persa e avevo fallito. Forse non avrei potuto ridarle la vita, ma speravo che potessi
almeno farle rivedere un’ultima volta i suoi amici, anche se non sapevo come… Rimasi qualche secondo a
terra, affranto dallo sconforto. Poi mi rialzai, mi diressi a un portale e ripresi materia, maledicendo il mio
aspetto grottesco.
Trovai Freur e Grahab che adagiavano delicamenhte a terra il corpo di Ametista, mentre Georg assisteva
Jessica e Shaar tratteneva il vampiro.
–Mi spiace… Non posso fare niente – dissi a Georg e a Freur rientrando. – il suo spirito se ne è già
andato…
Grahab gridò e, prima che potessimo fermarlo,colpì il vampiro con una forza tale da tramortirlo,poi
sguainò la sua daga avvelenata e ci si avventò contro. Mi gettai su di lui appena in tempo: lo afferrai per
le spalle assieme a Freur e cercammo di allontanarlo dal morlackim.
– LASCIATEMI! LO FACCIO A PEZZI!
– NO! – gli risposi, poi gli voltai la faccia verso il corpo di Jessica. – Ci serve ancora! Non vedi? Non
dobbiamo perdere anche lei!
Grahab guardò la donna morente per alcuni secondi, in silenzio, e vidi che nei suoi occhi si riaccese un
barlume di senno.
– Ucciderlo non la riporterà indietro. –commentò Freur.
Grahab allora lasciò andare il vampiro e ci scostò, poi prese dolcemente in mano il corpo della sorella e si
ritirò da una parte, piangendo, ringhiando e imprecando in silenzio.
Tornammo da Jessica. Mi chinai e la presi per un braccio… Sentivo che il legame fra il suo corpo e il suo
spirito stava venendo meno…
– Dobbiamo muoverci. Dov’è l’antidoto? – chiesi al turelim, che si stava risvegliando.
– Parla o giuro che stavolta non lo trattengo! – gli dissi, indicando Grahab,
– Ce l’avete sotto il naso… – disse il mago, indicando la macchina succhia sangue. – Come la nostra
macchina può risucchiare la vita… può anche ridarla, basta invertirne le pompe… Ma c’è un prezzo da
pagare…
– Che prezzo? – chiese Georg
– Infondere sangue mediante la macchina può esser salutare per noi vampiri… spesso usiamo il processo
per curare le nostre ferite dopo le battaglie… Ma per voi umani… Non saprei… Non abbiamo mai provato.
Potrebbe non sopravvivere… Potrebbe anche diventare una vampira… chi lo sa?
– È un rischio, ma non vedo alternative… – disse Georg, guardando la fanciulla.
– Scossi la testa… No… è troppo pericoloso.
– E allora cosa proponi di fare, Asgarath? – chiese Shaar stizzita – Aspettare che quest’umana muoia?
Guardai le mie mani, e il fuoco azzurro che ero capace di emettere da esse…un fuoco sacro, capace di
divorare le carni degli esseri corrotti con incredibile voracità, ma innocuo verso le persone giuste… Fino ad
allora, avevo usato quel potere solo per distruggere… Forse, forse poteva fare anche l’opposto? Non lo
sapevo… quando Fergus mi aveva insegnato quella tecnica, non mi aveva mai detto nulla di simile a
riguardo… Non mi restava che provare.
– Proverò ad aiutarla… Ma non sono sicuro di riuscirci.
– Che intenzioni hai?! Bruciarla? – chiese Shaar, incredula.
– No… sanarla… Credo che il mio fuoco possa anche curare, oltre che distruggere… Ma è una cosa che non
ho mai provato… Non sono sicuro di riuscirci…
Georg rifletté alcuni istanti, poi chinò il capo in segno di resa. Freur invece sbuffò. – è una paz… – Si zittì
non appena vide l’occhiataccia che gli lanciò Shaar.
– Comunque vada, sappi che ho fiducia in te. – mi disse il capovillaggio.
Lo ringraziai, poi passai la mia la mia mano trifida sugli occhi e sul volto della giovane umana, chiusi i
miei e mi concentrai. Feci fluire leggermente il calore del fuoco sulla mano, ed essa si illuminò di una
tenue luce azzurrognola… Attesi… Ma non accadde nulla. Mi sforzai di più e aumentai la luce… Finalmente,
vidi che avveniva qualcosa: il veleno che impregnava gli occhi della ragazza stava lentamente svanendo…
Trascorsero alcuni interminabili minuti… Alla fine, Jessica riuscì a riaprire gli occhi… e si ridestò. Il dolore
delle sue ferite era pressoché svanito ed esse avevano smesso di sanguinare. Era debole, ma era salva…
Ci disse che riusciva a vedere nitidamente tutti noi.
Georg e Freur esultarono, Shaar mi guardò senza parole. Anche Grahab aveva smesso di piangere, e non
credeva ai suoi occhi.
– Non posso crederci, omino blu… Non sapevo che avessi simili doti…
– Nemmeno io… – dissi…
– Siete patetici. – commentò Hesolphir. – dannarsi tanto per una pecorella… Ma ora capisco perché Argus
ti voleva catturare vivo, Asgarath…Aveva intuito il tuo potere… e Lo voleva per noi!
Guardammo tutti quanti l’ultimo morlackim, furenti
– Il mio potere non è in vendita! – Gli ingiunsi… – E ora mi chiedo… cosa ne dobbiamo fare di te?
– Io direi di ucciderlo seduta stante! – ringhiò Freur.
– In effetti, dopo tutto quello che ci hanno fatto, se lo meriterebbe davvero! – ammise Georg.
– Sì! Uccidiamolo! Non ridarà vita ai morti, ma almeno ci metterà il cuore in pace. – aggiunse Grahab,
furioso.
– No, io invece ho un’idea migliore – disse Shaar, guardando il macchinario. – Facciamogli provare la sua
stessa medicina… – lo afferrò subito per i ceppi, trascinandolo verso quello strumento di morte.
– No, aspettate, è immorale… – dissi.
– Perché? Se lo merita! – commentò l’uomo con l’ascia.
– Già! Che provi anche lui quello che ha inflitto a mia sorella!
Li guardai. Grahab era pazzo d’ira… sicuramente avrebbe sventrato quel vampiro con le sue stesse mani.
Anche Shaar smaniava per farlo soffrire… Georg invece, era più dubbioso. Era più preoccupato per
Jessica, che per la vendetta… Ma si vedeva chiaramente che anche lui lo voleva veder soffrire. Il
morlackim invece, era tremante di paura. Lo guardai negli occhi. Era debole… Folle, sconsiderato.
Graziarlo non sarebbe servito a molto. Era già stato fatto quell’errore….Non doveva essere ripetuto.
Mi arresi.
– Fatene quel che volete. Rimetto la sua vita al vostro giudizio – dissi,.uscendo dalla camera. Ero
disgustato da me stesso. Mi sentivo come Ponzio Pilato. Ma sapevo che andava fatto e questo mi
disgustava ancora di più. Mi chiesi se stavo perdendo la mia umanità, definitivamente…
LA FINE DEI MORLACKIM
…L’Agonia del vampiro durò dieci interminabili minuti, prima che la macchina lo privasse della vita. Il suo
corpo era stato innestato al posto di quello di Ametista, che gli umani avevano slegato e deposto. Le sue
grida si ripercuotevano per tutte le gallerie sotterranee della rocca. Io ero troppo preso dai miei pensieri…
Dopo i primi minuti, non ci fecci quasi più caso enon mi accorsi nemmeno di quando spirò: uscito dalla
stanza, mi ero diretto alla biblioteca e replicando il gesto che avevo visto fare al vampiro corrotto, ne
avevo aperto la porta. All’interno, avevo trovato ben poca roba. Nonostante il loro immenso potere, quei
vampiri corrotti non avevano molti libri… si trattava perlopiù di scartoffie e di appunti provenienti
dall’ufficio dei dirigenti che tempo addietro gestivano la miniera. Strano, stranissimo. Era chiaro che
quella era solo una facciata. E infatti, armeggiando un po’ con le pareti della stanza, abbassando un
candeliere scoprii un passaggio segreto che portava a una seconda camera, celata ad altri occhi: in essa
trovai due libri molto interessanti: uno narrava vita e storia degli umani di Nosgoth, ed era scritto in
latino… l’altro invece, era molto più antico, tanto da avere ormai le pagine sbiadite e consunte dal tempo.
Sembrava vecchio quasi quanto il libro che Soul aveva preso dai sarafan, o forse… anche d più., Lo
sfogliai delicatamente, attento a non rovinarlo… Era scritto in runico, in una lingua che non riuscii né a
leggere, né a decifrare. Qua e là vi erano numerosi disegni… alcuni simboli li riconobbi, erano quelli usati
dagli Ancients per idenfitcare gli elementi alchemici… vi erano poi schizzi di portali e di congegni simili a
quello che si trovava nella stanza vicina, e altri che non compresi. Non riuscii a dedurne altro. Forse Soul
e Respen potevano saperne di più L’avrei portato al negromante, sicuro che gli sarebbe stato di somma
utilità.
Me lo nascosi sotto il mantello e tornai dagli umani. Li dissi che avevo esaminato la biblioteca da cima a
fondo, ma che non avevo trovato nulla. Era meglio che non sapessero certe cose.
Passammo un po’ di tempo a guardare i resti di Ametista e dell’ultimo figlio di morlack, entrambi morti
sotto i nostri occhi, vittime dello stesso macchinario. La morte della donna aveva svuotato i cuori degli
umani. Avevano vinto, ma avevano ottenuto solo la metà di quello che speravano… Avevano la libertà
finalmente,m ma molti, troppi di loro erano morti, per averla.
La vittoria aveva un sapore molto amaro. Nessuno parlò più di tanto o fece battute. Anche Shaar mise da
parte l’ironia in quei frangenti.
Freur e Georg attesero che Jessica fosse nelle condizioni di camminare da sola, poi presero con se il corpo
di Ametista e ci salutarono definitivamente, ringraziandoci per tutto quello che avevamo fatto per loro. Ci
dissero che semmai l’Alleanza avesse avuto bisogno di loro, o delle persone del loro villaggio, la
avrebbero accolta a braccia aperte… e che anche noi eravamo i benvenuti. Poi se ne andarono, tornando
alle loro vite mortali.
Rimasto solo con Shaar, le mostrai l’antichissimo libro che avevo pervenuto nella stanza murata. Entrambi
convenimmo che Soul doveva assolutamente visionarlo. Prima di andarcene da quel luogo ormai vuoto,
però, volevo chiarire un ultimo mistero: a cosa serviva quella macchina della stanza affianco? Anche
Shaar, era abbastanza incuriosita da quel coso da volerne sapere di più.
Mentre fuori sorse il sole, noi due passammo tutta la mattina ad esplorare i piani superiori della rocca, e
finalmente, dopo alcune ore, trovammo la stanza dove confluivano tutte le tubature di cristallo. E
finalmente, scoprimmo a cosa serviva quell’impianto così sofisticato: al centro di essa infatti, vi era un
rudimentale portale magico, non dissimile da quello che c’era nella sala del trono del Soul e che
conduceva alla sua fucina, o a quelli dell’antica cittadella.… Il portale era alimentato con l’energia dei 4
elementi, e la utilizzava per distorcere lo spazio e collegarsi ad altri varchi simili.
Come diamine avevo fatto a costruirlo? Capimmo che il libro che avevo preso conteneva sicuramente le
risposte a ciò.
Passai alcuni minuti a cercare di capire come mettere in funzione quel portale, armeggiando con i simboli
e le leve che servivano ad attivarlo e a settarne la destinazione. Riuscii ad accenderlo, e vidi che era
collegato alla Cittadella. Capii che quella era la via per raggiungere Morlack.
Smanettai un altro po’ con i comandi, e vidi che la destinazione cambiava,… stavolta, era collegato alla
sala del trono di Soul…Attraverso il vortice, infatti, riuscivo a vedere l’interno della stanza, il tavolo con il
banchetto, gli amanuensi… Insomma… quelle erano le uniche due destinazioni possibili.. e capii quindi,
che Morlack era davvero vicino alla sua rivalsa: avrebbe appreso i segreti della cittadella e una volta
tornato avrebbe attaccato la cattedrale del sangue, giungendo direttamente addosso a Soul e ai vampiri
con le su armate…
In quel momento, Shaar ritornò dalla sua peregrinazione: mentre eseguivo quel difficile compito, infatti,
la vampira gironzolava per gli alloggi dei Morlackim. Scoprii che, nonostante la loro brutalità, esi avevano
parecchi lussi, compresa una piscina piena del sangue delle lor vittime, in cui facevano il bagno per
rigenerarsi e nutrirsi… Piscina che era alimentata proprio dalla macchina che si trovava nel sottosuolo…
Altra cosa che notò era una stanza da letto finemente arredata, contenete un altro libro. Me lo porse e
vidi che si trattava niente poco di meno che del diario personale di Morlack, con tutte le sue annotazioni.
Anch’esse, però, erano scritte nell’antica lingua degli Ancients… A quanto pareva, solo l’autore poteva
leggere quegli appunti.
Non esitammo oltre: prendemmo i due libri, e ritornammo da Soul mediante il portale. Prima però,
compimmo l’ultimo atto di quella tragedia: facemmo esplodere quel posto maledetto, in modo da
distruggere una volta per tutte la minaccia che rappresentava sia per l’Alleanza che per i cittadini di
Sietghar.
Tornammo al laboratorio e miscelammo un impasto a base di zolfo, carbone e salnitro. Poi lo mettemmo
dentro un sacco e lo collocammo ai piedi della fontana di raccolta del Magma. Dopodiché Shaar varcò il
portale e ritornò da Soul con i libri. Rimasto solo, accesi la miccia e passai nel regno spettrale…
l’esplosione sarebbe avvenuta dopo 5 minuti, ma in quel reame, io potevo beneficiare di un tempo 3 volte
più lungo: così, in quel quarto d’ora ebbi tutto il tempo di ritornare alla sala del portale e di varcarlo.
Due minuti dopo che me ne andai, una devastante deflagrazione distrusse la macchina tetraelementale,
liberando il fiume imprigionato in quelle gallerie. L’esplosione mise anche in moto la camera vulcanica
nascosta sotto quella sala, e quindi ne seguì una spaventosa eruzione. Magma e acqua avvolsero e
distrussero ogni cosa in una pioggia di lapilli, portale compreso.
Alla fine, il fiume di Siegthar riprese a scorrere dalla vallata, sfondando la diga in cui l’avevano imbrigliato
i Morlackim… L’acqua travolse ogni cosa e riportò la vita alla Terra, che si riprese l’energia rubata dai
vampiri… e che finalmente, poté lavarsi delle loro lordure…
--SHAAR NAIK – ASGARATH – MISSIONE : L'IRA DEL DRUIDO CORROTTO – PARTE IV
PARTE 2: MORLACK!
ASGARATH
Era tarda mattinata e il sole splendeva radioso in tutte le aree di Nosgoth, dal Grande Mare Occidentale e
gli svettanti edifici di Meridian, fino alle misteriose terre orientali. In quell’insolita giornata di tardo
inverno, perfino nel Dark Eden i raggi dell’astro riuscivano a sfiorare la terra, trafiggendo l’eterna coltre di
cenere e lapilli di quel luogo maledetto.
Solo le acque del lago delle lacrime, perennemente avvolte nella loro mistica nebbia arcana, respingevano
con veemenza i raggi della lucente stella. E in mezzo a quelle acque, sorgeva l’origine stessa di quella
antichissima difesa naturale: un’enorme isola, una vastissima rocca svettava con le sue rupi sopra le
acque burrascose del lago. Le sue onde si infrangevano eternamente severe e impetuose sulla scogliera
creata da quella barriera di roccia, dure e implacabili nel loro costante lavoro di erosione. Nessuno poteva
sfidar quelle acque senza smarrirvisi o affondare.
Per millenni quell’isola era rimasta lontana dal mondo, dimenticata come gli antichi segreti che custodiva,
Dopo Kain, Janos, Moebius e Raziel, più nessuno era venuto lì a profanarne i misteri.
Ma ora, qualcosa si era mosso: in vari luoghi della Cittadella, spinti dalla sete di conoscenza del loro
signore, vampiri e spettri uniti in un’inconsueta Alleanza si erano mossi per scoprirne gli arcani misteri
custoditi all’interno di quel luogo sacro. Ma essi,non erano soli: c’era anche qualcun altro con loro, e non
era il nobile desiderio di conoscenza a spingerne la ricerca, ma la sete implacabile di vendetta e l’odio
verso il suo antico imprigionatore.
All’insaputa dello sterminio del suo clan, Morlack stava percorrendo le strade della Cittadella.
Era incurante della nebbia: non gliene importava, aveva scoperto come superarla già da parecchio tempo,
e ora, col sangue degli innocenti, l’aiuto del suo devoto clan e il potere sottratto alla Terra, era riuscito in
tale impresa.
Ma ormai erano giorni che stava esplorando quel labirinto i morsi della fame e della sete di sangue gli
stavano lentamente dilaniando il corpo e lo spirito, e le scorte del prezioso liquido che si era portato
dietro per il viaggio erano ormai agli sgoccioli.
Inoltre, più di una volta aveva rischiato di essere scoperto da un paio di vampiri mandati dal suo vecchio
carnefice e creatore, ma si era sempre tenuto prudentemente alla larga da loro. Avrebbe potuto
distruggerli facilmente, e l’odio per l’Alleanza era molto,ma non voleva ancora farsi scoprire e quindi per il
momento gli aveva ignorati,lasciandoli bazzicare nei pressi delle rovine della casa della ex Guardiana
della Natura. Tanto, li avrebbe uccisi al ritorno.
Perché egli aveva un asso nella manica: l’astuto turelim veniva guidato dalla fida aquila che portava
sempre con se, e che egli aveva addomesticato molti anni prima. L’uccello sorvolava continuamente le
zone sopra di lui. La nebbia e il sole non erano un problema per la sua micidiale vista, potenziata
ulteriormente dalle arti magiche del suo padrone così come anche la sua forza.
A intervalli regolari gli comunicava la presenza di eventuali pericoli e nemici,e gli faceva evitare eventuali
trappole predisposte dagli Ancients.
Grazie a questo, ora Morlack stava lentamente trovando la strada per giungere all’Acropoli. Ormai era
quasi uscito dal dedalo infernale delle rovine dei quartieri bassi, e stava iniziando a raggiungere la lunga
mulattiera che, serpeggiando per le rupi della scogliera, si inoltrava nelle vette dell’isola. Lì si trovava la
sua meta: le antiche forge degli Ancients, e altri luoghi sconosciuti ai più, ma noti a lui. Il loro potere
l’avrebbe aiutato a vendicarsi, a porre fine all’Alleanza. Presto, lui e il suo clan sarebbero diventati i Veri
padroni di Nosgoth. Quello che però non sapeva…era di essere seguito.
Alcune ore dopo la sventurata fine del suo Clan, due anime attraversavano un portale dimensionale posto
nella sala del Trono del Negromante. Quello da cui uscirono, giungendo sull’isola, era lo stesso portale
intravisto da Asgarath nella fortezza del Turelim.
Si trovarono all’interno di un piccolo edificio simile ad un tempio, dal tetto ormai crollato. La caccia di
Morlack, aveva inizio.
SHAAR NAIK
La tenue luce del sole, attutita dall’eterna nebbia che avvolgeva la Cittadella, rischiarava il luogo in cui ci
trovavamo, penetrando dalle crepe del tetto.
Il portale di Soul ci aveva condotti in quello che sembrava un tempio dedito a qualche antico rito: vie
rano delle alcove con dei seggi di pietra per i fedeli, un altare sacrificale, e sul pulpito, alcuni affreschi
rovinati e consunti dai millenni, che recavano incisa l’immagine di un grande occhio. Asgarath passò
alcuni secondi ad osservare quello strano bassorilievo, ma io stavo già dirigendomi verso l’uscita.
Dovevamo trovare la nostra preda.
–Muoviti, druido! Dobbiamo trovare Molrack! Non abbiamo tempo di giocare agli archeologi!
Il mietitore si riscosse dai suoi pensieri, poi mi seguì, perplesso e silenzioso. Qualcosa in quel murale
aveva riscosso i suoi pensieri. Chissà che ci trovava in quel bizzarro simbolo… Dovevo ammettere che era
inquietante, ma non ne capii il significato.
Uscimmo fuori, e ci avventurammo in un dedalo di rovine dallo stile architettonico che non avevo mai
visto fino ad allora: gli edifici ormai erano per la maggior parte solo un cumulo di macerie, ma si
distinguevano tutti per una cosa: la loro altezza vertiginosa: erano alti e slanciati e lwe guglie si
protendevano verso il cielo per decine di metri. Qua e là si vedevano archi e vaste balconate. Non c’erano
né scale né rampe che portassero ai piani superiori…Che strano.
Mi chiesi come facevano gli abitanti a salire fino in cima.
Guardai il druido, e vivi che era ancora più meravigliato di me: lo sguardo di Asgarath si perdeva in quel
panorama arcano e sublime, tant’è che non guardava nemmeno dove metteva i piedi; gli misi un piede
davanti ai suoi, e lui inciampò rovinosamente aggrappandosi a me.
Io risi, e lo aiutai a mettersi in piedi.
– Ahah… allora druido, vogliamo smetterla di guardare per aria e concentrarci sull’obiettivo?– Shaar-Naik… Sei così irrispettosa che non sembri nemmeno una vampira. Hai idea almeno di dove ci
troviamo? – io lo guardai un attimo, accigliata.
– Orsù, allora, spiegami le meraviglie di codesto luogo!
Lui sospirò e iniziò a parlarmi:
– Un tempo, decine di migliaia di anni fa, questo posto era il luogo più sacro di Nosgoth: qua viveva
un’antichissima razza dalle stupende fattezze angeliche e dalla pelle blu. Erano esseri saggi e dotti, dotati
di un’enorme intelletto e di una conoscenza superiore perfino a quella di Respen e Soul.
Essi avevano un grande rispetto della vita, e credevano fermamente in un eterno ciclo di Vita e Morte che
alimenterebbe l’esistenza nel nostro mondo. Purtroppo però, essi adoravano il dio sbagliato e ciò li
distrusse. Credevano di venerare il dio della vita e della morte, e ad esso offrivano i loro riti e sacrifici,
ma invece veneravano solo un volgare parassita, una piovra che li ingannava con menzogne e bugie per
sfamarsi delle loro anime. Un essere abominevole e spietato, che ancora oggi controlla la vita di tutte le
creature prive del dono del libero arbitrio. Hai già potuto vedere il suo simbolo nel santuario in cui siamo
arrivati. Ogni volta che noi mietitori divoriamo un’anima, essa va a nutrirlo. Ecco perché detesto uccidere,
Shaar. Hai idea di che inferno sia il regno spettrale?
– Credevo che fosse divertente, invece… Come si estinsero gli abitanti di questa città?
– L’Anziano li convinse a muover guerra a una razza che aveva trovato il modo di sfuggire alla Ruota, gli
Hylden. Gli Antichi li sconfissero e li bandirono in un’altra dimensione ereggendo i Pilastri come sigillo, ma
i nemici per vendicarsi li maledissero, facendoli diventare i primi vampiri di Nosgoth.
Ciò gettò gli antichi in preda la follia: il vampirismo li rendeva sterili e immortali ed essi si suicidarono in
massa. I Sarafan e le persecuzioni degli umani fecero il resto. Essi requisirono I pilastri,ma non erano
capaci i gestirne il potere e così li corruppero, facendoli crollare. Gli Hylden tornarono dall’Esilio, e Kain
dovette tribolare 500 anni per rispedirceli. Poi fondò il suo impero sulle rovine dei Pilastri, cercando di
ripristinare l’egemonia degli Antichi, ma il suo sforzo di riportare un po’ di Equilibrio fu vano: i suoi figli
vampiri divennero sempre più abominevoli, perché infettati dalla corruzione creata dagli Hylden, e
l‘impero di Kain alla fine crollò. I vampiri corrotti che appestano ancora oggi il mondo sono lo scarto di
quei relitti.
Per questo è nata l’Alleanza: per porre rimedio ai disastri creati dalla crudeltà degli hylden, dalla sete
dell’Anziano e dall’ingenuità degli Antichi.Sapevi questo quando ti ci sei unita?
Rimasi in silenzio, senza sapere cosa replicare.
Mi avvicinai ad una statua che aveva attirato la mia attenzione, e la guardai: raffigurava una bellissima
guerriera alata dai lunghi capelli che impalava trionfalmente una creatura simile ad un diavolo.. Un
braccio e la testa del demone si erano sbriciolati, mentre alla vampira mancava un’ala, ma la statua
conservava ancora la sua mistica bellezza. La guardai dritto negli occhi, e per un attimo ebbi
l’impressione che mi fissasse a sua volta.
Distolsi lo sguardo, sinceramente intimorita della grandezza dei personaggi che avevano vissuto in questi
luoghi. Mi sentivo insignificante.
– Pensiamo a catturare Morlack… Sta disonorando questo posto. – mi limitai ad aggiungere.
– Per una volta, porti rispetto ad un luogo sacro Shaar-Naik. Forse stai migliorando…
Sbuffai.
– Senti… Separiamoci! Stai iniziando di nuovo a irritarmi.
– Sei sicura che sia saggio?
– Non ti fidi di me?=
– Non è questo. È che in due forse avremmo più speranze di sopraffarlo. Visto qual che sapevano fare i
suoi figli, credo che sia un osso duro.
– Sì, ma questo luogo è immenso. Se ci separiamo, avremo maggiori probabilità di trovarlo. Chi lo trova
chiama l’altro.
Lui mi guardò per alcuni istanti, poi annuì.
– Va bene. Faremo come vuoi, ma se lo vedi, non fare nulla di avventato! Va bene?
– Sì, stai tranquillo. Lo tengo d’occhio solo un poco per vedere quali sono i suoi movimenti.
Saltai su un cancello e con un cenno di saluto sparii dall’altra parte.
Camminai per mezz’oretta, ripensando a quel che Soul il Negromante ci aveva detto a proposito di
Morlack: “Un turelim resistente all’acqua e alla luce solare, dotato di un intelligenza fuori dal comune…
Deve pur avere qualche difetto!” mi ripetei.
Per prima cosa...Dovevo trovarlo. Ma come?
Non sapendo dove cercare, mi sdraiai un attimo guardando il cielo. O meglio, la nebbia che lo ricopriva.
C’era una calma innaturale in quel luogo, rotta solo dalla tensione della caccia.
Andai in cima a una collina, per avere una visuale più ampia.
Saltai, mi arrampicai, girovagai per tutta l’isola, perdendomi nella bellezza delle rovine.
Da viva non avrei mai pensato che i vampiri potessero avere una storia così profonda, e ora eccomi là a
provare rispetto per quella cittadella sconosciuta.
Guardai in basso, cercando di trovare qualcosa di insolito, ma non riuscivo a vedere nulla in movimento.
Poi… Stranamente, vidi un’aquila sorvolare l’area a nord, librandosi nell’aria, cantando la melodia della
libertà dentro un’isola circondata da una gabbia aeriforme. Come era giunta fino a qui?
Decisi di avvincermi a lei per indagare.
Scesi, e mi diressi al lato centro-nord, risalendo una scogliera.
Udii dei rumori, e mi nascosi sopra a degli alberi, vicino ad una stradina. Rimasi appostata per un poco,
finché vidi un essere che stava camminando.
E appollaiata alla sua spalla, l’aquila. Mi appiattii sdraiandomi, e iniziai a seguirlo, veloce come una
pantera e silenziosa come un serpente.
Lo superai di qualche metro per anticipare le sue mosse e…
–No! – Asgarath gli stava venendo incontro, giungendo dal lato opposto. Mi affrettai per andare ad
avvisare il druido, ma…
Morlack sentì dei rumori. L’aquila andò immediatamente a setacciare la zona che Asgarath perlustrava.
L’uccello emise uno stridio acuto, e Morlack fu subito sul posto.
Il turelim prese alla sprovvista il druido, che venne sollevato per il collo d alla telecinesi.
–Ah…un mietitore… Carne finalmente! – Morlack si leccava continuamente le labbra, come per pregustare
la sua preda: non glielo avrei permesso.
Il druido tossiva, ma guardava fisso negli occhi il suo nemico, in atteggiamento di superiore resistenza.
Nei suoi occhi si vedeva benissimo il fuoco che ardeva per una lotta per il bene: fuoco che gli diede la
forza di sfidare il suo nemico:
– No, Mo..Morlack… Sei tu la mia preda, essere spregevole! Sono qua … per ucciderti!
ASGARATH
Quando Shaar mi salutò la guardai allontanarsi in silenzio, riflettendo sul da farsi. Morlack era un druido
esattamente come lo ero io, ma lui era più incline alla magia e alla scienza naturale, mentre io
protendevo di più per l’alchimia e le scienze umanistiche. Riflettei su questo fatto e mi chiesi: se io fossi
stato al suo posto, come avrei fatto a farmi strada attraverso quel torreggiante labirinto nebbioso?
Camminai meditabondo per alcuni minuti, poi capii: Morlack non era venuto da solo: aveva qualcos’altro
con se, probabilmente aveva qualche creatura alata, che con la sua vista e il suo linguaggio poteva
aiutarlo ad orientarsi. In effetti, nel suo diario avevo letto alcuni passaggi in cui egli accennava
all’addomesticamento di un aquila chiamata Sniper, che spesso portava con se. E quindi capii: trovato
l’animale, avrei anche trovato Morlack. Mi diressi nella direzione opposta rispetto a quella che aveva
preso lamia alleata, pregando che Shaar non si cacciasse in qualche guaio. Ormai mi ero abitato al suo
modo di fare, e avevo imparato da apprezzarla molto. I suoi modi bruschi e il suo sadismo erano una
maschera per qualcosa di molto più profondo, un dolore celato e sepolto nel profondo del suo animo che
lei sfogava con la vendetta,e che forse nessuno sarebbe mai riuscito a confortare.
Mi chiesi chi aveva perso di così prezioso, per colpa dei vampiri corrotti,e quale fosse il mistero del suo
medaglione..
A un certo punto, notai qualcosa che mi riscosse da quei pensieri: in mezzo ai viottoli delle rovine, notai
una lunga strada pianeggiante che si inoltrava salendo verso l’alto.
Incuriosito la seguii e presto uscii dall’abitato, finendo in un sentiero che serpeggiava sopra un’alta
scogliera che dava a picco sul mare, coperto da una rada vegetazione di alberi morti e scheletrici; ne
sentivo a malapena la vita. Quella scarsa luce e quel terreno riarso non potevano sostentarli appieno.
Poveri esseri..
A un tratto successe qualcosa: vidi un’aquila sorvolarmi. Sniper stava chiamando qualcuno.
Poco dopo, senza saper nemmeno come, Morlack mi trovò.
Non perse tempo: riconoscendomi come un suo nemico, mi agguantò subito con la telecinesi e mi attirò a
se. Come ero potuto essere così stupido? E perché i miei sensi non avevano sentito nulla? Avrei dovuto
usare maggiore cautela nell’avventurarmi all’aperto!
–Ah, un mietitore! Carne fresca, finalmente! Non credevo che Soul avesse l’ardire di mandarmi qualcuno
contro! – disse il turelim con alterigia, mentre il pennuto si appollaiò sul suo braccio… Guardai il turelim e
il suo animale: Morlack era un individuo decisamente imponente: alto e atletico, aveva sopracciglia e
basette folte e accurate, un pizzetto sul mento e dei lunghissimi capelli neri legati in una coda di cavallo. I
suoi tratti erano nitidi e giovanili e di una bellezza davvero insolita per un vampiro corrotto. Indossava
una lunga tunica di seta che gli scendeva fino alle gambe, e una pelliccia di animale che gli adornava il
petto. In un dito della mano sinistra recava un anello con un rubino incastonato, che aveva un aspetto
tutt’altro che rassicurante.
Mi accorsi che Morlack era molto simile a come ce l’aveva descritto Soul, tranne che per un dettaglio: in
quei secoli, i suoi poteri erano enormemente aumentati, come anche la sua superbia.
Ancora meno rassicurante, era Sniper: l’aquila era un sontuoso animale dalle lunghe penne brune. Aveva
un lungo becco ricurvo, artigli che avrebbero potuto sventrare un cinghiale e occhi gialli che esprimevano
una consapevolezza e un intelletto davvero poco comune, per un animale.
Ma quello che metteva davvero paura, era il modo in cui guardava: non avevo mai visto uno sguardo così
gelido e freddo; nessuno mi aveva mai parlato con un simile odio!
Ero davvero nei guai!
Notai un movimento in alto,sugli alberi sopra di me, e vidi luccicare un Hydra. Capii di non essere solo.
Dovevo prendere un po’ di tempo.
– No, Mo..Morlack… Sei tu la mia preda, essere spregevole! Sono qua … per ucciderti! Credi davvero che
Soul si sia dimenticato di te? Anzi, è piuttosto stupito del tuo ardire… è notevole il modo in cui sei arrivato
fino a qui! Davvero notevole!
Morlack ridacchiò e mi avvicinò ancora di più a lui.
– Ma davvero? Allora devo sentirmi piuttosto onorato, se sono ancora nelle sue grazie! Potresti anche
essermi utile, sai? Dicono che voi mietitori non potete morire né esser distrutti facilmente… Hai idea di
cosa potremmo fare assieme,io e te?
– Se vuoi che collaboriamo, allora perché mi tieni in questa infelice posizione? – gli chiesi –E poi, mi
hanno già fatto questa domanda nel tuo palazzo… Argus era un tale chiacchierone…
Morlack sgranò gli occhi, stupito, poi mi scaraventò contro una colonna, mantenendo la presa cinetica.
– Tu sei stato nel mio palazzo…Ma se sei ancora qua, questo significa che…
– Significa che il tuo clan ha avuto quel che si meritava. Non farai mai più del male agli esseri umani, né
alla povera gente di quel villaggio. Ho provveduto a porre fine a ciò una volta per tutte. Nessuno è
sopravissuto alla mia furia e a quella delle tue “cavie!!”
Morlack grugnì, poi ringhiò…Per un attimo temei seriamente per la mia vita. In quel momento tirai non
pochi accidenti verso Soul: anche se mi aveva restituito qualche potere,il Negromante si era comunque
preso la cintura che rendeva invisibili, che io avevo sottratto ad Argus… Questo complicava non poco la
mia situazione già critica.
Morlack improvvisamente mi sollevò di nuovo in aria, e rise…Un riso isterico e folle, consumato dalla sete
di sangue e vendetta.
– Ahhahahaahha… Sei davvero un tipo strano…qualunque sia il tuo nome.Ci sono parecchie cose che non
tornano: Primo mi chiedo come te da solo abbia potuto far tutto questo. Devi esser un mietitore davvero
potente per aver sterminato tutto il mio clan da solo. Non credo che quelle stupide pecorelle senza
cervello che passano il tempo a rotolarsi nello sterco delle loro stalle possano far questo. Tuttavia, non mi
sembra che tu sia chissà quale campione… Quindi , se ciò che dici è vero, e probabilmente lo è, questo
significa anche un’altra cosa: non sei l’unico ad essere qui, vero? Quanta allra gente mi ha messo alle
costole il Negromante? Dimmelo, e forse ti faciliterò il trapasso!
Morlack acuì la presa…Sentivo le mie ossa scricchiolare pericolosamente… Ancora un po’,e mi avrebbe
spedito nel regno spettrale…
–N…No…c c Ci sono solo Io! –Da quella angolazione, vedevo Shaar, che stava per lanciare un Hydra alla
nuca del vampiro…Bastava solo un altro attimo…
In quel momento però. Successe qualcosa: Sniper alzò lo sguardo, e vide un movimento sopra di noi.
Cinguettò, poi spiccò il volo e si diresse proprio verso Shaar.
Morlack guardò il suo fido uccello, poi rise. Con la mano destra sguainò una sciabola impregnata di tutti i
4 elementi, poi con la sinistra mi attirò a se talmente tanto che mi portò davanti al suo viso.
–Bugiardo…–sussurrò.
Stava per infilzarmi, ma fu in quel momento che reagì: Caricai il Glifo del Suono e glielo scagliai contro.
Morlack strillò e si portò le mani alle orecchie, contorcendosi. Sniper lasciò perdere Shaar Naik,con cui
stava iniziando a combattere, e scappò via, spaventata.
Mi liberai dalla morsa cinetica e gli saltai addosso con la mietitrice di Fuoco,assestandoli un fendente che
gli tranciò di netto la mano che reggeva la spada.
La sciabola tetraelementale volò via, e cadde venti metri più in basso, finendo in una spelonca della
scogliera.
Morlack in quel momento gridò di dolore e di furia cieca: perdeva sangue dalle orecchie e dalle mani, ed
era ancora piuttosto frastornato, ma,nonostante tutto, non si scompose e reagì in maniera
incredibilmente fredda, nonostante la ferita.
Mi allontanò con la mano sinistra, evocando una magia di vento che mi scagliò a pochi metri dal dirupo,
poi dall’anello magico mi gettò contro una cortina di fiamme…
Risposi appena in tempo, scagliandovi contro il fuoco magico azzurro, e le due fiammate si scontrarono
fra loro in una violenta deflagrazione.
–Hm…Interessante…Dunque sei anche tu un druido… Devo ammettere che forse ho sottovalutato il
Negromante. Davvero astuto, da parte sua…–Rispose il vampiro –…Ma non abbastanza.
Continuò a scagliarmi fuoco con intensità crescente, e quell’anello aveva una potenza pazzesca, che non
avrei mai pensato…Mi stavano scemando le forze…Il fuoco azzurro arretrava pericolosamente e la magia
oscura del turelim mi aveva quasi raggiunto…
Poi successe qualcosa: Shaar–Naik, era scesa dall’albero e stava per colpire alla schiena Morlack con i
due Hydra. Il vampiro però si tramutò in nebbia, mandando il colpo a vuoto. Nel farlo, però, dovette
mollarmi Mi rialzai a stento e con l’ultimo residuo delle mie forze mi scagliai contro il Turelim con la
reaver in mano.
Cercai di colpirlo appena lui riacquistò forma fisica, ma il Turelim era incredibilmente scaltro: parò il colpo
avvolgendosi in una barriera di rune, poi mi attaccò con una magia congelante… Il mio corpo gelò … e si
sbriciolò in mille pezzi. Finii nel Regno Spettrale e Shaar Naik rimase da sola con lui.
SHAAR NAIK
Ed eccomi così faccia a faccia con Morlack.
E si metteva male.
Mi voltai per vedere il corpo di Asgarath che si dissolveva in mille cristalli ghiacciati, e mi resi conto che
se fossi stata io al suo posto, sarei morta di sicuro.
Il mio nemico si girò verso di me.
– Bene bene vampira… ed ecco un altro membro dell’alleanza da smembrare.
– Tsk… scordatelo. Sarò io che giocherò con le tue budella alla fine, schifoso ibrido. – Mosse la sua mano e
con un rapido gesto dal suo anello partì una fiammata. Mi gettai di lato,ma mi prese di striscio e mi fece
una profonda bruciatura nel braccio sinistro. Caddi a terra urlando.
– Quando avrò finito con te, non avrai nemmeno le mani per usare i tuoi pugnali.– Si avvicinò a me, con
fare sicuro, e con un calcio tentò di disarmarmi. Mi scostai con una capovolta, e tornata in piedi mi
accorsi che barcollavo.
–Se pensi che io mi piegherò a te, ti sbagli! – l’uccello sorvolava la zona, sicuro di essere al sicuro, e
sicuro della forza del suo padrone,non mi attaccava. Sarebbe stata la ciliegina sulla torta di quella
battaglia.
Usai lo stun, ma fu inutile. Il vampiro rise. Con il Repel mi avvicinai e gli diedi un forte colpo allo stomaco
con la punta dell’Hydra, ma la pelliccia di animale in qualche modo la repinse. . Tentai anche di incidergli
il collo, ma mi schivò.
Arretrai e sparii dietro ad un muretto diroccato, nascondendomi nelle macerie di un abitazione vicina..
Sentivo le urla di dolore e rabbia del vampiro, che piano piano divennero delle minacce:
– Vampira! Dove sei, maledetta!
Ero dietro il muretto, e sapevo che si stava avvicinando. Mi passai il mio Hydra sulla ferita,e l’acqua
alleviò un poco il dolore.
Poi sentii un rumore vicino.
Era dietro.
Esattamente dietro di me.
Ci separava un sottile muro di vecchi mattoni… ma non avrei fatto la vigliacca. Con un calcio sfondai il
muro, facendogli finire addosso qualche mattone, e sorpassando l’apertura gli diedi un grosso calcio alla
testa. La reazione non tardò: la faccia mi si riempì di sangue: con la magia mi scagliò contro uno sciame
di pietre acuminate, ed esse mi tagliarono la fronte, il naso e il braccio destro.
Mi prese poi per la gola, una mano con un grosso anello luccicante. Notai uno strano bagliore attorno, un
bagliore che emanava energia.
Ma non erano gli accessori del mi avversario che mi preoccupavano.
Mi scaraventò in mezzo alla piazzola, e i miei Hydra scivolarono di mano.
Non poteva finire così. I miei occhi si riempirono di rabbia, alla vista di quel vampiro altezzoso sopra di
me.
Sentii dei passi leggeri.
Mi girai.
ASGARATH
Mi ci vollero alcuni interminabili minuti per riprendere le forze: quel posto era completamente avido sia di
anime che di Sluagh. Inoltre avevo fatto una scoperta raccapricciante: sopra il lago sottostante il dirupo,
si estendeva una fitta nebbia spettrale, minacciosa e convulsa. Respen mi aveva ammonito più di una
volta su di essa: era una trappola dell’Anziano per i mietitori, e nessuno poteva sopravvivere: toccarla
significava la morte ultima…Questo rendeva la cittadella inaccessibile via terra anche dal Regno
Spettrale…Decisamente, gli Ancients sapevano il fatto loro.
Come se non bastasse, dovetti combattere contro un piccolo arconte, e ciò mi stancò parecchio. Riuscii
prevalere mitragliandolo con la telecinesi, saltando e colpendolo furiosamente con la mieti, ma ciò mi fece
perdere ulteriore tempo.
Perdetti ancora più tempo a cercare delle anime e un portale. L’unico che trovai era piuttosto lontano e si
trovava in mezzo ad un cerchio rituale poco distante,composto di monoliti: enormi macigni sovrapposti
fra loro, usati per chissà qual lontano significato. Lì in mezzo, trovai anche delle anime, tutte raggruppate
fra loro: erano spiriti verdi e azzurri…Quello che mi stupì, era che essi combattevano furiosamente fra
loro, sebbene non potessero minimamente nuocersi… Da quanto tempo compivano quell’insensata follia?
– Divorai quelle anime potendo fine al loro tormento eterno, e poi ripersi materia.
Quando tornai da Shaar Naik, la trovai alla mercé di Morlack: gli Hydra erano a terra, lontani. La vampira
era disarmata ed era coperta di tagli piuttosto profondi e di alcune ustioni…Per fortuna, nessuna di quelle
ferite era mortale… Aveva venduto cara la pelle, ma ormai era allo stremo delle forze.
Sniper, appollaiato sul braccio del suo padrone, si godeva lo spettacolo.
Probabilmente, Morlack voleva sfamarsi col suo sangue, per poi gettare gli avanzi al pennuto.pregustando
Non glielo permisi: nascosto dagli alberi mi avvicinai cautamente, evitando il minimo rumore, poi saltai
fuori rapidissimo: sparai un colpo cinetico con tutte le mie forze, colpendo Morlack alla spalla e
lussandogliela, poi gli lanciai il fuoco druidico bruciandogli l’addome e la pelliccia.Il vampiro cadde a terra,
sbalzato dalla sorpresa e ferito mediamente; Sniper volò di nuovo via.
Dannazione, quel turelim aveva una resistenza pazzesca. Nemmeno il mio fuoco lo danneggiava! Come si
poteva uccidere? Quale era la fonte del suo potere? Guardai l’Anello del Fuoco, che aveva nella mano
sinistra, e capii.
Mi avvicinai a lui, colpendolo con altri proiettili cinetici: non gli facevano granché ma gli impedivano di
alzarsi. Quando fui a pochi metri da lui, però, Morlack contrattaccò:
– Adesso basta, druido! Fine dei giochi! –.mi disse. Mi afferrò di nuovo con la telecinesi e prima che io e
Shaar potessimo far qualcosa, mi scagliò lontano, verso il lago.
– L’Anello, Shaar! Rompiglielo! – Gridai cadendo nel precipizio. Se fossi passato nello spettrale ci avrebbe
pensato la nebbia a uccidermi, nel materiale,lo avrebbero fattolo rocce acuminate sotto di me.
Ero spacciato.
L’ultima cosa che vidi fu solo Shaar Naik, che, udendo le mie parole, con un gesto disperato aveva
recuperato un Hydra e che, furibonda era saltato addosso al vampiro…
SHAAR NAIK
– Adesso ti rompo io, insieme al tuo anello!
O la va o la spacca. Anche se in questo caso, dovevo spaccare.
Gli saltai addosso, e con uno scatto felino e usando il Repel gli conficcai il mio Hydra nella mano,
staccandogli il dito.
Morlack gemette dal dolore e reso completamente monco,cadde a terra disperato.
Iniziai a ridere.
– Noo! Ridammelo, vampira maledetta!
– Scordatelo…– lasciai cadere ai miei piedi l’anello, e mentre il vampiro iniziava ad indebolirsi, lo ruppi con
tutti e due i miei pugnali impregnati d’acqua… avevano spento il fuoco. Subito, si calmò anche il bruciore
delle mie ferite.
–Noo! –l’urlo di disperazione di Morlack accompagnò la sua caduta: si accasciò a terra, con lo sguardo
fisso in basso.
Io iniziai a ridere ancora più forte: finalmente le posizioni si erano capovolte.
– Le tue ultime parole?–dissi, giocherellando allegramente con i miei Hydra.
–Uccidimi.
– Con piacere. – lo decapitai. La sua testa rotolò un poco, dopo di che la presi e gli sorrisi. –Tsk. Rimarrai
s guardare mentre sventro il tuo piccione. Un momento…
Udii un suono alle mie spalle, mi voltai a guardare e vidi Asgarath, in piedi davanti a me Mi ero
completamente dimenticata che era caduto nel precipizio…
– Ah, eccoti. L’erbaccia non muore mai,vero?
Mi guardò accigliato. Teneva in mano la spada luccicante di Morlack.
–Dai, scherzavo! Ma non eri caduto come tuo solito? Stai bene? Tutto a posto?
– Un po’ scombussolato…Potevo uccidermi, lo sai? Per fortuna mi sono ricordato che, come le ali degli altri
mietitori,anche il mio mantello può consentirmi di planare. Cadendo,ho notato una caverna che si apriva
nella roccia, così son sceso verso di essa, mi sono issato al suo interno e ho recuperato questa lama. Era
finita lì. Ci ho messo un po’ perché sono andato nello spectral a riprendere le forze…
Gli feci un grosso sorriso, il primo forse. Andai da lui e toccai la spada.
Guardai la lama. Asgarath me la porse.
– La spada di Morlack… non oso pensare di cosa sarebbe stato capace, se l’avesse presa… Guarda cosa ho
io invece! – gli feci vedere la testa ghignante di Morlack. Lui ritrasse la faccia.
– Bleah…Shaar…! Brava ma… ti spiacerebbe toglierlo? – io risi e poggiai la testa. In una roccia.
– Dunque l’hai ucciso davvero... questo spiega perché ho visto il suo spirito poco fa…
– Nel regno spettrale?
Annuì.
–Sì…era terrorizzato… ma non è durato molto… Me lo sono mangiato… Era pure indigesto, bleah…
Risi, vedendo il mietitore storcere il muso al ricordo del sapore dell’anima di Molrack.
– Guarda… – Sniper si avvicinò nella testa del padrone, e iniziò a guardarlo curiosamente. Lo catturai in
un istante, tenendolo per le ali. Tentò di beccarmi, e allora lo presi per le zampe e lo misi a testa ingiù,
scuotendolo.
Mi girai verso Asgarath, che rideva per come maltrattavo la bestiaccia del vampiro, e gli dissi:
–Omino blu..è finita. Che ne facciamo di questo pennuto?
– Portiamolo da Soul. Era l’animale di Morlack dopotutto,e di sicuro ha visto tutto ciò che ha visto il suo
padrone. Forse la Guardiana della Natura potrà leggervi nella mente o parlarvi…Sono sicuro che questa
aquila avrà molte cose da raccontarci.
Detto ciò,tornammo alla Cattedrale, ridendo e sperando che i nostri compagni avessero avuto identica
fortuna.
FINE
--SOUL
PREMI
Nyamelh
Arma potenziata.
Nome: Tellus
Abilità +1: Una sciabola impregnata dell'elemento terra. Se colpisce violentemente il terreno, può causare scosse sismiche
di media intensità, creando crepe nel terreno e piccole voragini. L'arma è particolarmente efficace contro creature
composte di materia inorganica e contro le armature.
Materiale: Metallo runico, roccia (elsa).
Lunghezza: Medio.
Magia
-
Control Mind
Phobos
Arma potenziata
Lancia di Odin
Abilità: All'apparenza un'asta di ferro lunga, possiede un potere speciale: essa diventa una lancia affilatissima, una lama a
contatto con tutto ciò che è organico (anche la carne "non morta"), tranne te. Chiunque la impugni dunque, rischia di
farsi profondi tagli. Solo tu puoi impugnarla. Ovviamente con oggetti di altri materiali (esempio la pietra), il bastone si
comporterà come una comune asta di ferro.
Abilità +1: L'asta è impregnata del potere elementale del fuoco, secolare nemico di tutto ciò che è vita. Il possessore
dell'arma può concentrarsi per designare un bersaglio organico esatto nel raggio di qualche decina di metri. Una volta
scagliata, questa compirà una curva parabolica andando a colpire sicuramente il bersaglio (può spostarsi leggermente
anche durante il tragitto, nel caso in cui il bersaglio sia in movimento). Una volta infilzata, inizierà a diventare
incandescente.
SOUL
Shaar-Naik
Arma potenziata.
Nome: Hydra
Abilità: Due pugnali impregnati del potere elementale dell'acqua. Sembra siano stati forgiati da vampiri corrotti.
Abilità +1: Il potere elementale aumenta - Hydra infligge gravi ferite ustionanti ai vampiri (eccetto quelli resistenti
all'acqua) ed i pugnali possono essere lanciati, seguendo un moto rettilineo, anche sott'acqua, generando piccoli vortici.
Abilità +2: Lancio continuo - I pugnali, una volta colpito (o mancato) il bersaglio, ricompaiono nelle mani di Shaar-Naik
(quando ella lo desidera).
Materiale: Sconosciuto.
Lunghezza: Corti.
Magia
- Telecinesi
--RESPEN
Asgarath guadagna: Precognizione +1 e 6 EP
--BLEED - MISSIONE : DENTRO IL LABORATORIO
Paragrafo I -
Il richiamo dell’Alleanza
Il mio peregrinare in quei giorni, assorto tra mille pensieri e ricordi ormai lontani, mi aveva trascinato per
i boschi intorno i Pilastri, seguendo un percorso circolare, quasi ipnotico. Seguivo come privo di coscienza
quella traiettoria così falsamente retta, come voler mettere quanta più distanza possibile tra me e la mia
nuova casa, ma che inesorabilmente mi attanagliava e mi lasciava gravitante attorno quei Pilastri che
ogni volta mi riempivano il cuore di speranza.
Nonostante fossi ancora provato, se non fisicamente sicuramente mentalmente, dal mio ritorno alla nonvita, il pensiero della mia stessa esistenza che la mia mente ancora troppo umana non riusciva bene a
focalizzare, ma che il mio essere demoniaco mi suggeriva ad ogni secondo d'esistenza, continuava a
turbarmi.
Il mio sapere era ancora molto limitato, avevo assistito ad avvenimenti a me totalmente incomprensibili,
la vera natura di Nosgoth mi si apriva d'innanzi ogni nuovo giorno e cominciavo a non temere più la
fredda e mortale bellezza del piano spettrale.
Ciononostante lo scopo di quella mia nuova esistenza era ancora per me un totale mistero, sentivo di
dove fare qualcosa, essere più partecipe nel dipanare il destino di quel mondo che una volta servivo, ma
che ora assoggettavo.
Il credere nelle intenzioni di Respen era la mia fede. D'altronde come avrei potuto non farlo? Lui m'aveva
salvato da una sorte ben più orripilante della morte stessa. Sorte che solo con gli occhi di un mietitore
potevo osservare e rabbrividirne. Morire e rinascere solo per l'eterna fame di un falso dio, per il suo
piacere e divertimento.
Per questo non esitai quando mi chiese di recarmi al cospetto del Signore dei Vampiri, il Sommo
Negromante, capo ed eterno burattinaio dei nostri alleati, e di assoggettarmi al suo volere per una
missione che pareva essere d'estrema importanza per tutta l'alleanza.
Mentre entravo della Cattedrale del Sangue l'odore di chiuso, del sangue stantio e della morte mi arrivò
sordo e profondo, come la carezza di un'amante vogliosa ed abbandonata senza ritegno.
Anche se provavo profondo rispetto per tutti gli esseri che volgevano la propria esistenza al
perseguimento dell'Equilibrio, unica vera salvezza per Nosgoth, non riuscivo a condividere i metodi del
Negromante.
Metodi per me troppo macabri e spietati, certo lontani secoli dalla mia comprensione, certo sempre aventi
fini a me oscuri ma necessari per la salvezza del nostro mondo, ma pur sempre metodi in cui molte volte
non riuscivo a distinguere dove finisse l'odio e dove iniziasse la ricerca dell'equilibrio.
Mentre avanzavo nel salone principale, alle tenui e flebili luci delle fiaccole che costellavano la palpabile
oscurità di quei luoghi, intravidi lo scranno dove il signore di quella fortezza solea attendere i disperati
che provavano a raggiungerlo, per uno o l’altro motivo, ed al suo fianco v’era l’essere che degnamente ne
occupava il posto.
Era come assorto nei propri pensieri quando mi avvicinai a lui, mantenendo sempre una certa distanza e
lo sguardo basso in segno di riverenza.
O molto più probabilmente mi auguravo di dover stare il meno possibile al suo cospetto in quella
cattedrale che tormentava i miei ricordi con il pregnante odore di sangue che ne permeava ogni poro.
Soprattutto dal pavimento su cui ora stavo camminando, come se avesse da poco assaggiato il ferroso
sapore del sangue umano.
Mi inchinai salutandolo come Sommo Negromante e Guardiano del Pilastro della Morte, ed aspettai che mi
rivolgesse la parola.
Soul
“Non posso nascondere la mia sorpresa, il grande stupore che provo nel riconoscere una tale
magnanimità da parte di Respen; l'ennesimo mietitore giunge fin qui per assecondare i miei capricci.
Figlio della non vita, sappi tuttavia che il fato non è stato magnanimo con te quanto il tuo Signore nei
miei confronti. Avrei indubbiamente preferito disporre al tuo fianco uno tra i miei Paladini, ma ho infine
deciso di destinarli tutti ad una missione ai limiti delle loro capacità.
A conseguenza di ciò, ti ritroverai solo, in un'avventura per te altrettanto difficile, alla luce dei tuoi poteri
attuali. Considerati tuttavia onorato di affrontare con tanta nobiltà le gelide contrade della Cittadella.”
La calorosa accoglienza del Sovrano Oscuro mi lasciò spiazzato per qualche secondo. Avevo sentito dalle
voci degli altri membri dell’alleanza su come fosse un essere fiero e degno del posto che occupava, ma al
tempo stesso duro, severo e non molto propenso nel mettere gli altri a proprio agio … ma forse mi ero
sbagliato, o molto più probabilmente tanto era l’importanza del nostro supporto per i suoi piani che
sfoggiare un benvenuto da gran rito era doveroso.
Questo mi fece riflettere, mentre ascoltavo le sue parole, ed intuire quello che dopo pochi secondi mi fu
chiaro: la missione che mi attendeva non era certo qualcosa da prendere sottogamba.
“Il tuo compito è forse il più importante per la mia ricerca, ma al contempo uno dei più complessi: dovrai
disattivare l'antico portale del laboratorio alchemico in cui il defunto Guardiano del Pilastro degli Stati
elaborò, secoli fa, la teoria con la quale fu poi incantata la Mietitrice d'Anime dai superiori di Vorador, al
quale fu assegnato il compito di forgiare la lama. Il tempio dei saperi alchemici si trova nella parte bassa
dell'isola, ma il portale che attraverserai qui, alla Cattedrale del Sangue, ti porterà direttamente al cuore
della Cittadella.”
La Cittadella … il nome di un luogo che avevo letto solamente sugli antichi libri e gli annuali della
Cattedrale dell’Anima. A volte, prima della mia quasi scomparsa per opera dell’Idra, ne avevo anche
sentito parlare da Xado, il mietitore dalle sembianze aracnidi, un fidato compagno di battaglie nonché
attento conoscitore della storia di Nosgoth.
Il sol sentir pronunziare quel nome mi scosse non poco: era li che tutto si era consumato. Era li che la
nostra stirpe aveva iniziato ad aver ragion d’essere, e li che Raziel aprì gli occhi a Kain facendogli
osservare il volto della vera piaga di questo mondo, la ragione dell’ancestrale guerra tra i Vampiri e gli
Hylden.
In un attimo rimasi sconcertato di come i miei pensieri mi rincorressero. Poche ore prima nei pressi della
Cattedrale dell’Anima mi chiedevo se mai avessi potuto veramente essere strumento dell’Equilibrio, ed
ora me ne veniva data la possibilità. Improvvisamente tutti i miei dubbi riguardo la persona del
Negromante tacquero, come azzittiti dalla consapevolezza di quello che stavo per fare … o più
semplicemente per l’eccitante impresa che stavo per compiere … sentivo già la Reaver agitarsi nel
profondo del mio braccio …
“Da lì dovrai cercare il santuario delle forge elementali, luogo dove Raziel impregnò svariate volte la sua
lama. Le forge sono ormai sigillate da millenni. Giungerai fino al tempio della forgia d'acqua: il primo
principio primo di cui ho trovato testimonianza, nei libri degli uomini... poiché l'acqua è vita quasi al pari
della luce, per gli uomini, e distruzione ed oblio per le carni degli immortali maledetti. Troverai nel regno
spettrale un passaggio per giungere fin dove nessuno tra i miei vampiri può, me compreso: sarai la prima
creatura a varcare quella soglia dopo oltre quindici secoli.
Creature di pietra ti attenderanno all'interno, seguite da ombre notturne; temile a dovere e fuggi dal
regno dei vivi, se necessario, per ripristinare le energie perdute, e torna a combattere. Sarà estenuante.
Dopo aver sconfitto ogni nemico, lo spirito elementale della forgia si attiverà. Se non ho commesso errori
e se le mie speranze non son vane, e se il mio incantesimo ha avuto effetto, la tua mietitrice verrà
impregnata con un potere simile a quello della decale“
A quelle parole sentii distintamente la mietitrice contorcersi con spudorata gioia al mio interno, ne
avvertivo l’eccitazione, il desiderio di potere, la spasmodica ricerca dello scontro e del conflitto e per un
istante mi lasciai trasportare da quei sentimenti, tanto a lungo rinnegati e soffocati, quando m’illudetti di
aver trovato il mio paradiso in terra … mia moglie … mio figlio …
… le ultime parole dell’Oscuro quasi si persero nel silenzio della Cattedrale del Sangue, le sentii ma non ci
feci quasi attenzione. Sembravano parole senza senso dopo quello che m’aveva appena preannunziato …
“... svolto il tuo compitò, creerò un portale che ti porterà alla base della cittadella, e da lì muoverai fino al
laboratorio alchemico dell'antico guardiano. La serratura verrà aperta dalla tua mietitrice.
Ma non finirà in questo modo: sento un potere enorme provenire da quel tempio di formule ed incanti. Lì
inizierà la tua vera missione...
... ho l'impressione di aver scoperto l'autore del libro druidico sottratto a Lucius, e temo che gli
incantesimi in esso contenuti non siano soltanto formule.”
Feci un altro inchino e mi tirai su, guardando direttamente nei bui e profondi occhi del Negromante.
“Sono onorato di esser stato scelto dal mio signore e per la fiducia che ripone in me. Ed altrettanto
onorato di poter servirti in nome dell’Equilibrio. Non deluderò l’Alleanza.”
Detto questo seguii il vampiro fino al portale dimensionale e vi entrai.
Paragrafo II -
Dentro la Cittadella
Quando il senso di spostamento passò e riuscii a mettere a fuoco la realtà, mi resi conto di non trovarmi
più nella Cattedrale del Sangue ma in quella che un tempo era stata la culla della civiltà vampiresca. La
sala in cui mi trovavo era magnificamente affrescata da scene tanto sacre agli antichi Vampiri quanto
errate, nella loro ottusa e mal riposta fede. Scene di totale devozione a quel dio che tanto essi amavano,
che veneravano, ma che in realtà era stato l’unico artefice del loro destino.
Effigi e simboli dell’Anziano Dio costellavano le alte volte della sala, scolpite con cura nel candido marmo,
o dipinte in ogni affresco di una certa bellezza.
Decine e decine di esseri alati volavano tra altissime case senza porte, sorridendo al caldo sole del giorno,
felici di vivere la loro vita all’ombra della religione.
Mentre lentamente avanzavo nella sala osservavo ammaliato ogni centimetro affrescato, ogni effige e
glifo scolpito, ma al tempo stesso una sensazione di sconforto e profonda tristezza mi pervadeva.
Certo con le mie attuali conoscenze ero in grado di giudicare quegli esseri da un punto di vista che per
loro sarebbe risultato soltanto un’eresia.
Per un istante nella mia mente ripescai il ricordo dei Seraphan, delle loro crociate in nome dei propri
ideali, li paragonai agli antichi vampiri e me ne vergognai.
Non era certo stata colpa loro, erano stati raggirati dall’Antico Dio proprio come era successo a Raziel ed
a Kain, e Moebius e perfino gli Hylden, cacciati ed esiliati da blasfemi.
Mentre riflettevo su questi pensieri il senso di frustrazione cresceva dentro di me, la rabbia che provavo
per il falso dio e per la corruzione che aveva causato in tutta Nosgoth se ne nutriva avidamente.
Lentamente percorsi tutta la sala del portale ed arrivai all’imboccatura di un tunnel lungo e non rettilineo,
tanto che dopo poche decine di metri riuscivo a vederne solo le pareti, ancora intrise di simboli mistici,
ancora lordate dal simbolo dell’occhio e della ruota.
La sala principale era illuminata quasi a giorno per il bagliore proveniente dal portale ancora aperto, ma
all’interno del passaggio il buio ne faceva presto da padrone. Non sembravano esserci torce, ma solo
cristalli ormai opachi incastonati alle pareti. Probabilmente un tempo erano illuminati dalle antiche magie
dei propri creatori, ormai estinti da secoli.
Non potevo attendere ancora, tutta l’Alleanza era in movimento ed in quel preciso momento i miei
compagni mietitori stavano lottando per adempiere alla propria missione, con tutte le loro forze.
Presi la determinazione e la rabbia a due mani e mi infilai nel tetro tunnel.
Procedevo cautamente nella penombra del tunnel. Per quanto opache le gemme incastonate nei muri
sembravano riflettere l’ormai lontana luce del portale. Non sapevo se fosse una semplice riflessione o se
avvertissero la presenza della magia e rispondessero al suo richiamo. Fatto sta che seppur di poco il
passaggio era rischiarato e questo mi permise di avanzare più velocemente di quanto mi fossi mai
aspettato.
Dalle informazioni che m’aveva dato il Sommo Negromante prima di partire sapevo che in quei luoghi non
v’era più vita ormai da secoli. Le tribù che un tempo abitavano quei luoghi venerandoli come lascito di
esseri superiori ora non erano altro che polvere nella polvere. Chissà se le loro anime erano però ancora
presenti nel regno spirituale. Non avevo notizie di predatori spirituali che albergassero in quei luoghi. Gli
ultimi erano stati sterminati da Raziel eoni prima, quando li aveva usati come dovuto sacrificio alle sue
gesta ed alla riattivazione delle forge elementari.
Comunque la potessi pensare il mistero sarebbe stato presto svelato: ero oramai nel regno materiale da
diverse ore, prima nella Cattedrale del Sangue ed ora nella Cittadella, ed il mio corpo stava iniziando a
risentire la mancanza di nuova energia. Non ero ancora tanto potente da poter esistere nel regno
materiale senza preoccuparmi di altro, presto sarei dovuto passare allo spectral e sperare che le
supposizioni mie e di Soul si fossero rivelate valide.
Continuai il cammino per qualche altro minuto, il tunnel seguiva un percorso ondulatorio, mai
perfettamente diritto. Si alzava e si abbassava, anche se di poco, e compiva ampi giri nei meandri della
Cittadella.
Sembrava quasi uno di quelle meravigliose grotte naturali scavate dalle acque dei fiumi in milioni di anni.
Naturalmente non era affatto così, ma l’impressione che mi dava era quella. Probabilmente era stata
costruita così per simboleggiare qualcosa. Probabilmente proprio per introdurre gli eventuali ospiti a
quello che li attendeva, la vista di una delle famigerate forge elementali. Più precisamente quella
dell’acqua “creatrice di vita ed al contempo portatrice di morte per noi immortali”, m’aveva detto l’Oscuro
Soul. Probabilmente era a causa della mia natura razielhim, e non vampirica, ma l’idea di trovarmi in
quella situazione non mi metteva a disagio, l’acqua non era mai stato un problema per me. Anzi, proprio
all’interno di essa, nel letto di un fiume dai cremisi rivoli, avevo trovato la mia salvezza.
Quasi non mi accorsi che lentamente ero ripiombato nell’oscurità. La luce, o la magia, del portale nella
sala principale ormai lontana, non arrivava fin li e gradualmente la luce s’era affievolita fino a scomparire
del tutto.
Avanzavo tentoni nel buio, cercando di andare il più velocemente possibile, ma iniziavo a sentire anche
una certa stanchezza.
Poi d’un tratto, allungando la mano nell’ormai totale oscurità trovai quello che stavo cercando, un muro di
solida roccia.
Il tunnel finiva lì, non v’era modo di proseguire. La roccia non era liscia, levigata come le pareti che avevo
seguito fino a pochi minuti prima, ma grezza, spigolosa, come segno di un cedimento.
Un cedimento che sembrava essere stato provocato, data il lavoro certosino che era stato fatto fino a quel
punto per scavare quel tunnel, e le parole dei Soul nella Cattedrale erano una conferma delle mie
supposizioni.
Dunque finalmente ero arrivato a destinazione, ed alla buon ora, sentivo il mio corpo farsi lentamente,
ma inesorabilmente, sempre più pesante e difficile da governare.
Così senza indugi richiamai il Glifo dello Spostamento e mi lasciai scivolare nel regno spettrale.
Paragrafo III -
La sala delle tenebre infinite
Mentre l’oscurità lasciava posto all’etereo bagliore dello spectral la parete davanti ai miei occhi si
deformava, allungandosi e torcendosi come un enorme verme che divora se stesso. In pochi istanti una
fenditura nella roccia, non molto grande ma abbastanza larga da lasciarmi passare, si era palesata
davanti ai miei occhi. Oltre non si sentivano urla, ne fruscii lontani, segni distintivi di cacciatori spettrali
all’opera, quindi varcai la soglia con relativa sicurezza, ma sempre con circospezione.
Il salone che mi si apriva davanti era molto ampio, più di quello che m’aveva accolto all’uscita del portale
spaziotemporale, alto con numerose guglie scolpite nella pietra viva e levigate all’inverosimile, tanto che
sembravano quasi specchi. Erano riccamente cesellati da incisioni di pietra e traboccanti di affreschi dai
colori assurdi e sfumati. Mi domandavo quale dovesse essere il loro aspetto nella realtà.
A parte quello una cosa mi saltò subito agli occhi, la sala era, e così anche le altre sale più o meno grandi
che si aprivano dalle varie porte ai suoi lati, abitata da fluttuanti anime bianche.
Apatiche si libravano a pochi passi dal suolo, volteggiando su se stesse o seguendo strani ed invisibili
percorsi nell’aria.
Probabilmente l’isolamento di quei luoghi le aveva preservate dai cacciatori spettrali che vagano per le
lande di Nosgoth.
Strano fato il loro, così vicini alla causa del loro oblio, eppure tanto lontani dalla salvezza eterna.
Probabilmente erano le anime di quelle tribù che secoli prima abitavano quella parte di Cittadella e che
ora sono estinte, come è descritto negli annali della Cattedrale dell’Anima.
Mi avvicinai ad una di loro e la assorbii con avidità.
In pochi istanti mi sentii rigenerato fin nel profondo e la luce spettrale di quei luoghi mi tentava di
rimanere nello spectral ancora un po’ per goderne appieno ... ma la missione mi attendeva.
Iniziai ad esplorare la sala principale ma non vi erano segni di trappole o di nemici, almeno da quello che
si poteva intuire osservando la realtà da quella dimensione.
Andai verso la prima sala che si apriva poco più a sinistra dell’entrata del tunnel. Era una sorta di
stanzino, senza uscite ne finestre.
La seconda sala era molto più grande ed avrebbe potuto ospitare tutti i membri dell’alleanza seduti
comodamente a tavolino. Anche questa senza ulteriori porte o finestre.
La terza era poco più grande della prima ed anche questa senza porte o finestre ... però nella parete
frontale c’era uno strano simbolo appena abbozzato ... non riuscivo a capirne il significato, così deformato
e sfocato nello spectral.
L’ultima sala era davvero enorme, più della sala principale, ma anche questa senza porte.
Vi era solo una sorta di finestra rotondeggiante e sprangata da inferiate, ma si trovava sulla sommità
della sala a svariate decine di metri di altezza. Ed era minuscola. Probabilmente avrei potuto passarci se
avessi avuto una solida base d’appoggio, e non fosse stata sbarrata in quel modo .. No, non poteva certo
essere una via d’uscita.
Proprio sotto si essa, nel centro della sala vorticava placidamente un passaggio verso il regno materiale.
Da quello che avevo potuto osservare tutto il complesso doveva essere invaso dalle tenebre a parte quel
sottile cono sotto la finestra. Il ché fortunatamente mi avrebbe aiutato nel graduale passaggio dalla luce
all’oscurità.
Era chiaro che mi stavo avvicinando, ma della Forgia Elementale non c’era ancora traccia.
Da li non ero riuscito a trovare indizi per proseguire il mio cammino, dovevo tentare nel piano materiale.
Forte delle energie appena ricostituite mi avvicinai al passaggio.
Mentre mi immergevo nella sua magia ed il mondo ritornava ad avere i suoi colori cupi e smorti mi girai
verso l’entrata della sala, per tenerla sotto controllo.
Stupido. Non era da me comportarmi in maniera tanto incosciente.
Proprio sulla porta d’entrata, su un piedistallo scavato nella roccia, un’enorme statua d’angelo, brandente
una spada, mi fissava, con l’arma minacciosa rivolta verso di me.
Mentre il piano materiale prendeva ancora forma la vidi, come al rallentatore, lanciarci verso di me. Tutto
durò pochi istanti.
L’enorme spada di pietra si conficcò nel terreno perforandolo di diversi centimetri mentre io rotolavo
all’indietro schivando l’attacco.
La statua estrasse la spada dal terreno e me la puntò nuovamente contro. Fissandomi con i suoi occhi
inespressivi.
Una voce tanto limpida quanto profonda riecheggiò nella sala.
Statua dell’Angelo di pietra:
Non so chi o cosa tu sia, essere immondo. Non so come hai fatto ad oltrepassare la porta senza che io
me ne accorgessi e ti schiacciassi. Ma poco importa. Hai profanato un luogo sacro. Per questo ti
condanno a morte.
Quasi non ascoltando le sue parole, un po’ perché ancora intontito dal rovinoso salto all’indietro, un po’
perché intento a valutare la situazione che si era venuta a formare, mi alzai da terra scrollandomi il
terriccio di dosso.
Bleed:
Immagino tu sia il guardiano di questi luoghi. Immagino anche che se ti chiedessi di farti da parte per
permettermi di prendere ciò per cui sono venuto, ti faresti una grossa risata dandomi dello sciocco.
Quindi mettiamo subito le cose in chiaro: non puoi condannarmi a morte poiché già lo sono.
Dissi evocando la Reaver che già pulsava fervente di rabbia ed eccitazione e preparandomi al
combattimento
Bleed
E dato che io non posso tornare indietro senza ciò che cerco, temo proprio che la soluzione sia solamente
una: raccomandati al tuo falso dio, tra poco avrai la disgustosa occasione di incontrarlo.
Statua dell’Angelo di pietra:
Come osi rivolgerti al Perno della Ruota della Vita e della Morte, della Fine e dell’Inizio, dell’Eterna
Rinascita in questo modo! Se prima avrei anche potuto lasciarti tornare da dove eri venuto ora non ho
più motivo per essere indulgente nei tuoi confronti!
Presto sarai sollevato dai tuoi dolori con la Morte Ultima, stolta creatura, non sai quant…
Un proiettile telecinetico, il più potente che potessi creare, lo raggiunse poco più sopra del piede sinistro,
dal lato opposto di cui, con la mano, teneva la spada.
La gamba scivolò indietro facendolo cadere in ginocchio mentre con un salto ero già sopra di lui pronto a
decapitarlo con la Reaver
Proprio in quel momento qualcosa mi colpì al fianco e venni sbalzato lontano dalla statua. Finii
rovinosamente a terra mentre la statua si rialzava senza danni apparenti. Con una cupa risata si voltò
verso di me e mi puntò nuovamente la spada contro.
Statua dell’Angelo di pietra:
Stolto, pensavi davvero di sconfiggermi così facilmente? Non hai idea di quali poteri io disponga. Ora è
giunta la tua fine!
Curvandosi in avanti si diede slancio e mi caricò. Evitai per pochi centimetri l’enorme spada che si
conficcò per svariati palmi nel muro alle mie spalle.
Saltai lateralmente e riacquistai la distanza.
Mi guardai nervoso attorno sperando di vedere o percepire qualcosa ma nulla. A parte il cono di luce e la
zona centrale della sala parzialmente rischiarata dalla luce esterna tutto il resto del complesso pareva
essere dominato dall’oscurità.
Non riuscivo nemmeno a vedere chiaramente le pareti della sala stessa. Qualunque cosa mi avesse
colpito doveva celarsi nelle tenebre, non poteva essere stato il guardiano. Era stato palesemente
spiazzato dal mio attacco ... no, doveva essere stato qualcun altro ... qualcos’altro ...
La statua sfilò l’arma dal muro e con un gioco di gambe tirò un fendente nella mia direzione. Una sorta di
muro invisibile mi colpì in pieno facendomi volare verso la parete.
Bleed:
Non crederai che colpi così deboli possano ferirmi fer...
Poco prima di arrivare addosso la parete un altro colpo alla schiena, ed un altro ancora, mi fermarono e
mi sbalzarono in avanti.
Caddi faccia a terra mentre la Reaver rifluiva nel mio braccio.
Feci solo in tempo a voltarmi per vedere la statua che mi sovrastava ghignando.
Statua dell’Angelo di pietra:
Addio, sciocca creatura!
La spada mi trapassò da parte a parte schiantandosi nella pietra.
Pochi istanti dopo ero nuovamente nel regno spirituale, avvolto da uno sciame vorticante di anime.
Non avevo cominciato molto bene quello scontro. Ma avevo un vantaggio sul guardiano. Apparentemente
non conosceva la mia razza, quindi nemmeno i miei poteri, Dovevo giocare sul fattore sorpresa e,
soprattutto, riuscire a capire i suoi veri poteri.
Assorbii una delle tante anime e mi riproiettai nel regno materiale.
La statua alata stava camminando lentamente verso l’uscita della sala per andarsi a ricollocare nella sua
eterna postazione di vedetta.
Iniziai a caricare un proiettile telecinetico, il più potente che potessi creare.
Bleed:
Vedo che non hai dato il giusto peso alle mie parole. Ho detto che la soluzione era solo una. La lotta non
è ancora terminata!
Mentre la statua si girava sgomenta il proiettile telecinetico arrivava preciso al suo bersaglio colpendo il
guardiano alla testa e facendolo cadere, ancora una volta, in ginocchio. Questa volta corsi in avanti,
continuandolo a bersagliare di proiettili telecinetici per cercare di disturbare qualsiasi tipo di incantesimo
avesse potuto recitare per difendersi. Appena dietro la schiena gli saltai su pronto a decapitarlo ma
ancora una volta un fitto dolore al fianco ed alla schiena mi fecero rotolare via, rovinando a terra.
Anche questa volta l’attacco era andato a vuoto, ma non era stato inutile. Mentre il guardiano si rialzava
barcollante, infuriato per la mia ostinazione a non voler morire, nei miei occhi ripassavano le immagini di
quello che avevo visto prima di essere colpito.
Lunghi arti artigliati privi di apparente consistenza e scuri come le stesse tenebre, traditi solo dalla flebile
luce che permeava dalla finestrella allo zenit della sala.
Bleed:
Dunque mi hai preso in giro
- dissi mentre faticosamente mi rialzavo da terra -
ti burli di me pensando sia una sciocca creatura? Ho visto bene quali sono i tuoi “veri poteri”, pastore
delle ombre!
Una fragorosa risata echeggiò per tutta la sala.
Statua dell’Angelo di pietra:
Così non sei poi tanto stolta, anima perduta. E sia!
- Allungò un braccio verso la piccola finestra sul soffitto della sala, la quale iniziò a tremare facendo
scoprire molte altre finestre che si aprivano a spirale intorno la prima. Una luce sempre più intensa iniziò
ad inondare la sala scoprendo la sua vera natura Venite a me mie creature, venite e allettatevi sul corpo di questo infedele!
Lentamente dall’oscurità circostante decine e decine di ombre avanzarono verso il centro della sala,
circondandomi e parandosi tra me e il guardiano. Mentre la luce rischiarava ogni cosa finalmente vidi i
miei nemici.
Tutta la sala era splendidamente intarsiata e le pareti erano colme all’inverosimile di affreschi che
rappresentavano orde di ombre che, come un gregge, camminavano verso l’alcova dove prima risiedeva il
guardiano.
Osservai attentamente i disegni e sembrava che le figure al loro interno si muovessero.
Non era solo una mia impressione.
Mentre le ombre che prima si erano celate nelle tenebre venivano avanti, altre uscivano dall’enorme
murale come partorite dal muro stesso.
Ne riuscivo a contare tre dozzine ma chi può dire quante altre erano celate alla mia vista dalle tenebre.
Statua dell’Angelo di pietra:
Ed ora soccombi, stolta creatura, per mano dei fedeli servitori dell’Eterno Dio!
Come uno sciame le ombre si gettarono su di me, senza un suono, senza un lamento, ma tremende,
spronate dal loro padrone.
Ora almeno sapevo contro chi dover combattere. Ed era un lavoro di fino e di spada.
Mentre s’avvicinavano ed evocavo la Mietitrice d’Anime, sentivo la sua bramosia di conflitto e l’eccitazione
che mi trasmetteva. Il vero volto del nemico ora, pur se soverchiante, dissolveva i miei timori.
Era come m’aveva anticipato Soul poche ore prima. Avrei dovuto combattere e combattere ancora, e
distruggere ogni servitore del Falso Dio che si celava in quei luoghi per poter risvegliare l’antico potere
della Forgia Elementale dell’Acqua.
Strinsi forte l’elsa eterea della Reaver e mi lanciai nello sciame di artigli.
Paragrafo IV -
La danza della morte
La Reaver roteava e vorticava tra le file nemiche mozzando arti e corpi, dissolvendo le ombre nell’aria
mentre i ricordi di una vita ormai lontana riaffioravano come un fiume in piena. Una vita ormai lontana,
lontana perfino dalla mia famiglia, dalla mia lenta e meravigliosa vita su quella collina che aveva visto il
mio paradiso ed il mio inferno.
Una vita fatta di guerre, di morte e lacrime, una vita da mercenario, al saldo del signorotto locale o del
generale in cerca di guerrieri esperti e senza morale.
Una vita ormai lontana ma le cui movenze ancora sembravano permeare la mia mente e quel mio nuovo
corpo, nemmeno lontanamente paragonabile a quello di un essere umano.
Come se non avessi mai smesso di praticare l’arte della spada mi muovevo tra i nemici velocemente e
con precisione, affondando la lama spettrale nei loro corpi, dilaniandoli.
Miriadi di artigli si affannavano sul mio corpo lacerandone le carni mentre sangue blu pian piano riempiva
ogni lembo di pavimento.
Per ogni ombra che distruggevo un’altra ed un’altra ancora ne sgorgavano dal murale.
Ormai ne avevo distrutte almeno due decine ma il loro numero non calava, anzi sembrava aumentare.
Statua dell’Angelo di pietra:
Sei forte, essere immondo. Non so cosa tu sai, ne chi ti abbia mandato qui, ma riconosco la tua forza.
Altri hanno perso la vita ben prima di te. Ma questo non ti salverà dal tuo fato. Hai dimorato fin troppo in
queste sale insudiciandole con la tua presenza.
Muori!
Alzò entrambe le braccia al soffitto e sembrò che tutta la stanza iniziasse a vorticare.
In realtà erano le centinaia di ombre che fluttuavano dentro il murale che spingevano verso l’uscita per
irrompere nella ressa.
Era uno spettacolo terribile quanto affascinante.
Una mano artigliata mi trapassò il petto, la tranciai di netto e voltandomi su me stesso distrussi l’ombra
che mi stava dietro.
Un altro colpo raggiunse il braccio sinistro tranciandolo di netto.
Mi accasciai al suolo, stremato.
In un secondo le ombre mi furono addosso dilaniandomi.
Ritrovai la mia forma integra nel regno spirituale.
Ero esausto. Ma eccitato. Sentivo la Reaver, seppur evanescente, vorticare furiosa dentro di me.
Mi tornavano alla mente le guerre e le razzie compite in giovane età. Quando mi importava solo di essere
forte ed abile nella spada. Dove la grandezza di un uomo si misurava per le sue cicatrici e le tacche
sull’elsa della propria spada.
Quanti cari amici perduti in combattimento.
Quanti fedeli sconosciuti, amati più di fratelli, visti squartati e lacerati sui campi di battaglia. E quanto era
dolce il sapore della vendetta e del sangue dei loro giustizieri.
Sorrisi.
Divorai altre anime per rigenerarmi completamente e mi rigettai nel regno materiale.
Le ombre coprivano ancora tutta la sala ed anche il guardiano era rimasto al suo posto, probabilmente
avevano capito che non era così facile distruggermi.
Mi inginocchiai mentre alcune ombre già si stavano avventando su di me e la statua mi indicava con un
dito richiamando alla carica le altre ombre.
- Glifo della forza Un’onda di pure energia investì le ombre. Quelle più vicine a me furono schiacciate le une sulle altre
contorcendosi ed esplodendo. Quelle più lontane, riparate dalle prima, furono sbalzate contro le pareti.
Ci furono pochi secondi di sgomento poi altre ombre ricominciarono a sciamare. Rievocai la Reaver e
ritornai nella ressa.
Artigli mi graffiavano e laceravano il corpo. La Reaver dal canto suo mozzava arti e teste. Sentivo la sua
bramosia crescere e lasciai che prendesse il sopravvento.
Ogni colpo che sferravo, ogni ombra che distruggevo, faceva aumentare la sua rabbia e con essa la sua
potenza.
I colpi si susseguivano velocemente, le ombre continuavano a calare dalle pareti mentre continuavo a
distruggerne a decine e decine.
Era una situazione di stallo, non potevo continuare così all’infinito.
Fu un istante, ma fu come una folgorazione. Mi voltai verso il guardiano e lo vidi.
Fino a pochi minuti prima era stato li ad insultarmi ed a prospettarmi un futuro di morte e rinascita, ma
da quando l’attacco delle ombre era iniziato s’era azzittito. Non c’avevo fatto caso prima nel tumulto della
battaglia.
Il guardiano era fermo, immobile, quasi vicino l’uscita, con entrambe le mani posate sulle pareti della
sala.
Ecco come faceva a comandarli!
Cercai di avanzare verso di lui ma la moltitudine delle ombre era feroce e compatta. Per poco con mi
tranciarono di netto il braccio destro portandosi via tutta la Reaver, ma ero di nuovo pieno di graffi e
ferite. Di nuovo copioso plasma azzurro si riversava sul pavimento tingendo tutto come un mare d’indaco.
Arretrai nuovamente verso la posizione più sicura, al centro della sala, la più vicina al varco
spectral/materiale, distrussi altre sei ombre poi mi inginocchiai sfinito.
Vidi il guardiano riaprire gli occhi e scostare una mano dalla parete.
Le ombre rallentarono ma erano ancora sotto il suo controllo.
Probabilmente per una maggiore coordinazione e violenza negli attacchi doveva rimanere concentrato.
In questo modo aveva a disposizione un intero esercito, ma d’altro canto era immobilizzato in una
posizione senza difese.
Dovevo cercare di sfruttare quella situazione a mio vantaggio ..
Statua dell’Angelo di pietra:
Ebbene è giunta nuovamente la tua ora. Spera per te stesso che sia l’ultima. O il tuo strazio durerà in
eterno!
Rise, poi decine di artigli si avventarono contro di me.
Risorsi nuovamente nel regno spettrale ed assorbii altre anime. Tanto gravi erano le mie ferite che dovetti
divorarne ben cinque. Era una lotta massacrante.
Dovevo sfruttare quel momento in cui si sentiva vittorioso.
Se fossi riapparso immediatamente lo sgomento sarebbe stato maggiore e probabilmente avrebbe
chiamato a se altre ombre e combattuto con più convinzione.
Era quello che volevo.
Mentre tutto tornava scuro e le sagome delle ombre apparivano a pochi centimetri dal mio corpo già in
me invocavo il potere del Glifo della Forza. Ancora una volta, sperando fosse l’ultima. Ero alquanto abile
nelle arti glifiche ma la mia scorta d’energia non era infinita.
Ancora una volta una potente onda di pura energia si sprigionò dal mio corpo investendo decine di quelle
ombre e sbalzandole in ogni dove. Alcune, le più vicine, vennero distrutte. Molte altre vennero
scaraventate le uno contro le altre e sui simili dietro fin vicino le pareti.
Il guardiano, come da mia previsione, ringhiò furibondo e velocemente tornò con entrambi le mani alla
parete chiudendo gli occhi e concentrandosi.
Probabilmente poteva vedere attraverso le ombre, riuscivo a capirlo da come si muovevano in perfetta
sincronia senza mai ostacolare l’attacco dei vicini, ma poco importava, anzi forse poteva essermi d’aiuto
per instillare in lui ancora più timore e spingerlo ad evocare ancora più ombre.
Ricordavo gli insegnamenti del mio maestro d'armi quando ancora ero un semplice essere umano:
“quando sai di non aver scampo, colpisci il nemico dove si sente più forte e protetto. Fai della sua forza la
tua salvezza. Delle sue sicurezze la tua vittoria”.
Mi rialzai forte della nuova energia recuperata nello spectral e senza esitazione mi gettai in avanti, verso
il più folto delle ombre, quelle tra me ed il guardiano.
Bleed:
Guardiano, questa è per te; la mia danza della morte.
Bisbigliai mentre avanzavo tra le ombre silenti. Certamente m’aveva sentito perché i colpi e le artigliate
arrivavano con più precisione e più forza.
Bene.
Sentii la mietitrice vibrare nel mio braccio e poi nella mia mano. Ora toccava a lei, sapevo che non mi
avrebbe deluso.
Inesorabilmente la lama mutò colore.
Del bianco spettrale che vorticava sulla mia mano destra presto non rimase più nulla. Al suo posto sprazzi
di luce nera e turbinii oscuri laceravano e mutilavano le ombre, distruggendole senza pietà.
Ancora una volta i colpi si susseguivano in rapida successione, da ambo le parti. L'oscura lama
serpeggiava tra le tenebre della sala e le tenebre delle ombre, come una morte invisibile.
Gocce d’azzurro sangue schizzavano in ogni dove ma non sentivo le mie ferite.
I miei occhi erano più bianchi di prima. Quasi brillavano nella penombra che si ammassava sul fondo della
sala.
- Trance Avanzavo implacabile tra la moltitudine di artigli, veloce e senza affanno. Le pareti sembravano gonfie per
quanto le ombre cercavano di riversarsi nel campo di battaglia.
L’attacco stava sortendo l’effetto voluto.
Sorrisi mentre ormai poco più di dieci metri mi separavano dal guardiano.
Dieci metri e decine di ombre.
Quando si rese conto di quello che stava accadendo era troppo tardi.
A meno di cinque metri da lui raccolsi le forze che mi restavano e spiccai un balzo sorvolando le ultime
ombre ed arrivandogli di dietro.
Intento com’era a coordinare ed evocare il suo esercito era rimasto senza difese, fermo mani al muro e di
spalle al combattimento.
Silenziosa come un sibilo, distruttiva come non mai, la Reaver tagliò di netto la testa di pietra dal resto
del corpo.
Una mano ancora appoggiata al muro, l’altra sull’elsa dell’enorme spada che poggiava ai suoi piedi.
Ricaddi con una piroetta a nemmeno un metro da lui.
Mentre la testa ancora rotolava le ombre iniziarono a muoversi convulsamente e ad esplodere, una dopo
l’altra.
Prima quelle vicine al guardiano, poi quelle in mezzo la sala, poi quelle che ancora stavano uscendo dalle
pareti.
Poi un istante dopo tutte le pareti parvero esplodere in una enorme cascata d’acqua nera, rovesciandosi
sul pavimento e scomparendo in uno sbuffo oscuro.
Mi voltai verso l’Angelo di pietra che lentamente si stava sbriciolando formando un mucchio di sabbia e
polvere. Richiamai la Reaver e chiudendo gli occhi feci un profondo sospiro.
Quando li riaprii erano tornati normali.
Mi accasciai al suolo, tossendo sangue che colorava la stola intorno le mie spalle e la bocca di un vivido
azzurro. Il mio corpo martoriato era allo stremo, ancora pochi colpi e nemmeno la mia abilità speciale
avrebbe potuto salvarmi.
Repentinamente il dolore e la fatica dello scontro mi si presentarono in tutta la loro intensità, cercando lo
scotto.
Mentre la vista si appannava sul mucchio di terra che prima era stato il guardiano, chiusi gli occhi e
sprofondai nuovamente nel piano spirituale, in cerca dell'ennesima anima da divorare..
Paragrafo V -
La Forgia Elementale dell’Acqua
Era passato appena un minuto nel regno materiale. Una leggerissima corrente proveniente dalle finestre
sulla volta della camera aveva iniziato a dissolvere nella polvere i resti dell'antico guardiano che per tanti
secoli aveva vegliato su quelle sale, ammaestrando e domando le sue oscure legioni.
Nello spectral invero era passato più di un minuto, anche il tempo si piegava al volere della morte, in
quella realtà senza vita.
Il mio corpo sfregiato e martoriato nel piano materiale tornava integro in quello spettrale ma
l'ingannevole completezza corporale si scontrava con la sua evanescenza, inequivocabile sintomo della
quasi totale mancanza d'energia.
Avevo assorbito ben quattro anime per tornare il più velocemente possibile nel pieno delle mie forze.
Finalmente avevo avuto la meglio sui miei nemici ma non potevo adagiarmi sugli allori. La missione era
ancora lontana dall'essere portata a termine ed avevo già perso fin troppo tempo.
Il pensiero ai fratelli mietitori ed agli alleati della Cattedrale del Sangue impegnati nelle proprie missioni
mi spronava a dare il meglio di me in quell'impresa.
Rimasi immobile per alcuni istanti sul bordo del portale dimensionale che vorticava nel centro della sala,
facendo mentalmente il punto della situazione.
Ero riuscito a penetrare nel complesso della Forgia ma della Forgia Elementale vera e propria non v'era
traccia. L'unica sala apparentemente idonea in cui trovare un indizio era risultata una trappola quasi
mortale.
Nello spectral non v'era traccia della forgia, l'unica soluzione era tornare nel regno materiale ed
esaminare il complesso in quella realtà... sperando di non trovare altri pastori di ombre.
Feci un passo e mi proiettai nel regno materiale.
Ancora una volta l'eterea luce dello spectral lasciava posto alla penombra del salone.
Le numerose finestrelle apertesi poco prima, durante lo scontro con il guardiano, ora però permettevano
alla luce di penetrare più in profondità e di rischiarare gran parte della sala.
Le pareti ormai svuotate dalle ombre mostravano un enorme murale dai temi bucolici.
Colline e montagne si intersecavano con laghi e boschi, sormontati da esseri alati che leggeri volavano tra
le guglie di alte costruzioni.
Il murale si estendeva fino al soffitto.
Le finestre così aperte formavano come un sole con i raggi che si integrava con tutto il complesso dei
dipinti.
Ora la stanza appariva come era stata in principio concepita dai suoi ideatori.
Scene di vita quotidiana simboleggiavano l'importanza dell'acqua come elemento fondante di ogni essere
vivente. Dall'ultima creatura dei boschi ai nobili vampiri che volavano verso il sole.
La disposizione a spirale dei raggi però mi portava alla mente l'odiato simbolo della ruota del falso dio.
Talmente era la loro fede che anche in quella magnifica sinergia di architettura ed arti pittoriche v'era un
riferimento all'eterna ruota, ciclo della vita, morte e rinascita.
Per un attimo ebbi pietà di loro, mentre il disgusto per quel parassita che s'era finto eterno dio mi
pervadeva.
Mi avvicinai al murale ed iniziai a studiarlo. La figura continua di un fiume scorreva intorno tutta la parete
e finiva come in un gorgo sulla porta della sala e proseguiva nell'oscurità delle altre sale, così lo seguii
addentrandomi nell'oscurità.
La poca luce che filtrava dalla porta lasciava intravedere che l'idilliaco paesaggio proseguiva per tutto il
resto del complesso, ma dalla parte opposta figure scure sembravano prendere il posto degli alati
vampiri.
L'oscurità però avvolgeva ogni cosa e non riuscivo a distinguere bene le figure così iniziai a tastare le
pareti circostanti.
Cercavo un appiglio, una leva, una pietra smossa, qualsiasi cosa, ma non trovavo nulla.
Poi mi ricordai del simbolo che avevo intravisto la prima volta che dallo spectral avevo esplorato il
complesso.
Lentamente, seguendo la parete con gli artigli, riuscii a trovare la piccola stanza; vi entrai.
La volta era molto bassa, ad una spanna d'altezza, non ci misi molto a ritrovare il simbolo.
Ne seguii i risvolti con un artiglio, ora molto più netti di quanto non lo fossero nel regno spettrale, e ...
risi.
Riconobbi il simbolo quasi all'istante, evocai la Reaver di tenebra e senza indugio la conficcai nella parete.
Pochi istanti dopo una miriade di cristalli iniziarono a brillare di luce propria risvegliati dall'antica magia
dell'impregnatura di tenebra.
Luci chiare e luci scure si accendevano una dopo l'altra come in una battaglia. Ben presto tutto il
complesso fu rischiarato ed il murale nella sua interezza mi si presentava d'innanzi, con tutto il suo
significato.
Nel salone principale, sulla sommità del soffitto, c'era un enorme occhio con al suo interno il simbolo
infinito dell'antico dio.
Alla sua sinistra decide di vampiri azzurri, alati ed armati di lance, si scagliavano contro altre decine di
esseri dalla forma indefinita, anch'essi armati di lance, ma privi di ali. I volti deformati aveva una
espressione crudele e folle, dietro di loro i paesaggi campestri dell'altra sala lasciavano il posto a colline
brulle e foreste morte ed il fiume limpido si tramutava in un torrente di rosso sangue.
Seguendo il fiume sanguigno fino alla seconda sala del complesso si intravedevano, illuminati da cristalli
che emanavano una cupa luce oscura, paesaggi deserti abitati da esseri ingobbiti e dalle posture
demoniache e scellerate, tutti con il volto rivolto verso l'alto, verso un altro simbolo dell'antico dio, una
ruota con un occhio al suo interno. Un'immagine oscura emanante raggi di luce nera che sembravano
ferire e piegare quegli esseri.
Sicuramente quegli esseri deformi rappresentavano gli Hylden, nell'apocalittica guerra che ebbero con gli
antichi vampiri, restii ad accettare l'autorità del falso dio.
Mentre osservavo quelle immagini mi vennero in mente alcune parole che spesso sentivo pronunciare sui
campi di battaglia quando in vita prestavo i miei servigi da mercenario.
Bleed:
La storia è scritta dai vincitori...
dissi sottovoce mentre accarezzavo le vermiglie pareti del mondo hyldeniano.
Uscii dalla stanza e tornai nel salone principale; stavo quasi per mettermi a studiare più attentamente
quei dipinti per cercare una porta o un passaggio per proseguire la missione quando con un piede pestai
un gorgogliante rivolo d'acqua.
Dalla prima stanza, la più piccola di quel complesso, da un simbolo brillante di nuova luce scolpito sul
muro, sgorgava un rivolo d'acqua che seguiva un percorso sul pavimento invisibile alla vista. L'acqua era
d'un colore nero, sporco, a causa della polvere accumulata nei secoli.
Quando, dopo pochi secondi, da nera divenne rossa, per non so quale sortilegio, capii che avevo azionato
il giusto meccanismo ed ora non mi rimaneva che attendere.
L'acqua rossa scorreva lentamente sul pavimento della sala principale immettendosi nella camera degli
Hylden, formando ghirigori e strani simboli. Uscendo dalla sala si contorceva sul pavimento di quella
principale formando la sagoma di un'enorme ruota.
Mentre l'acqua scorreva nell'impercettibile percorso del pavimento, ogni volta che cambiava lato della
sala, cambiava il proprio colore. Ora nel pavimento v'era un'enorme ruota metà rossa e metà d'un
azzurro limpido e cristallino.
L'acqua proseguì fino alla stanza del guardiano iniziando a disegnare anche li strani e per me
incomprensibili ghirigori, fino ad uscirne nuovamente e puntare verso lo stanzino dove avevo trovavo ed
attivano il simbolo della forgia delle tenebre.
Quando il simbolo, toccato dall'acqua, iniziò a brillare di una innaturale luce solare ogni figura dell'enorme
murale si animò e sopra la mia testa iniziò una cruenta e silenziosa guerra.
Ben presto la parzialità dei creatori di quel magnifico meccanismo si mostrò in tutta la sua interezza.
I deformi Hylden furono ben presto sconfitti e costretti a ripiegare nella loro sala, mentre scappavano
terrorizzati cercando di sottrarsi allo sguardo inquisitore dell'oscuro occhio che dall'alto li opprimeva.
Concentrati in un unico luogo, sotto l'emblema del falso dio,ben presto svanirono nel disegno, come
sciolti tra i colori del paesaggio.
I vampiri alati a quel punto confluirono tutti verso l'enorme occhio al centro della sala principale ed
anch'essi scomparvero, mentre l'acqua che in terra formava l'enorme ruota diventava completamente
azzurra.
Un rombo e la terra che tremava mi richiamarono all'attenzione, perso com'ero al cospetto di quello
spettacolo.
La parete dov'era situato il simbolo della forgia di tenebre iniziò a spaccarsi a metà aprendosi e
rivelandosi per quello che era in realtà, un passaggio.
Mentre pian piano tutta la metà del murale che prima era il regno degli Hylden tornava ad essere verde
ed abitato ora da esseri alati, mi addentrai in quella che sembrava finalmente la fine delle mie ricerche:
oltre la porta si apriva un'enorme sala nel cui centro v'era situata la Forgia Elementale dell'Acqua.
Paragrafo VI –
Il nero portale
L'ambiente era vasto e luminoso con innumerevoli cristalli che risplendevano di limpida luce magica.
Perfettamente circolare e con una volta a cupola, l'ultima sala sembrava una mezza sfera scavata nella
roccia. Come le stanze prima era finemente levigata e non c'erano imperfezioni di sorta, a testimoniare
che quel luogo era inviolato da secoli.
A differenza del resto del complesso, però, sulle pareti di questa sala non v'era traccia di dipinti,
solamente qua e la v'erano simboli e bassorilievi finemente lavorati. Di molti non ne conoscevo il
significato e mi dava fastidio il saper riconoscere solo i simboli del falso dio tra quelle innumerevoli opere
d'arte.
La mia attenzione, però, fu subito attirata dalle poco rassicuranti figure che come sentinelle giacevano
sull'attenti nel perimetro della sala.
C'erano sei statue a far da ultima guardia alla forgia elementale.
Ero pronto a sfoderare la Reaver ed a combattere ma le statue erano inermi. Avanzai lentamente verso la
forgia, con fare guardingo, ma le sentinelle sembravano immobili.
Purtroppo però anche la forgia era statica, non percepivo nessuna forza al suo interno, ne la mietitrice
vibrava in sua presenza.
Mi girai verso l'entrata intento a studiare la situazione quando lo vidi.
Un rivolo d'acqua scorreva dalla sala precedente oltre la porta, disegnando anche qui strani disegni a
terra e diramandosi in ogni direzione.
Feci appena in tempo ad estrarre la Reaver che il primo guardiano si risvegliò furente scagliandosi verso
di me.
Era più piccolo del guardiano che avevo eliminato poco prima, ma molto più veloce ed aggressivo.
E per fortuna anche meno loquace.
Schivai il primo fendente rotolando di fianco e la bersagliai con una serie di proiettili telecinetici.
Sembrava accusarne i colpi, forse a causa della modesta stazza, quindi pensai di continuare il
combattimento a distanza per evitare inutili pericoli.
La sentinella si scagliava verso di me con veemenza brandendo ed agitando l'enorme spada ma i proiettili
telecinetici andavano quasi tutti a segno rallentandola e quando si faceva più vicina, un rapido salto, e
riacquistavo la distanza di sicurezza.
Dopo nemmeno un minuto di scontro brandelli di roccia erano sparsi a terra ed il guardiano sembrava
provato, tanto che rallentò e smise di attaccarmi.
Sorpreso dall'atteggiamento improvvisamente remissivo esitai a dargli il colpo di grazia cercando di
decifrare quel comportamento.
La sentinella era quasi in ginocchio ed aveva lo sguardo fisso in terra.
Richiamai il proiettile telecinetico che vorticava nella mia mano ed evocai la Reaver.
Bleed:
Ebbene che sia. Non credevo che esseri della tua risma potessero essere tanto poco fanatici da accettare
una sconfitta. Terminerò la tua agonia all'istante.
Sentinella di Pietra:
- cupa risata Sciocco, sciocco davvero. Non sai guardare oltre te stesso e speri di vedere la magnificenza dell'unico
dio.
Morirai qui e sarai dimenticato per l'eternità.
Cercai di capire cosa stesse guardando a terra di così importante e capii..
Si ero stato ancora una volta precipitoso. Mi schernii mentalmente prima di saltare rapido verso la
sentinella e trapassarla con la Reaver.
Si dissolse in un mucchio di polvere e sassi mentre tutte le altre statue si risvegliavano dal sonno
secolare.
Il rivolo d'acqua che aveva disegnato indecifrabili glifi sul terreno della sala era corso sinuoso fino i
basamenti delle statue ed al tocco le aveva risvegliate.
Il primo guardiano quindi non era altro che una distrazione.
Ora lo capivo, ma era tardi.
All'unisono tutte le statue si lanciarono verso di me a spada tratta. La lotta ricominciava.
Ne scelsi una, quella più vicino all'entrata e le corsi in contro.
Non sarei certo rimasto alla loro mercé.
Le parole del Negromante mi tornarono in un istante alla mente: “Dovrai sconfiggerli tutti ... Sarà
estenuante”.
Risi tra me e me.
Mercenario in vita e mercenario oltre la morte.
Il primo fendente sfiorò la spalla sinistra della statua. Era agile, molto. La spada di pietra mi colpì
all'addome facendomi trasalire e sbalzandomi all'indietro. Atterrai rotolando per un paio di metri.
I colpi erano precisi ma non potentissimi. Certamente avrebbe ucciso all'istante qualsiasi uomo, ma io
non lo ero più già da molto tempo.
Mi rialzai e scattai nuovamente in avanti schivando un suo fendente ed infilando la lama scura dentro il
petto di pietra. La sfilai e la rinfilai ancora. E ancora. Poi un fendente laterale ed il capo, e buona parte
delle spalle, si sbriciolarono a terra mentre il resto del corpo si sgretolava.
Uno era andato ma se avevo calcolato bene i tempi la mia vittoria finiva li.
Non c'era bisogno che mi voltassi; i pesanti, seppur agili, passi delle altre statue erano ormai ad un soffio
ed un istante dopo tre lame di pietra fuoriuscivano dal mio petto.
Mi dissolsi in una nuvola azzurra mentre il sangue veniva lavato via dall'acqua che incessante scorreva in
terra.
Bleed:
Non ho mai combattuto tanto in vita mia. Non sono mai morto così tante volte nella mia non-vita.
Sarebbe una missione suicida anche per un piccolo esercito.
- risi Dovrò ringraziare l'Oscuro Sire per tutto questo, prima o poi.
L'ennesima anima era stata divorata ed il chiarore dello spectral stava già lasciando il posto al chiaroscuro
del regno materiale, che corsi nuovamente dentro la sala con in pugno la Reaver fremente.
Era da tanto che non mi sentivo così ... vivo.
Mentre saltavo addosso il guardiano più vicino all'entrata e ricominciavo il balletto della guerra mi
tornavano in mente i campi di battaglia che da giovane calpestavo pieno di superbia, eccitazione e
incoscienza.
Volti di amici e nemici che sembravano lontani millenni, appartenenti ad una vita mai vissuta, mi si
paravano davanti gli occhi e vedevo i loro occhi febbrili ed eccitati per la guerra; oppure spenti e
sanguinanti che imploravano perdono e pietà; volti di soldati, amici e nemici; volti di donne e bambini,
allegri e spensierati, o truci e spenti.
Volti di ... persone care. Il volto di mia moglie. Il volto di mio figlio.
Pensieri di pace e serenità si riversarono come un fiume in piena nel mio animo e per un attimo, un solo
attimo, esitai.
Una sentinella giaceva ormai in polvere a pochi passi da me, un altra arrancava a terra senza gli arti
inferiori mentre una terza mi guardava con sguardo vuoto a pochi centimetri dal mio viso.
La Reaver le fuoriusciva di poco sotto il collo mentre la sua lama giaceva a terra assieme al braccio che la
brandiva.
Un volto vuoto, privo di espressione, come centinaia ne avevo visti in vita sui campi di battaglia.
Guardai a terra, mentre la vista si affievoliva e una spada pesante diversi quintali si agitava dal mio
ventre. Uno strattone e il mio corpo fu lacerato in due, esplodendo ancora una volta in una nebbia
azzurra.
In ginocchio, mi rialzai mentre una luce eterea mi dava il ben tornato a casa. Camminai a passo svelto
verso il portale dimensionale, mentre assorbivo altre anime per riprendere le forze il prima possibile, e mi
spostai nuovamente nel regno materiale.
Non c'era più rabbia in me, ne voglia di sterminio, solo una fredda ed implacabile determinazione.
Perfino la Reaver che fino a poco prima mi aveva bisbigliato sentimenti di distruzione pareva placata ed
accondiscendente alla mia volontà.
Il ricordo della vita passata, la consapevolezza della mia natura, la ragione delle mie azioni, finalmente,
avevano raggiunto un equilibrio.
Entrai a passo svelto nella sala trapassando la testa della statua mutilata dagli arti inferiori, che espose in
uno sbuffo di polvere.
Un proiettile telecinetico, con la massima potenza che potessi imprimergli, si schiantò sulla gamba di una
sentinella che cadde in ginocchio. Le saltai sopra mentre l'altra mi caricava. Schivai di pochissimo
l'affondo dell'altra sentinella che s'infranse sulla schiena della compagna, spaccandola in due, mentre
ricadevo dietro le sue spalle.
Un rapido gesto e tutto era finito.
Delle sentinelle non rimaneva altro che terra e polvere.
Mentre l'acqua diluiva i loro resti un altro rivolo scaturì dai vorticanti glifi disegnati sul terreno.
Lentamente si avvicinava alla forgia e quando ne lambì la base tutta la stanza fu invasa da una potente
onda d'energia.
L'acqua ribolliva, la luce si piegava al suo passaggio e perfino le figure alate dipinte alle pareti parvero
girarsi verso la Forgia Elementale.
La Reaver vibrava alla sua potenza e come attratto da un'irresistibile forza mi avvicinai.
Quando posai la mietitrice d'anime dentro la forgia una straordinaria ondata di energia che mai avevo
sentito prima mi pervase. La Reaver vibrava d'un piacere e di una energia indicibili, e con essa anch'io.
Forse fu un attimo, forse passarono eoni, non so dirlo, ma a me sembrarono due vite.
Quando mi rialzai da terra l'acqua aveva smesso di serpeggiare a terra e null'altro si muoveva se non una
turbinante ed accecante lama d'energia che osservavo come ipnotizzato scaturire dal mio braccio.
La possedevo ... no era lei a possedermi ... la sentivo mia ma al tempo stesso una sconosciuta amica.
Agitandola e fendendo l'aria potevo sentire la materia stessa muoversi attorno a lei.
Ero forte, forte ed immortale, ero un dio.
Strinsi forte l'impugnatura eterea come strozzandola, la cattedrale ... i Pilastri ... non ero niente senza di
loro, senza l'equilibrio, null'altro se non un altro falso dio ...
Improvvisamente l'aria si fece secca, impalpabile, ed una forte sensazione di spostamento invase la sala.
A pochi passi da me, come rigettato degli inferi, un oscuro portale si aprì davanti i miei occhi.
Bleed:
Si Negromante, non ti farò attendere oltre
- sogghignai E' mia intenzione ringraziarti di tutto questo.
Osservai ancora una volta la Reaver con il potere della decale, poi entrai nel portale.
---
SOUL
VIII
L'ELEMENTALE DELLA VITA
In cui Bleed fronteggia la creatura leggendaria descritta nel libro sottratto a Lucius.
La luna troneggiava ancora alta su Nosgoth, incastonata in un cielo più terso che mai. Sul gelido Lago delle Lacrime
svettava ancora l'antica Cittadella dei Vampiri, con i suoi archi e le sue guglie, colle potenti colonne che sostenevano
l'imponente struttura dalla grande base, che s'innalzava, imperiosa, dalla città bassa al grande Tempio delle Forge
Elementali, e da quivi fino alle alte stanze presiedute un tempo dai Nove che innalzarono i Pilastri. Una sferzante folata di
vento sollevò grandi quantità polvere che si mescolarono ai detriti delle pareti scrostate dalla malignità degli eoni, poi
ancora un'altra folata, poi ancora un'altra, di quelle che portano seco i tuoni e la tempesta. Tutto ciò che era in moto, in
quel pittoresco paesaggio, lo era in quanto succube innocente di quel vento iroso, poiché null'altro che sabbia, detriti e
polvere poteva prender vita in quel grande mausoleo silenzioso. S'udì il fragore d'un tono provenire da lungi, sebbene
non vi fosse nessuno per temere quel suono; pareva impossibile che di lì a breve sarebbe giunta una tempesta: il cielo
sulla cittadella era ancora chiaro e limpido, che persino lo sguardo più attento non avrebbe saputo preconizzare con
certezza ciò che sarebbe successo di lì a breve. Una pesante coltre di nebbia, infatti, circondava l'intera Cittadella dei
Vampiri, rendendo di fatto impossibile contemplare il mondo esterno dalle estremità di quelle mura, e viceversa, non
concedeva possibilità di approdare in quei luoghi al folle visitatore. Come un'enorme colonna dal ventre cavo, la
Cittadella viveva la serenità fasulla dell'occhio del ciclone, ignara ed inconsapevole, nel suo millenario sonno silenzioso,
della furiosa tempesta che si sarebbe verificata di lì a poco.
Bleed si ritrovò sbattuto a terra, appena uscito da un portale dimensionale che immantinente si richiuse. Il Mietitore
sollevò lo sguardo al cielo terso: pallida, silente e mentitrice, quella luna, che risplendeva di luce riflessa, di un sorriso
fasullo. La creatura si alzò in piedi, brandendo ancora quella lama dall'energia apparentemente illimitata. Intorno a lui,
diversi edifici diroccati, due dei quali sventrati dal tempo, come implosi per l'eccessivo logorio esercitato dai secoli sulle
pareti. Il più grande degli edifici, tuttavia, recava un simbolo indistinguibile: una bilancia simile a quella appartenuta,
nell'era di Moebius e del giovane Kain, all'alchimista Anacrothe. Sembrava tuttavia che il segno fosse molto più antico, e
che quello strumento rudimentale avesse, nell'era dei vampiri alati, un significato rituale. Sotto alle due braccia della
bilancia, un cerchio perfetto recava al suo interno la stessa runa del Pilastro degli Stati. Bleed era giunto a destinazione.
Il Mietitore osservò soddisfatto quei segni, ben consapevole di trovarsi dinanzi alla dimora dell'antico Guardiano del
Pilastro degli Stati, ancestrale predecessore di Anacrothe. Oltre quella porta doveva sicuramente trovarsi il laboratorio
descritto dal Negromante. Un'altra folata di vento attraversò la Cittadella, portando seco un insolito stridio, per quelle
contrade. Bleed sollevò lo sguardo al cielo, e per un istante gli parve di scorgere uno stormo di pipistrelli, intento a
volteggiare, cupo ed oscuro, sui resti di quell'antica civiltà. Immerso in quella pallida atmosfera, il Mietitore ebbe
l'impressione di essere arrivato con un leggero ritardo: sicuramente gli altri membri dell'Alleanza avevano già portato a
termine le loro missioni, e probabilmente il Negromante attendeva ancora spazientito il suo responso. La nuova forma
della lama emetteva scintille, famelica, striata ora di venature blu, ora rosse, ora verdi... sembrava imprigionare in sé tutti
gli elementi costitutivi dell'Essere. Il vento cessò per pochi istanti, e Bleed alzò per un'ultima volta lo sguardo al cielo. I
pipistrelli non c'erano più – pensò, schivo, che forse s'era trattato solo di un'illusione.
Non c'era tempo per indugiare ancora, Bleed giunse all'imponente portale del laboratorio: in alto i segni caratteristici già
contemplati, in basso uno strano pertugio, curiosamente disposto come tanti altri già utilizzati dai Mietitori, ma famelico
di energia. La lama del Mietitore, impregnata di quel potere oscuro, schiuse la porta, mentre, per un attimo, Bleed si sentì
risucchiato da un'energia inaudita. Ma la porta si aprì, con grande rapidità, rivelando quello che sarebbe dovuto essere il
più maestoso laboratorio dell'intera Nosgoth.
Bleed dovette ammettere la delusione. Suo malgrado, si trovava in un tempio di alambicchi di vetro soffiato
estremamente rudimentali; dei liquidi contenuti in grandi otri ormai non restava che il segno, evaporati ormai da secoli.
Tavoli in pietra, gran parte dei quali ancora integri, blocchi di marmo e metalli: oro, argento, diamanti... e poi armi, tante
armi, alcune spade runiche, asce, mazze ferrate, daghe e coltelli, poi archi senza corda, ed armature, vesti di seta
perfettamente conservate che rilucevano di rune, spadoni ancora affilati come appena incantati; che fosse quello uno dei
laboratori dai quali poi si sarebbe deciso come forgiare la Mietitrice d'Anime? Che fosse davvero quella la culla di Xynay,
la lama del Negromante, forgiata da Vorador? Nessuno di quegli oggetti, dai più incantevoli ai più miseri, sembrava
fornire indizi. Bleed non si arrese ed attraversò un corridoio, poi un altro, sempre ricolmo di otri e alambicchi, ferri del
mestiere e ragnatele, finché non giunse in una grande sala circolare, ancor più buia delle altre, ricca di affreschi e
scaffalature e libri.
“Forse ci siamo...”, esclamò, mentre estraeva uno di quegli antichi tomi ed iniziava a sfogliarne invano le pagine dalla
scrittura incomprensibile ed ostacolata dal profondo buio. D'un tratto, sentì un grande fragore provenire dalla stanza
adiacente.
Bleed ebbe un sussulto. Non doveva esserci anima viva, all'interno di quel laboratorio – o, almeno, nulla sarebbe
sopravvissuto al suo interno per tanti secoli, intuì. Si mosse rapidamente, ripose il libro sul primo tavolo pietroso che
incontrò e sguainò la lama decaelementale. Un rumore assordante lo avvolse, mentre una parete crollava proprio dinanzi
al suo sguardo incredulo.
Difficile era comprendere le fattezze della figura che andava delineandosi tra la polvere appena sollevata da quel
fragoroso crollo: un volto amorfo, femmineo ed aggraziato, ma al contempo truce e ruggente. Oblungo come il muso di
un lupo, con una dentatura aguzza, e ringhiava su quattro zampe, scodinzolando con un'esile coda biforcuta, come fosse
un serpente a due teste – ma forse era solo un'impressione per lo sguardo disattento di chi s'illude di delineare una figura
attraverso una pesante coltre di fumo, forse si trattava di una creatura antropomorfa, dai tratti guerrieri, come un
Paladino Sarafan che brandisce una lancia, prima di sferrare l'attacco finale. L'unica cosa di cui Bleed era certo, era di
trovarsi di fronte ad una creatura imponente e maestosa. Si poteva sentire chiaramente il suo respiro, sibilante e vivo,
mentre con la zampa, o forse con una grande spada, distruggeva un'altra parete per agevolare la sua marcia verso il
Mietitore. Bleed trasalì.
“Sono un dio, sono un dio...”, ripeteva, confidando nel potere acquisito con la nuova lama, sperando di obliare le parole
del Negromante, che invece tornavano a riecheggiare, temibili. Una volta caduto nel Regno Spettrale, i nuovi poteri
sarebbero svaniti. Non c'era modo di ripristinarli.
“Sono un dio...”
Il fumo si era dissipato, ormai, e la creatura fissava con aria truce il Mietitore. Ad ogni suo respiro, sembrava che le piante
rampicanti e le ragnatele rimaste in quel luogo per tanti millenni, tornassero a nuova vita. Gli arbusti si facevano sempre
più verdi e rigogliosi, ed i fili tessuti dall'alacre lavoro delle creature ad otto zampe rilucevano di mille colori. La creatura
avanzava nel buio, generando nuova vita, infondendo vigore a tutto ciò che entrava in contatto con quell'aura, con quel
respiro, con quell'anima, con quel soffio vitale. Quella visione inquietava e rassicurava al contempo, così generosa e pura,
eppure dalle intenzioni tanto fameliche. Aveva assunto una nuova forma, di carnagione arborea e di fattezze feline, e si
avvicinava, ancora.
Bleed avanzò e colpì un arto di quella creatura, tranciandolo. Era davvero così potente, l'impregnatura appena acquisita?
Non passarono che istanti, il Mietitore schivò un colpo, poi venne colpito dal pungiglione all'estremità della coda di
quella creatura felina – o qualunque cosa fosse.
Quando riaprì gli occhi, Bleed capì di aver fallito. Si trovava nel Regno Spettrale.
Il Mietitore colpì violentemente una parete con un pugno, irato, mentre assorbiva alcune anime e cercava disperatamente
un portale. L'avrebbe trovato proprio nello spazio antistante il grande edificio. Ricordò allora le parole del Negromante,
pronunciate molto tempo prima, prima che il Libro dovesse essere dai Sarafan, capitanati da Lucius il Prode, quando
ancora era in mano ai Druidi silvani, sconfitti dall'esercito umano, poiché lo scudo protettivo impediva ai vampiri di
procedere oltre. Solo allora il Negromante avrebbe costretto Lucius a portare il Libro alla Cattedrale del Sangue, e lì
avrebbe portato a termine la tragedia di Lucius il Prode e della sua amata Ivy Delacroix. Stando alle parole del
Negromante, l'intenzione dei Druidi che possedevano il Libro, ormai di chiara creazione vampirica, era quella di
richiamare il mostro per liberare Nosgoth dalla piaga del vampirismo. I Druidi non avrebbero creato quella creatura, ma
l'avrebbero semplicemente evocata, nel cuore di Nosgoth.
Ed era parimenti chiaro di che cosa si trattasse, finalmente: un elementale, forse l'unico in tutta Nosgoth, dell'elemento
vita, capace di dilaniare le carni dei non-morti con un solo respiro, segregando le anime delle creature della notte nel
Regno Spettrale, per poi fornire energia al dio della ruota del destino.
Sicuramente l'antico Guardiano degli Stati si era pentito di quella sua creazione, sobillato forse in quell'esperimento
dall'incessante voce dell'Oracolo, dello stesso Anziano, che voleva invero uccidere tutti gli immortali. Ed ecco che,
avvedutosi dell'errore, il Guardiano aveva sigillato quell'abominio nel suo laboratorio, incatenandolo ad una solitudine
irrimediabile; il potere decaelementale non sarebbe infatti mai più tornato a dissigillare quel luogo. E Bleed aveva appena
liberato una forza millenaria che avrebbe potuto muovere verso Nosgoth, liberando definitivamente quelle terre dalla
piaga del vampirismo.
Eppure, qualcosa non tornava. Come mai l'effetto vitale non era dannoso, per il Mietitore, tanto che, per cadere nel
Regno Spettrale, doveva essere colpito come da qualsiasi altra creatura? Che la fame di non-vita del mostro non avesse
effetto sui Mietitori? Queste domande vorticavano nella mente di Bleed, mentre questi riemergeva nel regno materiale. Il
mostro era già uscito dalla sua cripta, senza ancora assumere una forma ben descrivibile. Continuava a mutare,
continuamente, nei colori più stupefacenti e nelle forme più bizzarre, talvolta una chimera, talvolta un equino, talvolta
un'aquila.
Il cielo si era fatto nuvoloso, la pioggia non si sarebbe fatta attendere. Infatti, eccola iniziare a cadere, sulla martoriata
Cittadella, sul potente elementale, sul Mietitore appena riemerso, riluttante ed impotente, con la lama tornata nelle sue
solite sembianze. La speranza fuggiva a grandi passi assieme a quell'abominevole creatura mutaforma, accompagnata da
una dilagante esplosione di vita.
Fu allora che la creatura fu colpita da un fulmine. Poi da un altro. Poi da un altro ancora.
“Vae Victis!!”
SOUL
MISSIONE
- Respiro Vitale Bleed
Adepto
LDR: 5
II
La creatura si accasciò a terra; sembrava aver accusato il colpo, eppure era impossibile scorgere in quel corpo eteromorfo
qualsiasi elemento che sembrasse somigliare o lasciar pensare ad una ferita. Di nuovo il mostro cambiò forma,
prolungando la sua lunga coda come schizzasse dalla frenesia, la lingua divenne bifida e comparsero quattro robuste
zampe; una grande lucertola.
Fu allora che Bleed udì le parole del Negromante, e si voltò. L'antico corpo dell'Imperituro si stagliava ora contro le nubi
oscure, protetto dall'Armatura del Caos, un tempo appartenuta al leggendario Kain. Il volto era scoperto, i lunghi capelli
bianchi, sciolti, bagnati dalla fragorosa pioggia incessante, gli occhi demoniaci e famelici, il volto corrugato dai secoli e
dalla negromanzia: il Guardiano del Pilastro della Morte era sceso in campo. Il Negromante contemplò con sguardo
minaccioso l'evolversi della situazione, aggrottando la fronte rugosa, pensieroso; quell'aria superba e sicura di sé lo
facevano apparire ancora più imponente, come la maestosa statua candida di un eroe infernale.
Brandiva con la mano destra la sua adorata lama, Xynay: il cristallo decaelementale sul fondo dell'elsa riluceva di colori
sfavillanti, sembrava che la spada gridasse, famelica, dopo un'eternità di tormento e digiuno. Nella mano sinistra iniziò a
convogliare un'energia azzurra, e con un rapido movimento del braccio, al quale seguiva una scia azzurrognola, evocò al
suo cospetto una creatura non morta di notevoli dimensioni: alta quasi quanto il Negromante, brandiva una mazza
ferrata. Il volto bavoso e duro, i lineamenti grezzi e marcati, il corpo spigoloso e rozzo: sembrava un ghoul di media
statura, sicuramente di alto livello, a giudicare dalla grandezza e dalla furia che gli si leggeva negli occhi.
Il Guardiano sollevò il braccio sinistro, puntando la spada in direzione dell'elementale. Per un attimo, il ghoul sembrò
confuso, poi caricò con violenza il nemico.
Non fece in tempo neppure a sferrare l'attacco, che venne disintegrato dall'alito vitale del temibile mutaforma; il non
morto sembrò squagliarsi, come se il respiro del nemico fosse stato un potente acido corrosivo. Nello sguardo del
Negromante apparve un lieve senso di sconforto e delusione, al quale seguì un laconico:
“Come sospettavo...”
Intervenne allora Bleed, spazientito, che nel frattempo stava riprendendo coraggio, pur consapevole della sua impotenza
in quella situazione:
“Sai come sconfiggerlo?”, gridò.
Il vampiro non rispose, forse a causa dell'ennesima folata di vento misto a pioggia, o forse perché la concentrazione
estrema e la riflessione isolavano ora il Negromante da ogni cosa, oltre al nemico.
La creatura si era voltata in direzione del Guardiano; assunse la forma di un grosso lupo e si diresse in direzione del
vampiro – questi, in risposta, scagliò una potente energia negromantica del colore degli smeraldi in direzione del mostro,
seguì una potente deflagrazione spirituale che fermò la carica. Il vampiro si era già tramutato in uno stormo di pipistrelli,
riuscendo a rifugiarsi in cima a quella che sembrava una torre diroccata. Incredibile come potesse, nonostante i secoli di
battaglie, studio e meditazione, muoversi ancora tanto velocemente. Il mostro sembrava frastornato, o forse stava
semplicemente mutando di nuovo forma. Sembrava tuttavia che al Guardiano, in attesa in cima a quel torrione con le
braccia conserte, mancasse qualcosa.
Bleed si guardò intorno, e vide, al suo fianco, infilzata sul selciato – sorprendente: sembrava che le pietre fossero stato
perforate come fossero molli come carne – la spada del Negromante: Xynay. La impugnò, e si sentì di nuovo pervaso di
quell'energia appena perduta: la capacità di scindere la materia con il potere degli elementi.
“Finalmente hai capito...”, gridò il Negromante, abbozzando un sorriso compiaciuto, seguito da un ruggito.
“Conosci il modo di sconfiggere questo mostro?”, chiese di nuovo il Mietitore.
Il vampiro esitò per qualche istante, quasi tirando un sospiro tra i canini affilati.
“In realtà no. Ma fammi un favore: tutte le volte verrai respinto al regno spettrale, vedi di non indugiare troppo – anche se
il tempo nel regno degli spettri è più veloce rispetto al regno delle cose, spero che lo sia abbastanza per ritrovarmi ancora
intero, quando tornerai attraverso il portale. Preferirei non fare la sgraziata fine di quel Ghoul”.
La creatura assunse le sembianze di un falco, ed iniziò a scuotere le ali, pronta a sollevarsi da terra, quando fu trafitta alle
spalle dal potere decaelementale di Xynay, brandita dall'eroico Bleed. Sul volto del Mietitore comparve uno sguardo
compiaciuto e fiero, col nuovo potere in pugno sentiva la speranza rinascere. Gridò in direzione del mostro: “sono io il tuo
avversario!”, mentre il Negromante concentrava le energie dalla cima della torre per scagliare un nuovo incantesimo. Non
passò che un attimo; le ali della creatura divennero enormi chele, e Bleed vide di nuovo la realtà svanire attorno a sé, la
pioggia si dissipò e fu silenzio tutto d'intorno, di nuovo alla volta del regno spettrale.
---
BLEED - MISSIONE : RESPIRO VITALE
Un attimo di incertezza, di stupore. Ali che diventavano armi, arti che diventavano teste. Il mutamento
della vita, in tutta la sua prorompente forza, racchiuso in quell'essere tanto meraviglioso quanto terribile.
Un attimo, ed assorbii alcune anime che pigre volteggiavano in quei luoghi.
Ritornai alla vita mentre la mastodontica creatura si schiantava a pochi centimetri da me, ancora mutante
da forme d'uccello a quelle da predatore.
Il frastuono del tuono di morte evocato dal Negromante ancora echeggiava nel cupo e falso silenzio della
cittadella quando vidi Xynay volarmi contro velocissima.
L'afferrai poco prima che fosse oltre la mia portata e sentii nuovamente il suo potere fluirmi dentro.
Soul
Non c'è tempo per le esitazioni e le domande. Brandisci Xynay, Mietitore, e combatti.
Disse con tono freddo e cupo, come se quella situazione non lo toccasse, come se stesse in un altro luogo
e quegli avvenimenti non fossero per lui motivo di distrazione.
Per un secondo lo ammirai, li in alto, nella sua possente figura. Strinsi forte l'elsa di Xynay e lo odiai, non
per quello che rappresentava ma per quello che era. Per la sua forza così superiore alla mia.
Gridai e mi lanciai sull'Elementale che stava tirandosi su e preparandosi ad un altro attacco.
Il suo corpo si afflosciò, poi si rindurì. Le gambe si rigirarono terribilmente cambiando spessore e forma,
la testa si allungò come un orripilante budello diventando sottile ed appuntita. Chele, enormi e variopinte
dei mille colori dell'arcobaleno, spuntarono da quella che stava diventando la testa mentre un ghigno a
metà strada tra una enorme tigre ed uno scorpione diventava la sua nuova faccia.
Correvo veloce sul suo fianco, mi gettai tra le gambe ancora in mutamento. Affondai Xynay con tutta la
forza che avevo, fiamme e tuoni si sprigionavano per ogni centimetro che la lama penetrava nel corpo
dell'Elementale.
Sentivo il potere degli elementi scorrere in me e dal loro potere ne ero sconvolto, padrone e succube nello
stesso momento.
Spinsi forte, fortissimo. La lama entrò, la ruotai come a voler scavare dentro il suo melmoso corpo.
Tranciai una gamba, cadde a terra infuocata. Poi un'altra, carbonizzata all'istante. Affondai ancora, e
ancora, ero dentro con tutto il braccio ormai, in preda alla rabbia ed eccitato da tanta potenza.
Un attimo di lucidità e fui assalito dal terrore. Come mai avevo provato prima. Mai, da quando mi era
stata donata la mia nuova vita.
Non un gemito, non un urlo di dolore. La creatura, mentre le gambe tagliate si liquefacevano e striscianti
come serpenti tornavano nel suo corpo, mi guardò con uno dei suoi quattro occhi e alzando la coda mi
trapassò da parte a parte, spezzandomi in due.
Ancora una volta nel regno spirituale.
Mi rialzai da terra dopo lunghi minuti di vuoto. Il colpo era stato tanto veloce quanto potente. Mi aveva
completamente stremato. Con difficoltà assorbii una mezza dozzina di anime.
Un sol colpo, uno solo, ed ero stato sconfitto ancora.
Nonostante la forza prorompente di Xynay, nonostante la presenza del Negromante..
.. il Negromante!
Scattai in piedi e mi gettai nel portale dimensionale.
La piazzetta fuori il laboratorio alchemico era immersa nella polvere, stentai a vedere Xynay che mi
volava contro velocissima, come poco prima.
La afferrai con entrambe le mani e fui scalzato di qualche metro indietro.
In quel preciso momento un corno lungo alcuni metri perforò l'aria a pochi metri da me mentre un bianco
unicorno, dalla chioma che pareva spuma marina, spuntò scalciando da sotto una parete crollata da poco.
Un lampo color smeraldo, poi un boato dal sapore della morte, e l'unicorno dorato si accasciò a terra.
Poi uno stormo di pipistrelli mi passò a pochi centimetri dalla testa e si andò a fermare sulla sommità di
una volta di pietra, parecchi metri dietro di me, rivelando ancora una volta l'imponente figura del
Negromente.
Soul
Ben tornato Mietitore, l'ultima tua dipartita è durata più delle altre, inizi già a stancarti? O forse hai già
capito che nulla puoi contro esseri così potenti?
Pensavo che quelli della tua stirpe fossero più, come potrei esprimermi adeguatamente .. testardi.
Dovrò farlo presente a Respen, i suoi soldatini faticano a tener il passo della nostra Missione.
Disse mentre la sua voce si faceva sempre più tagliente, e la rabbia mi ribolliva dentro.
Immaginavo fosse un qualche tentativo di infondermi forza e determinazione, almeno credo, ma detto da
lui mi sembrava un'onta inaccettabile.
Strinsi ancora più forte Xynay. L'Elementale si rialzò furente, metà cavallo e metà drago, sbalzando via
massi pesanti decine di tonnellate, ma non mi voltai.
Rimasi a fissare l'Oscuro Sire ancora per qualche secondo.
Anche mentre il cavallo-drago mi caricava.
Poi lo vidi, rise.
Le fauci della testa di drago mi passarono a pochi centimetri dal corpo, staccandomi il braccio sinistro.
Il sangue blu sprizzò sul corpo camaleontico dell'Elementale mischiandosi alla livrea in continuo
mutamento.
Non sentivo dolore, percepivo solo che le forze mi stavano abbandonando.
Solo allora distolsi lo sguardo, bianco e brillante come mai prima di allora.
Sorrise ancora.
Alzai Xynay e l'affondai con tutta la forza che mi rimaneva nella testa del drago, trapassandola da parte a
parte come fatta di burro.
La lama era nera come l'oscurità, e verde come il più profondo ed oscuro degli smeraldi.
Una sensazione di freddo pungente mi pervase la mano.
Un'energia tremenda e famigliare, un sensazione di quiete e terrore, pace e desolazione.
Sentivo in me scorrere il potere della Morte.
L'Elementale ruggì mentre ritraeva la testa con forza, finendola di tagliarsela a metà.
La Morte, il suo elemento contrario. Solo allora, così vicino al suo imponente corpo, lo sentii vibrare di
dolore, anche se solo per un attimo.
Poi nuovamente la testa mutò, diventando un'enorme zampa artigliata che cercò di atterrarmi, ma saltai
lontano alcuni attimi prima, portandomi lontano dal Negromante, visibilmente divertito.
Soul
Dunque avevo visto giusto su di te, Mietitore.
Ed anche su quella creatura, non sarà cosa da poco venirne a capo.
Confido nella tua perseveranza..
.. bisbigliò quasi tra i denti mentre riprendeva la forma di uno stormo di pipistrelli ed evitava un
colonnato lanciato dall'Elementale che aveva assunto sembianze di un gigante dal volto indefinito.
Bleed
Farò del mio meglio, Signore dei Vampiri!
Gli urlai dietro mentre mi mettevo tra lui ed il gigante che intanto ci aveva caricati.
Lanciai Xynay lontano, sulla destra, verso la zona del laboratorio, che come la prima volta si conficcò nel
selciato come un coltello caldo taglia il burro.
Bleed
Sono io il tuo avversario!
Gridai al gigante che stava sopraggiungendo. Evocai la Reaver e corsi a mia volta verso di lui.
Bleed
Sarai anche un millenario elementale della vita, ma io sono quello che ti farà provare le gioie della morte!
Gli arrivai sotto e per poco non mi pestò con una delle sue ormai tre gambe, mentre un'altra ne stavano
spuntando da dietro la schiena.
Saltai in su e fui faccia a faccia con lui. Iniziai a sferrare decine di fendenti, veloci, il più velocemente
possibile, mentre tornavo a terra.
Gli squarciai il petto più e più volte, ferite poco profonde che in pochi attimi si cicatrizzavano e sparivano.
Era inutile, la mia mietitrice aveva meno effetto delle punture di un insetto.
Un pugno enorme, grande quanto tutto il mio corpo, mi afferrò e mi schiantò a terra, stritolandomi e
facendomi ripiombare nel regno spirituale.
Paragrafo II – Offensiva disperata
Questa volta la dipartita era stata meno traumatica. Non avevo perso i sensi e non persi tempo a
ripristinare le mie energie, divorando alcune delle centinaia di anime che erano presenti in quelle rovine.
Ritornai in pochissimi secondi nel regno materiale, il tempo che impiegò il gigante, ormai divenuto un
enorme essere metà uomo e metà cavallo, a ritirare su il pugno dal cratere in terra ed assicurarsi d'aver
eliminato quella fastidiosa pulce azzurra.
Un peccato che quell'essere mastodontico non perdesse tempo a fissare un volto scrutabile sulla sua
testa in perenne mutamento, sarebbe stato un attimo di gioia vedere il suo viso sbuffare mentre
ricomparivo a poche decine di metri alla sua sinistra, afferrando Xynay dal selciato e puntandogliela
contro.
La tremenda spada era li dove l'avevo lanciata pochi secondi prima, ormai rassegnato all'idea che sarei
dovuto ritornare sui miei passi ancora per molto tempo prima di vedere la fine di quello scontro.
Così l'Elementale si girò verso di me ed io iniziai a correre verso di lui.
Ed ancora una volta iniziammo lo scontro.
Cercai di stancarlo o rallentarlo un attimo scagliandoli contro i più forti proiettili telecinetici che il mio
spirito sapeva concentrare, ma esplodevano sul suo massiccio corpo come bolle di sapone sulle dita di un
bambino.
Strinsi forte Xynay e con un largo fendente dal basso verso l'alto saltai verso di lui poco prima di essere
travolto dalla sua carica.
La spada, che ora aveva smesso di cambiare continuamente elemento ma era concentrata su tutti gli stati
contemporaneamente e mi trasmetteva una sensazione tanto famigliare quanto rimpianta, tagliò il
terreno sotto i miei piedi come la spada di taglio perfora l'acqua, e con esso un braccio del gigantesco
centauro.
Stavo cominciando ad abituarmi alla nuova arma. Avevo quasi perso dimestichezza con le cosiddette armi
normali da quando ero tutt'uno con la mia Reaver. Certo non era la stessa cosa, ma era piacevole
cambiare stile di combattimento dopo tanto tempo. I ricordi delle campagne mercenarie intraprese nella
vita precedente si affollavano nella mia mente, riportando a galla scontri sul filo del rasoio e situazioni
disperate che avevo completamente rimosso.
Erano ricordi di guerra, ma anche ricordi di vittorie, di morti, ma anche di vita.
Ricordi di una vita ormai lontana che, però, sentivo ancora presente in me.
Atterrai a pochi metri dal centauro e non ebbi nemmeno il tempo di riprendere la posizione di
combattimento che con un calcio violentissimo, scalciando, fui scaraventato lungo tutta la piazza finendo
rovinosamente contro il muro di un edificio dalla parte opposta.
Persi i sensi per un attimo.
Ancora una volta ero sul bordo del regno spettrale, lo sentivo.
Vidi la sagoma del centauro farsi sempre più vicina, sempre più grande. Non distinguevo più i colori, il
mondo pareva esser immerso nella nebbia.
Poi mi sentii tirare per i piedi.
Sgranai gli occhi cercando di capire cosa stesse succedendo ma ero troppo intontito per distinguere,
avvinghiati alle mie gambe, due orripilanti esseri semiscorticati dagli occhietti rossi che confabulavano tra
di loro spaventati.
Poi un tuono, ed un altro ancora.
Sentii l'Elementale rallentare e ringhiare furioso e dozzine di altri versi gutturali, grugniti e mezziruggiti
più o meno lontani.
Chiusi gli occhi per pochi secondi.
Il silenzio..
.. riaprendo gli occhi mi aspettavo di vedere il famigliare cielo del regno spettrale. Quindi ci misi alcuni
secondi per rendermi conto che avevo davanti gli stivali ed i gambali del Negromante.
Tentai di tirarmi su ma ero ancora debole, poi si piegò verso di me e mi afferrò al ventre tirandomi su.
Un attimo dopo ero a decine di metri da terra mentre sotto di me l'ennesimo edificio abbandonato veniva
raso al suolo dalla furia dell'Elementale.
Soul
Mietitore, hai dato prova del tuo coraggio e della tua perseveranza, ma se continui così resteremo su
quest'antica isola per tutta l'eternità.
La parabola divenne discendente e atterrammo sull'ennesimo tetto, molto più in alto del precedente
giaciglio.
Soul
Tirati su ed osserva il tuo nemico. Lo tratterrò fin quando mi sarà permesso, confidando in una tua buona
idea per finirlo.
Mi raccomando non tardare, amo i bagni di sangue, ma non quando il sangue è il mio.
Mi fissò per un attimo prima di scomparire in uno stormo di pipistrelli. Non avevo capito se il suo sguardo
era ironico o intimidatorio, e certamente non glie l'avrei chiesto.
Trascinandomi per alcune decine di centimetri mi sporsi dal nuovo giaciglio.
La torre su cui mi trovavo sovrastava gran parte della piazza e mi dava una visuale pressoché perfetta del
campo di battaglia.
L'Elementale stava emergendo ancora una volta dalle macerie. Questa volta non aveva ancora preso una
forma definita, ma sembrava tendere verso un grosso rapace.
Poi lo vidi, Soul, ad alcune decine di metri da lui, su un arco di una casa semicrollata.
Stringeva nel suo pugno un alone d'energia negromantica e pochi istanti dopo una mezza dozzina di
piccoli ghoul spuntarono dal terreno, brandendo spade e mazze.
Corsero ad accerchiare l'Elementale mentre questo stava completando di mutare le braccia in ali e
mancava poco che spiccasse il volo.
Un lampo, un altro, ed un altro ancora.
Il mastodontico condor ricadde al suolo senza evidenti ferite ma alquanto frastornato.
Appena toccato terra fu assalito dai Ghoul che gli saltarono addosso ed iniziarono a menar fendenti.
Ma le mazze rimbalzavano sul suo corpo come giochi di legno su uno scudo di metallo e le spade non
potevano far altro che pulirlo dalla polvere e dal terriccio che lo sporcavano dopo le molte cadute e
distruzioni.
Vidi Soul braccia conserte osservare gli avvenimenti con sguardo interrogativo e leggermente corrugato.
L'elementale mutò ancora. Ora era un'enorme tigre dalle molte zanne sporgenti.
Alcuni Ghoul furono schiacciati come piccoli insetti, altri si sciolsero come neve al sole, con convulsioni e
terribili grida, al ruggito del mostro.
Proprio com'era accaduto all'inizio dello scontro.
L'alito era ancora letale, pareva che fin'ora lo scontro ed i continui mutamenti non avessero indebolito
minimamente l'antico guardiano.
Scossi la testa sconsolato, non intravedevo nessun punto debole in quell'essere. Anche se i suoi
movimenti complessivi non erano velocissimi la sua forza era devastante. La mia lama simbiotica non
sortiva danni rilevanti e, seppur armato di Xynay, le ferite che gli infliggevo non erano nulla in confronto
al suo potere rigenerativo. Non pareva neppur avere una forma propria, un qualche centro principale di
coscienza da poter attaccare. Inoltre Soul, per quanto potente, non poteva avvicinarsi ed i suoi ghoul
venivano spazzati via come foglie dal vento.
Scossi ancora la testa demoralizzato.
Poi un ghoul rimasto dietro l'elementale saltò sulla sua schiena, gettò in aria le armi disperato e iniziò a
prendere ad artigliate e morsi l'enorme corpo del guardiano.
Aspettavo che venisse distrutto in un attimo ma .. successe quello che Soul stava aspettando. Rimasi
allibito, mi voltai verso l'oscuro Sire e lo vidi sorridere tremendamente, poi guardarmi ed invitarmi al
combattimento con un gesto della mano.
Il solitario ghoul aveva squarciato, seppur superficialmente, la schiena dell'elementale che aveva ruggito
di dolore, come se gli attacchi dell'evocato fossero veleno per lui. Era stato disintegrato un attimo dopo
stritolato da una delle decine di code che erano comparse sul guardiano ma le ferite che aveva sulla
schiena si richiusero molto più lentamente, con fatica.
Il Negromante alzò le mani al cielo ed una selva di fulmini neri si abbatterono sul guardiano facendolo
cadere al suolo, poco ferito, leggermente stordito, ma tanto quanto basta per permettergli di iniziare la
preparazione di un altro, più complicato ed impegnativo incantesimo.
Nello stesso momento alla Cattedrale dell'Anima, nel chiostro interno, il Pilastro della Morte brillò e tutta
la zona piombò come sotto una cappa di freddo, le piante parevano smorte e gli animali intorno la casa
dei mietitori si agguattarono gli uni sugli altri come per trovare compagnia nel momento della fine.
Un alone verde smeraldo balenò tra le mani dell'Oscuro Sire e un attimo dopo tutta la piazza dello scontro
venne percorsa da un flebile tremore e come se si fossero scoperchiate centinaia di tombe la terra si aprì
e sembrò il giorno dell'apocalisse.
Dalla terra smossa decine e decine di ghoul più o meno grandi dagli occhi rossi e furenti di collera si
tirarono su lentamente, puntando all'elementale che stava mutando in una sorta di enorme animale
corazzato, coperto di scaglie e con il muso cornuto e zannuto.
Ad un gesto di Soul tutti i ghoul si gettarono sull'elementale caricandolo, grugnendo e sbavando. Di tutta
risposta il mastodontico elementale sbuffò e con un ruggito cupo e profondo caricò la prima fila si ghoul
schiacciandoli e squagliandoli con il suo alito acido per i nonmorti.
Lo scontro era iniziato.
I ghoul si gettavano sulle sue gambe, mordendo e graffiando. Sulla sua schiena, cercando di scalfire la
possente corazza. L'elementale gridava dal dolore, la sua stessa essenza veniva bruciata come acido dalla
carne nonmorta dei ghoul. La polvere si mischiava al sangue smorto lasciato dai nonmorti schiacciati e
disciolti.
Mi alzai dal giaciglio dove m'aveva lasciato l'Oscuro Sire e gioii per la sua intuizione. Ma fu solo per pochi
secondi. Anche dalla mia posizione era visibile la catastrofe. Per quanto la morte nella carne e nel sangue
dei ghoul fosse puro acido per quella creatura, i danni provocatigli erano assai esigui. Una delle gambe
era parzialmente squarciata ed alcune delle scaglie sul dorso erano staccate, friggenti sotto il sangue dei
ghoul liquefatti, ma la rabbia e la potenza dell'elementale non pareva diminuire.
Le fila dei nonmorti si andavano velocemente assottigliando e lo sguardo di Soul pareva nuovamente
accigliato.
Dovevo far qualcosa, le forze mi erano tornate, non tutte, ma tanto da poter brandire Xynay. Così la
afferrai e mi gettai nel vuoto, piombando dopo una caduta di alcuni secondi, sulla schiena dell'antico
guardiano.
Affondai la spada sulla sua schiena frenando la cadute e puntai in un punto in cui la corazza era meno
spessa, lacerata dall'attacco dei ghoul. Affondai li la lama decaelementale, ancora, ed ancora, fino a
scavare un vero e proprio buco fin dentro il suo corpo. Cercai di proseguire ma mi sentii afferrato alle
gambe e poco dopo scaraventato lontano a terra, da un enorme tentacolo.
Mi rialzai lentamente e davanti a me c'era solo morte.
L'elementale aveva assunto la forma di un'enorme piovra e tutt'attorno a lui c'erano resti di ghoul, sciolti,
schiacciati o stritolati. Leggermente stordito mi girai attorno alla ricerca dell'Oscuro Sire e lo vidi alle
spalle dell'elementale, ancora braccia conserte, ancora accigliato.
Feci per alzarmi ma un tentatolo si abbatté su di me, veloce ed appuntito come una lancia, inchiodandomi
al muro e facendomi esplodere, ancora una volta, in una nuvola azzurra.
Ancora una volta nel Regno Spirituale.
Sbuffai e scossi la testa.
Non vedevo una via d'uscita.
Non vedevo punti deboli in quella creatura.
Ero troppo debole.
Neppure un piccolo esercito di ghoul anziani evocato dal Negromante aveva sortito l'effetto desiderato.
Certo la Morte pareva avere un certo effetto ma la mia mietitrice non aveva quella impregnatura e, per
quanto potente, Xynay non faceva abbastanza danni, non su quell'enorme corpo .. o forse non in mano
mia.
Ero debole.
Sospirai e quasi non curante del pensiero del Negromante, solo, in balia di quell'essere, restai immobile
per alcuni secondi osservando il silenzio che mi circondava.
Ah se il mondo avesse solo potuto osservare e gioire del silenzio e della quiete di quel mondo, così
perfetto per ritirarsi con i propri pensieri.
Un mondo riservato alle anime ed a noi mietitori. Che magnifico regalo..
Poi sgranai gli occhi.
No .. era un'idea assurda .. come potevo riuscire a .. non avevo molte nozioni di magia .. dov'era
Asgarath quando ne avevo bisogno .. mi maledii per la mia riluttanza nel studiare al suo fianco nella
biblioteca nella cattedrale ..
Bleed
Se ne esco vivo prometto che studierò di più, druido!
Dissi tra me e me, schernendomi, quasi rincuorato dalla mia malsana idea.
Mi tirai su, assorbii alcune anime e mi rigettai nel portale più vicino a me.
Paragrafo II – Una porta per l'Altro Mondo
Quando ripiombai nel regno materiale il terreno era disseminato di crateri e dell'elementale non v'era
traccia. Estrassi la Reaver istintivamente e mi guardai attorno nervoso cercando Xynay, o il Negromante,
ma non trovai nessuno dei due.
Poi un grido alto nel cielo e vidi sbucare dalle nubi fosche un'enorme leone alato che inseguiva uno
stormo di pipistrelli che si fiondarono a terra poco lontani da me e presero al forma di Soul.
Brandiva la mitica spada e la gettò verso di me ringhiando:
Soul
Dov'eri finito?
Poi cambiò tono
Soul
Mi stavo preoccupando, vedendoti immobile al muro di quella casa, su forza è tutta tua continua ad
attaccare, prima o poi troveremo un modo per ..
Non finì la frase venendo investito da un'artigliata dell'elementale.
Per la prima volta assistetti alla potenza delle armi vampiriche. Il colpo, che se fossi stato al suo posto mi
avrebbe distrutto all'istante, rimbalzò come un martello che picchia su un'incudine. Soul e l'elementale
furono sbalzati l'uno lontano dall'altro, ma quello che sembrava aver risentito del colpo pareva,
inspiegabilmente, l'elementale che fu schiantato dall'altro lato della piazza distruggendo l'ennesima
costruzione.
L'Oscuro Sire si pulì l'armatura sporca di polvere e terra con una mano e volò al sicuro su un'altra guglia.
Ormai il paesaggio stava diventando un teatro di guerra, tra macerie e crateri.
Bleed
Negromante, Guardiano, mi serve il tuo aiuto..
Gli gridai mentre ricompariva dalla forma di pipistrelli..
Bleed
..puoi rievocare un altro esercito ghoul? Ti prego, ora so come sconfiggerlo!
Mi guardò torvo e perplesso, poi annuì.
Gli feci un inchino, afferrai Xynay piantata in terra a pochi passi da me e corsi lontano nascondendomi tra
le macerie, mentre l'elementale si rialzava e mutando forma si preparava a continuare il suo inesorabile
attacco.
Chiusi gli occhi e mi concentrai. Pensai ai mietitori, alla Cattedrale dell'Anima, alla sua enorme biblioteca,
ai segreti e misteri che conteneva. Pensai al nostro capostipite Raziel, alla sua fuga dalle spire dell'Elder
God.
Poteva funzionare .. doveva funzionare.
Poggiai la lama davanti a me, come per contemplarla, e concentrarmi su quello che era, quello che
rappresentava. Alle mie spalle, dietro alcuni enormi massi ed alcune mura in rovina, le grida dei nuovi
ghoul e dei lampi di morte lanciati dall'Oscuro Sire sembravano echeggiare per tutta la cittadella. Il sole
che debolmente filtrava attraverso la millenaria nebbia pareva farsi sempre più debole, segno che ormai
erano ore che quella lotta andava avanti, con mio sommo dispiacere.
Piantai Xynay a terra ed evocai la Reaver dal mio braccio mutandola nella sua forma di tenebra.
Bleed
So quello che desideri, quello che brami, e che voglio anche io. Ma ora mi serve sapere se ne siamo
degni, se siamo veramente pronti per cercare di carpirne i segreti ed il potere.
Il mio sguardo passò lentamente dalla lama simbiotica che si agitava come di vita propria sulla spada
vampirica, pervasa da un'energia inimmaginabile.
Bleed
Dammi il tuo potere, concedimi il potere di tutti gli elementi, riversa in me la tua forza, per il bene
dell'Alleanza, per il bene di Nosgoth e .. perché è questo ciò che voglio più di tutto, voglio il po..
Gridai, unendomi alle urla dei ghoul squartati dagli artigli dell'enorme tigre a due teste che era diventato
ormai l'elementale.
Afferrai Xynay con la mano sinistra, con tutta la forza e l'odio che avevo in corpo, con tutta la mia
passione e la mia determinazione, e con la destra strinsi l'elsa della lama simbiotica che pulsava e si
dimenava fortissima, attingendo alla mia stessa energia vitale.
Scattai da dietro il mio nascondiglio proprio mentre l'ultimo ghoul veniva lacerato dagli artigli del
guardiano. Corsi nella piazza attraversando la polvere mischiata alla cenere dei ghoul massacrati, ormai
tutta la piazza era un'enorme tomba. L'aria sapeva di morte e sangue e l'elementale era sempre più
nervoso.
Non v'era respiro, nessun gemito.
La colossale tigre si girò verso il mietitore che correva veloce come il vento dall'altro lato della piazza.
Il Negromante scorse tra la polvere la sagoma bluastra di un figlio di Raziel, dagli occhi bianchi e
scintillanti, brandente due lame, una per mano.
La tigre ruggì verso la figura ma quella non s'arrestò.
Anzi. arrivò sotto la creatura e schivò di pochissimo, e malamente, un'artigliata che gli lacerò quasi tutto
lo stomaco, ma non si fermò.
Saltò tra le sue due teste ed infilzò le due lame nello stesso punto.
L'essere ruggì tremendo, mentre il mietitore gli lacerava le carni e penetrava all'interno del suo corpo,
mentre mutava velocemente forma e diventava come un'enorme conchiglia.
Per un momento tutto tacque poi migliaia di aculei spuntarono da dentro la conchiglia, come
un'esplosione, alcuni spezzati, alcuni sporchi di un sangue azzurro, mentre la forza del colpo spostava la
polvere e la cenere attorno la conchiglia di diversi metri.
Ancora tutto taceva, silenzio ora quasi innaturale dopo millenni di immutabilità, quando un urlo straziante
spezzò la quiete.
Bleed
Ora vieni con me!!
Una luce nera e smeraldo balenò tra le aperture della conchiglia, poi sempre più chiara, sempre più ..
spettrale.
La conchiglia si aprì per un attimo come per uno spasmo e allora Soul lo vide.
Il mietitore con le lame conficcate fin dentro la parte più intima dell'elementale, con le braccia immerse
nella sua essenza, era completamente trafitto dagli aculei ma la sua reaver non smetteva di turbinare
nera come la notte e maciullare la carne che tentava di rigenerarsi.
La stola che di solito ne copriva la bocca pendeva da un aculeo macchiata di sangue blu e una luce
spettrale veniva emanata dall'interno del corpo di Bleed.
Sembrava quasi che stesse cercando di assorbire l'anima dell'elementale direttamente dal suo corpo ..
.. no era qualcosa di diverso .. il corpo del mietitore fremeva stremato e diventava sempre più
evanescente mentre la luce al suo interno sempre più intensa.
Poi Soul sgranò gli occhi intuendo cosa stava accadendo.
Come millenni prima Raziel aveva usato dei cadaveri per scappare dal Regno Spettrale e fuggire dal
controllo dell'elder God, ora Bleed stava tentando di usare il proprio corpocadaverico, sul punto di morte,
per spingere l'elementale nel Regno Spettrale .. nel regno delle anime e della Morte, dove sperava
sarebbe stato distrutto dato che non avrebbe avuto addosso solo poche gocce di sangue nonmorto di
ghoul ma un intero Mondo.
L'Oscuro Sire rise malignamente, compiaciuto, ed osservò ancora più incuriosito la scena.
Lentamente la luce spettrale si faceva sempre più forte, l'elementale ruggiva sempre più
spaventosamente ormai in continuo mutamento. Arti che spuntavano da teste, gambe che si
concatenavano per poi liquefarsi in altri parti di corpo, mentre continuamente nuovi aculei venivano creati
e scagliati contro l'ormai martoriato corpo del mietitore.
Bleed
Vieni .. con .. ME!!!
Ancora un urlo, poi un'intensa luce dai toni freddi e il mietitore e l'elementale scomparvero nel nulla.
Soul dal suo giaciglio, e grazie al suo potere derivante dal Pilastro della Morte, osservò le ombre opache
nello spectral.
Una massa enorme e deforme iniziò a contorcersi, con spasmi violentissimi, e dopo alcuni secondi scoppiò
in infiniti frantumi e filamenti, spargendosi per tutta la piazza.
In quel marasma di ombre non riusciva a scorgere la sagoma di Bleed.
Al centro della piazza, spazzata dal vento, Xynay era saldamente infilzata a terra, ora priva di ogni
riflesso. Poco più in là la stola del mietitore si muoveva, cullata dolcemente dal fresco vento serale.
--SOUL
IX
LA LAMA GEMELLA
In cui il Negromante spiega ad un incredulo Bleed il complesso dipanarsi della vicenda, rivelando l’intenzione di voler forgiare una lama
identica a Xynay per risolvere gli innumerevoli misteri che incombono sugli eventi più recenti...
Un silenzio funereo serpeggiava lungo le contrade dell'antica cittadella dei vampiri. A terra, solo frammenti. I frammenti
dell'implosione magica, opachi resti inanimati del corpo fisico della creatura elementale, i frammenti spirituali nel regno
spettrale, i frammenti pietrosi delle strutture cadute e devastate dalla lotta. Anche la pioggia aveva smesso di ticchettare
colle sue lacrime furiose, ed il vento restava muto, col fiato sospeso, ancora immobile e silente dopo tanto tumultuoso
imperversare. Si percepiva l'epicità del momento e la staticità della conclusione – nell'attesa di un degno epilogo.
Erano già passati diversi minuti dal termine della battaglia quando Bleed riemerse miracolosamente dal regno spettrale.
Dal suo eroico gesto erano seguite due deflagrazioni in entrambi gli stati, quello fisico e quello spirituale; per un attimo,
era sembrato al Negromante che Bleed fosse rimasto vittima dell'esplosione. Qualche istante dopo, una flebile ombra in
rapido movimento aveva fatto capolino in quel mondo immutabile, incostante ma determinata, fino a riemergere nel
regno delle cose.
Il Negromante aveva già recuperato Xynay e l'aveva riposta nel fodero nero, sul fianco sinistro della cintura. Le nuvole
iniziavano allora a dissiparsi ed un debole raggio di sole colpì il volto sofferente del Guardiano. Il mietitore osservò le
fattezze del vampiro che gli rivolgeva un'occhiata d'ammirazione; appariva stanco e debole, stremato dalla dura battaglia.
Di quelle che potevano malgrado essere le energie a disposizione di una creatura tanto antica, egli aveva certamente
dato gran parte di ciò che poteva offrire, in quella lotta. Il peso dei secoli non poteva che gravare inesorabilmente sulla
resistenza fisica del vampiro, che avanzò claudicante e meditabondo.
“Ancora un poco... e ti saresti trovato senza retroguardia, mietitore”. Il Negromante tossì, e continuò: “non è stata facile,
devo ammettere che l'enigmista ha superato ancora una volta sé stesso, e pure chi ha l’ardire di risolverli, certi enigmi. Un
elementale di vita... non è assurdo? Non c'è niente di peggio per un non-morto, ma è parimenti qualcosa di straordinario,
una vera rivelazione! Non credevo neppure che esistessero!”. Ancora un colpo di tosse, rauco e violento, poi un altro
ancora. Il Negromante estrasse una fiala di sangue dalle vesti, bevve avidamente e continuò: “Molto interessante. I
vampiri scrivono un libro, prima di essere maledetti dagli Hylden, in cui studiano come evocare un elementale di vita.
Quella creatura, insomma. Mi sembra lecito, del resto non avevano nulla da temere, purché controllassero la sua inaudita
potenza. Dopo la maledizione, ovviamente, sono costretti a rinchiudere il mostro proprio nel luogo dal quale tu l'hai
tirato fuori, nel laboratorio del Guardiano del Pilastro degli Stati. Chi meglio di un alchimista poteva sigillare un simile
potere? E ci troviamo proprio dinanzi a quell'elementale descritto nel libro sottratto a Lucius – libro che, casualmente,
viene fuori addirittura decine di secoli dopo esser stato scritto. Chissà dove è stato nascosto per tutto questo tempo, e
perché è saltato fuori solo ora...”
“Sempre che qualcuno non l'abbia tirato fuori per giocarci uno scherzetto molto pericoloso!”, arguì Bleed, sarcastico.
“Non è da escludere. Sono troppo vecchio per difendere certe teorie del complotto; molte dietrologie vengono costruite
ad arte per perorare qualsiasi tesi. Come incolpare i vampiri del malcostume, dell’incuria o della mala amministrazione dei
Sarafan; si cerca sempre una causa esterna ed occulta per giustificare le anomalie, anche quando si ha la soluzione sotto il
naso! Tuttavia, in questo caso, pensare di trovarci dinanzi ad eventi fortuiti mi sembra davvero un'ingenuità irragionevole”.
“Del resto, il libero arbitrio... è un'illusione”, aggiunse di nuovo Bleed.
Il Negromante annuì. Nonostante l'enorme potere in mano all'Alleanza, era ancora possibile correre più in là, di poco
oltre e poi ancora, ignorando l'attenzione vigile dei guardiani? Era ancora possibile mettere le mani tra i fili della storia,
sempre più intrecciati, mentre questi correvano veloci come le dita di un violinista durante un virtuosismo?
Riprese le forze, il duo avanzò verso le rovine del laboratorio del Guardiano degli Stati, dal quale, qualche tempo prima,
era fuoriuscito l'ultimo nemico sconfitto.
“Cosa ne sarà della cittadella?”, chiese il mietitore.
“I danni sono ben più superficiali di quel che immagini. La cittadella è enorme, molto più vasta di come appare da lungi,
di come si mostrerebbe dalle sponde del lago se non ci fosse la nebbia. Questa struttura è un'immensa torre di Babele,
costruita in verticale con una base ampia che si restringe via via, come una fiamma che s'innalza alla ricerca del cielo,
massiccia ed imponente per combattere terra ed acqua sulle quali poggia; un fuoco fatuo granitico e svettante, dal quale
osservare i cieli ed il mondo che soggiace alle sue altezze. Quale luogo migliore dal quale erigere i Pilastri, garanti
dell'equilibrio nell'intera Nosgoth?”
Il vampiro lasciò intendere che nulla sarebbe stato riparato, ed aggiunse che lo sfregio di quella battaglia sarebbe rimasto
come una piccola cicatrice, in memoria del tempo che passa anche per la leggenda degli antichi vampiri.
Del laboratorio non era rimasto quasi nulla. Il Negromante iniziò a spostare i detriti con la telecinesi, esitando quando
l'energia iniziava a svanire, e riprendendo immantinente con la massima concentrazione. Bleed lo osservava curioso,
seppure si sentisse un po' inadeguato alla situazione: aveva appena portato a termine un compito impossibile, eppure
non si sentiva ancora totalmente pago delle proprie azioni, né percepiva quella pienezza d'animo che soddisfa i vincitori
ad ogni meritato successo.
“Niente...”, sbottò il vampiro.
Il mietitore lo immaginava. Del resto, non aveva trovato nulla di particolare neppure lui, quando per primo varcò quella
soglia.
“Niente? Abbiamo liberato il mostro... per... niente?”
“Si va per tentativi, nel mondo della conoscenza. Spesso il mondo non appare esattamente come ce lo descrivono i libri,
la realtà è un'adaequatio rei et intellectus; spesso le nostre supposizioni non coincidono col mondo delle cose, pertanto
sono dette false. Ho tuttavia l'impressione che quest'indizio, seppure totalmente inutile alla mia ricerca sugli elementi, sia
in verità il più importante”.
Dopo qualche tempo, i due si avviarono verso il portale per tornare alla Cattedrale del Sangue. Del laboratorio alchemico
non erano rimaste che rovine, e tra ciò che restava ancora parzialmente integro nulla suggeriva deduzioni eccezionali: gli
alambicchi ed i flaconi erano andati distrutti, restavano numerose tavolette piene di rune che il Negromante aveva
osservato attentamente, passate in rassegna con una rapidità sconcertante, quasi sapesse cosa v'era inciso prima ancora
di esaminarle; lo faceva ansimando, ancora stremato dalla battaglia, nonostante il flacone di vitae, con tutte le energie
rivolte alla ricerca. Ma dalla sufficienza con la quale aveva archiviato i reperti, sbattendoli con violenza tra le pietre
attraverso la telecinesi, era chiara anche a Bleed la delusione del vampiro.
“Hai scoperto qualcosa? Gli altri hanno portato a termine le rispettive missioni?”
“Quando il primo fulmine del mio incantesimo ha colpito la creatura, tutti erano già tornati da tempo. Questo gioco inizia
a sembrare un enigma di discreta fattura, dovrei complimentarmi con l'artefice di tutto ciò. Forse non capirai esattamente
ciò che ti sto raccontando, ma desidero condividere con te queste informazioni…”
Il mietitore trattenne il fiato, mentre attraversò il portale e si ritrovò nel bel mezzo della sala del trono, nella Cattedrale
del Sangue. Il Negromante era già assiso, e si teneva il capo con la mano destra, poggiando il gomito sul teschio inciso
nella pietra. La cittadella era già lontana, mentre il portale si chiudeva definitivamente; sembrava di sentir squillare da
lungi le trombe che risuonano al termine di una battaglia, quando l’esercito, decimato e stanco, torna entro le mura del
villaggio per raccontare storie e piangere i morti.
“Xado e Death Mask (A sua immagine e somiglianza) dovevano entrare in un tempio dell'antico dio profano dei vampiri.
Risolti tre quesiti, avrebbero ricevuto un indizio poggiando la maschera di Death sul volto di un golem. C'era ovviamente
un trucco; io stesso avevo incantato quella maschera affinché, a contatto con la creatura, reagisse ricreando l'immagine
dell’essere che, secoli addietro, incantò Xynay. Per me è stato facile: quel golem era una sorta di indice, un registro del
censimento dei defunti, o qualcosa di simile. Esso conosce il volto di tutti i discendenti di Janos passati a miglior vita
attraverso la ruota del destino. Un giocattolo del mio predecessore vampiro. Era necessario comprendere la sua logica, ed
ecco il perché dei tre quesiti, per attivarne le potenzialità; una sorta di meccanismo di sicurezza. Mi avrebbe rivelato chi
ha forgiato Xynay; domanda ovvia, la risposta è Vorador. E invece, indizio primo, è comparsa l'immagine di Sheer. Eppure,
come ho avuto modo di ricontrollare, la maschera di Death è a posto, infatti ha ricevuto il potenziamento di riflesso
esattamente come avevo stabilito: appena ricevuta la risposta, la maschera è stata potenziata. Dubito che l'antico golem
possa sbagliarsi. Preferisco supporre che abbia giustamente raffigurato Sheer, oppure ha raffigurato qualche antichissimo
vampiro molto simile a lei, tanto che Death Mask e Xado l'hanno scambiata per mia figlia. Questo è il primo indizio”.
Il mietitore osservava il Negromante, perplesso. Tutto appariva molto più complicato del previsto; ciò era davvero
bizzarro. Quell’avventura era iniziata da un libro da sottrarre ai druidi, da un’innocente ricerca sugli elementi alchemici;
nell’arco di poco tempo e qualche missione svolta la prospettiva era totalmente cambiata.
“Perché pensi che si tratti davvero di una vampira? Che correlazione può esserci con la tua lama?”
“Devi sapere che Xynay è un involucro. Esattamente come la Mietitrice d’Anime. Vorador deve aver forgiato
esclusivamente l’involucro, proprio come per la lama di Kain. O forse neppure quello. Nell’involucro sarebbe entrata poi
un’anima, la quale si sarebbe manifestata in tutta la sua potenza solo dopo aver compiuto un qualche rito particolare, un
evento scatenante: proprio la decale durante le battaglie che ci avrebbero condotto a Kaldas l’illusionista, in seguito ai
tremori che atterrivano Nosgoth. Post hoc ergo propter hoc, dopo aver bagnato Xynay con la decale il potere elementale
della lama è stato assorbito definitivamente, rivelando l’anima all’interno della spada. Ecco perché da umano ero così
potente, dopo aver impugnato per la prima volta la mia Xynay: avevo una Mietitrice d’Anime in miniatura, fornita da
Vorador, e non potevo neppure lontanamente immaginare di quali vantaggi potessi disporre. Ma a chi appartiene l’anima
all’interno di Xynay? Non siamo ovviamente nelle condizioni di chiederglielo di persona, da dentro…”, ironizzò il
Negromante, “e non capisco come mai l’immagine del golem apparso a Xado e Death Mask fosse identico a Sheer. Che
sia la sua anima? Possibile, oppure potrebbe essere una somiglianza casuale; del resto, che ci fa l’anima di mia figlia nella
mia spada? Mia figlia è qui, ora, in questa Cattedrale. La percepisco. Non vedo correlazioni possibili… ma indagherò”.
“Che ne è stato degli altri? Asgarath e Shaar (L’ira del druido corrotto)? So che hanno affrontato un nemico temibile…”,
Bleed si faceva sempre più curioso, ormai inevitabilmente coinvolto da quella catena di deduzioni.
“Un altro imprevisto. Morlack ed i morlackim. Sono esperimenti falliti di turelim artificiali; opera mia. Ma perché il loro
capostipite è venuto fino alla cittadella per reclamare la sua vendetta? E come? Ho esaminato tutti i suoi diari, tutto ciò
che mi hanno portato i due membri dell’Alleanza impegnati nella missione. Anche qui, non ho trovato nulla. Morlack non
stava tramando contro di me… o almeno, non ancora. La soluzione gli è stata suggerita, forse qualcuno ha ben pensato di
scomodare l’Alleanza per fermare Morlack mentre io mi ritrovavo con uno sventurato mietitore a soccombere contro un
elementale della vita”.
“Un diversivo?”
“Qualcosa di simile. Probabilmente. Per sviare la mia attenzione. Ho estorto da Sniper, la sua aquila, le informazioni più
dettagliate. Incredibile quante cose si possano ricavare dall’iride di un pennuto, a patto di farlo soffrire lentamente,
durante gli incantesimi più atroci. Del resto, immagino che ormai sia cibo per gli sluagh, sempreché i vostri coinquilini
apprezzino le anime degli animali. Morlack si era limitato a creare un avamposto con la sua progenie, dal quale
terrorizzava le vacche dei villaggi circostanti. Mi doveva la vita, del resto, e benché in cuor suo volesse vendicare
un’esistenza di sofferenze, poteva anche dirsi graziato dalla mia magnanimità: non l’avevo ucciso quando era in mio
potere gettare il suo cadavere tra i rifiuti della storia”.
“Ebbene? Chi può aver inscenato tutto questo?”
“Frena la lingua, compagno non-morto. La curiosità torna utile solo una volta terminata l’analisi della ragione. Mai correre
troppo avanti. Restano Nyamelh e Phobos (Il fiore della conoscenza), i quali, avventuratisi nel cortile dell’antico
Guardiano del Pilastro della Natura, hanno interrogato una sequoia molto particolare. Questa, in tutta risposta, ha donato
loro proprio quello che mi serviva. Come sospettavo, la bellezza trascendente della natura, il sublime dell’essere, spesso
rivela molte più verità delle mie folli elucubrazioni. Al termine della loro missione, hanno ricevuto un fiore”.
“Un fiore? Non si tratterà di certo di un fiore qualsiasi, presumo…”
“Esatto. Dopo aver incantato il fiore con l’incantesimo di luce magica, sui suoi petali è possibile osservare delle piccole
rune vampiriche. Incredibile come le cose più umili e semplici non possano che rivelarsi inevitabilmente come le più
efficaci. I petali contengono gli indizi elementali che mi mancavano per risolvere l’intero dilemma, per sciogliere i garbugli
tirando un solo laccio. Su queste rune sono incise le conoscenze dimenticate che mi permetteranno di forgiare una nuova
Xynay, identica alla precedente, o forse ancora migliore. Con tanto di attivazione decaelementale, benché attualmente
non sia più possibile produrre la decale allo stato liquido. A quel punto tutto mi sarà chiaro: come è possibile creare una
lama-involucro e come è stata realizzata l’attivazione decaelementale di Xynay. Il lavoro mi chiama, dalle profondità degli
abissi, nella fucina del Negromante. Mi restano da recuperare diversi componenti, ma per l’Alleanza sarà un sublime
giuoco – per me un diletto, un desiderio, un capriccio”.
“Forgiare una seconda Xynay? Straordinario… saresti dunque capace di produrre un’arma potente quanto i doni vampirici
di millenni or sono? Ma non pensi forse che c’è una posta molto più alta, in gioco? L’anima della vampira, ad esempio:
non hai forse affermato di ignorare la sua identità? E riguardo agli oscuri intrighi che ci sovrastano, come puoi agire con
tanta serentià? Ci sono rischi…”
Il Negromante interruppe bruscamente il mietitore, sollevandolo da terra coi suoi poteri telecinetici.
“So quello che faccio”, gridò, “e grazie infinite per il tuo aiuto contro l’elementale. Sei stato molto più pronto e saggio di
un vecchio vampiro poco avveduto. Ora vattene! Il tempo reclama la mia nuova opera. Maestro, che si sollevi di nuovo il
sipario! Dove fuggono gli spettatori? Accorrete alle platee, ai palchi, in galleria e negli alti loggioni! L’ultimo atto sta per
cominciare!”
Il mietitore si risvegliò, frastornato, nel regno spettrale. Sollevò lo sguardo e vide dinanzi a sé gli imponenti Pilastri di
Nosgoth. Si trovava all’interno della Cattedrale dell’Anima, un tempo il santuario dei Clan abitato da Kain e dalla sua
progenie. Il vampiro esitò un istante, prima di riemergere dal regno delle ombre “il libero arbitrio… è un’illusione”,
sussurrò, mentre il mondo prendeva rapidamente forma attorno al suo corpo fisico.
SOUL
MISSIONE
- Hades, il fabbro fantomatico Vae
Paladino
LDR: 3
Un'altra delle ragioni per le quali è stato utile porre fine alla vita di Lucius il Prode, è stata la liberalizzazione del lavoro e
dell'opera di un'artista di indubbio valore. A Willendorf lo chiamano Hades, ed era il produttore personale di armi
magiche del loro beneamato paladino; nonostante le abilità innate nell'arte della spada, dell'ascia e nel martello che il
guerriero sarafan sapeva sfoggiare con una maestria impareggiabile, sono certo che gran parte delle sue capacità erano
dovute alle armi di ottima fa a ttura che impugnava. Fino ad allora, Hades non esisteva affatto – egli ne parlava di rado,
come di un grande artista all'apice della sua creatività, rinchiuso nella sua grande fucina di fuoco ed acciaio, intento a
creare l'arma che avrebbe definitivamente messo fine alla minaccia che noi costituiamo.
Una visione discretamente romanzata, oserei dire. Alla morte di Lucius, Hades ha iniziato a produrre armi su
commissione. Nessuno l'ha mai visto in volto, nè ha mai avuto con lui contatti diretti; le commissioni vengono
consegnate a Willendorf, con schizzi, bozzetti ed idee particolari ed un ammontare di denaro davvero regale, nelle mani
di speciali sarafan incappucciati, che si aggirano tra le botteghe dei fabbri della città.
Ho bisogno di Hades vivo per due ragioni: la prima è una mia curiosità artistica, la seconda una necessità per la nostra
missione. Ho esaminato la spada di Lucius, e devo ammettere che somiglia vagamente a qualche opera del giovane
Vorador, o più vagamente alle armi che produco io. C'è dell'arte vampirica, in quelle armi, ed un tocco discretamente
femminile nella cura dei dettagli e negli incantamenti più raffinati. Mi riesce davvero difficile pensare ad Hades come al
solito ometto barbuto con un grande martello impegnato a colpire ripetutamente sul ferro caldo. C'è anche della
bizzarria, della stravaganza, dell'estro... cose che le vacche umane non possono neppure concepire mentalmente; tanto
meno realizzarle in concreto.
La seconda ragione per la quale ho bisogno di Hades è il sidereo; un materiale particolare, una pietra preziosa che
assorbe i quattro elementi fondamentali: acqua, aria, terra e fuoco. Con un adeguato potenziamento – ma a questo
penserà Bleed – il sidereo diventerà in tutto e per tutto identico alla pietra sull'elsa di Xynay, forse la ragione
fondamentale dell'interazione tra decale e lama. Hades sa dove trovarne uno, poiché ne ha già fatto uso... potrebbe
addirittura averne degli esemplari nel suo laboratorio. Sai come cavargli la verità di bocca.
C'è una terza ragione, in realtà, per la quale ho bisogno di questo fantomatico Hades in vita. Grazie al suo aiuto,
volontario o meno – sai bene a cosa intendo – potrei finalmente apportare alla Fucina del Negromante degli
ammodernamenti operativi che desideravo da anni, nel nome e nel vincolo dell'Alleanza che ci lega.
MISSIONE
- L'ultimo unicorno alato Bleed
Cavaliere
LDR: 2
Ci fu un tempo in cui ad Uschteneim narravano di una pericolosa creatura alata, rifugiata nelle montagne a nord del
piccolo paese, che nel freddo dell'inverno si avventava con ferocia sulle sue vittime, divorandone le carni ed
abbeverandosi col loro sangue. Questo durò finché un giovane paladino Sarafan di nome Raziel raggiunse quella creatura
e strappò il suo cuore corrotto dal petto. Conosciamo bene la storia del grande e sventurato Janos Audron.
Passano i secoli e con essi le storie mutano in leggende, poi in miti, fino a sparire del tutto.
Oggi i bambini cadono nel sonno sulla storia di un'altra creatura alata: un unicorno bianco, che abita le foreste ad ovest
della città. Come la leggenda di Janos, ho l'impressione che anche questa abbia un fondamento di verità. Si tratterebbe di
una cavalcatura meravigliosa, bianca e luminosa come la luna, evanescente come una lucciola al tramonto.
Quando ho raccontato a Sheer dell'unicorno, confesso di aver provato un certo imbarazzo; anch'ella mi è sembrata
scettica, quasi a considerarmi pazzo. Ma come potrei essere oggi ancor più folle di quanto sono sempre stato, nella mia
lunghissima esistenza in questo mondo?
Ma forse potrebbe anche avere ragione. Potrei essere molto metaforico, o forse lo sono davvero, sono piombato nei
reami onirici della metafisica; del resto, cosa ci fa un unicorno alato in una foresta ad ovest di Uschteneim? Da quanto
tempo è lì? Dove si nasconde, da cosa e perché? E perché nessun umano né creatura immortale ne ha mai visto uno,
quando io so benissimo che esso esiste e dove si trova?
Forse i troppi secoli hanno alterato la mia percezione delle cose, eppure sento il bisogno del sangue di quella creatura,
che essa sia viva, morta o cos'altro. E se non esiste, fa in modo di porla in essere!
Non posso ricreare la mia spada senza un reagente magico così raro e prezioso; non potrei portare a termine la mia
missione e tutte le nostre fatiche sarebbero state vane. Le cose non sono sempre come appaiono, né come ci vengono
descritte dalle percezioni limitate e fallaci degli uomini e dalle storie più confuse che essi raccontano. Ricorda almeno
questo, e forse troverai una strada da seguire. Il primo indizio è la luna piena.
SOUL
MISSIONE
- Nella corte delle possibilità Asgarath
Adepto
LDR: 2
Lo studio del discorso e dello scambio di idee veicolato dalla parola mi ha lentamente indotto ad una profonda
riflessione sul rapporto tra segno linguistico ed oggetto, tra verbo e mondo. Non sapremo mai con certezza per cosa stia
realmente una parola, né possiamo rassegnarci ad una teoria referenziale ingenua del significato, poiché il significato di
un'espressione non è il suo oggetto, né esclusivamente il suo senso.
Sappiamo che il nostro linguaggio ha dei confini; tautologie e contraddizioni delimitano il nostro pensiero e le nostre
parole, poiché in nessun mondo linguistico qualcosa è e non è, mentre in tutti i mondi ogni cosa è identica a sé stessa,
poiché se qualcosa è qualcosa, lo sarà in qualsiasi formulazione possibile. Qui giace il limite del nostro mondo; in nessun
mondo possibile, infatti, possono darsi contraddizioni vere, mentre in tutti i mondi possibili le tautologie sono sempre
vere almeno quanto prive di informatività.
Ma non preoccuparti per le mie parole, quanto per il tuo prossimo obiettivo. C'è un piccolo feudo, una rocchetta, sulla
cima di una minuta collina che appare purpurea sul morire del giorno, a nord-ovest del mio villaggio natale. La troverai
senza incontrare difficoltà. Al suo interno sopravvive una setta di matematici, logici, filosofi ed astrologi convinti di poter
infrangere i limiti del mondo, di superare ogni contraddizione – in cui qualcosa può essere e non essere, in cui ciò che è
falso può esser vero e falso al contempo, e forse chissà cos'altro. Costoro sanno mentire dicendo la verità, i loro tranelli
hanno tenuto lontani persino i Sarafan. Non sono pericolosi, non sanno impugnare armi ed il loro unico strumento di
difesa è la parola. La tua non vita non correrà alcun rischio, ma la tua mente potrebbe cedere alle difficoltà alle quali verrà
sottoposta. Potresti pure trovarti a combattere te stesso, o forse il mondo intero, oltre i suoi limiti fisici e descrittivi, e non
uscire mai più da un labirinto che non c'è.
Non so davvero con precisione chi o che cosa dovrai fronteggiare, ma dovrai farlo per strappare loro una risposta ad una
domanda che mi assilla, e che potrebbe risolvere uno dei più grandi enigmi attorno a questa vicenda. Il quesito è: “è
possibile cambiare la storia, magari per vendetta, lasciando ogni evento invariato?”.
La storia ha orrore dei paradossi. Ma la mia spada ha fame di vendetta.
SOUL
MISSIONE
- Nell'ignoto che fu KainH
Paladino
LDR: 4,5
Come avrai certamente notato, l'impugnatura di Xynay presenta un teschio in cima all'elsa. Se è davvero mia intenzione
riforgiare la lama, dovrò trovare un teschio perfettamente identico.
Ho iniziato la ricerca molto tempo fa, scomodando intere biblioteche in giro per Nosgoth, camuffandomi all'occorrenza e
presentandomi sotto svariate forme. Non potevo delegare questo compito ad altri, avrebbe impegnato ben più tempo
del già oneroso periodo della mia ricerca. Ho persino pensato che non ce l'avrei mai fatta, che non avrei mai ritrovato un
oggetto identico a quello che impugno ora con la mano destra. Col tempo questo mio timore è mutato in convinzione,
ed infine in certezza: quello che cerco, semplicemente, non c'è.
Mi chiederai dunque fin dove possa spingersi ora il capriccio di un folle negromante. Il teschio di Xynay appartiene ad un
demone estinto millenni fa, nei tempi in cui i vampiri erano appena stati dannati dalla maledizione degli Hylden. Per
questo, semplicemente, nelle biblioteche non v'è traccia – nessuno ricorda un passato tanto remoto, tanto da non esser
più neppure conoscenza, né mito, né leggenda.
Dapprincipio ho pensato di rischiare. Perché no? In fondo muovo verso la soddisfazione di un mio desiderio. Poi è venuto
il tempo del dubbio: viaggiare a ritroso nel tempo, in un'epoca tanto remota ed ignota... non tanto per il rischio, invero
minimo, di cambiare la storia dal passato, quanto per quello di venire inghiottito, sedotto e distrutto da un rischio troppo
grande... preferisco non giocare a dadi con la storia.
La mia dipartita potrebbe costituire un grande dramma per l'intera Nosgoth, mentre la tua assenza sarebbe ben più
facilmente giustificabile dinanzi al tribunale dell'Alleanza e della storia. Non sei costretto ad accettare, non salveresti il
mondo neppure portando a termine l'obiettivo; tornato alla nostra epoca attraverso la camera cronoplastica, potrai al
massimo affermare d'aver soddisfatto un mio capriccio.
Il demone che dovrai trovare, una volta emerso nell'epoca designata, vive solitario in terre brulle e barbare; l'odio
genocida contro i vampiri tuttavia non aveva ancora raggiunto i suoi parossismi, in quell'epoca, quindi potrai avvalerti
dell'aiuto delle tribù umane, sempre che riuscirai a comunicare in qualche modo con loro. Nei secoli il linguaggio ha
subito innumerevoli cambiamenti.
Il nome del demone è Hash'a'Kar, ma temo che gli uomini gli abbiano attribuito un'altra denominazione. Sì, il demone è
un Hylden, scampato alla segregazione dei Pilastri. Suppongo che si sia impadronito del corpo di un vampiro per salvarsi,
e di averlo fatto definitivamente suo. Per questo il teschio della mia lama è un teschio di vampiro: l'ospite si è
impadronito del corpo di un nostro simile: uno tra i primi vampiri nati dannati, come Vorador!
Vorrei comunicarti altro sulla sua natura, sulle sue caratteristiche, sui suoi punti deboli e sul luogo dove si nasconde, ma
ignoro ogni cosa. Le fonti magiche mi garantiscono esclusivamente ciò: quel demone è stato sconfitto in circostanze
ignote da una potenza sconosciuta, proprio nel periodo in cui andrai ad incontrarlo. Non ti sto chiedendo altro che
rispettare il copione della storia, di recitare la tua parte già scritta nelle pagine del destino. Ma fai attenzione; il libero
arbitrio qui si concretizza in un rischio oggettivo – ciò che è stato nelle mie fonti, infatti, potrebbe cambiare a causa tua.
Non vorrei doverne affrontare le conseguenze...
ASGARATH - MISSIONE : NELLA CORTE DELLE POSSIBILITÀ
NELLA CORTE DELLE POSSIBILITA’Una figura incappucciata, vestita solo di un logoro mantello blu con delle rune ricamate sugli orli,
osservava assorta il paesaggio che si estendeva sotto i suoi occhi.
Si trovava in cima a una montagna, sferzata da un tiepido vento proveniente da occidente.
Il sole stava tramontando dietro le montagne che si stagliavano sull’orizzonte occidentale, e raggi
arancioni si spandevano per tutto il cielo, tingendolo di porpora e cremisi.
Sopra il druido la Luna, appena sorta, piena.
Alcune stelle iniziavano timidamente a palesarsi, ancora fioche e oscurate dalla luce morente del sole.
Il druido guardò la sua meta, sotto di lui: una costruzione simile ad un enorme teschio di pietra, dalle
orbite vitree e dalla bocca spalancata. Una cascata veniva vomitata da quelle fauci minacciose,
precipitando a valle. Torri dalle punte aguzze si ergevano tutt’intorno all’edificio, stagliando le loro forme
affilate e taglienti contro il cielo.
Asgarath osservò in basso, la valla sottostante.
La cittadina di Wasserbunde sorgeva ai piedi del lago formato dall’acqua della cascata, placida e avvolta
nella foschia, in quella serata di inizio estate. Gli abitanti non si vedevano, troppo lontani, troppo piccoli
per essere scorti da quell’altezza.
Però si vedevano le luci dei lampioni, delle case e delle locande, lampade ad olio e torce che venivano
accese per rischiare la notte e vegliare sul sonno degli Uomini.
Il druido guardò oltre, lasciandosi trascinare lo sguardo nella direzione in cui spirava il vento.
Vallate, foreste, laghi, fiumi e corsi d’acqua senza fine. Un’interminabile distesa verdeggiante fin dove il
suo sguardo poteva arrivare.
A sud, remote nella caligine della sera, nove colonne si stagliavano da un edificio a forma di cupola, in
cima ad un’altura, a malapena distinguibile nella distanza. Cinque, quella centrale e quattro laterali, si
ergevano fino a perdersi nel cielo, brillanti e lucenti, quasi come un ponte che lo unisse alla terra.
Le altre invece non si vedevano. Erano ancora piccole, grigie e smorte. Silenti e in attesa di essere
chiamate a servire il Mondo come le altre. Anche loro un giorno si sarebbero destate al richiamo del
bisogno e dei loro padroni. Anche loro un giorno sarebbero state vive. Ma a quanto pare, quel giorno era
ancora lontano.
Il druido ammirò quel paesaggio estasiato, pensando a quello che aveva reso possibile tutto ciò.
Kain. Raziel. L’allenza. Un salvatore dannato. Un angelo caduto.Uno un tiranno,l’altro un predatore
assetato di vendetta e di morte.Eppure,.entrambi erano riusciti a d andare oltre il velo della corruzione
che gli aveva avvelenato corpo e animo. Raziel aveva trovato il modo di perdonare il suo carnefice, e ciò
gli aveva permesso di purificarsi bevendo alla fonte della Verità della Forgia dello Spirito.
Poi il suo sacrificio. Anche Kain aveva visto il Vero, anche Kain aveva visto la vera causa di tutte le sue
sofferenze, tribolazioni, della dannazione della sua anima e della sua specie. Esisteva ancora l’Anziano?
Sicuramente sì. Non era ancora stato distrutto. Il Male ci sarebbe stato sempre, e almeno per quell’epoca,
era destinato a continuare ad esistere.
Se non altro, ora non aveva più il controllo assoluto del mondo come prima. Dopo il sacrificio di Raziel,
Kain era tornato nella sua epoca di provenienza. I pilastri erano risorti. In qualche modo, aveva trovato il
modo di ripristinarne il potere. E poi essi avevano iniziato a chiamare nuovi guardiani: dapprima Soul e
Respen, destati dal sonno vampirico in cui erano caduti. Due individui diametralmente opposti di due ere
completamente diverse, eppure, stranamente complementari l’uno all’altro. Poi era toccato ad Omega, e
infine ad Altar.
E Kain? Dov’era? Sparito. Perso nei meandri del tempo e della storia.
Soul aveva trovato la sua mietitrice in mano ad un Turelim ad Avernus, agli inizi della sua carriera di
Guardiano. Era riuscito a strappargliela e ora era il suo custode. Così come Respen custodiva i Pilastri. Ma
dov’era Kain? Che fine aveva fatto? E perché la sua spada era finita in mano ai Corrotti? Domande che
spesso attanagliavano la mente del druido.
Spesso si chiedeva perché l’Alleanza non organizzasse una ricerca nei confronti del perduto Signore di
Nosgoth.
Scosse la testa.
Non l’avrebbe saputo certo quella serata.
Riprese il viaggio, scendendo verso la Cattedrale del Sangue.
Respen non era stato molto chiaro a proposito.
Aveva solo detto che Soul aveva nuovamente bisogno del suo aiuto per finire ciò che lui e Shaar, Xado,
Death Mask, Nyamelh, Bleed e Phobos avevano iniziato nella Cittadella dei Vampiri.
Soul voleva svelare i misteri legati alla sua leggendaria spada Xynay. Impregnata di 10 elementi,
affamata del sangue delle vittime come la mietitrice, e capace di tagliare ogni materiale come burro,
dopo la Mietitrice stessa era la più potente arma di tutta Nosgoth.
Egli voleva capire era stata creata e come aveva fatto Vorador a trasmetterle un simile potere. Pensava
che il libro magico sottratto ai Sarafan e i segreti della Cittadella dei Vampiri potessero aiutarlo in merito,
ma a quanto pare, quelle ricerche erano state infruttuose.
Ora il Negromante, alla luce dei fatti, aveva deciso di cambiare tattica. Quale modo migliore di
comprendere come funziona un oggetto e come èstato costruito, se non quello di ricostruirlo? E così, ecco
che voleva: forgiare un’altra Xynay con le stesse caratteristiche dell’originale. Forse ciò avrebbe sciolto il
dilemma della spada.
Il druido non sapeva esattamente che genere di aiuto volesse il Negromante da parte sua. Aveva ancora
vivo il ricordo dell’estenuante lotta condotta contro i Morlackim, e non era molto piacevole.
Ma sapeva che a Soul non si poteva dire di No.
Così Asgarath raggiunse un promontorio roccioso, saltò giù da una rupe e si lansciò cadere verso la
Cattedrale dei Vampiri, planando nell’aria col suo mantello.
Presto avrebbe saputo ciò che gli si chiedeva…
[QUOTE]Asgarath
Adepto
LDR: 2
Lo studio del discorso e dello scambio di idee veicolato dalla parola mi ha lentamente indotto ad una
profonda riflessione sul rapporto tra segno linguistico ed oggetto, tra verbo e mondo. Non sapremo mai
con certezza per cosa stia realmente una parola, né possiamo rassegnarci ad una teoria referenziale
ingenua del significato, poiché il significato di un'espressione non è il suo oggetto, né esclusivamente il
suo senso.
Sappiamo che il nostro linguaggio ha dei confini; tautologie e contraddizioni delimitano il nostro pensiero
e le nostre parole, poiché in nessun mondo linguistico qualcosa è e non è, mentre in tutti i mondi ogni
cosa è identica a sé stessa, poiché se qualcosa è qualcosa, lo sarà in qualsiasi formulazione possibile. Qui
giace il limite del nostro mondo; in nessun mondo possibile, infatti, possono darsi contraddizioni vere,
mentre in tutti i mondi possibili le tautologie sono sempre vere almeno quanto prive di informatività.
Ma non preoccuparti per le mie parole, quanto per il tuo prossimo obiettivo. C'è un piccolo feudo, una
rocchetta, sulla cima di una minuta collina che appare purpurea sul morire del giorno, a nord-ovest del
mio villaggio natale. La troverai senza incontrare difficoltà. Al suo interno sopravvive una setta di
matematici, logici, filosofi ed astrologi convinti di poter infrangere i limiti del mondo, di superare ogni
contraddizione – in cui qualcosa può essere e non essere, in cui ciò che è falso può esser vero e falso al
contempo, e forse chissà cos'altro. Costoro sanno mentire dicendo la verità, i loro tranelli hanno tenuto
lontani persino i Sarafan. Non sono pericolosi, non sanno impugnare armi ed il loro unico strumento di
difesa è la parola. La tua non vita non correrà alcun rischio, ma la tua mente potrebbe cedere alle
difficoltà alle quali verrà sottoposta. Potresti pure trovarti a combattere te stesso, o forse il mondo intero,
oltre i suoi limiti fisici e descrittivi, e non uscire mai più da un labirinto che non c'è.
Non so davvero con precisione chi o che cosa dovrai fronteggiare, ma dovrai farlo per strappare loro una
risposta ad una domanda che mi assilla, e che potrebbe risolvere uno dei più grandi enigmi attorno a
questa vicenda. Il quesito è: “è possibile cambiare la storia, magari per vendetta, lasciando ogni evento
invariato?”.
La storia ha orrore dei paradossi. Ma la mia spada ha fame di vendetta.[/QUOTE]
Per un momento, pensai che il Negromante fosse un po’ ammattito. Le sue richieste erano estremamente
bizzarre, molto più delle ultime. Che cosa aveva in mente? Fare un viaggio indietro nel tempo per
vendicarsi di qualche screzio? Ma contro chi? Chi aveva intenzione di uccidere, e perché?
Rimasi perplesso, indeciso se accettare la missione o meno, ancora stupito dalle sue parole..
Temevo che, se avessi trovato una risposta a tal domanda, la usasse a fin di male, o che il suo agire
avesse conseguenze impreviste. Ovviamente, non glielo dissi. Non potevo certo palesargli i miei dubbi.
Non si poteva discutere a cuor leggero le sue disposizioni, soprattutto di fronte agli altri mietitori e
vampiri.
In fondo, Soul non era un Guardiano Corrotto,il suo pilastro era puro… O almeno così sembrava dalla
cima della montagna. Quindi non avrebbe mai messo a repentaglio l’Equilibrio o la storia di Nosgoth per
la sua ambizione o per un capriccio… Questo pensiero, e il timore di uno scatto d’ira del Negromante,
furono più che sufficienti a convincermi ad accettare.
In fondo,mi era andata meglio degli altri: Bleed doveva andare alla ricerca di un unicorno – Un unicorno?
Ma esistevano???? – per prenderne il sangue. Senzacuore doveva viaggiare indietro nel tempo per
recuperare il teschio di un demone da usare per l’elsa della spada, viaggiando a ritroso nel tempo fino
all’epoca della creazione dei Pilastri e della Maledizione degli Hylden.
Vae doveva “prelevare” il fabbro più abile di tutta Nosgoth per la forgiatura.
Erano tutti incarichi molto difficili. E quello dell’unicorno era davvero il peggiore! Guardai Bleed con un
moto di comprensione. Non lo invidiavo affatto.
Perlomeno, io non dovevo uccidere o maltrattare o rapire nessuno stavolta. Rischiavo solo di impazzire.
Benissimo.
Era una sfida che avrei accettato volentieri.
Annuì.
– Molto bene, Negromante. Proverò a fargli parlare. Partirò subito. – risposi, con un inchino.
Soul mi guardò dal trono con un’espressione severa, limitandosi ad annuire, poi, come se non mi avesse
nemmeno visto, passò a Shaar Naik e agli altri, dando loro altri incarichi.
Non stetti a sentire il resto.
Salutai tutti quanti con un cenno e mi proiettai nel Regno Spettrale. E partii.
Giunto alle soglie della cattedrale, ripresi materia da un portale per soffermarmi a riflettere.
Soul era natio di un villaggio vicino a Meridian. Conoscevo sia il nome che l’ubicazione di tale luogo.
Mi chiesi però se un posto simile esisteva ancora. Erano passati millenni dalla nascita del Negromante e
dalla sua vita come umano. In fondo, io e lui eravamo quasi contemporanei.
Soul visse poco prima della corruzione dei Pilastri, ai tempi della morte di William, io durante la
decadenza di Nosgoth.
Non pensavo che il villaggio di Soul fosse più in piedi del mio. Sicuramente erano andati distrutti con il
crollo dei Pilastri… Ma forse negli ultimi millenni erano stati riedificati, chissà.
Beh, non avevo molte alternative: sarei andato là e avrei visto di persona, chi o cosa esisteva in
quest’epoca.
Uscii dalla cattedrale che era ormai buio, una fresca notte di giugno. Mi lasciai alle spalle l’odore di
sangue e morte del covo dei vampiri e mi addentrai in un bosco, inspirando con riconoscenza i profumi
dei fiori, degli alberi e dell’erba.
Tuttavia, sentivo di non essere solo.
Avevo la sensazione di essere seguito.
Mi voltai un paio di volte a guardare, ma non vidi nessuno.
Proseguii, più cautamente. Non avevo quella sensazione prima di entrare nella Cattedrale. Quindi, a
quanto pare, era uno dei vampiri di Soul a pedinarmi. Ma chi? E perché? Che cosa voleva da me?
Feci ancora qualche miglio, guardandomi alle spalle sempre più spesso.. La sensazione aumentava…E
avvertivo anche un certo senso di familiarità.
Poi udii un rumore: squittii di pipistrelli.
Guardai in cielo e vidi un nugolo di tali creature oscurare il cielo e superarmi.
I pipistrelli si diressero volarono di fronte a me per un centinaio di metri, poi scesero nel bosco.
E finalmente compresi l’identità di colei che mi stava venendo dietro.
Ero lieto di risentirla dopo tanto tempo…Ma che cosa voleva da me, stavolta?
Corsi verso il luogo in cui lo stormo era penetrato nel bosco e attesi.
Udii una risata e una voce estremamente familiare.
– Molto bene, Shaar Naik. Il gioco è durato a sufficienza. Che vuoi?
Sentii la vampira ridere di nuovo, Poi vidi un manto di nebbia uscire improvvisamente dagli arbusti della
foresta, prendendo forma umanoide dinnanzi a me.
– Ti stai divertendo? –chiesi, perplesso da quel comportamento.
– Ciao, omino blu. Sei di fretta? Scommetto che non riuscivi a starmi dietro.
– Mi hai inseguito solo per rendermi lo scherzo che ti feci sulla strada di Siegthar? – domandai perplesso.
– Semplicemente la trovavo una belle entrata in scena. – La vampira sfoderò un Hydra e si mise a
giocherellarci, roteandolo con una mano.
La lama era sospesa a mezz’aria, sopra il suo palmo, avvolta in un campo telecinetico.
– Ma ho un motivo molto importante che mi ha costretta ad avvicinarmi al tuo corpo bluastro. – rispose,
facendosi seria. Fissò il pugnale, poi lo mise via..
– Sarebbe?
– Ho un favore da chiederti.
– Un favore? Da quanto in qua chiedi favori alla gente? Di solito ciò che vuoi te lo prendi da sola.
– Già, ma per questo ho bisogno del tuo aiuto.
La fissai dubbioso.
– Perché proprio il mio?
– Ho sentito dove sei diretto. E avrei anche io qualcosa da chiedere a quella setta. Pensavo che forse
potresti presentargli anche la mia richiesta, ottenuta la risposta che cerca Soul.
Incrociai le braccia, diffidente. Che intenzioni aveva Shaar?
– Da quanto in qua ti interessano pensatori e sofisti, vampira? Nulla di buono, penso. Che cosa vorresti da
loro? Un manuale per schiavizzare gli umani o per berne il sangue più in fretta?
Stranamente, Shaar non rimbeccò. Invece abbassò il suo sguardo si scurì, e assunse un’aria
meditabonda.
– Ecco,mi chiedevo se tu potevi portar loro un libro che ho preso tempo fa come omaggio in cambio di un
loro trattamento su questa(NDR missione con Nyamelh, ancora in scrittura). C’è dentro il mio sangue.
Mi porse una provetta di vetro piena di un liquido rosso scuro.
La presi delicatamente in mano, osservandola stupito.
– Non so nemmeno se riuscirò nell’impresa. E poi perché dovrei farlo? Non sono dei maghi, sono dei
pensatori. Che cosa vorresti da loro?
Arrivò il silenzio. Shaar era titubante, probabilmente non sapeva se rispondermi o no. Poi, si avvicinò un
poco al mio orecchio, e me lo disse.
– COSA? – esclamai, al colmo dello stupore. Strillai così forte che alcuni gufi volarono via dallo
spavento,emettendo i loro cupi richiami.
La guardai sbalordito, come se la vedessi per la prima volta. E in un certo senso, era così. Quella era la
cosa più assurda che qualcuno mi avesse mai chiesto!
– Per me è importante, Asgarath. E so che capisci anche il perché. Ormai mi conosci.
–Hmmm… Sarebbe più facile convincere una mucca a volare o un melchaihim a studiare architettura, che
non fare quello che te chiedi. Non so se potrò aiutarti. Non so nemmeno se loro potranno aiutarti! Ti rendi
conto che stai forzando una cosa vecchia quanto la tua stessa specie?
– Dalle parole di Soul, quei tipi sembrano capaci di rendere possibile ciò che sembra impossibile. Forse
riusciranno anche in questo. In fondo cosa ti costa? Non ti sto chiedendo nulla di proibitivo. E non devi
uccidere nessuno..
La guardai sconvolto, senza sapere più cosa replicare.
– E va bene. Lo farò, anche se non ti garantisco che funzionerà. E se funzionerà, mi sarai debitrice per
molto tempo… Ma tanto ormai, ti vedo così spesso che inizio a pensare che io e te abbiamo il destino
accomunato come Kain e Raziel. Forse è davvero nel tuo Destino ciò che mi chiedi. Spero solo di non far
la fine del mio progenitore per questo...
– Grazie.- per una volta, era davvero grata.
Detto ciò, la vampira mi consegnò la fiala e il libro di cui mi aveva accennato.
Guardai la provetta al chiaro di luna, accigliato, poi la reinfilai nel suo sacchetto. Era un piccolo
contenitore imbottito di ovatta e bambagia, preparato apposta per evitare che la fiala si rompesse per urti
e cadute. Dovevo ammettere che Shaar era sempre piuttosto ingegnosa.
Nascosi il sacco al sicuro, nella tasca più profonda del mio mantello.
A quel punto la vampira mi porse il manoscritto, sfilandolo da una borsa. Era un tomo molto antico, ricco
di conoscenze e di insegnamenti sulle nozioni più disparate. Era scritto per lo più nella lingua degli
Uomini. Alcune pagine avevano iscrizioni e illustrazioni con didascalie scritte nelle rune dei Vampiri, altre
con caratteri sconosciuti. La copertina era di cuoio nero. Il titolo in una lingua morta indecifrabile, le
pagine erano di pergamena, logore e ingiallite. Non sembrava contenere incantesimi o formule magiche
pericolose, sembrava più un qualcosa di descrittivo. Un libro di storia antica, o qualcosa del genere.
Riconobbi molte delle immagini: erano raffigurazioni di alcuni affreschi della Cittadella dei Vampiri.
– Dove hai preso questo?
– Alla cattedrale di Ziegsturl, dai sarafan. È una storia lunga.
– Forse dovresti raccontarmela. Non so cosa ci sia scritto qua dentro, ma non mi sembra il caso di farlo
cadere in mano agli uomini. Forse questo tomo starebbe meglio nelle biblioteche dell’Alleanza.
– Oh, andiamo! Stando a quanto dice Soul, quella setta è innocua. Non lo userà a fin di male, e nemmeno
a fin di bene. Sono degli eremiti, no?.
– Mmm… Non ne sono ancora convinto. Come l’hai trovato?
– Te la racconterò al tuo ritorno… Sempre se ritornerai. – fece una risatina – Grazie ancora, Asgarath.
Buona fortuna. Non lo dimenticherò. Ora devo andare!
– Già, abbiamo dei compiti da svolgere, e anche il tuo è assai gravoso. – borbottai, ancora scosso dalla
folle richiesta.
– Sempre SE lo vorrò svolgere. Ricorda che non sto nell’Alleanza per idealismo,come voialtri!
La vampira rise, poi mi guardò un’ultima volta, grata e preoccupata al tempo stesso,e prima che potessi
replicare o renderle il manoscritto, ridivenne nebbia e se andò via, scomparendo nelle profondità buie
della foresta, lasciandomi solo con i due oggetti e mille domande dentro la testa.RE
1 La rocca
Il viaggio verso la rocca fu estenuante, e durò quattro giorni. Ci avrei messo metà del tempo, se avessi
direttamente viaggiato nel Regno Spettrale. E quella era proprio la mia intenzione iniziale. Sia per il
tempo che avrei guadagnato, e sia per il fatto che avrei voluto essere al top delle forze per fronteggiare
lo scontro intellettuale che mi attendeva.
Ma a causa degli oggetti che mi aveva rifilato Shaar, non potei attuare un simile progetto.
Se fossi trasmigrato di piano, la fiala e il libro si sarebbero ritrovati a mezz’aria, fuori dal mio corpo fisico
disgregato. Sarebbero caduti a terra, e la fiala avrebbe rischiato di rompersi. Non era esattamente quello
che avevo in mente. Anche se più di una volta la frustrazione mi portò a pensarei di gettare la fiala e di
portarmi solo il tomo, non ero tipo da infrangere una promessa data. Così sopportai quel noioso fardello.
E così il viaggio lo dovetti intraprendere nel Regno Materiale. E anche se lo trovavo decisamente più
accogliente e suggestivo del regno dei morti, spesso, ogni circa sei ore, ero costretto a fermarmi,
prendere il libro e la fiala, nasconderli in un fagotto e metterlo sotto un masso, dentro un tronco o in
qualche anfratto, passare al regno delle ombre, sfamarmi in fretta (evitando sluagh e arconti e altri esseri
poco raccomandabili), trovare un portale e riprenderli prima che qualche animale o qualche
malintenzionato mandasse tutto all’aria.
Non fu facile.
Non mi potei concedere molto riposo. Se mi fossi assopito mi sarei risvegliato nello Spectral… E avrei
perso i bagagli, correndo inutili rischi. E dovetti anche evitare più di una volta di entrare in centri abitati,
di dare nell’occhio o di scontrarmi contro briganti, vagabondi o eventuali Sarafan o cacciatori di vampiri di
ronda nei boschi… Senza contare i Corrotti.
Ma perché doveva sempre essere tutto così difficile?
Andò tutto bene per i primi due giorni.
Il terzo giorno, ormai mi trovavo in zona: ero giunto oltre Ziegsturl, nella regione sudoccidentale di
Nosgoth, sulla strada di Meridian. Oltrepassai Provance e continuai a sud, diretto verso la mia meta
Sfortunatamente, quella notte, mentre transitavo in un bosco di pini abbellito da margherite e orchidee,
incontrai qualcosa di disgustoso: all’improvviso i fiori e i germogli sparirono, lasciando il posto a una
radura di alberi scheletrici piena di ossa e di corpi in decomposizione. Erano sia di uomini che di animali.
Gli osservai, incuriosito e disgustato, e mi accorsi che la maggior parte era morta dissanguata, con dei
segni familiari nel collo… o sventrata da enormi artigli.
– Corrotti?
Non terminai la domanda che qualcosa di urticante, viscido e appiccicoso mi cadde addosso dall’alto,
imbrigliandomi da testa a piedi.
Prima che potessi reagire, venni tirato su verso le fronde degli alberi e mi ritrovai ad esser pescato da un
laccio di seta appiccicato alla schiena, vittima inconsapevole di due zephonim che si erano stabiliti lì.
– Oh, ma guarda… un viandante… Ti zei perzo, povero umano? – ghignò uno di loro, tenendo la fune di
seta fra gli artigli.
– Non sono un viandante, idioti. Lasciatemi subito andare o…
– Non zembra che tu zia nella condizione migliore di darci ordini…Umano…– replicò l’altro.
Prima che riuscissi a muovermi, il secondo vampiro mi fu addosso, mi afferrò alle spalle, e cercò mi
mordermi al collo… Non ci riuscì: un’onda d’urto lo prese in pieno, sbalzandolo lontano. Lo zephonim
cadde in uno degli alberi vicini, precipitando fra le fronde e fu solo con un riflesso felino che riuscì ad
aggrapparsi ad un ramo all’ultimo momento.
Mentre risaliva tutto frastornato, l’altro mi guardò spaventato, e indietreggiò di parecchi passi.
Avanzai verso di lui, minaccioso, liberandomi degli ultimi rimasugli della tela, distrutta dal Glifo di Forza.
– Tu… Tu non zei un umano… Tu zei…
Non poté terminare la frase: una lingua di fuoco azzurra gli piovve addosso dalle mie mani, riducendolo
all’impotenza in pochi attimi. Questo, più il colpo che gli assestai con la Mietitrice di Fuoco lo ridusse
rapidamente in cenere.
Prima che il suo corpo crollasse, conficcai la lama in profondità dentro di lui, assorbendone l’anima.
Sentii uno schiocco alle mie spalle. Mi voltai appena in tempo, e vidi l’alttro zephonim in cima d un
platano vicino.
Il vampiro balzò nella mia direzione colmo d’ira per la morte dell’amico.
Non riuscì a raggiungermi: venne colpito in aria dal fuoco magico, e cadde nel ramo vicino al mio,
contorcendosi fra immani dolori. Lo afferrai per la gola e lo tempestai di colpi con la mietitrice. Eccitata
dal combattimento, la lama all’improvviso avvampò. Il vampiro venne ulteriormente ustionato e finì col
prendere fuoco. Lo lasciai andare, guardando i suoi occhi morenti.
– In altre circostanze mi sarei fermato a giocare… Ma non stavolta. Addio…
Divorai la sua anima, recuperando appieno le mie forze.
Poi finì di pulirmi dalla seta, e controllai se il libro e la fiala fossero ancora integri.
Ero fortunato: il tomo non aveva subito alcun danno e la fiala sembrava ancora intatta. Anche il liquido al
suo interno era normale: denso, rosso, scuro e turgido, proprio come me l’aveva dato la vampira.
Emisi un sospiro di sollievo e ripresi la strada.
Raggiunsi il villaggio più vicino all’alba, senza altri contrattempi. Non sapevo se fosse quello giusto: il
paesaggio circostante era piuttosto arido e brullo: enormi montagne svettavano a occidente, stagliandosi
contro la luce del sole nascente. Tutto era coperto da vaste colline ricche di brughiere, pascoli e campi
arati.Un vento salmastro proveniente dall’oceano spirava da sud, mescolandosi al’odore dell’erba e della
maggese.
– Forse sono giunto a destinazione… – sospirai, spossato dal viaggio.
Ero stufo di girare a vuoto. Al diavolo la precauzione.
Mi piazzai su una mulattiera, seguendo la strada diretta al centro abitato.
Ma in quel momento sentii il rumore di un calesse: un contadino si stava dirigendo verso il villaggio,
recandosi al mercato del paese ad acquistare alcuni attrezzi per la sua fattoria.
Colsi subito l’occasione, nascondendomi dietro un arbusto di rovi. Mi stracciai un po’ il mantello e me lo
sporcai di fango, polvere e terra.
Mi sistemai bene il cappuccio, nascosi gli artigli dentro le maniche e mi accertai di aver il viso nell’ombra,
poi uscii dai rovi, tenendomi il sole alle spalle.
Gli feci cenno di fermarsi.
L’uomo rallentò e mi guardò diffidente, perplesso dal mio aspetto logoro e trasandato.
– Posso far qualcosa per lei?
– Forse.
L’uomo si passò una mano su un mento, soppesandomi con lo sguardo per alcuni minuti.
– Hmmm… è molto malridotto. Che cosa le è successo?
– Lebbra. – bofonchiai.
L’uomo si ritrasse istintivamente. Afferrò le redini e spronò i cavalli al galoppo per allontanarsi. Ma prima
che ci riuscisse, mi piazzai di fronte al carro, proprio davanti alla sua traiettoria.
Colto dall’orrore e dallo spavento, il contadino fermò subito gli animali tirando le redini, e le bestie si
arrestarono col muso a pochi metri dal mio corpo.
– E’ pazzo? Vuole farsi mettere sotto! Mi lasci in pace, appestato! – gridò furioso.
Esitai, continuando a fissarlo con l’espressione più penosa che riuscissi a fare
– Ma insomma, cosa vuole?? – strillo l’uomo, esasperato.
– La prego, non se ne vada. Non si arrabbi. Non le starò vicino e non la toccherò. Per favore mi aiuti! – gli
dissi, con voce supplicante.
– Si allontani subito da me!
Obbedii. Mi scostai lungo il ciglio della carreggiata, mettendo quanta più distanza possibile fra me e lui,
fino a quando l’uomo non si sentì più al sicuro.
Il contadino allontanò il carro quanto più possibile, poi, sentendosi finalmente in salvo, si fermò.
– Per sua fortuna sono credente e praticante, quindi non rifiuterò di aiutare un bisognoso, se posso farlo.
Ora, che cosa vuole? – chiese, ancora un po’impaurito.
– Ho sentito dire che da queste parti c’è un villaggio vicino al quale si erge un pinnacolo roccioso. So che
in cima c’è una specie di monastero o di fortino, e che è abitato da un gruppo di uomini esperti in ogni
campo dello scibile. Vede, io una volta ero di ricca famiglia e vivevo abbastanza nell’agio, ma poi
contraetti questa terribile afflizione e in breve persi tutto e tutti. Cercai disperatamente una cura fra tutti i
migliori medici di Meridian, ma nessuno mi ha saputo aiutare! Così divenni un reietto e un vagabondo.
Una settimana fa, alcuni zingari mi offrirono il loro desco e uno di loro mi raccontò di quei monaci… Allora
decisi di recarmi da loro per chiedergli se magari potessero far qualcosa per guarire o anche solo alleviare
la mia sofferenza… La prego, mi aiuti! Ne ha sentito parlare per caso?
L’uomo mi guardò dispiaciuto, conservando comunque una notevole diffidenza e paura.
– Se glielo dico, mi giura che sparirà subito dalla mia vista?
– Ha la mia parola! Che possa schiattare seduta stante!
– Molto bene. Coloro che sta cercando non sono qua. Sono nel villaggio vicino a questo. Segua questa
strada fino a un bivio e proceda a ovest. Se è fortunato, arriverà entro l’imbrunire. Ma stia attento. Tutti
coloro che entrano là dentro non fan ritorno. E coloro che fan ritorno, nella maggior parte dei casi
perdono la ragione. Son stati in pochi a uscirne con qualcosa in mano, o con la soluzione ai loro problemi.
Però è vero. Sembra che siano capaci di far qualunque cosa, anche se non so come ci riescano. È sicuro
di voler tentare?
– Non ho alternative, amico. Comunque, grazie. Non si preoccupi per me. Addio…
– Addio. Buona fortuna.
L’Uomo spronò i cavalli e si allontanò di gran lena.
Lo seguii con lo sguardo, poi ripresi a camminare.
Seguii la strada da lui indicatami, pensando a quanto fosse cambiato quel luogo negli ultimi millenni.
Decisamente, il Negromante avrebbe dovuto farci una visita, prima o poi. In fondo non era comunque
casa sua? A meno che… Anche lui come me, avesse tristi ricordi legati al suo luogo natio.
In effetti, anche io avevo avuto più di un’occasione per ritornare alle terre che videro la mia vita passata.
Conoscevo molto bene l’ubicazione del mio villaggio natale. Mi ripromettevo sempre di ritornarci, per
vedere se esisteva ancora, se i demoni, gli Hylden e l’impero di Kain e la rinascita del mondo dopo
l’Apocalisse avessero lasciato qualcosa.
Sapevo che non era possibile.Dopo tanti millenni, perfino lo splendido castello del Duca sarebbe stato
polvere…Ma forse era stato ricostruito o riedificato. Chissà se ci viveva ancora qualcuno…
Durante il viaggio, giurai a me stesso che prima o poi, avrei soddisfatto la mia curiosità.Chissà. forse i
fantasmi dei miei cari erano ancora lì… Se non erano diventati cibo per sluagh o arconti. Un eventualità
estremamente remota. Ma prima o poi, l’avrei verificata.
Questi furono i miei pensieri durante il viaggio.
Per tutto il tempo mi tenni lungo la strada, nascondendomi nei boschi adiacenti quando passava
qualcuno. Controllai il mio bagaglio diverse volte, per sincerarmi che fosse intatto.
Verso mezzogiorno, raggiunsi il bivio. Faceva molto caldo, ed ero sfinito e spossato.
Sentivo il mio corpo disfacersi. Fui costretto ad andare a sfamarmi.
Mi addentrai nel bosco e scavai una buca profonda dieci centimetri. Vi nascosi libro e sangue e li ricoprii.
Andai nel regno spettrale e mi sfamai con le anime degli animali morti in quel bosco. Divorai almeno una
decinda di fantasmi, fra spiriti di rapaci, di erbivori, cervi e roditori. Divorai anche un intero branco di
sluagh, tanto per andare sul sicuro. Una volta ritemprato, cercai un portale.
Ne vidi uno vicino al bivio.
Ripresi materia.
Fui fortunato: l’unica cosa presente in quel momento era un cane randagio. L’animale mi ringhiò contro,
spaventato dal mio brusco apparire.
Un debole proiettile cinetico lo convinse a fuggire via.
Tornai al nascondiglio, recuperai gli oggetti e mi rimisi in viaggio.
Fu un viaggio che durò tutto il giorno e che fu molto faticoso.
La giornata era umida e afosa, e presagiva l’arrivo di un’estate precoce.
Quell’anno avrebbe fatto molto caldo… Forse ci sarebbero state anche delle siccità. Sperai che il mio
benefattore non perdesse il raccolto a causa di questo.
Al tramonto giunsi finalmente a destinazione, stremato e spossato.
Il cielo era coperto da nubi e una cappa di nebbia e umido ristagnava ovunque, confondendo i sensi e
ottenebrando la vista.
Ero in cima ad una collina, vicino ad un piccolo lago pieno di pesci. Lo alimentava un ruscello, e un bosco
di salici lo circondava completamente.
Mi tolsi il fagotto con il libro e il sangue e mi tuffai subito per andare a pesca, saziandomi dell’anima delle
piccole creature acquatiche che afferravo con gli artigli, rinfrescandomi in quelle fresche e dolci acque.
Poi recuperai il mio fardello, mi sedetti ad asciugare davanti a un tronco e guardai la vallata sottostante…
e sgranai gli occhi.
Il villaggio natale di Soul – o per lo meno, quello che era stato costruito sulle sue rovine – si estendeva
fino al limitare delle montagne ormai vicine.
– Santo cielo…Non è un villaggio… E’ una piccola città! Come fa ad essere così prospera? Come ha fatto ad
ingrandirsi tanto?
Mentre me lo domandavo, osservai il sole immergersi dietro i crinali dei monti d’occidente, velato dalle
nubi.
Vidi una collina, a nord, assumere improvvisamente un colore purpureo sotto i caldi raggi dorati.
Non riuscii a vederne nitidamente la cima, ma mi sembrò di intravedervi qualcosa… Una bizzarra
costruzione.
Finalmente avevo trovato la mia meta.
Attesi il buio, nascondendomi in cima da un salice, vicino al lago e lontano da occhi indiscreti.
Nessuno venne a disturbarmi.
La notte scese, acre e soffocante di umidità, sulla terra. L’acqua divenne improvvisamente torbida per i
detriti portati nel lago dal ruscello, forse frutto di uno smottamento a monte. Arrivarono anche corpi di
animali ormai putrefatti e tronchi d’albero.
Odore di marcio e di palude impregnò lo specchio d’acqua, spargendosi dall’immissario.
Mi allontanai in un luogo più confortevole, dove il puzzo non era ancora giunto e l’acqua era ancora
limpida.
Sentii trillare di grilli e gracidii di rane. La danza della vita e della morte continuava sempre, anche di
notte, e nuovi attori davano il cambio a quelli che si ritiravano nelle loro tane in preda ai loro sonni
inquieti.
Due ore dopo il tramonto,dopo essermi sfamato con l’anima di alcuni pesci uccisi a colpi di telecinesi,
abbandonai quell’isola di quiete e ripresi il cammino. Costeggiai la vallata, evitando accuratamente il
centro abitato.
Le luci di torce, lampioni e abitazioni splendevano per ogni dove, stendendosi per tutta la vallata in un
caleidoscopio di suoni e colori.
Voci allegre e giulive provenivano dalle strade. Canti e inni risuonavano al cielo. Nessun Sarafan, nessun
soldato in armatura, nessun brigante, nessun cacciatore. Nemmeno Corrotti.
Non avevo mai udito gente tanto felice. Era come se quell’angolo di mondo avesse ritrovato l’Equilibrio
perduto che il resto di Nosgoth faceva ancora fatica ad ottenere.
E mi chiesi, quella gente era davvero felice? O forse credeva di esser felice, ingannata dalle menzogne
della setta che li sovrastava?
Oltrepassai la valle, e finalmente, raggiunsi la parete della rocca, deciso a scoprirlo.
Solo che arrivare al forte fu un impresa: la pietra era aspra e frastagliata, friabile come vetro e tagliente
come lame. Nemmeno i miei artigli riuscivano a far presa su quello strano minerale.
Notai che era una roccia che non avevo mai visto: purpurea, percorsa da venature scarlatte, sembrava un
incrocio fra marmo e ossidiana.
Mi ripromisi che al ritorno ne avrei preso un campione per analizzarlo con calma alla Cattedrale.
Finalmente avrei trovato un buon uso del piccolo laboratorio alchemico che Respen mi aveva permesso di
installare vicino al mio alloggio.
Le mie elucubrazioni però non risolvevano il problema: come arrivare in cima?
Costeggiai tutta la rocca, e perdetti un’ora, ma non riuscii a trovare nessun valico, nessun passaggio,
niente di niente. Ma com’era possibile? E se i sacerdoti avevano bisogno di qualcosa? Come facevano a
scenderne?
Poi lo vidi.
Nascosto in un anfratto della scabra roccia vi era una leva. Una leva di pietra, intagliata con lo stesso
strano materiale che costituiva la montagna.
La spinsi e sentii un ingranaggio mettersi in moto.
Vidi una piattaforma di legno, sospesa all’estremità da quattro funi, scendere silenziosamente dalla
parete fino a toccare il suolo.
Ci salii sopra.
Non appena il mio peso fu di essa, l’argano si riattivò e la zattera venne issata nuovamente verso l’alto.
Raggiunta la cima del pinnacolo roccioso, essa si fermò con uno scatto.
La abbandonai titubante, perplesso da quel meccanismo,e colpito al tempo stesso dall’ingegnosità dei
suoi costruttori.
Le nubi si aprirono e un raggio della debole falce lunare mi illuminò la strada.
Spalancai gli occhi per lo stupore: dinnanzi a me si estendeva un vero e proprio eden: alberi da frutto di
ogni tipo, meli,peri, noci, banani, piante che crescevano in climi molto più rigidi o molto più caldi e che
non potevano sopravvivere lì, tutti disposti in lunghi filari, si snodavano fino a perdita d’occhio lungo tutta
la superficie.
La roccia non era scabra e aguzza, ma soffice e morbida, e nuda e fertile terra nera ricopriva ogni cosa.
Erba selvatica, fiori colorati chiusi per il buio e madidi di rugiada e stelle alpine si estendevano dovunque.
Attraversai quell’incanto verde, stupito dalla maestria con cui era stato costruito e dalla cura che vi era
posta.
Superati i frutteti, raggiunsi dei sentieri ricoperti da mattonelle, con intricati e graziosi motivi frattali incisi
sui selciati.
Separavano aiole piene di fiori variopinti e sgargianti, e orti pieni di verdure dai colori e dalle forme più
strane.
Vidi strani ortaggi rossi come il sangue, grossi come meloni. Vidi un campo di grano e uno di mais,
separati da un muro, e tralci d’uva e vigneti.
Alla luce della luna e della notte, tutto aveva un che di magico e di arcano.
Passai oltre, e finalmente fui al centro di tutto quel paradiso.
Mi trovai dinnanzi ad un vasto parco alberato, al centro del quale sorgeva un imponente castello.
No, non era un castello.Non in modo vero e proprio.
Sembrava un incrocio fra una cattedrale, di cui aveva guglie e navate, un forte, di cui aveva torri, spalti e
merli e feritoie, e un monastero,di cui conservava lo stile architettonico e il campanile.
Era uno dei luoghi più strano che avessi mai visto, forse il più strano in assoluto!
Notai che una delle guglie era aperto, e che all’interno ospitava un enorme cannocchiale,puntato verso la
luna. Rimasi a bocca aperta.
Un osservatorio.
Scelsi di evitare l’ingresso principale, e mi avvicinai circospetto.
Raggiunsi una piccola porticina laterale di ebano nero, finemente intagliata e cesellata da bizzarri simboli.
Sulle prime credetti che fossero rune, ma poi guardandoli meglio, vidi che erano…simboli matematici.
Ma chi diamine poteva decorare una porta con simboli matematici?
Guardai verso l’alto e vidi un’insegna.
“Il Sapere è la chiave, la Mente è la serratura.”
Buffo aneddoto.
Sconcertato da quel luogo, magico e austero al tempo stesso, mi avvicinai, afferrai un pesante battente di
metallo, un anello di ferro sporgente dalle fauci di un grifone, e bussai.
2 Cornelio
Passò molto tempo,ma nessuno venne ad aprirmi.
Attesi un altro po’.
Niente.
Indispettito, feci per andarmene.
Stavo quasi per decidere di scalare le mura con gli artigli e di entrare da una feritoia con la forza, quando
all’improvviso udii uno scatto alle mie spalle.
Mi voltai e la porta si aprì senza produrre rumore.
Un uomo alto, vecchio, canuto, con una lunga barba e una chierica pelata mi venne incontro.
La sua fronte era una maschera di rughe, ma aveva dei profondi occhi azzurri, che esprimevano una
estrema calma e una grande saggezza… Avevano però uno strano luccichio,come se in essi vi fosse
qualcosa di folle.
L’uomo, era vestito da frate, ma la sua tunica non era marrone: era blu scura, lo stesso blu scuro del mio
mantello da druido.
Al petto, vi era incisa un simbolo matematico:un cerchio con inscritto un pi greco, avvinto da una sagoma
che ricordava quella del cervello.
– Entra pure, Asgarath. Scusa se ti ho fatto aspettare, ma stavo terminando di analizzare i dati sulle
osservazioni lunari di ieri. Molto interessanti. Allora, druido, che cosa ti porta all’umile dimora di noi
Mentaliti?
Rimasi pietrificato dallo stupore. I miei occhi spettrali si sgranarono talmente tanto che per un attimo
temetti seriamente che mi schizzassero fuori dalle orbite.
– Co… Come fai a conoscer il mio nome? – balbettai.
– Oh, noi conosciamo molte cose. Cose che sono e cose che non possono essere e non sono state, cose
che vedi e cose che non vedi.
– Una…. Interessante, ma assai criptica risposta, che non risponde alla mia domanda. – dissi, cercando di
riavermi.
– Allora ti dirò che noi sappiamo dell’Alleanza. Conosciamo la storia dei Pilastri e sappiamo anche perché
sei venuto qua. Ti hanno chiesto qualcosa da parte nostra, no? Qualcosa che pensano che noi possiamo
dar loro e che loro non possono trovare da soli. Han chiesto al posto giusto. Ma dove sono finite le mie
buone maniere? Non ha senso che te resti al buio, nella fredda notte mentre ti parlo. Può darsi che voi
mietitori non sentiate molta differenza, ma sarebbe scortese da parte mia non farti entrare! Prego,
accomodati!
L’enigmatico vecchio mi fece cenno di seguirlo, e svanì oltre la porta.
Entrai, ancora perplesso per i suoi atteggiamenti e per quanto mi aveva detto. Capii di istinto che non
dovevo fidarmi di lui.
E infatti, sentii un tonfo, e mi accorsi che nel frattempo l’uscio si era chiuso bruscamente alle mie spalle.
Guardai dietro di me, per sincerarmi che la via di fuga ci fosse ancora… E sgranai gli occhi.
La parete era intatta, il muro contiguo, e non c’era alcun segno della porta.
Mi girai di scatto, e guardai l’ambiente circostante. Era la fine di un corridoio illuminato da alcune torce a
pece, appese alle parete.
Era costruito in mattoni, dello stesso minerale che formava la parete della montagna, che proseguiva per
una decina di metri verso l’interno dell’edificio, per poi fare una brusca svolta a sinistra.
A parte il riverbero delle torce, non vidi altro. Il corridoio svaniva nel buio, e la svolta era immersa nelle
tenebre.
Guardai accigliato il vecchio, che intanto continuava a fissarmi a mani giunte, quasi con bramosia.
– Sono vostro prigioniero?
– No, se tu non lo vuoi. Credi davvero di esser prigioniero? Non lo sei. Ma potresti esserlo, se credi di
esserlo Che cosa è per te la realtà?
E quella domanda, che diavolo centrava con quello che gli avevo chiesto? Decisi di stare al gioco.
– La realtà? È la percezione del mondo che ho attraverso i sensi. Così è per ogni creatura, no? Giacché
ogni essere percepisce le cose in modo diverso in base ai suoi sensi, al carattere, alle esperienze,
all’indole personale e al rapporto che tramite essi ha con i sensi, il corpo e la realtà stessa, ognuno vede
la realtà in modo diverso. È forse questo che mi vuoi dire? Che se guardassi verso l’uscita credendo di
esser libero, vedrei l’uscita?
L’uomo sorrise, ridendo divertito.
– Hai del talento, druido. E c’è del vero in quello che dici. Ma penso che ora sia il mio turno. Ti darò le
risposte che cerchi.
– Molto bene. Iniziamo con le domande facili allora. Chi sei? Perché sei venuto a ricevermi?
– Sono Cornelio. Sono l’attuale capo dei Mentaliti.
– Sembri molto vecchio. Siete tutti così anziani?
Cornelio rise di nuovo.
– Parole coraggiose per una creatura che proviene da un passato così remoto, figlia di un tempo ormai
defunto. No, alcuni sono giovani…Per i metri degli uomini. Altri sono giovani anche per i metri dei non
umani. Noi ammettiamo nell’ordine chiunque lo desideri, chiunque scelga di rinunciare alle lusinghe della
vita terrena e voglia liberarsi dal fardello delle costrizioni della realtà impostegli dal Destino e voglia esser
davvero libero di essere e pensare ciò che vuole. Noi siamo umani, ma deteniamo il libero arbitrio,
capisci?
– Il libero arbitrio? – risposi, sarcastico.
– Stai mentendo! Solo gli esseri staccatisi dalla Ruota del Destino e mondi dalla corruzione possono
aspirare a tanto. Come fate ad esserne così sicuri? Non è forse una vostra scelta entrare nell’ordine? E
anche la scelta, non è forse una reazione? Il ragionamento di una mente in risposta alle circostanze che
le avvengono attorno?
– Sì, la scelta è sempre relativa. Ma, per essere degli uomini, noi possediamo comunque una scelta
maggiore di quella della maggior parte degli uomini. Non siamo costretti dai limiti della realtà fisica, per il
semplice fatto che noi non crediamo alla reale esistenza della realtà fisica, capisci? Certo, non abbiamo il
dominio sulla storia o sul destino o sulla sorte di intere popolazioni riservate a voi, eredi puri di Kain e
Raziel, ma non dobbiamo rispondere comunque a nessuno, né re, né denaro, nulla. Esiste forse una
libertà più grande per un uomo?
– Riesci a dire almeno una frase che non sia un enigma? O un’allegoria – sbottai. Iniziavo a infastidirmi
quel modo di parlare. Se quello era il capo della setta, come dovevano essere i suoi seguaci? Non osavo
pensarci.
– Non parlo per enigmi più di quanto te li voglia sentire. Forse ti aspetti di sentirne.
Lasciai volutamente cadere quel discorso. Non stava approdando a nulla di concreto e stavo solo
perdendo tempo.
– Torniamo a quanto avete detto prima. Hai detto che alcuni di voi son molto giovani per i metri umani.
Se quel dici è vero, significa che alcuni di voi son vecchi di secoli. Come è possibile ciò? Siete forse dei
vampiri? Eppure non ne avete l’aspetto.
Il vecchio increspò le labbra in una smorfia, divertito dal mio tentativo di fuga dialettica.
– No, non siamo vampiri. Non abbiamo nulla a che vedere con i vampiri. Non ci sono vampiri nella nostra
terra. E, infatti, non ci son nemmeno Sarafan. Credo che te l’abbia notato, venendo qua.
– Già, e ho notato che il villaggio qua vicino è sorprendentemente prospero e felice. È merito
vostro?
– In parte. È merito anche di chi ci abita. Vedi, noi non siamo un ordine chiuso. Siamo lieti di ricevere
chiunque bussi alla nostra porta, ed è abbastanza intelligente o capace da comprenderci e da capirci. Di
solito li poniamo a qualche prova. Se soddisfano i nostri requisiti, allora diamo loro ciò che vogliono. I
Sarafan non hanno soddisfatto i nostri requisiti.
– Che cosa gli avete fatto? Stai forse dicendo che voi governate la città sottostante?
– Noi non governiamo nulla. La città si governa da sola. A volte commerciamo con loro i nostri prodotti o i
frutti della nostra terra, che coltiviamo e che usiamo come sussistenza per i nostri corpi. A volte gli diamo
qualche invenzione o qualche intuizione, ma il nostro influsso su di loro si ferma lì. Noi cerchiamo solo la
Verità dietro le menzogne che creano le menti per difendersi da essa, e la poniamo, nuda e cruda, di
fronte a chi ci fa visita. Se essi riescono ad accettarla, allora hanno superato la prova. Se invece non ci
riescono, han fallito. Ma non siamo noi a punirli o a distruggerli. Sono loro stessi che si distruggono da
soli.
I Sarafan avevano cercato di sottomettere questo luogo, di imporre il loro volere, di creare una
guarnigione e di farne un protettorato, come per ogni luogo di Nosgoth abitato dagli Uomini. Non gli è
andata bene. Quando hanno cercato di sottometterci, abbiamo mostrato loro cosa si celava nei loro animi
e nelle loro menti. L’odio, la paura, la rabbia, la sofferenza che gli avevano condotti ad esser quelli che
erano, a pensare come pensavano e a fare quello che facevano. Molti non hanno retto a questo. La
maggior parte di loro è uscita di senno. Poi abbiamo fatto credere loro che anche i nostri concittadini
fossero folli. In fondo, non è stato difficile: poco prima del loro arrivo il sindaco è venuto da noi ad
avvertirci, ansioso di liberarsi di quegli scomodi visitatori, una minaccia per la nostra felicità e libertà. Non
ha avuto problemi a superare la nostra prova e i nostri requisiti. Era un buon sindaco e faceva bene il suo
lavoro. Aveva davvero a cuore la sua città e l’interesse comune della comunità e degli abitanti. Così gli
abbiamo detto cosa far fare ai nostri compaesani.
Il giorno dopo, erano tutti scesi in strada comportandosi come pazzi furiosi, dicendo e facendo cose
contro ogni logica!
I Sarafan son rimasti piuttosto perplessi a quello spettacolo, e si son terrorizzati a morte. Il loro generale
ha detto che questo luogo era maledetto e che nessun uomo sano di mente avrebbe voluto viverci o
governarlo… e da allora siamo stati in pace. Nessuno viene da queste parti, e pochissimi sanno della
nostra esistenza aldilà di questa valle. Siamo una piccola comunità autosufficiente e siamo felici di
esserlo.
Sgranai gli occhi stupefatto.
– Quindi, siete riusciti ad aver la meglio perfino sui Sarafan, solo con l’uso delle parole e una sceneggiata?
Sono stupito. Come avete fatto?
Il vecchio non mi rispose, ma mi fece cenno di seguirlo, invitandomi a visitare la sua rocca e a vedere i
suoi discepoli. Accettai a malincuore.
Mentre percorrevo il corridoio, continuò a parlare dandomi le spalle, le mani dalle lunghe dita ossute
strette dietro la schiena, le dita intrecciate.
– Fin dalla nascita, ogni uomo mente continuamente a se stesso per difendersi dalla propria impotenza,
dalle proprie limitazioni umane, dalle delusioni, dall’incapacità, dal fallimento. Penso che te sappia bene
dove conducono queste menzogne. Perfino l’Alleanza non è immune da tali veleni. Pensa al tuo amico,
Xado, impazzito per non esser stato capace di sopportare e di riconoscere un suo vecchio fallimento. O
della tua amica vampira, che ha fatto della vendetta la sua ragione di vita per una vita di morte, dolore,
solitudine e per un amore perduto. Anche lei mente a se stessa. Pensa che se facciamo quanto ti ha
chiesto riuscirà sopportare il suo dolore, a portar avanti la memoria di chi ha perso. Non è così. Non
dovresti fidarti di loro. Le loro menti sono fragili, le loro intenzioni mutevoli e la loro determinazione
soggetta a debolezza. Passare oltre la morte non gli ha resi persone migliori.
Mi arrabbiai.
– Co… Come potete dire questo? Come fate a sapere di loro. Non li conoscete nemmeno! E non avete
alcun diritto di…
– E che dire del tuo signore, il Mentalista Respen – continuò lui, senza fermarsi. – Ti ricordi l’errore che
commise quando arrivasti da lui, fresco di morte? Aveva cercato di trasformare un’anima perduta del
regno spettrale in un mietitore. Voleva creare un esercito di Mietitori per rimpinguare le vostre file, tutti
devoti alla causa dell’Equilibrio ed estremamente abili e potenti. Voleva farlo per spazzare via ogni
sofferenza ed empietà da Nosgoth e invece ha sbagliato una frase del rito… e a creato una mente vuota,
inconsistente. Sharinor ha colmato i suoi pensieri del peggio che ha visto in voi e la follia l’ha invaso…Ma
sai già anche questo.
– Ma.,.. Ma … BASTA! – gridai esasperato. Il vecchio si fermo, girandosi a fissarmi con quel suo strano
sguardo allucinato.
– Con che diritto parli così dei miei signori e dei miei amici? Tu non sei nessuno per giudicare le loro azioni
o loro stessi.Non dovresti nemmeno parlar così male di loro in loro assenza. Che fine hanno fatto le
buone maniere che mi hai mostrato all’ingresso, vecchio?
L’uomo mi fissò serio, per alcuni lunghi, interminabili secondi.
– Giusto. Non ne ho diritto, e mi scuso se son stato scortese. Non vediamo molte persone, e a volte è
davvero difficile ricordarci delle reticenze che hanno gli altri, quando si dicono verità scomode su di loro o
su chi amano.
– Verità scomode? Xado e Shaar Naik non sono perfetti, e non penso che lo siano nemmeno i Guardiani.
Ma nessuno a Nosgoth lo è. Tuttavia, questo non ti autorizza a… – serrai la bocca, sfinito. Ero stufo di
quelle chiacchiere e di quell’alterco che non portava da nessuna parte. Tanto a che sarebbe servito? Quel
vecchio matto vedeva solo la sua idea! E poi, avevo capito il suo gioco.
– Cornelio. – dissi con più garbo. – Nnon essere così propenso a giudicare tutti quelli che vivono fuori da
questo luogo. Anche voi non siete perfetti. Guardati. Guarda i tuoi discepoli. Vi siete isolati dalla realtà del
mondo costruendo la vostra, cercando una verità che pensate solo voi di detenere. Ma chi siete per
credere questo? Siete umani, e come tali avete le stesse debolezze degli altri uomini. Non siete forse
fanatici a modo vostro, come i Sarafan, sicuri di quello che dite e che pensate? Vuoi giocare a carte
scoperte, e questo lo apprezzo molto. Ma ho visto quello che cerchi di fare. Vuoi farmi dubitare di me
stesso, di quello che sono venuto a fare qua e a vedere. Vuoi farmi scordare il vero scopo della mia
presenza qui, la mia missione e il mio incarico. Beh, sappi che non ci riuscirai. Non sono così sprovveduto
come vuoi farmi credere! Conserverò anche delle debolezze psicologiche, come ogni altra creatura, ma è
da tali debolezze che la gente trae la sua forza. Voi che forza avete? Rinnegate la realtà apposta per non
vederla. La realtà oggettiva del Creato, intendo.
E se negate tale Verità, come pensate di poterla mostrare agli altri? Le vostre astrazioni non portano da
nessuna parte!
Cornelio rise sinceramente, guardandomi divertito. Quell’atteggiamento mi irritò ancora di più e dovetti
far un notevole sforzo di autocontrollo per non saltargli addosso intimandogli di darmi ciò per cui ero
venuto.
In quel momento, non osai pensare cosa avrebbe fatto un altro al mio posto…
Ero mietitore da tanto di quel tempo che ormai mi stavo dimenticando cosa volesse dire esser umano.
Conservare la mia umanità spesso diventava assai difficile, come anche la mia flemma. Col passare del
tempo, mi accorsi che le continue battaglie e prove mi avevano temprato e indurito, ma anche reso più
cinico. In un certo senso, ero molto meno disilluso e molto più combattivo di quando arrivai dai miei
simili. Non sapevo fino a che punto andare fiero di questo.Una parte di me si odiava per quello, un’altra lo
accettava. In ogni caso, a volte diventava sempre più difficile trattenermi dall’agire come un mietitore, e
agire più da umano. E quella non era una missione in cui sfogare la mia natura di predatore, quindi
dovevo star molto attento ai miei istinti!
– Ti sto innervosendo, vero, Asgarath?. Me ne dolgo molto. – rispose il vecchio, accorgendosi del mio
turbamento. Ma che… Era capace di leggere negli occhi?
– Hai ragione, noi non siamo nessuno. Eppure, nemmeno il Negromante ha tutte le risposte, nonostante
la sua saggezza millenaria, tanto che ha deciso persino lui di interpellarci per il suo quesito. Forse proprio
perché noi rifuggiamo la realtà e tentiamo di comprenderne i limiti, le restrizioni, il modo in cui essa
finisce e inizia. Ovviamente non so qual è la domanda del Negromante, né quale sia la richiesta della tua
amica vampira. E non ho nemmeno intenzione di sentirle, a meno che… A meno che te non ti dimostri
degno. Come tutti gli altri. E siccome facendomi del male non otterrai nulla comunque, so già che
accetterai il mio gioco.
Alcuni dei miei discepoli sono astrologi, Asgarath. Per questo sappiamo tante cose su ciò che avviene
nelle altre regioni di Nosgoth. Studiamo i moti delle stelle e dei pianeti. Stanotte il cielo è geloso dei suoi
segreti e non è propenso a svelarceli. Ma nei giorni passati era terso. Abbiamo scoperto della tua venuta
dagli astri. Essi parlano, parlano sempre di ogni cosa, e puoi scoprire molte cose,se impari ad ascoltarli.
So che anche te spesso li guardi dal tetto della cattedrale. Sono sicuro che hai anche fabbricato un
piccolo cannocchiale per vederle meglio. Sei un tipo curioso, e la tua brama di sapere non ha limiti. E
questo ci accomuna, e forse proprio per questo ho deciso di riceverti subito. Spesso faccio attendere
anche giorni ai nostri visitatori, sai, apposta per mettere alla prova la loro pazienza? Quindi non
t’accrucciare. Sei un privilegiato.
Rimasi sconvolto da quelle parole
Aveva ragione, non potevo ottener ciò che volevo facendo loro del male, e l’Alleanza aveva bisogno di
loro. O almeno, Soul e Shaar ne avevano. Non che fossi proprio sicuro della fondatezza delle loro
motivazioni, però non potevo deluderli.Non dopo quello che avevano fatto per me o per Respen.
– E va bene, accetto. – sbottai. – Spero solo che non sia una cosa troppo lunga.
– Oh, quello dipende solo da te. – mi disse Cornelius, tenendosi volutamente sul vago. – facciamo così.
Ora mi darai ciò che ti ha donato la tua amica vampira e mi farai le domande per le quali sei venuto. Poi
andrò a preparare la tua prova. Quando sarà tutto pronto verrò a chiamarti. Se riuscirai Soul avrà le tue
risposte, e Shaar avrà ciò che vuole… Per quanto questo non potrebbe non farla del tutto felice. Sappilo.
Anche tu avrai le tue.
– Le mie?
– Sì, quelle sul tuo passato. Ma ora basta parlare.Sono certo che ne hai abbastanza di me e dei miei
sofismi. Ti offro libero accesso alla mia umile dimora, mentre sarò assente. Sarai libero di andare e girare
dove vorrai, e potrai anche usare il nostro osservatorio. È il migliore di Nosgoth e penso che fossa fugarti
molti dubbi. Non ti chiedi mai cosa siano davvero le stelle e i pianeti? Che segreti nascondano? Ora, che
ne diresti se ti permettessimo di appianare la tua curiosità? L’alba difetta ancora di alcune ore, e penso
che la tua mente sia satura di informazioni. Ti darò il tempo di assimilarle. Allora?
Guardai il vecchio, soffermandomi sul suo sguardo interrogativo e colmo diaspettativo, sulla sua testa
canuta e pelata, sul suo strano vestito, così simile al mio. Chi era davvero quell’individuo? Cosa c’era
dietro a quella setta? Dovevo ammettere, che la sua proposta era davvero allettante. Forse potevo
davvero scoprire la Verità su me stesso, sul mio passato, sul perché ero lì? Oppure era solo un tranello?
L’ennesimo gioco di prestigio per ingannare le menti e minare le ragioni? Avevo un solo modo per
scoprirlo.
3 non fidarti dei Mentaliti!
Dopo aver accettato la prova e aver consegnato al vecchio Mentalita il libro rubato ai Sarafan da Shaar e
la fiala col sangue della vampira, Cornelio si assentò, e mi affidò ad un suo giovane discepolo, tale Taceto,
che mi fece da cicerone per tutta la rocca.
Quello che vidi e che scoprii, basterebbe a scrivere un libro e cercherò di esser conciso in merito.
Innanzitutto, Taceto: era un uomo alto, magro, con una folta barba nera che gli incorniciava il volto e folti
capelli neri che li coprivano il capo. Indossava anche lui una veste color blu scuro, ma nel petto recava un
effigie molto diversa: un libro con sopra impresso il simbolo dell’infinito.
E non era enigmatico come il suo signore. Era un uomo giovane, uno studioso di storia e filosofia che era
stato ammesso nella setta da pochi anni e che era lì per scelta e vocazione. Originario di Avernus, aveva
abbandonato la città stufo dell’eccessivo fervore religioso dei suoi abitanti e della continua sfrontatezza
dei Sarafan che vi dimoravano. La sua fede non era nella religione e nelle superstizioni, ma nello studio
dei fatti e delle cose concrete, le uniche vere cose secondo sulle quali ci si poteva basare per far
affermazioni precise.
Scoprii di provare una strana simpatia per quell’uomo. Qualcosa di innato, che mi convinse a fidarmi di
lui. Cosa strana, visto che ormai era molto raro che concedessi la mia fiducia a chicchessia.
Mi ricordava com’ero da umano… O quello che sarei potuto essere se l’Apocalisse non fosse avvenuta
proprio durante la mia epoca. Se i pilastri non fossero crollati, se Kain non avesse dannato il mondo, se
gli Hylden e i demoni non fossero ritornati, sarei stato come quell’uomo?
Era questo ciò che mi chiesi. E mi chiesi anche se Cornelio, che tanto sapeva di tutto e di tutti, l’avesse
scelto come mio Cicerone anche per quel motivo.
Era una possibilità da non trascurare.
Mentre Taceto mi conduceva nei meandri della rocca, scoprii che il pianterreno era adibito proprio al
lavoro dei filosofi e degli storici della setta. Lungo le pareti esterne, si trovavano le stanze, le cucine e i
luoghi di ritrovo, di meditazione e di distensione. Questi locali erano collegati alla sezione centrale da un
dedalo intricato di corridoi e scale, e tutte confluivano alla medesima destinazione: nel cuore della rocca,
infatti, si trovava un’immensa biblioteca!
Era sconfinata: ospitava migliaia di tomi degli argomenti più disparati, suddivisi in decine di scaffali,
distribuiti per tematiche e ordine alfabetico. Alcuni erano consunti e ingialliti, ridotti in uno stato ancora
peggiore del libro che mi aveva dato Shaar. Ma la maggior parte era ancora nuova di zecca. Inoltre, quei
tomi erano fatti di un materiale molto diverso dalla pergamena e dalla cartapecora in uso nelle altre città
di Nosgoth.
Taceto mi fece prendere un libro sulla flora e sulla fauna di Nosgoth e sui vari habitat e climi delle sue
varie regioni, e me lo fece sfogliare.
Notai che la carta era lucida e liscia, di un materiale che non avevo mai visto prima. I caratteri inoltre,
non erano scritti a mano. Ogni lettera dell’alfabeto era uguale e identica alle altre. Capii che quel libro era
stato scritto ricopiandolo dall’originale con l’ausilio di qualche macchina. Gli chiesi delucidazioni, e lui me
le fornì, portandomi in una piccola stanza contigua, dove vidi risme di fogli alte fino al soffitto poste su
dei tavoli, circondati da vari marchingegni. Macchine strane, squadrate, dall’aspetto bizzarro e a me
ignoto.
Chiesi spiegazioni, ed egli mi disse che, circa un secolo prima, uno di loro aveva realizzato un
marchingegno capace di risparmiare ai loro scrivani enormi quantità di crampi e di fatica. La carta veniva
estratta dalla cellulosa degli alberi, con un procedimento che la scioglieva, l’ammorbidiva, la seccava e la
tagliava in fogli. I fogli poi venivano inseriti nella macchina da un’apertura, mentre in una vaschetta
veniva versato tutto l’inchiostro necessario. In un pannello, infine, venivano poggiate le pagine del testo
originale. Sfruttando qualche magia a me ignota, la macchina memorizzava quanto scritto nel foglio, e
attraverso una matrice formata da martelletti, ognuno con sopra impresso una lettera, redigeva lo stesso
identico contenuto del testo originale nei nuovi fogli.
In quel momento, potei vedere anche una dimostrazione pratica di quel funzionamento: infatti, vi erano
due Mentaliti dentro la stanza. Erano assonnati e intontiti, e le loro vesti erano alquanto spiegazzate. Vidi
che stavano iniziando la ricopiatura del libro che mi aveva dato Shaar: il tomo era già sopra una delle
macchine, e una risma di fogli contenente diverse parabole dell’epoca d’oro dei Sarafan era già stata
convertita con quei bizzarri caratteri meccanici Guardai con meraviglia il lavoro dei due, e mi stupii della
loro abnegazione e del loro senso del dovere. Capii che Cornelio li aveva buttati giù dal letto apposta per
iniziare subito la ricopiatura del regalo della vampira. .a quanto pare, quel tomo gli interessava molto più
di quanto mi avesse dato a intendere all’inizio.
– Che cosa ne fate degli originali una volta che gli avete ricopiati? – gli chiesi, meravigliato.
Mi rispose che gli conservavano al sicuro, in alcune camere protette dal caldo e dall’umidità nelle
profonde viscere della rocca. In ogni caso, non erano molti quelli che tenevano: solo quelli ai quali fossero
davvero interessati, libri il cui significato e potere andava ben oltre quello che c’era scritto. Gli altri
invece, venivano restituiti al termine della procedura. In tal modo, quando i Mentaliti avevano qualche
dubbio potevano consultare le copie redatta dalla macchina contenute nella biblioteca, evitando così di
rovinare e usurare gli originali.
Annuii, complimentandomi della loro efficienza e del riguardo che avevano per le cose antiche.
Taceto mi ringraziò, poi mi condusse a una scala a chiocciola e mi fece salire al piano superiore. La sua
pianta era identica a quella del precedente: le aree adibite ai bisogni fisici dei Mentaliti si trovavano nella
parte esterna del corridoi mentre al centro vi era qualcos’altro: laboratori di biologia!
Ebbene sì, quando entrai nelle sale centrali di quella zona della rocca scoprii degli enormi stanzoni dediti
allo studio della botanica, della zoologia e dell’anatomia. E quello che avevo visto al piano di sotto, era
niente di fronte a ciò che vidi in quella zona.
La prima stanza, infatti, era una specie di camerine diviso in due parti, separate da un divisorio.
Nella prima vi era un laboratorio pieno di fiale, provette, sostanze, pozioni, alambicchi e banchi di
mescita, pestelli e tinozze e complicatissime strutture di vetro usate per distillare ogni genere di
sostanza. Era molto, molto più perfezionato del mio piccolo laboratorio!
Scaffali e armadietti contenevano bottiglie con fluidi e sostanze più disperate.
Due cose calamitarono la mia attenzione: uno era uno strano marchingegno dotato di lenti, una specie di
cannocchiale rivolto verso il basso, con una piastra metallica alla base del tubo ottico.
Mi disse che quell’apparecchio si chiamava microscopio, e che serviva ad osservare forme di vita
microscopiche, invisibili a occhio nudo, molte delle quali responsabili di malattie ed epidemie.
Toccai l’aggeggio con delicatezza, studiandone delicatamente valvole e meccanismi.
Poi entrai nella piccola sala contigua.
Vidi che era una piccola sala operatoria.
C’era un tavolo di metallo, e un armadietto pieno di strumenti chirurgici. Ovunque si sentiva un acre
odore di alcool. Su una parete, vi era appiccicato un foglio, con sopra rappresentati tutti gli organi e gli
apparati del corpo umano, descritti per funzioni e struttura.
Ma quello che calamitò la mia attenzione fu lo strano apparecchio affianco al letto: era formato da un
contenitore metallico, e da un tubo terminante in una sorta di maschera di cuoio.
– E quello che diavolo è???
Taceto mi spiegò che a volte venivano da loro persone ammalate o in fin di vita, che si rivolgevano alla
setta per avere cure a malattie o a problemi che nessun medico o chierico sapeva curare.
Quella era una sala operatoria, la migliore di tutta Nosgoth, disse con fierezza. Grazie a quel luogo, la
setta era riuscita a salvare molte vite, soprattutto fra i cittadini del paese sottostante. Il macchinario
emetteva un gas che faceva addormentare profondamente i malati, rendendoli insensibili al dolore. Oltre,
a ciò, immetteva continuamente nei loro polmoni aria per respirare.
Rimasi allibito.
– Con… Con tutta queste conoscenze potreste spazzare via tutte le malattie e tutto il dolore fisico degli
abitanti di Nosgoth! Perché non le diffondete in giro e le confinate qua dentro? – chiesi, sconvolto.
La risposta fu un lungo discorso sulla stoltezza degli uomini, sul fatto che la loro setta ci teneva a
mantenere l’anonimato e a non influire direttamente sugli eventi del mondo e sul fatto che non spettava
a loro risolvere i problemi della gente di Nosgoth. Potevano indicar loro la strada, ma dovevano essere
loro a trovarla. E se prima non riuscivano ad accettare la verità su se stessi e sulla vita, a cosa sarebbe
servito tutto quel progresso? Avrebbe solo finito per distruggerli! Mi9 rammento come gli umani erano
troppo deboli per usare saggiamente ogni genere di potere. Magia o Scienza che fosse. A che cosa aveva
portato l’uso dei Pilastri da parte degli uomini, mi chiese. Già. Il Cerchio Umano. La follia di Nupraptor, la
furia di Malek, l’idiozia di Mortanius, gli inganni di Moebius. Azimut che evocava demoni e hylden
scagliandoli contro gli abitanti di Avernus. Bane e deJoule e Anacrothe, che usavano i loro poteri per
sovvertire la natura stessa di Nosgoth e le leggi fisiche, anziché preservarle.
Capii fin troppo bene cosa intendeva dire.
Avrei tanto voluto obbiettare che l’umanità di Nosgoth era cambiata e che non eras più idiota come un
tempo, ma il pensiero di quello che continuavano a combinare i Sarafan, i cacciatori di vampiri, i Corrotti,
i criminali di strada mi fece tacere.
Aveva ragione.
Non avevano il diritto di cambiare la vita della gente, se la gente non era pronta ad accettare il
cambiamento.
Lasciammo cadere il discorso e lasciai quel luogo.
Taceto mi condusse alla seconda grande sala di quel piano.
Quella della botanica.
Scoprii che era un’immensa foresta in vitro: era come l’esterno della rocca, in miniatura!
Lì c’erano campioni di ogni tipo di pianta, frutta, verdura, ortaggio, albero che esisteva in ogni luogo
conosciuto di Nosgoth.
Alberi, piante da frutto, conifere, arbusti ed erbe erano separati gli uni dagli altri da divisori trasparenti.
Ognuno era stato trapiantato in una vasca colma di uno strano terriccio rossiccio,che odorava come la più
fertile o la più arida delle terre, a seconda dei casi. Erbe e arbusti erano delle stesse dimensioni naturali.
Gli alberi invece, erano miniaturizzati: erano molto più piccoli degli esemplari della natura, e anche quelli
più vecchi non superavano comunque i due metri di altezza.
Lo stupore che provai raggiunse vette parossistiche, quando Taceto mi fece levare lo sguardo verso l’alto.
Rapito com’ero da quel verde, solo allora notai quello che si estendeva sopra i miei occhi: la serra, infatti,
se così si poteva chiamare, era coperta da una gigantesca cupola costituita da vetri stranissimi. Ognuno
aveva uno spessore e un colore leggermente diverso da quello degli altri.
Una macchina complessissima, tutta leve e manopole era collegata a loro, e serviva a ruotarli o a
modificarne la posizione e l’angolazione.
Taceto mi spiegò che quella macchina serviva a convogliare diverse intensità e colorazioni della luce
solare: durante il giorno potevano riempire la stanza di luce rossa, gialla, blu o verde, ottenute tutte dalla
scomposizione dello spettro luminoso del sole. I vetri inoltre potevano anche scurirsi con l’eccessiva luce,
diventare divergenti quando c’era troppo caldo e convergenti quando c’era troppo freddo.
Grazie a quel sistema di controllo climatico della luce e del calore, e alla costante.cura dei botanici
dell’ordine, le piante potevano esser cresciute e mantenute a condizioni ottimali in ogni periodo dell’anno.
Questo permetteva loro di studiarle e di conoscerle come nessun altro sapeva fare in tutta Nosgoth! E
permetteva anche di modificarle.
Anche se lì non vi erano vegetali dalle proprietà magiche o sovrannaturali, notai comunque che molti
avevano qualcosa di diverso rispetto agli esemplari selvatici: le foglie di un diverso colore o forma, i frutti
più grossi e più saporiti, le fronde più aggraziate e più simmetriche. Era bello, perfino troppo bello, troppo
perfetto. Aveva un che di finto, di artificioso, e non mancai di farglielo notare.
Taceto però non rispose. Scrollò le spalle e se ne andò, dirigendosi verso una piccola porta ovale che dava
fuori dalla cupola
Lo seguii e ci trovammo fuori dal vivaio, in un tunnel lungo e stretto, che stando a lui, portava all’ultima
camera: quella della zoologia.
E lì, iniziai a sentire qualcosa di strano: un senso di vertigine, di spostamento,come se la realtà stessa si
piegasse e fosse fluida.
Mi fermai, preoccupato, ma vidi che Taceto continuava ad andare avanti senza rallentamenti, sicuro di se.
Capendo che sapeva il fatto suo e non volendo mostrargli debolezza, continuai a seguirlo.
Entrati nella camera della zoologia, però, scoprii che non era esattamente quello che mi aspettavo:
Oltrepassata la porta, infatti, un muro di felci mi sbarrò la strada.
Taceto sorrise al mio stupore, e lo superò, facendomi cenno di seguirlo.
Scostai le foglie e passai oltre… e all’improvviso mi trovai in un luogo che non poteva esistere!
Era un’immensa vallata in mezzo ad alcune montagne immerse nella nebbia e velate dalla foschia. A nord
vi era un vulcano.
La sua bocca vomitava fumo e fiamme, e ilsuo crinale era coperto di lava. Stava eruttando, ma per il
momento non sembrava una minaccia. Era distante, e si vedeva solo una lieve luce rossiccia sui pendii, e
un pennacchio di fumo che saliva verso il cielo, sbiadendosi nella lontananza del cielo azzurro.
Azzurro? Come faceva il cielo ad essere azzurro?
E solo allora mi accorsi che lì non era notte: era pieno giorno!
Il sole calava a picco sulle nostre teste, e l’aria era torrida e afosa. Una brezza salmastra spirava dalle
nostre spalle, mitigando ogni cosa.
Notai che a sud,oltre il panorama, si intravedeva il mare.
Tutto era coperto da una foresta sconfinata, bucolica ed enorme. Gigantesche querce nere torreggiavano
verso il cielo, elevandosi per decine di metri.
Ma non fu tanto l’assurdità della situazione a colpirmi, quanto gli animali: ovunque vi erano creature che
non avevo mai visto: in cielo volavano strani rettili alati, emettendo versi rochi e gracchianti. Uno di loro
si tuffò all’improvviso dalla vegetazione, e ne emerse con qualcosa nel becco dentato.
Gli animali del sottobosco erano ancora più strani: piccoli mammiferi, roditori che apparivano e
scomparivano da buche, anfratti, tronchi marci adagiati al suolo e alberi cavi. Non c’erano uccelli o
animali da pelliccia. E i versi di quelle creature non avevano nulla a che vedere con gli animali di Nosgoth.
Poi, all’improvviso, qualcosa tese i miei sensi: tesi le orecchi e udii un ruggito mostruoso, così forte che
nemmeno trenta leoni avrebbero potuto equipararne la potenza!
Mi voltai… e vidi emergere dalla vegetazione qualcosa di mostruoso: una lucertola gigantesca, con zanne
immense e una testa più simile a quella di un coccodrillo che a quella di un ramarro. Era alta almeno
cinque metri e camminava sulle zampe posteriori. Aveva un’espressione maligna e perfida e uno sguardo
scaltro e aggressivo.
Le sue mascelle disegnavano un malefico sorriso che mi fece temere il peggio!
Evocai di istinto la mietitrice e mi portai a lato del mostro,aspettando un suo attacco da un momento
all’altro.
La lama fantasma guizzò nella mia mano all’istante, rossa e crepitante, accorsa in mia difesa.
Nella mano sinistra, caricai il fuoco azzurro, che iniziò subito a dimenarsi, lucente e abbagliante,
emettendo drappi e pennacchi che vorticavano fra le mie dita.
Erano entrambi impazienti ed entrambi non vedevano l’ora di essere scagliati contro il mostro Cercai con
lo sguardo Taceto, timoroso per lui e la sua vita, ma non lo vidi. Era sparito nel nulla.
Sentii un tonfo, e la terra tremare lievemente.
Il mostro camminava nella mia direzione, le fauci spalancate grondanti bava, lo sguardo fisso in avanti, i
sensi tesi.
Si avvicinò pericolosamente a me, e io lo guardai sconvolto.
Avrei potuto affrontarlo o scappare, ma non riuscivo a fare nessuna delle due cose!
Troppa era lamia sorpresa nel vedere un simile essere. E troppa la mia paura.
L’animale si fermò ad un passo da me.
In nome dell’Uno, quanto era enorme! Era come una muraglia di squame e pelle verdognola!
Una lunga coda appuntita sferzava l’aria dietro di lui Un odore nauseabondo di carne marcia proveniva
dalle sue lugubri fauci.
La creatura mi guardò, e, anche se con tutta probabilità mi vide, stranamente non mi attaccò.
Invece, rimase a fiutare l’aria, a destra e a manca,perplessa.
Poi lanciò un debole ringhio e scattò di corsa, schizzando verso il bosco.
Lo evitai solo grazie alla precognizione, e fu un miracolo che non mi travolse!
Ruzzolai al suolo diversi metri, poi guardai di scatto nella sua direzione..
Vidi la belva scomparire in mezzo agli alberi, fino a svanire del tutto, le querce divelte, i rami spezzati
dalla sua forza bruta.
Poco dopo, sentii un urlo agghiacciante e disumano, di un altro animale. Udii rumori di lotta,
agonia,dolore, e grida strazianti che si levavano al cielo facendo fuggire tutti i roditori e le creature più
piccole nei paraggi.
Poi, improvvisamente, il silenzio.
La belva aveva trovato il suo cibo e la sua fame era stata saziata…Sentii la morte. Sentii un’anima
primordiale uscire dal suo corpo e fluire nel regno degli spettri….
Spensi il fuoco magico, e mi voltai a cercare Taceto.
Non lo trovai lungo il sentiero.
Allora entrai nel bosco, portandomi lontano dal mostro che avevo intravisto prima, chiamandolo a
squarciagola, gridando ovunque il suo nome.
A un certo punto,proprio quando non capivo più niente e stavo per perdere le speranze, udii un grido di
risposta. Taceto urlava, e mi chiedeva aiuto.
Corsi in direzione del bosco, là dove proveniva il suono. Le urla divennero grida, le grida dei suoni
orrendi, come se qualcosa lo stesse sgozzando.
Ma che razza di posto era quello? Che cosa significava quella follia?
E alla fine, lo vidi: in una radura, circondato da strani esseri lucertoleschi.
Erano bipedi simili al mostro di prima, ma erano molto più piccoli. Avevano un artiglio a forma di falcetto
alle estremità dei piedi, denti seghettati e artigli affilati come lame! Erano in quattro o cinque, e stavano
divorando una figura contorta, terrorizzata.
Era un uomo.
Gli occhi sbarrati, la pelle pallida, il sangue sparso per tutta la radura. Aveva una barba nera e capelli
crespi. Era morto. Il suo ventre era squarciato e le sue interiora erano sparse per terre, contese dalle
fameliche creature come i suoi umori.
– Taceto! – esclamai.
Gli esseri si voltarono e mi videro, interrompendo il pasto. I mostri mi guardarono con aria interrogativa.
Poi iniziarono ad avanzare verso di me, minacciosi, artigliando l’aria e dondolando la testa, con
un’andatura simile a quella di un piccione.
Evocai la mietitrice di fuoco e mi preparai a difendermi.
Poi, qualcosa mi buttò a terra, colpendomi dalle spalle. Sentii graffiare, e la mia schiena venne
completamente lacerata. Fiotti di sangue blu macchiarono la terra.
Il mio grido si unì a quello delle belve, che mi balzarono addosso assieme ai loro compagni, per
completare ciò che aveva prodotto la loro imboscata.
Poi tutto divenne nero.
4 gli Echi della Storia
Mi risvegliai sdraiato su un letto, stordito e confuso.
Un lampadario ardeva sul soffitto di pietra nera sopra di me, e due ombre mi fissarono dall’alto.
Provai a mettere a fuoco, e ci riuscii solo con un notevole sforzo.
E poi li riconobbi!
Taceto mi fissava a braccia conserte, sorridente.
Cornelio era al suo fianco, e anche lui sorrideva.
Scacciai la confusione e li guardai negli occhi, sconcertato. Che cosa mi stava succedendo, dove…?
Provai a muovermi, e non potevo: le mie mani e i miei piedi erano saldamente legati. Le braccia sigillate
da catene. Polsi e caviglie erano saldamente trattenuti al letto di pietra da anelli di metallo.
Mi guardai attorno, ma scoprii di non potermi voltare: il mio cappuccio era ripiegato dietro la schiena; ero
a volto scoperto, anche il bavero era stato scostato.
Un anello mi cingeva anche il collo, tenendomi bloccata la testa.
Capii solo di essere in qualche remoto sotterraneo della rocca. Guardai i due furente.
– Che cosa mi state facendo, traditori? Taceto, che diamine mi hai fatto in quel tunnel?
– Io non ti ho fatto nulla, druido. –disse l’uomo, tornando serio. – Sei tu che l’hai fatto a te stesso!
– Non ricominciamo con questa storia! –gridai, furioso. Tentai di scagliare un glifo per liberarmi ma non ci
riuscii. Evocai il fuoco magico, ma non rispose… evocai la mietitrice… Ma non successe nulla. Non sentivo
nulla, niente! Era come se avessi perso tutti i miei poteri.
Disperato, tentai di estendere le mie percezioni, e ottenni…NIENTE! Non sentivo nulla, non percepivo più
nessun senso di pericolo, nessuna sensazione da ciò che proveniva dall’ambiente esterno, dai due settari.
Anche le mie percezioni erano scomparse.
Ma che mi era successo? Possibile che avessi perso tutti i miei poteri? Nemmeno da umano ero mai stato
così inerme!
Li guardai senza capire, colmo di terrore.
Cornelio si sfregò le mani, con il volto soddisfatto. Nel suo sguardo ardeva una luce maligna.
– Bene, bene, Taceto. Sembra che si sia ripreso. L’anima che gli abbiamo fatto succhiare da quel cervo
morente sembra che gli abbia fatto proprio bene, nevvero?
– Sì, è praticamente come nuovo… Se solo capisse…
– Già! Se solo capissi! – strillai infuriato! – Taceto, che cosa è successo là in quel tunnel? Erano veri quei
mostri e quel luogo orrendo? O era solo un’allucinazione che mi avete indotto con l’effetto di qualche gas?
Ma no, questo non può essere, perché noi mietitori non respiriamo, quindi non potete avermi avvelenato
con un gas, giusto? E allora che cosa era quello che ho visto? E perché sei ancora vivo?
Cornelio scosse la testa.
– Ah, domande, domande, sempre domande. Druido, sei come Soul. Un vecchio essere cocciuto che non
vuole vedere la Verità nemmeno quando ce l’ha davanti. Tanta fatica, tanto rumore per una spada, e ora
per sapere cosa tiene Xynay nel suo cuore, lui cerca di capirlo forgiandone un’altra. La sua sete di sapere
è ammirevole, ma la sua metodologia non lo porterà da nessuna parte, solo a perdere ciò che gli è più
caro, se non si fermerà per tempo! Già, tempo…Ecco quello che hai visto, lì, nel corridoio. Quello che hai
visto nelle altre stanze era reale, te l’assicuro. La nostra congregazione è davvero capace di fare quelle
cose. È bastato un po’ di studio da parte di tutti noi e qualche secolo, e un po’ di menti che
comunicassero fra di loro in modo sincero e aperto, per mettere assieme risposte a cui gli abitanti di
Nosgoth non sono mai arrivati in tutta la loro storia. Ma quello che te hai visto nel vivaio o nella biblioteca
è nulla, rispetto a ciò che si può ottenere infrangendo i limiti della realtà… Infrangendo i nostri limiti!
Perché non ci provi anche tu, druido? Ora, ad esempio, potresti fuggire, attaccare, uccidere eppure non lo
fai, cosa ti trattiene? Te stesso? O cosa?
Lo fissai ammutolito.
– Cornelio… Parli come Moebius adesso? – balbettai.
Per la prima volta, vidi l’uomo adirarsi.
– No, sciocco! Non paragonarmi a lui! Moebius era un imbroglione! Uno stolto! Aveva tutte le verità
davanti e si ostinava a non vederle! Poteva porre rimedio a dozzine di torti e non l’ha fatto, ha rovinato
tutto, invece! Se stesso, il mondo, e tutti coloro che credevano in lui! C’è voluto il genio del capostipite
della tua razza per farglielo capire! Raziel… Testardo, cocciuto, vendicativo, zuccone e tardo fino al
midollo, eppure con una grande brama di conoscere, di capire, di Verità… Perfino lui alla fine divenne una
persona migliore… Provaci anche tu, Asgarath. Rispondi alla domanda di Soul! Noi non ce l’abbiamo la
risposta. Tu ce l’hai! Guarda dentro di te e la troverai, sono stato chiaro?
Guardai l’uomo fra lo sconcertato e il livore.
– Siete tutti pazzi! – dissi. – lasciatemi andare subito!
Strattonai gli anelli che inchiodavano polsi e caviglie, ma non ottenni nulla. Anche la mia forza era andata
via. Avevo l’aspetto di un mietitore, eppure ero in tutto e per tutto come un comunissimo umano! Che mi
avevano fatto?
Cornelio mi guardò sorridendo.
– Facciamo così. Asgarath. Ricordi il nostro primo accordo? Ti avrei sottoposto ad una prova, e, se te
l’avessi superata ti avrei dato tutte le risposte che cerchi! Bene, la prova sta per iniziare! Non potevo
sottoporti ad essa volontariamente, perché se ne avessi saputo la natura l’avresti sicuramente rifiutata.
Ecco perché ho chiesto a Taceto di prepararti. Ti ha fatto da Cicerone per un po’ e poi ti ha condotto nel
Fiume del Tempo!
– Che cosa è il Fiume del Tempo?
– E’ una delle nostre tecniche che svelano la Verità. Sai che il mondo è molto, molto più antico di quel
mostro chiamato Anziano? Più antico anche della razza alata. Non sto parlando di millenni, parlo di
milioni, miliardi di anni! Ti abbiamo semplicemente fatto vedere Nosgoth com’era settanta milioni di anni
fa, in uno dei suoi passati più remoti.
All’epoca c’erano creature mostruose e la razza umana non esisteva ancora. Sarebbe apparsa molto dopo,
evolvendosi da quei piccoli sorci che hai intravisto!
Sì, non è curioso che a quell’epoca i nostri trisavoli fossero creature così infime? Uccidine anche uno
solo… E altererai la storia di tutta la razza degli Uomini e di molte altre creature! Ovviamente, noi non
siamo Omega, quindi quella che hai visto non era reale. Non ti abbiamo davvero portato a quell’era della
storia. Ti abbiamo solo mostrato com’era quell’era.
Abbiamo preso echi della sua memoria dalla Terra, dall’Aria, dagli elementi del mondo. La memoria del
mondo stesso, e li abbiamo inculcati nella tua testa. Taceto è uno dei pochi che conosco questa tecnica. È
giovane, ma ne ha già una buona padronanza.
Sono così orgoglioso di lui! È un ottimo allievo! Lo sai che per i Sarafan, abbiamo usato un trucco simile?
È stato proprio lui a fargli uscire di testa. Menti idiote… – Cornelio scosse la testa, apparentemente
dispiaciuto per loro. Poi mi fissò di nuovo.
– Comunque, te prometti davvero bene! Anche se sconvolto, hai resistito all’inaspettato. Ora, sappi che
ciò che vedrai sarà molto, molto peggio! Sei pronto per conoscere la verità?
– La verità? – sbottai, trattenendo a stento la rabbia per esser stato ingannato in quel modo – la verità su
cosa?
– Su tutto! Sai o no la risposta alla domanda di Soul? Ti è bastata quell’immersione nel passato?
Scossi la testa.
–E allora, credo che tu hai bisogno di altre delucidazioni. E forse, stavolta capirai qualcosa di più anche su
te stesso… Taceto?
– Si, Cornelio. Come desideri.
L’uomo uscì dal mio campo visivo.
Mi voltai, ma le catene non mi permisero di girare la testa a sufficienza da seguirlo.
Sentii uno scatto, come di un marchingegno che veniva messo in moto.
Udii un ronzio, poi una cacofonia di suoni ovattati e indistinti che, richiamati chissà da dove, si
riversavano nella stanza…
Che cosa stavano facendo? Che cosa mi stavano facendo?
Poi i suoni si ridussero e divennero un brusio familiare: voci di uomini e di vampiri, di mostri e animali, di
lingue morte, pianti, risa, grida, gioia, dolore, morte, amore, riflessioni e discorsi… Tutto condensato… La
camera iniziò a dissolversi e nuove sagome apparvero…
E allora capii: gli Echi della storia. Evocati e richiamati chissà da dove con chissà quale tecnica, usando
magia e tecnologia combinata assieme, poteri che agivano sulle Dimensioni e sul Tempo… Ecco qual’era il
segreto dei Mentaliti.
E capii anche qual’era la mia prova.
Se non fossi riuscito a stare a galla, se non fossi riuscito a estraniarmi a sufficienza da ciò che avrei visto,
e se al tempo stesso avessi ignorato le visioni senza trovare le risposte che cercavo… Mi sarei perso per
l’eternità in mezzo ad esse!
5 Faccia a faccia col passato
Ero in piedi. Libero, in mezzo al buio. Pioveva a dirotto. Tutt’attorno a me vi era un villaggio in rovina.
Vidi corpi di uomini, donne e bambini,morti e accatastati per le strade e per le vie. Il tuono scosse l’aria e
il lampo illuminò le loro facce pallide, i loro occhi sbarrati, le bocche ancora contratte in grida di agonia.
Camminai guardingo. Evocai istintivamente la mietitrice di fuoco, e stavolta, stranamente, la lama obbedì
al mio richiamo.
Sentii che anche il fuoco magico era disponibile.
Ne richiamai una fiammella sulla mano sinistra e la tesi dinnanzi a me per illuminarmi la strada.
Scrutai a destra e a sinistra, combinando le mie percezioni al potere del fuoco in modo da allargarne il
campo.
Poi spensi la fiamma.
Ero sconvolto.
Quel luogo aveva un che di familiare, anche se non riuscivo a capire come. La pioggia inondava tutto. Ero
già completamente bagnato da testa ai piedi, fradicio e inzuppato.
Sembrava tutto maledettamente reale, proprio come lo scenario preistorico di prima. Che cosa significava
quella visione? Che posto era quello? Che cosa mi volevano costringere a vedere?
Vagai a lungo per quel villaggio, indeciso, insicuro e spaesato, con la mietitrice a spada tratta in avanti.
Non capivo cosa significasse quel posto, né cosa Taceto e Cornelio volessero da me…Eppure, avrei giurato
di averlo già visto in passato.
Mi feci largo fino al centro del villaggio, e vidi che in mezzo sorgeva una collina, con un cima un castello.
Gli alberi che la coprivano erano bruciati anneriti, l’erba ridotta in cenere. Qua e là ardevano ancora delle
fiamme. La pioggia le stava spegnendo rapidamente, e il sibilo della lotta fra acqua e fuoco giungeva da
ogni dove.
Il senso di familiarità aumentava a ogni passo.
Trovai una stradina, irriconoscibile, divelta e sconnessa. La presi a salire, e un’ombra dei miei ricordi iniziò
ad affacciarsi alle porte della mia mente, con un grido che esigeva di essere riconosciuto.
Iniziai a comprendere dove e quando ero… L’idea mi terrorizzava… Non volevo vedere di nuovo quel
luogo. Non volevo vivere di nuovo quella follia! Fuggii dalla strada e cercai attorno qualcosa, qualunque
cosa che mi convincesse di sbagliarmi, di non esser dove e quando temevo di essere.
E invece no: in mezzo agli alberi anneriti, strappata via dal vento della bufera dalla cima della torre da cui
garriva, vidi una bandiera.
Era uno stemma inconfondibile: un leone, ritto sulle zampe posteriori, di profilo, dorato. La bocca
mandava fiamme, lo sfondo era bluastro.
Era il simbolo del mio casato.
Era il simbolo della mia famiglia adottiva. Il villaggio in cui nacqui e crebbi da umano, il luogo devastato
dai demoni e dagli hylden dopo il crollo dei Pilastri…
Fui sopraffatto dalla rivelazione.
Caddi in ginocchio e gridai contro il vento e la pioggia, completamente spaesato. Perché ero lì? Che cosa
si aspettavano da me?
Poi… vidi delle figure avvicinarsi.
Provenivano dal centro abitato. Erano dei cadaveri. Corpi di uomini, donne, e bambini. Camminavano
malamente, con un passo dinoccolato e malfermo. Le mani protese verso di me a ghermirmi, gli occhi
accesi di un verde brillante.
Li sentii chiamare. Li sentii invocare il mio nome.
– Asgarath…
– Asgarath… druido, traditore…
– Dov’eri, Asgarath? Perché ci hai fatti morire? Perché non ci hai protetti dall’apocalisse? Perché te ne sei
andato?
– Avevi giurato di rendere onore a Fergus, avevi giurato di essere come lui!
– Hai mancato la promessa!
– Sì. La promessa… – fece eco una bambina…
–. E ora cosa sei, Asgarath? – gridò un uomo, puntandomi il dito contro. –Non sei nulla!
– Nulla!
– Nulla! Nulla! Nulla! NULLA!!
– State lontani da me! – gridai pervaso da rabbia, terrore e disgusto per quello che vedevo. La mietitrice
balenò famelica, bramando di avventarsi contro quegli esseri…
I cadaveri si avvicinavano sempre più, ombre lacere e resti convulsi di ciò che furono in vita.
Le voci degli Hylden risuonavano come una litania dentro la mia testa, cercando di abbattere la mia
determinazione, di creare una breccia, di farmi abbassare le difese… Li guardai, stravolto, ormai
accerchiato da quel carnaio ambulante.
Dannazione!
Non volevo martoriare ancora di più quei corpi! Erano uomini, erano i resti della mia gente!
– Andatevene…– supplicai…
Ma gli Hylden non mi ascoltarono. Il loro cerchio si fece più stretto. Dieci, venti, trenta uomini, vecchi,
giovani, donne e bambini solo nelle fattezze fisiche, mostri folli ed esiliati nell’animo.
– Ci hai fatto morire, Asgarath…
– Siamo morti per causa tua… Causa tua… Causa tua…
Esplosi di rabbia. Lanciai un grido e mi scagliai contro quegli esseri abbietti e ripugnanti.
Come osavano giudicarmi, proprio loro che avevano causato quella follia? Proprio loro, che avevano
creato un’arma di distruzione totale come la Massa? Proprio loro, che avevano maledetto gli Antichi?
La mietitrice falciava a destra e a manca bruciando, mutilando e tagliando.
Il fuoco magico esplose in tutta la sua potenza, spandendosi a ondate furiose dal mio corpo. Anelli di
fiamme blu avvolsero tutta quella massa mostruosa. I corpi presero fuoco e caddero al suolo, ancora più
martoriati di poco prima. Le fiamme corrodevano e bruciavano e sfrigolavano e divoravano quei resti
umani da dentro… Udii delle grida strazianti, non umane, emesse da quelle bocche. Gli hylden urlavano,
straziati, mentre il potere sacro bruciava le loro anime e si sfamava della loro empietà e corruzione…Poi i
loro spettri infami abbandonarono i corpi e fuggirono via, svanendo nella notte, ombre alate verdognole,
effimere come fumo e odiose come veleno!
Svanirono tutti via, nel regno spettrale, o forse ritornati al Divieto per non esser divorati dai servi del dio
che avevano rinnegato…
Non lo sapevo… Non volevo saperlo e non mi importava!
Con un grido e un pianto senza lacrime, abbandonai quel carnaio e mi diressi verso i campi, in preda alla
più completa follia e disperazione.
Mi avevano costretto ad uccidere una seconda volta il mio popolo, e questo non me lo potevo perdonare!
Non seppi per quanto scappai, né che cosa mi fece rinsavire, ma alla fine. In qualche modo mi calmai.
Crollai a terra, ansante e sfinito dalla corsa e dalla fatica causata dagli incantesimi scagliati prima.
Le voci degli Hylden mi avevano abbandonato e non le sentivo più.
Ciò nonostante, le loro accuse continuavano ancora ad echeggiare nella mia mente.
Avevano ragione, in un certo senso.
Speravo di aver rimosso certe cose, ma a quanto pare erano sempre rimaste in fondo alla mia mente,
bagaglio di una vita finita e defunta e di eterni rimpianti.
E nel mentre mi ricordavo gli eventi che mi avevano portato ad abbandonare il feudo e ad allontanarmi
dalla mia gente: le strane belve che razziavano i campi e che uccidevano le persone, la caccia a cui presi
parte assieme ai soldati del Duca per stanarle, la comprensione di trovarmi di fronte a qualcosa di
disumano, esseri che non erano né bestie né uomini, cose irte di aculei e tentacoli e chele e pungiglioni
velenosi che non avevano alcuna ragione di essere.
Era proprio l’attacco di quelle mostruose creature, che mi aveva spinto ad abbandonare la mia gente,
partendo in una missione solitaria.
Avevo seguito le loro tracce a ritroso, giungendo prima ai Pilastri abbandonati, senza trovar nessun
guardiano a illuminarmi, e poi a Uschtenheilm, scoprendo che quegli orrori provenivano dal Dark Eden.
Ma prima che potessi raggiungere quel luogo per aver le risposte, avevo scoperto con mio grande
scoramento quanto folle fosse stata quella mia decisione: avevo abbandonato la mia gente per estirpare
alla radice l’origine delle creature che stavano devastando loro e Nosgoth…solo per lasciarla in balia di
Demoni e Hylden, senza alcuna difesa o possibilità di scampo, senza alcuna magia efficace per
proteggersi.
In quegli attimi mi ricordai di quando, dalla cima di una montagna vicino al Rifugio di Janos, assistetti al
crollo dei Pilastri e all’inizio della fine del mondo.
Era stato allora che avevo compreso il mio errore; Kain aveva condannato le Sacre Colonne, liberando
quegli orrori dal luogo in cui erano imprigionati.
Avevo fatto ritorno alla mia terra in fretta e furia, passando per luoghi e lande devastate e irriconoscibili,
mentre il mondo cambiava a vista d’occhio sotto i miei occhi, fino a diventar in poche ore la parodia di se
stesso.
E non avevo ottenuto nulla. Solo di farmi ammazzare a mia volta… E non era stato per mano mia che
ebbi la salvezza.
Avevo raggiunto i miei cari, la mia famiglia, il Duca Eton e la moglie Ellenren, che mi avevano cresciuto e
allevato come un figlio alla loro corte, benché fossi orfano a causa della peste.
Erano circondati dai demoni in ogni parte. La loro gente era morta. I loro soldati erano morti, Fergus, il
mio maestro e mago di corte, era morto dieci anni prima di vecchiaia.
Avevo fatto appello a tutto me stesso, ricorso a ogni magia che conoscevo all’epoca, a tutti i poteri che
avevo da umano, a tutta la padronanza degli elementi che avevo allora, nettamente superiore a quelli che
ho ora da mietitore.
Ricordai quando un demone verde mi colpì con la lama del suo braccio,così forte da spezzare la mia
spada.
Ricordai l’esplosione che ne seguì e lo strano essere di luce che mi aveva salvato da quei mostri,
facendomi dono di una nuova vita come angelo vendicatore. Era così che ero giunto all’Alleanza e che
avevo conosciuto Respen.
E mi ricordai anche di un’altra cosa: la mia lama, la mia mietitrice. La mia spada mi era stata donata
dalla stessa creatura che mi aveva salvato la vita per farmi diventare un protettore dei Pilastri. Era una
parte di lui. Rispondeva delle mie azioni, ma rispondeva anche delle sue volontà.
A volte la spada si rifiutava di combattere, quando ero troppo accecato dall’ira per ragionare, altre volte,
invece, si muoveva quasi da sola, come per proteggermi. Era al tempo stesso una spada, un giudice e un
protettore.
Allora guardai la mietitrice, memore di tutto ciò, e compresi la verità: non ero solo. Non ero mai stato
solo un solo momento da quando ero rinato come mietitore.
Perché, attraverso la lama, il mio salvatore era sempre vicino a me, e anche se non mi parlava e non lo
vedevo, continuava comunque a vegliare la mia incolumità, e a impedirmi di cadere preda della follia o
dei pericoli.
E fu grazie a questo pensiero che uscii dalla disperazione, ritrovando una piccola speranza.
Mi rialzai con una nuova determinazione, e mi diressi di corsa al castello.
Forse, ero ancora in tempo per cambiare il passato.
Sapevo che era solo una visione, un’eco di ciò che poteva essere e di che era stato. ma volevo comunque
provarci.
“E’ possibile cambiare il passato, magari per vendetta, lasciando il futuro inalterato?”
L’avrei saputo presto, Soul.
Risalii la collina in fretta e furia, facendomi largo fra la cenere e i ceppi bruciati degli alberi. Superai il
ponte levatoio, abbassato. Saltai le assi divelte e rotte dove era crollato, oltrepassai il pesante cancello, le
grate scardinate e divelte dalla furia dei demoni che avevano fatto irruzione al castello.
Mi trovai nuovamente nel vestibolo riccamente arredato del maniero.
Tutto era immerso nell’oscurità e nel buio.
Gli arazzi erano strappati, l’intonaco dei muri crepato, i lampadari di cristallo infranti.
Come un dejà vu, in mezzo a quel caos vi erano i corpi dei soldati della Guardia. Il capitano era lì,
esattamente come me lo ricordavo, impalato con un’ascia demoniaca.
Raggiunsi il corpo e lo stesi a terra, disgustato dal vedere quell’uomo così valoroso ucciso in un simile
modo.
Gli estrassi l’arma dal corpo, poi lo adagiai e gli chiusi gli occhi, augurandogli la pace.
Brandii l’ascia demoniaca nella stessa mano in cui impugnavo la mietitrice.
La spada fantasma si avvinse all’ascia, avvolgendola e avviluppandola nel suo fuoco. Una doppia arma
congiunta, uscita dagli Inferi per mietere vittime.
Non persi altro tempo.raggiunsi le scale in cima al corridoio e le salii in fretta e furia, diretto alla sala del
trono.
Man mano che mi avvicinavo e che salivo verso l’alto, sentivo dei rumori di lotta divenire sempre più forti.
Grida, urla, ringhi, gemiti di creature che morivano, cadevano e sibilavano, echi di magie scagliate con
tanta violenza da far tremare il castello.
Raggiunsi il terzo piano, e da lì, percorsi il piazzale antistante alla porta della sala del trono, un luogo
coperto da stendardi, con mosaici e affreschi raffiguranti la storia del feudo e con armature disposte a far
la guardia di fronte all’enorme portone che dava allo scranno. .
Era tutto immerso nell’oscurità più completa. Solo la luce dei lampi e dei tuoni che si infrangevano
al’esterno rischiarava quel luogo.
Notai che vi erano dovunque dozzine di corpi, i resti dei delle ancelle, dei cortigiani e della guardia
personale del Duca, tutti spazzati via, spezzati e contorti, uccisi nel fiore dagli anni da quella furia
apocalittica.
Sentii delle voci, piangenti e gementi, delle ombre emergere dall’oscurità, provenire verso di me.
Mi nascosi appena in tempo, ritirandomi dietro una nicchia della parete.
Due figure familiari, un uomo con una folta barba bruna, ben vestito, con una corona sul capo, un
mantello rosso e un’armatura bianca indosso, e una donna dai lunghi capelli neri, abbigliata con una
lunga tunica verde mi sfrecciarono davanti, troppo presi a fuggire per accorgersi di chi li osservava.
Le urla del combattimento del mio alter ego umano diventarono sempre più forti.
Udii uno schianto, e un grido umano. La riconobbi. La mia voce.
Il gemito emanato quando la Spada di Fergus era stata spezzata!
Restai in silenzio, gli occhi sbarrati, le orecchie tese. Anche le due figure si fermarono,voltandosi indietro
atterrite.
Poi ci fu un’esplosione, una deflagrazione enorme che fece tremare tutto il castello con una violenza
inaudita.
I combattimenti cessarono, le grida finirono.
Silenzio.
Passarono i minuti, Duca e Duchessa si sciolsero dal loro abbraccio protettivo, e si guardarono negli occhi.
La donna era in lacrime, l’uomo le tratteneva a stento.
Rimasero lì parecchio, incerti se tornare indietro, o se riprendere la fuga.
– È finita… Egli è morto. – disse l’uomo., rompendo il silenzio. – Dobbiamo andarcene, moglie. Dobbiamo
fuggire da qui, lasciare Nosgoth e trovare un luogo in cui salvarci da quest’ecatombe. Seguimi.
– No.
– Perché no?
– E se fosse ancora vivo? Forse sta morendo! Dobbiamo tornare indietro e aiutarlo!
L’uomo guardò alla sala del trono, poi scosse la testa.
– È pericoloso indugiare. Ha fatto quel che voleva fare. Si è sacrificato per consentirci la fuga! Saremmo
degli stolti se mandassimo all’aria il suo sacrificio! Non possiamo più restare qua!
– Ma… Come puoi abbandonarlo? È nostro figlio! È tuo figlio!
Eton guardò la moglie negli occhi, non sapendo cosa replicarle.
Poi, dietro di loro, udirono un roco sussurro. Si voltarono e videro il corridoio oscurarsi e una nera
presenza avanzare minacciosa verso di loro. Due occhi da insetto, neri e dai riflessi purpurei li fissavano
dall’oscurità.
– Umaaaani…La vostra ora è giunta! Vostro figlio non può più difendervi! – Disse l’essere.
Marito e moglie gridarono, si presero per mano e scapparono via. Il demone mosse una mano, e una
barriera di ombre si materializzò davanti a loro, bloccandogli la strada. Un’altra barriera apparve dietro il
demone e una terza davanti al portone della sala del trono. Erano bloccati.
IL demone ombra rise, avanzando lentamente verso di loro, pregustando la loro uccisione.
Eton mise Ellenren dietro di se e sguainò il suo spadone. Un’arma bianca e lucente, che perfino in
quell’oscurità emetteva una debole luce gialla.
– Stai lontano, progenie infernale! – gridò il conte.
– Umano… Sei debole… Quello spillo non può nulla contro di me!
Il demone avanzava sempre più con la sua andatura claudicante, le chele aperte di fronte a se, le tenebre
tutte attorno.
Distava ormai meno di dieci passi da loro.
Eton indietreggiò. Finendo con le spalle contro la barriera.
Disperato, tentò di romperla con la spada di luce, colpendola selvaggiamente. Non ottenne nulla: lo scudo
magico non voleva saperne di cedere e lo respingeva brutalmente indietro…
Il Duca e la moglie guardarono il demone, terrorizzato.
– Va bene. Prendi me, ma lascia andare lei! – disse l’uomo.
Il demone rise.
– No! Sono qui per tutti e due. Venite da me, su, umani… Non resistete! Posso essere molto veloce e
risparmiarvi inutile sofferenze se volete!
Il duca guardò per un’ultima volta la moglie, uno sguardo che diceva tutto. Poi impugnò la sua spada
sacra e lo caricò con un affondo.
Il demone rise e parò il colpo.
Afferrò la spada con una delle tenaglie e gliela strappò di mano con uno strattone facendola cadere
lontano.
Ellenren chiuse gli occhi.
Il demone afferrò il duca con le chele, serrandolo nella sua morsa, ridendo sadicamente. Il Duca ansimò,
soffocando in quella stretta mortale… E poi…
E poi un’ondata di fuoco azzurro di una potenza e purezza sfavillante colpì in pieno il demone,
sbalzandolo di lato. Eton si liberò dalla morsa e tossì, cadendo rovinosamente a terra.
Il demone si contorse nelle fiamme, mentre esse ardevano sul suo carapace, stavolta abbastanza forti da
intaccarla.
Poi si rialzò.
Una figura incappucciata, vestita con un manto druidico blu stranamente familiare agli occhi del Duca e
della Moglie, apparve da un nascondiglio.
Guardava il demone con odio e disprezzo, gli occhi bianchi e luminosi contratti in un due fessure maligne.
– Lasciali stare. Prenditela con me!
Il demone fissò la figura, notando un certo senso di familiarità.
– Eh? Che cosa ci fai “tu” qui? Hash’Ak’Gik ti ha distrutto!
Sapevo a chi si riferisse.
– Mi hai scambiato per un altro, però non ti sbagli molto. Sono della sua stessa specie, sai? Vattene!
Lasciali stare! Veditela con me se proprio devi!
Il demone mi fissò con rabbia, poi guardò le sue prede, sconvolte e sgomente da quello che vedevano.
– NO! Loro devono morire! I miei padroni..
– I tuoi padroni verranno distrutti,demone! Dagli stessi esseri che credono di aver appena schiacciato!
Non c’è vita né vittoria per te a combattere per loro! Rinuncia!
– MAI!
Il demone mi si avventò contro, le chele in avanti per afferrarmi e stritolarmi.
Non me lo ricordavo così veloce… Vero anche che il suo alter ego da me incontrato nella villa di Vorador
era più vecchio, stanco e frustrato da millenni di abbandono…
Attesi fino all’ultimo secondo, poi mi mossi.
Scartai bruscamente di lato, con una velocità sorprendente, l’ascia demoniaca che brandivo in mano si
mosse di scatto, come anche la mietitrice di fuoco. La spada incendiò la scure, ed esse si abbatterono con
violenza contro una delle tenaglie del mostro, tranciandogliela di netto. L’ascia si ruppe nel colpo,
sbalzandoci ambedue indietro.
Il futuro guardiano della Villa di Vorador cadde a terra, grondante sangue verde. Io volai dall’altra parte,
sconvolto tanto quanto lui.
– Ma…Ma che cosa sei tu? – mormorò con astio.
– La tua morte, se non rinunci! Vattene! – gli ingiunsi, rialzandomi!
– No!
Il mostro si rialzò, e con uno scatto sorprendente mi attaccò di nuovo. scagliando dei proiettili d’Ombra
contro di me per accecarmi. Un trucco che conoscevo già. Ma stavolta, non sarei rimasto vittima del suo
veleno!
Scagliai un Glifo di Forza. I proiettili si infransero su di esso, esplodendo in nuvole di Tenebra che
svanirono fondendosi al buio del corridoio.
Il demone venne sbalzato nuovamente all’indietro.
Subito dopo, una raffica di fiamme azzurre lo raggiunse bruciandogli gli occhi e la testa, il mostro
arrancò, stupito dalla potenza di quel fuoco, devastato dal bruciore e dall’orrore che scatenava nel suo
animo. La sua corazza iniziò ad annerirsi, il braccio mutilato sanguinò furiosamente.
Le fiamme continuarono incalzanti, facendolo arretrare fino al muro.
–. RINUNCIA! – gridai. Ero sfinito. Iniziavo a sentire la stanchezza per l’abuso di tutti i miei poteri. Non
sarei durato ancora a lungo.
Ma continuai a bruciarlo e il demone gridò di dolore, un corpo deforme viola avvolto in fiamme azzurre.
Poi Eton balzò addosso al mostro, la spada sacra in mano, menando un colpo diretto e preciso in mezzo al
suo petto. La spada si conficcò per venti centimetri nella corazza, che, indebolita dalle fiamme, non riuscì
a contrastare la magia di quell’arma.
Il demone venne trafitto al cuore e si accasciò a terra. Fu scosso da alcune convulsioni, poi si dissolse,
ormai inerme.
La sua anima si liberò da quell’involucro immondo, vorticando di fronte a me.
Ansante, in ginocchio, spossato dalla battaglia, la divorai di istinto per ripristinarmi le forze e non cader
nello Spectral.
Non fu una cosa che feci del tutto volontariamente, fu più un automatismo.
I miei occhi si accesero, e io risi di soddisfazione… Poi mi rialzai, nel pieno delle forze. Non mi ero mai
sentito così appagato. Finalmente mi ero vendicato di quel mostro. Finalmente avevo davvero salvato la
mia famiglia… Senza sapere che avrei pagato il prezzo di quell’atto.
Già, perché le barriere d’ombra svanirono, ma Eton non fuggiva.
Mi guardava diffidente e ostile, brandendo la sua spada contro di me, girandomi attorno per raggiungere
sua moglie.
Li guardai.
– Duca… Padr…
– Stammi lontano mostro! Non so chi tu sia o perché ci hai salvato, ma non ci avrai!
Lo fissai per un istante, stupito da quella reazione. E poi capì. Non mi aveva riconosciuto. Non mi avrebbe
mai riconosciuto, con l’aspetto grottesco che mi ritrovavo come mietitore!
Spensi il fuoco azzurro.
La mietitrice sparì nel braccio.
Indietreggiai, cedendo loro il passo.
– Andate… Fuggite via da qua! Trovate un posto sicuro e rifatevi una vita. Io non vi fermerò. –risposi,
inginocchiandomi di fronte a lui, con una voce che sembrava quasi un sussurro.
Il conte mi guardò perplesso ed esitante. Una parte di lui esitò, un’altra continuò a fissarmi con paura e
rabbia.
Guardai Ellenren, ma anche nei suoi occhi non vidi riconoscimento o gratitudine. Solo paura.
I due esitarono un attimo. Poi Eton prese la mano della moglie,e fuggì via con lei, due ombre nella notte
di un’epoca defunta.
E lì mi abbandonai a me stesso e al pianto. Quella visione mi fece capire che non avrei mai potuto riavere
indietro il mio passato, né cambiarlo. Non avrei mai potuto dare l’estremo saluto a coloro che mi avevano
cresciuto e fatto diventare quello che ero… Eravamo tropo distanti. La morte ci separava, e ci eravamo
detti addio già prima, in un altro tempo, e un altro luogo.
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare nell’oblio della disperazione per ciò che avevo definitivamente perduto,
consolato solo dal fatto che, se avessi potuto, avrei potuto cambiare le cose.
E fu con queste considerazioni che mi addormentai, stremato, pervaso da uno strano senso di
vertigine,come se la realtà si piegasse su se stessa.
Se avessi potuto piangere, avrei versato un oceano, in quel frangente.
E così, non mi accorsi del modo con cui il mondo si dissolse attorno a me, distorcendosi come il riflesso di
un lago dalle acque increspate.
Oblio.
6 Oscuro presente
Mi risvegliai nel Regno Spettrale, in un piccolo stanzino buio, illuminato solo dalla fioca luce del regno
spettrale.
Impiegai parecchio tempo a raccapezzarmi sul significato di quel luogo.
Un’altra visione… che significato avrebbe avuto stavolta? Mi domandai.
Mi alzai e osservai meglio il luogo.
Nessuna anima, nessuno sluagh o predatore. Ciò nonostante, mi sentivo stranamente rinvigorito, come al
risveglio da un lungo sonno notturno. Scoprii di essere in una cella di qualche luogo ignoto. C’erano delle
sbarre, in cima, ma erano troppo in alto per raggiungerle, e le pareti erano lisce e inscalabili. La porta era
in acciaio, pesante e spessa, i cardini ben oliati e tenuti. Unici oggetti della stanza: un secchio da notte,
un pagliericcio per dormire. Catene affisse alle pareti. Era una stanza piccola, di meno di dieci metri
quadri. Nemmeno nel regno materiale avrei potuto fuggire da lì.
Ciò nonostante, in mezzo a quello spazio angusto vi era un piccolo portale. Mi chiesi se fosse lì per caso o
per altro…
Lo utilizzai e il mondo divenne tutto buio.
Solo una debole luce rossa e crepuscolare illuminava la stanza, penetrando dalla finestra.
– Ah, ti sei svegliato… –disse una voce rauca e stanca, facendomi sussultare. – Hai dormito bene, nel tuo
regno?
Mi voltai verso la provenienza del suono.
Vidi un vecchio. Il viso una maschera di rughe, i capelli lunghi e ispidi, la barba lunga fino alle ginocchia.
Era sporco e logoro in una maniera indecente, puzzava ed era seduto sul pagliericcio.
Una gamba era annerita, vittima di cancrena, o di qualche strana malattia. Mosche ronzavano attorno al
suo corpo in disfacimento.
– Ch… Chi sei? – domandai sorpreso – Che ci faccio qua? Che posto è questo?
Il vecchio mi fissò senza scomporsi, poi si portò un dito alla bocca.
– Sssst… Loro sentono… Dovresti stare nel tuo reame. Lo sai che cosa ti fanno se ritorni.
– Loro? Loro chi? – incalzai.
– Loro… – il vecchio guardò verso la porta, poi non disse altro.
Non capii.
Mi sedetti in un angolo, lontano dall’estraneo e dal puzzo, cercando di riflettere e di raccapezzarmi.
Nonostante rimasi a rimuginarci sopra per ore. Non venni a capo di nulla.
Poi, udii i passi. Passi strascicati, di una cosa umida e viscida che cammina su dura pietra. Ciak, cik, ciak
cik, ciak, cik… conoscevo solo delle creature che camminavano così…
– Rahabim? – esclamai, stupefatto
Mi voltai verso l’uomo. – Vecchio, che significa quest…
Udì scattare la serratura e la porta si aprì con un cigolio.
Una sagoma massiccia e coperta di squame entrò dentro la cella, fissandomi malignamente.
A quella vista, impallidii.
Lo riconobbi subito.
Bak – Um. Il luogotenente di Driel Kan a cui avevo staccato un braccio nella Villa di Vorador e a cui avevo
sterminato l’intero clan… con l’aiuto dello stesso demone ucciso da me e da Eton poco prima…Ma che ci
faceva lì? Sgranai gli occhi in preda allo stupore, troppo sgomento per far altro.
Il vampiro entrò, sorridendo malignamente. Gli occhi rossi bulbosi, la faccia simile a quella di un rospo, i
denti aguzzi da pesce che luccicavano nel buio, affilati come lame. Notai che il braccio che gli avevo
amputato era parzialmente ricresciuto fino al gomito, e questo mi diede un’indicazione dell’epoca in cui
mi trovavo…Il presente… o un futuro prossimo?
– Salve, druido. Dormito bene? È passato un mese dalla mia ultima visita. Ti sei deciso a diventare più…
collaborativo? La prossima volta potrebbero venire qua Medea o Kan, e non penso che con loro potrai di
nuovo rifiutarti. – sbottò il vampiro. Poi guardo il vecchio.
– E tu, che ci fai ancora vivo? Avevo dato chiare istruzioni a quegli incapaci di ucciderti! –Il vampiro gli
balzò subito addosso, afferrandolo con il braccio sano, cogliendo il poveraccio completamente di sorpresa.
– Cosa gli vuoi fare – gridai
– È un traditore, e i traditori vanno eliminati, vero, “Re di Willendorf?” Hai resistito fino all’ultimo, ma ora
la tua ora è scoccata! Salutatemi L’Uno, Vostra Maestà! – detto ciò, il Corrotto addentò al collo il vecchio,
succhiandogli avidamente il sangue. L’uomo gemette e sussultò, dimenando le braccia e le gambe scarne
e nodose in preda al panico, il corpo scosso da convulsioni.
– Ehi! Lascialo stare, mostro! – mi gettai istintivamente contro il corrotto, evocando la mietitrice…Solo
che… stavolta la mietitrice non appariva! Bak um ne approfittò e mi allontanò con uno spintone,
sbattendomi contro il pagliericcio.
– Non disturbarmi mentre mangio! – sbottò, con la bocca piena di sangue. Poi riprese a prosciugare il
vecchio, spezzandogli il collo con un crack, tanta era la violenza con cui lo azzannava. Tentai nuovamente
di reagire, di rialzarmi,di muovermi, di aiutare quel disgraziato.
Inutile… Bak Um tese una mano, e un campo telecinetico mi immobilizzò sul giaciglio, impedendomi ogni
reazione. Vidi inorridito l’anima dell’uomo uscire dal corpo e Bak Um gettar via il cadavere ormai esangue
contro un muro.
Guardò l’anima e fui sorpreso dal constatare che la vedeva anche lui.
– Credi di fuggire? Ho detto… Che per i traditori c’è solo la morte!!! – detto ciò,. Il vampiro scagliò contro
lo spettro un lampo di energia verde. L’anima dell’uomo esplose in una conflagrazione, mentre un alone
di morte si sparse per tutta la stanza.
Lo Spirith Death? La Telecinesi? Da quando in qua quel vampiro godeva di simili poteri???
Ero talmente inorridito e spaesato, che non riuscì a reagire in alcun modo a quell’orrore.
Non ci capivo più nulla.
Che significava? Che stava succedendo? Perché ero lì???
– E ora veniamo a te, mietitore…
Bak-um mi guardò sogghignando, poi mi portò dinnanzi a lui, sollevandomi con la telecinesi.
– Vogliamo parlare dell’Alleanza? Dove si nascondono gli ultimi di loro? Me lo dire con le buone o devo
darti lo stesso Fato che ho inflitto all’ultimo nobile della razza degli Uomini? – mi chiese ironico.
– Ch… Che cosa significa tutto questo? Dove siamo? Che ci faccio qua? Che ci fai TU qua! Credevo di
averti ucciso!
Il vampiro mi guardò perplesso, poi sbatté malamente contro una parete, inchiodandomi con il campo di
stasi cinetica.
– Beh? Che ti è successo? Star sei mesi qua senza veder anima viva o morta ti ha fatto uscire di senno? O
hai deciso di fingere un’amnesia per chiedere infermità mentale?
– Io…Io non so davvero di cosa tu stia parlando,… – Gemetti.
–Sì? Strano, sei mesi fa hai lottato come un dannato, ed è stato solo perché siamo riusciti a tramortirti
nel regno materiale che siamo risusciti a relegarti qua… E ora fai lo smemorato… Mmm, Bene, mi
piacciono i giochi, mietitore.
E starò al gioco e ti racconterò una bella storiella, così magari ti rasserenerò un po’. Poi forse, risponderai
alle mie domande, che ne dici?
– Beh…M… Mi sembra un buon affare… – mormorai…
“Qualunque cosa pur di comprendere quella follia” pensai.
Bak-Um si sedette in un angolo della cella, tutto squame e corpo taurino.
Il campo cinetico non si dissolse, però si indebolì abbastanza da permettermi da adagiarmi sul
pagliericcio.
Il vampiro attese che fossi in una posizione comoda, poi iniziò a narrare:
– Allora, devi sapere che c’era una volta un’assassina chiamata Srivia. Questa donna era cresciuta in una
famiglia di sicari al soldo dei Sarafan, che abitava in una villetta sul mare, a metà strada fra Meridian e la
Prigione Eterna. .All’età di cinque anni ella fu incaricata di mietere la sua prima vittima, un bimbo di
nome Guarjj. Un trauma tremendo per una bambina, non credi? Comunque, Guarjj non morì come lei
credette…Venne trovato da uno di noi, mezzo morto e dissanguato. Costui decise che era un peccato
sprecare un infante in quel modo e così lo salvò, dandogli il dono oscuro. Guarjj divenne uno del mio
clan, e visse con noi, crescendo fino a raggiungere la giovinezza. A quel punto, da buon vampiro
consapevole della nostra superiorità sull’Uomo, decise di vendicarsi verso la donna che aveva cercato di
accopparlo. Noi lo incitammo e lo benedimmo in questo, e lui fu ben felice di farlo.
Sgranai gli occhi. Anche se Respen mi aveva già raccontato di Guarjj, della sua morte e del suo sacrifico e
del perché Shaar odiasse così tanto i Sarafan e i corrotti, soprattutto i rahabim, quei fatti non li
conoscevo minimamente… Bak um continuò, ignorando il mio stupore
– Ma a quanto pare, non siamo stati abbastanza bravi nel vampirizzarlo. In lui era ancora rimasta la
debolezza degli uomini, la loro passione, la loro impulsività. Invece di uccidere Srivia, se ne innamorò
perdutamente. Noi allora lo esiliammo dal clan e Driel Kan stesso lo maledì.
Ma Guarjj non si fermò neppure di fronte a quello. La sua amata venne incaricata di recuperare un monile
appartenuto a Vorador, con dentro una goccia del sangue del famoso Janos Audron. La missione riuscì
solo in parte,perché suo fratello morì e lei stessa rischiò di essere uccisa dalle guardie. Si gettò in un
fiume per salvarsi dalle loro lame, preferendo la morte per annegamento a quella che le avrebbero
riservato.
Ma Guarjj la salvò rendendola una rahabim, rendendola una di noi. Sacrificò tutto se stesso per lei e morì
dinnanzi a lei, dichiarandosi. Molto commovente, no? Il medaglione in qualche modo protesse Srivia dalla
mutazione, e così ella conservò comunque le sue sembianze umane, così attraenti per quelli della sua
specie…E così ripugnanti per noi! Comunque, avremmo anche potuto prenderla con noi, se non si fosse
messa a farci la guerra con tutta l’Alleanza.per vendicarsi. Poco dopo aveva cambiato il suo nome in
Shaar Naik. E da allora, il numero dei rahabim sterminati dai mietitori e dai vampiri è aumentato
drasticamente! Perfino quelli del Lago delle Anime Perse furono uccisi da un tuo simile di nome Bleed,
benché non avessero fatto proprio nulla per attirare le attenzioni di Respen! E poi… E poi ci fosti tu…
raggiungesti il mio covo, la nostra nuova casa nelle viscere della villa di Vorador in cui ci eravamo
stanziati sotto ordine di Kan, poco dopo che Shaar aveva ucciso alcuni del mio clan agli inizi della sua
vendetta.
Dicevi di non esser lì per noi. E io ti ho quasi creduto, e ti ho anche scambiato per un umano, per un
mago dei Sarafan,e pensavo che essi ci avessero trovati! Altro che Sarafan! Cosa dovrei dire di questo??
– gridò, indicando il suo braccio mutilato.
Mi sbatté contro le pareti con la telecinesi, fino a quando non mi scricchiolarono tutte le ossa, poi mi
buttò a terra senza tante cerimonie,sotto i suoi piedi. Alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi rossi posati sopra
di me, pieni di furia.
“Questo… Questo lo so, più o meno…quello che non so è perché mi trovo in questa situazione! – risposi,
tossendo. – Tu… Tu dovresti essere morto. Il demone ombra...
– Quale demone ombra? – gridò il vampiro.
Gli raccontai quello che avevo fatto una volta penetrato nella cripta della villa dove si trovavano le due
pergamene cercate da Respen.
Gli dissi del demone di guardia agli scrigni, di come fosse una mia vecchia conoscenza, e di come l’avessi
risparmiato in punto di morte per pietà, convincendolo a difendere la villa dagli invasori e a riprendere
servizio per Vae, erede del suo defunto padrone.
Quando terminai il resoconto dello sterminio del suo clan, Bak – Um mi guardò con disprezzo, ma anche
con un misto di sorpresa e incredulità.
– Così, erano queste le tue intenzioni, eh? Uccider me e tutti i miei figli per mezzo di un demone, astuto!
Molto astuto! Ma non è andata così! Non è andata affatto come dici tu! Questo…devi essertelo sognato!
Chissà, magari i lunghi mesi di stagnazione in questa cella ti han fatto venire in mente un simile delirio
per infonderti speranza, o per autoconvincerti di essere ancora libero e vivo o che in tuoi amici esistano
ancora! Ma non è così! Vuoi sapere la verità? Vuoi sapere come è andata! Prova a ricordartelo, e quando
te ne ricorderai…
Non termina la frase.
Mi sollevò con un braccio, dopo avermi avvolto nuovamente nella telecinesi per impedirmi di muovermi,
mi sbatté malamente contro le pareti, poi mi afferrò il braccio destro e… Me lo tranciò di netto con uno
dei suoi morsi devastanti…
Poi mi lasciò andare, gridante, annaspante dal dolore e grondante sangue azzurro ai suoi piedi,
liberandomi finalmente dalla telecinesi.
– Ora siamo pari, mietitore! Ma siccome ti ricrescerà appena andrai nel regno spettrale, sappi che ti
riserverò lo stesso castigo ogni volta che ti vedrò, fino a quando i miei padroni non si stancheranno della
tua presenza o non sapranno quello che devono sapere da te! è chiaro che oggi non hai voglia di parlare.
Tornerò domani, e ti rifarò le mie domande per una settimana. Forse così ti scioglierai la lingua e
recupererai il senno! E ti conviene collaborare, perché, se ti ostini con la tua reticenza…
Mi indicò il corpo del re di Willendorf morto.
– La tua anima subirà la stessa sorte, sono stato chiaro?
– Ch…chiarissimo, – gemetti, svenendo per l’emorragia in preda all’orrore, dolore e all’incredulità per
quella follia.
La figura di Bak-Um si dissolse e rimasi nuovamente solo con me stesso, nell’ombra verdognola e
ristoratrice del Regno Spettrale.
7 Paradosso
Non so per quanto tempo rimasi lì, perso nei miei pensieri, mentre lo Spectral rigenerava pian piano le
mie ferite e la mia salute.
So solo che fu un tempo incalcolabile. Un tempo in cui lottai invano per rimettere a posto tutti i pezzi di
quel puzzle.
Innanzitutto, perché ero lì? Non riuscivo a ricordare come ci fossi arrivato… Mi ricordavo della missione di
Soul, dei Mentaliti, della setta, delle meraviglie tecnologiche della loro rocca, dei loro inganni e delle loro
visioni… Visioni…Era tutta quanta una visione. Un’eco di eventi passati, un sentore del presente, una
probabilità del futuro. Ecco in cosa mi avevano intrappolato Taceto e Cornelio. Mi ci vollero ore per
riacquistare abbastanza lucidità da ricordarmene. E quello fu il punto di partenza delle altre mie
deduzioni.
Innanzitutto, mi ricordai che i Mentaliti mentivano continuamente.
Soul era stato molto chiaro in proposito. Con la loro ossessione di scoprire le origini e il funzionamento
della realtà e di superarne i limiti, quello che facevano e pensavano, anche se rendeva possibile
l’impossibile, era comunque una menzogna, un’astrazione delle loro idee e la seguente concretizzazione
di esse. Ma nel creare la loro realtà, essi negavano comunque quella che esisteva davvero! E ciò
significava solo una cosa: tutto quello che stavo vivendo da quando ero entrato nel loro forte era una
finzione. Tutto, tutto quanto!
E ciò mi fece capire che nulla di quell’esperienza onirica era reale. Era solo una probabilità del passato,
del presente e del futuro… O almeno, così sperai vivamente.
E a quel punto, una volta compreso che quella era solo una menzogna creata per mettermi alla prova, per
indebolire le mie sicurezze, per condurmi alla follia e scardinare ogni mio senso della realtà, potei
finalmente analizzare razionalmente ciò che Cornelio e Taceto mi avevano costretto a vedere e a vivere.
Mi chiesi perché ero in quella cella, perché Bak-Um era il mio carceriere? Perché il re di Willendorf era
ridotto in quello stato, uno straccio, un’ombra di fasti perduti? Perché Bak-Um era così potente? Che cosa
c’era che non andava in tutto ciò? Dov’era la discrepanza?
Poi capii! Bak-Um non aveva alcuna memoria del demone ombra che gli avevo scatenato contro! Questo
perché…perché Eton l’aveva ucciso!
No, l’uccisione fisica di un demone non bastava a distruggerlo definitivamente. Le loro anime diventavano
incorporee, ma col tempo potevano comunque riacquistar forma e fisicità… non era stato quello… Era
stato il fatto che avessi divorato quell’anima per la sete di vendetta nei suoi confronti a cambiare la
storia! Ecco cosa era successo! L’avevo fatto per la fame, per la stanchezza del combattimento, ed era
stato più un atto involontario che non… Ma l’avevo comunque permesso per rabbia, per vendetta!
E Soul, non voleva forse far qualcosa del genere?
Voleva andare a cambiare la storia passata uccidendo qualcuno per vendetta, per capriccio personale,
tutto senza mutare il presente!
Ma a quanto pareva, il presente non poteva restare immutato, se il passato veniva alterato… Perfino la
prematura scomparsa di un demone poteva decidere il destino del mondo! Era questo ciò che Cornelio e
che Taceto volevano che scoprissi su me stesso?
Queste furono le mie riflessioni, quando avvenne.
Iniziò tutto con una risata. Una risata sonora, chiara e cristallina, metallica e sovrannaturale, che
all’improvviso eruppe nel regno spettrale dal nulla. Non era di scherno, Era di soddisfazione e di felicità.
Era di orgoglio per qualcosa… Per qualcuno.
E poi, lo vidi…
Apparso non so come e non so da dove, vidi … Lui. L’essere di luce, bianco e candido come la neve, e
abbagliante come il Sole. L’essere che mi salvò dai demoni, donandomi la mia nonvita da mietitore.
L’essere che aveva infranto i limiti del tempo e dello spazio per condurmi al cospetto di Respen e
dell’Alleanza per dar un nuovo senso e contesto della vita!
Chiusi gli occhi, abbagliato dalla sua luce improvvisa.
Come di riflesso, la creatura divenne meno radiosa, e abbassò la sua luminosità abbastanza da
consentirmi di fissarla.
– Dunque, Asgarath. Hai finalmente capito quale è la Verità? Quella su Nosgoth? Quella su te stesso?
– Sei una visione anche tu? Un’eco dei miei ricordi portata alla luce da quei mistificatori? – chiesi,
titubante.
– Tu, che cosa vuoi che io sia, Asgarath? Forse in questo momento hai bisogno di conforto e di risposte, e
allora eccomi qua. Sono tornato apposta per dartele. Chiedi, dunque, e ti sarà detto, senza reticenze o
menzogne. La prova è quasi superata. Hai diritto di sapere il vero!
– Cosa è accaduto quando ho divorato l’anima del demone? In che modo questo ha mutato la storia? E
perché la mietitrice non mi ha impedito di farlo stavolta?
Non è forse un prolungamento della tua volontà, un’appendice che mi hai fornito per guidarmi e
proteggermi? Questa volta non mi ha protetto nemmeno una volta! E non mi ha neppure impedito di far
un’idiozia! Perché? – ribattei.
Ero talmente disperato e bramoso di risposte che non mi soffermarmi troppo sulla veridicità di quello che
avevo davanti.
– Perché quello che ti ho dato può proteggerti dai pericoli e dalle minacce reali e tangibili, ma non da te
stesso, non da una visione e non da una possibilità. Ecco perché stavolta non ti ho fermato la mano!
Dovevi vedere con i tuoi occhi quello che significa la tua incapacità di accettare ciò che hai vissuto!
–. La mia incapacità di accettare…
– Sì… –disse lo spirito, interrompendomi. – Tu rimugini continuamente su quello che hai perso, sulla tua
famiglia umana, sul passato che non esiste più, su quello che avresti potuto fare per loro e non hai potuto
fare. Incolpi te di averli abbandonati e me di averli lasciati morire. Ma ti ho già spiegato che non c’era
molto da fare per loro. Eton e Ellenren dovevano morire quel giorno! Era il loro destino! Gli Hylden han
incaricato quel demone di ucciderli e di dar loro caccia, un secolo prima dell’epoca dal quale gli Ancients
l’avrebbero poi evocato per donarlo a Vorador come custode dei suoi arcani segreti! Se non li avesse
uccisi quella creatura, li avrebbe uccisi qualcos’altro: Hylden, demoni, umani resi folli dal crollo dei
Pilastri! Quante probabilità pensi che avessero di sopravvivere, anche fuggendo da quel castello? Dove
sareste andati tu e loro? Cosa avreste fatto? Tutte le strade che avreste preso avrebbero portato alla
stessa inesorabile morte violenta.
– Può darsi, ma avevo comunque il diritto di scoprirlo assieme a loro. Come fai ad esserne così certo, poi?
– Perché, nel mondo e nella realtà in cui te vivi, il tempo è rigido, fisso e immutabile, e solo i paradossi
possono deviarne la corrente! Solo il libero arbitrio di coloro che sono slegati dalla Ruota del Destino può
davvero fare la differenza! E lo sai!
Per questo ti ho salvato. Per questo ti ho reso ciò che sei. Hai delle potenzialità enormi, Asgarath.
Sprecate in quell’era di rovina, limitate dalla tua natura umana, ma utili ora, nel tempo in cui vivi, ora che
sei un mietitore!
Come membro dell’Alleanza detentore del libero arbitrio tu puoi fare davvero la differenza per molti!
Ricordi come è migliorata la vita del locandiere di Natcholm dopo la tua visita? Ricordi la bimba che hai
salvato dalle fattorie di Uschtenheilm? E che dire del villaggio di Siegthar, assediato e derubato dalle forze
di Morlack? Quella gente sarebbe stata molto peggio senza di te! Capisci questo?
Riflettei per molto tempo, soppesando quelle parole, fissando in silenzio la creatura luminescente.
Poi annuì, alzandomi in piedi.
– Sì, posso capirlo. Ma mi servirà comunque tempo per accettare la loro perdita. – mormorai,
rammaricato. Poi guardai l’essere con un moto di riconoscenza.
– Suppongo però, che te abbia fatto la scelta migliore per il bene di molti, vero? All’inizio non capivo
perché mi avessi fatto diventare così… Ho impiegato molto tempo per accettare me stesso… Per accettare
questo! – risposi, indicando il mio corpo martoriato azzurro.
– E non è facile. La fame di anime diventa sempre più forte man mano che passa il tempo. Man mano che
aumentano i miei poteri e le mie capacità, ho sempre più difficoltà a resistere alle tentazioni di questa
natura da predatore! Ma te lo sapevi vero? Sapevi che sarebbe stata una continua lotta. Eppure hai scelto
me, sicuro che non ti avrei deluso. Non so ancora se a lungo andare la tua sarà davvero la scelta giusta,
ma penso che valga la pena di esplorarla. Ormai, non posso tornare indietro…
Lo spirito fluttuò dinnanzi a me, senza rispondere, limitandosi ad ascoltare il mio soliloquio. Poi lasciò
cadere l’argomento:
– Hai trovato la tua strada, figlio mio. Continua a percorrerla, per il bene degli uomini e di coloro che ami.
Ora, prima che vada, hai un’ultima domanda?
– Sì. In che modo ha cambiato la storia l’aver rimosso da essa il demone ombra? In che modo divorarne
l’anima ha cambiato gli eventi futuri?
Il globo di energia rise, tremolando.
– Non ci arrivi da solo, Asgarath? È tutto connesso! Uccidendo quel demone, hai creato questa linea
temporale! Qui, gli Ancients non hanno potuto evocarlo come custode per i segreti di Vorador. Nella realtà
che hai creato, le pergamene non erano più difese dall’assassino dei tuoi familiari, ma da semplici ombre.
A causa di questo, il tuo confronto col demone e col tuo passato, non è mai avvenuto. Quando hai cercato
di fuggire con le pergamene dalle fogne della villa, non avevi l’aiuto del demone, e hai dovuto farti strada
contro i rahabim da solo! Sei caduto, ti hanno sconfitto e ti hanno catturato! E da allora sei stato loro
prigioniero! Te e Shaar Naik non siete mai andati a Meridian. I figli del Conte Astolf sono morti per mano
dei briganti e Medea ha recuperato la Necrosfera dal bastimento dei Sarafan! Driel Kan ne ha usato il
potere per unificare i clan dispersi dei corrotti sotto la sua guida, e per annullare le loro debolezze a
fuoco, acqua e luce. Così facendo, i Corrotti son diventati più potenti dei Sarafan e dell’Alleanza! Hanno
creato un esercito e hanno schiacciato Nosgoth! L’Alleanza è perita nel combatterli, e solo alcuni di loro
sono sopravissuti. Ora i Corrotti governano Nosgoth hanno in mano loro sia la Mietitrice che i Pilastri. I
Guardiani sono morti, i Corrotti ora sono i nuovi Guardiani, e Bak-Um è quello della Morte!
Capisci quindi, a cosa ha portato la tua vendetta? Pensaci bene, ogni volta che farai una scelta difficile! –
mi rimproverò l’essere, ammonendomi severamente.
Rimasi ammutolito, completamente scioccato dall’enormità di quelle rivelazioni. Era incredibile come il
gesto più stupido potesse creare tanto dolore!
– Allora è un bene che abbia risparmiato quel demone… Ed è stato grazie a te, se ci sono riuscito. Grazie…
–mormorai, inginocchiandomi di fronte alla creatura.
– Non ringraziarmi. Io ho fatto solo quello che dovevo fare per il progresso del tuo mondo. Non ho
sentimenti di amore o di odio. Non sono capace di provarne. La mia specie ha perso da molto tempo la
capacità di provare emozioni. Però,sappiamo cosa è meglio e cosa e peggio per i vari popoli e le varie
razze del Creato. Cosa è giusto e sbagliato, e agiamo di conseguenza. Il tuo mondo è solo uno fra i tanti,
Asgarath, come anche questa tua realtà! Non siete dei privilegiati! Siete uno fra tanti. Anche se devo
ammettere che ci son ben poche realtà interessanti come la vostra!
– Ma…Ma cosa sei tu? In quanti siete? Sei l’abitante di qualche mondo remoto? – gli chiesi, stupefatto.
– Te l’ho già detto, Asgarath. Non è una cosa che ti è data sapere. Guarda le stelle di notte, e avrei
un’idea di chi o cosa sono…Un giorno, forse, quando la gente di Nosgoth sarà più matura, il mio popolo si
mostrerà di più a voi, ma fino ad allora…
– Ma…
L’essere, mi afferrò all’improvviso, colpendomi con un fascio di energia emanato dal suo corpo globulare.
Gridai dal dolore.
– Basta con le domande, Asgarath! Riposati ora… Hai ancora molto da fare, dinnanzi a te! – mi intimò la
creatura.
Caddi a terra, intontito dal raggio, colto improvvisamente da un’irresistibile sonnolenza.
– Comunque, puoi sapere il mio nome… Daggor… Così mi chiamo… Addio, Asgarath… Al tuo risveglio, Soul
avrà le risposte che cerca… E anche te.
– Ma… Ma… – mormorai, sprofondando nell’incoscienza.
“Addio, figlio mio. Rendimi fiero di averti creato! Rendici fieri di te!” Mormorò ancora la creatura, e in quel
momento mi parve di udire altre voci, assieme alla sua, simili eppur diverse.
Poi tutto svanì di nuovo.
.
8 Libera scelta?
Aprii gli occhi, e mi scoprii adagiato in un morbido e soffice letto, nel Regno Materiale. Dentro una stanza
disadorna. Non c’era molto la dentro,a parte la confortevole branda in cui ero disteso: uno scrittoio, una
sedia, una vasca piena d’acqua per le abluzioni, un piccolo scaffale pieno di libri polverosi di storia e
filosofia, e una porta di legno di rovere.
Una finestra rotonda illuminava la stanza di luce dorata, e le ombre si spargevano per mura e pareti. A
differenza del sotterraneo in cui ero stato imprigionato da Cornelio e Taceto, quel luogo era lindo, nitido e
profumato.
Un vaso di fiori, di rose azzurre incredibilmente profumate e variopinte, poggiava sul davanzale,
spadendo odori inebrianti nell’aria.
Guardai il vaso assorto, intontito, non riuscendo ancora a raccapezzarmi bene su quanto mi era avvenuto.
Era reale quel posto? O era solo un’altra visione?
– Ti senti meglio, Asgarath? Avevi proprio una brutta cera, nel sotterraneo! –mi disse una figura familiare,
dai ricci capelli neri e dalla folta barba. Indossava un saio bianco e mi guardava seduto dinnanzi al letto.
Non era solo.
Taceto era al suo fianco, in piedi, le mani dietro la schiena, gli occhi che mi guardavano pieni di interesse
e di stupore con il loro consueto luccichio.
Li osservai titubante, incerto su quanto fossero reali.
– E’ finita? –chiesi, titubante.
– E’ finita. Hai superato la prova, e ora noi…
Cornelio non poté terminare la frase.
Mi alzai di scatto dal letto, sorpreso perfino dalle mie stesse forze.
Non sapevo esattamente cosa mi avessero fatto mentre ero privo di sensi, intrappolato nella mia mente e
negli echi della storia, ma non avrei dato ai due un’altra occasione di farmi del male.
Balzai verso di loro, mietitrice di fuoco in pugno, ardente e sfrigolante, gli afferrai malamente con il
braccio sinistro, cingendoli e sbattendoli con furia contro la parete.
Li bloccai con l’arto, premendogli contro il muro, puntando con rabbia la lama alle loro gole.
– E ora voi COSA? – dissi, furente. – Non mi piace essere manipolato! E non mi piace quello che mi avete
fatto!
– Noi… Noi… – balbettò Taceto…
Cornelio lo zittì, parlando velocissimo al posto suo, la voce tremante e spaventata.
– Noi ti daremo quello che vuoi, Asgarath. Sei libero. Hai superato la prova. Hai distinto il vero dal falso.
Hai visto la Verità su te stesso. Ti sei districato fra passato, presente e probabile futuro. La prova è finita!
Avrai le tue risposte, e anche Soul! Quindi non c’è bisogno di questa insensata violenza…
Li guardai perplesso, cercando di capire se dicevano la verità o meno. Fissavo i loro occhi, e guardandoli
mi accorsi che la loro paura era sincera e genuina. Sì, dicevano il vero.
Ritrassi la spada e mollai la presa, ansante.
I due caddero a terra, poi si rialzarono e si allontanarono prudentemente da me, tirando un sospiro di
sollievo.
Li guardai accigliato.
– Voglio la vostra parola su questo! Voglio che mi diciate le risposte alle mie domande, senza più inganni
e manipolazioni! – ingiunsi.
– Ce l’hai! Lo giuro su me stesso e sul mio ordine! – disse Cornelio.
– Bene, e allora vi chiederò questo e me ne andrò subito! Non voglio stare in mezzo a voi pazzoidi un
minuto di più! Come può fare Soul ad alterare la storia per vendetta senza mutare il passato e il
presente? Io ho provato a farlo nella visione che mi avete richiamato, Ho cercato di salvare la vita ai miei
genitori adottivi, affrontando la creatura responsabile della loro morte. Ho fallito.
L’ho rimossa dalla storia uccidendola prematuramente e la storia è mutata in una maniera intollerabile sia
per me che per tutta Nosgoth! È vero questo? Sarebbe davvero successo così, in una simile circostanza?
– incalzai.
Cornelio annuì.
–Taceto, diglielo tu…Penso che tu sia il più adatto…
– Sì, Asgarath… – rispose Taceto in sua vece. – Era una possibilità. È una possibilità per il futuro, quello
che potrebbe verificarsi, se te avessi l’occasione di vendicarti. Per questo abbiamo evocato quella visione
per te. Dovevi essere avvertito! Dovevi essere messo in guardia su te stesso! Te continui a incolpare te
stesso per quello che sei diventato e per la morte di chi amavi. Questo ti condurrà alla rovina, druido!
Guardai lo storico con un misto di incredulità e apprensione.
– Allora… È per questo che mi avete fatto vivere tutto quello? Per mettermi in guardia e per mettermi alla
prova contro le mie peggiori paure… Potevate almeno dirmelo, prima di iniziare e ingannami con quei
mostri preistorici!
–Non potevamo. Non ti saresti comportato in maniera sincera e autentica. Le tue azioni sarebbero state
forzate. Non avresti imparato niente. – precisò Cornelio,
Taceto assentì.
– Quindi che cosa dovrei imparare da questo? – chiesi sbalordito.
– Che mentre per noi umani c’è già un fato predefinito, tu hai il libero arbitrio. Tu, Soul, Respen, tutta la
vostra Alleanza! E ogni vostra azione, anche la più piccola, può provocare il risanamento o la rovina del
mondo intero! Questo volevamo che capissi! E questo devi far capire anche ai tuoi amici e alleati!
– Quindi Soul non può vendicarsi e non può fare i suoi comodi nel passato? Non che approvi quello che lui
desidera, ma non penso che sarebbe molto felice di sapere questo! Se glielo dico io, la prenderò molto
male. Se voi gli diceste una cosa del genere, poi… Beh, dubito che potrete ancora muovervi con le vostre
gambe…
Cornelio scosse la testa.
– No, Asgarath. Sappiamo che il Negromante non vuole questa risposta. Altrimenti non ci avrebbe
interpellato per risolvere i suoi problemi e non ti avrebbe chiesto di venire qua. Se lui vuole la sua
vendetta… liberissimo di farlo! Ma la storia non si può modificare a causa della natura rigida del fluire del
tempo nel nostro mondo. E quando un essere dotato di libero arbitrio lo fa creando un paradosso, si
creano ripercussioni tremende, in positivo…e in negativo. Ma credo che te conosca molto bene queste
cose. Sai bene cosa hanno scatenato i giochetti di Moebius no? Hanno portato il mondo alla rovina!
– Sì, e la misericordia di Raziel l’ha salvato, però! E quindi? Il Negromante deve aver misericordia?
– Non necessariamente. Ma deve fare attenzione, molta attenzione, se un giorno deciderà di far una
simile follia. Esiste un solo modo in cui si potrebbe andare nel passato e vendicarsi senza cambiare la
storia. È il caso in cui è già stabilito dal Fato che la vittima muoia di morte violenta in quel momento.
Allora, se non ci sono testimoni presenti nella scena, uno tecnicamente potrebbe anche raggiungere la
sua vittima alcuni minuti prima della sua morte, ucciderla per vendicarsi, e poi tornare al presente.
Giacché la morte di tal persona è già predestinata dal Fato, allora l’unica alterazione che ci sarebbe
sarebbe solo quella delle circostanze della sua morte. Certo, se è un omicidio, allora deve ucciderla,
mentre se la vittima muore per incidente, deve comunque ucciderlo simulando un incidente. È chiaro?
Lo guardai meditabondo, riflettendo attentamente sulle sue parole.
– Hmmmm…No, non del tutto. Potresti farmi un esempio?
– Va bene. – rispose Taceto. – Supponiamo ad esempio che Soul voglia vendicarsi di Kaldas…
– Chi diavolo è Kaldas?
– Un Corrotto, uno zephonim che molti anni fa tradì l’Allenza. Era un Corrotto con grandi poteri illusori.
Voleva impadronirsi dell’Elmo di Malek, custodito nel bastione del Paladino Sarafan da una creatura
angelica. Ma non poteva averlo con le sue forze quindi ha fatto fare il lavoro sporco all’Alleanza. Nelle sue
macchinazioni ha portato il Guardiano del Tempo a uccidere la custode dell’elmo, poi lo ha portato perfino
ad uno scontro mortale con sua sorella!
Quella era una pagina di storia dell’Alleanza di cui non avevo mai saputo nulla… Perché nessuno me
l’aveva raccontato? Forse il Cerchio considerava quegli eventi come una vergogna segreta?
– Oddio… Deve essere stato tremendo per lui…Come l’hanno distrutto? – domandai, sconvolto.
– Beh, Kaldas alla fine venne sopraffatto da Respen e dalla Guardiana della Natura, la vostra Altair.… Ora,
supponiamo che Soul voglia tornare indietro nel tempo per ucciderlo di persona, durante la battaglia
avuta luogo nel Bastione di Malek.
Se volesse farlo, una volta nel passato per prima cosa dovrebbe evitare a tutti i costi di incontrare il se
stesso impegnato nella battaglia! Dovrebbe aspettare il momento in cui Altair uccide lo Zephonim
gettandolo nell’acqua, fuori dalle mura del bastione di Malek. Allora dovrebbe venire allo scoperto!
Dovrebbe trovare il modo di afferrare il vampiro con i suoi poteri, portarlo fuori dalla portata visiva della
Guardiana della Natura, magari nel bosco e lì, farla finita con lui! Una volta ucciso, Altair dovrebbe
comunque divorarne l’anima e trovarne il corpo, il tutto senza che si renda conto dell’intervento esterno!
Se Soul agisse bene, lo Zephonim morirebbe nello stesso identico momento deciso dal Fato. Altair non
sospetterebbe nulla e non si accorgerebbe di nulla! La Guardiana della Natura però NON DEVE VEDERLO,
perché questo sennò, questo altererebbe i suoi ricordi e potrebbe creare ripercussioni nella battaglia
stessa! Capito? Così, e soltanto così, Soul potrebbe vendicarsi di un torto subito in passato senza
stravolgere la storia!
Ascoltai sbalordito quelle parole. Per essere degli storici, mi sembrava quasi di aver a che fare con dei
veggenti. Era incredibile cos’erano capaci di vedere dallo studio degli echi del tempo!
Fui tentato di credere che fosse un’altra prova, un’altra menzogna. Ma sapevo che stavolta avevano
ragione. Quello che dicevano era vero. E mi permise di comprendere finalmente le intenzioni del
Negromante.
– Allora, Soul vuole vendicarsi personalmente del traditore dell’Alleanza? Ma perché?
– E chi ha detto che vuol vendicarsi? – ribatté Cornelio, rivolgendomi un sorriso disarmante.. – No, è solo
un esempio.In realtà, la domanda di Soul era puramente informativa. Egli non metterà mai a rischio la
Storia per un sentimento così stupido! Credi davvero che ti abbia mandato qui per questo? Lo giudichi
male, allora.
– Eh??? – Lo fissai senza capire. – Che cosa stai cercando di dirmi, vecchio?
– Che non è per questa domanda che ti ha mandato qua. Non l’hai capito? Non è per rispondere a quel
dubbio che sei qui…
– MA allora…CHE DIAMINE SONO VENUTO A FARE QUA? HO SOPPORTATO TUTTO QUESTO PER NIENTE? –
esclamai al colmo dello stupore. Possibile che Soul mi avesse ingannato, che fosse tutta una farsa per
soddisfare un suo capriccio intellettuale??? Ero allibito.
Guardai i due sconvolto, senza più sapere cosa pensare. Non sembrava che mentissero, e non credevo
che mi stessero dicendo questo solo per farmi arrabbiare…
– No… Mi state nascondendo qualcosa vero? La domanda di Soul era un trabocchetto, ma non è stata
comunque inutile la mia venuta qui, giusto?
– Tu che ne pensi, Asgarath? È stata inutile? – chiese Taceto.
Lo guardai esitante, poi scossi la testa.
– No. Mi avete mostrato la verità su me stesso e suoi miei demoni personali. E quando possa esser
pericolosa una decisione sbagliata nel momento sbagliato… Credo che sia per questo, che sia venuto qua,
giusto?
I due Mentaliti annuirono e sorrisero.
– Ci sei arrivato finalmente!
– Già… – mormorai imbarazzato, troppo sconvolto per dire altro. – Beh, grazie per l’illuminazione, anche
se non condivido per nulla le vostre metodologie. Ora, vi spiacerebbe mostrarmi la via per andarmene di
qui? Sono stufo di questa storia!
I due Mentaliti assentirono e aprirono la porta, facendomi cenno di seguirli.
Andai dietro a loro, percorrendo i vasti androni e corridoi della loro rocca. Mi accorsi che eravamo in uno
dei piani più alti. Era giorno fatto, e la luce del sole splendeva da ogni feritoia e finestra. I Mentaliti erano
all’opera e incontrammo molti di loro.lungo la strada.
Molti salutavano Cornelio e Taceto con deferenza, ma nessuno rivolse loro la parola.
Tutti restavano silenziosi, mi rivolgevano un’occhiata perplessa, sbalordita e impaurita, poi continuavano
per la loro strada. Strano che mi temessero a differenza dei miei due “amici”
– Cornelio… Sembra che i tuoi discepoli siano intimiditi dalla mia presenza…Come mai non faccio questo
effetto a voi?
– Perché qua ci sono gli astronomi e gli astrologi del nostro ordine, Asgarath. E loro non sanno moto di te.
Sapevano che saresti venuto, li avevamo informati. Ma non hanno mai visto un mietitore prima d’ora.
Sono molto spaventati.
Ridacchiai.
– Se questo per voi è essere “spaventati…” La gente fuori dalla vostra rocca ha reazioni ben più emotive e
irragionevoli, sapete? – ripensai al contadino davanti al quale mi ero spacciato per lebbroso.
I due Mentaliti annuirono, ma non risposero.
– Per quanto tempo sono rimasto incosciente? Per quanto è durata la vostra prova? – gli chiesi dopo un
po’, guardando la luce del sole entrare da una finestra.
– Cinque giorni. – rispose Cornelio.
– Cinque giorni!! Così tanto? – esclamai, guardandolo stupito.
– Richiamare gli echi della storia di dodicimila anni fa non è un’impresa da poco, Asgarath… – spiegò
Taceto.
Restai in silenzio, guardandolo con un’espressione indecifrabile, alquanto infastidito. Dovetti reprimere
l’impulso di farlo volare con un proiettile…
Mi condussero a una rampa di scale a chiocciola,che portava al piano terra.
Poi si fermarono.
Cornelio mi guardò, lo sguardo assorto e sereno.
– Siamo agli addii, druido. Sei sicuro che non vuoi restare con noi ancora un po’? Ti ho promesso l’uso del
nostro osservatorio, quando sei arrivato! Non vuoi scoprire qualcosa di più sulle stelle e sugli astri? Sul
luogo da cui viene il tuo benefattore?
– No, grazie. L’Alleanza ha bisogno di me. Non voglio trattenermi oltre… Non dopo cinque giorni chiuso
qua dentro! E poi, penso che per ora, certe mie domande sia meglio lasciarle dove stanno. Ci saranno
altre occasioni per averne le risposte. Magari un giorno tornerò, chi lo sa.
– Come vuoi….
– Spero che tu non abbia rancori nei nostri confronti per quello che ti abbiamo fatto! – disse Taceto – No.
So che l’avete fatto per il bene mio, e dell’Alleanza. Grazie.
Tesi la mano allo storico e lui la strinse, anche se con qualche reticenza.
– Ah, stavo quasi dimenticando… – Cornelio si mise una mano nella tasca della sua tunica e ne estrasse
una fiala. Era un alambicco di vetro nero, pieno di un liquido verde e gorgogliante.
– Che cosa è? –chiesi, mentre me lo porgeva.
– Il dono per la tua vampira. I nostri biologi ci hanno lavorato per tutto il tempo! L’hanno terminata ieri!
Ah, il suo libro è molto interessante e lo apprezziamo molto. Quando sarai giù, recati alla biblioteca.
Ormai hanno finito di ricopiarlo. E te lo renderanno. L’Alleanza ne ha più bisogno di noi, credo. Riguardo a
Shaar Naik…
Ascoltai attentamente le istruzioni sulla strana pozione e sul modo in cui andava somministrata, poi la
presi, la ammirai alla luce e la misi in tasca, custodendola gelosamente. Poi mi incamminai verso l’uscita.
Uscii dalla rocca con pozione e libro, e li poggiai su un ceppo tagliato.
Andai nel regno spettrale a nutrirmi abbondantemente per il viaggio. Ripresi materia e raccolsi gli oggetti.
Poi attraversai orti e giardini pieni di Mentaliti intendi a curare e a studiare le piante, e discesi per la
piattaforma da cui ero arrivato. Una volta ai piedi della montagna, me ne andai dalla Vallata. Raggiunsi il
laghetto dei salici al tramonto.
Solo allora mi voltai ad osservare quella strana terra.
Sì, i Mentaliti mi avevano messo alla prova. Si erano presi una parte di me, ma mi avevano anche dato
qualcos’altro.
Mi avevano dato la pace. E presto, anche Shaar Naik l’avrebbe trovata, grazie a loro. Forse.
Difficile dirlo, con lei.
Pensai un’ultima volta a quei folli che giocavano con sogni e realtà, che rendevano possibile l’impossibile.
Che strani tipi…
Scossi la testa, mi fermai a cibarmi al lago, poi mi rimisi in viaggio. Ci sarebbe voluto parecchio, prima di
tornare alla Nupraptor…
Dannazione, perché non potevamo avere il Sanctuary come i Vampiri dell’Alleanza?
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RESPEN
Asgarath guadagna: Telecinesi Migliorata Liv. 1
SOUL
MISSIONE
- L'Alchimista Promettente Nyamelh
Adepto
LDR: 2
C'è un Ateneo ad Avernus. Una celebre accademia Sarafan. In quel luogo tutti i più grandi uomini di cultura hanno
conseguito almeno un titolo; anch'io mi addentro sovente sotto svariate forme all'interno di quel luogo di sapere per
entrare in possesso di conoscenze a me oscure, relative, in particolare, al progresso degli studi e delle ricerche dei nostri
nemici. Talvolta questi stupidi uomini riescono persino a stupirmi.
Negli ultimi tempi i Sarafan hanno finanziato con ingenti risorse il Dipartimento di Alchimia, dove insegna un celebre
docente di nome Angelo Brandt. Mi sono incuriosito particolarmente riguardo la sua carriera, egli ha infatti pubblicato
articoli di indubbio valore, evidenziando sviluppi nella storia dello studio degli elementi che hanno notevolmente
influenzato le mie ricerche riguardo la struttura di Xynay ed il suo rapporto con la Decale. Mi sembrava davvero assurdo
che questo semplice umano, questo Brandt, fosse riuscito ad avventurarsi in simili labirinti della conoscenza studiando su
vecchi manuali di Avernus – ed ecco che, nell'interrogarmi su questi fatti, ho trovato la soluzione. Brandt non è un uomo.
Egli è diventato un vampiro con l'unico scopo di proseguire i suoi studi fino all'eternità. Le sue conoscenze alchemiche gli
hanno addirittura permesso di sviluppare una resistenza alla luce solare del tutto artificiale, e persino dei trucchetti per
occultare il suo vampirismo ai Sarafan. Trucchetti che, ci tengo a precisare, funzionano alla perfezione.
Non possiamo considerarlo uno dei nostri. Credo che si sia fatto vampirizzare di proposito e poi abbia ucciso il vampiro
puro che l'ha fatto rinascere... pazzesco.
Il tuo obiettivo è infiltrarti nell'Ateneo e trovare Angelo Brandt. Deve essere portato qui, ma temo che i suoi
atteggiamenti saranno ostili nei tuoi confronti. Ma tu sai un segreto che egli non vuole che venga divulgato – il suo reale
vampirismo. Agisci come meglio credi, ma ricorda che lo voglio vivo, e con il cervello integro.
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KAINH - MISSIONE : NELL'IGNOTO CHE FU
L’azzurro degli occhi del paladino brillavano come una furia in quella sala illuminata dalla debole luce delle
torce, il cui fuoco di tanto in tanto scoppiettava, forse irato e nervoso anch’esso.
Mentre ascoltava le parole,dentro di sè non sapeva se ridere o essere furente per le parole che uscirono
dalla bocca del negromante.
Tuttavia erano anni che aspettava la sua chiamata, gliene aveva parlato ma non sapeva di cosa si
trattasse, per cui da un lato aveva la voglia di agire e dall’altra era in un certo senso deluso per quello
che aveva sentito.
Una specie di rancore iniziò a farsi strada in lui, pensando che questa vita e non-vita fosse arrivata al
punto in cui si perde fiducia in quello che si ha creduto per così tanto tempo.
“La mia dipartita potrebbe costituire un grande dramma per l'intera Nosgoth, mentre la tua assenza
sarebbe ben più facilmente giustificabile dinanzi al tribunale dell'Alleanza e della storia.”
Risuonarono in lui le parole pronunciate dal negromante.
Rise , ma non vi era nessuna sorta di ilarità, bensì la rabbia.
"Io ero sacrificabile" pensò il vampiro "e nemmeno per il bene di Nosgoth, aveva detto, bensì per il
capriccio del nostro signore."
Non sapeva se era l’ira a pensare al suo posto o la devozione che ormai era fissa in lui, che andava avanti
per inerzia e abitudine verso la cattedrale del sangue e dei suoi fidi compagni, ma accettò questo compito
senza esitare.
“Accetto, negromante” disse infine con rispetto , chinando il capo.
“Sappi che nel mio cuore non vi è la gioia nel sentire queste parole. Questo compito lo farò per il rispetto
che ho nutrito nei tuoi confronti e per gratitudine verso quello che sono diventato, non lo nego, grazie ai
doni oscuri che sono stati infusi in me dai tuoi poteri, per la mia spada, per il mio riparo, per la
cattedrale, che sento oramai la mia casa, e per ciò che hai fatto con Daniaa”
Ma dentro di lui si sentiva davvero una nullità ora, se fosse stato un numero quello era lo zero.
Il negromante rimase impassibile a quelle parole, e si voltò senza rispondere, volgendo anche i suoi
pensieri a qualcosa che sicuramente era più importante.
Strinse i pugni e anch'egli si voltò.
Lasciò la sala, accerchiato da mille piccole e minuscole entità eteree, azzurre e verdi, che camminavano
al suo fianco , carichi di furia, cercando di abbattergli la razionalità e fiducia, lealtà e serenità, ed anche la
sua sicurezza.
Per riflesso sentiva le parole della sua amata Daniaa , che gli dicevano di farsi coraggio e di affrontare con
forza e volontà ogni prova che gli sarebbe stata messa davanti.
Le ascoltò, poi spinse la pesante porta delle sue sale, andando al cospetto della vampira, come ogni
volta, quasi fosse un rito, ma questa volta sapeva che potevo non ritornare dalla sua missione., perché di
viaggi rischiosi ultimamente ne aveva fatti, ma questo doveva richiedere una forza e freddezza come
poche. In fondo , come le sue, quelle del senzacuore e dell’essere di ghiaccio che era.
Quella volta non era come le altre.
Le prese la mano e guardò il suo viso, sfiorandolo.
“Arrivederci amore mio, ci incontreremo di nuovo. In un modo o nell’altro fra di noi non sarà mai un
addio”
Era sicuro delle sue parole, e da una parte stufo e nervoso di tutte le situazioni storte e sbilenche che si
facevano strada in lui.
Voleva mettere la parola fine a quelle cose che andavano storte, cercare di raddrizzarne la maggior parte,
di finire ciò che aveva iniziato , almeno per essere un poco più sereno nella sua non-vita ; era stanco
dentro, e questo lo spronò immediatamente ad agire, senza vacillare.
Si armò e si vestì come fosse per la battaglia, con la consueta armatura e spada gelida a fianco, più l’arco
Sibila come arma alternativa.
Ad ogni modo, sapeva bene che non ero sicuro di tornare, si sentiva come se stesse partendo per un
viaggio senza ritorno, per cui andò a trovare coloro con cui aveva stretto amicizia in passato e nei tempi
più recenti.
Si soffermò con quelli che riteneva ormai i fidi compagni d’armi e di non-vita, poi si dispiacque quando
non vide coloro che avevano abbandonato la cattedrale da molto tempo, ma di cui era stato amico.
I ricordi fluirono nella sua testa,erano tanti davvero, molti dei quali belli e sereni ; era stata una
benedizione per lui il vampirismo,pensò, e non una dannazione eterna.
Aveva cominciato a vivere davvero anche se era morto.
Ricordò cosa dovevo fare e si incupì ; ma la scelta era stata sua, gli era stata data l’alternativa, e lui
accettò per la lealtà che aveva nei confronti della cattedrale.
Si diresse poi verso la stanza che lo avrebbe portato indietro nel tempo, come diceva il nero
negromante ; entrò quindi nella camera cronoplastica e la osservò attentamente.
Tutti quei segni, simboli antichi gli fecero ricordare tutti quegli altrettanti simboli che aveva visto sui libri
durante gli innumerevoli studi che aveva compiuto in questi ultimi anni.
Aveva idea di come attivare il marchingegno e viaggiare nel tempo, una base l’aveva, ma non aveva mai
fatto nessuna prova fino ad ora, per cui poteva benissimo sbagliare, tuttavia i dubbi sparirono quando
sentì la familiare voce del tessitore del tempo.
“Un singolo errore su quel congegno e ti ritroverai a viaggiare senza meta nel tempo” disse pacatamente
“Omega” disse sorridendo
“Oppure in un’epoca indesiderata senza via di ritorno. Saluti Kainh” rispose lui
“Sicuramente avrei qualche difficoltà ad attivarlo , amico mio”
Ci fu un attimo di silenzio
“Non è facile usare la camera tessitrice del tempo, è pericolosa e quasi nessuno è in grado di usarla per
bene” rispose il tessitore
“Sei al corrente di quello che..”
“Si, so già dove devi andare, o meglio quando devi andare, per ciò è tutto pronto senzacuore”
“Bene” disse
Il paladino stette in silenzio per un po’ , osservando ancora la camera e il tessitore.
“Qualcosa ti frena, Kainh?”
“No, Omega” disse poi “ ma pensavo solo che potrei anche non tornare da questo viaggio, e non è
nemmeno per un compito dei più onorevoli in tutta Nosgoth”
”Tuttavia se il negromante ha scelto te, un motivo ci sarà..”
“Si , può essere” disse
“Ma..?”
“Sono cambiate parecchie cose in tutti questi anni, e la mia fede forse comincia a vacillare”
Ma non ne era del tutto sicuro di quello, Omega non disse niente
“Sono sicuro che il negromante nutre fiducia in te, Kainh. Non lasciare che i dubbi ottenebrino il tuo cuore
e vivi sereno”
“Tenterò.” disse “Ad ogni modo le tue parole sono sempre sagge, amico mio, le terrò nel cuore durante il
mio viaggio, grazie”
Ma sentiva dentro di sè un demone.
Era come se invece della sua forma umana, ci fosse un grosso demone verde e truce, con le enormi
zanne e l’espressione furiosa e urlante.
Troppo il tempo passato a vivere seguendo scopi altrui. Troppo il tempo passato.
"Per me era l’ora di uscire dall’ombra" pensò il paladino "e di avere una personalità mia, di alzare il capo."
Attraversò infine il portale, guardando Omega poco prima ,facendo un cenno col capo, poi sicuro di quello
che stava facendo venne catapultato indietro nel tempo inghiottito dal nero di quel portale.
Alle porte del tempo
Mentre camminava nel portale, quel foro era pieno di innumerevoli stelle di tutti i colori.
Sentiva un senso di vertigine mentre si muoveva in avanti, poi fu un istante e si ritrovò nella semioscurità di una caverna.
Il viaggio era andato a buon fine quindi, era arrivato intero e senza conseguenze nel passato di Nosgoth,
ma ignorava dove fosse.
Per logica pensò di essere nello stesso posto , innumerevoli anni prima però.
La camera sembrava vuota, da come vedeva attraverso la sua vista vampirica nell’oscurità, e non
sembrava vi fossero presenze ostili o amiche , per cui avanzò per cercare di capire dove si trovasse, poi
avrebbe cercato una via d’uscita.
Camminò furtivamente, pensando che sicuramente qualche forma di vita umana o animale fosse presente
in questo posto, e la sua sensazione prese forma quando vide delle fioche luci farsi sempre più vivide e
delle voci sempre più crescenti di intensità man mano che andava avanti.
Era arrivato abbastanza vicino a quel luogo, per il momento inascoltato e inosservato dagli abitanti della
caverna, si nascose contro il muro, al buio, e osservò la scena che avevo di fronte a sè : un gruppo di
uomini e donne, quasi nudi e coperti solamente dalla vita in giù e con degli spallacci piumati, sedevano
intorno ad un fuoco, ascoltando uno di loro, probabilmente il capo, che parlava.
Il paladino non capiva cosa dicessero, la lingua era simile a quella parlata a Nosgoth, ma molto arcaica e
primitiva, per cui distingueva solamente qualche parola ma non il discorso che stavano intavolando.
Ricordò di non essere nella sua epoca, quindi prestò attenzione a non farsi scoprire per non interferire più
di tanto nel passato, ma di cercare di andare dritto al punto fermo della sua missione, ovvero il demone
vampiro.
Si avvicinò a loro restando nell'ombra per cercare di sentire meglio cosa dicessero, e se riusciva a capire
quella lingua antica, ma man mano che andava loro incontro c'erano sempre più uomini ; passare tra
quei cunicoli senza essere visti era un'impresa difficile, e il paladino oramai sapeva che aveva solo una
carta da giocare per non essere chiaramente riconosciuto come straniero.
Grazie ai suoi poteri di vampiro mutò forma e assunse le sembianze di uno di quegli uomini e oltrepassò
quindi quegli altri che erano sparsi per i cunicoli, quasi come fossero di guardia.
Questi non fecero caso al suo passaggio e il vampiro sperò che nessuno gli rivolgesse la parola, poiché il
suo travestimento consentiva anche di parlare nel linguaggio dei suoi interlocutori, ma in ogni caso non
avrebbe capito cosa loro dicessero a lui.
Tuttavia non cercò subito di andarsene da quel luogo, ma si mise quasi nascosto e in un punto in cui
poteva sentire chiaramente parlare il capo di questi uomini con le piume addosso.
Ma si accorse che la persona che parlava era una donna, ed era anche molto formosa.
Da quelle poche parole che poteva distinguere, simili alla lingua corrente, capì “vampiro” “demone” e
“morte”.
E “Hylden”,gli antichi nemici dei vampiri.
Notò che in questo discorso, molti degli uomini e donne che erano lì ad assistere spesso assumevano
espressioni tristi, spaventate e di rabbia, il che fece intendere al vampiro che stavano parlando di una
figura a loro molto ostile, che aveva creato sofferenze e molti problemi.
La donna che era l'oratrice del gruppo era molto bella.
Aveva dei lunghi capelli biondi e gli occhi scuri , il suo corpo era pressoché perfetto ed era poco più
vestita rispetto gli altri, in abiti più cerimoniali e chiari, una sorta di arcaica uniforme. Parlava
leggermente rialzata rispetto a chi la ascoltava e la sua voce correva lungo i cunicoli, rimbombando cupa
come era in realtà.
Per un istante si fermò nel parlare e scrutò verso la sua posizione e il paladino sussultò, pensando di
essere stato scoperto, ma il suo timore sparì quando la donna sembrò sorridergli ricominciando poi a
parlare.
Nella mente del vampiro si fece strada il pensiero che quella donna non era comune, era forse una specie
di sacerdotessa con dei poteri superiori rispetto agli altri, e per quello teneva il discorso alla tribù come
capo ; ed aveva anche il sentore che la donna sapesse della sua presenza, del suo arrivo nelle caverne
dove loro erano insediati.
Continuò per un po' ad ascoltare il discorso e le obiezioni degli uomini. Che stessero parlando del suo
demone?
Se così era il negromante aveva ragione, forse poteva unire le sue forze alle loro per sconfiggerlo. O
perlomeno tentare di carpire più informazioni possibili sul demone e cercarlo per conto suo.
Da quel punto in avanti non riuscì a capire più nulla del discorso e decise di provare ad uscire per
esplorare la Nosgoth di quell'epoca in cerca di una traccia del demone.
Vagò per i cunicoli mentre era ancora nella forma di uomo della tribù, in cerca di un passaggio per uscire
da quelle caverne che nel corso dei secoli sarebbero diventate sede della Cattedrale del Sangue : mentre
vagava notava che molte delle sale che esistevano nel tempo dei vampiri non erano ancora state scavate,
ma nemmeno le due cavità che sarebbero state le orbite degli occhi enormi del rifugio del mentalista
Nupraptor, dove le cronache narravano che un tempo, in un occhio Nosgoth apparisse in prosperità,
nell'altro in rovina completa.
L'unica cosa familiare che si accorse di sentire, era l'acqua del torrente che poi sarebbe sgorgato dalla
bocca del teschio.
Cercò di avvicinarsi a quel rumore, perchè lo avrebbe portato quasi sicuramente all'uscita della caverna.
Nei cunicoli c'erano molte scritte arcaiche , segni strani e sconosciuti alla sua conoscenza, seppure avesse
appreso molto dai libri presenti nell'immensa biblioteca della Cattedrale.
Il paladino prese l'occasione di quel viaggio indietro nel tempo, ebbe l'intenzione di fare una riproduzione
di quei segni per portarli nella sua epoca, ma si accorse di non avere nulla per disegnarle, per cui
accantonò l'idea temporaneamente, pensando che le avrebbe immortalate in un secondo tempo.
Qualcosa gli diceva che sarebbe tornato qui, quindi proseguì per i cunicoli finchè trovò il torrente e
seguendolo, l'uscita da quel luogo.
In quello squarcio di roccia e di luce vide Nosgoth com'era in quell'era.
I pilastri erano al loro posto, bianchi e ancora puri poiché i guardiani facevano il loro dovere in maniera
ligia e inossidabile.
Quello che notava di più era l'assenza delle grosse città : non poteva ovviamente esserci l'immensa
cattedrale di Avernus, le bianche mura della città di Willendorf, i bastioni di Malek.
C'era solo l'eterno Lago dei Morti e il ben più grande Lago delle Lacrime, poi distese di erba immense e le
foreste che cominciavano a prendere piano piano il territorio con gli alberi verdi, ma non ancora estese
come lo erano all'epoca del vampiro.
Il villaggio di Vasserbunde, appena sotto al teschio della base dei vampiri non era altro che un piccolo
agglomerato di capanne primordiali.
Tutto ciò fece pensare al vampiro che la sua ricerca sarebbe stata molto lunga, e la sua permanenza non
molto breve, perchè gli indizi erano pochi, la popolazione era per momento incomprensibile.
“Se non riesco a capire gli umani e non ho indizi, sarà davvero dura capire qualcosa in questo strano
enigma” pensò Kainh.
Non era un compito facile quello che gli aveva affidato il negromante, e per un istante si pentì di aver
accettato l'incarico.
Ma poi il rumore dell'acqua che si tuffava verso il basso formando la cascata lo distolse dai pensieri.
Si avvicinò al bordo di una delle rocce che davano sullo strapiombo e guardò giù : il piccolo lago che era
presente nella sua era, ai piedi della cattedrale era già presente ,per ovvia conseguenza della cascata.
Il paladino si era già stancato di cercare vie d'uscita, e quella sicuramente era quella più facile e meno
affollata dagli uomini della tribù arcaica, per cui decise di saltare giù nelle acque.
Il salto era notevole ma il vampiro non aveva paura, “Tanto sono già morto” pensava fra di sé.
Saltò giù tuffandosi a volo d'angelo verso il lago della futura Vasserbunde.
L'impatto fu molto meno doloroso di quanto si potesse aspettare, nella sua vita e non, aveva patito dei
dolori ben più maggiori.
La visione dal passato
L’acqua era fredda, mentre nuotava per andare a riva, nella sua mente apparì inaspettatamente e
all’improvviso una visione del passato, lontanissimo.
“Kainh!” disse una voce
Non poteva essere udita, perché egli si trovava sotto l’acqua e allora la figura femminile si mise a cercarlo
a vista sulla riva di quel torrente, dove tutti quel giorno si stavano divertendo.
Ma era ora di tornare, la pacchia era finita.
“Dove è finito?” disse spazientita la voce, provando a chiamarlo ancora una volta “Kainh!”
Infine uscì fuori dall’acqua, poi si diresse verso la signora, divertito e sorridente
“Kainh, vedi di coprirti subito, altrimenti ti ammalerai” disse le donna
“Ma non ho freddo, io non ne ho mai” disse il bambino con la voce innocente
“Niente storie, copriti o ti prendi un accidente, e sbrigati perché dobbiamo tornare. Vestiti e raggiungi gli
altri ragazzi!”
I suoi occhi verdi come una foresta la guardavano dispiaciuti, poi si convinse e si coprì, asciugando i suoi
lunghi capelli castani, poi si mise i vestiti che aveva e raggiunse gli altri bambini.
Era vestito tutto di verde, amava quel colore, lo faceva sorridere e lo rendeva felice.
Mentre ancora camminava, asciugandosi i capelli sentì due piccole braccia afferrarlo da dietro, stretto e
affettuoso come se non volessero niente altro che abbracciarlo, felici di rivederlo.
“Ciao Kainh!” gli disse la bambina , mollando poi la stretta
“Ciao Eleanor” rispose lui sorridendo con le guance rotonde e guardandola.
Il ritorno alla realtà
Il vampiro Kainh si destò dai ricordi, stupito di quello che aveva rimembrato dopo così tanto tempo, non
credendolo possibile ; non ricordava niente di quello che aveva vissuto da bambino se non qualche
sporadico sprazzo di memoria.
Erano neri i ricordi.
Riemerse infine dalle acque in cui era finito, poco più in là sentiva il getto rombante della cascata mentre
si infrangeva nelle acque del lago, poi cercò la riva e si tirò fuori da lì.
Guardò la montagna dove avrebbe dovuto esser presente la cattedrale, ma come ben sapeva non vi era il
teschio di Nupraptor, bensì la roccia naturale, secoli prima della venuta del mentalista stesso.
La cascata sgorgava da quella caverna dove trovò come via d’uscita, oltre i cunicoli scuri e abitati da
quella tribù di umani.
Il sole abbagliò temporaneamente la sua vista, poi quando si riprese, marciò verso i pilastri , forse in
cerca di qualche risposta a molte domande.
Strane coincidenze
Non fece molta strada il paladino, prima di essere investito da un insolito torpore e stanchezza.
Il sole batteva forte sopra di lui e anche se resisteva a quell'elemento, sentiva che le forze venivano
sempre meno, per cui decise di fermarsi per un po' in una radura che trovò lungo il cammino, e poi si
appoggiò ad un albero, sentendo le radici abbracciarlo.
Il sogno
Nel sogno c'era se stesso, dinanzi alla sacerdotessa di quella tribù.
Era una donna molto bella, come aveva già potuto notare la prima volta nelle caverne : i suoi occhi erano
verdi i suoi di un tempo, i lunghi capelli lisci e biondi, la pelle era pallida come la luna e le curve del suo
corpo sinuose e sensuali.
Notava questo perché non era molto coperta, a differenza della passata volta , portava solamente degli
spallacci piumati e un velo che la copriva dalla vita in giù, per il resto era nuda.
“Senzacuore” disse con una voce profonda e rincuorante
Il vampiro aprì la bocca ma rimase impassibile al fatto che avanzasse verso di lui con una camminata
molto sensuale.
“Non temere” disse ancora
“Non devo temere nulla infatti” disse freddamente lui
“No” disse “non da me almeno”
Non proseguì nel dialogo mentre lei gli girava intorno, squadrandolo meglio e osservandolo da vicino
“Eppure tu hai un cuore veramente grande, Kainh” disse “come fai ad avere un soprannome che non ti si
addice?”
“Non lo so a dire il vero” rispose il vampiro “mi hanno sempre nominato così, anche da ragazzo, ma non
ho mai capito il motivo”
“Forse eri malvagio?”
“Forse, non ricordo molto del mio passato”
“Non meriti quel soprannome”
“Non lo cambierò certo adesso, dopo centinaia di anni” rispose secco “anche se forse hai ragione. Ma tu
non mi conosci, come fai a sapere che in fondo, sono buono anche io?”
Lei lo fissò , fermandosi davanti a lui.
“Io so molte cose di te, forse ti conosco meglio di quanto ti conosca tu stesso, Kainh”
La donna fece per accarezzare il suo viso ma l'uomo scostò la sua mano e afferrò il suo polso, non troppo
bruscamente.
“Leale fino in fondo verso chi ami”
“Quello è il mio intento”
“Il tuo cuore è buono Kainh, ma vedo anche una grossa tenebra gravarvi sopra, piena di tormenti e
turbinii nella tua mente”
Quella donna lo conosceva davvero, ma chi era veramente?
Un essere del passato, nato e vissuto centinaia e centinaia di anni prima della sua nascita, lo conosceva
dal profondo e probabilmente sapeva il suo futuro ; come era possibile?
“Come fai a conoscermi così bene?
Si destò, infine, sudato, inquieto dal sogno che aveva fatto.
“Dannazione” pensò “che diavolo di sogno..?”
"E' tutto molto enigmatico, mette tanti quesiti nella mia testa e domande che aggiungevano altri dubbi
alla situazione contorta che sto vivendo" aggiunse fra di sè ; imprecò, perché sentiva di non ne averne
proprio bisogno, non in quel momento, e poi era davvero fuorviante dal suo compito principale.
Serviva solo a distrarlo dalla meta.
Imprecò ancora una volta sotto il cielo stellato, perché ancora una volta in questo folle viaggio aveva
fatto dei sogni che avevano ancora messo più dubbi ai suoi tormenti.
"L’ultima cosa di cui ho bisogno è questa" disse
Cominciò a sentire l’ira, la rabbia della frustrazione per non sapere chi fossero quelle persone nei sogni e
nei ricordi, ma questo non era poi un male assoluto, l’avrebbe usata in battaglia.
Doveva essersi addormentato, era a fianco di un albero nel mezzo di una piccola radura tra la pianura.
Si alzò per riprendere il cammino e ricordarsi dove si trovava, ma si sentì osservato per un momento, poi
si mise in marcia.
Quando poi percepì dei passi dietro di sé si accorse che le sue sensazioni erano realtà : in meno di un
secondo il paladino venne circondato da quegli uomini delle caverne, che da poco aveva lasciato.
Non reagì, non voleva interferire troppo con il passato e si sarebbe difeso solo in caso di attacco.
“Credevi davvero di passare inosservato a me , straniero?” disse una donna coperta da una maschera che
le copriva solo gli occhi e il naso.
“Ma..” disse sbigottito il vampiro
Gli stava parlando attraverso il sussurro, poiché la bocca era chiusa e non produceva movimento.
“Non parlare” rispose lei “solamente io posso comprenderti, coi miei poteri”
Infatti il paladino si chiedeva come facesse a comprenderlo, e come lei facesse a capire lui.
“Sono una maga della mia tribù, il loro capo e guida”
La donna si tolse la maschera, e il vampiro la riconobbe, era la sacerdotessa,la bellissima donna che
aveva visto poco tempo prima e di lì a poco nel sogno.
Ma contrariamente a quanto aveva visto prima nei pensieri, era decisamente più vestita.
“Avevo capito che in te c'era qualcosa di diverso non appena ti ho vista.”
Fece una pausa
“Quando eravamo nella caverna non sono rimasto celato ai tuoi occhi allora, avevo la sensazione che tu
mi scrutassi mentre parlavi alla tua gente”
“Così è stato”
Non sapeva come mai , ma il vampiro , che di solito era molto freddo e restio a parlare con le persone
appena conosciute, si sentiva libero di discorrere.
Forse il sogno gli aveva dato una motivazione.
Già, il sogno.
“Io ti ho sognata poco fa, ed ora appari nell'immediato, come è possibile?”
“Coincidenze, vampiro”
“Come sai cosa sono, e chi sono? Aspetta un momento, allora mi conosci”
“Come è successo a te, un sogno. Mi capita molto spesso di farli , ma meno frequentemente che si
avverino”
Fece segno ai suoi uomini di lasciare il luogo e loro andarono via.
“Quindi sei davvero quello della profezia che mi è stata rivelata in sogno”
Ora Kainh aveva qualche dubbio sulle parole della donna, eppure sapeva per certo chi era lui, ma non ne
era del tutto sicuro.
“Dimmi il mio nome e chi sono , se dici davvero di conoscere la mia natura”
“Non mi è stato detto”
Kainh sapeva chiaramente che ne era al corrente, nel suo sogno lo aveva chiamato per nome e messo
alla prova
“Ma nel mio sogno in fondo” pensò il vampiro
“E' evidente che sei un vampiro, dopotutto” disse la donna, facendo dei gesti con le braccia per indicare il
suo evidente stato.
“Allora mi conservo molto male” disse ironicamente Kainh
“Non dire sciocchezze, è evidente e basta” taglià corto lei
“Ma basta smancerie” rispose il vampiro, che evidentemente cominciava ad irritarsi per la piega che stava
prendendo il discorso.
“Raccontami il tuo sogno , che poi ti racconterò il mio”
La sacerdotessa non si sentiva a suo agio, ma acconsentì , anche perchè costretta, doveva essere sicura
che il suo, seppur piccolo, popolo avesse qualche speranza di sopravvivenza.
“Molto bene, te lo farò vivere”
Nella mente della sconosciuta
Ancora una volta il paladino venne trascinato, assieme alla sua mente, da mani invisibili e condotto
attraverso portali luminosi nella dimensione di un'altra persona.
Non capiva se vedeva attraverso gli occhi della donna, ma in un istante ne ebbe conferma.
Si trovava ai pilastri di Nosgoth, nel pieno del fiorire di quella terra.
Era la sacerdotessa, viveva attraverso il suo sogno.
Portava un lungo vestito bianco e fra i capelli aveva dei fiori altrettanto bianchi, sentiva il profumo dei
fiori ad ogni respiro che faceva, ringraziando la natura per tutti quei bei doni che venivano dati tutti i
giorni.
AI pilastri si stava tenendo un'assemblea di maghi e probabilmente presenziava qualche guardiano, lei
non conosceva chi fosse in carica.
Preferì allontanarsi, gli uomini non l'avevano ancora vista, per cui prese un sentiero attraverso i boschi
che circondavano le bianche colonne ; era molto lontana dalla sua casa, le caverne della montagna che si
ergeva sopra a un piccolo agglomerato di capanne, che però stava continuando ad espandersi.
Mentre marciava con passo veloce sentì una voce chiamarla per nome, ed ella quindi si voltò.
Quello che poteva vedere era un bagliore immenso.
Attraverso quella luce poteva distinguere vagamente solo una figura incappucciata, ma la sua voce era
chiaramente femminile.
“Sii pronta quando il vampiro verrà. Il vampiro dell'epoca futura porterà molta sofferenza al vostro
nemico Hylden. La sua spada azzurra lo sconfiggerà”
Poi la luce svanì. Gli alberi sembravano allontanarsi e la donna si sentì inghiottire dalla terra.
Il ritorno
Kainh fece un piccolo passo indietro, ma oramai era abituato a tutti quei viaggi nelle dimensioni.
In questi ultimi tempi aveva già viaggiato nel tempo, in vari luoghi e nella mente della sua amata
dormiente.
Ed ora anche nel sogno di questa primordiale sacerdotessa.
Aveva visto chiaramente la luce e la misteriosa figura che rivelava le parole.
“Va tutto bene, maga.” disse il paladino “ma ritieni di poterti fidare di un sogno, di una semplice luce che
ti dice queste parole?”
La donna si incupì, ma era fiduciosa in quello che credeva
“Vorrei che fosse davvero così”
E narrò a Kainh di come un demone di nome Hash'a'Kar da tempo terrorizzava e massacrava la gente che
popolava quelle terre.
E di come lo facesse, attraverso le sembianze di un vampiro, il suo diretto e antico nemico.
“E ora si sta avvicinando a noi.” disse lei “ e per quanto poca sia la mia gente, nelle caverne e nel piccolo
villaggio sotto alla montagna, siamo in pericolo.”
“Cosa cerca quell'essere?” chiese Kainh, anche se sapeva la risposta
“Che sciocco” disse subito “gli Hylden vogliono solamente conquistare questo mondo, estinguere i pochi
vampiri che sono in questa epoca su Nosgoth”
Per un istante il paladino ebbe il timore di aver parlato troppo, ma la voce aveva detto “il vampiro
dell'epoca futura”.
“Dimmi, com'è la Nosgoth della tua epoca?” chiese la maga
“Meglio che tu non sappia molto del futuro, io qui sono solo un ospite, e in ogni caso non ti perdi molto”
mentì il paladino.
La donna fu delusa da quella risposta, poi incalzò
“Ora tocca a te dirmi del tuo sogno, vampiro”
“Giusto” disse Kainh “io però dovrò raccontartelo, non ho i tuoi poteri mentali
I due si sedettero al riparo di quella piccola radura e il vampiro le narrò quindi cosa aveva vissuto nel
sogno, qualche momento prima del loro incontro.
La donna rimase un poco dubbiosa e pensierosa al termine del racconto.
“I nostri sogni sono molto diversi , eppure in ognuno di questi c'è della verità, lo sento”
“Nel mio sembravi conoscermi molto bene”
“Perchè forse posso aiutarti in fondo”
“E come?” disse il vampiro
“Da cosa mi hai raccontato , nel sogno sembravi molto abbattuto dai tuoi tormenti, dalle ombre che
gravano su di te e sulla tua amata”
“E' così”
La sacerdotessa si alzò , e si mise a fare qualche passo intorno alla radura pensierosa, ma con la
camminata sensuale che Kainh aveva visto nel sogno.
In fondo un po' di realtà si era realizzata.
“Posso farti vedere di cosa potresti diventare se non dai un freno ai tuoi tormenti disperati”
“In che modo può essermi d'aiuto?”
“Ti renderà più determinato”
“Ma io quando combatto sono un'altra persona, la mia furia in battaglia è salda, di questo ne sono sicuro”
“Uhm” disse la donna “eppure sembri molto indeciso”
“Mi conosci da poco donna, non mettere alla prova ciò che dico”
In quell'istante Kainh comprese.
Per quel piccolo gesto, la donna fece comprendere l'ira al vampiro e al tormento che sfruttava per falciare
i suoi nemici.
Era sempre stato così in fondo, anche se non in tutte le volte.
“Ora guarda cosa diventeresti se continuassi per questa strada” disse la maga
Il paladino sentì un forte dolore al petto,che cominciò a crescere di dimensione, così come il resto del suo
corpo. Le sue braccia erano diventate ruvide, tutto il suo corpo lo era.
La pelle era verde e aveva due corna enormi in testa, gli artigli al posto delle mani e enormi zampe al
posto dei piedi.
Era un mostro. Era diventato come i demoni Hylden che tanto odiava.
E in quel frangente si rendeva conto che agiva solo per istinto, avrebbe attaccato senza distinzione anche
la sacerdotessa se avesse dato lui un motivo di farlo.
Urlò a squarciagola con tutto l'odio che aveva , facendo risuonare la sua voce gutturale e truce in tutta la
pianura.
Ma era tutta un'illusione, perchè in pochi istanti tornò come era prima, con l'armatura e vestiti integri.
Il paladino si guardò le mani e si toccò il volto sollevato
“Le illusioni funzionano sempre” disse la donna
“Hai esagerato donna”
Ella sorrise
“Un poco, ma in sostanza diventeresti quella cosa se non guadagni fiducia in te stesso e poni fine ai
tormenti”
“Non posso porre fine, ci sono e basta”
“Ma puoi sempre viverli in maniera diversa”
La donna aveva ragione.
E anche la sua cara amica vampira del drago aveva ragione, lei glielo aveva sempre detto, ma le parole
erano sempre scivolate via dalla sua mente
Si sentiva uno sciocco in quel momento.
Però il timore di non tornare più da quel viaggio nel tempo era vivo in lui, e non si poteva biasimare.
Affrontare un demone non era cosa facile, anche se ormai era paladino da molto tempo e nella sua non
vita aveva vissuto molto e visto molte battaglie.
“Capisco a cosa stai pensando vampiro, e capirò anche se non vuoi aiutarmi nella mia causa”
Kainh distolse i pensieri a quelle parole
“No. In fondo sono stato mandato qui per questo, e tu sei stata involontariamente la mia guida”
“E lo sarò ancora”
“Forse la storia vuole che sia così”
“Sarà come dici”
“Avete idea di dove si rifugi questo demone vampiro?”
Torniamo al nostro rifugio, qui non mi sento sicura”
Il paladino fece quasi per recitare nella sua testa l'incantesimo del ritorno alla cattedrale, ma si fermò un
istante prima di terminarlo.
Si avviò a piedi, seguendo la sacerdotessa e scrutando le ombre che stavano arrivando al calare del sole,
in allerta per qualsiasi pericolo.
Avevano raggiunto il piccolo lago in fondo alla cascata, ed erano arrivati al rifugio.
Il rientro era stato tranquillo e niente aveva dato loro problemi, visto che il paladino era attento e quasi
sembrava avesse scortato la donna.
In fondo era l'unico legame che aveva con quel viaggio nel passato, il suo unico appiglio per cercare di
capire qualcosa in quell'enigma, e quindi cercava di proteggerla come meglio poteva.
Quella volta entrò dall'ingresso principale, vide che era un poco più piccolo e discreto rispetto a quello
della cattedrale della sua epoca, come aveva immaginato.
Pensava di destare stupore agli uomini, mentre camminava al fianco della maga, ma nessuno proferì
verbo.
Probabilmente si fidavano molto della loro guida, e qualunque cosa lei facesse lo ritenevano giusto.
Certo è che lui era molto diverso da loro, era un vampiro.
“Andiamo nelle mie sale” disse la donna
Fecero un giro lunghissimo in mezzo ai cunicoli della caverna, al paladino sembrava che avesse molta più
estensione di quanto fosse in realtà, ma infine arrivarono ad una serie di camere scavate nella roccia, di
cui due sorvegliate da uomini.
La donna fece cenno ai due per rassicurarli sull'ospite che era con lei, poi dopo un breve dialogo i due si
allontanarono nelle gallerie, lasciando loro soli.
La stanza era molto semplice per essere la sala di un capo tribù, infatti aveva solamente un giaciglio per
terra e c'erano pergamene ovunque. Al centro invece vi era un calderone con un fuoco blu acceso sotto,
sulle pareti invece campeggiavano delle scritte in lingua antica che Kainh non riusciva a decifrare, ma che
preferì lasciare ignote alla sua mente curiosa.
“Bene” disse la donna “ora posso mostrarti cosa so del demone”
La sacerdotessa estrasse dal cumulo di pergamene una mappa molto abbozzata di Nosgoth e degli
appunti sul demone.
Mostrò tutto al paladino, che guardava con occhi attenti e bramosi di conoscere.
Kainh vide che il vampiro aveva sembianze vampire, ma era già sviluppato dal potere, cosa che lo
rendeva molto meno umano a vedersi, poi guardò anche le cartine, vedendo abbozzate delle note
incomprensibili vicino al luogo che ora si chiamava Lago dei Morti
“Cosa c'è scritto qui?” indicò il vampiro
“Lì è stato avvistato il demone” disse la donna “lo teniamo spesso sott'occhio”
Fece una pausa scrutando il vuoto
“Molti dei miei uomini hanno dato la vita per star vicino al demone e per vedere dove veramente si è
insediato”
“Capisco”
Kainh sapeva bene di cosa si trattasse, anche se non aveva mai perso uomini nel recuperare informazioni
o spiare persone, creature, e si rese conto di quanto questa minaccia era grossa per il popolo della
donna.
“Sai se ha dei seguaci?”
“No, che noi sappiamo no, l'abbiamo sempre visto da solo”
“Questo volge almeno a mio favore” pensò il vampiro
“Questo è a tuo vantaggio, almeno” disse la donna
“E' quello che ho appena formulato, io l'ho pensato e tu l'hai detto”
“Come agisce?”
“Lui esce di notte, quando il sole non c'è più. Si sposta molto rapidamente, va di villaggio in villaggio per
nutrirsi, razziare e sterminare” disse lei molto tristemente “non so quale sia il suo scopo”
“Probabilmente non ne ha uno, è la sua natura”
“Anche tu sei un vampiro, eppure non è la tua natura”
“Non è un vampiro vero, dovresti saperlo, la sua è solo una possessione, il povero padrone del corpo è
morto da tempo oramai”
“Vero, che sciocca”
“Qualcuno ha mai provato a fronteggiarlo?” chiese il vampiro, anche se sapeva che era una domanda
dolorosa per la donna
“Si” disse “molti uomini hanno provato a combatterlo, dei valorosi e bravi guerrieri, falciati come fossero
grano al sole. Noi non possiamo fronteggiarlo, solo tu puoi credo”
Il paladino sorrise ironicamente
“Sappi che in quest'epoca ci sono delle forze molto più grandi delle mie, lo vedrai. Io non sono che un
piccolo pesce in un mare molto grande, così come lo sono nella mia epoca”
La donna sorrise, ma nutriva molta fiducia nel vampiro, non solo perchè era la sola speranza del suo
popolo, ma perchè a modo suo, era diventato un amico.
Ma non disse lui niente, perchè non voleva distoglierlo dal suo compito.
“E' tutto quello che so sul demone” “Amico mio”pensò la donna mentre finiva la frase
“Bene, molto bene” disse lui “devo dire che sei stata di grande aiuto. Non fosse per te ora sarei ancora ai
pilastri di Nosgoth in cerca di risposte”
“Forse il destino e la storia vogliono così”
“Si” disse lui
“Sii cauto,vampiro” disse la donna
Porse la mano al vampiro e lui gliela strinse
La donna avrebbe voluto abbracciarlo, ma sapeva che sarebbe tornato vittorioso dalla battaglia e si
sarebbero visti nuovamente.
“Lo farò, ci rivedremo un giorno” disse Kainh non
“
credere di aver finito con me, devo pur sempre tornare
alla mia epoca” aggiunse sorridendo “ e so che tu mi aiuterai di nuovo”
“Conta su di me” disse “amico”
“Grazie” rispose il paladino “ma ora è tempo di andare, il viaggio fino al lago è lungo”
“Se vuoi, posso accompagnarti con i miei uomini fino a là, e poi..”
“No, ti ringrazio, come hai detto avete perso già tante vite, e non voglio che ne perdiate altre”
“D'accordo, hai ragione in fondo”
“Vado, ritornerò presto , spero”
Il paladino fissò per un istante gli occhi verdi della donna e poi si voltò entrando nelle gallerie per cercare
l'uscita, questa volta in tranquillità e senza timori.
Quando raggiunse l'uscita del rifugio, vide il lago dove aveva avuto quel ricordo dal passato e si fermò un
attimo a guardarlo.
Era notte e il riflesso della luna si specchiava nelle sue acque, e qui il vampiro pensò che doveva
attaccare l'Hylden di giorno, mentre era rintanato nel suo ipotetico rifugio, dormiente
“Ma non può essere semplice così. Ho qualche dubbio” pensò
Alla fine un grosso lupo abbandonò veloce come un fulmine quel luogo, come avesse l'inferno dietro di sé
che lo rincorreva.
Il Lago dei Morti
Per tutta la notte il paladino aveva corso velocemente, sotto forma di lupo.
Aveva messo decisamente meno tempo rispetto a quanto avrebbe fatto in forma umana, seppur correndo
molto più velocemente di chiunque altro.
Era arrivato nei pressi del lago dei morti, o almeno , quello che si chiamava così nella sua epoca, dal lato
boscoso delle acque, mentre in fronte a lui c''erano le rocce della montagna che sarebbero poi diventate
le fondamenta del bastione di Malek.
Si fermò un attimo e annusò l'aria ancora in forma di lupo, per sentire se sentiva l'odore di morte dello
Hylden, ma per ora non riusciva a identificare nulla, per cui tornò in forma vampirica.
Per Kainh era irreale quella scena ; il lago dei morti non aveva ancora l'enorme gorgo che trascinava sul
fondo qualsiasi forma umana e non-morta , portandola all'oblio.
Tutto era calmo e le acque fluivano tranquille in quel giorno appena nato.
Non aveva idea di dove riposasse il demone, e soprattutto non sapeva se aveva rifugio anche se
supponeva che era una cosa logica.
Si arrampicò su una grossa quercia e si mise a scrutare la foresta in cerca di edifici in rovina, abbandonati
oppure di qualche caverna sotterranea.
Scorgeva in lontananza l'enorme dimora del vampiro Vorador, ed ebbe l'impulso di andare a visitare il
luogo, ma il freno della razionalità lo spinse a cambiare idea, per cui si concentrò sul suo obbiettivo.
Vide due possibili rifugi del demone, ovvero una semplice capanna e un'apertura nel terreno abbastanza
grossa da far entrare due persone.
Scese dalla pianta e si avvicinò prima alla capanna , ma ebbe scarsi risultati , visto che sembrava del
tutto abbandonata, così provò a raggiungere l'apertura nel terreno, sperando di trovare altri cunicoli.
Quando fu lì entrò nell'oscurità, ma si accorse che era ben poco profonda quella caverna, ed era
probabilmente rifugio di qualche belva , poichè non c'erano segni di attività umane,quindi uscì e provò a
volgere lo sguardo al lago.
Sulle rive poteva scorgere la montagna nella sua maestosità.
La ricerca si faceva molto nebulosa, pensò nella sua mente il vampiro.
Scandagliò con la sua vista da non-morto per qualsiasi anfratto, antro o apertura ci potesse essere sulla
sponda rocciosa del lago, ma non poteva vedere nulla da qui.
Per un momento sentì lo stesso torpore che ebbe in precedenza, e venne alla conclusione che la luce del
sole e il viaggio del tempo lo avevano indebolito, al che decise di mettersi al riparo nel bosco, sotto ad un
albero in attesa della notte, sperando di non addormentarsi di nuovo e di non fare altri sogni, perchè
sicuramente si sarebbero realizzati.
L'attesa fu davvero lunga per il vampiro, che in quel mentre ebbe molto da pensare.
Come sempre.
Ma mentre lo faceva, ora aveva un modo di affrontare diversamente i suoi tormenti ; la maga gli aveva
aperto gli occhi.
In quel momento però era determinato a sconfiggere il demone e tornare nella sua dimensione, per
contro, ora era stufo di essere in quell'epoca remota, di non avere nessuno con cui parlare se non la
sacerdotessa.
La notte era giunta, e Kainh pensò bene di guardare tra le rocce della montagna per trovare la dimora del
demone, e lo avrebbe fatto sotto forma di decine di pipistrelli, quindi con la vista di molti di loro fu
avvantaggiato e trovò diversi ingressi.
Cominciò in uno di essi, ma quando fece qualche passo , l'apertura era già finita, quindi provò nel
secondo, e questo sembrò decisamente più profondo.
Il buio naturalmente era totale, ma grazie ai suoi occhi di vampiro poteva muoversi tranquillamente
vedendo tutto perfettamente.
Arrivò ad una grande sala circolare, dal quale confluivano diverse gallerie, e dove al centro c'era una
gradinata con una grossa lastra di pietra sopra.
“Eccolo, finalmente” pensò il paladino avvicinandosi
Non appena mosse dei passi, sentì rimbombare dei respiri affannosi nelle gallerie, e dei lamenti
sovrumani, ma non fragorosi, abbastanza contenuti.
Poi la sala venne improvvisamente illuminata con delle luci magiche di colore azzurro, misto al giallo e
bianco.
La pietra pesante che stava al centro si mosse da sola e infine vide la forma che tanto voleva vedere.
Era un vampiro, sviluppato quanto i primordiali antenati, come il leggendario Vorador.
Portava una tunica di colore nero, in contrasto coi suoi capelli bianchi, e lungo il suo fianco aveva un
lungo pugnale rosso scarlatto.
Kainh levò Frost in alto, che ricordò avere con sé dopo giorni in cui poteva anche essersene dimenticato.
“Aspetta “ disse la figura che aveva davanti “che intendi fare?”
“Spedirti all'inferno dalla quale sei venuto, demone”
“Demone?”
Kainh era sicuro che fosse lui.
E si fidava di quanto aveva detto la maga. Era simile sia per la descrizione che gli aveva fatto che ai
disegni che aveva visto nelle sue camere private.
“Si, Hylden. Hai finito il tuo soggiorno in questa dimensione”
“No amico mio, forse io e te siamo simili, tu sei un vampiro e io anche”
“Hask'a'Kar”
Colui che aveva di fronte rimase di ghiaccio a sentire quel nome, quasi come se non si aspettasse che
qualcuno sapeva il suo nome.
“Noi non siamo uguali, io non ho ancora i tuoi poteri, demone” proseguì
Si sentì una risata gutturale levarsi dal vampiro più anziano.
“E io non sono un Hylden”
“Puoi dirlo, ti ho visto mentre ti avvicinavi, ma sarai deluso. E ho anche visto gli umani che mi spiavano”
disse con voce più cupa e cavernosa.
“E ho punito chi ha provato a fermare il mio cammino, schiacciandolo come una mosca”
In quel frangente Kainh pensò alla maga e al dolore trattenuto mentre gli diceva dei guerrieri caduti
contro di lui.
Quella furia poteva essere usata contro il demone, era una motivazione molto grande, se sommata alla
brama della testa che aveva il suo signore negromante.
L'Hylden estrasse il pugnale e si lanciò contro Kainh, che era preparato e parò il colpo fragoroso, ma
l'avversario si spostò ancor più velocemente sul fianco del paladino, tentando di infliggere un duro colpo.
Ma l'armatura del paladino fece il suo dovere, incassando la pugnalata e respingendola , facendo
indietreggiare il demone.
“Se non altro sei armato a dovere, vampiro”
Kainh non rispose e mirò alla testa del demone mentre lanciava un fendente, senza successo però.
“Bel tentativo” disse l'Hylden
“Se combattessi invece di tenere aperta quella bocca stagnante sarebbe meglio” disse irritato il paladino
Gli occhi del demone diventarono verdi ed emanavano una luce innaturale, e questo ruggì.
Il vampiro invece si liberò dell'arco Sibila, che ancora aveva sulle spalle e gli impediva dei movimenti
fluidi, quindi si gettò rabbiosamente contro il suo nemico e la lama gelida andò qualche volta a segno,
seppur poco in profondità.
Ma niente era vano, perchè anche la spada stava risvegliandosi dal torpore, e ben presto il gelo sarebbe
arrivato in quella caverna illuminata dalla magia del demone.
“Interessante quel tuo gingillo azzurro” disse l'hylden
Kainh era nervoso e irato
“Non riesci proprio a tenere chiusa quella fogna, demone?”
L'altro rise soddisfatto.
Il combattimento stava proseguendo da un po' di tempo ormai e Kainh non vedeva come potesse
infliggere danno in modo efficace, perchè per quanto riusciva a colpire il suo nemico egli sembrava
rigenerarsi.
Ma accadde che nel combattimento colpi accidentalmente il sepolcro del vampiro, con un colpo a vuoto,
ed egli fu decisamente meno sicuro di qualche istante prima.
Il paladino schivò dei colpi , ma mentre lo faceva passava vicino alla tomba , per vedere cosa c'era
dentro, e riuscì infine a scostare la lastra pesante, vedendo cosa c'era dentro.
Nel fondo del sepolcro vi era una specie di portale , che probabilmente dava energia vitale all'hylden ; se
questo era collegato direttamente al mondo dei nemici dei vampiri questo Kainh non lo sapeva, e non
aveva intenzione di scoprirlo.
Ora tentava di schivare i colpi del suo avversario, che sembrava una furia.
Molti colpi andarono a segno e fu ricoperto di ferite come il suo avversario demone, ma il paladino non
demordeva, colpendo sia il sepolcro , sia l'hylden ; infine l all'ennesimo colpo, la pietra sepolcrale esplose,
e la luce che c'era dentro si spense, morta.
I due furono agli opposti della sala, doloranti dalle ferite, in un momento in cui nessuno attaccava l'altro.
Ma il demone in un barlume di forza si trasformò nella sua vera forma, ovvero un grosso e cornuto essere
rosso, urlando e dimenandosi per il grande sforzo che stava compiendo.
Kainh si stupì deluso da questo, e notò che anche la dimensione del pugnale in mano alla bestia era
aumentata.
Con l'arma in mano Hash'a'Kar rise soddisfatto, come avesse già vinto.
Il paladino , paradossalmente, si rincuorò perchè in passato ne aveva già sconfitte di creature come
quella , e si lanciò quindi all'attacco, spronato dalla sua mente e anche dalla sua spada gelida, che
bramava il gelo della sua vittima.
La forza dell'hylden era notevole e il combattimento stava durando da molto ormai, erano alla situazione
precedente in cui nessuno riusciva avere la meglio sull'altro.
Passò un lasso di tempo che era irreale, e infine Kainh venne atterrato dal suo avversario.
L'ira del vampiro era grande, quel demone era l'esempio perfetto della superbia.
Anche se era per terra, dolorante e ansimante, stringeva forte la sua spada e tentava di rialzarsi.
"E' inutile piccolo uomo" disse l'indisponente demone "non ce la farai mai contro di me"
Continuava imperterrito a parlare mentre combatteva, il suo sorriso divenne beffardo e antipatico, ma
Kainh stava già cominciando a sorridere.
"Ammetti che non sei alla mia altezza, ti darò una morte rapida".
Il paladino sorrise ancora di più, dentro di lui vi erano un misto di divertimento e ira funesta per quel
demone ; la sola cosa che avrebbe voluto in quel momento era spargere le sue viscere per terra, poi lo
avrebbe decapitato.
"Tu ti credi superiore vero, essere?" replicò il vampiro "credi che tutto vada sempre a tuo favore e che gli
altri siano inferiori?"
Fece una pausa
"In fondo , che sciocco sono, tu sei un demone, di umano non hai nulla, e anche gli umani spesso hanno
la tua stessa superbia, quindi tu non puoi che essere peggio"
Il demone si mise a ridere di gusto.
Kainh , che teneva la spada alta, la abbassò , ma non per sottomettersi al demone, il suo intento era ben
un altro.
"Vedo che mi hai capito, umano. Bene."
"Tu invece no, demone."
Il paladino della Cattedrale si scagliò con una furia inaudita verso il suo nemico, rapido come una pantera
e devastante come un ariete, però il suo nemico era forte, e preparato.
Parò infatti l'attacco con la sua spada enorme, e vi furono delle scintille che partivano dalle due lame a
causa dell'estrema forza e brutalità dei due contendenti.
Accadde quello che il vampiro non voleva.
Nell'aria riecheggiò un cristallino suono. Di rottura.
Frost si spezzò.
Kainh sgranò gli occhi , allibito.
La lama secolare del paladino si era rotta, dopo tanto di quel tempo che non si contava sulle mani.
Il pezzo terminale della lama volò via e Kainh rimase con metà lama in mano, ma non perse tuttavia la
concentrazione.
"E ora, vampiro?" disse il demone
Un gelo glaciale uscì dalla lama, come sfogo del potere represso di Frost ; il demone venne investito dal
freddo e i suoi movimenti rallentarono a causa dello strato ghiacciato che lo stava ricoprendo, poi si rese
conto, per la prima volta nella sua vita, di aver sottovalutato il suo nemico.
Con il pezzo che rimaneva di Frost, Kainh lo conficcò nel petto del demone una volta poi lo riestrasse.
“Guai a voi, o terra, o mare! Perché il diavolo ha mandato la bestia con grande ira, sapendo di aver poco
tempo... “ disse Kainh
Seguì il cuore, e lo riestrasse.
Dopo anni di saggezza e riflessione, il paladino sfogò la rabbia repressa aprendo lo stomaco del demone,
facendo uscire le sue viscere e strappando il cuore.
Il maligno non viveva proprio più, e non aveva più avuto occasione di dire nulla al vampiro.
Guardò poi la sua lama spezzata, con un velo di tristezza negli occhi ; erano secoli che possedeva quella
spada, ed ora era infranta.
Con quel troncone che ne rimaneva tagliò la testa del demone, il futuro teschio di Xynay, poi con una
sacca che raccolse nei dintorni , la mise all'interno assieme ai due pezzi della spada spezzata.
Per Frost non disperò, l'avrebbe riforgiata per riportarla alla gloria di sempre, e magari l'avrebbe ancora
resa più forte e potente, anche se non si poteva dire contento di cosa era accaduto, ma in fondo, la
rottura della lama l'aveva portato alla vittoria sul suo nemico.
"Oblivium sempiternum daemonis" disse il paladino al corpo maciullato e decapitato che aveva davanti.
Era uno spettacolo macabro quello che aveva messo in scena il vampiro. però non ebbe nessun
ripensamento o dispiacere, nè vergogna.
"A cosa serve essere nobili e giusti quando tanto di una persona notano soltanto i difetti" pensò Kainh
"inutile tenersi le cose dentro e trattenersi nel fare una cosa per i pensieri degli altri. Imprecò.
Ancora una volta la stanchezza si fece strada dentro le viscere della sua mente.
"Ma adesso è ora di tornare" disse.
Il ritorno alla caverna.
Nelle sale gli uomini delle tribù stavano dormendo, e la loro guida era irrequieta.
Sapeva di aver mandato quel vampiro incontro alla morte , anche se non era sicura.
I tormenti cominciavano a farsi strada nei meandri della sua mente più profonda, e chiamò a raccolta
tutti gli uomini nella sala grande in cui si radunavano.
Per un instante represse un conato di vomito, talmente era tesa e nervosa.
Gli uomini che arrivavano allarmati e rumorosi si sedettero davanti a lei in cerca di risposta.
La donna aveva intenzione di andare in cerca del vampiro e aiutarlo se fosse stato necessario, ma i suoi
uomini vestiti tutti di piume sembravano essere in disaccordo questa volta, pensando che sarebbero
anche loro andati incontro alla morte.
D'improvviso, al centro della sala apparve il paladino del gelo, con una sacca in mano e l'arco sulle spalle.
Kainh aveva usato l'incantesimo per tornare al rifugio immediatamente, sicuro di tornare in quel luogo,
anche se non sapeva in quale sala : ebbe fortuna di apparire nella camera principale.
Ci fu quindi il silenzio e poi il sollievo della sacerdotessa, che andò incontro al paladino, prendendolo per
mano e conducendolo via.
“Sei vivo allora” disse
“Evidentemente si” disse il paladino “ma qualcun altro ha avuto un destino molto peggiore”
“Era tutto vero allora”
“Si” rispose Kainh “a volte i sogni si avverano sul serio, anche se non ero sicuro di tornare tutto intero”
“Sia ringraziato il cielo” disse lei “te ne siamo infinitamente grati, ora potremo uscire da qui e cominciare
a espanderci”
“Molto bene, ma ora è tempo per me per tornare, maga”
“Si, lo so, la tua casa ti attende”
“Anche se non è molto lontana da qui, nel futuro”
“Come farai a tornare a casa ora?” chiese lei
Kainh non sapeva se rivelare alla sacerdotessa la posizione della camera cronoplastica, anche se di lei si
fidava.
Preferì mentire
“Conosco un potente incantesimo che mi permetterà di tornare da dove sono venuto, ma non posso farlo
qui, mi capisci?”
Come tutte le maghe, la donna era curiosa di conoscere l'incantesimo, ma infine comprese che era meglio
per lei non saperlo.
Avevano giocato con le profezie troppo a lungo, e la storia avrebbe fatto il suo corso.
“Quindi è giunto il momento di salutarci... non so ancora il tuo nome”
“Kainh” disse il paladino
La donna abbracciò il vampiro e lo ringraziò ancora molte volte prima di salutarlo definitivamente
all'ingresso del rifugio.
Prima di entrare nella foresta, Kainh si voltò e sorrise alla donna, poi sparì.
Sperava che vicino alla villa del vampiro Vorador ci fosse la camera di tessitura del tempo, ed ebbe
fortuna, trovandola e aprendola con un sigillo vampirico.
Attivò il meccanismo e sperò di ritrovarsi a casa, mentre i fasci di luce azzurra lo investivano.
Il ritorno alla vera casa
La sala cronoplastica era immutata, per un momento il vampiro ebbe paura, ma quando uscì dalla camera
vide tutto ciò che aveva di familiare, i vampiri, i simboli sulle pareti.
Si recò alle sue sale e Daniaa era ancora lì.
“Sono a casa”
La testa del demone
Kainh entrò nella sala del negromante, e lo vide immerso nei suoi studi e pensieri, : di solito non era suo
uso disturbare qualcuno che era preso dal suo da farsi, ma questo volta lo fece, in fondo aveva una
importante consegna da fare.
“Salute a te negromante”
Egli si girò e vide prima Kainh e poi la testa del demone, grondante del suo sangue, e sorrise
Con un sorriso ironico il paladino disse :
“Sono tornato e ho soddisfatto il tuo folle capriccio, sire”
Soul sorrise capendo l'ironia del paladino e ammirò il cranio del demone ma notò qualcosa sul fondo della
sacca che lo conteneva
“E questa?” chiese vedendo i resti della spada azzurra
“Giusto, Soul, dimenticavo. Sono andato in cerca del teschio di Xynay per riforgiare la tua lama, ed ora
dovrò ricostruire la mia, negromante. Che destino beffardo ha avuto Frost” disse il paladino
FINE
---
SOUL
Kainh entrò nella sala del negromante, e lo vide immerso nei suoi studi e pensieri, : di solito non era suo uso disturbare
qualcuno che era preso dal suo da farsi, ma questo volta lo fece, in fondo aveva una importante consegna da fare.
“Salute a te negromante”
Egli si girò e vide prima Kainh e poi la testa del demone, grondante del suo sangue, e sorrise
Con un sorriso ironico il paladino disse :
“Sono tornato e ho soddisfatto il tuo folle capriccio, sire”
Soul sorrise capendo l'ironia del paladino e ammirò il cranio del demone ma notò qualcosa sul fondo della sacca che lo
conteneva
“E questa?” chiese vedendo i resti della spada azzurra
“Giusto, Soul, dimenticavo. Sono andato in cerca del teschio di Xynay per riforgiare la tua lama, ed ora dovrò ricostruire la
mia, negromante. Che destino beffardo ha avuto Frost” disse il paladino
.
“Quale ironia... per costruire una spada, ne abbiamo persa un'altra... a conti fatti, tuttavia, ho l'impressione che attraverso la
limpidezza di una situazione di parità apparente, tra l'unità che viene e quella che ci abbandona, si celino ben due
sconfitte...”
“Parli come sempre per enigmi, Negromante...”
“Forse sto venendo a capo di un enigma non mio. La leggenda degli elementi si sta chiudendo dinanzi ai miei occhi, e spero
che l'epilogo non sarà tragico così come l'ha fortemente voluto il suo autore, sempre che questa storia l'abbia scritta
Vorador, colui che forgiò la mia lama...”
Preso in mano il teschio del demone, l'antico vampiro evocò una potente fiamma azzurra che incenerì immediatamente i
brandelli di carne impregnati del sangue del mostro; tuttavia nessun odore si espanse da quella massa un tempo viva.
Restava un teschio dall'aspetto temibile. Le ossa di quella creatura andavano a comporre una copia perfettamente identica
dell'elsa di Xynay.
“Sembrano davvero lo stesso teschio...”, ammonì Kainh.
“La somiglianza è quasi sconcertante, come puoi notare. Sembra quasi che sia stato io a forgiare la mia stessa lama.
Bizzarro, anche se devo ammettere che non conosco ancora i segreti di quest'arma, della ragione per la quale ha reagito
con la Decale, e persino del motivo per cui sembra che la mia spada possegga un'anima propria. Quando avrò fatto luce su
tutti gli incantesimi che su di essa sono stati posti...”
Kainh barcollò per un istante, mentre il Negromante fissava il suo tanto desiderato tesoro con grande attenzione. Dopo
qualche rapida occhiata, così si rivolse al Paladino:
“Come ricompensa per aver accettato di rischiare la tua stessa esistenza per un mio capriccio, ho istillato in te il mio
incantesimo più potente. Fanne buon uso, epico Senzacuore...”
KainHeartless Level UP
__ Spirit Death __
NYAMELH – MISSIONE : L'ALCHIMISTA PROMETTENTE
PROBLEMA
Le parole del Negromante mi lasciarono l'amaro in bocca, non sapevo proprio come comportarmi nè
tantomeno cosa fare, era un dilemma che sembrava non avere soluzione nella mia mente, ero
preoccupata sopratutto del fatto che quel dannato alchimista era per me inavvicinabile di giorno a meno
che non avessi trovato un modo... ma non avevo la minima idea su come aggirare questo ostacolo.
Andai così nelle mie stanze a prepararmi, andai verso l'armadio e presi un abito che non era il mio solito
abituale, era nero con il corpetto rosso, maniche lunghe e strette, i pantaloncini neri e metà gabbia di
ferro nero attorno, un pezzo di gonna nera sfibrata e tagliata in malomodo dietro, gli stivali dello stesso
colore ma con dettagli sempre rossi, quei colori oramai erano diventati il mio simbolo di marca tranne per
il vestito donatomi da mia madre, in ogni caso, volevo qualcosa di diverso per quella missione...
Lasciai Tellus sopra il cassettone di mogano, finemente decorato ma pieno di tarli, come noi quei
maledetti morivano se ne avevano voglia. Presi la cintura ove solitamente tenevo il fodero della
scimitarra, ma al posto della mia fidata lama vi era il mazzafrusto, che in ogni caso un'arma in missione
era sempre buona, in quel momento ricordai del mio primo incarico, solo gli artigli avevo, ah... che brutti
tempi.
Me ne andai così dalla Cattedrale, piccola culla di ogni vampiro sano di mente, forse. Risi al pensiero, non
ero sana di mente oppure era solo un difetto rimasto dalla mia precedente vita passata con gli umani,
c'era da riflettere un po' in questione, in compenso lasciai perdere quei pensieri e mi avviai verso
Avernus, la strada era lunga certo, ma la presi con calma, non sapevo cosa fare una volta giunta lì e
forse, durante il viaggio, avrei trovato un modo per arrivare all'alchimista.
Così il mio viaggio proseguì tranquillo, lento, ma senza incontri o almeno pensavo... infatti arrivata a poca
distanza dalla città mi imbattei in una carrovana ferma, vi erano tre persone di cui una donna che mi
sembrava famigliare... mi avvicinai silenziosamente a loro e li fissai nascosta nella vegetazione, questi
erano tranquilli attorno ad un fuoco, i due uomini possenti borbottavano fra di loro mentre la giovane
veniva verso la mia direzione, accidenti... se non si fermava mi avrebbe scoperto! Eppure....
"Psst! Tu! Ti ho riconosciuta sai? I tuoi capelli si vedono molto bene, non ti sei nascosta un granchè... ma
sono felice di vederti! Aiutami Nyamelh, ti prego...!" sussurrò piano accovacciandosi vicino a me facendo
finta di prendere delle erbe, riconobbi la voce, Scarlet.
"Scarlet... che diavolo..?" la guardai incuriosita, lei era la sarta di Wasserbunde che mi procurò i vestiti
per l'Alleanza durante il party dato alla magione nascosta fra i monti, aveva dei buoni gusti nel vestiario e
non mi aveva tradita parlando della mia esistenza ai Saraphan.
"Aiutami ti prego, questi due mi hanno rapita assieme al carico che dovevo portare a Nachtolm..."
"Tranquilla, ci penso io, crea un diversivo." la tranquillizzai, e così fece, si alzò quando io mi spostai fra la
flora per arrivare poi alla carrovana, così quando si sarebbero avvicinati a lei li avrei uccisi senza tante
storie.
"AIUTATEMI!AAAAH!" iniziò ad urlare Scarlet, immediatamente i due bruti si alzarono, spada sguainata, si
avvicinarono a lei, io arrivai alle loro spalle e gli lanciai addosso degli Energy Bolt, i due ricevettero delle
scariche elettriche e caddero a terra priva di sensi.
"Insomma... potevi farcela da sola..." dissi guardandoli attonita, bruti per modo di dire... non valevano
niente.
"Davvero... l'avessi saputo prima!" borbottò, poi mi fissò. "Come posso sdebitarmi?" chiese
"Credo poco, mi devo avvicinare all'alchimista che insegna nell'Ateneo di Avernus... ma non ho idee..."
"Così per te è impossibile, è un gran uomo, molti han cercato di avvicinarlo e tutti hanno fallito, è sempre
all'erta e facilmente capirà chi sei, ma non ci sono problemi! Infatti hai di fronte la maga non solo delle
sarte ma anche del travestimento!" corse verso il mezzo e prese una ciotola, andò poi vicino ai vegetali,
prese manciate di salvia e rosmarino e li mise nella ciotola, un'ora dopo creò una specie di decotto.
"Che ci fai con quella roba?" chiesi, si avvicinò a me e mi prese i capelli tirandoli a se, lavandoli poi con
l'intruglio, li lasciò per qualche minuto e di nuovo li lavò con il decotto, facendo così per una decina di
volte, io non capii all'inizio ciò che stava facendo alla mia adorata dannata chioma, però le risposte
arrivarono presto quando mi passò uno specchietto, e qui quasi svenni.
I fili bianchi argentati con riflessi violacei erano diventati completamente biondi! Stentavo a riconoscermi
con quel colore, mai avrei pensato che fosse quello il mio aspetto se non fossi stata un'elfa... in
quell'istante capii una cosa... ero un'altra persona... sembravo più umana...
"Il problema sta nei tuoi occhi, così strani e chiari, quasi bianchi, sono ancora troppo, traggono in
inganno, ma ho la soluzione pure per questo." disse calma, prese una fialetta, l'aprì e rovesciò il
contenuto nella ciotola dove vi era ancora il liquido creato prima, me lo avvicinò alle labbra e mi fece
intendere di berlo.
"NO, NO, NO. Io quella roba non la bevo!" protestai, ma riuscì a cacciarmelo giù in gola, e iniziai a
sentirmi strana e persi conoscenza...
INGANNO
Mi svegliai... un morbido letto mi sosteneva, le lenzuola candide e l'aria profumata che entrava dalla
finestra, era ancora notte ma non ricordavo ancora di quale dì.
Guardandomi attorno scrutai la stanza, le pareti con la carta da parati gialla... le tende decorate...la luce
di una candela... il tizio che mi guardava sorridendo sulla sedia ai piedi del letto....
"Il tizio!?!?" gli urlai in faccia e lui mi afferrò per i polsi facendomi allarmare più che mai.
"Calmati! Non ti farò del male! Mi chiamo Nathan..." disse guardandomi dritta negli occhi.
"Nathan... io...io non ti conosco. Dove sono..? Tu... chi diavolo sei?"
"Come ti ho detto il mio nome è Nathan, sono uno studente dell'Ateneo, frequento il dipartimento di
alchimia, sei ad Avernus, più precisamente nelle mie stanze, ti ho trasportata qui due giorni fa quando ti
ho trovata priva di sensi vicina alle porte della città. Eh... beh, sei davvero una gran bella
ragazza....eheh.." mi spiegò, ma apprezzai poco il complimento, non ricordavo niente di quel che era
successo se non... accidenti! Corsi verso la candela, la presi e cercai uno specchio, dopo averlo trovato
guardai nel mio riflesso: ero ancora bionda, e i miei occhi erano diventati azzurri, guardai i vestiti che
avevo addosso: erano semplici, decorati e fatti con della buona stoffa, stoffa che i popolani non potevano
permettersi.
"Che strano..." sussurrai pensierosa, sentii poi delle mani cingermi la vita, il tocco mi fece sobbalzare.
"Cosa fai?!?"
"Scusami, non volevo infastidirti..."
"Non m'importa di ciò che vuoi, grazie dell'ospitalità ma ora devo andare!" Andai verso la porta, la aprii e
mi trovai in un corridoio che dava poi ad un salone, mi fiondai a corsa e in un battibaleno mi trovai fuori
dalla residenza.
La notte mi era amica, il giorno no, dovevo trovare un modo di avvicinarmi al tizio, Angelo, ma mentre
camminavo fissai la città: molto era stato ricostruito dopo la Forgia, mi erano giunte voci dall'Alleanza di
una missione qui da parte dei mietitori...
Umani, quanto si davano da fare per qualcosa che veniva poi spazzato via con niente.
Arrivai poi ai piedi di un piccolo colle, alla cima vi era un grande edificio: le pareti di pietra grigia,
imponenti e forti formavano una specie di cerchio, il tetto lievemente a cupola di blu mantato, i fregi,
alcune colonnine bianche, dettagliate con scene dei momenti storici di Avernus... e infine il maestoso
grande portone di bronzo, era quella l'entrata... che dovevo varcare...
Affrettai il passo e giunsi infine al portone, feci un lungo respiro e cercai di aprirlo...senza risultato.
Dannazione! Non potevo arrivare alle ore del giorno... ma mi rassegnai, mi sedetti e aspettai...
Iniziò le prime luci dell'alba, un fiore di luce che sbocciava nella notte, era bello ma pericoloso per me, un
peccato... davvero. Sentii poi dei passi venire nella mia direzione e prestai attenzione, dopo pochi secondi
sarebbe apparso una figura davanti ai miei occhi... un passo dopo l'altro, alternati come il ticchettio
dell'orologio... rimasi sorpresa...
"Nathan...?" sussurrai all'uomo
"Ehi! Ecco dove sei... mi ero preoccupato, sei scappata via, perchè sei qui?" chiese avvicinandosi per poi
darmi una mano per rialzarmi, esitai un momento ma mi feci aiutare.
"Volevo studiare alchimia, la trovo una materia affascinante... sai, sono stata cresciuta come una
guerriera ma non mi piace, volevo essere una ragazza di cultura..." mentii "possiamo entrare?" ero
spazientita ma cercai di non darlo a vedere, ero preoccupata per il sole, non volevo finire bruciata dai
suoi raggi, il tempo iniziava a scarseggiare.
"Certo, sarà più intimo, possiamo goderci il tempo che ci rimane prima delle lezioni." sorrise in uno strano
modo, in quel momento capii che più del sole dovevo preoccuparmi del tizio.
Entrammo finalmente nell'Ateneo, stranamente all'interno era illuminato, ma non dalle torcie o dalle
candele ma di qualcosa di più avanzato. Il luogo capii che era più grande di quel che pensavo, chissà
dov'era l'alchimista.
"Questo posto è incredibile, mai visto niente di simile!" dissi guardandomi intorno, poi volsi lo sguardo
sull'uomo al mio fianco, solo in quel momento, con la luce vidi come era fatto in realtà: aveva capelli
corvini, lunghi a metà collo, due ciuffi di capelli cadevano sugli occhi, questi ultimi di colore verde, quasi
tendenti al giallo, erano strani da vedere... il viso giovane ma pieno di cicatrici, le più grandi partivano
una dal naso e l'altra sulla parte sinistra del mento per poi assieme formare una croce storta sulla
guancia, il corpo non era di un guerriero ma di un mago a giudicare dalla magrezza del ragazzo,
sembrava che da un momento all'altro diventasse polvere e sparisse al vento.
Avvicinò il viso al mio ma lo spinsi lontano. "Non farti strane idee ragazzo, non mi fido di te."
"Per ora, cambierai idea, te lo prometto." sorrise, diamine, ma non faceva altro da mattina a sera?
Mi mostrò poi il luogo dove si tenevano le lezioni di alchimia, i muri erano pieni di segni che non
compresi, di formule che non capivo, e i tavoli pieni di libri di ogni dimensione assieme a polveri, pietre e
monete. Nathan ebbe la gentilezza di parlarmi del Drago Rosso e Nero.
"Questo è un minerale, si chiama Drago Rosso che in seguito alla sublimazione col fuoco segreto si estrae
il mercurio."
"Non ricordo cosa era il fuoco segreto..." mentii, non lo sapevo affatto, mi immaginavo qualcosa tipo
fiamme dalle mani di strani colori che bruciano tutto.
"Fuoco segreto è il nome dato alla materia solvente, che sarebbe composta dalla salina, o via umida,
ricordi?"
"Giàà si, si, si, il liquido!" dissi a caso
"Esattamente, come ben sai le vie umide durano mesi oppure meno di uno, tutto a seconda del metodo
usato. Comunque, il Drago Nero..." disse mostrandolo col dito "è frutto di molto tempo, stessa cosa della
via umida, ci vogliono tanti mesi e temperature a 1000°, tanta pazienza e altrettanta abilità, bisogna
trovare il metallo giusto, stare attenti ai climi esterni e prepare tutto per il dopo, la cosa più importante è
avere un maestro abile che ci sia riuscito, uno come Angelo, da soli si è destinati al totale fallimento."
"Ogni cosa deve concludersi con un vincitore e un vinto..." sussurai piano
"Essì, ma per fortuna abbiamo la persona di valore più importante, l'oro è nulla pari a lui, la fama, la
ricchezza, la forza, persino l'invincibilità sono niente, niente."
"Ma anche i potenti cadranno vittima dell'inganno, lo sbaglio coglierà sempre colui che non presterà
attenzione, colui che non si fa furbo." pensai al mio travestimento, per ora funzionava alla grande e così
doveva essere fino alla fine, dovevo essere furba e tutto sarebbe andato liscio.
"Dubiti del grande Maestro? Non va bene, quando lo vedrai con i tuoi occhi capirai la sua importanza...
grazie a lui sottometteremo i vampiri ed ogni singola creatura ci obbedirà, da ora fino alla fine di
Nosgoth..."
Fui colta dall'ira ad ascoltare le parole, mi promisi che se le cose fossero andate male sarebbe il primo
morto per mano mia, nel momento in cui lo pensai implorai davvero che le cose andessero male.
Rumore di passi mi destarono dai pensieri, in molti stavano arrivando, capii così che era il momento delle
lezioni, Nathan mi mostrò dove sedermi, in fondo all'aula, per fortuna in un posto buio dove i raggi solari
non arrivavano, così ero molto più tranquilla.
Il SOTTILE FILO DELL'ALCHIMIA
Prima dell'arrivo del "Maestro" cercai di imparare a memoria i vari elementi, i materiali e i minerali che
venivano usati, era tutto dannatamente confuso e caotico che non capivo quasi niente...
Ed entrò, la porta della stanza si aprì di colpo e una figura maschile ne fece capolino, iniziò a camminare
arrivando poi alla cattedra, sistemò alcuni arnesi sopra di essa e infine guardò la parete vicino a lui, io
invece fissai l'uomo.
Costui aveva capelli biondo scuro, un poco ricci e lunghi, occhi neri e il viso affaticato, quasi spento... era
vestito elegante, da persona abbastanza importante, una specie di frack marrone fatto di iuta o almeno
così mi sembrava.
"Oggi!" disse colpendomi di sorpresa, che voce penetrante, sentivo la differenza del suo tono rispetto a
quello di un umano... "Faremo un ripasso sul fondere l'oro." scandì bene ogni singola parola, fonderlo?
Perchè?
"Ma prima di tutto." guardò verso di me "Vorrei sapere chi porta il profumo di... TERRA." Mi indicò con un
dito.
"Aemh... emh... dunque..." sbiascicai "...Il mio nome è.... Nyamelh." perchè, perchè ho usato il mio
nome??? aaaargh!
"Bene, Nyamelh." notai che era solito fare delle lunghe pause prima di parlare, chissà a cosa pensava?
"Sai chi sono?"
"Sì, lei è il ...Maestro." risposi facendo finta di niente.
"E dunque, sai cosa rappresenta la Sfera?"
Per fortuna ero riuscita a ricordarmi da quel poco che avevo imparato che cos'era ciò che mi chiedeva.
"La Sfera, Signore, attribuisce l'unità alla materia..."
"Esatto. Esatto." poi continuò: "Fondere l'oro. Chi mi spiega come? Ma sopratutto...Perchè?"
"Ah... che bello! Oggi sentiremo la melodia!" pronunciò entusiasta Nathan, dopo di lui anche gli altri
studenti iniziarono ad esaltarsi per poi preparare sui tavoli vari arnesi e materiali, di cui il protagonista
era appunto l'oro.
Per fortuna Nathan nonostante fosse un mio nemico era molto gentile e mi aiutò con il materiale. Ora
tutti erano pronti, Brandt ci scrutava uno ad uno poi iniziò la vera lezione.
"Crogiolo, gas ed ossiacetilene, ecco il segreto."
Misi le pepite nel crogiolo facendole scaldare per più di venti minuti, ma il tempo che occorreva per
fonderle era assai maggiore, nel mentre aspettavo e le osservavo cercai di saperne di più sull'Alchimista
chiedendo a Nathan.
Con il passare del tempo il metallo si fondeva sempre più, sempre più, sempre di più finchè uno
scricchiolio secco quasi non mi fece sobbalzare, così il ragazzo si avvicinò al crogiolo tendendo l'orecchio.
"Sta iniziando! Ascolta..."
Lo fissai attonita poi mi avvicinai come lui, nel momento stesso per tutta la sala si alzarono altri
scricchiolii secchi e assieme sembrava formassero una melodia... chiusi gli occhi per concentrarmi meglio
sui suoni mentre gli studenti mi imitarono.
"Che suoni meravigliosi..." dissi contemplando il tutto
"E' il canto dell'oro quando è puro..." le parole di Nathan mi risuonarono nella mente, tutto ciò era
favoloso... poi guardai verso l'alchimista, sembrava molto fiero di quel risultato, poi una volta cessati i
suoni ci chiese di farli diventare piccoli lingotti, e per quello ci volle assai molto più tempo.
Uscii dall'ateneo, e guardai il paesaggio, era già tramontato il sole da un pezzo, questo significa che
avevo passato molto tempo sui libri, infatti Angelo voleva che studiassimo il pomeriggio per poi fare la
mattina dopo gli esperimenti su ciò che avevamo studiato il giorno prima.
"E' stancante tutto questo..." mi massaggiai le tempie
"Ma no, è che non ci sei abituata a questi ritmi, ma il Maestro sa il fatto suo."
"Oh Nathan, non so come diavolo fai a star dietro a tutti quei simboli e quelle metafore, è tutto pieno di
segreti." dissi spazientita, poi ci avviammo verso la dimora del ragazzo.
Arrivammo alla casa, giunti nel salotto mi sedetti su un divano e sistemai i suoi cuscini dietro la testa per
restare più comoda, poi passai la mano destra fra i capelli, guardandone le punte. Erano passati tre giorni
da quando i miei capelli eran diventati biondi e adesso mi chiedevo se mai tornassero come prima, poi
una voce mi destò dai pensieri.
"Piaciuta la lezione oggi?" mi chiese sorridendo Nathan, fra le mani teneva un libro di alchimia.
"Beh oddio, la melodia era fantastica, ma tutto il resto è una mattonata."
"Senti...." abbozzò "se sei stanca possiamo andare a dormire, vuoi venire?"
Lo guardai un attimo, poi realizzai, gli presi di mano il libro di alchimia e lo aprii a caso per poi
immeggermi nella lettura. "No grazie, non ho ancora sonno e devo studiare per domani!"
"Ahahah, e dimmi, studi con il libro alla rovescia?" disse ridendo
"Sì, aumenta la concentrazione!!Sciò ora! A letto!" gli intimai
"Si, ehehhe, a domani!" fece per andarsene dalla stanza ma si girò "Comunque... se vuoi... penso che
non mi addormenterò subito." continuò malizioso, per risposta gli lanciai il libro.
"VAI VIAAAA!!!"
E se ne andò, io mi tranquillizzai e mi rilassai sul divano, davvero comodo.... Ripensai alla giornata e al
vampiro che dovevo catturare, iniziava a farsi lunga la missione... come facevo a portarlo alla cattedrale?
Idiota... avevo il Sanctuary, sarebbe stato un gioco da ragazzi.
L'ELEMENTO MEDIO FRA SPIRITO E CORPO
"Nyamelh, ehi, svegliati! tra poco inizia la lezione!" venni scrollata a forza dall'apprendista Nathan
"Eh? Uh? Si si, ora arrivo mamma...preparami il paninronf...." un'altra serie di scrollate
"NYAMELH!!!! SVEGLIATI!!!" Il ragazzo mi urlò nell'orecchie e gli arrivò un calcio nello stomaco
"Ho capito, ecchepalle!" brontolai alzandomi, lui mi fissò spaesato
"Scusa, avevi detto che facevi la guerriera? no sai, si vede... ahi"
Dopo che lui fece colazione ci avviammo verso l'ateneo, o almeno così doveva essere, appena lui aprì la
porta mi ritrassi, il sole era già sorto... dannazione. Andai in salotto, staccai una delle tende e la utilizzai
come mantello-sciarpa e cappuccio per proteggermi dai raggi solari, tornai infine da Nathan.
"Oggi fa un po' freddino, non sono una che lo regge bene il freddo, sai, da piccola prendevo tanti
raffreddori appena c'era un po' di venticello...eheh" mentii
"Ma senti... certo che hai davvero un bel vestito, pensa, mi ricorda le tende del salotto." sorrise
"Ahah, ma pensa un po'..." infatti è proprio una tenda pensai
Una volta all'accademia e quindi di conseguenza nell'aula arrivò il "Maestro" vestito di tutto punto come il
giorno prima.
"Oggi." guardò verso di me "Vi darò un compito basato su ciò che avete studiato ieri." dopodichè ci
consegnò dei libri sottili con le pagine bianche "Ebbene, descrivete adesso: Il cuore di tutte le cose. Avete
tre ore di tempo."
Fissai la pagina bianca, poi iniziai a scrivere come titolo: so chi sei e cosa sei, continuando poi con il vero
protagonista di quel compito: lo zolfo.
Infatti durante gli studi avevo capito che era alla base di quasi tutto in natura, di come avesse proprietà
coagulanti nelle opere degli alchimisti e come veniva identificato con i tanti simboli, dall'uomo al drago
senza ali, di come un materiale povero che si trovava anche nel letame diventasse un ingrediente
importante per giungere all'Opera finale.
Trascorse le tre ore consegnai il libretto nelle mani di Angelo che mi guardò irritato. "Penso che tu debba
andartene. Non sei degna di stare qui."
"Legga il titolo del mio compito, si ricrederà, posso essere una brava allieva, ancor più del suo pupillo
Nathan." dissi al vampiro, esso prese il libro e aprì alla prima pagina, la sua espressione fu un misto di
rabbia e stupore, poi si risolve a me con rabbia "Si, hai ragione."
Me ne andai poi nella biblioteca dell'ateneo dove c'era da studiare i tomi per la lezione successiva,
aprendone uno rimasi sorpresa.
"Aira, omuf, oiccaihg, inimluf e otouv, etnein onnartop ortnoc al aed erdam...
olos es assets eved eremet."
"Niente se non se stessa dovrà temere..." ripetei, poi compresi che la seguente lezione aveva come
protagonisti gli elementi, non a caso il mio era un mediatore fra me e la mia lama...
Giunta la sera, smisi di studiare e ricordai che da qualche parte alle porte di Avernus avevo lasciato il
mazzafrusto, unica mia arma in quella missione, il problema era che non sapevo in che mani fosse dopo
aver incontrato Scarlet, quindi mentii a Nathan e andai alla sua ricerca.
Dopo molto vagare lo trovaii nascosto fra i rami di un albero, qualcuno lo aveva messo lì cercando di farlo
trovare solo al suo legittimo proprietario, quando l'avrei rincontrata avrei dovuto ringraziare la mia amica
sarta.
Trovata l'arma me ne andai verso la casa di Nathan, quando entraii mi salutò ma ebbe un sussulto
quando mi vide per quel che ero, il nemico che i Saraphan combattevano da tempi immemori, un
vampiro.
"Nathan... ho detestato ogni tuo singolo gesto verso di me, ma non per la persona che sei, ma per la
morte che mi hai augurato!!!"
"Tu! Dovevo immaginarlo, ecco perchè per un solo attimo non ti ho mai vista mangiare, e io stupido che ti
ho amato...dovresti andartene all'inferno!!" cercò di attaccarmi, invano, con il mazzafrusto lo colpii
stordendolo e l'istante dopo.... "...credo che dovrai mandarmi una lettera da laggiù." dissi mentre moriva
lentamente, il suo sangue scorreva sulle mie labbra nutrendomi dopo giorni passati a una "dieta"
miserabilmente fallita.
Quando finii di nutrirmi presi la chiave e mi precipitai verso l'ateneo, aperta la porta principale entrai
dentro per poi andarmene alla biblioteca, qualche informazione in più non era male, e sopratutto avevo
del tempo da far passare, infatti il mio piano era quello di aspettare la fine delle lezioni per poi "prendere
in prestito" Brandt.
Leggendo i libri scoprii cose interessanti, tipo che la luce dell'accademia era basata su un meccanismo ad
energia glifica.
Le ore passavano, il giorno passava e le prime oscurità della notte lo rincorrevano ed io iniziai a
muovermi, vagavo per i corridoi e per le stanze, finchè non trovai la stanza di Angelo, lui era seduto
dietro una cattedra di legno di abete, scrutandomi serio, poi si alzò.
"Nyamelh, dunque... sapevo ciò che eri non appena sei entrata ad Avernus il primo giorno, ma vedo che
anche tu mi conosci."
"Poco ci fa, è ora che tu mi segua e non il contrario." Lo guardai con rabbia, poi mi avventai su di lui ma
riuscì a fermarmi per poi afferrarmi entrambe le braccia
“GUARDIE! ALLARME! UNA VAMPIRA MI STA AGGREDENDO!” strillò.
Alcune sentinelle di passaggio sentendo le urla si precipitarono verso la porta. Sentii il cigolare dei loro
schinieri sul pavimento e guardai Angelo con furia.
"Potevi essere una brava allieva, nonostante tutto hai capito molte cose che agli altri sono oscure. Ora
morirai." sibilò
"Si, certo... ma.... vedi... il problema è che a me questa materia fa davvero schifo!" dissi bloccandolo con
l'Incapacitate, si fermò di colpo tenendo ancora stretta la presa su di me, ne approfittai e usai il
Sanctuary per tornare così alla Cattedrale assieme a lui. I Sarafan giunsero…e trovaron la stanza vuota.
Nel momento stesso in cui arrivammo l'effetto della magia su di lui finì e tornò a muoversi.
"Maledetta! Dove sono?" chiese prima che un pugno lo colpisse in pieno viso.
"Stai zitto stronzo, odio questa missione e il motivo per cui son dovuta arrivare fino a questo momento,
te e la tua alchimia da strapazzo, quel tuo dannato pupillo Nathan e l'accademia dove insegnavi!!!"
continuai a picchiarlo infuriata, poi sentii una voce alle mie spalle...
"Ti avevo detto col cervello integro, vedi di non farlo fuori o avrai una missione peggiore se questa non ti
è piaciuta." pronunciò il Negromante serio.
"Sì Soul... sì..."
Lo fissai per un istante, ma capii che finalmente era finita.
SOUL
Nyamelh guadagna:
-
Mist Form
CITAZIONE
Nome: Mazzafrusto [puoi dargli il nome che preferisci, o lasciarlo così]
Materiale: due palle di ferro chiodate collegate ad un bastone tramite una lunga catena (60-70cm), le sfere sono state
successivamente incantate coi poteri elementali di fuoco ed aria.
Poteri Lv.1: Le due sfere del mazzafrusto infliggono danni elementali di fuoco ed aria, una sfera per elemento; la prima può
incendiare il nemico dopo attacchi ripetuti, mentre la seconda può respingerlo lontano. Il potere delle sfere si incrementa in base
alle condizioni ambientali: una sfera in climi particolarmente caldi o vicino alle fiamme, l'altra in presenza di forti correnti d'aria e
vento.
BLEED - MISSIONE : L'ULTIMO UNICORNO ALATO
La figura snella ed alata entrò silenziosa nella roccaforte dei Vampiri. Mentre il sole dietro di lui
mandava gli ultimi rossastri raggi sulle più alte chiome degli alberi, l'umano non esitò neppure un
attimo, dirigendosi lungo il corridoio sempre più buio verso il salone principale, verso la sala del trono.
Le sue grandi ali nere, con venature d'azzurro, erano aperte in tutto il loro splendore; i piedi nudi
afferravano il pavimento avidamente, quasi a volersi spingere oltre il proprio corpo, per far prima; le
mani veloci con strane unghia nere oblunghe falciavano l'aria come in cerca di una preda, ma tutto
quello che afferrarono furono i battenti sul portone della sala principale … e lo spalancarono.
Sullo scranno terribile, nella sua imponenza, il Sommo Negromante osservava l'inatteso ospite quasi
incuriosito. Ben presto socchiuse gli occhi neri sulla figura umana, che di umano aveva ben poco.
Quello si inginocchiò, aprendo ancora di più le ali, mostrandole al Signore Oscuro come un trofeo..
Soul stava sul trono di Kain, e come lui brandiva la sua spada.
Una scena già vista … un orrore già consumato … ma questa volta gli attori erano diversi, e diverso
era il loro scopo.
Negromante: “Ebbene pare che in qualche modo tu ce l'abbia fatta … racconta …” disse appoggiandosi
su un braccio del trono perforando con lo sguardo l'alleato
Questo in tutta risposta alzò lo sguardo verso Soul, uno sguardo umano, due occhi bianchi con pupille
celesti come il cielo, eteree come un'anima, che lo fissavano nella penombra della sala.
“Si … alla fine l'ho trovato e questo è stato l'unico modo per portarlo a te …” esordì Bleed, distogliendo
leggermente lo sguardo in modo da richiamare a se i ricordi degli ultimi giorni …
Alla ricerca del mito
Dopo la sua quasi distruzione Bleed intraprese quell'ennesima avventura con qualche dubbio in mente
sull'utilità di quella ricerca. In verità per tutto il viaggio fino ad Uschteneim, tra foreste, colline e
qualche rapido spuntino a base di ronde Saraphan e Sluagh, si era chiesto ripetutamente e senza
sosta se tutta la conoscenza imbrigliata in Soul non gli avesse dato alla testa.
Probabilmente tutti quei secoli a rimuginare sul vero scopo dell'Alleanza, sulle origini delle nostre
specie e sulla loro vera utilità, potevano avere effetti devastanti anche sulle menti più grandi di
Nosgoth.
Quando mise un piede fuori dall'ormai rado bosco e si ritrovò davanti le mura di Uschteneim, a Blees
balenò in mente l'immagine di Respen fuori di senno che sparlava di Raziel e battibeccava col
Negromante. Per un attimo soffocò una risata, scosse energicamente la testa e si strinse ancora di più
a dosso il lungo mantello di stoffa pesante e ruvida, intrufolandosi nella cittadina.
Per un paio di giorni cercò informazioni nei luoghi più disparati, dalle bettole malfamate alle piazze di
mercato tra bambini festanti e signore pettegole. Ma tutto quello che era riuscito a scoprire erano
vecchie leggende e storie per bambini. Nulla di più di quello che il Negromante gli aveva già detto.
Quasi rassegnato al fatto che tutto quello era solo uno spreco di tempo, il terzo giorno di indagini si
diresse alla locanda in cui aveva preso una stanza, intento a riorganizzare le idee e decidere se
l'indomani era il caso di tornare alla Cattedrale dei Vampiri e confermare i timori di Soul … che
effettivamente quella volta era stato davvero troppo onirico nelle sue visioni.
La locanda non era la solita bettola dei bassifondi, ma nemmeno la più elegante di Uschteneim. La
ronda Saraphan che aveva affrontato lungo il viaggio gli aveva fruttato più denaro del dovuto ed aveva
deciso di spenderlo tutto in quel viaggio. Riportarselo indietro ai pilastri sarebbe stato solo un fastidio.
La palazzina di pietra era ben salda, la malga era stata rinvigorita da non molto e all'interno il calore
dei caminetti accesi si spandeva tra un tavolo e l'altro, tra commensali chiassosi e sporadiche scintille
che balzavano giù dai focolari.
Si sedette al solito tavolo ed ordinò una cena completa, come faceva da tre giorni. Come le altre sere
non l'avrebbe toccata e se la sarebbe fatta portare in camera per poi, il giorno dopo, consegnarla
all'orfanotrofio li vicino. Lui non ne avrebbe tratto alcun vantaggio, almeno ci sarebbero stati bambini
felici e con la pancia piena. E se non fosse riuscito a spendere tutte le monete in suo possesso,
avrebbe lasciato anche quelle alla signora che lo accoglieva tutte le mattine sull'uscio.
Come le altre sere tese le orecchie, si intrufolò in qualche discorso con mercanti di passaggio,
allevatori e boscaioli intenti a parlare del proprio lavoro, ma nessuna notizia pareva potersi ricollegare
a questo … unicorno …
A notte fonda, con la sala ormai praticamente vuota, il rito si ripeté ancora una volta. Si fece
infagottare e portare in camera tutta la sontuosa cena, con abbondanti scorte di vino e acqua,
lasciando una grossa mancia al locandiere e la giovane cameriera che invano aveva cercato di sbirciare
sotto il suo cappuccio. Nonostante tutto quel tintinnare di monete d'oro e d'argento l'avessero spinta
più volte a mostrare altro, a Bleed, oltre che le pietanze. Poco male, la mancia la rincuorò quel tanto
che basta da non tentare ancora una volta di intrufolarsi, di nascosto, in camera sua nel cuore della
notte con addosso poco più che una leggera veste.
Quella sera, così, all'orfanotrofio avrebbero ricevuto anche qualche moneta, oltre che al pane ed il
companatico.
Rimase in sala ancora qualche minuto, sperando nella buona sorte. Ma quando l'ultimo ceppo di legno
crollò esausto nella cenere le speranze di scoprire qualcosa di tangibile sul racconto di Soul erano
ormai state spazzate via. L'indomani, dopo un ultimo giro nei boschi, sarebbe tornato all'Alleanza con
in mano nulla se non i vaneggiamenti del Negromante.
… e a quel pensiero un leggero brivido gli corse lungo la schiena … come avrebbe fatto a dirgli che le
sue non erano state altro che … fantasie?
Giochi spezzati
Dopo l'ultimo, inutile, giro di ronda intorno al villaggio senza trovar tracce della creatura, mi avviai
verso il rifugio dei bambini orfani. Le prime luci dell'alba avevano già toccato le alte fronde degli alberi
e dei tetti di Uschteneim, la laboriosa vita dei suoi cittadini iniziava a risvegliarsi e quando arrivai alle
porte dell'orfanotrofio mi fermai, stupito e preoccupato.
L'edificio si trovava nella periferia della cittadina in un quartiere abbastanza povero. Non c'era
nemmeno un muro a proteggerlo dagli animali della foresta, solo un alto cancello in ferro battuto che
lo cingeva perimetralmente. Probabilmente era una vecchia villa signorile abbandonata, rimessa su
alla meno peggio dai volontari della zona. Il cortile si apriva direttamente sulla foresta, anche se
ancora abbastanza rada e priva di minacce per i bambini che ormai la conoscevano a menadito.
Era già la terza volta che arrivavo più o meno a quell'ora e già il fracasso dei bambini lasciati a giocare
li sul limitar del bosco avrebbe dovuto raggiungermi in tutta la sua vitalità, invece quel giorno tutto
taceva. Entrai nella villa facendo cigolare di proposito il vecchio ed arrugginito cancello di ferro,
sperando stessero giocare a nascondino o qualcosa del genere, ma non accadde nulla.
Lasciai a terra il sacco con le cibarie e mi affrettai a passo sostenuto verso l'edificio principale. Afferrai
la maniglia della porta e la spalancai trovandomi davanti ad una giovane donna in lacrime, piegata sul
pavimento, mentre abbracciava con forza un bambino che tremava terrorizzato e singhiozzante.
La donna mi si gettò addosso, quasi levandomi il cappuccio. Mi disse che i bambini avevano da poco
trovato un nuovo posto dove giocare, una piccola radura poco distante dove l'erba era rada e non
c'erano creature pericolose. Non v'era altro che uno strano e decorato vecchio pozzo, nemmeno
profondo. Con dell'acqua scura e sempre calma.
Quella mattina però hanno sentito una voce che li invitava a toccare l'acqua in modo da vedere, come
in uno specchio magico, dov'erano i loro genitori. Almeno così le aveva raccontato il bambino che
giaceva a terra tremante.
Una tentazione troppo grande per quei poveri pargoli e molti, nella loro ingenuità e voglia d'affetto, si
sono fidati ciecamente.
Ma appena hanno toccato l'acqua sono balzati indietro completamente terrorizzati e …
Non riuscì a dirmi più nulla, soffocando quasi nel dolore e nel pianto, mentre il bambino che ascoltava
il racconto sembrava voler sempre più rimpicciolirsi, tanto si stringeva le braccia attorno le spalle.
Mi feci indicare in che direzione era il pozzo e appena uscito dall'edificio mi allentai il saio e cominciai a
correre il più velocemente possibile.
Il giardino dei piccoli
Arrivai in pochi minuti, saettando tra gli alberi fitti che ingannavano l'occhio e facevano sembrare che
oltre non ci fosse altro che ancora ed ancora alberi, mentre la radura si apriva dopo una piccola
scarpata.
Impietrii appena sbucai dal muro di tronchi e foglie.
La piccola radura che si apriva prima del pozzo era disseminata da circa una dozzina di piccoli
corpicini. Distesi a terra nelle più diverse posizioni. Alcuni con ancora le mani davanti agli occhi,
spalancati dal terrore e vuoti, senza nessun barlume di vita.
Mi avvicinai lentamente, a passi pesanti, quando sentii singhiozzare e mi voltai verso un vecchio
tronco, senza chioma e quasi del tutto marcio. Un bambino ed una bambina si stringevano l'uno
all'altra, tremanti, con la bocca spalancata in un urlo senza voce. Solo affannosi respiri e sordi
singhiozzi.
Mi ristrinsi nel mio lungo saio incappucciato e mi avvicinai a loro mettendomi bene in vista. In un
primo momento sussultarono vedendomi, poi mi riconobbero. Lo sconosciuto che da un qualche giorno
li riempiva la dispensa e gli regalava qualche moneta. Forse la paura, forse il solo voler stringere a loro
una “persona viva”, mi saltarono addosso cingendomi le gambe con forza che non avrei mai detto
avessero potuto avere. Li sentivo tremare mentre balbettavano strane frasi disarticolate tra un
singhiozzo e l'altro.
Gli occhi rossi dal pianto, le labbra blu a furia di morderle per soffocare la paura.
Non potei resistere, allungai entrambe le mani accovacciandomi leggermente e li strinsi a me.
Delicatamente, con una frazione della mia forza. Con le mani spalancate, tenendo i miei artigli il più
lontano possibile dalle loro delicate schiene.
I sussulti diminuirono, il tremore si affievolì. Serrarono stretti gli occhi e si abbandonarono ad un
sospiro liberatore. Dopo pochi istanti avevo tra le braccia due creature assopite, cadute nel sonno
stremate. Le portai al bordo della radura e li adagiai ad un tronco ricoperto di soffice muschio. Nel
sonno si cercavano ancora, allungarono le corte braccia e si trovarono. Si strinsero in un abbraccio
forte e dolce allo stesso tempo, continuando a dormire.
Lo spirito e la corruzione
Mi sfilai il saio di dosso e lo usai per coprire i due sopravvissuti, poi mi voltai verso il pozzo.
Lo riconoscevo fin troppo bene, ne avevo visti molti quando non molto tempo prima avevo
accompagnato lo stesso Negromante nella sua lotta all'antica Cittadella dei Vampiri.
Era uno di quei malefici ed ingannatori pozzi con cui gli antichi Vampiri parlavano con l'odioso Falso
Dio.
Cosa ci faceva in un luogo come quello? Chi l'aveva costruito? Erano arrivati fino a li i Vampiri? Quel
bosco nascondeva altre dimenticate rovine degli Antichi? Mi avvicinai con preoccupazione e rabbia, non
sapevo cosa aveva stroncato quei bambini, ma qualunque cosa fosse stata avrebbe rimpianto per quel
poco che gli rimaneva di vivere di aver incrociato il mio cammino.
Mentre camminavo determinato tra i piccoli corpicini che si aprivano a ventaglio intorno l'oscura pozza
mi tornavano in mente ricordi e pensieri, vorticanti immagini con mia moglie e mio figlio, prima
sorridenti e poi impalati e carbonizzati sull'uscio della mia vecchia casa. Di colpo ogni bambino steso li
in terra aveva il volto di mio figlio e più mi sforzavo di non guardarli più la mia rabbia cresceva, cieca e
assordante.
Arrivato vicino al pozzo improvvisamente un'evanescente figura mi apparve. Aveva i contorni soffusi e
quasi impercettibili ma si distingueva abbastanza bene la figura di un cavallo. Un cavallo con in fronte
un lungo e ricurvo corno.
Era dunque quello l'unicorno di Soul? La mite creatura che abitava quei posti? Un carnefice di bambini?
Un mostro creato dall'Elder?
Feci un passo verso la figura, senza esitazione, e stavo quasi per estrarre la Reaver quando una voce
gentile e colma di una tristezza infinita mi perforò la testa.
La creatura mi stava parlando … o forse era meglio dire che mi stava trasmettendo il suo pensiero.
Qualcosa di simile a quando il Mio Signore mi chiamava nei momenti di bisogno, ma al tempo stesso
diverso. Non sentivo parole, percepivo emozioni, figure, sensazioni e … ricordi.
In un istante vidi centinaia di anni di ricordi ed emozioni, li sentii come miei, come se a viverli fossi
stati io.
Ricordi di un tempo antico
Mi ritrovai a correre libero per quei boschi. Correvo spensierato, beandomi della vita e delle sue
creature. Vidi i Pilastri, lontani, altissimi e candidi. Vidi me stesso rispecchiato in un laghetto. Bianco,
verde, marrone. Il corno lungo, a spirale, di un bianco avorio. Le zampe e gli zoccoli, marroni come i
tronchi degli alberi, che salivano su fino al corpo fondendosi col verde delle zampe e del ventre, verde
come il muschio, come le grandi foglie degli alberi in estate, sotto il caldo sole. Salivano in su e si
fondevano con il bianco del corpo, percorso da striature di verde chiaro, con il crine e la coda che alla
fine ritornavano in sfumature di marrone e verde.
Mi sentii una sola cosa con la natura, una sola cosa con l'equilibrio.
Poi il buio, vidi i Pilastri esplodere, sentii la terra tremare, gli alberi rabbrividire, l'equilibrio spezzarsi.
Le forze scorrevano via dal mio corpo come il sangue da una ferita aperta. Molte stagioni passarono e
molti come me morirono. Prede di orride creature che diventavano sempre più corrotte ad ogni grande
bianco.
Mi sentii solo. Piegato dal dolore, dalle urla strazianti delle creature che si corrompevano attorno a me,
fin quando anche io mi sentii corrotto. Debole, col corpo ingrigito, il corno piegato e ormai quasi
oscuro. Arrivai in quella radura, vidi un pozzo d'acqua calma, come non vedevo da tempo. Mi avvicinai
per bere ma era tardi. Ero stremato. Mi sentii morire.
Quando riaprii gli occhi vidi un essere dall'aspetto orribile, deforme. Occhi spiritati, stava sdraiato
presso quello che sembrava il pozzo di poco prima. Ma tutto era diverso, tutto il mondo era diventato
verde, e blu, e gli alberi avevano strane forme e non c'era nessun suono. Tutto era immobile, non
c'era luce ne ombra. Non c'era vita. Era un mondo morto.
L'essere mi guardò, avido, aprì l'immensa bocca e venni risucchiato. Sentii il suo dolore, la sua rabbia,
la sua avidità, la fame e l'ingordigia. Mi sentii tirato e sfregiato orribilmente. Mi ritrovai a far parte di
lui, del suo corpo. Ma il mio essere era troppo per quel mostro, non riuscì ad assorbirmi
completamente. Perché lui era un divoratore di morti ed io, una creatura della vita, non avrei mai
dovuto essere li.
Da allora erano passati svariati secoli e il mostro s'era nutrito di piccole e grandi anime. A volta
quando ero stanco riusciva ad usarmi per attirare creature curiose al pozzo e divorarne l'anima usando
quella maledetta acqua insieme alla mia essenza vitale come una sorta di tramite per entrare per
pochi istanti nel regno dei vivi.
Così si era sfamato ed era diventato sempre più grande e deforme. Tanto che gli sciacalli che un
tempo lo tormentavano per cibarsi dei suoi rimasugli ora gli stavano alla larga, perché anche loro
finivano sue prede. Enorme e deforme ormai era bloccato sul bordo della pozza, come un predatore
che, con la bocca spalancata, attende le ignare prede finirgli sotto il naso.
Poi un giorno sentii delle risate giovani, pulsanti di vita, arrivare dal pozzo. Dopo secoli, sentendo
quella vitalità, fui felice ... ma al tempo stesso triste perché conoscevo già il loro destino. Il mostro si
mise subito in opera, tentandoli e dicendo loro menzogne e poco dopo vidi decine di piccole anime
volteggiare davanti il massacratore, attirare come tutte le altre. Piccole anime ma piene di vita. Chiusi
gli occhi mentre lo sentivo divorarle una dopo l'altra.
Disgustato dopo quell'ennesimo spettacolo stavo quasi per abbandonarmi completamente al mostro e
porre fine alle mie sofferenze quando percepii una grande forza provenire da oltre il pozzo. Una forza
che era al tempo stesso vitale e mortifera. La percepivo e mi pareva di vederla davanti a me. Non
sapevo cos'era, sapevo solamente che sentivo provenire da lui un senso di caldo, di salvezza, un senso
di … equilibrio.
Così raccolsi le mie ultime forze e tentai ancora una volta di affacciarmi sul regno dei vivi.
….......
Sussultai e caddi a terra in ginocchio. Mi guardai le mani tremanti. Ero ancora li nella radura, davanti
al pozzo e tutto ora mi era chiaro. Chiusi gli occhi in un'espressione di rammarico, maledicendo la
corruzione e tutto quello che aveva comportato. Mi resi conto di quanto il mio dolore era stato breve in
confronto a quello della creatura che lottava da secoli contro il suo divoratore.
Mi rialzai in piedi, lentamente. Mi voltai verso i bambini che dormivano ancora. L'espressione sui loro
volti ora non era più così disperata. I solchi rossi sulle gote bianche segno delle lacrime che
ininterrotte erano scese interminabili minuti andavano alleviandosi ed il colorito stava lentamente
tornando col riposo ed il calore del giaciglio improvvisato.
Con i due bambini negli occhi mi rigirai e passai al regno spettrale. C'era da mietere un'anima.
Il risveglio del non-vivo
Stava li, immobile, ansimante, deforme ed obeso da secoli di anime succhiate da corpi ancora caldi. Lo
guardavo e non riuscivo a dire una parola.
Ricordava vagamente i mietitori spazzini di anime che a volte si incrociano nelle foreste meno battute
dai Mietitori della Cattedrale dell'Anima, dove ancora trovano terreno idoneo alla caccia.
Solo che il corpo era completamente deforme, non più svolazzante e veloce come i suoi più snelli simili
ma grosso, asserragliato malamente attorno al pozzo come al volerlo cingere completamente, come
fosse il suo più grande tesoro. La testa enorme dalla bocca storta, occhi piccoli e gialli e le due enormi
chele che si muovono asincrone come ad afferrare prede inesistenti.
Da un lato un lunga escrescenza, come una sorta di cordone ombelicale alla cui fine, disteso e
sfiancato, c'era la parte finale di un qualcosa che ricordava vagamente l'unicorno che poco prima mi
aveva donato tutte le sue memorie.
Lo vedevo affannato ma percepivo il suo sguardo su di me.
Come lo sguardo del mostro.
Mietitore deforme: “Bene bene ...” (rumore gutturale) “... cosa abbiamo qui … un nuovo spuntino …
non speravo che l'ultima fuga della bestia mi avrebbe portato un'altra anima così presto … pensavo di
essere pieno dopo quella scorpacciata di anime di bambini e invece credo proprio che ci entrerà
un'altra piccola e smilza come la tua ...” (grassa risata con vari rumori a contorno)
Bleed: “ … “
Mietitore deforme: “ … beh non dici niente? Sei rimasto senza parole davanti al mio potere piccolo
essere!!” (altra grossa e grassa risata, mentre tutto l'enorme corpo era pervaso da spasmi di piacere
ed orgoglio)
Bleed : “ … tu … ignobile creatura … sei rimasto qui talmente a lungo che non sai nemmeno cosa sono
…” (lo guardai fisso ed estrassi la Reaver che fuoriuscì vorticando di puro odio dal mio braccio
scarnificato) “... e non meriti di sapere altro …”
Mietitore deforme: “ … cosa … (grande risata) … cosa credi di fare con quello spadino davanti al mio
immenso e potente corpo, piccolo lurido e nauseabondo esser...”
Bleed: “ … muori … “
Mietitore deforme: “ …ssere … cosa intendi ...”
Una chela mi piombò addosso, la evitai lanciandomi lateralmente. La seconda mi arrivò subito dopo ad
altezza del ventre. Mi girai su me stesso e colpii la chela con tutta la forza che avevo in corpo, le
immagini dei bambini morti a terra continuava a riempirmi gli occhi, non vedevo altro. Tutti li a terra,
occhi spenti … e tutti avevano le sembianze di mio figlio …
La lama simbiotica esplose in un lampo di luce, vorticando terribilmente. I miei occhi erano spiritati e
lasciavano fumi evanescenti mentre mi giravo. L'enorme artiglio-chela semplicemente di disintegrò,
lanciando sprazzi di sangue verdognolo sul terreno mente l'essere deforme gridava dal dolore per
l'arto mutilato.
L'altra chela arrivò veloce sulla mia schiena e mi colpì in pieno. Per il colpo mi cedette un ginocchio e
una scia di sangue azzurro disegnò una lunga linea che fuggiva dal mio corpo. Non sentii nulla,
provavo solo odio, cieco odio, nient'altro.
Afferrai l'enorme zampa con l'artiglio sinistro e mentre gliela tenevo bloccata glie l'amputai.
Gridò di dolore. Ruggì in un mondo silenzioso, un grido di morte.
Mi alzai e gli saltai addosso, iniziando a dilaniarlo con la Reaver. Un colpo dietro l'altro, senza sosta.
Senza pensare, avevo solo voglia di distruggere ogni più piccola parte di quel mostro.
Colpii.
Colpii ancora.
Continuai a colpirlo anche quando ormai di lui non era rimasto altro che una poltiglia inconsistente e
senza vita. Quando non ebbi più cosa colpire mi accascia a terra, stremato, mentre la Reaver famelica
assorbiva l'anima del mostro.
Rimasi a terra per alcuni minuti, fin quando non riuscii a tornare in me.
Mi voltai e vidi che un moncone del mostro, quella terminazione a forma di cavallo, era ancora li e non
s'era dissolta come tutto il resto del corpo.
Lentamente mi avvicinai e vidi che c'era in quell'ammasso di essenza spirituale un barlume di
coscienza dell'unicorno.
Lo sentivo nella mia testa, sentivo il suo desiderio e la sua gratitudine. Allontanai la stola dalla bocca e
ne assorbii l'anima.
Sentii un improvviso calore provenirmi da dentro e persi i sensi. Quando rinvenni ero steso sul prato
della radura. I due bambini dormivano ancora. Il cielo era azzurro e dal bosco venivano i canti
allarmati e festosi degli uccelli e di tutte le creature che lo abitavano.
Sentivo la fresca sensazione della rugiada mattutina sulla schiena, il vento tra i capelli che
leggermente spirava tra gli alberi. Poggiai le mani a terra e mi tirai su.
Ero nudo. Avevo la pelle … rosea … e non avevo artigli … e … le ali … erano intatte, di un piumaggio
nero e non membrane come quelle di un pipistrello. Mi specchiai sul pozzo, che d'ora in avanti sarebbe
stato silente, e vidi riflesso non un Mietitore ma un uomo. Un uomo dagli occhi di un celeste vivissimo,
quasi spiritato, e con due enormi ali nere.
I bambini gemettero e mi gettai sul saio rinfilandomelo velocemente ma, questa volta, senza infilarmi
il cappuccio.
Prima che potessero rendersi conto di dov'erano e che quello che era successo non era stato un
terribile incubo, presi per mano i due bambini e li riportai alla vecchia casa.
Stetti con loro per un po', fin quando il sole non ebbe fatto tutto il suo percorso. Era la prima volta che
dopo tanto tempo potevo stare insieme a degli esseri umani senza terrorizzarli. Tenevo le ali chiuse
sotto il saio, sembrava avessi un po' di gobba ma era la bugia meno ridicola che mi ero mai inventato
da quando girovagavo tra gli uomini come mietitore.
Quando arrivò la sera gli lasciai il sacco con le cibarie, tutte le monete che mi erano rimaste, e gli dissi
addio.
Mi pregarono di restare e per un attimo volli farlo, ma le ali dietro la mia schiena, le cicatrici sul mio
braccio destro ed il sangue non mio che mi scorreva in vena mi dicevano che quel mondo era stato
mio un tempo ma che ora non ne facevo più parte. Ora non ne potevo più gioire, il mio compito era di
proteggerlo.
Così li salutai, con tale affetto che mi stupii di avere ancora, come a voler esorcizzare il ricordo
dell'ultimo saluto mai dato alla mia vecchia famiglia, e mi incamminai verso la Cattedrale del Sangue.
L'ultimo sacrificio dell'uomo, il ritorno del
mietitore
Soul: “Affascinante … davvero affascinante … avanti, mostramelo ...”
Disse il Negromante, affascinato dalla storia, avido di vedere il dono che gli avevo portato ed ormai
estraneo da ogni sentimento umano. Per un attimo esitai chiedendomi come un essere del genere
poteva rappresentare la salvezza per un mondo in cui esistevano anche altre creature oltre lui, poi
allungai il braccio e gli offrii il mio dono, per il bene dell'Alleanza.
Bleed: “Eccolo, è tutto quello che è rimasto a questo mondo della creatura fantastica che mi hai
mandato a cercare. E probabilmente non ne troverai altri fin quando l'Equilibrio non tornerà ad
alimentare la terra da cui è nata … “
Così dicendo presi un calice, presi un pugnale che avevo portato con me dalla Cattedrale dell'Anima e
mi lacerai il braccio lungo il polso facendo sgorgare un sangue viola chiaro dalla ferita. Lentamente lo
vedevo scorrere via dal mio corpo e riempire il calice. Secondo dopo secondo, centimetro dopo
centimetro, il contenitore si riempì quasi fino all'orlo sotto gli occhi affascinati del Negromante.
Quando l'ultima goccia colmò il recipiente mi sentii male e nauseato. La pelle iniziò a raggrinzirsi, a
ritirarsi. Le piaghe sul mio braccio destro cominciarono a riaprirsi. Lo stomaco iniziò a ritirarsi e le ali
ad afflosciarsi lasciando cadere a terra le nere piume. Poi uno spasmo e il mio corpo mortale svanì in
uno sbuffo di polvere.
Mi ritrovai nello spectral, nella Cattedrale del Sangue, nuovamente Mietitore. Andai verso il varco al
centro della sala e passai al regno materiale. Al centro della sala, sul suo scranno, c'era il Negromante,
compiaciuto. Del mio corpo mortale rimaneva un mucchietto di polvere e terra ed alcune piume nere
sparse sul pavimento. Tra gli artigli del Signore Oscuro troneggiava il calice colmo di un sangue
chiarissimo, rosso, sì, ma al tempo stesso pareva risplendere di bianco. Non più viola, perché il sangue
blu del mietitore era sparito dopo pochi attimi non potendo esistere nel regno materiale.
Così da Mietitore qual ero mi inginocchiai nuovamente davanti il Signore dei Vampiri ed aspettai che
proferisse parola.
SOUL
Bleed guadagna:
- Sacrificio mortale, Esperto.
SOUL
X
IL LIBERO ARBITRIO È UN'ILLUSIONE
In cui la seconda Xynay viene forgiata e la lama porta a compimento il destino della sua anima famelica.
Tutto era andato secondo i piani scritti a caratteri invisibili nel grande libro del fato.
In quelle ore che assistevano lente alla forgiatura di una nuova Xynay, la chiassosa fucina del Negromante era avvolta da
piccole fiamme bluastre, mentre numerosi coni di luce trasformavano continuamente come frenetiche lucciole abbaglianti
tutto l'ambiente circostante. Se qualche creatura dotata di intelletto e sensazioni avesse attraversato in quegli attimi
l'antica Cittadella dei Vampiri – perché era proprio lì che si trovava la fucina – avrebbe percepito un'energia palpabile, una
sintesi di ansia e frenesia, di terrore e stupore, di attenzione e commozione; c'era una forza nitida e distinta, nell'aria, di
quelle che solo i più potenti incantesimi possono evocare nello spazio tangibile e nelle anime inestese. Poco distante da
quel palazzo, collegato alla Cattedrale del Sangue da un portale segreto nella Sala del Trono, la Cittadella non si stagliava
del tutto impassibile all'evento: altri ghoul, infatti, erano all'opera per ricostruire alacremente e con precisione tutto ciò
che era andato distrutto nell'epico scontro con l'Elementale della Vita, avvenuto proprio nell'intreccio di quelle vicende
oscure.
Il sidereo riportato da Vae ed il teschio del demone riportato da Kainh erano al loro posto nel fuoco della creazione, ed il
sangue della mitica creatura sconfitta da Bleed era stato versato; grazie alle conoscenze acquisite in seguito al grande
dispendio di forze di mietitori e vampiri la lama era stata riforgiata con gli stessi incantesimi che presentava l'altra spada,
tanto che il Negromante stesso continuava inorridito a stupirsi di quanto le due lame gemelle si somigliassero in ogni
singolo aspetto. C'era solo una vibrazione, impalpabile ma presente, che la nuova lama sembrava comunicare, mentre
sorgeva dalle fiamme e dal vigore dei colpi di martello; un fremito, un'agitazione, il desiderio sopito dell'assenza di
un'anima pronta a risvegliarsi. L'attenzione del Negromante cresceva assieme alla sua curiosità; era quasi un fanciullo col
suo nuovo giocattolo, anche se nella sua antica saggezza andava ponderando ogni rischio di quel suo divertimento
bizzarro, di quel suo spazio di capriccio nel vuoto della noia che affligge l'immortalità, di quella partita a scacchi giocata
col destino imprevedibile.
Sempre più fanciullo nell'anima, ricordava in quei momenti quando, ancora umano, il giovane Soul fu cresciuto da Bomik
il boscaiolo, in seguito alla distruzione della sua città natale, ad opera dei malvagi vampiri. Le immagini che riaffioravano
fluivano innumerevoli e copiose, alcune delle quali osservate centinaia di volte, in sequenza sparsa, a causa
dell'impraticabilità di molti meccanismi, dalla camera cronoplastica, un tempo rifugio del viaggiatore nel tempo: Moebius.
Un fiume in piena di ricordi, pensieri, congetture... tutto giungeva fino al momento in cui, nella villa di Vorador, il futuro
Guardiano, ancora umano, nei tempi in cui Mortanius abitava ancora Nosgoth, impugnò la sua umile lama e la cedette
gratuitamente al vampiro, senza esitazione; e questi, sicuro del destino di Soul, la gettò nell'abisso della fucina all'interno
della sua enorme dimora nella cuore delle paludi di Termogent. Dopo pochi istanti, la lama sarebbe riemersa da
quell'abisso verde con la sua forma attuale: Xynay, e da allora il giovane non sarebbe mai più stato sconfitto in battaglia;
non avrebbe mai più perso – ad eccezion fatta dell'unico, grande fallimento della sua vita mortale: Soul non sarebbe
riuscito a salvare l'umana Sheer dalla sua esecuzione per futili motivi, da parte dei Sarafan.
Ma era passato così tanto tempo, che i misteri relativi alla forgiatura di quella lama, in quell'abisso di fiamme di smeraldo,
si perdevano nel recipiente ormai traboccante di troppi ricordi. Che fosse stato tutto un grande sogno, o forse
un'immagine sbiadita di ciò che mai fu? Che le cose non fossero andate davvero così come il Negromante le ricordava?
Neppure gli artifici del Tessitore del Tempo potevano anche solo suggerire una risposta sensata a quelle domande. Le
ombre della camera cronoplastica a nord di Nosgoth potevano essere mistificazioni, menzogne, bugie, ideali traditi, vane
speranze, come l'immagine che Raziel vide di sé con la mietitrice spirituale impregnata dell'anima di Ariel... ed infine
potenziata col rosso mortale della distruzione fisica di Kain. Follie di una storia capricciosa che d'un tratto sembrava aver
riscoperto il libero arbitrio, sostentato dall'unico assioma: 'la storia ha orrore dei paradossi'.
La spada era stata forgiata. Il Negromante riemerse dalle sue fatiche fino alla Cattedrale del Sangue, deserta. Sembrava
che in quei tempi l'Alleanza fosse particolarmente attiva. La creatura delle tenebre brandiva con la mano destra la sua
Xynay, quella che l'aveva accompagnato in tante avventure per le terre di Nosgoth, e non solo. La mano sinistra invece
impugnava la seconda Xynay. L'antico Guardiano la scrutava, inquieto. Non capiva come quella spada avrebbe potuto
reagire alla Decale, come la fusione degli elementi l'avrebbe resa come la gemella. La vecchia Xynay, infatti, ruggiva
famelica quando divorava il sangue delle sue vittime – la nuova Xynay, invece, sembrava non possedere un'anima
divoratrice di sangue, un'anima vampirica. Eppure gli incantamenti posti su entrambe le armi, secondo gli innumerevoli
studi del vampiro, erano identici. Qualcosa doveva essergli sfuggito – pensò – forse il vero significato di alcuni tra gli
incantamenti più oscuri non gli era ancora del tutto chiaro, eppure, come i matematici possono utilizzare teorema
efficace senza conoscerne la dimostrazione esatta, il vampiro sapeva che tutto il suo enorme lavoro era stato portato a
termine in maniera impeccabile. Eppure... a quel lavoro magistrale, mancava un'anima.
Lucius il Prode era morto. Epopea dell'amore più puro, spezzato e dilaniato dalle follie del narratore, nel primo atto della
vicenda. C'è sempre un po' di follia nell'amore. Ma c'è sempre un po' di ragione nella follia. Tanti amori più grandi ed intensi
sarebbero divampati fino all'epilogo.
L'amore per la conoscenza, che aveva reso il Negromante più incontrollabile dei moti dell'oceano durante la tempesta.
L'amore per Nosgoth e per i suoi misteri, che avevano quasi logorato tanti intelletti nella ricerca dei principi elementali
per stabilire l'ordine concreto del mondo fisico e delle cose, attraverso scienza, magia e follia. L'amore per l'equilibrio,
preservato dall'Alleanza anche attraverso sentieri spesso incomprensibili, celati dall'amore per l'immortalità di un anziano
drammaturgo custode di segreti rinchiusi nella morte e nella non vita. L'amore per la bellezza inafferrabile della piena
libertà; libertà positiva e negativa, spada e scudo del vampirismo, amore per la libertà di scrivere la storia e le leggende
con la spada del libero arbitrio e difendere i propri valori incorruttibili dall'imperversare della corruzione che ancora
sopravvive, imperitura come i concetti di bene e male, nei più remoti recessi di Nosgoth. Ma non c'è nulla di più forte
dell'amore di un padre verso la propria figlia primogenita.
Sheer entrò in quel momento nella Sala del Trono, ove il Negromante, ancora meditabondo ed ambizioso, cercava di
decifrare le ultime battute di un copione che aveva scritto in uno stato di non completa coscienza, forse con la mano
sporca d'inchiostro mossa dolcemente da un volere familiare. D'un tratto, la vecchia Xynay gli scivolò dalla mano destra,
mentre la nuova Xynay, alla sinistra, si rivolse verso la vampira.
“Padre? Che sta succedendo?”
“Caul! Figlio mio!”, gridò il Negromante, “Questo è l'ultimo dei tuoi tranelli!”
La nuova Xynay, mossa da volontà propria, spinse le antiche ossa del Guardiano del Pilastro della morte. Lo strattonò.
Verso sua figlia. Era quello il significato segreto degli incantesimi più oscuri. Era quella l'anima famelica, divoratrice di
sangue, che Xynay custodiva gelosamente; era l'amore per quello spirito impalpabile fuso nel metallo che spingeva
l'oscuro Negromante, sin dalla sua vita mortale, a vincere ogni scontro ed ogni battaglia. Il suo braccio destro aveva
sempre impugnato ciò che lo rendeva invincibile, perché era anche ciò che lo rendeva più forte. Xynay trafisse Sheer,
protagonista passiva di quegli attimi, che assistette incredula, immobile e silenziosa a quel momento imperdonabile.
La lama la trafisse, lentamente, mentre fiotti di sangue le uscivano dalla bocca e dal costato.
Il Negromante osservò incredulo il suo libero arbitrio, che come un futile suppellettile di ceramica si schiantava a terra e
si frantumava, ormai irrecuperabile. L'ennesima illusione di un vecchio che aveva ignorato troppo a lungo il significato dei
limiti, dei presagi e di tutto ciò che si manifesta come un'essenza inarrivabile.
Fu allora che egli riuscì ad estrarre la spada; l'arma sibilò mentre schizzava via roteando, colpì una colonna e cadde a
terra. Lo stesso tonfo, all'unisono, toccò a Sheer, sul pavimento. Il Negromante si inchinò con grande controllo di sé ed
abbracciò la sua amata primogenita. Alcuni raccontano che egli pianse lacrime di sangue, e che questo miracolo rese
possibile l'epilogo; altri pensano che sia stato il risultato impensabile di un potente incantesimo, altri ancora narrano che
Omega apparve in quel momento in vesti angeliche e ripristinò l'ordine nel tempo – quello che tuttavia è il pensiero più
diffuso tra i vampiri, devoti al loro Signore, è che il Guardiano del Pilastro della Morte, burattinaio ed artefice dell'intera
vicenda, avesse previsto anche quell'evento, ed avesse architettato tutto quel dispendio di energie per assicurarsi che la
storia sarebbe terminata davvero a in quella maniera.
“Figlia mia... perdonami per tutto ciò che è successo, perdonami per averti condannata. Ora Caul è definitivamente
morto”.
“Se questo è il tuo volere, padre mio... hai il mio perdono”.
XI
EPILOGO
In cui l'intera vicenda si conclude, rivelando l'oscura macchinazione del fato e della necessità che spesso si cela come complementare al
libero arbitrio, poiché libertà e necessità coesistono come antinomia che soggiace all'orrore dei paradossi della storia di Nosgoth.
Perché la Mietitrice d'Anime di Kain, un tempo affamata di sangue, ha divorato l'anima di Raziel? Era forse scritto negli
incantesimi della lama, forgiata da Vorador? Kain ne era fermamente convinto, Raziel invece voleva cercare una causa più
chiara al suo destino di redentore di Nosgoth e distruttore di sé. Il Negromante, tuttavia, ha un'altra ipotesi ben più
fondata.
L'anima di Raziel è stata divorata dalla Mietitrice, perché questo era il volere della storia. Perché gli eventi, in ogni altro
caso possibile, non si sarebbero mai perpetrati in quello stesso modo – sarebbero stati, semplicemente, impossibili. Senza
il sacrificio di Raziel che rese il libero arbitrio a Kain ed all'intera Nosgoth, non solo non sarebbe stata possibile l'intera
storia di quelle terre, ma non sarebbe stata possibile nessun'altra possibilità. La lama che aveva trafitto Raziel appena
quest'ultimo sacrificò il suo alter ego umano, era mossa dalla storia, non dagli incantamenti nella Mietitrice materiale.
Quella stessa arma che avrebbe attaccato Kain nella cappella di William il Giusto, non era mossa da volontà propria, ma
dal necessario fluire della storia, da un principio di coerenza immanente che è noto come l'orrore dei paradossi –
ovverosia, come concetto positivo: la coerenza. A queste conclusioni era giunto il Guardiano del Pilastro della Morte,
nelle sue riflessioni più profonde.
Ma come Kain su Raziel quando il cerchio dell'Uroboro si chiuse nella Fortezza Sarafan subito dopo la morte del Raziel
umano, anche il Negromante era riuscito ad estrarre la lama con un attimo di anticipo, liberando l'anima della sua amata
ed alterando la storia, senza generare l'insidia di paradossi fatali. Perché la Leggenda degli Elementi era giunta al suo
epilogo, ma la storia di Xynay non lo era affatto.
“Il futuro è scritto, figlia mia. Sigillerò quest'arma gemella nel più profondo dei miei segreti, la renderò inaccessibile ad
ogni creatura mortale ed immortale. Perché un giorno quest'arma reclamerà la tua anima, e l'avrà. Non so come. Non so
neppure da chi sarà impugnata, ma spero di essere io stesso. La storia canterà il tuo requiem affrontando le correnti del
tempo e riportando quella spada proprio lì, nel momento in cui dall'abisso della fucina di Vorador la lama sarebbe
sgorgata e finita tra le mie mani mortali. Tutto questo scherzo è solo la vendetta di Caul: prima di morire, nell'errabondo
vagare del suo spirito, quando il suo corpo era ormai condannato, egli è in qualche modo riuscito ad alterare la storia,
portandoci fin qui. Vorador ignorava gli incantesimi elementali posti su Xynay. Non erano stati i suoi fabbri a riforgiare la
mia piccola spada: era stato un paradosso temporale voluto da mio figlio. Caul, il mio secondogenito che credeva di
essere primo... scoperta la tua esistenza, durante le guerre che affrontai per la conquista di Nosgoth, fermate in seguito
dalla lotta contro Respen, tentò di ucciderti – ma lo fermai; fui io ad infliggergli la sua amara punizione. Lo condannai alla
sofferenza eterna. Ma non era me che voleva. L'illusione di Seinochor negli Universi Paralleli era solo un primo atto di una
vendetta più grande. Per questa ragione Xynay ha reagito con la decale in tempi recentissimi: forse avrei comunque
impugnato quella spada, anche in un altro corso possibile della storia: ma non quella spada. Qualcosa di simile, forse, ma
non dotato dei poteri tetraelementali scoperti durante la battaglia contro i Golem di Kaldas, dopo aver risvegliato i
Menorhim e scoperto la Decale, proprio nel periodo in cui, parallelamente, il mondo di Seinochor sperimentava le sue
illusioni. Ma Caul non voleva distruggermi. Egli non mi avrebbe mai rinnegato. Lui voleva te, usurpatrice del suo sangue di
primogenito. E ti ha presa. Non posso modificare la storia fino a questo punto, troppi sarebbero i rischi, troppi i pericoli
per l'equilibrio, troppe le condanne dell'Alleanza. Ma non la temo: l'ho scelta, l'ho scritta e l'ho fortemente voluta. Questo,
citando un antico pensatore umano, si chiama amor fati. Non perirai, figlia mia, poiché il tuo destino alla mia mano destra
non è ancora scritto, poiché il libero arbitrio ci consente di scrivere l'epilogo come meglio preferiamo; l'immortalità ti
consentirà di sopravvivere a questo paradosso del limite, e la carta da me giocata ha chiuso la partita con esito positivo:
finché quell'arma non avrà la tua anima, non potrai morire in altro modo. Nascerebbe altrimenti un paradosso insolubile,
tale da negare la mia stessa esistenza a Nosgoth, poiché quella spada, senza il tuo spirito, non mi avrebbe condotto ad
essere ciò che sono. Qui termina questa storia, e l'ho vinta di nuovo: così ho beffato il povero ingegno dell'ormai defunto
Caul; egli voleva condannarti, mentre non ha fatto altro che renderti invincibile, sorretta dalle correnti ascensionali della
coerenza, egida della necessità, di ciò che gli stolti considerano il peggior nemico del libero arbitrio: tuttavia, senza
necessità non sarebbe neppure possibile la libertà. L'antinomia tra libertà e necessità, tra libero arbitrio e coerenza storica
resta insolubile. Ha vinto il pensiero sull'astuzia, di nuovo. Vae victis, Caul.”
Fine