artro-rm dell`anca: ruolo diagnostico primario

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artro-rm dell`anca: ruolo diagnostico primario
Stefano Folzani - Raffaele Conti
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ARTRO-RM DELL’ANCA:
RUOLO DIAGNOSTICO PRIMARIO
NELLA PATOLOGIA DELL’ARTICOLAZIONE
COXO-FEMORALE
Dott. STEFANO FOLZANI
Specialista Radiologia e Diagnostica per Immagini
Direttore del Servizio di Radiologia
CASA DI CURA SAN CAMILLO - CREMONA
Dott. RAFFAELE CONTI
Specialista in Radiologia e Diagnostica per Immagini
Consulente Radiologo
CASA DI CURA SAN CAMILLO - CREMONA
A Pietro
PREFAZIONE
Negli ultimi tempi il nostro bagaglio culturale nel campo
della patologia muscolo-scheletrica si è arricchito di una
nuova tecnica che si è ormai standardizzata nello studio
della patologia dell’articolazione coxo-femorale: l’artro-RM
dell’anca.
Abbiamo così deciso di scrivere questa monografia al fine
di raccogliere le nozioni prinicipali che possano offrire un
corretto approccio diagnostico alla patologia dell’articolazione
coxo-femorale e soprattutto permattano di comprendere ed
interpretar l’imaging artro-rm dell’anca mettendo in luce i
campi in cui questa metodica diventa di primaria importanza.
Ringraziamo tutti quelli che ci hanno aiutato nella raccolta
delle immagini, nella elaborazione del testo e nell’esecuzione
degli esami.
Ringraziamo per la pazienza tutti quelli che hanno supportato
questa nostra divertente impresa ed a questo punto speriamo
che sia di vostro interesse.
Gli Autori
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INDICE
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INTRODUZIONE
Il dolore a livello dell’articolazione coxofemorale è piuttosto diffuso, sia nella popolazione di età più avanzata principalmente a causa delle alterazioni artrosiche-degenerative,
sia nella popolazione giovanile, per cause soprattutto legate
alla pratica dell’attività sportiva.
Risulta talvolta particolarmente difficoltoso individuare
con esattezza la sede precisa del dolore, a causa della complessità anatomica di questa articolazione.
Il dolore percepito dal soggetto, infatti può originare da
cause legate all’articolazione coxofemorale stessa, come anche da problemi della colonna lombare, del bacino “in senso
lato”, dell’articolazione sacro iliaca, dei muscoli e delle borse paraarticolari, talvolta addirittura dell’apparato genitourinario, della parete addominale o degli spazi retroperitoneali.
Prima di attribuire dunque un dolore come proprio
dell’articolazione coxofemorale, vanno prese in considerazione molteplici diagnosi differenziali.
Le metodiche diagnostiche di cui disponiamo per giungere ad una corretta diagnosi e quindi ad un successivo iter
terapeutico sono ormai molteplici ma, anche in un’ ottica di
razionalizzazione delle risorse economiche, occorre individuare per ciascuna patologia un corretto protocollo diagnostico.
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Lo scopo di questo testo monografico è valutare le possibilità diagnostiche fornite dalla RM abbinata all’impiego
di mdc paramagnetico, somministrato in sede intrarticolare
nella valutazione di alcune patologie di pertinenza delle articolazioni coxofemorali e riguardanti soprattutto la popolazione giovane e sportiva.
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In tempi recenti, anche grazie alla maggiore disponibilità
di apparecchiature RM ed alla semplice maggiore diffusione
della “cultura sportiva”, sono state identificate alcune nuove
entità patologiche a carico del cercine acetabolare, responsabili di dolore, con conseguente interruzione o sospensione
dell’attività sportiva e limitazioni anche della normale routine quotidiana.
Tra queste nuove entità patologiche quella che risulta la
più analizzata è il cosiddetto “impingement femoro acetabolare”. Questo viene anche identificato come possibile responsabile della comparsa precoce di patologia degenerativa
dell’anca in giovani sportivi.
Si definisce quadro di impingement femoro-acetabolare
la situazione in cui si riscontra un anomalo rapporto articolare tra il femore e l’acetabolo che si realizza nella maggior
parte dei casi a livello della giunzione testa-collo femorale in
sede antero-superiore; l’anomalo contatto ripetuto danneggia la cartilagine e il cercine acetabolare.
Inoltre l’impingement può essere dovuto anche ad alcune situazioni predisponenti, quali la sindrome di Legg-CalvèPerthes, ovvero lo scivolamento dell’epifisi prossimale del
femore, la coxa vara ovvero la displasia dell’anca mal gestita
in età infantile e, non ultime, le fratture del collo femorale.
Tutte queste condizioni possono determinare un’alterazione dei rapporti anatomici e biomeccanici tra il femore e l’acetabolo, con conseguente evoluzione verso un quadro di impin-
gement.
Oltre all’impingement femoro-acetabolare, le altre entità
patologiche rilevabili con la RM associata a mdc intrarticolare sono lesioni osteo-condrali, cioè a carico della cartilagine
articolare, e gli eventuali corpi estranei di varie natura, in
sede intrarticolare.
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ANATOMIA DELL’ARTICOLAZIONE
COXO-FEMORALE
L’articolazione dell’anca (o coxo-femorale) (Fig.1) è una
tipica enartrosi che unisce il femore all’osso dell’anca. L’
osso dell’ anca vi concorre con una cavità articolare quasi emisferica, l’ace­tabolo, e il femore con la testa femorale
che rappresenta circa i 2/3 di una sfera piena di 4 o 5 cm di
diametro. Analogamente a quanto accade nell’omologa articolazione scapolo-omerale, le superfici articolari non sono
perfettamente corrispondenti. Un cercine glenoideo, il labbro dell’acetabolo, provvede ad ampliare la superficie della
cavità e a renderla atta a contenere la testa del femore. A
differenza del labbro glenoideo dell’articolazione scapoloomerale, che non ha altra funzione se non quella di ampliare
la corrispondente cavità, il labbro acetabolare ha un importante ruolo nell’unione tra femore e anca; è quindi un mezzo
di contenimento dell’articolazione.
Il labbro acetabolare inoltre passa a ponte sull’incisura dell’acetabolo, convertendola in foro. Non tutta la cavità glenoidea prende parte diretta all’articolazione; nel suo
centro, infatti, si trova una depressione quadrilatera, la fossa
dell’acetabolo,non rivestita di cartilagine articolare, ma di
periostio. Da questa fossa si diparte un legamento, a sezione
rettangolare, il legamento rotondo del femore,che va a terminare sulla fovea capitis della testa femorale e che, di regola,
non supera i 35 mm di lunghezza.
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La capsula articolare è un manicotto fibroso, inserito
prossimalmente sul contorno dell’acetabolo e sul labbro acetabolare e distalmente sulla linea intertrocanterica, in avanti,
e su una linea posta al limite fra terzo medio e terzo laterale
del collo femorale, in dietro. In tal modo, la faccia anteriore
del collo anatomico del femore è intracapsulare, mentre la
faccia posteriore lo è solo nei 2/3 mediali.
Non dissociabili dalla capsula sono i legamenti di rinforzo longitudinali,
ileofemorale, ischiofemorale e pubofemorale. Essi non sono
altro che porzioni ispessite della capsula e vengono anche
denominati legamenti ileocapsulare, ischiocapsulare e pubocapsulare. Accanto a questi si descrive la zona orbicolare
che è un fascio di rinforzo profondo, con fibre ad andamento
trasversale.
Il legamento ileofemorale ha forma di ventaglio; origina
al di sotto della spina iliaca anteriore inferiore, con due fasci
che divergono a ventaglio, il fascio obliquo, diretto al margine anteriore del grande trocantere e il fascio verticale,verso
la parte più bassa della linea intertrocanterica.
Il legamento pubofemorale nasce dal tratto pubico del ciglio dell’acetabolo, dall’eminenza ileo-pettinea e dalla parte
laterale del ramo superiore del pube per perdersi nella capsula davanti al piccolo trocantere.
Il legamento ischiofemorale è triangolare e dal lato
ischiatico del ciglio cotiloideo si porta in fuori, alla fossa trocanterica.
La zona orbicolare, ricoperta dai precedenti legamenti, si
stacca dal margine dell’acetabolo e dal labbro acetabolare,
profondamente all’inserzione del legamento ileofemorale e,
passando dietro al collo del femore che abbraccia ad ansa,
ritorna a fissarsi al punto d’origine.
Il legamento rotondo del femore si estende dalla fovea
capitis, dalla quale discende, allargandosi e restando applicato sulla testa del femore, per raggiungere poi, con due ra-
dici, i bordi dell’incisura dell’acetabolo. Piatto e laminare, il
legamento rotondo non è teso come lo sono abitualmente i
legamenti interossei.
La sinoviale presenta la caratteristica disposizione delle
diartrosi. Riveste la superficie interna della capsula e, pervenuta alle sue inserzioni, si riflette con tragitto ricorrente a
rivestire le porzioni intracapsulari dei capi ossei fino ai limiti
delle cartilagini articolari. Essa forma una guaina completa al
legamento rotondo.
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Fig. 1: Articolazione coxo-femorale: anatomia.
QUADRO CLINICO
In presenza di un paziente giovane che presenta dolore in regione inguinale o in sede laterale all’articolazione coxofemorale, è fondamentale innanzitutto un’attenta
raccolta anamenistica, atta a rilevare l’eventuale presenza di traumi sportivi: il dolore, solitamente monolaterale
tranne nei pazienti con lassità articolari in cui è bilaterale, si manifesta tipicamente in regione inguinale soprattutto dopo che il paziente è rimasto seduto a lungo, pure
dopo l’esecuzione di movimenti di flessione di almeno
70° e movimenti di rotazione interna od ancora durante
e subito dopo l’attività sportiva, causa probabilmente di
microtraumi ripetuti.
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ESAME CLINICO
L’esame clinico è il punto di partenza dell’analisi dell’articolazione coxo femorale e può essere completato mediante
l’esecuzione di tests dinamici appropriati.
Si parla di positività del test di impingement anteriore
se si evoca dolore dopo una manovra di rotazione interna,
abduzione a 90° di flessione; si parla invece, di positività al test di impingement posteriore se il dolore deriva da
una rotazione esterna forzata in estensione completa; infine si definisce positivo al test di Drehmann se la flessione
dell’anca è accompagnata da un movimento di rotazione
esterna passiva (2).
I vari test descritti provocano dolore per stiramento per
compressione del cercine acetabolare: il cercine, che ha funzione simile a quella svolta dal menisco nel ginocchio, contiene fibre nervose propriocettive e nocicettive, motivo per
cui il suo stiramento o compressione costituisce una causa di
intenso dolore.
DIAGNOSI E TECNICHE DI IMAGING
La diagnosi di lesione a carico della capsula articolare
o del cercine è basata, oltre che sulla sintomatologia clinica, anche sulla positività ad alcuni test e sull’imaging: esame
radiografico in prima istanza, un esame TC o meglio ancora RM completato con la somministrazione intrarticolare di
mezzo di contrasto paramagnetico (1).
RADIOLOGIA CONVENZIONALE
Costituisce la base di ogni indagine diagnostica e il suo
ruolo consiste nel valutare le anomalie ossee dovute, ad
esempio, ad impingement e nell’escludere artriti, necrosi
avascolari od altre anomalie dell’articolazione.
Il protocollo di base prevede una proiezione antero posteriore del bacino (Fig. 2) ed una proiezione assiale del femore prossimale.
Per ottenere la proiezione antero-posteriore, il paziente
è supino, con gli arti inferiori intra ruotati di circa 15° per
compensare l’antero torsione del femore e per permettere
una migliore visione del contorno della giunzione laterale
testa-collo femorale.
Il fascio di raggi va indirizzato a metà della distanza tra
il margine superiore della sinfisi pubica e una linea orizzontale tracciata tra le spine iliache antero-superiori; la distanza
fuoco-pellicola dev’essere di 120 cm.
In questo modo i forami otturatori, gli acetaboli e le ali
iliache risultano perfettamente simmetrici, mentre il coccige
è perfettamente sulla linea mediana; se il posizionamento è
corretto, si può misurare la distanza tra sinfisi pubica e la
metà dell’articolazione sacro-coccigea, i cui valori normali
sono compresi tra 25 e 40 mm nella femmina e tra 40 e 55
mm nel maschio (1).
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La proiezione anteroposteriore nei pazienti con impingement spesso evidenzia una prominenza del passaggio testacollo del femore rispetto alla porzione prossimale del femore: si realizza il cosiddetto segno del “manico della pistola; la
proiezione laterale è utile, come sussidio, per caratterizzare
meglio tale deformità.
La proiezione assiale del femore prossimale si esegue
con l’arto intraruotato, una distanza fuoco-pellicola anche in
questo caso di 120 centimetri con un fascio di raggi diretto
alla piega inguinale .
I parametri tecnici necessari per entrambe le proiezioni
sono i seguenti: 75 KV, 100 mA e tempo di irradiazione di
500 ms.
La radiologia tradizionale è anche utile come follow up
dei pazienti precedentemente vittime di traumi dell’acetabolo e della regione prossimale del femore.
Per meglio studiare le varie componenti ossee dell’articolazione coxofemorale è possibile ricorrere a proiezione
del falso profilo di Lequesne: è una proiezione posterioreobliqua con l’anca extraruotata di circa 25 grati rispetto ad
una vera proiezione laterale; permette di “sproiettare” alcune
strutture anatomiche, in modo da evidenziarle meglio.
Per valutare l’inclinazione pelvica di ciascun paziente,
fondamentale per cui definire i vari parametri radiologici individuali, appare indicato ricorrere ad una proiezione laterale. Si misura l’angolo compreso tra una linea che unisce
la sinfisi al promontorio sacrale ed una linea orizzontale: il
valore di tale angolo, definito come indice di inclinazione
“neutra”, è di circa 60°.
Fig. 2: proiezione antero-posteriore ed assiale di anca
nella radiologia convenzionale.
TC ED ARTRO-TC
La TC viene utilizzata nello studio dell’articolazione
coxo femorale soprattutto nei pazienti vittime di traumi, per
evidenziae meglio una frattura sospettata alla radiografia
convenzionale.
E’ utile, inoltre come completamento diagnostico, nel rilevare la presenza di eventuali calcificazioni di corpi liberi
endoarticolari oppure di ossificazione anormale. Inoltre permette ricostruzioni multiplanari e 3D, utili soprattutto come
planning preoperatorio.
Viene utilizzata, al pari della RM, nel rilevare lesioni del
cercine acetabolare e della capsula articolare, e l’esame “basale” viene pertanto completato con la somministrazione di
mdc iodato paramagnetico; tuttavia, richiese un abbondante
dose di radiazioni che non possono essere schermate mediante grembiule di protezione, essendo proprio il bacino la
regione da esaminare: questo problema è aggravato dal fatto
che spesso si tratta di individui giovani ed in età fertile.
E’ da preferirsi, tuttavia, nei soggetti che riferiscono una
pregressa allergia ai mezzi di contrasto paramagnetici, e più
in generale ai metalli. Fig.3 (3,4).
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Fig. 3: TC articolazione coxo-femorale (immagine assiale)
ARTRO-RM
La RM costituisce probabilmente il gold standard nello studio delle lesioni della capsula articolare e del cercine
acetabolare sia per la sua panoramicità, sia per l’assenza di
radiazioni impiegate, soprattutto tenendo conto che si tratta
di pazienti generalmente giovani e che la zona da esplorare
contiene gli organi riproduttivi.
Generalmente viene esaminata solo l’articolazione sofferente, in modo da poter disporre di una maggior risoluzione spaziale e di contrasto, grazie al piccolo campo di vista
(FOV) che si può utilizzare; si analizzano entrambe le articolazioni contemporaneamente se si sospetta l’osteonecrosi
di una delle teste femorali o se si devono andare a ricercare
localizzazioni secondarie di malattia oncologica.
La RM già in condizioni “basali” è sensibile e specifica
nel valutare lesioni a carico della capsula articolare e del
cercine acetabolare, tuttavia appare particolarmente indicato
completare l’esame mediante la somministrazione intrarticolare di mezzo di contrasto paramagnetico nelle opportune
diluizioni in quanto esso distende l’articolazione, separando
le varie strutture articolari; inoltre il cercine e la capsula vengono “verniciati” dal mezzo di contrasto e quindi vengono
visualizzati come entità distinte; e pertanto è possibile rilevare lesioni anche di minori dimensioni (5-8).
Secondo Blankenbaker et al. la sensibilità e la specificità
dell’Artro-RM nel rilevare le lesioni della capsula articolare
e del cercine acetabolare passa, rispettivamente dal 30% al
36% delle condizioni basali al 90% e 91% (9).
La lesione cartilaginea colpisce primariamente il versante
supero laterale dell’articolazione dell’anca sia anteriormente
sia posteriormente, e in secondo tempo l’adiacente cercine
acetabolare.
Il danno alla cartilagine articolare, che può essere focale
o diffuso, può manifestarsi con un quadro di condromalacia,
in cui la cartilagine appare usurata, oppure con un parziale
o completo assottigliamento cartilagineo; è spesso associato
con formazioni cistiche subcondrali, sclerosi ossee e formazioni di osteopatia.
I labbro acetabolare, se lesionato anche parzialmente,
tende a presentare un aumento dell’intensità di segnale nelle
sequenze T2 pesate, che si estende fino alla superficie articolare; con introduzione intrarticolare del mezzo di contrasto
le eventuali lesioni si riscontrano meglio grazie a sequenze
T1 pesate con soppressione del segnale del tessuto adiposo.
L’aumentata intensità di segnale del cercine, dopo somministrazione del mezzo di contrasto, fa sì che il cercine stesso possa essere facilmente riconoscibile rispetto alla capsula
articolare, che presenta, anche dopo contrasto, una bassa
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intensità di segnale: in tal modo cercine e capsula vengono
evidenziati come due entità a se stanti (10).
Le lesioni del cercine si riscontrano soprattutto in corrispondenza della sua porzione antero superiore e poi con
frequenza via via inferiore in sede postero superiore, anteroinferiore e infine -la meno frequente- in corrispondenza
del versante postero inferiore.
Secondo Schmid et al. un corretto esame RM completato del mezzo di contrasto intrarticolare richiede sequenze
caratterizzate dall’utilizzo di un FOV ristretto, una bobina
dedicata in grado di utilizzare al meglio il rapporto segnalerumore e, inoltre, sequenze caratterizzate da una “pesatura” ottimale per dimostrare danni cartilaginei: a tal riguardo,
vengono proposte sequenze T1-pesate 3D con soppressione
del segnale del tessuto adiposo T1 fat sat 3D-FLASH (11).
Per meglio evidenziare le lesioni del cercine acetabolare,
responsabili del quadro di impingement femoro acetabolare,
appare indicato ricorrere ad una scansione particolarmente su un piano assiale ed obliquo che si ottiene inclinando
il “pacchetto” di acquisizione parallelo al collo femorale e
quindi con inclinazioni simile alla proiezione assiale che si
segue in radiologia tradizionale: si può rilevare in tal modo,
un aumento dell’angolo alfa, che costituisce uno dei criteri
diagnostici di impingement.
Oggi, grazie alla diffusione di apparecchi RM con diametro del cilindro aumentato, si può invitare il paziente a compiere quei movimenti in grado di evocare la sintomatologia
dolorosa, in modo di cercare di visualizzare in “real-time”
l’eventuale alterazione del cercine acetabolare e della capsula articolare. Fig. 4
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Fig. 4: Apparecchio per RM ad Alto Campo Open
INTRODUZIONE DEL MDC E TECNICA
Il paziente viene posto supino nel letto radiologico con
l’anca sintomatica in lieve rotazione interna.
In condizioni di sterilità, viene inserito un ago spinale
da 20 a 22 G sul versante supero-laterale dell’articolazione
coxofemorale: il punto preciso di introduzione si trova sul
punto di passaggio della testa e collo femorale ed è indicato
con precisione per via fluoroscopica, anche grazie all’introduzione di circa 5 ml di mdc iodato Iopamidolo (Iopamiro,
Bracco), diluiti in 10 ml soluzione fisiologica, utili come repere per facilitare l’introduzione dell’ago (Fig. 5).
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Una volta individuato con precisione il punto di introduzione, si somministra il mdc paramagnetico, l’acido gadoterico (Dotarem, Guerbet) in dosi variabili tra 10 e 20 ml, a
seconda dell’habitus costituzionale del paziente.
Immediatamente dopo l’introduzione del mdc si conduce il paziente ad eseguire le scansioni RM indispensabili per
una corretta diagnosi.
Il protocollo standard prevede una scansione per ogni
piano dello spazio; una scansione sul piano sagittale viene
riservata unicamente, e in assenza di diverse indicazioni, al
solo lato affetto da sintomatologia algica.
Poiché la capsula articolare è particolarmente sottile a
livello dell’articolazione coxofemorale la sua valutazione risulta particolarmente difficile: per evidenziarla meglio, appare indicato porre l’arto da esaminare in leggera trazione; tale
manovra permette di distinguere con maggiore precisione la
cartilagine acetabolare da quella femorale.
Fig. 5: Punto di introduzione dell’Ago per mdc
Una valida alternativa che non espone il paziente a radiazioni rappresenta l’iniezione del mezzo di contrasto in
sede intrarticolare sotto guida ecografica. Fig. 5.1
Fig. 5.1: Iniezione di mdc paramagnetico sotto guida ecografica
Per studiare l’articolazione coxo-femorale mediante RM
abbiamo utilizzato un’ apparecchiatura RM da 1,2 Tesla, in
dotazione presso il nostro dipartimento di diagnostica per
immagini (Hitaci Oasis Open da 1.2 T).
Usando una bobina “Body”, il protocollo di studio da noi
utilizzata prevede una scansione sul piano assiale T2-pesata
con saturazione del segnale per il tessuto adiposo, una scansione sul piano coronale in T1-pesata Gradient-Echo e una
scansione sul piano sagittale T1, pesata con saturazione del
segnale per il tessuto adiposo (spessore delle fette di 1,2 mm,
tempo di scansione di 6-7 minuti).
ANATOMIA ARTRO-RM DELL’ARTICOLAZIONE
COXO-FEMORALE NORMALE
L’articolazione coxo femorale è un’enartrosi in cui la testa del femore, che ha una forma di un segmento di sfera, si
articola con l’acetabolo, che ha una forma “a scodella”; le
due superficie articolari sono curve in senso inverso ma non
sono ugualmente ampie e non sono esattamente congruenti; infatti, “combaciano” perfettamente quando il femore è
completamente esteso, leggermente abdotto e ruotato internamente.
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SUPERFICIE ARTICOLARE DELL’ANCA
L’osso dell’anca è voluminoso, di forma irregolare, ristretto nella parte intermedia ed espanso in alto ed in basso; si articola anteriormente con l’anca controlaterale, a livello della
sinfisi pubica, formando la cintura pelvica degli arti inferiori.
E’ formato da tre parti, l’ileo, l’ischio ed il pube, uniti da
cartilagine nel giovane e da osso nell’adulto; la fusione di
queste parti si attua a livello della parete dell’acetabolo, un
incavo profondo, a forma di scodella, che si articola con la
testa sferoidale del femore.
L’ileo comprende la parte superiore dell’acetabolo, l’ischio la parte inferiore acetabolare ed il pube la parte anteriore, separando l’ischio dall’ileo; il pube forma, inoltre la
parte anteroinferiore dell’anca e si unisce con il pube controlaterale sul piano mediano.
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Superficie articolare femorale
Il femore è il segmento scheletrico più lungo e più robusto del corpo. È costituito da una testa, da un collo ed da una
diafisi, pressoché cilindrica per quasi tutta la sua lunghezza,
la cui estremità distale inferiore, la più massiccia, presenta
due condili e si articola con la tibia.
Le strutture ossee presentano intensità di segnale omogeneo: ipointensa nelle sequenze T2-pesate ed iperintensa
nelle sequenze T1-pesate.
Mezzi di fissazione dell’articolazione coxofemorale
La testa femorale è completamente rivestita da cartilagine articolare, ad eccezione di una piccola fossetta in cui si
inserisce il legamento della testa del femore; la cartilagine,
dalla faccia articolare, si estende lateralmente e ricopre per
un piccolo tratto la porzione attigua del collo femorale.
La superficie articolare dell’acetabolo forma un’anello
incompleto (la cosiddetta “superficie semilunare”) ed è più
larga nella sua parte superiore, sulla quale, nella posizione
eretta, si esercita il peso del corpo; nella sua parte inferiore,
in corrispondenza della regione acetabolare formata dall’osso del pube, appare più sottile. Anche questa superficie articolare è rivestita da cartilagine, Più spessa dove la faccia
semilunare è più ampia, pressoché assente sul pavimento
della fossa acetabolare compresa all’interno della superficie
semilunare e coperta da un cuscinetto adiposo e da materiale
fibro-elastico, a sua volta ricoperto da membrana sinoviale.
La profondità acetabolare è notevolmente aumentata da un
cercine fibrocartilagineo, il labbro dell’acetabolo.
I cosiddetti “mezzi di unione” dell’articolazione coxofemorale sono:
- la capsula articolare fibrosa;
- il labbro dell’acetabolo;
- il legamento della testa del femore;
- il legamento ileo-femorale;
- il legamento ischio-femorale;
- il legamento pubo-femorale.
Capsula articolare fibrosa: robusta e spessa si inserisce in alto
sul contorno dell’acetabolo, al 5-6 mm della base del labbro,
creando in questo modo il recesso perilabiale, in avanti sul
bordo esterno del labbro e, in corrispondenza dell’incisura
dell’acetabolo, sul legamento trasverso dell’acetabolo e sul
margine del forame otturatorio.
Distalmente si inserisce lungo il margine anteriore del
collo femorale, a livello della linea intertrocanterica.
È molto vascolarizzata e per tale motivo appare di colore
rosato in artroscopia, mentre appare ipointensa dopo la somministrazione di mezzo di contrasto intrarticolare.
La capsula fibrosa presenta spessore maggiore a livello
della parte superiore ed anteriore dell’articolazione, mentre
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appare più sottile nella parte infero posteriore. La superficie
esterna della capsula fibrosa è irregolare ed è copertaa da
vari muscoli; anteriormente è separata, tramite una borsa, dai
muscoli grande psoas ed iliaco.
Labbro dell’acetabolo: è un cercine fibrocartilagineo di forma triangolare, fissato sul contorno dell’acetabolo, di cui
rende più profonda la cavità; passando a ponte sull’incisura
dell’acetabolo come legamento trasverso dell’acetabolo forma un anello completo; il legamento trasverso dell’acetabolo
è costituito da fasci fibrosi robusti appiattiti che attraversano
l’incisura dell’acetabolo e la trasformano in un forame, attraverso il quale penetrano nell’articolazione vasi e nervi.
Il labbro cercine acetabolare può avere varie forme (7):
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- triangolare, nella maggior parte dei casi con bordo appuntito;
- tondeggiante, con bordo più o meno appuntito;
- irregolare;
- in rari casi, può esser completamente assente.
E’ da rilevare che con l’avanzare dell’età tende ad assumere una forma più rotondeggiante od irregolare, mentre la
forma triangolare è tipica della fascia di età più giovanile.
Nella maggior parte dei casi (circa nel 56% dei pazienti
asintomatici) presenta omogenea ipointensità di segnale RM
nella sua porzione più posteriore, mentre diviene più iperintenso via via che ci si sposta verso la sua porzione più
anteriore.
Il segnale RM del cercine tende a diventare sempre più
iperintenso con l’avanzare dell’età; non si sono rilevate sostanziali differenze nella forma e nelle caratteristiche di segnale RM tra sesso maschile e femminile.
Il cercine di aspetto normale viene definito di “grado 0”
secondo la classificazione Czerny (vedi oltre): presenta omogenea bassa intensità di segnale, a forma triangolare ed inserzione continua al margine laterale dell’acetabolo senza
evidenza di solchi; inoltre presenta un recesso tra la capsula articolare ed il labbro, il cosiddetto recesso labbiale, che
consiste di una raccolta lineare di mezzo di contrasto intrarticolare che si estende tra il margine craniale del labbro acetabolare e la capsula articolare (Fig. 4.11).
Le caratteristiche di segnale RM del cercine acetabolare dipendono, ovviamente, anche dalla sua struttura istologica. (12).
Legamento della testa del femore: è una formazione triangolare appiattita che si fissa con il suo apice nella parte anteriore e superiore della fossetta della testa femorale e con la
sua base si inserisce sull’incisura dell’acetabolo tramite due
fasci, uno per ciascun lato dell’incisura; nell’intervallo compreso tra queste due inserzioni ossee si fonde con il legamento traverso. Rivestito dalla membrana sinoviale, è teso quando la coscia è portata in semiflessione e poi in adduzione, ed
è rilasciato ad arto abdotto.
Legamento ileo-femorale: triangolare e particolarmente robusto, decorre al davanti dell’articolazione ed è strettamente fuso con la capsula. Si attacca con l’apice alla superficie
inferiore della spina iliaca antero-inferiore e con la base alla
linea intertrocanterica femorale. Le porzioni mediale e laterale sono piuttosto robuste mentre la parte interposta è sottile
e poco resistente.
Legamento ischio-femorale: situato posteriormente all’articolazione e disposto a spirale, poiché dalla sua inserzione
sull’ischio sotto e sull’acetabolo si porta, in alto e lateralmente , alla faccia posteriore del collo femorale. Alcuni suoi
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fasci si continuano con quelli della zona orbicolare ed altri
si fissano sul gran trocantere, anteriormente al legamento ileofemorale.
Legamento pubo-femorale: è anch’esso triangolare con la
base sull’osso dell’anca a livello dell’eminenza ileo pettinea, ramo superiore del pube, cresta e membrana otturatoria;
inferiormente si confonde con la capsula e con la parte profonda del fascio mediale del legamento ileofemorale.
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La membrana sinoviale, assai estesa, origina sul contorno
della cartilagine articolare della testa del femore, rivestendo
quindi quella parte del collo che prospetta all’interno della
capsula; dal collo si riflette poi sulla superficie interna della
capsula, dove ricopre ambedue le superfici del labbro acetabolare, inguainando il legamento della testa del femore e
rivestendo, infine il cuscinetto di tessuto adiposo contenuto
nella fossa dell’acetabolo. È molto sottile in corrispondenza
della superficie interna della parte del legamento ileofemorale, che nella posizione eretta è adesa contro la testa del
femore.
Talvolta la cavità articolare comunica con la borsa iliaca
sub tendinea, posta sotto il tendine del grande psoas, attraverso un’apertura circolare posta tra il legamento pubofemorale ed il fascio verticale del legamento ileofemorale.
Movimenti dell’articolazione coxo-femorale
I movimenti dell’articolazione coxo-femorale possono
essere classificati come flessione ed estensione, adduzione
ed abduzione, circonduzione (combinazione dei precedenti), rotazione interna ed esterna.
Muscoli che agiscono nei movimenti
- flessione: grande psoas ed iliaco, aiutati da pettineo, retto
femorale e sartorio; nelle fasi iniziali della flessione collaborano anche gli adduttori, in particolar modo l’adduttore
lungo.
- estensione: grande gluteo e muscoli estensori della coscia.
- abduzione: piccolo e medio gluteo, aiutati dal tensore della fascia lata e del sartorio. E’ un movimento relativamente
libero, limitato dalla tensione degli adduttori, del legamento pubofemorale e dal fascio mediale del legamento
ileofemorale.
- adduzione: adduttore lungo, breve e grande, coadiuvati dal gracile e dal pettineo. L’adduzione si arresta con il
contatto con l’arto controlaterale ed aumenta quando la
coscia è flessa: in questo caso è limitata dalla tensione
degli adduttori, dal fascio laterale del legamento ileofemorale e del legamento della testa del femore.
- rotazione interna: tensore della fascia lata e fasci anteriori del piccolo e medio gluteo; è un movimento di scarsa entità e delimitato dalla tensione dei rotatori esterni,
del legamento ischio femorale della parte posteriore della
capsula fibrosa.
- rotazione esterna: otturatore, gemelli e quadrato del femore, coadiuvati da piriforme, grande gluteo e sartorio; è
un movimento potente, limitato dalla tensione dei rotatori
interni e del fascio laterale del legamento ileo-femorale.
31
Fig. 6: Immagine Coronale T1 in Artro-RM.
Freccia bianca: legamento trasverso
32
Fig 6.1: Immagine Coronale T1 in Artro-RM:
Freccia bianca: fovea della testa femorale
PRINCIPALI APPLICAZIONI DELLO STUDIO ARTRO-RM
Le indicazioni all’utilizzo del mezzo di contrasto intrarticolare nella valutazione dell’articolazione coxofemorale
riguardando le lesioni della capsula articolare, le lesioni del
cercine acetabolare, che riconoscono nell’impingement femoro acetabolare l’entità principale ed attualmente più studiata, e la valutazione dei corpi liberi intraarticolari.
Alcuni autori propongono l’utilizzo del mezzo di contrasto articolare anche per la valutazione di alcune patologie, quali ad esempio la sinovite villo nodulare pigmentosa
(PVNS), caratterizzata da un processo infiammatori dell’articolazione ad eziologia idiopatica: in realtà, secondo la maggior parte dei dati disponibili in letteratura, per la diagnosi di
detta affezione appare sufficiente l’esecuzione di un esame
RM “basale” , eventualmente associato alla somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico per via endovenosa
e non intrarticolare (13). (Fig. 7)
Fig. 7: RM basale senza mdc intrarticolare o endovena.
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LESIONI DELLA CAPSULA ARTICOLARE:
SNAPPING HIP O ANCA “A SCATTO”
La definizione “anca a scatto” deriva dal rumore di “clic”
che si avverte quando il paziente affetto da questa patologia
muove l’anca nei vari piani dello spazio; non sempre è associata alla presenza di sintomatologia dolorosa (14).
L’anca a scatto può essere divisa in due forme, a seconda
della causa che determina: forma intrarticolare e forma extra
articolare (15).
La forma intrarticolare riconosce come possibili cause la
presenza di aree di iperplasia sinoviale, lesioni del labbro
variamente associate, corpi liberi endoarticolari, lesioni cartilaginee ed osteo condrali; il dolore si localizza in regione
inguinale pertanto spesso è difficile differenziare questa anomalia rispetto al tipo interno della forma extra articolare. In
realtà questa forma è piuttosto rara e le cause e la sua origine
non sono ancora chiare.
La forma extra articolare può essere divisa in due tipi:
esterno ed interno.
Il tipo esterno, di più frequente riscontro, è caratterizzato
dallo “schiocco” della banda ileo tibiale o del margine anteriore del grande gluteo rispetto al grande trocantere, a livello
del quale il dolore viene avvertito con maggiore intensità.
Il tipo interno è causato dallo schiocco del tendine dell’ilo psoas sull’eminenza ileopettinea e sulla testa femorale il
dolore si localizza, anche in questo caso, a livello della regione inguinale.
Spesso è possibile avvertire la sensazione di scrocchio
anche in condizioni di riposo - quindi non solo dopo attività
sportiva - facendo compiere all’articolazione coxofemorale
movimenti di flesso-estensione ripetuti.
Le cause sono numerose ed includono traumi, malattie
infiammatorie e degenerativi dell’anca, e lesione del cercine acetabolare e della capsula articolare, presenza di corpi
liberi endoarticolari; in realtà si può riscontrate anche in pazienti che, pur non avendo anamnesi positiva per patologia a
carico dell’articolazione coxofemorale, sottopongono le articolazioni coxo femorali a sforzi ripetuti: si tratta di sportivi
quale calciatori, marciatori e ballerini (16).
La diagnosi del tipo interno della forma extra articolare è
fondamentalmente una diagnosi di esclusione (17). La metodica radiografica di prima istanza è, come sempre, la radiologia tradizionale, che permetterà di evidenziare eventuali
anomalie ossee e rapporti articolari tra i vari segmenti ossei
costituenti l’articolazione coxofemorale. In seconda istanza
appare indicato ricorrere all’ecografia, che permette di escludere eventuali cause vascolari, la presenza di borsiti oppure,
soprattutto, di lesioni tendinee: questa metodica spesso è sufficiente per porre diagnosi di certezza.
Per quanto riguarda l’anca a scatto intrarticolare, la RM
deve essere completata mediante somministrazione intrarticolare di mezzo di contrasto paramagnetico al fine di evidenziare le cause che possono determinare la sintomatologia
algica: la presenza di corpi liberi endoarticolari, iperplasia
sinoviale primitiva o secondaria, di patologia osteocondrale
o un quadro di impingement femore acetabolare.
Corpi liberi endoarticolari
Si definisce “corpo libero endoarticolare “ un difetto di
riempimento tondeggiante od allungato completamente o
quasi completamente avvolto dal mezzo di contrasto (18).
Si può sospettare la presenza di corpi liberi intraarticolari, che vengono rilevati con precisione dall’ Artro-RM, con
una sensibilità di circa l’81% quando raggiungono un diametro di almeno 3 mm, in quei pazienti che presentano dolore
particolarmente intenso in regione inguinale, positività ai test
di stimolazione ma assenza di segni radiologici sospetti per
impingement.
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36
I corpi liberi endoarticolari (figura 8) possono essere la conseguenza di innumerevoli cause, quali traumi acuti o pregressi,
osteocondrite dissecante ed osteocondromatosi sinoviale.
Possono aver struttura fibrosa, ossea, cartilaginea o forme
miste; le dimensioni e le forme possono essere notevolmente
variabili.
Talvolta tali corpi liberi non hanno una consistenza calcifica e non possono quindi essere riconosciute all’esame
radiologico. In questo caso l’ Artro-RM consente non solo
di dimostrare la sede intrarticolare, come avviene per quelli calcifici, in cui può essere sufficiente la sola RM basale,
ma anche dimostrando l’esistenza solo supposta all’esame
clinico. Talvolta la sintomatologia tipica del corpo libero endoarticolare viene assunta dalla persistenza di un nucleo di
accrescimento che, per vari motivi, diventa mobile e quindi
circondato dal mezzo di contrasto e variamente associato ad
altre alterazioni delle strutture endoarticolari.
Fig. 8: Immagine Artro-RM STIR con freccia
che indica un corpo libero intrarticolare
Patologia sinoviale
Diverse sulle cause che possono provocare una reazione
sinoviale a livello dell’articolazione coxofemorale, fra cui la
patologia degenerativa artrosica comunque indotta, quella
relativa ad alterazioni del trofismo del testa femorale e quelle
su base primitivamente flogistica.
La dimostrazione con Artro-RM della patologia sinoviale
non è collegata alla valutazione del versamento articolare
delle sue cause, ma lo studio della sede e la morfologia delle
singole aree di organizzazione della parete sinoviale stessa
in funzione del planning pre chirurgico, che è di tipo artroscopico quando lo scopo dell’intervento e quello di limitare
la possibile noxa di una sintomatologia dolorosa (anca artrosica giovanile, coxa displasica).
Quindi è fondamentale una valutazione precisa di sede,
sviluppo e consistenza, possibile con il solo esame contrastografico (9).
Anche l’articolazione coxofemorale può essere interessata primitivamente da alterazioni che riguardano sia
cartilagine di rivestimento - soprattutto della testa femorale - sia la componente ossea corrispondente senza che
queste alterazioni siano secondarie ad un processo artrosico, pur riconoscendo nelle modificazioni biomeccaniche
il meccanismo di insorgenza. Tali alterazioni anche se di
modesta entità e sviluppo possono causare sia una sintomatologia dolorosa sia una limitazione funzionale. Una
loro precoce identificazione non è sempre possibile dal
punto di vista clinico poiché spesso è collegata a micro
traumatismi propri delle prime decadi di età ed all’attività
sportiva, necessita di un’indagine la più sensibile e specifica possibile (9).
Per quanto riguarda la patologia cartilaginea , questo è
possibile solo ricorrendo all’esame RM con mdc intrarticolare, non essendo la metodica di base sufficiente alla sua identificazione.
Quando la lesione interessa anche la componente scheletrica ed è quindi identificabile sia con l’esame Rx, TC e/o
RM, l’elemento diagnostico importante diventa la valutazio-
37
ne dell’eventuale presenza di frammenti isolati dalla lesione
e della loro possibile mobilizzazione.
Anche in questi casi, quindi, il mezzo di contrasto si dimostra indispensabile per una corretta stadiazione.
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PATOLOGIE DEL LABBRO ACETABOLARE
Il labbro acetabolare presenta una struttura di tipo fibrocartilagineo assimilabile con caratteristiche a quelle di altre
strutture similari presenti in diverse articolazioni e con pari
funzioni biomeccaniche.
La patologia di questa struttura è spesso correlata ad altre
alterazioni descritte in questo capitolo, ma può esistere anche come unica alterazione articolare (9).
La sua identificazione è possibile anche con RM basale, a
condizione di eseguire sequenze ad alto contrasto intrinseco.
In funzione delle più recenti tecniche di intervento artroscopico viene spesso richiesta un’indagine diagnostica
che consenta di confermare da un lato, il sospetto clinico e,
dall’altro, di dimostrare, sede, estensione e tipologia della
lesione del labbro stesso.
A seconda delle caratteristiche di segnale RM, il labbro
acetabolare degenerate è stato classificato da Czerny ed al.
(5) in vari gradi:
- grado IA: area di aumentata intensità di segnale al centro
del labbro acetabolare che non si estende ai margini liberi, con presenza del recesso labiale (Fig. 9a).
- grado IB: come il grado IA, ma con labbro ispessito e deformato, ed assenza del recesso labiale (Fig. 9b).
- grado IIA: il mezzo di contrasto intrarticolare si inserisce
parzialmente nel labbro acetabolare che risulta fissurato
ma con regolare aspetto triangolare, ben inserito al margine
acetabolare e con evidenza di un recesso labiale. (Fig. 9c).
- grado IIB: come il grado IIA, ma con labbro ispessito e
deformato, ed assenza del recesso labiale (Fig. 9d).
- grado IIIA: labbro acetabolare disinserito dall’acetabolo,
con forma triangolare conservata (figura.9e).
- grado IIIB: come il grado IIIA, ma con labbro ispessito e
deformato (Fig. 9f).
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Fig. 9: Artro-RM e lesioni del cercine acetabolare
40
LESIONI DEL CERCINE ACETABOLARE:
IMPINGEMENT FEMORO-ACETABOLARE
L’impingement femoro acetabolare è una condizione clinica conseguente ad una anomalia dei rapporti articolari tra
l’acetabolo ed il femore che ha come conseguenza una lesione a carico del cercine acetabolare e costituisce l’indicazione principale all’esecuzione di un esame RM completato
con la somministrazione intrarticolare del mezzo di contrasto paramagnetico.
In uno studio pubblicato nel 2001 da parte di Ito et al
(19) e poi, successivamente in un lavoro di Beall et al. (1),
si evidenziava la presenza in tutti i pazienti che presentavano dolore nella regione inguinale e difficoltà con particolari
movimenti dell’articolazione coxofemorale, di alcune comuni anomalie anatomiche particolari, tali da comportare un
contatto errato (“impingement”) tra la giunzione testa-collo
femorale con il cercine acetabolare.
Queste anomalie riguardano sia il femore prossimale, sia
l’acetabolo omolaterale, sia, in qualche caso, entrambi.
Le principali anomalie rilevate sono la ridotta antiversione femorale o retroversione acetabolare, un passaggio
più accentuato, in sede anteriore, tra testa e collo femorale
(“deformità a manico di pistola”), una mancata sfericità della
testa femorale, associata ad una normale protrusione della
giunzione testa-collo femorale, una retrotorsione della testa
femorale, la coxa vara e la protrusione acetabolare.
L’impingement, inoltre, può anche riscontrarsi in individui
che non presentano anomalie a carico delle strutture anatomiche ma che sottopongo l’articolazione dell’anca a “stress” eccessivi (sportivi, ad esempio ginnasti e ballerini) o che hanno
attività (capo edilizio, professione particolare quali posatore di
tappeti e di moquette) che costringono a posizioni obbligate
per lunghe ore nel corso della giornata. In particolare, qualsiasi attività occupazionale o sportiva che costringe a compiere
ripetuti movimenti in flessione, abduzione e rotazione interna può potenzialmente indurre ad impingement, in particolar
modo de il paziente già presenta anomalie anatomiche ed ossee e lassità della capsula articolare.
Sono stati identificati due tipi di impingement femoro
acetabolari: il tipo “pincer” e il tipo “cam”, anche se i possono essere situazioni in cui i due tipi sono difficilmente riconoscibili. (Fig. 10)
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Fig. 10: Schema di un impingement femoro acetabolare tipo CAM
in cui è presente una formazione ossea al passaggio collo testa
del femore che entra in conflitto con la rima acetabolare anteriore
durante la flessione dell’anca.
Schema di un impingement femoro acetabolare tipo PINCER
in cui la retroversione acetabolare comporta un conflitto
con il collo del femore in flessione.
42
Impingement femoro-acetabolare tipo “pincer”
Trae il suo nome dal possibile impegno anomalo tra profilo cefalico femorale e bordo acetabolare supero-esterno
nei movimenti di abduzione ed extrarotazione, che creano
una condizione di artrite tra struttura scheletrica a loro volta
interessate da anomalie morfologiche, di orientamento e di
posizionamento spaziale.
Esse possono essere individuate in una modificazione del
posizionamento della testa femorale nei confronti della coppa acetabolare, in una protrusione della testa femorale stessa
o in una anomalia di antiversione dell’orientamento dell’asse
acetabolare ridotto rispetto alla norma.
Tali situazioni, sia primitive sia secondarie, portano ad
una modificazione quindi ad un anomalo contatto tra le
componenti scheletriche, che si realizza in un attrito anteriore con conseguente coinvolgimento della porzione scheletrica acetabolare (sclerosi ed ipertrofia) e del corrispondente
segmento di labbro fibrocartilagineo (ipertrofia pseudo cistica con o senza frammentazione).
Per contro, la porzione postero inferiore della stessa articolazione potrà essere interessata da alterazioni di tipo osteocondrosico.
Tipico del sesso femminile, una massima incidenza nella
quinta e sesta decade di età.
Le alterazioni possono essere individuate già all’esame
radiologico tradizionale per quanto concerne sia la protrusione sia la retrazione sclerotica con neoapposizione ossea
dell’angolo acetabolare antero-esterno.
Secondo Beall et al. (1), il tipo “pincer” è caratterizzato
da due tipici segni radiografici: il segno del “ cross-over” e il
segno del “muro posteriore”.
Il segno del cross-over è caratterizzato dal fatto che il versante anteriore acetabolare appare più lateralizzato rispetto
al versante posteriore: il versante anteriore del cercine divie-
ne orizzontalizzata e medializzato e, di conseguenza, forma
una sorta di incrocio con il versante posteriore, verticale e
diritto. Pertanto, il segno del cross-over è positivo se il versante acetabolare anteriore si proietta lateralmente rispetto
allo stesso punto del versante posteriore (figura 11).
Il segno del muro posteriore è presente quando il profilo
del versante posteriore e dei cercine è più mediale rispetto
al centro dell’articolazione coxofemorale, determinando una
minor copertura posteriore dell’acetabolo stesso.
Un altro segno radiografico che si evidenzia nel tipo
“pincer” si realizza quando la fossa acetabolare o la testa
femorale giace medialmente alla linea ilo-ischiatica, indicando un’aumentata profondità della cavità acetabolare: questo
quadro è definito protrusione dell’acetabolo; essa produce
uno sforzo intermittentemente ma intenso sulla cartilagine
articolare contigua e le forze dovute al carico possono conseguentemente danneggiare sia il cercine acetabolare sia la
cartilagine articolare della testa femorale e l’acetabolo.
L’allargamento del collo femorale o la ridotta escursione
dei movimenti della giunzione testa-collo implica una riduzione del movimento della testa femorale, costituendo così
una potenziale forma di impingement femoro acetabolare.
La RM basale conferma tali alterazioni e consente inoltre
di dimostrare eventuali coinvolgimenti sinoviali.
L’ArtroRM utile per uno studio di dettaglio nell’individuare il coinvolgimento delle strutture intrarticolari, soprattutto
nelle fasi precoci.
Cause predisponenti al tipo “pincer”:
- centro di rotazione mediale alla linea acetabolare ;
- aumento della profondità acetabolare (protrusione);
- antiversione acetabolare aumentata.
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Quadri patologici conseguenti al tipo “pincer”:
- ossificazione del margine acetabolare e cisti labiale ;
- conflitto in flessione;
- osteocondropatia postero-inferiore (Fig. 11.1).
Fig. 11.1: Immagine Artro-RM con erosione osteocondrale
del profilo acetabolare posteriore inferiore e ipertrofia ossea
dell’angolo superiore-anteriore.
Immagine di ipertrofia del labbro acetabolare superiore.
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Impingement femoro-acetabolare tipo “cam”
Viene definito impingement femoro acetabolare tipo
“cam” una anomalia della giunzione testa-collo del femore
caratterizzata da una forma non perfettamente sferica della
testa femorale con conseguente anomalo contatto (impingement) tra la giunzione testa-collo femorale ed il bordo acetabolare supero-esterno. Tale contatto genera una reazione
di tipo ipertrofico osseo a livello della componente femorale
con aspetto di “gobba” (bump) sul profilo corticale femorale.
Tale quadro ricorda un particolare aspetto dell’albero di distribuzione di motore (camme), da qui il particolare nome. Si
determina di conseguenza una continua ripetuta abrasione
della capsula articolare con conseguente lesione anche a carico del cercine acetabolare, che viene danneggiato soprattutto sul versante antero-superiore.
Si manifesta soprattutto negli individui giovani, sportivi o
ballerini professionisti, con massima incidenza nella popo-
lazione di età compresa tra 20 e 40 anni, la sintomatologia
è caratterizzata da dolore dell’anca continuo o intermittente
esacerbato dall’attività fisica: compare, infatti, durante l’attività fisica o non appena essa è terminata, probabilmente a
causa di microtraumi ripetuti.
All’esame radiologico tradizionale, il tipo “cam” può essere diagnosticato se si rileva una modificazione della giunzione testa-collo femorali, visibile alle radiografie standard
del bacino in proiezione antero posteriore, caratterizzata da
una aumentata convessità della stessa: in passato questo segno era definito anche come “deformità a manico di pistola “ (21), mentre attualmente si preferisce definirlo anomala
estensione epifisaria (bump osseo). Questo segno è presente
in oltre il 40% dei pazienti che presentano sviluppo precoce
di artrite.
Le stesse anomalie possono essere ben evidenziate all’esame RM, sopratutto mediante le scansioni sul piano coronale, le più simili alla proiezione antero posteriore della radiologia tradizionale.
L’eventuale anormalità della giunzione testa-collo femorale, inoltre può essere ben evidenziata mediante la scansione assiale obliqua, che costituisce anche la proiezione
migliore per una corretta valutazione dell’angolo alfa (vedi
oltre).
L’arto RM costituisce un valido completamento diagnostico all’esame basale, in quanto permette di valutare con
precisione la morfologia del cercine e quindi di evidenziarne
eventuali lesioni.
Poiché la maggior parte delle lesioni si localizza sulla regione antero-superiore, e le scansioni sagittali e assiali oblique sono quelle che con maggior precisione consentono una
corretta diagnosi.
Si deve evitare di definire erroneamente lesione del cercine la presenza di un normale recesso articolare posto leg-
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germente più in sede superficiale e craniale rispetto alla porzione superiore del cercine stesso.
Cause predisponenti al tipo “cam”:
- testa femorale non sferica;
- bump ;
- misurazione dell’angolo alfa superiore a 55°.
Quadri patologici conseguenti al tipo “cam”:
- danno al labbro acetabolare;
- osteocondropatia antero superiore.
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La forma “cam” di impingement femoro acetabolare è caratterizzata da una triade di segni (20):
- lesione cartilaginea antero superiore;
- lesione del cercine antero superiore;
- alterato valore dell’angolo alfa.
Fig. 12 : RX impingement a tipo CAM
Entrambi i tipi di impingement, essendo caratterizzati
da un “conflitto” ripetuto tra femore e l’acetabolo, possono
determinare una alterata distribuzione delle forze di carico
sul cercine acetabolare e sull’adiacente cartilagine articolare
ialina con conseguente possibile sviluppo di un’osteoartrite
precoce dell’anca.
A tal proposito, Ganz et al. (22) hanno rilevato che microtraumi ripetuti tra il femore e l’acetabolo possono causare
una sorta di lacerazione nella zona di transizione labio-condrale, soprattutto sulla regione antero-superiore: l’adiacente
cartilagine articolare, con il passare del tempo, si assottiglia
fino a sfilacciarsi e poi lacerarsi del tutto; in fase più avanzata, lo sfilacciamento e la lacerazione della cartilagine possono determinare l’esposizione dell’osso sottostante ed il conseguente sviluppo di un processo osteocondritico (22).
Calcolo del grado di impingement.
Per misurare il grado di impingement si ricorre al calcolo
del cosiddetto angolo alfa che viene misurato sulla proiezione assiale, in RM.
Si traccia una linea perpendicolare all’asse maggiore del
passaggio testa-collo femorali, a livello del suo punto più
stretto; una seconda linea (b) viene tracciata perpendicolare alla prima e quindi lungo l’asse del passaggio testa-collo;
successivamente si traccia una circonferenza all’interno della testa femorale. L’angolo alfa è l’angolo formato tra la linea
b e la linea che congiunge il centro della circonferenza con
il punto in cui la testa femorale protrude più anteriormente
alla circonferenza.
Si considera come normale un angolo alfa superiore ai
55° (figura 13).
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Fig. 13: Angolo Alfa di 50° cioè normale.
Nella seconda foto si apprezza angolo di 62°
cioè patologico. Bump.
48
Fig. 13.1 Immagine di conflitto
femoro-acetabolare a tipo CAM
Nell’ambito della patologia di tipo “cam” può esser inserito una particolare alterazione che interessa la porzione
anteriore del passaggio testa-collo con aspetto di reazione
psudocistica sottocorticale.
Alcuni autori (23), analizzando radiografiche di pazienti
affetti da impingement femoro acetabolare, hanno descritto
la presenza di alcune formazioni tondeggianti od ovalariformi, radiotrasparenti ma circondate da un sottile orletto scle-
rotico, aventi diametro generalmente inferiore al centimetro,
poste in corrispondenza del terzo medio prossimale del collo
femorale.
Queste formazioni, che all’esame scintigrafico sono caratterizzate da una mancata captazione del radiotracciante,
a causa della loro origine sconosciuta sono state definite nei
modi più svariati: residui od infarti cartilaginei, fibriformi, difetti di conversione del tessuto cartilagineo, placche ossee;
appaiono come rigonfiamenti del tessuto osseo ma con presenza nella zona più centrale di una sorta di lacuna, al punto
che per qualche autore si poteva trattare di osteomi osteoidi.
Istologicamente si tratta di tessuto collagene piuttosto
denso, privo di cellularità, che riveste tessuto cartilagineo e
tessuto osseo in via di formazione. La parte centrale lacunosa, costituita da tessuto osseo in fase di rimaneggiamento,
espone in superficie il sottostante tessuto osseo tabecolare e
la cavità midollare: attraverso questa lacuna ci può essere il
passaggio del tessuto collagene e sinoviale soprastante o dei
retinacoli adiacenti.
Secondo James o Connel (24) l’eniazione è dovuta alla
pressione esercitata dal legamento ileo-femorale sul versante
antero-mediale della capsula articolare. Per questo motivo
tali formazioni, in tempi recenti, sono state definite come formazioni cistiche sinoviali erniate (23); col passare del tempo
tendono ad aumentare di dimensioni.
Vanno poste in diagnosi differenziale con l’osteoma osteoide, con ascessi cronici e con gangli intraossei: secondo Ito
et al (19) queste lesioni, tuttavia sono riferibili orario a gangli
intraossei, più che a invaginazioni sinoviali, ma a screditare
questa teoria è il fatto che i gangli sono caratterizzati da uno
spazio cistico contenente materiale mucide, circondato da
tessuto fibroso connettivo.
Queste formazioni, che sono state riscontrate anche in
individui che non riferivano dolore inguinale, costituiscono
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delle aree di “ debolezza “ del collo femorale e possono essere la sede di patologie quali artrite reumatoide e sinovite
villonodulare pigmentosa.
È stato ipotizzato che, dato il frequente riscontro in individui giovani sportivi, possono costituire un fattore di rischio
per lo sviluppo dell’impingement stesso, probabilmente a seguito di una normale integrazione tra il tendine dell’ileopsoas e la capsula articolare a livello del collo femorale: si crea,
di conseguenza, una pressione aumentata nella porzione anteriore della regione prossimale del collo femorale; in realtà
questa teoria non è stata dimostrata con precisione (Fig. 14).
50
Fig. 14: Infiltrazione di mdc nel contesto dell’area cistica
della testa femorale che conferma l’origine sinoviale della cisti.
Nel corso della valutazione delle patologie coxofemorali
associate ad una sintomatologia riconducibile ad una situazione tipo “ cam” all’esame RM completato con contrastografia è in grado di evidenziare in una fase precoce nella sede
dove poi possano essere individuate le aree cistiche (“herniation pit”) delle focali zone di iperintensità nella sequenza fat
sat indice di edema reattivo in impingement anteriore.