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Diagnosi in vita della tubercolosi bovina mediante γ -interferon test Dondo Alessandro Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Introduzione I metodi tuttora a disposizione per effettuare diagnosi di tubercolosi bovina sono suddivisibili in due grossi gruppi: quelli utilizzati in vita e quelli che costituiscono le cosiddette prove di conferma post-mortem. Tra queste ultime assume particolare rilievo la “diagnosi microbiologica”, ovvero l'isolamento e l'identificazione dell'agente eziologico nel cui ambito oggi si stanno perfezionando nuovi sistemi che consentono di abbattere i tempi lunghi e le difficoltà che tipicamente caratterizzano questo tipo di indagine e mi riferisco a varie tecniche di biologia molecolare (PCR, bioprobes per ibridazione DNA/RNA, ecc.). La diagnosi formulata in vita, oltreché sull’esame clinico, si basa principalmente sul rilievo della immunità cellulomediata, in quanto la risposta immunitaria predominante nell’infezione tubercolare è di tipo cellulare, piuttosto che umorale. I metodi sierologici, in considerazione dinamica della risposta anticorpale nel corso di infezione tubercolare, non forniscono risultati soddisfacenti e, alla luce degli ultimi studi condotti, neppure le tecniche EIA possono essere sostitutive dei saggi di immunità cellulo-mediata. L’intradermoreazione con tubercolina PPD secondo le norme vigenti delle profilassi di Stato costituisce attualmente la prova ufficiale per la diagnosi in vita di tubercolosi nei bovini. Essa presenta tuttavia alcuni limiti legati sia alla soggettività nell’interpretazione del risultato, sia a false reazioni generate da fenomeni di iporeattività e paraeteroallergie, che possono talvolta inficiarne l’esito. Il γ -IFN test è un metodo relativamente recente elaborato nel tentativo di superare questi problemi che si colloca tra i metodi di diagnosi in vita. Infatti esso si basa sullo stesso principio dell’intradermoreazione, ma viene eseguito in vitro. Descrizione della metodica Per costruire meglio il parallelismo tra la prova tubercolinica e il γ -IFN test ci pare utile ripercorrere in maniera molto sintetica cosa accade nell'intradermoreazione per poi descrivere il γ -IFN test. Semplificando al massimo, nell'intradermoreazione l'antigene, nella fattispecie la tubercolina PPD bovina, ed aviare nella prova comparativa, viene inoculato nell'animale per via intradermica, viene processato e presentato al linfocita T, il quale, linfocita T, se l'animale ha contratto l'infezione, presenta sulla membrana l'anticorpo specifico. La reazione quindi tra l'antigene e il linfocita T sensibilizzato, provoca l'attivazione del linfocita stesso, attivazione che innesca tutta una serie di moti di messaggeri intercellulari (le linfochine) che a loro volta inducono movimenti di cellule, che vengono richiamate e bloccate al sito di inoculazione. L'esito finale di tutti questi eventi costituisce il sistema rivelatore dell'avvenuta reazione: 72 ore dopo ( e di qui la definizione di ipersensibilità ritardata) vengono rilevate le ben note modificazioni indotte al sito di inoculazione. Il γ -IFN test si basa anch'esso sulla stessa reazione fondamentale tra il linfocita T sensibilizzato e l'antigene presentato, con la differenza che questa reazione avviene in vitro, e quindi al di fuori dell'organismo e il sistema rivelatore dell'avvenuta reazione in questo caso è costituito da una sola delle tante linfochine che il linfocita T attivato produce e rilascia, ovvero l'interferon gamma. Il γ -interferone viene quindi successivamente evidenziato con l'impiego di un metodo analitico di tipo immunoenzimatico. Il γ -IFN test quindi si articola in due momenti separati: il primo, è l'attivazione specifica in vitro dei linfociti T che, se specificamente sensibilizzati, rilasciano gamma interferone; il secondo momento, è la ricerca del γ -interferone eventualmente rilasciato. Nella pratica quindi, il γ -IFN test riduce l'intervento sull'animale ad un solo prelievo di sangue venoso eparinizzato. L'attivazione specifica del linfociti T si realizza con l'allestimento dell'emocoltura. Poiché il segnale dell'avvenuta reazione delle cellule immunocompetenti nei confronti degli antigeni specifici è la produzione di γ -interferone, è necessario che questa sia determinata in rapporto ad uno stato di assenza di attivazione specifica. Per questo motivo il campione di sangue eparinizzato viene suddiviso in 3 aliquote, per essere messo a contatto rispettivamente con PBS, per l'assenza di attivazione, con PPD aviare e con PPD bovina. La ricerca del γ -interferone avviene nel plasma surnatante di ciascuna aliquota di sangue in coltura che compone il campione dopo un periodo di circa 18 ore di incubazione in termostato con metodo immunoenzimatico di tipo a sandwich. Per la determinazione vengono impiegati 2 anticorpi monoclonali differenti, ma entrambi specifici per il gamma interferone, di cui il primo è adsorbito in fase solida e cattura il gamma interferone e l'altro, coniugato con perossidasi, legandosi al gamma interferone catturato dal primo anticorpo monoclonale, costituisce il sistema rivelatore insieme al substrato ed al cromogeno. Va precisato che questa analisi immunoenzimatica è di tipo semiquantitativo, cioè non determina il dosaggio esatto del γ -interferone nel campione di plasma. Pertanto i risultati sono espressi in Unità di Densità Ottica a 450 nm, che è la lunghezza d’onda alla quale si ha il massimo assorbimento del cromogeno impiegato. L’elaborazione dell’esito del γ -IFN test è relativamente semplice. Una volta scelto un appropriato cut-off è il livello più elevato di gamma interferone che ne determina l'esito. Se è la stimolazione con PPD bovina che ha prodotto più γ -interferone il campione si considera positivo per M. bovis e verosimilmente ciò significa che l'animale è affetto da tubercolosi. Invece se è la PPD aviare che ha prodotto più γ -interferone allora il campione, per usare la terminologia degli anglosassoni, viene definito AVIAN REACTOR, il che non necessariamente significa che l'animale sia infetto da M. avium, bensì anche che possa anche essere venuto a contatto con altri micobatteri non tubercolari. Viceversa, se non vi sono differenze nelle 3 aliquote l'esito è negativo. Adattamenti apportati alla metodica standard Dopo una prima sperimentazione per valutare il possibile impiego della metodica australiana nelle nostre aree geografiche (sono notevoli infatti le differenze territoriali, zootecniche ed ambientali), sono stati valutati criticamente alcuni aspetti verificando la possibilità di introdurre dei correttivi per ottimizzare l’impiego del γ -IFN test alla nostra realtà territoriale. Le prime valutazioni furono rivolte alle eventuali influenze sull’esito del test determinate dal tipo di tubercolina PPD impiegata per l’attivazione specifica in vitro delle cellule immunocompetenti. Considerevoli differenze di potenza, quindi di attività specifica, si possono infatti riscontrare in preparazioni diverse di tubercolina PPD, anche tra PPD preparate a partire dal medesimo ceppo di M. bovis (AN 5). Determinata la concentrazione delle tubercoline PPD italiane da impiegare nel test con l’allestimento di curve dose-risposta, ciascun campione di sangue da sottoporre a γ -IFN test è stato stimolato in doppio sia con le tubercoline australiane, sia con quelle italiane. Inoltre sono state fatte alcune considerazioni sul significato del valore basale di γ -interferone. Un valore basale discretamente elevato si verifica non solo quando c'è un interessamento del sistema immunitario, ma anche più banalmente ad esempio quando si verifica un inquinamento occasionale del campione di sangue. Questa situazione ci ha indotto a considerare, a titolo precauzionale, che l’attendibilità del γ -IFN test in questi casi possa diminuire. Pertanto con un valore basale che supera 0.150 OD (limite ottenuto considerando la media + 7 volte la DS del valore basale di 200 animali appartenenti a diverse tipologie d’allevamento) non si emette un esito perché il campione viene considerato NON IDONEO. Sempre al fine di aumentarne l’attendibilità, nell’elaborazione dell’esito è stata introdotta la valutazione del rapporto b/a (vedi tab.1). Questo parametro tiene conto dell’imprecisione complessiva del metodo analitico (stimata intorno al 10%) e determina lo scarto minimo che devono avere le densità ottiche relative al γ -interferone prodotto con PPD bovina e quello prodotto con la PPD aviare perché la reazione sia ben discriminata. Perciò se il valore di b/a cade all’interno del range 0,9-1,1 la reazione viene definita equivoca e l’esito del γ -IFN test non può essere considerato conclusivo. La conseguenza diretta dell’uso contestuale di tubercoline australiane ed italiane è la creazione di un nuovo livello interpretativo, successivo a quello appena descritto che metta in relazione tra loro gli esiti ottenuti con ciascuna coppia di tubercoline PPD (vedi tab.1). Tab.1 – Criteri interpretativi del γ -IFN test 1° LIVELLO: Elaborazione dell'esito per ciascuna coppia di PPDs (australiane, italiane) - se N > 0,150 Campione Non Idoneo (nI) - se N ≤0,150 a e b < 2N Esito NEGATIVO (Neg) a o b > 2N se a ≥ 2N se b ≥ 2N Reazione AVIARE/ASPECIFICA (A) Reazione BOVINA (B) a e b > 2N se b/a < 0,9 se b/a > 1,1 se 0,9 < b/a < 1,1 Reazione AVIARE/ASPECIFICA Reazione BOVINA Reazione EQUIVOCA (E) 2° LIVELLO: Concordanza dei singoli esiti per ciascuna coppia di PPDs (australiane + italiane) PPDs Au PPDsI Esito --------------------------------------------------------------------------------------------------B B B E/A/Neg B Reazione non discriminante (nd) B E/A/Neg Reazione non discriminante (nd) Neg Neg Neg A A A N (nihil) = unità di densità ottica relative a γ − IFN in assenza di stimolazione specifica (valore basale dell'animale); a = unità di densità ottica relative a γ − IFN rilasciato in seguito a stimolazione con PPD aviare; b = unità di densità ottica relative a γ − IFN rilasciato in seguito a stimolazione con PPD bovina. Sotto l'aspetto dell'analisi statistica, in una visione estesa, il γ -IFN test si presta quindi ad essere considerato come se fosse articolato in 2 tests distinti eseguiti simultaneamente, i cui singoli esiti possono per ciò essere interpretati in serie o in parallelo. Ciò consente tra l'altro di apporre ulteriori correttivi ai valori risultanti rispettivamente di specificità e sensibilità, per modulare l'applicazione del test in funzione della realtà territoriale o degli obbiettivi che si intende perseguire. Nella prima fase di applicazione intendendo privilegiare la specificità si è optato per adottare l'interpretazione in serie, la quale prevede che un campione sia considerato positivo soltanto se entrambi gli esiti di ciascun test sono positivi. Vantaggi e limiti nell’impiego del γ -IFN test Nell’applicazione in campo i vantaggi più evidenti nell’impiego del γ -IFN test nella diagnosi di tubercolosi bovina sono legati al fatto che, trattandosi di un saggio eseguito in vitro, esso può essere ripetuto senza vincoli temporali, poiché a differenza dell’intradermoreazione non interferisce sul profilo immunitario dell’animale. Inoltre il γ -IFN test, in contesti e prove di campo differenti, ha dimostrato sensibilità e specificità superiori alla prova tubercolinica. Infine poiché è necessario soltanto un prelievo di sangue venoso, è sufficiente un unico intervento in allevamento da parte del veterinario e potrebbe prestarsi ad utili armonizzazione con le profilassi di brucellosi e leucosi. Per quanto attiene ai vantaggi più propriamente pertinenti al laboratorio è da sottolineare il fatto che rispetto alla prova tubercolinica, su cui è forte l’incidenza della soggettività nell'espressione del risultato, il γ -IFN test si basa su parametri interpretativi oggettivi e di conseguenza è soggetto a controlli di qualità, a procedure standard e si presta ad essere adattato alle caratteristiche epidemiologiche del territorio. Infine è in grado di fornire l’esito in tempi rapidi (24 ore). L’elevato grado di accuratezza che richiedono le varie fasi in cui si articola la metodica può essere considerato un limite. Un’attenzione particolare deve essere osservata sin dal momento del prelievo: è assolutamente importante che il sangue sia prelevato sterilmente, in quantità sufficiente (almeno 10 ml) e che sia utilizzata litio-eparina come anticoagulante. Successivamente, dovendosi preservare la funzionalità cellulare, sono altresì importanti le condizioni e le modalità di trasporto dei campioni: essi devono essere consegnati al laboratorio entro 12 ore dal momento del prelievo senza essere refrigerati, né tantomeno congelati. Un secondo gruppo di limiti può essere individuato nella necessità di rispettare i tempi; quelli già citati per la consegna dei campioni al laboratorio; quelli relativi alle varie fasi dell'esecuzione del test in laboratorio e in particolar modo quelli trascorsi dall'ultima intradermoreazione. Si deve tenere conto infatti che i campioni di sangue devono essere prelevati almeno a distanza di 60 giorni dalla prova tubercolinica, per il condizionamento che questa può generare sul sistema immunitario e di conseguenza sulle cellule immunocompetenti interessate nel γ -IFN test. Infine è indispensabile una organizzazione precisa a diversi livelli: ha importanza strategica, infatti, la pianificazione delle attività di campionamento in relazione agli obiettivi che si intende perseguire; è opportuna, per evitare inutili sprechi di materiale, la programmazione giornaliera e settimanale degli invii dei campioni al laboratorio, il quale di conseguenza deve organizzare le sue procedure per perseguire e soddisfare l'esigenza di rapidità nell'emissione degli esiti. Protocolli sperimentali In letteratura sono riportati diversi valori di sensibilità e specificità del γ -IFN test ottenuti in contesti e prove di campo differenti. Poiché la metodica si presta ad essere modulata in relazione alle caratteristiche epidemiologiche dell’area in cui si intende utilizzarla e in considerazione del fatto che gli studi preliminari sembravano indicare la possibilità di migliorare ulteriormente la sensibilità con l’introduzione delle tubercoline italiane è stato condotto uno studio per determinare i valori di sensibilità e specificità della metodica così come proposta dagli autori australiani e come modificata con l’impiego delle tubercoline PPD italiane. I risultati sono stati ampiamente soddisfacenti (γ -IFN test con PPD australiane: sensibilità 91,3% e specificità 96,8%) e hanno confermato le indicazioni preliminari circa l’impiego delle tubercoline italiane (sensibilità 96,6% e specificità 98%). E’ in corso la valutazione precisa dei criteri interpretativi articolati su due livelli successivi e pertanto non sono ancora disponibili dati definitivi a riguardo. Il γ –interferone è rilasciato in vitro dai T-linfociti stimolati da antigeni specifici e quindi si può ipotizzare che un’alterazione della funzionalità linfocitaria, conseguente a particolari condizioni fisiopatologiche dell’animale (gravidanza, esasperazione della produzione lattea, infezioni virali, etc.), o a trattamenti farmacologici, o ancora in seguito a stress (ad esempio quello subito dagli animali durante le operazioni di trasporto), possa influire sull’esito del γ –IFN test, così come si verifica per l’intradermoreazione. Al fine di verificare questa evenienza alcuni bovini infetti da M. bovis hanno ricevuto una somministrazione di desametasone (farmaco ampiamente utilizzato per simulare stati di immunodepressione) per valutarne l’effetto sul γ –IFN test e sulla prova tubercolinica. Rispetto alla situazione di pretrattamento il γ − IFN test non ha subito nell’esito finale alcuna perturbazione, ma si è registrata solo una lieve riduzione nella produzione specifica in vitro, a differenza della intradermoreazione che in 4 casi su 8 si è negativizzata. Soltanto esacerbando il trattamento farmacologico con la somministrazione di desametazone a lento rilascio, l’esito del γ IFN test, monitorato per 15 giorni, si era transitoriamente modificato (nei 2 giorni immediatamente seguenti l’inoculazione del farmaco) in un animale con una reazione inizialmente positiva appena superiore al valore soglia. Sempre nell’ambito degli studi volti ad approfondire le conoscenze sul γ –IFN test applicato alla diagnosi di tubercolosi, esso è stato eseguito su campioni di sangue di bovini affetti da paratubercolosi e gli esiti sono stati messi in relazione con quelli ottenuti con l'intradermoreazione sia singola che comparativa, per valutare l'influenza di eventuali crossreazioni che potrebbero ripercuotersi su entrambe le prove. Gli animali sieropositivi per paratubercolosi non sono mai risultati positivi al ?-IFN test, interpretato secondo i criteri articolati su due livelli successivi. Il ?-IFN test ha così dato prova di essere uno strumento diagnostico più specifico dell'intradermoreazione singola, la quale sembra risentire maggiormente delle cross-reazioni indotte dai micobatteri diversi da M. bovis. Inoltre, poichè il ?-IFN test ha individuato un maggior numero di reazioni aspecifiche di quanto non abbia fatto la prova tubercolinica comparativa, esso si rivela un metodo altresì utile per evidenziare le reazioni aspecifiche, permettendo di avanzare quindi il sospetto della presenza di fenomeni di parallergie nell'allevamento sottoposto a controllo. Infine, l’applicazione in campo che ha conseguito immediatamente il migliore risultato pratico è stata senz’altro quella che ha visto il ?-IFN test impiegato nell’ambito delle attività antifrode. Dopo la pianificazione di un programma di campionamento sono stati controllati 70 allevamenti di “Margari”, categoria considerata ad elevato rischio di infezione tubercolare, tutti con qualifica di ufficialmente indenne in base alla prova tubercolinica e altri 25 allevamenti dove vi era un forte sospetto di infezione, mai accertata con la prova intradermica. Questo programma ha permesso di individuare ben 37 allevamenti in cui si sono riscontrate reazioni positive al ?-IFN test, con una percentuale di positività pari o superiore al 30% del numero di campioni inviati. Successivamente, con l’adozione di una serie di provvedimenti da parte dei Servizi Veterinari delle AA.SS.RR., coordinati dal Settore Assistenza Veterinaria della Regione Piemonte, si è cercato di svelare ufficialmente la presenza di tubercolosi. Infatti mediante macellazioni diagnostiche con relative prove di conferma post mortem, praticando prove tubercoliniche al di fuori della normale programmazione, o eventualmente, se la gravità del caso lo richiedeva, ricorrendo a sequestro di rigore tra intradermoreazione e lettura diagnostica, si è potuto in molti casi confermare la presenza della malattia. Bibliografia Dondo A., Goria M., Abete M.C., Gemello P., Faccenda L., Nicolandi L. 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