invecchiamento e crescita dei consumi sanitari

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invecchiamento e crescita dei consumi sanitari
INVECCHIAMENTO E CRESCITA DEI CONSUMI SANITARI
Sommario: 1. Introduzione – 2. L’evoluzione storica della spesa sanitaria in
Italia – 3. L’evoluzione attesa dei consumi sanitari: il ruolo dell’invecchiamento
– 4. Le proiezioni di lungo periodo della spesa per la salute in Italia – 5.
Conclusioni – Bibliografia.
1. INTRODUZIONE
Dal secondo dopoguerra in poi, in Italia la spesa per la salute, pubblica
e privata, è cresciuta a tassi sostenuti e, spesso, ben più velocemente del PIL.
L’evoluzione storica dei consumi sanitari è stata determinata da numerosi
fattori1, quali l’estensione della copertura assicurativa offerta dall’operatore
pubblico – culminata con l’introduzione nel 1978 del Sistema Sanitario
Nazionale (SSN) –, la crescita del tenore di vita della popolazione, l’aumento
dei prezzi relativi (in particolare dei farmaci) e il progresso tecnologico, che in
campo sanitario, consentendo di curare un numero maggiore di patologie,
induce generalmente una crescita dei consumi.
Negli ultimi anni fra i fattori di influenza sulla spesa sanitaria si è
enfatizzato il ruolo delle variabili demografiche. Si afferma infatti che l’intenso
processo di invecchiamento della popolazione, che sta caratterizzando la quasi
totalità dei paesi europei, comporterà un’inevitabile ed ingente crescita delle
esigenze di cura – sia sanitarie che assistenziali – dei cittadini, con conseguenti
riflessi sulla spesa per la salute, pubblica e privata.
Nel presente lavoro si intende valutare, sulla base di quanto emerge
dalla letteratura teorica ed empirica, quanto sia effettivamente fondato il timore
di una crescita esponenziale della spesa sanitaria indotta dal cambiamento della
struttura per età della popolazione. A tal fine, dapprima (nel secondo
paragrafo) si descrive brevemente l’evoluzione dei consumi sanitari – pubblici e
privati – che si è registrata in Italia negli scorsi decenni, e, successivamente (nel
terzo e nel quarto paragrafo), ci si focalizza sull’andamento atteso della spesa
per la salute negli anni a venire, concentrandosi, fra i fattori che potranno
influire su tale andamento, sulla variabile demografica. La valutazione del
legame fra il cambiamento della struttura per età della popolazione e i consumi
di sanità ed assistenza a lungo termine viene effettuata nel terzo paragrafo sulla
base della letteratura economica disponibile e, nel quarto, alla luce di quanto
A proposito dei fattori di crescita della spesa sanitaria in Italia dal 1960 in poi cfr. Franco
(1993) e Dirindin e Vineis (2004).
1
1
emerge per l’Italia dalle proiezioni di lungo periodo della spesa pubblica per
sanità e assistenza agli anziani.
2. L’EVOLUZIONE STORICA DELLA SPESA SANITARIA IN ITALIA
Negli ultimi quarant’anni in Italia i consumi sanitari hanno seguito un
trend di crescita abbastanza sostenuto. La spesa totale, pubblica e privata, in
rapporto al PIL è più che raddoppiata, passando dal 3,6% nel 1960 all’8,2% nel
2000 (figura 1).
Il trend di crescita della spesa sanitaria ha d’altronde caratterizzato tutte
le economie più avanzate, cosicché la performance italiana non può affatto
essere ritenuta anomala. Rispetto ai principali partners europei l’Italia mostra,
anzi, una dinamica recente della spesa molto più contenuta ed è caratterizzata
da livelli di spesa significativamente inferiori a quelli di Francia e Germania
(figura 1).
In realtà, l’evoluzione della spesa per la salute negli ultimi quindici anni
non ha seguito un andamento monotono (figura 2). Anche a causa delle
rigorose politiche di bilancio intraprese dal 1992 in poi, la componente
pubblica si è dapprima ridotta di oltre un punto percentuale (dal 6,2% nel 1991
al 5,1% nel 1995), per poi risalire gradualmente dal 1996 in poi (anche per
effetto dell’incremento relativo della spesa farmaceutica), fino a livelli
sostanzialmente pari a quelli dell’inizio degli anni ’90.
L’andamento a”V” della spesa totale è stato meno accentuato, dal
Fig. 1: Spesa sanitaria totale in alcuni paesi dell'Unione Europea (in percentuale del PIL; dati decennali).
Fonte: elaborazioni su dati OCSE
12
10
8
6
4
2
0
1960
1970
Francia
1980
Germania
Italia
2
1990
Regno Unito
2000
Spagna
momento che la componente privata, soprattutto a causa dell’estensione dei
tickets, ha in parte compensato la riduzione di quella pubblica (figura 2 e figura
3, relativa alla composizione percentuale della spesa totale fra componente
pubblica e privata).
Fig. 2 - Andamento della spesa sanitaria in Italia (in percentuale del PIL; dati annuali).
Fonte: elaborazioni da dati Istat
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
1990
1991
1992
1993
1994
1995
Spesa totale
1996
1997
Spesa pubblica
3
1998
1999
2000
Spesa privata
2001
2002
2003
Fig. 3 - Composizione percentuale della spesa sanitaria in Italia.
Fonte: elaborazioni su dati Istat
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
Spesa pubblica
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Spesa privata
La quota di spesa privata, dopo il forte incremento registrato fra il 1991
e il 1995 (gli anni di maggior contenimento degli esborsi per il SSN), in cui è
passata dal 17,4% al 26,9% della spesa sanitaria totale, si è sostanzialmente
stabilizzata negli ultimi anni a un livello di poco inferiore a 1/4 del totale (con
oscillazioni dovute principalmente alle misure relative al ruolo dei tickets)2.
Al di là dell’andamento registrato in passato e dei fattori principali che
lo hanno causato, negli ultimi anni, come detto, è cresciuta l’enfasi riguardo
all’impatto che l’ampia crescita della quota di popolazione anziana – che
interesserà l’Italia negli anni a venire – potrà avere sulla spesa sanitaria. Si passa
pertanto ad analizzare i canali attraverso cui l’invecchiamento può influenzare
le esigenze di cura degli individui.
3. L’EVOLUZIONE ATTESA
DELL’INVECCHIAMENTO
DEI CONSUMI SANITARI: IL RUOLO
A causa della limitata fertilità, di una continua riduzione dei tassi di
mortalità (soprattutto nelle classi d’età più avanzate) e del passaggio all’età
anziana dei nati durante il cosiddetto periodo di baby boom (i primi anni del
2
Per un’analisi del ruolo della componente privata della spesa sanitaria cfr. Granaglia (2005).
4
secondo dopoguerra), l’Italia è attualmente caratterizzata da un processo di
invecchiamento della popolazione molto sostenuto e più intenso di quello che
si registra nella quasi totalità dei paesi membri dell’Unione Europea.
Fig. 4 - Aspettativa di vita alla nascita in Italia nel periodo 2004-2050.
Fonte: Eurostat AWG variant (2005)
88
86
84
82
80
78
76
74
72
70
2004
2010
2020
2030
Maschi
2040
2050
Femmine
Le più aggiornate proiezioni demografiche fornite dall’Eurostat3
assumono per l’Italia una crescita del tasso di fertilità molto contenuta
(dall’attuale livello di 1,31 figli per donna ad uno pari ad 1,40 nel 2050) ed un
continuo incremento della longevità, seppur ad un tasso inferiore a quello
registrato negli ultimi 30 anni. In particolare (figura 4) in Italia nel periodo
2004-2050 l’aspettativa di vita alla nascita dovrebbe crescere per gli uomini da
77,3 a 82,8 anni e per le donne da 83,2 a 87,8 anni. Le donne continuerebbero
quindi a vivere in media molto più degli uomini, ma il divario di genere
nell’aspettativa di vita è previsto ridursi di quasi un anno.
In conseguenza dell’andamento atteso di fertilità e longevità, e
nonostante si ipotizzi nel periodo di proiezione un rilevante flusso netto di
immigrati, principalmente di giovane età, pari a 150.000 unità l’anno, il peso
della popolazione anziana dovrebbe aumentare in misura molto significativa
3
Cfr. Comitato di Politica Economica e Commissione Europea (2005).
5
(tabella 1). In particolare, la quota di popolazione ultra-sessantacinquenne quasi
si raddoppierebbe – in totale, dall’attuale 19,2% al 33,9% nel 2050 – e ancora
più intensa sarebbe la crescita della quota di ultra-ottantenni – in totale, nel
periodo di proiezione, dal 4,8% al 13,3% –.
Tab. 1 – Evoluzione attesa della quota di popolazione ultra -sessantacinquenne
e ultra-ottantenne in Italia1
Totale
Maschi
Femmine
>=65
>=80
>=65
>=80
>=65
>=80
2004
19,2
4,8
16,4
3,3
21,9
6,2
2010
20,6
5,8
17,7
4,1
23,2
7,5
2020
23,2
7,3
20,4
5,4
25,8
9,1
2030
27,1
8,6
24,5
6,6
29,7
10,4
2040
32,3
10,1
29,7
8,1
34,7
12,1
2050
33,9
13,3
31,3
11,0
36,5
15,5
1Valori
percentuali.
Fonte: Eurostat AWG variant (2005)
Nel dibattito di politica economica, nazionale e comunitario, si afferma
solitamente che simili incrementi della quota della popolazione anziana
comporteranno una crescita molto significativa della spesa sanitaria.
Tale affermazione discende dalla considerazione che, osservati in un
dato periodo di tempo, i consumi sanitari pro-capite sono significativamente
crescenti con l’età. La curva delle spese sanitarie per età mostra infatti un
andamento a «J»: dopo una riduzione negli anni successivi all’infanzia, i
consumi pro-capite aumentano lievemente, per poi mostrare una crescita
esponenziale superata la soglia dei 65 anni. Dall’osservazione di tale curva si
inferisce che l’aumento della quota di popolazione anziana – caratterizzata da
elevati consumi per la salute – comporterà necessariamente un ingente
incremento della spesa aggregata.
Tuttavia, da un attento esame della letteratura teorica ed empirica si
deduce, per due diversi ordini di motivi, che gli effetti dell’invecchiamento sulla
spesa sanitaria sono in realtà molto più incerti di quelli che derivano dalla
semplice osservazione di un profilo dei consumi per la salute crescente con
l’età.
In primo luogo, quantunque il processo di invecchiamento passato non
sia stato intenso quanto l’attuale, le analisi econometriche4 dimostrano come
nei paesi più avanzati la variabile demografica non si sia storicamente rivelata
un importante fattore di influenza della spesa sanitaria. La crescita della spesa
sembra, in altri termini, essere stata determinata in modo molto più
4
Cfr. Newhouse (1992), Oxley e MacFarlan (1994) e Kotlikoff e Hagist (2005).
6
significativo da altri fattori: da un lato quelli che, come l’invecchiamento,
agiscono dal lato della domanda – l’incremento del reddito pro-capite5 e
l’estensione della copertura assicurativa offerta dagli schemi pubblici –;
dall’altro quelli che agiscono dal lato dell’offerta – l’inflazione relativa e la
crescita dei costi unitari (nel settore sanitario, ad alta intensità di lavoro, è
rilevante il cosiddetto «morbo di Baumol»); gli effetti di induzione della
domanda da parte delle strutture di offerta, facilitati dall’esistenza di pervasive
asimmetrie informative fra medici, pazienti e finanziatori dei servizi; e
soprattutto il progresso tecnologico –.
In ambito sanitario il progresso tecnologico comporta infatti,
generalmente, un incremento della spesa aggregata, perché, di solito, si esplica
in prodotti e cure innovative ad alto costo o, pur consentendo riduzioni dei
costi unitari, estende il numero di patologie curabili e genera una rilevante
crescita della domanda e della spesa totale.
Date le inevitabili e numerose interazioni, è d’altronde molto
complesso inferire l’esatta rilevanza di ogni fattore di spesa. Ad esempio, una
crescita dei consumi sanitari degli anziani, più che da motivi demografici,
potrebbe dipendere dagli effetti del progresso tecnico che mette a disposizione
nuove metodologie di cura o nuovi e più costosi farmaci. Allo stesso tempo
l’effettiva utilità dei nuovi prodotti richiama inevitabili considerazioni sulla
struttura del mercato sanitario, sulla regolamentazione del processo di
introduzione delle innovazioni (sono introdotti effettivamente nuovi e più
costosi prodotti solo quando sia certa una loro effettiva utilità?) e sulle
pervasive asimmetrie informative (i pazienti possono essere indotti a
consumare le novità, senza essere in grado di valutarne in modo appropriato il
vantaggio).
In relazione all’enfasi rivolta all’invecchiamento come principale fattore
di crescita della spesa futura, alcuni autori6 sostengono che tale enfasi può
essere causata da motivazioni «politiche», da un lato da parte di chi intende
sottolineare i rischi di crescita della spesa pubblica per perseguire obiettivi di
privatizzazione, dall’altro di chi (ad esempio gli operatori del settore e le ditte
farmaceutiche) intende distogliere l’attenzione dai reali fattori di spesa,
addebitandone l’incremento a variabili – quali quelle demografiche – non
influenzabili direttamente dall’azione di politica economica.
In secondo luogo, va rimarcato come le preoccupazioni relative alla
crescita della spesa sanitaria derivino dall’osservazione, in un determinato
Si afferma solitamente che, a livello aggregato, la spesa sanitaria è caratterizzata da
un’elasticità al reddito nazionale superiore all’unità. I consumi per la salute sarebbero, in altri
termini, un bene di lusso. Tale affermazione non è stata tuttavia confermata da alcune analisi
empiriche; cfr. Kanavos e Yfantopoulos (1999).
6 Cfr. Evans et al. (2001).
5
7
periodo di tempo, di un profilo dei consumi sanitari crescente con l’età. Ma è
corretto assumere che tale profilo si mantenga costante all’aumentare della
longevità individuale? In altri termini, ha senso ipotizzare che, al crescere
dell’aspettativa di vita, i bisogni sanitari ad ogni data età restino immutati e non
varino, almeno in qualche misura, in ragione della ridotta mortalità?
L’ipotesi di costanza del profilo dei consumi per età viene contrastata
dall’osservazione di due rilevanti aspetti di carattere demografico. In primo
luogo, al variare della longevità individuale cambia solitamente anche lo stato di
salute medio e, quindi, si modificano i bisogni di cura degli individui. In
secondo luogo, è empiricamente provato che la gran parte dei consumi sanitari
individuali è sostenuta negli ultimi mesi di vita (cosiddetti costi da decesso death related costs); una riduzione della mortalità rinvia il momento in cui si
sostengono tali costi, alterando, quindi, il profilo di spesa per età.
La domanda di consumi sanitari dipende dallo stato di salute
individuale più che dall’età in sé. Per prevedere l’evoluzione dei consumi
sanitari non ci si può quindi limitare a valutare l’evoluzione della longevità, ma
occorre analizzare come si modifica lo stato di salute degli individui. In altri
termini interessa chiedersi: all’aumentare dell’aspettativa di vita, come varia il
numero di anni di vita in buona salute? Gli anni aggiuntivi saranno vissuti in
buona salute, o si assisterà, contestualmente all’incremento della longevità, ad
una crescita della disabilità?
A tale proposito, in letteratura sono stati proposti 3 scenari7:
Espansione della morbilità: gli anni di vita «aggiuntivi» sono, almeno in
parte, trascorsi in cattiva salute (il numero di anni in buona salute cresce meno
del numero di anni di vita). L’assunzione di un profilo costante di spesa per età
può essere interpretato come il limite estremo di tale ipotesi, dato che si basa su
un’invarianza della domanda di cure al ridursi della mortalità (a 70 anni un
individuo ha, ad esempio, le stesse esigenze di consumo sanitario
indipendentemente dal numero di anni di vita residui).
Equilibrio dinamico: il numero di anni in cattiva salute rimane costante
in valore assoluto; l’aspettativa di vita in assenza di disabilità cresce quindi
quanto la longevità. La curva di domanda dei consumi sanitari per età si sposta
in ragione dell’incremento dell’aspettativa di vita (in altri termini, se in venti
anni l’aspettativa di vita cresce di 5 anni, i bisogni sanitari di un
settantacinquenne diventano quelli di chi aveva settant’anni venti anni prima).
Compressione della morbilità: il numero di anni in cattiva salute si
riduce in valore assoluto al crescere della longevità; il numero di anni in buona
salute migliora quindi più che proporzionalmente al crescere dell’aspettativa di
vita. La disponibilità di dati sull’evoluzione dello stato di salute individuale (e la
7
Cfr. Robine e Michel 2004 e Comitato di Politica Economica 2006.
8
difficoltà di costruire un indicatore preciso basato su tale concetto), non
consente di definire in modo certo quale scenario futuro sia più probabile.
Sembra tuttavia da rigettare l’ipotesi di assoluta costanza dell’andamento delle
spese per età, implicato dalle versioni estreme dello scenario di espansione della
morbilità, su cui si basano solitamente le affermazioni di chi ritiene
insostenibile il futuro aumento di spesa per la salute indotto
dall’invecchiamento (e che, come si vedrà nel prossimo paragrafo, è alla base
dello scenario”standard” di proiezione). In realtà l’evoluzione del grado di
salute che seguirà all’incremento della longevità dipende da numerosi fattori,
soprattutto di tipo epidemiologico e legati all’andamento del progresso tecnico,
difficilmente prevedibili. Va, ad esempio, valutato se l’incremento di longevità
sarà causato da una migliore prevenzione e da un maggior controllo dei
principali fattori di rischio (alcol, fumo, obesità) e, quindi, sarà accompagnato
da una crescita degli anni in buona salute e da una minor domanda di consumi
o, al contrario, da un mero incremento del tasso di sopravvivenza una volta
malati (ad esempio, mediante cronicizzazione di alcune attuali patologie letali,
quali l’Aids, o da un aumento del numero di individui affetti da Alzheimer).
Allo stesso tempo, in un contesto di crescita della vita media, l’evoluzione delle
patologie potrà comportare significative variazioni dell’importanza delle cure
sanitarie e assistenziali. Qualora gli anziani, nello scenario futuro, soffrissero,
meno di patologie acute, e maggiormente di una progressiva invalidità, più che
di cure mediche potrà ad esempio crescere la necessità di assistenza a lungo
termine (long term care). L’analisi dell’evoluzione dello stato di salute conferma
quanto sia semplicistico – ed accettabile solo in prima approssimazione –
limitarsi a valutare l’evoluzione attesa dei consumi sanitari ipotizzando costante
la relazione fra spesa pro-capite per la salute ed età. A differenza della
difficilmente prevedibile evoluzione della morbilità, nei confronti della quale si
possono suggerire diversi scenari, senza che se ne possa ritenere con sicurezza
uno più probabile, la rilevanza dell’altro fattore demografico su cui si basa la
critica all’utilizzo di profili di spesa costante – i cosiddetti death costs – è stata
confermata e quantificata da diverse analisi empiriche (data una certa carenza di
dati, gli studi relativi ai costi da decesso si limitano a valutare prevalentemente
le spese sanitarie, soprattutto quelle ospedaliere, e trascurano, solitamente, gli
esborsi per long term care) 8. Tali analisi confermano come la gran parte delle
spese sanitarie sostenute dagli individui nel corso della propria vita sia
Gli studi empirici possono essere distinti in: i) studi descrittivi, che analizzano, alle differenti
età, il rapporto fra i costi sostenuti da decedenti e sopravviventi; ii) studi econometrici, che
stimano quale - fra età anagrafica e distanza dal decesso - sia il principale driver (fattore di
incremento) della spesa sanitaria; iii) studi di proiezione, che calcolano la differenza che emerge
laddove nelle previsioni di spesa a lungo termine si includa o meno la componente dei death
costs. Per una rassegna critica di tali studi, cfr. Raitano 2005.
8
9
concentrata nel periodo precedente il decesso e dimostrano come la distanza
dal termine della vita sia un fattore di influenza della spesa sanitaria molto più
significativo della semplice età anagrafica9. Si rileva inoltre che il rapporto fra i
costi sostenuti da individui deceduti e dai sopravviventi in un determinato
periodo di tempo è molto elevato, e tende a ridursi al crescere dell’età (i pochi
studi relativi alla long term care mostrano invece una sostanziale invarianza con
l’età dei death costs). La maggior parte degli studi empirici rileva un rapporto fra i
costi delle cure acute sostenute, rispettivamente, da individui nell’ultimo anno
di vita e sopravviventi in tale anno che da valori prossimi a 10 nella classe d’età
65-69 scende a valori intorno a 2 per gli ultra-ottantacinquenni. Tale regolarità,
che segnala la necessità di tener conto della distinzione, nell’ambito della
popolazione, fra deceduti e sopravviventi quando si intende valutare il legame
fra crescita della longevità e consumi sanitari, è confermata per l’Italia da un
recente studio che, sulla base di un campione di quattro Regioni
rappresentative dell’intero territorio nazionale, ha calcolato, per le diverse fasce
d’età, il rapporto fra i costi pro-capite nel settore ospedaliero sostenuti da
individui deceduti e sopravviventi nell’anno di riferimento (tabella 2).
Tab. 2 – Rapporto fra spese ospedaliere sostenute da deceduti e sopravviventi
per classe d’età
Lombardia
Classe d'età
50-54
55-59
60-64
65-69
70-74
75-79
80-84
85-89
>=90
Tutte le età
Uomini
21,4
16,9
11,9
8,1
6,1
4,5
3,4
2,5
1,8
15,9
Donne
28,0
25,5
17,4
12,4
8,6
5,6
3,8
2,8
1,8
11,7
Toscana
Totale
24,0
20,2
14,3
10,0
7,4
5,2
3,8
2,7
1,8
13,8
Uomini
27,0
21,2
14,5
10,9
7,6
5,4
3,7
3,0
1,9
16,1
Donne
35,2
28,5
21,2
15,5
9,9
6,5
4,3
2,9
1,8
12,0
Puglia
Totale
30,3
24,4
17,4
13,0
8,9
6,1
4,1
3,0
1,8
14,0
Uomini
18,4
15,5
11,5
7,7
5,5
3,9
2,9
1,8
1,3
14,2
Donne
23,9
18,6
12,9
9,3
6,8
4,1
3,2
1,9
1,2
9,7
Abruzzo
Totale
20,5
17,0
12,5
8,6
6,3
4,2
3,2
1,9
1,3
11,9
Uomini
16,1
14,1
10,0
7,4
5,6
3,9
3,0
2,2
1,5
11,7
Donne
14,4
18,0
14,6
8,9
6,6
4,6
3,2
2,1
1,3
8,5
Fonte: Gabriele et. al. (2005)
La significativa riduzione dell’entità dei costi sanitari da decesso nelle
classi d’età più avanzate può essere motivata da diverse cause: differenti
patologie letali nelle varie classi d’età; sostituzione di cure ospedaliere con cure
assistenziali; minor accanimento terapeutico verso i pazienti più anziani; e una
9
Cfr. Zweifel et al. 1999 e Seshamani e Gray 2004.
10
Totale
15,8
15,8
11,9
8,3
6,3
4,4
3,2
2,2
1,4
10,2
sorta di razionamento delle cure che porta i medici, a parità di patologie, a
destinare un ammontare maggiore di trattamenti ai pazienti meno anziani10.
Alla luce delle considerazioni ora esposte, il profilo a «J» della spesa
sanitaria pro capite per età sembra allora dipendere, più che da un effettivo
incremento dei consumi da parte degli anziani, dalla concentrazione degli
elevati death costs nelle fasce d’età avanzate, in cui il tasso di mortalità è
maggiore. La correlazione fra età e spesa sanitaria si rivela pertanto, almeno in
parte, spuria (è, in altri termini, inficiata dall’elevata correlazione fra età e tassi
di mortalità). L’invecchiamento, incrementando l’aspettativa di vita e riducendo
i tassi di mortalità, pospone allora l’insorgere dei death costs – verso età in cui
sono, per giunta, di entità minore – e, di conseguenza, altera significativamente
il profilo per età dei consumi sanitari.
Lo studio del legame fra invecchiamento e domanda di cure è pertanto
molto più complesso di quanto potrebbe apparire, in prima approssimazione,
osservando un profilo di spesa crescente con l’età. Ancora più complessa
appare d’altronde la valutazione dell’evoluzione attesa della spesa pubblica per
assistenza a lungo termine.
Le modalità di erogazione della long term care dipendono dall’interazione
di tre soggetti: stato, mercato e famiglie. L’assistenza può infatti essere fornita
in modo formale dal settore pubblico o dal settore privato – ad esempio
tramite infermiere o badanti –, o può essere provvista in modo informale
all’interno della famiglia.
Al di là della già difficilmente prevedibile evoluzione, conseguente
all’accresciuta longevità, delle esigenze di assistenza degli individui e del loro
grado di disabilità, l’andamento della spesa per long term care dipende
sensibilmente dalle scelte di erogazione da parte dell’operatore pubblico
(ovvero da quanta parte della domanda individuale lo stato decida di soddisfare
mediante la propria offerta), le quali sono influenzate anche da numerosi fattori
di tipo socio-economico, quali l’evoluzione del ruolo della famiglia e la crescita
della partecipazione lavorativa delle donne, le principali fornitrici di assistenza
informale agli anziani11.
Uno studio approfondito dell’impatto dell’invecchiamento nel campo
dell’assistenza a lungo termine agli anziani e della relativa spesa pubblica non
può pertanto prescindere dall’analisi degli inevitabili mutamenti istituzionali che
si verificheranno per far fronte alle nuove domande dei cittadini.
Cfr. Brockmann 2002.
Allo stesso tempo, una riduzione del divario di longevità fra uomini e donne, accrescendo la
durata dei matrimoni, potrebbe ridurre il numero di anziane che vivono da sole e contrastare
l’aumento della domanda di assistenza formale; cfr. Lakdavalla e Philips (2002).
10
11
11
Alla luce delle considerazioni esposte nel presente paragrafo, appare
interessante descrivere quanto emerge dalle più recenti proiezioni della spesa
pubblica per la salute, rilevando come l’andamento atteso dei consumi sanitari
vari a seconda dello scenario ipotizzato in relazione all’evoluzione della
domanda individuale e ad eventuali mutamenti istituzionali.
4. LE PROIEZIONI DI LUNGO PERIODO DELLA SPESA PER LA SALUTE
IN ITALIA
L’andamento futuro dei consumi sanitari dipende da numerosi fattori,
la cui evoluzione è, come visto in precedenza, difficilmente prevedibile.
Nonostante queste inevitabili incertezze (relative ad esempio al progresso
tecnologico e alla variazione dei costi relativi del settore sanitario), negli anni
recenti una consistente attenzione è stata dedicata a calcolare la variazione
attesa della spesa sanitaria di lungo periodo imputabile alla variabile
demografica12.
Un’influenza significativa del tipo di scenario demografico considerato
sui risultati relativi alla spesa pubblica per la salute di lungo periodo è
confermata da tutte le proiezioni che estendono la metodologia”standard” che,
meccanicamente, applica ad un profilo di spesa costante per età la variazione
della distribuzione per età della popolazione ricavata dalle proiezioni
demografiche13.
Lo scenario basato su tale metodologia viene definito”demografico
puro”, e, più che fungere da effettiva previsione della spesa, può essere inteso
come una sorta di irrealistico limite superiore alla crescita della spesa per motivi
demografici, utile come riferimento per valutare l’impatto degli altri scenari e
verificare cosa accadrebbe alla spesa se l’accrescimento della longevità
avvenisse senza alterare in nessun modo i bisogni di cura degli individui. In
alternativa a tale metodologia, le proiezioni del legame fra spesa sanitaria e
invecchiamento possono essere condotte in modo più complesso, e con tutta
probabilità più realistico ed accurato, prendendo in considerazione l’evoluzione
dello stato di salute individuale e/o includendo la rilevante componente dei
death costs.
Cfr. Comitato di Politica Economica (2001), Comitato di Politica Economica (2006), Dang,
Antolin e Oxley (2001) e OCSE (2006).
13 Nelle proiezioni a lungo termine della spesa sanitaria solitamente si analizza unicamente
l’impatto delle variabili demografiche e si mantengono, pertanto, costanti i fattori non
demografici, ai quali, come si è visto in precedenza, è imputabile la quasi totalità della crescita
della spesa registrata negli scorsi decenni nei paesi più avanzati.
12
12
Tenendo ferma l’influenza dei fattori non demografici, l’evoluzione
della spesa sanitaria complessiva (contenente cioè anche la componente per long
term care) si riduce significativamente se, anziché costante, come implicito nello
scenario”demografico puro”, il profilo di spesa sanitaria per età viene supposto
dinamico (figura 5, nella quale lo scenario dinamico è costruito ipotizzando che
le spese ospedaliere tengano conto dei death costs e le altre componenti di spesa
si muovano in linea con l’ipotesi di equilibrio dinamico descritta nel terzo
paragrafo)14. Nel secondo caso, infatti, la crescita attesa della spesa sanitaria in
Italia nel periodo 2010-2050 sarebbe inferiore di circa 0,4 punti percentuali; dal
6,8% del PIL nel 2010 la spesa sanitaria pubblica passerebbe infatti,
rispettivamente nei due scenari, all’8,5% e all’8,1%.
Fig. 5 - Andamento previsto della spesa sanitaria in Italia nel periodo 2010-2050 (in percentuale del PIL).
Fonte: Ministero dell'Economia e Finanze (2005)
8,5%
8,0%
7,5%
7,0%
6,5%
2010
2015
2020
2025
2030
Scenario demografico puro
2035
2040
2045
Scenario dinamico
Una significativa dipendenza dei risultati delle proiezioni della spesa
sanitaria dallo scenario di riferimento ipotizzato è confermata anche dalle
recenti proiezioni effettuate in ambito comunitario dal Gruppo di Lavoro
sull’Invecchiamento (Ageing Working Group - AWG) del Comitato di Politica
Lo scenario di proiezione per l’Italia che considera spese sanitarie che tengono conto dei
death costs - mostrato nella figura 5 e calcolato dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) - è
costruito mediante le stime del rapporto fra spese ospedaliere di deceduti e sopravvissuti
ricavate in Gabriele et al. (2005).
14
13
2050
Economica (tabelle 3 e 4, dove sono presentate separatamente le proiezioni
relative alla spesa pubblica per sanità ed assistenza a lungo termine)15.
Per quanto riguarda la spesa sanitaria, nello scenario”demografico
puro” si registrerebbe nel periodo 2004-2050 una crescita del rapporto
spesa/PIL pari a 1,4 punti percentuali. In rapporto a tale scena rio, la
considerazione dei death costs16 o di uno stato di salute individuale che varia in
base all’ipotesi di equilibrio dinamico comporterebbe una riduzione di spesa
pari, rispettivamente, a 0,4 e 0,6 punti percentuali. La considerazione di uno
scenario di compressione della morbilità annulla invece quasi interamente la
crescita di spesa derivante dall’incremento della quota di popolazione anziana
(l’incremento di spesa sarebbe pari a 0,3 punti percentuali).
Tab. 3 – Proiezioni della spesa pubblica sanitaria italiana in base a diversi
scenari 1
2004 2010 2020 2030 2040 2050
Demografico puro
5,8
6,0
6,3
6,7
7,0
7,2
Death costs2
5,8
6,0
6,2
6,5
6,8
6,8
2
Equilibrio dinamico
5,8
5,8
6,0
6,3
6,5
6,6
Compressione della morbilità2
5,8
5,7
5,9
5,9
6,1
6,1
2,
3
Elasticità al reddito superiore all'unità
5,8
6,0
6,4
6,9
7,3
7,4
Costi unitari crescenti in base alla produttività 5,8
5,7
5,9
6,5
7,4
7,8
Estrapolazione dei trend passati
5,8
6,1
6,5
7,0
7,3
7,4
2
1Valori
espressi in percentuale del PIL; 2I costi unitari si muovono in linea con l'andamento del PIL pro-capite;
3L’elasticità al reddito della spesa sanitaria è supposta convergere da un livello di 1,1 nel 2004 ad 1 nel 2050.
Fonte: Comitato di Politica Economica (2006)
Al di là del ruolo dei fattori demografici, il livello effettivo futuro della
spesa sanitaria verrà a dipendere molto significativamente dall’evoluzione –
difficilmente prevedibile – dei fattori non demografici (ad esempio l’elasticità
della domanda al reddito, i costi relativi del settore sanitario e il progresso
tecnico). Scenari che, in aggiunta all’ipotesi di costanza del profilo di spesa per
età, si basino su una semplice estrapolazione del trend di spesa passato, su
un’elasticità al reddito superiore all’unità o su una crescita dei costi unitari
legata all’andamento della produttività, anziché a quella del PIL pro-capite,
generano un incremento di spesa ancora maggiore (l’assunzione di costi unitari
Cfr. Comitato di Politica Economica (2006). Per un’analisi di metodologia e ipotesi alla base
delle proiezioni cfr. Comitato di Politica Economica e Commissione Europea (2005).
16 In Comitato di Politica Economica (2006) lo scenario inclusivo dei death costs è stato costruito
mediante un rapporto fra spese ospedaliere di deceduti e sopravvissuti delle varie classi d’età
ricavato come media di quelli ottenuti nei principali studi relativi ai paesi membri dell’Unione
Europea.
15
14
che crescono più velocemente del PIL pro-capite consente di segnalare l’alta
intensità dell’utilizzo del fattore lavoro del settore sanitario e può fungere da
proxi di un progresso tecnico costs increasing).
Il livello futuro della spesa sanitaria non è pertanto determinabile con
un discreto grado di certezza, venendo a dipendere in modo molto significativo
dall’evoluzione attesa delle variabili demografiche (inclusive anche dello stato di
salute e dei death costs) e di quelle non demografiche (figura 6). Le proiezioni,
pertanto, più che come effettiva previsione dei consumi sanitari futuri e della
conseguente spesa pubblica vanno interpretate soprattutto come utili segnali di
tendenza, la cui effettiva realizzazione non è tuttavia prevedibile con certezza.
Come detto in precedenza, ancora più aleatoria è la previsione dei
bisogni futuri di assistenza a lungo termine e del ruolo che l’operatore pubblico
dovrà svolgere per soddisfare le domande dei cittadini (tabella 4).
A parità di tassi di disabilità, ipotizzando costi unitari che crescono in
linea con la produttività (come sembra realistico, dato che il settore
assistenziale è ad altissima intensità di lavoro), ed assumendo costante il grado
di fornitura pubblica, in Italia la spesa per long term care dovrebbe crescere
notevolmente nel periodo 2004-2050, dall’1,5% al 2,4% del PIL17. Un
miglioramento dello stato di salute comporterebbe invece un incremento di
spesa significativamente minore; l’aumento sarebbe infatti pari allo 0,5% di PIL
se la disabilità individuale crescesse in linea con la longevità (ovvero in base
all’ipotesi di equilibrio dinamico) e allo 0,2% se si realizzasse invece uno
scenario di compressione della disabilità18.
A differenza da altri lavori – cfr. OCSE (2006) e Comitato di Politica Economica (2001) –,
nei quali la spesa pubblica per assistenza a lungo termine è considerata molto limitata e pari a
circa lo 0,6% del PIL, nelle recenti proiezioni comunitarie contenute in Comitato di Politica
Economica (2006) le risorse destinate dall’operatore pubblico all’assistenza agli anziani sono
molto m aggiori, dal momento che si includono anche i trasferimenti monetari per indennità di
accompagnamento e una serie di misure, di carattere locale, di assistenza agli anziani non
autosufficienti.
18 Relativamente all’assistenza a lungo termine l’inclusione dei death costs appare invece meno
significativa sia perché il rapporto fra spese sostenute da deceduti e sopravviventi (a parità di
età) è molto meno elevato di quanto si registra in ambito sanitario, sia perché tale rapporto non
appare in questo caso decrescente con l’età. Va tuttavia ricordato che, anche a causa della
limitata disponibilità di dati adeguati, pochi studi (e per pochi paesi) hanno analizzato il ruolo
dei costi da decesso nel campo della long term care; i risultati raggiunti in tale campo sono,
pertanto, ancora non definitivi.
17
15
Fig. 6 - Spesa sanitaria pubblica nel 2050 in base a diversi scenari di andamento della domanda e dei costi (in percentuale del
PIL).
Fonte: Comitato di Politica Economica (2006)
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
Spesa sanitaria nel Compressione della Equilibrio dinamico
2004
morbilità
Death costs
Demografico puro Elasticità al reddito
superiore all'unità
Estrapolazione dei
Costi unitari
trend passati
crescenti in base alla
produttività
Nell’analisi del legame fra longevità, grado di disabilità e spesa
assistenziale, va altresì rimarcato che la crescita sostenuta della quota di
popolazione ultra -ottantenne (che maggiormente necessita di assistenza a lungo
termine) e l’evoluzione delle patologie connessa all’incremento della longevità
(ad esempio una cronicizzazione di alcune patologie attualmente letali o la
crescita del numero di individui soggetti ad Alzheimer) potrebbero comportare
una rilevante sostituzione di spese sanitarie in senso stretto con consumi di long
term care.
Come detto in precedenza, a differenza dall’ambito sanitario, per
quanto concerne l’assistenza a lungo termine la copertura pubblica è ben lungi
dall’essere universale. Una crescita delle esigenze di cura degli individui, causata
dall’invecchiamento o da una diminuzione dell’offerta informale di assistenza
all’interno della famiglia, potrebbe accrescere a tal punto la domanda
individuale da generare rilevanti cambiamenti istituzionali con riguardo alla
dimensione dell’offerta pubblica.
Tab. 4 – Proiezioni della spesa pubblica italiana per assistenza a lungo termine
in base a diversi scenari 1
16
Demografico puro 2
Equilibrio dinamico 2
Compressione della morbilità2
Costi unitari crescenti in base alla PIL pro capite
Incremento differenziato nell'offerta pubblica 2, 3
Incremento nell'offerta pubblica domiciliare2
Incremento dell'assistenza formale in case di cura2
2004 2010 2020 2030 2040 2050
1,5
1,5
1,6
1,8
2,0
2,4
1,5
1,5
1,5
1,6
1,8
2,0
1,5
1,5
1,4
1,5
1,6
1,7
1,5
1,6
1,7
1,8
2,0
2,2
1,5
1,7
2,1
2,3
2,8
3,3
1,5
1,6
1,8
2,0
2,3
2,7
1,5
1,8
2,4
2,7
3,2
3,9
1Valori espressi in percentuale del PIL;
2I costi unitari si muovono in linea con l'andamento del PIL per lavoratore; 3La
quota di individui che riceve assistenza informale si riduce dell'1% l'anno e l'offerta pubblica aggiuntiva è fornita per
metà a domicilio e per metà in centri di cura.
Fonte: Comitato di Politi ca Economica (2006)
Gli scenari che tengono conto della possibile estensione della copertura
pubblica mostrano come i cambiamenti istituzionali possano causare
incrementi di spesa ben maggiori di quelli imputabili alla sola variabile
demografica in un”no policy change” scenario (tabella 4). La differenza dei costi
dell’assistenza pubblica presso case di cure o a domicilio spiega inoltre perché
la spesa crescerebbe ulteriormente laddove la riduzione della copertura
informale venisse compensata da un aumento di uguale entità dell’assistenza
presso centri specializzati. In tale situazione nel 2050 la spesa pubblica per long
term care sarebbe infatti pari al 3,9% del PIL, mentre il suo livello
raggiungerebbe i 2,7 punti di PIL se l’incremento dell’offerta pubblica si
esplicitasse in una crescita della sola assistenza domiciliare.
5. CONCLUSIONI
Nel presente lavoro ci si è interessati a valutare l’impatto che l’intenso
processo di invecchiamento della popolazione, che sta interessando l’Italia,
potrà avere sulla crescita futura dei consumi sanitari. L’attenzione è stata
dedicata ad evidenziare come, nonostante”la sfida demografica”, che avrà sicuri
riflessi in ambito socio-economico, la crescita della spesa sanitaria potrebbe
essere meno intensa di quanto comunemente affermato.
Abbiamo infatti visto che, da un lato, in passato la variabile
demografica non si è dimostrata un fattore di crescita dei consumi sanitari
particolarmente significativo e, dall’altro, la considerazione di ulteriori
caratteristiche di tipo demografico, quali il cambiamento dello stato di salute e
l’influenza dei cosiddetti death costs, potrebbe alterare in maniera rilevante
l’interpretazione del legame fra incremento dell’aspettativa di vita e intensa
crescita delle esigenze di cura degli individui.
17
Abbiamo d’altronde osservato come valutazioni differenti vadano
riferite ai consumi sanitari in senso stretto e a quelli di assistenza a lungo
termine. Nell’ambito della long term care l’analisi dell’evoluzione attesa della spesa
pubblica è infatti ancora più complessa di quella riguardante l’health care, dal
momento che entrano inevitabilmente in gioco considerazioni relative a
eventuali mutamenti istituzionali indotti da una crescita della domanda
individuale di assistenza.
Una fondamentale incertezza sull’esatta dimensione del legame fra
invecchiamento e spesa per la salute viene confermata dall’esame delle
proiezioni di lungo periodo per l’Italia, che mostrano come l’evoluzione della
spesa vari in modo molto significativo a seconda dello scenario ipotizzato in
relazione all’andamento della domanda, dello stato di salute individuale, dei
costi e dell’offerta pubblica. Le proiezioni di spesa, pertanto, più che come
precise previsioni dell’assorbimento futuro di risorse da parte del settore
sanitario, vanno interpretate come utili segnali delle tendenze relative ad alcuni
scenari la cui effettiva realizzazione non è, tuttavia, prevedibile con certezza.
Michele Raitano
Istituto Studi Analisi Economica (I.S.A.E.)
18