NON DESIDERARE LA VITA DEGLI ALTRI
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NON DESIDERARE LA VITA DEGLI ALTRI
Antonio Tosi NON DESIDERARE LA VITA DEGLI ALTRI Consapevolezza e assertività nella quotidianità ARMANDO EDITORE Sommario Introduzione 11 1. Riconosci ed accetta il tuo problema, se vuoi risolverlo Il racconto Riflessioni 1.1 Non bastonarti anche tu 1.2 Evita di etichettarti 1.3 Non “sei” un problema, “hai” un problema 1.4 Se hai dei problemi vali di meno? 1.5 Cambia strada: smettila di giudicarti 1.6 Non mancarti mai di rispetto 1.7 Occupati della rabbia 1.8 Parla con te stesso in modo costruttivo 1.9 Non farti manipolare Scheda 1 1.10 Non crearti altra sofferenza 1.11 Perché sei così severo? 1.12 Se ti arrabbi cambi qualcosa? 1.13 Impara a diventare più assertivo 15 15 26 26 27 28 29 30 31 32 34 35 36 37 38 39 40 2. Non “desiderare la vita degli altri”, apprezza la tua Il racconto Riflessioni 2.1 Quali valori dietro certe scelte? 2.2 Non cadere nella trappola dell’invidia 2.3 Non vedere gli altri come non sono 2.4 Puoi davvero farli certi paragoni? Scheda 2 2.5 Le insidie dei paragoni 2.6 Perché stai male se qualcuno ha più di te? 47 47 54 54 55 57 59 60 60 61 3. Puoi fidarti di te Il racconto Riflessioni 3.1 Guarda cosa c’è dietro il “bisogno” di approvazione 3.2 Le scelte importanti spettano solo a te 3.3 Ascolta anche ciò che ti ha dato fastidio 3.4 Conta su di te Scheda 3 3.5 Solo tu sai ciò di cui hai bisogno 3.6 Ti conviene essere dipendente? 3.7 È preferibile sbagliare 3.8 Gli altri non potranno mai “essere te” 63 63 72 72 73 73 74 75 75 75 76 77 4. Anche tu sei degno di essere amato Il racconto Riflessioni 4.1 Ti sono mancate esperienze fondamentali 4.2 Se rimani concentrato solo su di te non vedrai bene 4.3 Non vivere come fossi sempre sotto esame 4.4 Occupati più del tuo giudizio che di quello degli altri 4.5 Gli altri possono vederti in modo diverso 4.6 Sfida alcune convinzioni che ti bloccano 4.7 Qualcuno ti rifiuta? Sei normale 4.8 Fidati delle prove Scheda 4 4.9 Puoi ridisegnare l’immagine di te 4.10 Vai sul sicuro: fai come lo scienziato 4.11 Cerchi un partner? Ti sta aspettando 79 79 87 87 89 90 91 93 93 94 96 97 97 97 98 5. Punta a vivere bene, non ad essere perfetto Il racconto Riflessioni 5.1 La vita non è tutto un dovere 5.2 La perfezione? No grazie, vivo meglio senza 5.3 Sei tollerante con te stesso? 5.4 Sorridi di te, ti sentirai meglio Scheda 5 5.5 Sei e sarai sempre limitato 5.6 Non sei stato aiutato 5.7 Vivere con standard elevati? Che stress! 101 101 111 111 112 113 114 115 115 117 117 6. Se cambi prospettiva, troverai la soluzione Il racconto Riflessioni 6.1 Alcune situazioni sono davvero ingarbugliate 6.2 Guarda meglio come è fatto un problema 6.3 Vuoi “il bene” di una persona? Accettala così come è 6.4 Puoi essere un genitore positivo 6.5 Non trovi la soluzione? Cambia prospettiva Scheda 6 6.6 Cambia logica 6.7 Farsi aiutare è segno di intelligenza 119 119 130 130 131 132 133 134 135 135 137 7. Vai già bene così, come sei Il racconto Riflessioni 7.1 Di una cosa puoi vergognarti: del tuo vergognarti 7.2 Su cosa basi il valore di te? 7.3 C’è il valore che “gli altri” ti danno e quello che “tu” ti riconosci 7.4 Hai solo da guadagnarci rimanendo autentico 7.5 Puoi migliorare la capacità di affermarti Scheda 7 7.6 Lascia perdere come sono gli altri: cerca di essere te stesso 7.7 Non hai bisogno di copiare da nessuno 7.8 Non sei una pecora: non intrupparti nel gregge 139 139 148 148 149 8. Liberati dalla colpa, può rovinarti la vita Il racconto Riflessioni 8.1 La tua colpa maggiore? Non far nulla per liberarti della colpa 8.2 Non sottovalutare l’importanza delle tue vicende passate 8.3 Vai a scoprire come si forma il tuo senso di colpa 8.4 Metti in discussione i doveri assoluti 8.5 Impara a relativizzare Scheda 8 8.6 Il senso del dovere 8.7 La colpa nasce e muore dentro di te 8.8 Pensi di avere trasgredito a dei doveri? 8.9 Sei convinto di aver provocato un danno? 159 159 168 168 169 170 171 173 174 174 175 176 177 151 152 154 155 155 156 157 8.10 Rendi meno assoluti e dogmatici alcuni doveri 8.11 Cerca di relativizzare le cose 8.12 Rivedi alcuni doveri in un’ottica più funzionale 8.13 Abbandona l’ottica della colpevolizzazione 179 179 180 181 9. Cambia il modo di vedere le cose, ti passerà l’ansia Il racconto Riflessioni 9.1 Sei tu che definisci “problema” un certo evento 9.2 Conviene anche a te ascoltare: sempre, tutti, con attenzione 9.3 Identifica e modifica i pensieri automatici negativi 9.4 Molta sofferenza deriva da come valuti le cose 9.5 Non fare diventare indispensabile ciò che non lo è Scheda 9 9.6 Ascolta sempre 9.7 Credici: puoi cambiare 9.8 Cerca di comprendere perché ti preoccupi tanto 9.9 Non scappare: affronta le situazioni che ti fanno paura 183 183 195 195 195 197 199 200 201 201 202 203 203 10. Non vivere nel futuro, “gustati” il presente Il racconto Riflessioni 10.1 Fermati! 10.2 Non fuggire in avanti: vivi il tuo presente 10.3 Va bene così! Scheda 10 10.4 Non farti prendere dalla frenesia del fare 10.5 Stai qui: apprezza tutto quello che realmente hai “ora” 10.6 Fai solo le previsioni che ti possono essere utili 10.7 Perché vai sempre di fretta? 205 205 213 213 214 215 215 215 216 217 219 Bibliografia 221 Introduzione Sentirsi sbagliati “Sentirsi sbagliati” è davvero una sensazione assai sgradevole in grado di guastarci la vita, di farci vivere male e di impedirci di sentirci a posto. Può risvegliarsi prepotentemente in determinate situazioni: una critica, una sconfitta, una delusione, una frustrazione, una paura intima che solo noi conosciamo. Come una cattiva compagna, può infiltrarsi nella nostra esistenza senza che ce ne rendiamo conto e decidere di vivere con noi. Noi però possiamo identificarla e liberarci della sua presenza. È una sensazione che può materializzarsi in modi molto diversi. Ci si può sentire sbagliati perché si prova vergogna, ci si sente incapaci, inadeguati, in colpa, si vive in un continuo stato di tensione ed ansia, si pretende che gli altri siano come piace a noi, si vuole essere perfetti, si considerano gli altri migliori e più realizzati di noi. Nel libro sono contenuti dieci racconti tratti da vicende quotidiane. I personaggi mettono a confronto modi differenti di percepire la realtà esterna, le persone, se stessi. In ogni racconto uno dei personaggi è affetto da questo malessere profondo mentre l’altro ne è esente e propone il proprio modo di essere, di pensare e di agire in alternativa per vivere meglio. Chi ci conosce a fondo e vuole il nostro bene può essere in grado di aiutarci a modificarci. Può cogliere parti di noi che ignoriamo o che conosciamo ma non vogliamo accettare. Può proporci un modo diverso, alternativo al nostro, di vedere le cose, permettendoci così di avere strumenti per superare le difficoltà. Non è solo il tecnico specializzato che può aiutarci a risolvere i nostri problemi psicologici. Talora basterebbe porre attenzione a ciò che una persona veramente amica ci ha comunicato, magari a chiare lettere, ma che noi non abbiamo raccolto. Chi decide di ascoltare, di confrontarsi e di mettersi in discussione è certamente una persona intelligente, in grado di farsi del bene scegliendo 11 di cogliere e sfruttare al meglio questa importante opportunità per il proprio benessere. Struttura del volume Ogni capitolo è strutturato in tre parti: il racconto, le riflessioni, le schede. Il racconto fa riferimento a fatti quotidiani nei quali ci si può facilmente identificare e rispecchiare. L’identificarsi in una situazione permette di accedere in modo più rapido ed incisivo alla localizzazione e definizione di un problema. Il racconto offre numerosi spunti di riflessione ed i personaggi, attraverso dialoghi mirati, pongono in evidenza le varie problematicità e le modalità più efficaci per risolverle. Le riflessioni riprendono, sviluppano ed approfondiscono i temi principali emersi nei racconti. Offrono numerosi spunti e proposte alternative che possono costituire un aiuto concreto a chi vive le problematiche affrontate. Le schede costituiscono materiale di sintesi dei temi già affrontati ed offrono ulteriori input che fanno riferimento agli argomenti proposti per poi estendersi e generalizzarsi ad altri temi analoghi. Racconti, riflessioni e schede mirano ad offrire riferimenti alternativi in grado di aiutare a risolvere varie situazioni problematiche. Il lettore può operare un vero confronto tra il proprio modo di essere, di atteggiarsi, di ragionare, di procedere di fronte alle difficoltà e quello che trova qui illustrato e proposto. Se lo ritiene più efficace, può assumerlo come proprio dopo averne verificato, nella propria realtà di vita, la validità. Obbiettivi principali Il libro si propone di essere di aiuto soprattutto a chi vive difficoltà importanti: una profonda e permanente sensazione di inquietudine, di inadeguatezza, di tensione cronica, di inferiorità, di non realizzazione di sé, di vuoto, di inutilità e di fallimento. Utilizza un linguaggio semplice, 12 concreto ed immediato, pur affrontando argomenti vasti e complessi. Non propone illusorie ricette preconfezionate, ma stimola la riflessione personale seguendo quattro direzioni. 1. Lo sviluppo della consapevolezza ed accettazione di sé, delle proprie potenzialità, limiti e confini, della storia passata all’interno della quale si sono sviluppate difficoltà e problemi personali. 2. La costruzione di una filosofia di vita ispirata alla benevolenza, alla tolleranza ed al rispetto di sé nelle situazioni problematiche. 3. La ricerca di un vero cambiamento in un’ottica assertiva, ovvero di affermazione di sé nella considerazione e nel pieno rispetto dell’altro. 4. La conoscenza del funzionamento di determinati meccanismi psicologici, derivanti dagli studi della ricerca scientifica, in un’ottica psicoeducativa (ovvero l’offerta di informazioni volta a comprendere per quali ragioni si formano in noi ansia, colpa, rabbia, etc.). Nel volume viene sottolineata l’importanza di acquisire sempre maggiore consapevolezza rispetto a ciò che avviene a livello emotivo quando si sperimentano le difficoltà. Diventare consapevoli significa comprendere che cosa succede dentro di noi, per essere in grado di affrontare efficacemente ciò che ci disturba e ci impedisce di vivere serenamente. Centrali risultano i riferimenti all’assertività. Sapere identificare, riconoscere ed esprimere in modo chiaro ed efficace se stessi, le proprie emozioni, opinioni, difficoltà, bisogni e preferenze, costituisce per tutti un fondamentale punto d’arrivo per il raggiungimento di una buona qualità di vita. Oggi più che mai, appare basilare sapersi orientare in un mondo in rapidissima evoluzione, particolarmente complesso, i cui valori proposti, spesso in modo subdolo e mascherato, non sempre vanno nella direzione del soddisfacimento dei bisogni essenziali dell’individuo e del suo vero benessere. Il volume contiene numerosi richiami allo sviluppo delle capacità critiche personali, le uniche che ci permettono di muoverci in modo consapevole a fronte di innumerevoli modelli e valori offerti dalla società. Ci occupiamo quindi di migliorare la capacità di affermazione personale e di sviluppare consapevolezza rispetto alle forti pressioni esterne 13 provenienti da una cultura sempre più mediatico-televisiva. Ci riferiamo alla massiccia proposta di modelli e valori prodotti da una società attenta alla dimensione consumistico-tecnologica e distratta, o poco interessata, rispetto a quella umana, affettiva e relazionale. Mai come oggi l’individuo rischia di venire ubriacato da un massiccio bombardamento di messaggi di ogni genere di fronte ai quali si può sentire disorientato e confuso. Ciò che più preoccupa, pensando soprattutto ai giovani, è la scarsa importanza attribuita alla formazione di una personale capacità d’analisi e di critica, fondamentale in ogni individuo e senza la quale si è fortemente esposti alla costruzione di falsi bisogni ed alla suggestione delle mode e dei miti del momento. Il volume pone l’accento sulla necessità di fermarsi, di sospendere le proprie attività e di farsi un regalo, concedendosi un po’ di tempo per ricercare il silenzio interiore. All’interno della propria stanza o in qualunque altro luogo tranquillo, anche in mezzo alla natura, ciascuno può decidere di fare periodicamente una salutare e rigenerante sosta, al fine di riflettere ed ascoltare con attenzione se stesso ed i propri bisogni che, essendo in continua evoluzione, vanno identificati e compresi. In tal modo si pone nelle migliori condizioni per divenire il vero ed unico regista ed architetto della propria esistenza. I temi affrontati nel libro sono numerosi ed estesi. Si sviluppano in un’ottica umanistica nella quale l’individuo resiste alle tentazioni egocentriche e narcisiste, mai come oggi in agguato, per sviluppare le dimensioni sociali e collaborative, le uniche in grado di favorire una convivenza solidale e costruttiva. Il volume può essere utilizzato come valido strumento di biblioterapia. 14 1. Riconosci ed accetta il tuo problema, se vuoi risolverlo Puoi evitare di sconvolgerti per il fatto di esserti sconvolto. Albert Ellis IL RACCONTO Il capo ha chiesto a Marco una relazione di fine anno. Senza bussare e senza nessun preavviso irrompe nel suo ufficio. – Veramente io le avevo chiesto una relazione…! Questa lei la chiama una relazione? Non ci siamo proprio! – Esclama sprezzante con tono arrogante e gelido. Marco, preso di sorpresa, è sconcertato. – Che cosa ho sbagliato? – Ribatte con un filo di voce. – Guardi un po’ qui, la rilegga! Marco, con le mani umidicce per l’emozione, prende la relazione e la rilegge. – Dov’è che ho sbagliato? – Chiede nuovamente, sempre più pallido in viso. – Chi l’ha messa a dirigere questo ufficio? Marco, sempre più esterrefatto per questa aggressione, se ne sta passivo ed immobile, con gli occhi abbassati ed il capo chino. – Visto che da solo non ci arriva… glielo dirò io. Diciamo che manca ciò che le ho chiesto di fare, una descrizione approfondita del lavoro annuale del suo ufficio. – È vero, forse dovevo… sviluppare di più i contenuti… – Esattamente. Le avevo richiesto proprio questo. – Aggiunge interrompendolo bruscamente con il tono di chi non ammette repliche ed ha ottenuto piena soddisfazione. – Mi deve proprio scusare sa, ma forse… io non avevo inteso bene. Ascolterò con più attenzione. 15 La belva non è sazia e manipola quelle parole rivoltandogliele contro. – Come lei stesso ammette, non pone sufficiente attenzione a ciò che io le dico di fare. – Veramente mi sembrava… Mi scusi… Starò più attento la prossima volta. – Sarà meglio per lei, soprattutto se vuole rimanere ancora a dirigere questo ufficio. Si conclude rapidamente l’incontro fuori programma del direttore. Poche battute, secche, lapidarie. Marco sconcertato, sorpreso e incredulo per la rapidità “dell’incursione” del suo capo, è riuscito a mala pena a farfugliare qualcosa con tono dimesso e rassegnato. Preso alla sprovvista, non è riuscito a rispondere come avrebbe voluto. Per tutto il giorno risuonano dentro di lui quelle battute che sembrano studiate apposta per riattivare i sensi di colpa in chi, come lui, tende a spaventarsi e a colpevolizzarsi con facilità in queste situazioni. È profondamente arrabbiato, con il capo e con se stesso. Vi è un duplice rimprovero dentro che lo tormenta: “Non doveva trattarmi in quel modo quel bastardo! Anch’io però sono stato un vero stupido, non dovevo reagire così!”. Il nuovo direttore si comporta in modo marcatamente autoritario. È convinto che in una azienda occorra esibire i muscoli, sottolineare con frequenza i rapporti di forza e di potere. Pensa che, per mantenere e migliorare ulteriormente le già buone prestazione dell’ufficio di Marco, egli debba porsi sempre tre gradini sopra di lui. Questo gioco funziona molto bene, dal momento che Marco si colloca sempre tre gradini sotto gli altri. A conti fatti, tra lui ed il direttore, ci sono sei gradini! È proprio una giornata no. La rabbia in corpo è notevole e la testa è intrappolata in astiose ruminazioni. Di ritorno dal lavoro, subito dopo una curva, compare all’improvviso la divisa dei carabinieri che effettuano controlli di routine. Marco avverte la stessa sensazione provata all’entrata del capo nel suo ufficio. Dopo qualche istante un sospiro di sollievo. “Meno male, non mi hanno fermato!”. Poi, un pensiero autopunitivo irrompe in una mente già scossa ed irrequieta: “sei proprio un pavido a spaventarti davanti ad una divisa!”. Mentre è assorto in pensieri tristi su di sé, squilla il telefonino. Tesissimo, fa un balzo sul sedile: è suo padre. D’istinto spegne il cellulare. “No, ne ho già avute troppe oggi, ci manca solo che mi metta anche a discutere con mio padre…”. 16 Per tutto il tragitto continua ad insultarsi, arrabbiato e deluso di sé. Gli vengono in mente le frasi pronunciate la mattina dai colleghi per rincuorarlo: “non preoccuparti, quello lì abbaia ma non morde”. Eppure le rassicurazioni non hanno effetto su di lui, ad esclusione di quelle di una persona, Angela, la moglie. Angela conosce bene Marco. Quando lo vede rientrare con quell’espressione turbata, sa che rischia di trascorrere l’intera serata in silenzio con un marito assente. Non è una bella prospettiva per lei, così estroversa, a cui piace, la sera, distendersi e rilassarsi dopo una giornata faticosa trascorsa al lavoro. Per riprendersi il marito, quando lo vede perso nei suoi pensieri, il più delle volte le è sufficiente parlare un po’ con lui. Ciò, solitamente, basta a strapparlo alle sue cupe ruminazioni. Questa sera però Marco è più truce delle altre volte. C’è troppa rabbia, rancore e risentimento nel suo volto. – Una giornataccia? – Chiede Angela con tono discreto. Marco non risponde. Se ne sta ammutolito sul divano con lo sguardo fisso nel vuoto. – Toc-toc, c’è qualcuno lì dentro? – Chiede mimando con la mano il gesto di bussare sulla sua testa. Marco con un viso assente ed uno sguardo tetro finalmente manda un segnale. – Sì, c’è qualcuno… ma è a pezzi… – Cosa è successo? – Il solito deficiente! Oggi mi ha massacrato… – Che toni drammatici! Non vedo tracce di sangue sui vestiti! – Commenta Angela con il suo consueto stile ironico. – Scherza tu, ma per me la cosa è molto seria. – Andiamo a mangiarci qualcosa qui sotto, non ho voglia di preparare la cena. Per tutto il tempo del pasto Marco è silenzioso e tale rimane anche al ritorno a casa. – Mi sembri un cane bastonato, dai vieni qui che ti voglio abbracciare un po’, non vedevo l’ora che tornassi! Cosa credi, di averle solo tu le giornate nere? Un cliente oggi ci ha fatto passare un brutto momento con un grosso assegno falso, per fortuna ce ne siamo accorti in tempo. – Scusami, ma oggi è stata proprio una giornata durissima. – Afferma riprendendo gradualmente sembianze più umane dopo aver gradito un po’ di coccole della moglie. – Dai sputa il rospo al tuo angelo del focolare. – Risponde Angela. – 17 Sentiamo le tragiche avventure di un marito sfigato perseguitato da un direttore brutto e cattivo… – La iena è entrata nel mio ufficio, non ha salutato nessuno e mi ha aggredito pesantemente per via di una relazione che non gli è piaciuta. – Se è per quello ce ne sono tanti così in circolazione. – Ribatte Angela. – Ha voluto stroncarmi. Mi ha sopraffatto, non mi ha dato il tempo di spiegarmi. – Già, il solito problema, le persone autoritarie. Non ti mangiano mica queste persone! Bisogna saperci fare, saperle prendere, saperci trattare. – Il fatto è che io, poi, mi riempio di rabbia, e comincio a tormentarmi per quello che ho fatto o non ho fatto. – In questo caso tu cosa hai fatto? – Niente, me ne sono stato lì immobile, come uno stupido, ho subìto, ho balbettato qualcosa con poca convinzione, da vero perdente. Sono proprio un impedito! – Capisco la situazione. Capisco un po’ meno che tu debba torturarti in questo modo. – In questi casi mi arrabbio e poi per un po’ non riesco a parlare con nessuno. – Così adesso hai due problemi. Uno è la randellata del capo di questa mattina… – E l’altro sono le martellate sulle palle che mi sono dato per tutto il giorno. – La interrompe Marco per dimostrare che è ben consapevole della propria situazione. – Cosa credi che non lo sappia? Proprio non mi sopporto! A volte mi chiedo come fai a stare con uno come me! – Conclude con tono sconsolato. – Ma dai che io ci sto benissimo con uno come te. Tu invece dovresti cercare di stare meglio con te stesso. – Riprende Angela stringendogli le mani. – Mi dici come fare per non arrabbiarmi? – Dovresti cercare di essere meno severo con te stesso! Non penserai che quella sia una situazione facile? È pur sempre il tuo capo. Non è semplice sapere cosa è giusto fare quando uno ti prende alla sprovvista e non ti lascia nemmeno parlare, non ti pare? È un tuo vecchio problema quello di spaventarti davanti a chi rappresenta l’autorità. Te lo ricordi come tremavi quando ti fermavano i carabinieri? – Mi è successo anche oggi! 18 – Ah sì? Ti hanno fermato? Ti hanno ritirato la patente? Ti hanno dato la libertà vigilata? – Scherza Angela. – Mi è bastato vedere la divisa dei carabinieri e la paletta per spaventarmi. Ho provato la stessa paura che ho avuto davanti al mio capo. – Più che altro dovresti vedere le cose in modo diverso. Rispetto al direttore potresti chiederti perché, visto che ha fatto lo stronzo con te e ti ha fatto passare un brutto quarto d’ora, dovresti passare anche il resto del giorno a torturarti ripetendoti di non essere in grado di trattare queste persone. Marco si ferma qualche attimo su questa frase, poi riprende. – Lo sai che hai proprio ragione, tu riesci a vedere le cose in un modo diverso. Ti ammiro proprio per questa capacità che hai di non spaventarti! – E bravo il mio maritino che mi fa sempre i complimenti! – Afferma sorridendo. – Ecco! Proprio questo dovresti fare al tuo capo! – Cioè? – Degli apprezzamenti. Funzionano sempre, con tutti, indistintamente. Quando incroci il direttore perché non gli fai qualche apprezzamento? – Pure i complimenti dovrei fare a quel cretino? Lo prenderei a schiaffi quello! – Dico in generale. Senza fare il ruffiano qualche apprezzamento ogni tanto non farebbe male. Cosa ti costa gratificarlo un po’? Magari è uno frustrato e aspetta solo questo. Quando fa qualcosa che ti sembra bella, magari tappandoti il naso, gliela puoi sottolineare. È così difficile? – E perché dovrei essere io a fare degli apprezzamenti e non lui a trattare più umanamente chi si è sempre impegnato a lavorare bene? – Certo, hai ragione, ma guarda che le persone che si comportano in questo modo spesso hanno qualche bel problemino. Molte volte sono persone fragili e vulnerabili. Gradualmente Marco si rilassa. Gli piace starsene abbracciato sul divano, lasciarsi andare senza il timore di essere giudicato e rimproverato. La conversazione prosegue ora più distesa. – Non è facile per nessuno questo mondo, cosa credi! Ci sono persone abilissime a mettere in scacco chi, come te, tende a spaventarsi e a diventare remissivo in certe situazioni. – Io con quelle persone ci casco sempre e poi la rabbia mi dura un sacco di tempo. – Un po’ tutti possiamo essere così, dipende dalle circostanze. Anch’io 19 certe volte sono un po’ passiva, subisco e in altre divento aggressiva. Ho imparato però con il tempo a prendere certe situazioni difficili come una sfida, un gioco. Non ti nascondo che a volte mi diverto a mettere in scacco persone come il tuo capo. – Sarà divertente per te… – Lo so, lo so… Hai avuto un’infanzia difficile una famiglia particolare… la conosco bene la tua famiglia! Tuo padre poi, non parliamone, è proprio un padre padrone. – Oggi quando ho visto che mio padre mi chiamava al telefonino ho provato la stessa sensazione di paura di stamattina con il capo e con i carabinieri, anzi molto più forte. – Il fatto è che poi tu peggiori le cose trattandoti male. Vivresti meglio se cominciassi ad accettare le tue difficoltà come normali senza sentirti un mostro. Il giorno dopo, preparando la cena tornano sull’argomento. – Vediamo un po’ dove siamo rimasti… – Riprende Angela togliendo dal frigorifero l’occorrente per cucinare – Ah sì, quando lui ti ha fatto l’imboscata a tradimento e ti ha detto che non andava bene la relazione, tu cos’hai poi fatto? – Gli ho chiesto dove ho sbagliato. – Bravo, così lo hai invitato a nozze… Hai fatto esattamente ciò che lui voleva. Non aspettava altro. Hai ammesso subito di avere sbagliato tu. Un giochino per lui poi farti sentire in colpa. – Cosa avrei potuto fare? – Io gli avrei chiesto che cosa esattamente non gli piacesse della relazione. L’avrei costretto con diverse domande a circoscrivere bene la sua critica. È anche un modo per farlo esporre di più. Devi pensare che chi esercita un potere di solito è molto furbo e scaltro. Magari le cose vanno bene, ma non deve darlo a vedere. – Come fai a saperlo? – Si assomigliano un po’ tutte, queste persone. Invece di cominciare a farti suggestionare da ciò che fanno gli altri dovresti concentrarti su quello che fai tu. La tua mossa è stata quella di ammettere di avere sbagliato, ovvio che poi lui ha dilagato: non ti sembra che un po’, senza volerlo, glielo abbia permesso tu? – Effettivamente… – Poi cos’altro hai fatto? – Riparte Angela cominciando ad affettare la cipolla. 20 – Ho ammesso che non ho capito bene quello che voleva e che avrei dovuto ascoltarlo con più attenzione. – E così lui ti ha nuovamente infilzato senza pietà! Certo che ragioni in modo strano. Pensi di avere sbagliato prima ancora di guardare bene cosa è successo. – In quei momenti il cervello è come paralizzato, poi lentamente riprende a funzionare. – Ahia! – Strilla improvvisamente Angela, andando a cercare la cassetta del pronto soccorso. – C’è chi si martella le palle e chi si affetta le dita… – Rimanda Marco. Qualche giorno dopo, Marco e Angela hanno un pomeriggio libero. Davanti ad una tazza di tè nel bar deserto del circolo del tennis ad Angela è venuta un’idea. – Sai, ho ripensato a quello che mi hai raccontato un po’ di giorni fa. Perché non ci giochiamo sopra? Facciamo che uno fa il direttore brutto e cattivo che spaventa i suoi subalterni e l’altro fa l’impiegato che lo deve fronteggiare. – Io però faccio il direttore e tu il dipendente, va bene? Voglio proprio vedere come te la cavi. – Precisa Marco con tono di sfida. – D’accordo, comincia tu. – Le avevo chiesto una relazione dettagliata, direi proprio che non ci siamo! – Inizia Marco cercando di riprodurre esattamente il tono di voce arrogante del suo direttore. – Buon giorno direttore. Mi fa proprio piacere incontrarla nel mio ufficio. Marco ha un attimo di esitazione di fronte a quella risposta inattesa. – Mi hai già fregato! – Esclama con un sorriso Marco, rompendo la consegna concordata di entrare in un ruolo e di rimanerci. – Mi hai proprio spiazzato. Adesso come vado avanti? – Lo vedi? È difficile per il tuo direttore mantenere quel tono se tu fai un gioco diverso. Lui non ti ha nemmeno salutato, però tu lo puoi fare. Già qui tu lo puoi mettere in difficoltà spuntando un po’ la sua aggressività. Se tu lo saluti quando lui non ti saluta è probabile che si senta, da solo, un po’ maleducato. Non so se hai colto… – È vero, non ci avevo mai pensato. – Senza dirgli che si sta comportando da “cafone” lo puoi fare sentire a disagio senza esporti, senza criticarlo e soprattutto senza dirgli ciò che non vuole sentirsi dire. 21 – Non sarà facile per me fare una cosa del genere. – Abituato come sei a spaventarti, a giustificarti e scusarti subito… – E cosa dovrei fare? – Beh, una buona parte dipende da cosa fai tu. Diventando servile, servizievole, sottomesso diciamo che tamponi momentaneamente la situazione. Nel tempo di certo non risolvi. E poi, come ti senti con te stesso? – Mi faccio pena. – Anche se pensi di avere a che fare con una persona cattiva che devi contrastare non ce la farai mai. – Perché? – Non può funzionare. Lui ha un potere nei tuoi confronti, è sempre bene ricordarselo. – Non è però il mio caso anche se mi piacerebbe sapere contrastare queste persone. Purtroppo io cerco di assecondarlo e di non contrariarlo perché mi fa paura. – E la cosa funziona? – No. Con l’altro direttore però le cose non andavano così. – Quella era una persona molto diversa. Questo invece con te ci gioca, ti manipola. Non va tanto per il sottile e non si pone tutte le domande che tu ti fai. Il suo gioco è di intimorirti per garantirsi piena obbedienza, perché tu faccia tutto quello che lui vuole. – Scusa, ma un dirigente a quel livello non dovrebbe proprio comportarsi così! – Se lo ha fatto vuol dire che può farlo! Io sono molto concreta. Parto dalla constatazione che se una cosa capita vuol dire che può capitare. Non ti pare? – Certo. – E allora invece di dirti che il tuo direttore non dovrebbe essere così com’è, non dovrebbe trattarti così come in effetti ti tratta, non dovrebbe comportarsi come si comporta prova a dirti che lui di fatto è così, come lo vedi. Parti dalla constatazione che qualcosa che è successo di fatto c’è e ne prendi atto, allora sarà più facile che ti chieda cosa ti conviene fare senza perderti troppo in ragionamenti inutili. Dico bene? – Perfetto. È un’altra delle cose alle quali non avevo mai pensato. – Lui è così, parti da lì e cerca di capire che gioco sta facendo. Vuole garantirsi che tu rimanga così, servile e remissivo. Secondo me, tutto sommato, ti stima. – Questa poi! Mi stima? – Esclama Marco sbalordito. – Ma cosa stai 22 dicendo? Uno che non ti ascolta, ti aggredisce, non ti lascia il tempo di parlare sarebbe uno che ti stima? – Non mi hai detto che il direttore precedente ti ha presentato bene al capo? Avrà già visto di sicuro che sai lavorare, solo che non vuole darlo a vedere, non ti pare? Marco si ritrova nuovamente stupito da considerazioni tanto semplici quanto vere. – Ma allora perché si è comportato in quella maniera? – Non lo so, e non mi interessa più di tanto. Preferisco non stressarmi per i problemi degli altri, soprattutto se mi sono antipatici. Una mia amica è parente del capo dell’azienda dove lavoravo cinque anni fa. Me ne ha raccontate di tutti i colori. Pensa che veniva comandato a bacchetta dalla moglie e non fiatava. Anche la maglietta che indossava doveva andare bene alla moglie. Fuori dal ruolo in azienda era una persona completamente diversa. Un mastino al lavoro e una pecorella a casa. – Ma i motivi per cui uno fa così quali sono secondo te? – Chi lo sa! Forse ha mangiato pesante la sera, forse non fa sesso da mesi, forse il figlio gli ha sfasciato la macchina. Ti aspetti forse che ti venga a raccontare i veri motivi delle sue frustrazioni? – Ma se ne renderà conto? – Di sicuro non si rende conto che quando diventa aggressivo va a complicare non solo la vita degli altri ma anche la sua. – La sua? – Certo, che razza di rapporti pensi riesca ad avere con gli altri facendo in quella maniera? Uno così è capace di non avere nemmeno un amico vero. – Quindi magari non fa una bella vita! – Certo, può essere abile nel far sembrare quello che non è. Uno che occupa un posto del genere, che va a dirigere delle persone è ovvio che dovrebbe avere capacità umane di attenzione e di rispetto verso chi dirige. – Ma questo non succede. – Purtroppo è un grande dramma dell’umanità intera. Basta guardare quanti dittatori ci sono in giro anche oggi. Dal piccolo, penoso e ridicolo dittatorello frustrato da quattro soldi del tuo ufficio a quello che occupa un posto di ben maggiore responsabilità. Purtroppo quando uno, per le ragioni più varie, arriva ad occupare un posto di potere, può cominciare ad abbracciare solo logiche di potere ovvero di forza allo stato puro, più o meno mascherate o condite con falsi moralismi. – Stai facendo delle considerazioni molto tristi… 23 – Sono considerazioni tristi ma vere. Il potere si abbatte con altro potere magari di ben altro tipo, come il potere dell’autorevolezza. Se però chi ha comunque potere non sa nemmeno di averlo… – Cosa intendi dire con questo? – Spesso le persone non si rendono conto del potere che hanno, e si mettono a tremare come delle foglie al vento invece di utilizzarlo. – Non ci avevo mai pensato! – Bisogna essere consapevoli del potere che abbiamo, conoscerlo bene, altrimenti come facciamo ad utilizzarlo? – È vero, in quei momenti io non penso proprio di avere potere e sentendomi impotente mi spavento e mi blocco. Dopo una pausa per una telefonata, Angela rilancia. – Adesso però continuiamo il gioco, dai riparti. – Non va per niente bene la sua relazione di fine anno – riprende Marco. – Mi spiace che lei la valuti in modo negativo, io mi sono impegnata molto a stenderla. Mi può dire esattamente che cosa non va bene? – Tutto non va bene, non lo vede da lei? – Il mio stile è sempre stato questo, io sono abituata a scrivere in modo sintetico perché penso che questo renda facile ed agevole la lettura. Ma forse lei preferisce una relazione scritta diversamente. Mi può dire come? – Una relazione fatta come si deve. – Ribatte Marco che comincia nuovamente a trovarsi in difficoltà a mantenere un tono aggressivo di fronte a un tipo di risposte che non tradiscono paura. – Cosa intende dire per “fatta come si deve”? – Ampia, dettagliata, completa. – Se ho capito bene lei preferisce che la relazione non sia così sintetica e concisa come l’ho impostata io. Per il resto, mi pare che i contenuti non siano in discussione. Cercherò di rifare la relazione tenendo conto della sua richiesta. Se è d’accordo prima della stesura definitiva passo da lei per sentire il suo parere. – Basta, basta, ho capito come si fa. – Chiude Marco. – Per oggi può bastare, ho di che riflettere. Un caffè ci vuole proprio dopo tanti discorsi. – A proposito, tu come ti sei sentito prima quando parlavo della relazione? – Chiede Angela riponendo la tazzina. – Diciamo che se all’inizio non mi era difficile usare toni duri, alla fine 24 facevo fatica a sostenerli nei tuoi riguardi. Mi sentivo di fronte ad una persona forte, determinata, che sa quello che vuole. – Lo vedi? Non è poi tanto complicato, tutto si impara, ci vuole solo tempo e due idee chiare nella zucca. La cosa più interessante è però un’altra. Ti ricordi come ti sei sentito quando hai reagito in quel modo con il capo? – Mi ha trattato male, come vuoi che mi sia sentito! – Con te stesso intendo dire. – Un incapace, un perdente. – È questo il punto. Anche trattandolo in un altro modo non puoi mai essere sicuro di spuntarla. Lui può lo stesso continuare a fare l’autoritario. Però, anche se le cose non vanno come vorresti, almeno puoi essere contento di te, di quello che hai detto, di quello che hai fatto. Ti pare poco? – Certo non è poco. Il barista abbassa parzialmente le tapparelle. È il suo modo per dire che il bar chiude. Marco ed Angela hanno trascorso un bel pomeriggio d’inverno. Sono una volta di più consapevoli della loro fortuna: passare dei bei momenti insieme, riuscire a comunicare bene, a parlarsi, ad ascoltarsi, a conoscersi a vicenda. Marco si è confrontato, ha cercato di capire come vede le cose un’altra persona con la curiosità di chi è stanco di continuare a stare male e vuole imparare a vivere meglio. Domani deve andare a parlare con il direttore per trattare di una questione importante ma ora avverte meno tensione delle altre volte. Sente che le cose possono cambiare. Le ultime considerazioni nel baretto tra i due sono di tipo filosofico. Non potevano mancare in un pomeriggio così pieno ed intenso. – Non tutti i mali vengono per nuocere. – Afferma Marco. – Potremmo anche dirla diversamente. – Ribatte Angela. – Ovvero che non tutti quelli che ci sembrano mali sono veramente dei mali. Te lo ricordi Epitteto quando studiavamo alle superiori? – Io non ho mai studiato filosofia. – A me piaceva molto filosofia. Epitteto, ma non solo lui, duemila anni fa diceva che non sono le cose che ci fanno stare male, ma è il nostro modo di interpretarle. – Comincio ad essere d’accordo anch’io. Si potrebbe dire che il direttore mi ha permesso di imparare un sacco di cose su di me. Tu però mi hai aiutato molto. – Conclude Marco uscendo dal bar. – Certo, ma guarda che tu non hai solo problemi. Hai, tra le altre, una bellissima qualità, oggi sempre più rara. 25 – Ah sì? E quale sarebbe? – La voglia di imparare, di ascoltare e di confrontarti. È una vera fortuna, credimi. – Ne ho un’altra di fortuna, più grande ancora. Ho qualcuno che mi vuole proprio bene ed è in grado di aiutarmi! RIFLESSIONI Come avrai osservato, il racconto è già ricco di spunti di riflessione importanti. In questa sezione vengono ripresi ed approfonditi alcuni temi centrali emersi. 1.1 Non bastonarti anche tu Prova ad osservare con attenzione che cosa succede nel racconto. Dopo aver preso una sonora bastonata dal suo capo, Marco va avanti tutto il giorno a torturarsi, cioè a “darsele di santa ragione”. Prima sta male perché subisce l’aggressione del suo capo, poi peggiora le cose ed aumenta il proprio malessere, arrabbiandosi e “prendendosela” con se stesso. Non è proprio quest’ultima la cosa davvero più negativa? Potremmo dire che prima “le prende” e poi “se le suona” dandosi dello stupido, dell’incapace, dell’impedito, del perdente e rimproverandosi duramente per non essere stato in grado di reagire adeguatamente di fronte ad un individuo aggressivo. Fortunatamente ha accanto a sé una persona che non ha il suo problema, gli vuole bene, lo accetta così come è e lo aiuta a riflettere. Lo stimola a considerare soprattutto che, senza rendersene conto, aggiunge sofferenza a sofferenza nel momento in cui comincia ad autoaccusarsi e ad auto etichettarsi negativamente. Certo, per uscire favorevolmente dalla situazione che si è creata, la prima cosa che ti viene da pensare è che questa persona dovrebbe imparare ad affermarsi. Con chi utilizza atteggiamenti aggressivi ed autoritari sarebbe particolarmente utile sviluppare delle abilità di comunicazione in grado di gestire la situazione in modo più favorevole a sé. In realtà, però, se guardi con maggiore attenzione la situazione, non ti sarà difficile comprendere 26 che, oltre alla sofferenza psicologica derivante dall’essere stato trattato in un certo modo, ve ne può essere un’altra, a prima vista meno evidente della prima, ma sicuramente non meno importante. Ci riferiamo al fatto che Marco si procura un danno arrabbiandosi, oltre che con il suo direttore, anche con se stesso. 1.2 Evita di etichettarti Ti rispecchi, almeno in parte, nella situazione di Marco? Anche a te è capitato di essere aggredito da qualcuno e di torturarti magari per un intero giorno per non essere stato capace di reagire adeguatamente alla situazione? Se ti è successo qualcosa del genere, non pensare a te stesso come ad una persona perdente, sbagliata, con carattere debole, incapace e di poco valore. Siamo in realtà tutti condizionati da innumerevoli stereotipi e luoghi comuni assai nocivi: la personalità forte, il carattere debole, il temperamento volitivo, la persona fragile, etc.”. Tutti questi luoghi comuni costituiscono delle generalizzazioni e descrivono la realtà in modo non veritiero. Molte di queste stereotipie portano ad una visione “dicotomica” della realtà: da una parte ci sono le persone giuste, riuscite, capaci, di successo, vincenti, senza problemi e dall’altra le persone sbagliate, problematiche, incapaci, perdenti. La realtà è ben differente. Tutte le persone vivono dei problemi, chi in un ambito chi in un altro. Stai molto attento a queste etichette. Già gli altri con grande facilità e superficialità te ne appiccicano addosso molte, non è proprio il caso che ti ci metta anche tu ad etichettarti, così facendo ti fai solo del male. Le etichette più pericolose sono quelle che sentenziano delle definizioni indiscutibili e definitive. Esse contengono il verbo essere: sono un debole, sono un perdente, sono un fallito, sono un poco di buono, sono uno che vale poco. 27 Nella nostra logica, quella aristotelica, il verbo essere definisce inequivocabilmente le cose secondo il rigido principio di “non contraddizione”: se sono un perdente non posso essere un vincente. Alcune definizioni negative che dai di te stesso possono costituire delle vere e proprie trappole micidiali che ti costruisci con le tue mani. Liberatene al più presto senza indugi. 1.3 Non “sei” un problema, “hai” un problema Se ti dici “sono un problema” finirai per credere realmente che sei “tutto” un problema e che sei “solamente” un problema. Quando ti confronterai con gli altri tenderai a sentirti inferiore a loro, soprattutto se sei convinto che loro non hanno problemi e che comunque, se li hanno, sono più piccoli e meno gravi dei tuoi. In realtà, più realisticamente, puoi dirti “ho un problema” oppure una serie di problemi, anche complessi. In questo modo la tua definizione è più adeguata, aderente alla realtà, più rispondente al vero. Tu sei tante cose, non puoi essere solamente un problema. Sei una persona con mille risorse, esperienze, connotazioni e con una tua storia che ti caratterizza. Se ti dici una cosa del genere significa pensare a te stesso come completamente sbagliato, di valore inferiore agli altri e che non potrai combinare nulla di buono. Il modo di definirsi è estremamente importante. Vai a guardare le definizioni che ti dai, ti accorgerai che sono tantissime. Quando ti definisci, soprattutto se lo fai in modo rigido e con estrema convinzione, rischi di andare ad intrappolarti. In realtà noi tutti siamo in tantissimi modi diversi in altrettante situazioni differenti. Pensa solo ai ruoli che ricopri in una giornata. La mattina puoi essere un impiegato, un operaio, un dottore, a casa un marito, un padre, nel negozio sei un cliente, nella sala di attesa di uno specialista, anche se sei un medico, diventi a tua volta un paziente, all’ufficio esattorie sei un contribuente, se hai più di un partner sei un amante, in macchina sei un automobilista, se ti trovi in un letto di ospedale sei un malato. Siamo abituati ad usare il verbo essere ma, attenzione, siamo sempre tante cose ed in continuo cambiamento. Domani possiamo essere tante 28 altre cose ancora. Prova a ridurre all’essenziale una definizione di te: sei prima di tutto una persona che ha il primario bisogno di procurarsi una buona qualità della vita, la migliore che riesce. 1.4 Se hai dei problemi vali di meno? Vuoi cominciare a stare meglio? È meno difficile di quello che può sembrare. In questo volume più che soluzioni preconfezionate troverai interrogativi che stimolano la riflessione ed alternative di pensiero e di comportamento con le quali potrai confrontarti. Ci sono persone che legano il proprio valore alle proprie qualità, al potere, al prestigio, alla posizione sociale, al denaro, etc. e non alla cosa più importante: il loro valore “intrinseco” di essere persone. Alcune, rendendosi conto dei propri problemi e vergognandosi di questi, pensano perciò di valere meno degli altri. La presenza di problemi non dice nulla del tuo valore come persona, ma è semplicemente la traccia di una difficoltà dovuta ad esperienze vissute in passato. Prova a pensarci bene. Sei forse stato tu a suggerire alla cicogna dove farti nascere? Mentre volava alto e cercava un casa in cui portarti, le hai forse sussurrato in un orecchio: “Stai attenta, non sbagliare! Mi raccomando portami in una casa dove ci sono genitori accoglienti, maturi, intelligenti, onesti, capaci di amarmi veramente, di occuparsi amorevolmente di me, di farmi crescere con tanta cura ed attenzione in un ambiente sano”? Non hai certo tanti dubbi. Ti sei ritrovato a vivere in un’epoca storica, un luogo, una cultura, una società e soprattutto una famiglia, che non hai di certo scelto tu e hai dovuto “prendere”, come tutti del resto, quello che hai trovato. Se consideri, solo per fare un esempio, che hai trovato un padre autoritario che con il suo modo di fare ti ha messo tanta paura addosso, ma proprio tanta da ritrovartela ancora oggi, pensi che abbia senso incolparti di avere ora “quel” problema? Se ti accorgi di avere un problema, qualsiasi esso sia, anche molto complicato, non spaventarti. 29 È normale averli, tutti hanno dei problemi. Chi dice di non averne, ne ha sicuramente uno in più, ovvero quello di non rendersi conto di averne. 1.5 Cambia strada: smettila di giudicarti Torna al fatto di accorgerti di avere un problema. Il mondo è pieno di persone che vogliono insegnarti come risolverlo, ma molti ignorano, o sottovalutano, la cosa più importante: quella di accettarlo serenamente e di consideralo come un fatto normale che si è verificato e non come una colpa. Se non accetti pienamente la presenza di un problema e se cominci subito a giudicarti e a colpevolizzarti per questa fastidiosa presenza, rischi di attivare conflitti disturbanti dentro di te facendo poi molta fatica ad affrontarlo concretamente. Prima ancora di andare ad esplorarlo per comprenderlo ed organizzare un’azione capace di risolverlo, occorre che ti faccia una ragione realistica del fatto che un determinato problema abbia manifestato la sua presenza in te. Un problema è semplicemente la segnalazione che una tua difficoltà si è verificata. Non giudicarla: non è né giusta né sbagliata, è solo semplicemente una difficoltà, la tua, punto. Avrai tutto il tempo di esplorare quel problema con comodo, cercando di capire come è fatto, individuandone le possibili soluzioni ma, se non lo accetti serenamente, ti sarà molto difficile risolverlo. È vero, è sicuramente importante conoscere, affrontare e impegnarsi a risolvere i propri problemi. La questione centrale, che ha la precedenza su tutte le altre, è però quella di capire da dove partire, soprattutto se i problemi sono più di uno. Marco prima di risolvere il problema del cosa fare con il capo che si comporta in modo altezzoso, arrogante e strafottente, è bene che affronti il problema della rabbia che prova verso se stesso per non essere stato in grado di affrontare il capo. Che cosa riuscirà a combinare con il suo capo se è lui il primo che si maltratta quando si trova di fronte ad un proprio limite, ad una propria incapacità? Riuscirà ad esigere il rispetto dell’altro con tutta quella rabbia in corpo? Se non avrà sviluppato 30 un grande rispetto per “se stesso in difficoltà”, dove troverà la tranquillità, la forza e l’energia necessarie per affrontare la situazione così difficile nella quale si trova a dovere esigere rispetto da parte dell’altro? 1.6 Non mancarti mai di rispetto Parti da qui, dal fatto che quando, per vari motivi, vieni trattato male dagli altri, sarà bene che cerchi, almeno tu, di trattarti bene. Che cosa fare? La cosa più semplice di questo mondo: impara a rispettarti. Rispettarti significa anche divenire capace di vederti limitato, imperfetto, inadeguato e considerare ciò come naturale, normale ed inevitabile per tutti, nessuno, ma proprio nessuno, escluso. Significa sviluppare la capacità di essere tollerante e benevolo nelle situazioni in cui intraprendi azioni che non ti soddisfano, che non ti riescono o quando le cose non sono andate come avresti preferito. Il rispetto di te stesso si costruisce anche acquisendo, ampliando e, in particolare, mantenendo sempre una visione storica delle tue difficoltà. Non nasciamo tutti uguali. Abbiamo caratteristiche biologiche diverse e soprattutto storie ed apprendimenti assai differenti che ci connotano come “simpaticamente diversi” e fanno sì che ognuno di noi sia un pezzo unico ed irripetibile. Chi si spaventa e si paralizza in determinate situazioni, si sente così in quanto ha vissuto particolari esperienze emotive negative. Può faticare nel superamento di alcune difficoltà, ma non deve mai mancare di rispetto verso sé: mai, qualsiasi cosa succeda! È davvero sorprendente constatare come, a volte, in una vita intera, capiti che nessuno ti abbia aiutato a rispettarti. Eppure il rispetto di te, l’essere benevolo nelle difficoltà ed avversità è la cosa più importante che esista a questo mondo. Talora si insegna il rispetto per l’altro, ma non quello per sé. Lo si dà per scontato. Altro che scontato! Colpevolizzarti pesantemente, quando non sei riuscito a raggiungere un tuo obbiettivo, è l’operazione più assurda e dannosa che puoi fare. Prova a guardare la cosa in un altro modo. Invece di sfornare sentenze, giudizi, su di te, sugli altri, sul mondo intero, poniti altre domande: 31 Mi sono proposto obbiettivi raggiungibili, che dipendono da me? Ho usato strategie efficaci per conseguire ciò che desidero? Ho le risorse sufficienti per raggiungere una certa cosa? Ci sono le condizioni favorevoli affinché si realizzi “quella” determinata cosa che tanto desidero? Questi sono interrogativi che ti possono aiutare maggiormente a comprendere il perché di un insuccesso e che contribuiscono a riprogrammare un’azione più efficace. Possono diventare le “tue nuove domande” quando sperimenti un insuccesso. 1.7 Occupati della rabbia Nel racconto precedente l’emozione negativa prevalente in Marco, oltre la paura, è la rabbia. È arrabbiato con il capo ed è arrabbiatissimo con se stesso. Il primo aspetto fondamentale per affrontare bene la rabbia è comprenderne la direzione. Con chi ce l’hai, con gli altri o con te stesso? Sono due situazioni diverse, vanno affrontate separatamente. Già, farsi passare la rabbia è proprio un bel problema! Certamente quella verso gli altri può essere molto forte e procurare sofferenza, ma quella verso se stessi spesso è più dolorosa. Il protagonista della nostra storia si rende conto di farsi del male con gli auto rimproveri, ma non sa come uscirne. La moglie lo mette sulla strada giusta: “per risolvere la rabbia verso te stesso devi diventare meno severo, meno esigente nei tuoi confronti e soprattutto devi imparare ad accettarti come sei, senza giudicarti negativamente. Solo se ti accetterai sarai in grado di trovarti nelle condizioni migliori per intraprendere un cambiamento”. Di fronte agli avvenimenti frustranti, quelli che non ti piacciono, puoi quindi porti in un modo molto diverso. Parti da ciò che si verifica: hai difficoltà a trattare con le persone che si atteggiano nei tuoi confronti con modalità autoritarie. È un punto di partenza realistico, vero, aderente alla tua realtà. La tua storia giustifica ampiamente questa tua difficoltà, non angosciarti, non giudicarti e, soprattutto, non incolparti. Se vuoi imparare ad affrontare il tuo capo puoi riconoscere e rispettare ciò che ora ti caratterizza, ovvero la tua paura di fronte a chi si comporta in questo modo. Dopo, solo in seguito, potrai chiedere lumi, farti aiutare ad individuare cosa serve e che cosa funziona nei confronti delle persone che si comportano in modo autoritario e manipolativo. 32 La rabbia si origina dicendo a te stesso, e ripetendotelo, che non dovresti essere come sei, non dovresti fare quello che fai. Marco si arrabbia perché si dice che non “doveva fare” come ha invece effettivamente fatto. Si rimprovera di non essere stato capace di farsi valere, di farsi rispettare, di rispondere a tono, di non subire passivamente la situazione, di non fare l’ammissione di colpa e l’autocritica che poi gli è stata rivoltata contro. È indubbio che, se fosse stato capace di affermarsi e di interloquire diversamente, in un modo auto affermativo, le cose sarebbero andate diversamente. Fermati con attenzione su questo punto: ha senso dirti che non dovresti essere come invece realmente sei? Continuare a ripetertelo, ti risolve qualche cosa? La rabbia è un’emozione normalissima nel momento in cui rimane una naturale e momentanea reazione verso una frustrazione, nei confronti di qualcosa che non ci piace. Come tale è inevitabile in tutti ed ognuno ha una propria modalità nell’esprimerla esternamente. Può diventare, però, un’emozione patologica che ci provoca molta sofferenza. Quando permane nel tempo, quando acquisisce la capacità di invadere tutta la nostra vita, accecandoci ed oscurando tutto il resto, allora diventa un grande problema. Può portare ad atteggiamenti e comportamenti ostili che, oltre ad avvelenare e complicare la nostra esistenza, creano consistenti problemi nelle relazioni con gli altri. Possiamo quindi dire che, in termini generali, la rabbia nasce dal rifiutare, negare sistematicamente, in modo prolungato, la presenza di una realtà sgradevole, fastidiosa che però si è verificata. Il continuare ad accanirsi dicendo che quella cosa non doveva accadere non fa altro che accrescere la spirale di rabbia ed ostilità verso quella realtà. Modifichiamo la realtà procedendo in questo modo? Certo che no, anzi peggioriamo solamente le cose. Cosa fare? Prendere atto che qualche cosa è successo. Prendere atto significa accettare l’esistenza di qualcosa che c’è. 33 Una vera presa d’atto non significa rassegnarsi. Significa accettare ciò che accade e non accanirvisi contro per metterci nelle condizioni migliori per conoscere, e per poi affrontare, una realtà percepita come sgradevole. 1.8 Parla con te stesso in modo costruttivo Torniamo ancora al racconto. Marco quando parla con se stesso, invece di accanirsi astiosamente ed afinalisticamente contro il suo capo e contro se stesso, può dialogare con sé in un altro modo. Pensando al suo direttore, può dirsi: Non mi piace proprio, non mi sembra giusto il modo di fare di questa persona, non mi pare corretto il suo modo di impostare una relazione professionale. Questa persona, però, purtroppo c’è ed è pure il mio capo. Lui è fatto così, esattamente come lo vedo: aggressivo, colpevolizzante, svalutante e manipolativo. Ora non posso fare altro che prendere atto di questa situazione, per quanto fastidiosa e disgustosa possa essere per me. Poi, con calma, tenterò di capire che cosa posso fare concretamente per gestire una relazione con questo soggetto irrispettoso. È quindi più utile e costruttivo che Marco non sprechi la propria energia a ripetersi che il capo “non dovrebbe essere così com’è, non dovrebbe fare ciò che fa”, ma che la impieghi a studiare e sperimentare quale è il modo migliore per affrontare una situazione così delicata e complessa. Considerando invece le proprie reazioni di fronte ai comportamenti aggressivi e poco rispettosi, può parlarsi in un modo simile a questo: Non sono per niente contento e soddisfatto del mio modo di reagire in situazioni come queste. Non mi piace questo aspetto di me stesso. Però ora io sono così, ho questa difficoltà: mi spavento e mi paralizzo quando una persona si atteggia in modo autoritario con me. È una mia caratteristica sulla quale potrò lavorare per cambiare. Posso accettarla senza pensare che, a causa di questa, io sia una persona sbagliata e di poco valore. Posso invece considerare che questa difficoltà si origina dalla mia storia personale, da esperienze psicologiche vissute nel passato. Non ho motivo di vergognarmi e biasimarmi per essere come sono, né ha alcun senso giudicarmi negativamente o colpevolizzarmi per questa mia difficoltà. 34 Imparando a dialogare in modo positivo con te stesso la rabbia gradualmente calerà. Assumerai così una posizione più “razionale”, “utile ed opportuna a te” dove utilizzerai tutta la tua intelligenza e le tue risorse. In questo modo sarai nelle condizioni migliori per evitare di “farti del male” e soprattutto per escogitare un piano che ti permetta veramente di cambiare, magari anche solo in parte, le cose che non ti piacciono. Troverai, nella scheda 1 di autoaiuto, molti stimoli concreti utili per affrontare le persone aggressive e manipolative. Tutto ciò funzionerà solamente se saprai porti in una situazione mentale in cui hai risolto il problema della rabbia. In fondo lo sai bene anche tu, ma può succedere che ti comporti come se non lo sapessi: una realtà sgradevole non si modifica solo perché ti metti a strillare forte. Anzi, così facendo, vai solo a stressarti e a crearti forti malumori interni che ti porteranno a reagire in modo aggressivo e ostile provocando a loro volta altra ostilità ed aggressività nell’altro. 1.9 Non farti manipolare Affrontati i problemi che puoi procurarti da solo, passiamo ora a guardare quelli che ti creano gli altri. Ricordalo bene: sono questioni molto diverse, da separare con attenzione e da affrontare in modo distinto. Prima affronta i problemi che, senza accorgerti, ti procuri da solo giudicandoti negativamente, colpevolizzandoti, etichettandoti con definizioni bugiarde e rifiutando di accettare la realtà così come si presenta. In questo modo ti metterai nelle condizioni migliori per affrontare i problemi che gli altri possono procurarti. Veniamo alle persone che ti creano problemi con i loro atteggiamenti poco rispettosi. Ne avrai certamente conosciute, ve ne sono veramente tante in giro. Nello specifico, considera chi gestisce il potere in modo autoritario, manipolativo ed aggressivo. Generalmente ha affinato una capacità particolare nel riconoscere i soggetti che hanno difficoltà ad affermarsi. Li identifica immediatamente. Sono soggetti che tendono ad essere remissivi ed a subire, hanno comportamenti passivi, mandano segnali di paura, diventano con facilità succubi, rinunciatari e servizievoli. Possiamo dire che, sostanzialmente, non sanno fare valere i propri diritti e tendono a colpevolizzarsi con facilità. 35 Si tratta di persone anche molto intelligenti e spesso particolarmente corrette, generose ed attente agli altri ed ai loro bisogni, ma, e questo è il problema, non altrettanto ai propri. Pongono i bisogni, le preferenze, i desideri degli altri prima dei propri. Purtroppo, per questioni psicologicoeducative si sono abituate così. Chi si comporta in modo passivo, remissivo e rinunciatario è esposto maggiormente ad atteggiamenti manipolativi. Oltre a ciò, non essendo contento di sé e dei propri atteggiamenti, si logora internamente con conflitti fastidiosi. Eh sì, ci sono persone senza scrupoli che si approfittano degli altri facendo leva sulle loro difficoltà. Sono dei professionisti della manipolazione, e sanno come procedere per indurre gli altri a fare ciò che loro vogliono. Alcuni risultano essere chiaramente grossolani nel loro modo di rapportarsi e i loro comportamenti appaiono manipolativi in modo evidente. Attenzione però, altri sono manipolatori mascherati. Sovente si atteggiano con molta gentilezza e cortesia e possono anche sembrare rispettosi degli altri. Certamente questi sono i più pericolosi, in quanto hanno affinato la capacità di nascondere il loro essere manipolativi. È più difficile, ovviamente, sapere identificare e difendersi da questo tipo di manipolazioni mascherate. Molte di esse sono rappresentate dalle manipolazioni affettive che puntano ad indurre nell’altro, in modo sottile, sensi di colpa. Un esempio può essere costituito da questa affermazione di un genitore alla figlia adolescente che chiede di rientrare tardi la sera: “stai pure fuori fino a tardi, ma sappi che non chiuderò occhio finché non ti sentirò rientrare”. SCHEDA 1 In questa sezione troverai dei riferimenti che possono essere alternativi a quelli che ti sei abituato a seguire e che sono in grado di aumentare il tuo benessere. Si tratta di comportamenti, pensieri e ragionamenti capaci di incidere profondamente nel modificare certe tue emozioni negative. Alcuni, probabilmente, non li hai mai presi in considerazione e possono costituire delle vere e proprie novità. Altri, magari, un po’ li conosci, ma forse non li hai valutati nella loro importanza. 36 Puoi analizzarli, rifletterci sopra e decidere di farli diventare i tuoi nuovi riferimenti, soprattutto sperimentandone, nella tua esperienza, l’efficacia. 1.10 Non crearti altra sofferenza – Quando, per qualsiasi problema, stai male, osserva con attenzione che cosa succede dentro di te. – Soprattutto osserva che cosa ti stai dicendo quando parli con te stesso. – Cerca di capire se ti stai accusando di qualche cosa, se ti stai incolpando, se ti stai accanendo in un qualche modo contro te stesso. – Se ti stai accusando, se ti stai affliggendo attribuendoti delle colpe, ti metti in una situazione sfavorevole per risolvere il tuo problema. – Cerca di localizzare bene quale accusa ti stai facendo: non dovevo dire, non dovevo fare, non dovevo reagire in un certo modo, etc. – Prova a considerare queste accuse semplicemente come dei pensieri negativi che stanno passando per la tua mente in quel momento. – Tu “non sei” quei pensieri, tu “hai” quei pensieri in quel momento, in quella situazione. – Se hai fatto oppure hai detto qualche cosa che non ti è piaciuto, puoi pensare che vi sono ragioni per cui in quel momento ti sei comportato in questo modo: richiamale alla tua memoria e rispettale. – Prova a pensare, anche se non ti piace, che quanto è successo, è successo. Può succedere, per mille motivi anche al di là della tua responsabilità. – Se non ti senti nelle condizioni emotive adatte ad affrontare un problema, fermati lì per ora. 37 – Potrai analizzare e ricercare le ragioni delle tue scelte e dei tuoi comportamenti con calma più avanti quando avrai una situazione emotiva più favorevole. – Considera che, nel momento in cui ti colpevolizzi o ti arrabbi, ti stai facendo del male e non risolvi nessun problema. 1.11 Perché sei così severo? – Evita di giudicarti e considera che le cose succedono per tante ragioni e possono essere difficili da comprendere. – Non diventare severo, non chiedere a te stesso di volere comprendere “subito” e “tutto”, in modo esaustivo. La realtà spesso è complessa. – Considera con attenzione che per “vedere bene, capire questioni complesse” tante volte ci vuole tempo e non è sufficiente avere “occhi buoni”. È molto ingenuo pensare che se non vedi bene le cose, se non le comprendi, questo dipenda solo da te, dalla tua vista. – Non incentrarti solo su di te quando fai delle analisi: tu non sei al centro dell’universo e il mondo non gira attorno a te. Le cose spesso succedono non per merito o demerito tuo, ma per tantissime ragioni, molte delle quali esterne a te. – Puoi cominciare a considerare che per vedere, capire, ci vogliono soprattutto condizioni di “visibilità”. Se non c’è sufficiente luce pensi forse che, per riuscire a leggere, devi impegnarti di più oppure metterti degli occhiali differenti? – Considera nella giusta importanza gli aspetti emotivi ed affettivi. Se sei coinvolto emotivamente non è quello il momento opportuno per fare troppe analisi, le farai più avanti quando sarai in condizioni psicologiche diverse. – Valuta che per affrontare un problema occorre che ci siano condizioni favorevoli. Se non sarai sufficientemente sereno e consapevole ti sarà difficile risolvere alcunché. 38 – Per essere sereno devi essere in pace con te stesso, non disturbato da conflitti interni. – Molti conflitti sono originati dalla mancata accettazione di come sei realmente. – Puoi accettare serenamente di non essere riuscito ad essere come avresti voluto. – Prendi atto che non sei riuscito a comportati come ti sarebbe piaciuto e considera ciò del tutto normale. – Puoi accettare tranquillamente di essere, come tutti gli altri, una persona limitata, che può avere difficoltà, problemi. – Considera che è inevitabile avere problemi, difficoltà, limiti e che tutte le persone hanno problemi. – Non crearti altri problemi tormentandoti internamente con giudizi ed accuse assurde. 1.12 Se ti arrabbi cambi qualcosa? – La rabbia è un’emozione normale per chiunque. – Puoi considerare normalissima anche una tua reazione scomposta ed inusuale per te in determinate situazioni, nel momento in cui è una reazione immediata, spontanea e momentanea. – Puoi accettare serenamente che non sempre le tue reazioni, soprattutto in certe situazioni, sono come ti piacerebbe fossero. Tollera queste reazioni immediate e considerale normali. – Osserva se questa rabbia è molto intensa e soprattutto se rimane a lungo dentro di te, se comincia a diventare astiosa, cronica e ti fa sentire tensione per ore, giorni oppure anche mesi, facendoti soffrire. 39 – Invece di porti in una situazione vittimistica di chi si sente oggetto di gravi ingiustizie e imprecare contro alcuni tipi di persone, “prendi atto” di ciò che succede. – Prova a dirti semplicemente: “questo è ciò che succede, lo vedo bene, è così”. Non aggiungere altro, prendine atto e basta. – Puoi giustamente dirti che non ti piace per niente quello che vedi, che preferiresti che non fosse successo. Perfetto, stai descrivendo esattamente delle tue preferenze. – Pensa che le cose non chiedono il tuo permesso per succedere: accadono e basta, per mille motivi complessi. – Succedono spesso al di là di te ed indipendentemente da te. – Succedono sia che ti piacciano sia che non ti piacciano proprio. – È nell’intelligenza, e soprattutto nella tua convenienza, accettarle esattamente come sono, se vorrai potrai agire per cercare di modificarle nel modo più favorevole che ti riesce. – Se ti dici che quello che c’è non dovrebbe esserci, affermi un’assurdità: quello che succede, se succede, vuol dire che “può” succedere, non esiste che “non dovrebbe succedere”. – Il prendere atto di qualcosa è il punto di partenza per esaminare con attenzione una determinata realtà per quanto essa possa essere fastidiosa. – Le cose cambiano non certo quando imprechi per giorni e giorni per ciò che succede ma quando prima cerchi di conoscere bene i problemi e poi ne ipotizzi e sperimenti soluzioni valide. 1.13 Impara a diventare più assertivo Osserva bene che cosa succede – Se ti senti tra coloro che faticano a comprendere come alcune perso40 ne riescano a farti fare ciò che vogliono, puoi cominciare ad osservare con maggiore attenzione come ciò accada. – Puoi cominciare ad affinare la tua osservazione, guardando le cose in modo più obbiettivo e realistico. – Quando un individuo manipola, cerca di raggiungere i propri obbiettivi senza considerare l’altro, i suoi bisogni, le sue preferenze, non necessariamente è una persona cattiva che vuole farti del male o che ce l’ha con te; semplicemente vuole raggiungere le proprie finalità e non si cura di considerare e rispettare le tue. – Puoi vedere che talvolta da una parte c’è qualcuno che manipola e dall’altra qualcun altro che si fa manipolare. – Altre volte vedrai che c’è qualcuno che manipola a prescindere dal fatto che l’altro si faccia manipolare. Rivedi alcuni presupposti disfunzionali – Non dare per scontato che gli altri “debbano essere” o “debbano comportarsi” come “tu” sei e come “tu” ti comporti. – Alcune persone, per un loro e non per un tuo problema, non si pongono in relazione con te rispettando la tua persona, le tue esigenze, i tuoi diritti. – Non è detto che, siccome tu sei rispettoso nei confronti dell’altro, allora di sicuro l’altro lo sarà nei tuoi. – Non ha alcun senso aspettarsi sempre e “pretendere” che gli altri siano corretti, rispettosi, disponibili nei tuoi confronti. – Non aspettarti che gli altri siano, la pensino, scelgano come piace a te. – Gli altri possono essere anche molto diversi da te. Possono avere storia, esperienze, caratteristiche, problematiche, finalità, risorse e, soprattutto, valori molto differenti dai tuoi. 41 Guarda “che cosa fa” chi è aggressivo e manipolativo – Quasi sempre chi manipola ha una comunicazione non verbale caratterizzata da mimica, voce, sguardo, postura, gesti aggressivi. A volte l’aggressività e la mancanza di rispetto sono invece mascherate. – Solitamente il “manipolatore” punta a colpevolizzare, a svalutare, a disprezzare, a sminuire e a far sentire l’altro a disagio in tanti modi. – Nella comunicazione utilizza facilmente il sarcasmo, cerca di ridicolizzare, travisa il senso generale delle comunicazioni, utilizza solo una parte del discorso dell’altro, quella che gli è utile per dimostrare le proprie ragioni e raggiungere i propri scopi. – Avrai già visto, nella tua esperienza, che chi manipola, ti prende alla sprovvista, ti brucia sul tempo, non ti concede lo spazio per ribattere. – Chi manipola talora può anche utilizzare le tue parole, le cose che hai fatto e, senza considerarne il contesto, scagliartele contro per avvallare e giustificare le proprie scelte. – Egli cerca di non esporsi, di non uscire allo scoperto, di “non prestare il fianco” ma di fare esporre l’altro, di evidenziare le sue difficoltà, i suoi errori, i suoi limiti. – Solitamente utilizza una modalità comunicativa caratterizzata dal non ascoltare, dal fare finta di ascoltare o dall’ascoltare solo per ribattere meglio. – Se lavora in equipe ed ha un ruolo con mansioni direttive, di fronte a scelte che andrebbero condivise, fa il “democratico” con strane discussioni nelle quali finge di dibattere decisioni che, in realtà, ha già preso e che di fatto impone. Affronta efficacemente i comportamenti aggressivi e manipolativi – Di fronte ad una persona che ti vuole manipolare, ovvero che vuole farti fare ciò che vuole senza considerare la tua persona, i tuoi bisogni, le tue caratteristiche, fermati e rifletti. 42 – Rifletti innanzitutto sul fatto che può essere difficile per tutti sapere gestire una situazione del genere. – Considera che dovrai impegnarti ad acquisire e sperimentare abilità comportamentali anche complesse. – Se hai buone capacità di osservazione non ti sarà difficile considerare dei modelli di persone che, senza essere aggressive, sanno farsi rispettare. Guarda cosa fanno di diverso da te. – Pensa soprattutto che è l’altro fuori posto ed irrispettoso e non tu. – Le difficoltà che sperimenti sono provocate dall’altro che ti pone volutamente a disagio aggredendoti, cercando di importi i suoi obbiettivi, utilizzando il suo potere, la sua autorità senza porsi troppe questioni relative al rispetto ed alla considerazione di te, dei tuoi bisogni e delle tue preferenze. – Il disagio, provocato dall’esterno, può stimolarne un altro interno, preesistente in te. Quando l’altro ti colpevolizza, per esempio, può fare leva sulla tua tendenza a colpevolizzarti. – Se non ti senti sufficientemente attrezzato per affrontare situazioni del genere, accetta comunque questa tua difficoltà senza autoaccusarti o svalorizzarti. – Se chi manipola ha un ruolo di potere nei tuoi confronti la situazione può diventare realmente difficile. – Quando “senti” il potere dell’altro non farti suggestionare. Cerca di essere obbiettivo, non sottovalutando il tuo potere. Non sottovalutarlo mai: se qualcuno cerca di negarlo o sminuirlo spesso significa che ne ha paura. – Cerca di essere il più razionale possibile e di accedere a tutte le tue risorse personali, soprattutto intellettuali. – Parti dal fatto che hai bisogno di sperimentare e che, quindi, non potrai che procedere per tentativi ed errori. 43 – Metti in conto diversi insuccessi: sono inevitabili. – Pensa che ogni insuccesso, se ben rielaborato da te, può diventare un elemento di conoscenza che ti potrà essere utile per una prossima occasione. – Ricerca un tuo stile per affrontare questo tipo di situazioni. Dovrai trovare un modo ritagliato sulla tua misura, su come sei fatto tu, con le tue caratteristiche, le tue qualità, i tuoi limiti. – Soprattutto non copiare dagli altri, segui una tua strada. – L’esperienza è fondamentale per uscirne bene. Se non ce l’hai non fartene un problema, te la puoi costruire. – Quando l’altro cerca di farti esporre, fermati un attimo. Considera che puoi prendere tempo, non rivelare subito il tuo punto di vista, la tua posizione. In questa maniera imparerai a proteggerti, a tutelarti, preparandoti con calma una risposta adeguata alla situazione. – In tutti i casi guarda bene come stanno le cose. In particolare cerca di capire se, ed in quale maniera, tu offri, inconsapevolmente, degli appigli per cui poi l’altro ti può manipolare con più facilità. – Evita di esprimere autocritiche ed ammissioni di colpa: se uno è intenzionato a manipolarti, cercherà di utilizzarle contro di te. – Più che “fare il buono” ed il “comprensivo” con queste persone, ti serve cercare di essere scaltro e di non offrire nessun pretesto ed appiglio fino a quando percepirai un atteggiamento manipolativo. – Presta molta attenzione a non giustificarti. Si giustifica di solito chi si sente in colpa, per cui quando lo fai, mandi un messaggio all’altro in cui ammetti la tua colpevolezza. Chi hai davanti può fare leva su questo per piegarti al suo volere. – Se chi hai davanti ti colpevolizza, svaluta, disprezza, non scendere al suo livello. 44 – Punta soprattutto a diventare pienamente consapevole di possedere una serie di diritti e che è giusto che tu li affermi. – Hai il diritto di esprimere te stesso, le tue emozioni, opinioni, preferenze, nella modalità che preferisci. – Hai il diritto di dire di no ad una richiesta, di dissentire, di cambiare parere e di effettuare scelte diverse da quelle degli altri prendendotene la responsabilità. – Non permettere che chi ti disprezza riattivi in te difficoltà che puoi avere rispetto alla tua autostima o a qualsiasi altro problema. Stronca sul nascere pensieri auto lesivi di ogni genere: l’altro può non rispettarti, tu invece lo puoi. – Pensa che, anche nel caso che tu abbia sbagliato qualcosa, non è mai giustificato che qualcuno ti aggredisca o ti manipoli. – Considera che quando uno ti aggredisce o ti manipola è lui ad avere un problema, quello di non essere capace di rispettare una persona. – Poni la massima attenzione a “quello che fai tu” e meno a “quello che fa l’altro”. – Non farti suggestionare quando il gioco dell’altro si fa duro. Concentrati con calma a studiare un tuo gioco di risposta volto ad esigere rispetto. Se non sai che pesci pigliare prendi tempo, rimani in una posizione passiva, di attesa, non esporti immediatamente. – Considera il potere che hai nel condizionare, anche notevolmente, nel ridurre, limitare o, in molti casi, impedire completamente la manipolazione. – Se non sei nelle condizioni di riuscire a modificare la situazione, puoi accettare serenamente ciò che è successo anche se non è come ti piacerebbe fosse. – Cerca di “relativizzare” il fatto di non essere riuscito a raggiungere ciò che avresti voluto. 45 – Considera bene il contesto all’interno del quale si inserisce quel fatto e pensa che potrai concentrarti su altre scelte importanti per la tua vita. – Se qualche cosa ti ha procurato un danno, vedi di non drammatizzarlo ed enfatizzarlo: se ti arrabbi e rimani in questo stato per tanto tempo non farai altro che aggravare il danno. 46