Legge 689 – Singoli Aritcoli e Giurisprudenza

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Legge 689 – Singoli Aritcoli e Giurisprudenza
Legge 689 – Singoli Aritcoli e Giurisprudenza
ART.1 Principio di legalità.
Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una
legge che sia entrata in vigore prima della violazione.
Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i
tempi in esse considerati.
Nell’evidente impostazione codificatoria, l’art.1 richiama il principio di legalità, ben
noto nel diritto penale, non sconosciuto negli ambiti sanzionatori del diritto
amministrativo e direttamente ricollegato a processi costituzionali di ordine generale.
Come è noto, il principio di legalità può essere articolato secondo tre specificazioni:
- la necessità di una espressa previsione di legge (riserva di legge);
- l’anteriorità della previsione legislativa rispetto alla condotta punibile;
- l’irretroattività e la non ultrattività della norma punitiva.
Si è ripetutamente affermato che l’adozione dei principi di legalità, irretroattività, e
divieto di applicazione analogica risultanti dall’art.1 della legge depenalizzatrice
comporta l’assoggettamento del comportamento considerato alla legge del tempo del
suo verificarsi, con conseguente esclusione della disciplina posteriore abrogatrice o più
favorevole (Cass. Civ., sez.II, 28 gennaio 2008, n.1789; Cass. Civ., sez I, 4 luglio
2003, n.10582; Cass. Sez. lav., 5 novembre 2003, n.16630)
Ne consegue che, anche in base al disposto dell’art. 77 della Costituzione (che
riconosce al Parlamento la facoltà di regolare con legge i rapporti sorti in base ai
decreti legge non convertiti), deve ritenersi costituzionalmente legittima la legge che,
in deroga a quanto stabilito nell’art.1 della citata legge n.689 del 1981, faccia salve le
sanzioni già applicate per illeciti amministrativi previsti da decreti legge non convertiti
(nella specie, legge n.4 del 1997, il cui art 1 comma quinto ha espressamente
dichiarati validi i provvedimenti irrogativi di sanzioni amministrative previste dal pur
decaduto decreto legge n.298 del 1996) Cass.civ., sez I, 14 febbraio 2003, n.2203.
3) Gli effetti della riserva di legge
A norma dell’articolo 1, con il richiamo “..in forza di legge..” si è certamente voluto
affermare che deve essere la legge direttamente a dare forza al processo
sanzionatorio: cioè, si è dovuto disporre che la sanzione amministrativa può essere
imposta soltanto mediante una norma di legge in senso proprio.
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4)La mancata tipizzazione dell’illecito amministrativo
Rispetto al principio di legalità vigente nell’ambito del diritto penale, la riserva di legge
nel diritto amministrativo sanzionatorio presenta qualche differenza.
5) IL problema della legge regionale e dei regolamenti.
La riserva di legge è riferita non alla legge in senso formale, ma alla legge intesa in
senso sostanziale. Rientrano nella nozione di legge in senso sostanziale anche i
provvedimenti di carattere generale emessi dagli organi legislativi regionali nell’ambito
delle materie di competenza delle singole regioni.
6) Natura afflittiva della sanzione amministrativa
La sanzione amministrativa sostituita alla pena dell’ammenda e della multa (e, in
qualche caso, anche all’arresto: vedi art. 33 della legge n.689/ 1981 e le successive
leggi depenalizzatrici) si concentra nell’obbligo di pagare una determinata somma.
Essa ha, dunque, come contenuto un’obbligazione e come oggetto una somma di
denaro.
In tema di sanzioni amministrative, qualora la legge statale, per la configurazione di
illeciti amministrativi, faccia ricorso ad elementi normativi desumibili da fonti diverse,
anche di natura comunitaria, la modifica anche solo parziale, delle disposizioni
richiamate, quando esse siano menzionate in modo specifico, rende la sanzione
inapplicabile, purchè la modifica delle disposizioni richiamate per la determinazione del
precetto non abbia solo carattere formale, ma incida in modo sostanziale sulla sua
configurazione.
Il sistema della legge 24 novembre 1981, n.689, preserva il principio della natura
personale
della
responsabilità,
disciplinando
rigorosamente
i
profili
della
“
imputabilità” (art.2) dell’elemento soggettivo della violazione (art.3), delle “cause di
esclusione della responsabilità” (art.4), del “concorso del personale” (art.5); lo stesso
profilo di deroga ad esso apportato attraverso l’istituto della “solidarietà” (art.6) resta
rigorosamente circoscritto e delimitato e la sua disciplina non tollera interpretazioni
che, estendendo l’ambito delle fattispecie in essa espressamente contemplate,
comportino il mancato rispetto del principio della “riserva di legge” fissato nell’art 1
(fattispecie relativa ad ordinanza-ingiunzione, irrogativa di sanzioni per infrazioni alle
norme sulla vaccinazione obbligatoria; la S.C., nell’affermare il principio che precede,
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ha cassato la sentenza del giudice di pace che aveva configurato un’unica violazione e
la responsabilità solidale dei genitori per la mancata sottoposizione della figlia minore
alle vaccinazioni contro la poliomielite, il tetano, la difterite e l’epatite B) Cass.civ.,
sez. II, il 30 giugno 2006, n.15088.
In tema di regolamentazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, la
legge n.146 del 1990 configura in termini sufficientemente definiti il precetto e la
sanzione prevista in ipotesi di violazione dell’ordinanza di cui all’art. 8 della legge
stessa, fissando l’oggetto ed il limiti dell’ intervento amministrativo ed escludendo
valutazioni sulla scelta del tipo di comportamento da sanzionare
3) Sanzioni disposte da decreto legge non convertito in legge
La legge sanatoria, nella forma della “clausola di salvezza” di tutti gli atti e i
provvedimenti adottati, degli effetti prodottisi e dei rapporti giuridici sorti sulla base di
un D.L. non convertito, con il quale sia stata introdotta ex novo nell’ordinamento una
fattispecie di illecito amministrativo, costituisce fondamento idoneo alla sanzionabilità,
da parte dell’ Amministrazione, dell’illecito, che sia stato commesso durante la
provvisoria vigenza del decreto stesso, atteso che detta sanatoria,con la quale il
potere
eccezionale
attribuitogli
dall’art.77
terzo
comma,
Cost.,
equivale
sostanzialmente ad una conferma retroattiva dell’efficacia del D.L. medesimo,
limitatamente al periodo di temporanea vigenza di esso ed alle situazioni giuridiche
verificatesi nel periodo stesso
4) Normativa regionale e delle provincie autonome
Il principio della riserva di legge fissato nella materia delle sanzioni amministrative
dell’art 1 della legge 24 novembre 1981, n.689 impedisce che l’illecito amministrativo
e la relativa sanzione siano introdotti direttamente da fonti normative secondarie, ma
non escluse, tuttavia, che i precetti della legge
5) Irretroattività delle depenalizzazioni
5-a) Principi generali
L’art 1 della legge n.689 del 1981 sancisce il principio di legalità anche per l’illecito
amministrativo, sicché in assenza di una norma specifica che consenta l’applicazione
di detta sanzione retroattivamente (ex gr.artt.40 e 41 legge n.689 del 1981), essendo
stato costituzionalizzato il principio di irretroattività solo per la materia penale
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dall’art.25 Cost., la stessa non può essere applicata che per l’avvenire. Né può
invocarsi il terzo comma 2 c.p.
La sanzione amministrativa prevista dall’art.26, L.28 febbraio 1987 , n.56 per la
violazione dell’obbligo di assumere lavoratori tramite ufficio di collegamento (prima
sanzionata penalmente dall’art.27, L.264 del 1949) non può essere- in mancanza di
un’espressa diversa disposizione-essere applicata per le infrazioni commesse prima
dell’entrata in vigore della stessa L.n.56 del 1987
6) Inapplicabilità della legge posteriore abrogatrice
In materia di illeciti amministrativi, l’adozione dei principi di legalità, irretroattività e
divieto di applicazione analogica, risultante dall’art 1 della legge 24 novembre 1981,
n.689, comporta l’assoggettamento del comportamento considerato alla legge del
tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore
abrogatrice o più favorevole.
7) Inapplicabilità della disciplina posteriore più favorevole
7-a) Questioni di costituzionalità
In tema di sanzioni amministrative è manifestamente infondata, in riferimento all’art.3
della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art.1 secondo comma,
della legge 24 novembre 1981, n.689 nella parte in cui non prevede che se la legge in
vigore nel momento in cui è stata commessa la violazione e quella posteriore sono
diverse, si applichi quella più favorevole all’incolpato, atteso che non è dato rinvenire,
in caso di successione di leggi nel tempo, un vincolo imposto al legislatore nel senso
dell’applicazione della legge posteriore più favorevole, rientrando nella discrezionalità
del medesimo, nel rispetto del limite della ragionevolezza, modulare le proprie
determinazioni secondo criteri di maggior o minor vigore a seconda delle materie
oggetto di disciplina.
Trasformazione successiva dell’illecito amministrativo in illecito penale.
Allorché un fatto, già sanzionato come illecito amministrativo, non abbia perduto il
carattere di illiceità, ma lo abbia visto aggravarsi, assurgendo al rango di illecito
penale, non può tenersi conto del più grave regime. Ne consegue ulteriormente che,
anche nel caso in cui la condotta, originariamente sanzionata in via amministrativa e
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poi
assoggettata
a
sanzione
penale,
venga
successivamente
depenalizzata,
legittimamente può essere applicata la sanzione amministrativa.
Art. 2. Capacità di intendere e di volere.
Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi, al momento in cui ha
commesso il fatto, non aveva i diciotto anni o non aveva, in base ai criteri indicati dal
codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non
derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato.
La nozione di capacità di intendere e di volere.
La capacità di intendere consiste nell’attitudine del soggetto a rendersi conto della
realtà circostante, a percepirla e a valutarla correttamente. La capacità di volere è la
possibilità di autodeterminarsi scegliendo il proprio comportamento.
La maggiore età, ai fini del diritto amministrativo sanzionatorio. Il nuovo
codice della strada.
Il tenore letterale della norma contenuta nel primo comma lascia intendere che al di
sotto dei 18 anni non esiste capacità in relazione alle sanzioni amministrative: cioè, fa
ritenere che la capacità di diritto amministrativo sanzionatorio (nelle materie
disciplinate
direttamente
e
indirettamente
dalla
legge
689/1981)
si
acquista
unicamente al compimento del diciottesimo anno e coincide con la maggiore età del
diritto civile. E’ evidente che anche i minorenni sono tenuti all’osservanza in genere
delle norme di condotta imposte indifferenziatamente ai pedoni, ai ciclisti, agli
utilizzatori degli spazi pubblici in cui avviene la circolazione o si svolgono attività di
vita che con questa interferiscono (uscita dalla scuola; giuochi sui marciapiedi o nelle
piazze). Ma, più specificamente, esistono nel codice della strada disposizioni che
presuppongono nei loro destinatari una età minore e per la cui cogenza, comunque,
non occorre affatto l’aver maturato l’età maggiore.
“I criteri indicati dal codice penale”
Per individuare la mancanza della capacità di intendere e volere nonché le cause che
tale mancanza possono determinare, devesi ricorrere ai “ criteri indicati dal codice
penale”
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Questi criteri sono:
A)Minore età.
Come
si
è
accennato,
la
giurisprudenza
ha
ripetutamente
affermato
che
l’infradiciottenne non ha capacità di intendere e di volere e, pertanto, non può essere
destinatario di responsabilità per le sanzioni amministrative.
B)Infermità di mente.
Per infermità di mente si intende uno stato mentale che deriva da infermità e che
esclude o diminuisce la capacità di intendere o volere. Come è noto, l’infermità
consiste essenzialmente in una malattia, in uno stato patologico o processo morboso:
esso deve riguardare la mente, cioè la capacità di capire, ragionare, percepire il
mondo esterno, avere memoria, avere capacità di discernere e valutare. E’ sufficiente
che l’infermità influisca o sulla capacità di intendere o sulla capacità di volere.
C) Sordomutismo.
Si è per lungo tempo ritenuto che l’impossibilità di comunicare pienamente con i
propri simili, a causa di impedimenti fisici, determinasse una corrispondente
impossibilità di completo sviluppo psichico e di inserimento sociale.
D) Ubriachezza
Il codice penale distingue varie ipotesi, differenziando per esse il trattamento punitivo
è l’applicazione delle eventuali misure di sicurezza accessorie.
Il difetto di capacità, procurato su sé stessi o su terzi.
Il difetto di capacità può essere preordinato al fine di commettere un illecito o
prepararsi una scusante: è il caso di chi si droga per avere il coraggio di rapinare un
passante, di chi si fa ipnotizzare per eseguire un furto.
La responsabilità per il fatto dell’incapace.
La responsabilità per il fatto dell’incapace è attribuita al soggetto che per una
situazione di fatto o per contratto è tenuto a sorvegliarlo.
La prova di non aver potuto impedire il fatto.
In mancanza di qualsivoglia diversa indicazione normativa, la prova di non aver potuto
impedire il fatto commesso dall’incapace deve essere valutata secondo l’articolo 2047
codice civile.
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La responsabilità amministrativa delle società per fatti di reato commessi da
rappresentanti o dipendenti.
Il D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231, ha introdotto nell’ordinamento una peculiare forma di
responsabilità di natura amministrativa a carico di società ed enti per fatti commessi
da loro rappresentanti e/o dipendenti e che costituiscono reato.
•
A norma dell’art.2, L.24 novembre 1981, n.689 l’imputabilità dell’autore della
violazione costituisce presupposto indefettibile della responsabilità; presupposto
indefettibile della responsabilità; pertanto il provvedimento di irrogazione della
sanzione per violazione amministrativa emesso nei confronti di chi abbia un’età
inferiore agli anni diciotto è del tutto introduttivo di effetti giuridici.
Art.3. Elemento soggettivo.
Generalità.
La norma di cui al primo comma è ricalcata sulla previsione contenuta nell’art. 42
codice penale, relativa all’elemento psicologico nelle contravvenzioni.
Coscienza e volontà
Per coscienza e volontà dell’azione od omissione si intende la referibilità psichica del
comportamento del soggetto autore della violazione: il comportamento al soggetto
autore della violazione: il comportamento deve essere moralmente e psicologicamente
“suo”, cioè ascrivibile alla sfera intellettiva e volitiva dell’individuo che materialmente
cagiona l’evento.
Tali coscienza e volontà normalmente esprimono la capacità dell’uomo di valutare e
dominare la proprie azioni; esse possono venire escluse sa situazioni occasionali
Ciò avviene nei tre casi di scuola:
- l’incoscienza involontaria;
- la forza maggiore e il caso fortuito;
Dolo e colpa
Nel diritto penale la precisazione “…sia essa dolosa o colposa…”, riferita alla condotta
che integra nella sua materialità un fatto contravvenzionale, è ormai generalmente
interpretata nel senso che, perché sorga la responsabilità penale per contravvenzioni,
è indifferente la dolosità o colposità del comportamento ma, quale requisito minimo, si
richiede quanto meno la colpa.
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L’errore sul fatto. La buona fede.
L’errore incolpevole esclude nel caso concreto la sussistenza dell’atteggiamento
psichico richiesto come requisito indispensabile dell’illecito. Errore ed ignoranza, a
questi fini, sono considerati equivalenti. Ciò che ha importanza è che essi ricadano sul
fatto e non sulla portata o sull’interpretazione della norma giuridica.
L’errore di diritto.
Mentre nel codice penale l’art. 5 dispone espressamente per l’inefficacia dell’errore di
diritto, nessuna analoga disposizione è contenuta nella legge depenalizzatrice.
Deve ritenersi che l’errore di diritto, ciononostante, anche nella materia delle
violazioni depenalizzate resti inidoneo ad escludere la punibilità; a meno che si
traduca in errore sul fatto o sia determinato da un fatto positivo esterno (assicurazioni
dell’autorità, prassi precedente e ripetuta,ecc.) che escluda ogni rimproverabilità della
condotta.
Responsabilità a titolo personale.
In tema di responsabilità di ordine sanzionatorio amministrativo negli enti locali
connessa alla violazione delle norme che l’ente è tenuto a osservare nello svolgimento
della sua attività, non si può automaticamente imputare al sindaco ed agli assessori di
un comune, anorchè di modeste dimensioni, qualsiasi violazione di norme sanzionate
in via amministrativa, verificatesi nell’ambito di attività dell’ente territoriale (o, nel
caso, agli assessori, nell’ambito del settore di attività di loro competenza), allorchè
sussista una apposita articolazione burocratica preposta allo svolgimento dell’attività
medesima, con relativo dirigente dotato di autonomia decisionale e di spesa.
Dolo o colpa
Il principio posto dall’art.3 della legge 24 novembre 1981 n.689, secondo cui per le
violazioni colpite da sanzione amministrativa è richiesta la coscienza e volontà della
condotta attiva o omissiva sia essa dolosa o colposa, deve essere inteso nel senso
della sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta dimostrazione del
dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa in ordine di
fatto vietato a carico di colui lo abbia commesso, riservando poi a questi l’onere di
provare di aver agito senza colpa.
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Caso fortuito e forza maggiore.
In tema di sanzioni amministrative, il caso fortuito e la forza maggiore, pur non
essendo espressamente menzionati dalla legge 24 novembre 1981, n.689, debbono
ritenersi implicitamente inclusi nella previsione dell’art.3 di essa ed escludono la
responsabilità dell’agente, incidendo il caso fortuito sulla colpevolezza e la forza
maggiore sul nesso psichico.
Errore scusabile.
In tema di illecito amministrativo, l’error juris, quale causa di esclusione della
responsabilità in riferimento alla violazione di norme amministrative (in analogia a
quanto previsto dall’art.5 cod. pen.), viene in rilievo soltanto a fronte della inevitabilità
dell’ignoranza del precetto violato, il cui apprezzamento va effettuato alla luce della
conoscenza e dell’obbligo della conoscenza delle leggi che grava sull’agente in
relazione anche alla qualità professionale posseduta e al suo dovere di informazione
sulle norme, e sull’interpretazione che di esse è data, che specificamente disciplinano
l’attività che egli svolge. Cass. Civ., sez. II, 3 maggio 2010, n.10621.
In tema di elemento soggettivo dell’illecito amministrativo, l’errore scusabile sul fatto
determinato dall’interpretazione di norme giuridiche in tanto può assumere rilievo,
soprattutto per chi versa in condizioni soggettive di inferiorità, in quanto non attinga
la sola interpretazione giuridica del precetto ma verta sui presupposti della violazione
e sia stato determinato da un
elemento positivo, estraneo all’autore, idoneo ad
ingenerare in quest’ultimo l’incolpevole opinione di liceità del proprio agire.
Nel giudizio di opposizione a sanzionare amministrativa, il giudice deve verificare- ove
la sua mancanza costituisca motivo di opposizione- la configurabilità o meno
dell’elemento psicologico del dolo o della colpa nella commissione dell’illecito, previsto
in generale dall’art.3 della legge n.689 del 1981, e quindi la conoscenza, o la
conoscibilità, secondo l’ordinaria diligenza, dei presupposti di fatto dell’illecito;
In tema di responsabilità per l’illecito amministrativo, in virtù dell’art.3, legge n.689
del 1981, a carico dei componenti del collegio sindacale di una banca di credito
cooperativo sussiste la presunzione di colpa iuris tantum per le irregolarità riferibili a
carenze organizzative di carattere generale,
Non è stato ritenuto errore scusabile: l’aver indicato la natura seminativa di terreni,
per ottenere aiuti comunitari, per mancato controllo delle reali caratteristiche dei
medesimi dovuto ad asserita particolarità e difficoltà del sito (Cass. civ., sez. I, il 17
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gennaio 2007, n.1032); l’omesso controllo, per inosservanza dei propri doveri di
componente del collegio sindacale, in tema di applicazione della legge bancaria l’aver
imboccato contromano un tratto autostradale, in situazione di dubbio sulla liceità della
manovra, senza essersi fermato a chiedere informazioni al personale addetto al
casello (Cass. Civ., sez. II, 28 gennaio 2008, n.1781)
Art.4 Cause di esclusione della responsabilità.
Non
risponde
delle
violazioni
amministrative
chi
ha
commesso
il
fatto
nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato
di necessità o di legittima difesa.
Se la violazione è commessa per ordine dell’autorità, della stessa risponde il pubblico
ufficiale che ha dato l’ordine.
Certamente una simile operazione logica può apparire pienamente giustificata se si
considera
che
il
legislatore
ha
costruito
la
responsabilità
per
la
violazione
amministrativa secondo il modello della responsabilità afflittiva e sanzionatoria. La
comunanza di funzione e natura con la responsabilità per reato comporta identità di
struttura nelle due figure di illecito e quindi in mancanza di altra giuda di diritto
positivo, la sostanziale unicità dell’ordinamento legittima l’interprete a ricorrere a
medesime regole normative in entrambe le fattispecie.
Stato di necessità
La sosta del veicolo in corrispondenza d’intersezione stradale non integra l’infrazione
amministrativa di divieto di fermata se dettata dall’esigenza, non differibile, del
conducente, invalido e munito di apposita autorizzazione (nella specie, esigenza di
sottoporsi a terapia oncologica programmata), quando il parcheggio del veicolo non
comporti l’intralcio alla circolazione, trovando applicazione l’esimente dello stato di
necessità di cui l’art.4 legge 689/1981 (Cass. Civ., sez II, 21 agosto 2007, n.17761).
Per ravvisare lo stato di necessità, previsto dall’art. 2045 c.c., è richiesta la
sussistenza della necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno grave
alla persona in relazione al quale non è comunque possibile pretendere dall’agente un
comportamento diverso.
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Legittima difesa
Per la configurabilità dell’esimente della legittima difesa (sia reale che putativa),
l’attualità del pericolo di un’offesa ingiusta, contro
cui l’agente si trovi o ritenga
ragionevolmente di trovarsi esposto, si identifica non solo nella meccanica di un’offesa
imminente, ma anche nell’esistenza di una situazione pericolosa ancora in corso al
momento della reazione e che si protrae fino a quando l’azione diretta (o
ragionevolmente ritenuta tale) alla lesione del bene che si vuole difendere non si
esaurisca. Cass. pen. sez. IV, 23 maggio 1984, n.4742(ud. 2 febbraio 1984), Salvato.
Adempimento di un dovere
In tema di violazioni amministrative, il rifiuto da parte di un’impresa concessionaria di
un’autolinea di trasportare effetti postali, anorchè comporti la violazione di un obbligo
previsto dalle relative leggi non ne importa relativa responsabilità in ragione
dell’esimente dell’adempimento di un dovere derivante da norme giuridiche che si
ispira alla scriminante posta dall’art.51 c.p. qualora la impresa stessa sia tenuta- in
base ad una disciplina regionale , che trova il suo quadro di riferimento nella citata
legge statale n.151 del 1981- ad istituire l’agente unico in vettura eliminando il
bigliettaio a bordo, attesa la concreta impossibilità che l’agente unico provveda ad
espletare che tutte le attività previste per il trasporto di effetti postali dalla cartella
d’oneri ancora in vigore.
Esecuzione di un ordine
In tema di infrazioni amministrative, l’esclusione della responsabilità, per il caso in cui
l’autore del fatto esegua un ordine ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, postula
che si tratti di ordine legittimo, e, quindi, non è invocabile in presenza di un ordine
illegittimo, e la cui illegittimità sia sindacabile dal destinatario, come quando sia
impartito nell’ambito di un rapporto privatistico. (Nella specie, rapporto di lavoro).
Cass. civ., sez I, 10 settembre 1991, n.9494 Rizzo c. Amm.ne Agricoltura e Foreste
Art.5 Concorso di persone
Quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse
soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla
legge.
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Pluralità di autori e condotte singolarmente illecite.
La cooperazione tra più persone può avvenire nel senso che nella condotta di ciascuno
idealmente separata, può ravvicinarsi autonomamente un illecito. È questo, ad
esempio, il caso di più cacciatori che congiuntamente eseguono una battuta di caccia
in tempo, luogo od ora non consentiti.
Concorso di persone con condotte disuguali.
Una violazione può risultare dal comportamento di più persone, senza che nella
condotta di una tra esse possa ravvisarvi, di per sé, la realizzazione della fattispecie
tipica (condotte non uguali). È questa l’ipotesi di chi presta un fucile ad un amico, il
quale se ne serve per cacciare in tempo di divieto; o del passeggero che incita il
giudatore dell’auto a superare i limiti di velocità.
Art.6. Solidarietà
Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in una
sua vece, l’usuftruttuario o, se trattasi di un bene immobile, il titolare di un diritto
personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della
violazione al
pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa utilizzata contro
la sua volontà.
Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona
giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore,
nell’esercizio delle proprie funzioni o incompetenze, la persona giuridica o l’ente o
l’imprenditore è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della
somma da questo dovuta.
I soggetti responsabili in solido.
Le norme contenute nei commi primo, secondo e terzo dell’art.6 hanno precisi
precedenti nelle leggi depenalizzatrici del 1967 e del 1975, nonché nella L. 7 gennaio
1929, n.4, sulla repressione delle violazioni finanziarie. I soggetti obbligati in solido
con l’autore della violazione risultano essere:
A) Il proprietario, l’usufruttuario o il titolare di un diritto personale di godimento sulla
cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione.
B)
Persone rivestite di autorità, direzione o vigilanza (rispetto all’autore della
violazione.)
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Sono le persone che, a mente dell’art.196 cod. pen., erano (e sono ancora, per le
contravvenzioni
non
depenalizzate)
tenute
in
via
sussidiaria
al
pagamento
dell’ammenda per le contravvenzioni. E pertanto possono essere identificate nei:
-
-
Genitori, per le trasgressioni commesse da figli minori capaci e con loro
conviventi (per la responsabilità sui figli minori incapaci di intendere e di volere
vedi sub art.2, paragrafo 6);
Tutori ed affiliati per le violazioni commesse dai pupilli ed affiliati minori, capaci
e conviventi;
Precettori e maestri d’arti e mestieri per le violazioni commesse dagli allievi;
Committenti, per le violazioni poste in essere dai commessi;
Padroni, per la violazioni commessi dai domestici;
Preposti e incaricati della direzione e sorveglianza, per le violazioni commesse
dalle persone dirette e sorvegliate.
In materia di sanzioni amministrative, ai sensi e per l’effetto dell’art.6, comma terzo,
legge 689/1981, la responsabilità dell’illecito amministrativo compiuto da soggetto che
abbia la qualità di rappresentante legale della persona giuridica, grava sull’autore
medesimo e non sull’ente amministrativo rappresentato e solo solidalmente obbligato
al pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni irrogate, ne consegue che la
sanzione deve considerarsi legittimamente applicata e notificata nei confronti del detto
autore, nella sua qualità di legale rappresentante della persona giuridica. Cass. civ.,
sez. II, 13 maggio 2010, n.11643.
La responsabilità solidale di persone giuridiche, enti privi di personalità giuridica o
imprenditori per le violazioni commesse dal loro rappresentante o dipendente, prevista
dall’art.6 della legge 24 novembre 1981, n.689, postula che l’autore della violazione
abbia agito nell’esercizio delle sue funzioni o incombenze, ma non abbia agito
nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica, ente privo di personalità giuridica
o imprenditore. Cass. civ., sez. I, 23 febbraio 2005, n.03786, Ass. Zona Produttori
Agrumari c. Min. Politiche Agricole.
In caso di violazione amministrativa riconducibile ad una società, dotata o meno di
personalità giuridica, la relativa sanzione va irrogata alla fisica autrice del fatto
(rappresentante
o
dipendenze
dell’ente,
nell’esercizio
delle
sue
funzioni
o
incombenze), salva l’eventuale responsabilità solidale della società medesima. Cass.
civ., sez. I, 11 gennaio 1999, n.177, Bonati ed altri c. Ministero del Tesoro.
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Prova liberatoria
In tema di circolazione stradale, l’”autocertificazione” redatta dal relativo autore
materiale non costituisce prova idonea ad escludere la responsabilità solidale ex
art.196, comma 1, D.L.vo n.285 del 1992 del proprietario del veicolo per violazione
del codice della strada (nel caso, circolazione con patente scaduta), giacchè, come
nelle analogie fattispecie di cui agli artt. 6 legge 689 del 1981 (illecito amministrativo
in generale) e 2054 c.c. (responsabilità da circolazione di veicoli) è a tal fine
necessario che quest’ultimo ponga in essere una condotta caratteristica dall’adozione
di concrete e specifiche cautele volte a vietare e precludere la circolazione del mezzo.
Cass. civ., sez. II, 12 agosto 2005, n. 16905, Ufficio Terr. Gov. Messina ed altro c.
Pidatella, in Arch. giur. circ. 2006, 632.
Art.7. Non trasmissibililità dell’obbligazione.
L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.
Generalità.
La formulazione dell’art.7 ripete quella che avevano le norme precedenti, con identico
oggetto, contenute nelle leggi del 1967 e del 1975 in materia di depenalizzazione.
La “morte” del reo.
La norma in esame si limita ad affermare semplicemente che l’obbligazione
pecuniaria, nella quale si sostanzia la sanzione amministrativa, non si trasmette agli
eredi.
La morte del condebitore solidale.
Ai sensi dell’art.6 della legge in esame, anche a carico del condebitore solidale sorge
“l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione”; conseguentemente deve
porsi il problema di esaminare se il principio dell’intrasmissibilità agli eredi
dell’obbligazione sanzionatoria sia valido anche nel caso di morte, non già dell’autore
del fatto, ma del debitore in solido.
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Art.8. Più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative.
Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un’azione od omissione viola
diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni
della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave,
aumenta fino al triplo.
Il concorso formale di violazioni.
La norma estende al settore degli illeciti depenalizzati la disciplina dettata dall’art.81
codice penale per il concorso formale di reati, omogeneo ed eterogeneo, nonché, per
le sole violazioni in materia previdenziale, la disciplina del reato continuato.
In materia di sanzioni amministrative, l’istituto della continuazione è applicabile solo
nel caso in cui, con più azioni od omissioni, risultino violate le norme sanzionatorie in
materia di assistenza e previdenza obbligatoria; in particolare, deve escludersi
l’applicabilità dell’istituto della continuazione in caso di emissione di assegni bancari
senza provvista (sanzionata dall’art.29 del D.L.vo 30 dicembre 1999, n.507) e di
emissione di assegni bancari senza autorizzazione.
In tema di sanzioni amministrative pecuniarie, l’art.8 legge n.689 del 1981 prevede il
cumulo considerato “giuridico” delle sanzioni per le sole ipotesi di concorso formale,
omogeneo od eterogeneo, di violazioni, ossia nelle ipotesi di più violazioni commesse
con un’unica azione od omissione; non lo prevede, invece, nel caso di molteplici
violazioni commesse con una pluralità di condotte.
In tema di infrazioni amministrative, nel caso di pluralità di violazioni della medesima
norma di legge in materia di collocamento al lavoro (nella specie, assunzione di
lavoratori senza il preventivo nullaosta dell’ufficio del lavoro), compiute in tempi
diversi, non è applicabile la disciplina della continuazione ai sensi dell’art.8 della L.
n.689 del 1981, atteso che questa (a parte quanto specificamente previsto- ex art.1
sexies del D.L. n. 11 del 1986- per le violazioni in materia di previdenza ed assistenza
obbligatorie) si riferisce solo all’ipotesi di violazione di diverse disposizioni o della
stessa disposizione compiute con una stessa azione od omissione, e non anche alla
diversa fattispecie di più violazioni attraverso una pluralità di azioni od omissioni, pur
se esecutive di un unico disegno.
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Retroattività.
È inapplicabile alle violazioni amministrative commesse in epoca antecedente
all’entrata
in
vigore
del
D.L.vo
n.507/1999
la
disciplina
sanzionatoria
della
continuazione di cui all’art.8 legge n.689/1981 (limitata al solo caso di pluralità di
violazioni commesse con un’unica azione od omissione) nell’ipotesi di pluralità di
azioni od omissioni commesse in violazione della medesima norma di legge, non
potendo trovare applicazione retroattiva il disposto successivo art.8 bis, introdotto
dall’art.94 del D.L.vo n. 507/1999, che ha inteso regolare secondo i principi della
continuazione (“reiterazione”) anche la pluralità di violazioni della stessa indole. Cass.
civ., sez. I, 15 marzo 2001, n. 3756, Asti Ambiente Srl c. Provincia di Asti.
Art. 8 bis. Reiterazione delle violazioni.- Salvo quanto previsto da speciali
disposizioni di legge, si ha la reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla
commissione
di
una
violazione
amministrativa,
accertata
con
provvedimento
esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha
reiterazione
anche
quando
più
violazioni
della
stessa
indole
commesse
nel
quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.
Art.9. Principio di specialità.Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione
che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che
prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.
Il principio di specialità e la nozione di “stesso fatto”.
Il principio di specialità è utilizzato in tutte le branche dell’ordinamento giuridico per
regolare il concorso o il conflitto di norme disciplinatrici di un medesimo fatto,
situazione o rapporto. Nell’ambito del diritto penale esso, richiamato dagli artt. 15 e
16 del codice penale, costituisce uno strumento di diritto positivo al quale ricorrere per
individuazione della norma incriminatrice, nell’ipotesi di contemporaneità di più
disposizioni punitive: così che il concorso tra esse diventa “apparente” perché soltanto
una delle regole giuridiche a prima vista coesistenti risulta in concreto applicabile.
16
Il “furto venatorio”.
La legge sulla caccia 11 febbraio 1992, n. 157, ha abrogato la precedente L. 27
dicembre 1977, n.968, ed ha espressamente disposto che relativamente alle violazioni
penali ed amministrative da esse previste non si applicano le norme del codice penale
sul furto. Resta,così, autoritativamente soppressa la figura del “furto venatorio”, che
tanto aveva fatto discutere. L’unica fattispecie in cui, praticamente, il concorso del
delitto di furto può tornare a verificarsi rispetto ad illeciti in materia venatoria è quella
costituita dall’esercizio della caccia con arma senza aver mai conseguito il relativo
porto d’armi e, a maggior ragione, la licenza di caccia. Questa fattispecie illecita,
infatti, non rientra tra quelle elencate negli artt. 30 e 31 della legge L. n.46/1992 , per
le quali, solamente, vale la disposta non applicazione, in concorso, delle norme
punitive del furto. Nel senso della sussistenza, in questi casi, del “furto venatorio”:
Cass. pen., sez. IV, 24 maggio 2004, n. 34352; Cass. pen., sez III, 17 marzo 1998,
n.1002.
Art.10. Sanzione amministrativa pecuniaria e rapporto tra limite minimo e
limite massimo.
La sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non
inferiore a € 10 e non superiore a € 15.000. le sanzioni proporzionali non hanno limite
massimo.
Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione
amministrativa pecuniaria non può, non può per ciascuna violazione, superare il
declupo del minimo.
Art.11-Criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla tra un
limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie
facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per
l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla
personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.
A)La gravità della violazione.
La gravità del fatto illecito ha
da sempre costituito motivo di una adeguata
differenziazione della pena. Un intuitivo e naturale principio retributivo giustifica
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l’aumento o la diminuzione del castigo in misura da farlo risultare proporzionato alla
pericolosità, dannosità, disvalore sociale del fatto riprovevole; si ritiene, infatti, non
“giusto” punire con sanzione identica comportamenti che hanno una obiettività
rilevanza negativa diversa.
B)L’opera svolta per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione.
La condotta di chi si adopera per ridurre o eliminare le conseguenze dell’illecito può
aver rilevanza già alla fine di valutare la maggiore o minore gravità della condotta
illecita e della trasgressione commessa, influendo direttamente sull’oggettiva entità
dell’infrazione.
Art.12. Ambito di applicazione.
Le disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia
diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa
sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle
violazioni disciplinari.
Legislazione regionale.
In tema di sanzioni amministrative, se la legge impone la specifica indicazione delle
modalità di attuazione del diritto di pagare la sanzione in misura ridotta, il verbale di
accertamento non solo deve menzionare la facoltà di pagare la sanzione in misura
ridotta, ma deve anche precisare il relativo importo, l’ente a cui favore va effettuato il
pagamento ed ogni altra condizione stabilita , con la conseguenza che la violazione di
dette prescrizioni determina l’illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione che applica la
sanzione pecuniaria.
La sanzione amministrativa prevista dall’art. 30 L. 21 dicembre 1978, n. 843, per
l’ipotesi di omessa presentazione all’Inps da parte del datore di lavoro delle denunce
contributive relative ai periodi di paga scaduti, è soggetta, ai sensi dell’art.12 alla
disciplina della L. n. 689 del 1981, al regime previsto della stessa legge, e perciò
diviene operante solo all’esito della procedura ivi regolata con l’emissione della
ordinanza-ingiunzione
per il pagamento delle somme dovute; in mancanza di tale
atto non si determina l’automatica insorgenza del credito dell’istituto previdenziale,
che può essere fatto quindi valere in via ordinaria.
18
Art.13 Atti di accertamento.
Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è
prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono,
per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e
procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi
segnaletici, descritti e fotografati e ad ogni altra operazione tecnica.
Generalità.
L’art.13 della L. 689/1981 ha costituito una novità rispetto alle leggi depenalizzatrici
del 1967 e del 1975. Si era chiaramente voluto dare una sistemazione generale alla
disciplina delle procedure di accertamento delle violazioni amministrative, ampliando i
poteri degli organi di vigilanza e uniformando la regolazione delle loro attività dirette
all’individuazione delle trasgressioni ed all’identificazione dei responsabili.
In generale, qualora non fossero già stati attribuiti delle leggi speciali, la norma in
oggetto conferisce agli accertatori il potere di:
-
assumere informazioni
procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora
procedere a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici
procedere ad ogni altra operazione tecnica
sequestrare le cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa.
A) L’assunzione di informazioni.
Rientra nella dizione della legge tutta l’attività diretta a raccogliere la notizia della
trasgressione, l’individuazione dei responsabili e la raccolta delle prove. In modo
particolare gli organi addetti alla vigilanza sulle violazioni amministrativamente punite
possono interrogare testimoni; richiedere chiarimenti alle persone informate, agli uffici
ed ai datori di lavoro degli autori degli atti illeciti; possono eseguire ricerche
documentali negli archivi, farsi rilasciare originali o fotocopie di atti e compiere in
genere tutte le consimili operazioni, il cui scopo sia quello dell’accertamento del fatto
punibile e non siano né specificamente vietate dalla legge né sottoposte a particolari
forme di autorizzazione o di garanzia.
B) Le ispezioni di cose e di luoghi. L’ispezione degli automezzi.
Nelle redazioni non definitive del progetto di legge non si faceva alcun cenno a
limitazioni poste ai poteri di ispezione su cose e luoghi spettanti agli addetti alla
vigilanza; il testo vigente precisa che le ispezioni sono consecutive su luoghi diversi
dalla privata dimora.
C) Rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici.
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Consistono nelle misurazioni, nelle planimetrie, nelle raffigurazioni schematiche o
fotografiche che corredano in genere il rapporto.
D) L’esecuzione di operazioni tecniche.
Il legislatore ha fatto riferimento alla nozione di “operazioni tecniche” per indicare in
modo generico tutte quelle attività di esecuzione non complessa (è disciplinato a parte
l’accertamento a mezzo prelevamento di campioni ed analisi dei medesimi) che
richiedono strumenti e nozioni proprie di disciplina o di un’arte. Queste attività si
possono rendere necessarie in materie specifiche quali l’edilizia, l’igiene e sanità, gli
inquinamenti, la sicurezza dei veicoli ed impianti, e simili.
E) Il sequestro facoltativo.
Il secondo comma dell’art.13 attribuisce agli organi di accertamento il potere di
effettuare il sequestro:
-
cautelare
delle cose che possono costituire oggetto di confisca amministrativa
nei modi
e nei limiti di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.
F) Il sequestro obbligatorio.
Mentre la facoltà di procedere al sequestro costituisce
per gli organi accertatori un
potere da esercitarsi discrezionalmente, in linea generale, secondo l’apprezzamento
che costoro facciano di
una determinata situazione che lo consente, esistono
situazioni giuridiche nelle quali il sequestro medesimo è previsto come obbligatorio.
Gli organi ai quali aspettano le attività di accertamento.
È opportuno individuare i soggetti ai quali spettano i poteri di accertamento che
abbiamo descritto.
A) Gli ufficiali e gli agenti di P.G.
L’art.221 del codice di procedura penale oggi abrogato riconosceva la qualità di
“ufficiali di polizia giudiziaria”.
1)
ai funzionari di pubblica sicurezza ai quali gli ordinamenti di polizia riconoscono
tale qualità;
2) agli ufficiali superiori e inferiori ed ai sottufficiali dei carabinieri, della guardia di
finanza e degli agenti di pubblica sicurezza; ai graduati del corpo degli agenti di
custodia;
3) al sindaco nei comuni ove non è alcuno dei predetti ufficiali di polizia giudiziaria.
Per la stessa norma erano invece “agenti di polizia giudiziaria”:
20
1) i carabinieri;
2) le guardie di finanza;
3) gli agenti di pubblica sicurezza;
4) gli agenti di custodia;
5) le guardie della provincie e dei comuni;
B) Gli altri organi di accertamento.
La seconda categoria di organi accertatori, ai quali debbono essere riferiti i poteri
descritti nei primi quattro commi della norma in esame (oltre quelli, eventualmente,
ad essi attribuiti da leggi speciali), può essere genericamente individuata come quella
che ricomprende “gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni”
amministrativamente sanzionate.
I limiti dei poteri di accertamento.
Salvo quanto è succintamente previsto dalla norma in commento, nulla di veramente
concreto è chiarito relativamente all’espansione dei poteri (ad esempio, di coercizione)
attribuiti direttamente agli organi amministrativi incaricati di accertare illeciti
sanzionati amministrativamente o comunque funzionali rispetto a tale accertamento.
Art.14. Contestazione e notificazione.
La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al
trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della
somma dovuta per la violazione stessa.
1) Generalità.
La violazione amministrativa, appena accertata, va contestata personalmente o, se ciò
non sia stato possibile, notificata alla persona interessata. L’art.14 della L. 689/1981,
che regolamenta questa attività, è sostanzialmente uguale all’art. 6 della L. 706 del
1975 ed all’art.7 della L. n. 317 del 1967 che l’avevano proceduto. Il principio di
contestazione della violazione al trasgressore è divenuto fondamentale anche nella
disciplina
delle
infrazioni
sanzionate
amministrativamente
e
trova
evidente
giustificazione nell’esigenza, tutta moderna, di consentire al cittadino una valida
difesa.
2) L’obbligo della contestazione.
21
Dispone il primo comma dell’articolo in commento che “quando è possibile” , la
violazione “deve” essere contestata immediatamente. Il tenore della disposizione
rende chiaro che la contestazione è doverosa, per l’organo di accertamento, ogni volta
in
cui
è
possibile
effettuarla
materialmente,
nell’imminenza
del
fatto.
La
giurisprudenza di legittimità ha invece interpretato la norma i senso memo rigoroso
ed ha affermato che l’omissione
della contestazione, anche nei casi in cui essa
sarebbe stata possibile, non vizia la successiva ordinanza-ingiunzione, sempreché sia
avvenuta, in termini, la notificazione.
3) L’accertamento di violazioni stradali e gli apparecchi di rilevamento.
Non sempre la contestazione della violazione amministrativa può avvenire nel
momento stesso in cui è presa conoscenza della condotta illecita.
4) La contestazione delle trasgressioni.
La contestazione consiste nella diretta comunicazione dell’addebito al trasgressore.
Come tale, richiede una relazione di immediatezza rispetto al momento in cui il fatto è
stato commesso e presuppone un rapporto diretto e personale tra l’agente accertatore
e la persona destinataria della contestazione.
5) Il processo verbale di contestazione. Atto pubblico.
Come si accennava, il sommario processo verbale di contestazione consiste in un atto
scritto, firmato dal funzionario che ha accertato la violazione, e nel quale si fa
dichiarazione del tipo di trasgressione constatata e del fatto che di essa è stato
informato il trasgressore. In genere è prevista una forma specifica per tale atto, e le
varie Amministrazioni predispongono modulari a stampa in cui spazi vuoti debbono
essere riempiti dal verbalizzante con i dati opportuni, relativi al fatto, alla persona del
colpevole ed alla qualità del compilatore.
L’art.8 della legge 7 agosto 1990, n.241, sulla trasparenza amministrativa, impone,
tra l’altro, l’indicazione espressa del responsabile del procedimento negli atti da
comunicare a terzi e che appartengono a procedimenti di natura amministrativa. La
norma è stata considerata non applicabile nel caso di contestazione di una violazione
amministrativa, nel senso che l’omessa indicazione suddetta non è causa di nullità
dell’atto; e ciò perché la ratio della norma citata risponde ad esigenze diverse da
quelle tutelate dall’art. 14 L. 689/1981.
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Il verbale costituisce atto fornito di pubblica fede per quanto il funzionario attesta
essere avvenuto in sua presenza o essergli stato dichiarato (artt. 2700 codice civile e
185 codice procedura civile) e pertanto le false dichiarazioni relative all’identità o
qualità personali proprie o altrui che il funzionario riceva integrano il diritto di falsità
personale punito dagli artt. 495 e 496 codice penale.
6) La notificazione.
Se non è avvenuta la contestazione personale per tutte o alcuna delle persone tenute
in solido al pagamento della sanzione amministrativa, gli esterni della violazione
debbono essere notificati agli interessati residenti in Italia, entro il termine di novanta
giorni dall’accertamento: così dispone in generale l’art. 14, fissando una disciplina di
principio che viene poi completata dai successivi artt.15 e 24.
Il rapporto tra queste norme rende chiaro che:
-
-
-
-
La notifica è necessaria solo allorchè non sia stata effettuata la conciliazione
amministrativa, perché il pagamento in misura ridotta libera tutti gli obbligati
(art.16);
La notifica deve essere eseguita allorchè non sia avvenuta la contestazione
dell’illecito per tutte o alcune delle persone interessate, e riguarda, tutte, e
soltanto, quelle che non furono destinate della contestazione; coloro cui la
violazione fu contestata non devono essere ricompresi tra soggetti ai quali
inviare la notifica;
L’obbligatorietà della notifica dal mero fatto che la contestazione non sia
comunque avvenuta, e quindi tanto nei casi in cui essa sia stato impossibile
effettuare la comunicazione diretta perché l’interessato era sconosciuto,
irreperibile o di esso non si sospettava né l’esistenza né la corresponsabilità;
L’omessa contestazione, anche ove fosse stata possibile, non invalida la
successiva ordinanza-ingiunzione quando si sia comunque proceduto alla
notificazione degli estremi della violazione nel termine previsto per effettuarla.
Art.15. Accertamenti mediante analisi di campioni.
Se per l’accertamento della violazione sono compiute analisi di campioni, il dirigente
del laboratorio deve comunicare all’interessato, a mezzo di lettera raccomandata con
avviso di ricevimento, l’esito dell’analisi.
L’interessato può chiedere la revisione dell’analisi con la partecipazione di un proprio
consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all’organo che ha
prelevato i campioni da analizzare, nel termine di quindici giorni dalla comunicazione
dell’esito della prima analisi, che deve essere allegato all’istanza medesima.
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1) Precisazioni sulla portata precettiva della norma in commento.
Il significato essenziale della disposizione si concreta nel rendere possibile al cittadino
l’analisi di revisione prima dell’irrogazione della sanzione o del compimento di effettivi
atti del procedimento.
2)
La
comunicazione
a
mezzo
di raccomandata,
quale
prima
notizia
dell’infrazione.
Per la contestazione delle violazioni il cui accertamento richiede l’effettuazione di
analisi su campioni l’articolo 15 detta delle regole particolari. Sono tipiche ipotesi di
trasgressioni di questo genere quelle concernenti la legislazione sulla genuinità degli
alimenti e delle bevande, sull’inquinamento idrico ed atmosferico, sulla composizione
dei carburanti.
La comunicazione, oltre ad avere, come la contestazione immediata e la notifica,
funzione di informare l’interessato, di consentirgli il pagamento in
misura ridotta e
comunque una difesa, è strumentalmente collegata alla facoltà, riconosciuta agli
obbligati al pagamento della sanzione, di proporre istanza per la revisione delle
analisi. Pertanto la raccomandata dovrà contenere:
-
-
-
-
La chiara indicazione delle circostanze e del tempo in cui avvenne il
prelevamento dei campioni analizzati (in modo che il presunto trasgressore
possa sapere quali, dei campioni da presentare in revisione e lasciati in suo
possesso, debba esibire)
Il risultato delle analisi effettuate e l’indicazione, anche generica, ma
sufficientemente precisa, della trasgressione addebitata (ciò perché la
comunicazione deve equivalere, anche nella sostanza, alla contestazione e alla
notifica dell’infrazione)
L’avvertimento che può esser richiesta la revisione delle analisi entro il termine
di quindici giorni dalla data dell’avvenuta comunicazione e che può esser
effettuato il pagamento in misura ridotta, della somma che si indica, entro il
termine di giorni sessanta dalla medesima comunicazione
L’indicazione delle modalità e degli uffici per la presentazione dell’istanza di
revisione o della richiesta di pagamento in misura ridotta.
3) La revisione delle analisi.
Salva, dunque, questa disciplina normativa delegata, l’istanza di revisione deve essere
presentata dall’interessato per iscritto allo stesso organo che ha prelevato i campioni
da analizzare.
Alle operazioni di revisione ha diritto di assistere, tramite la partecipazione di un
consulente di parte, lo stesso richiedente. In questa materia è da ritenersi non esista
24
necessità di una difesa in senso tecnico: l’avvocato potrà presenziare anche in veste di
procuratore, munito di mandato sostanziale.
4) Il momento in cui si perfezionano le comunicazioni.
Nel contenuto e negli effetti le comunicazioni a mezzo di raccomandata previste
dall’art. 15 equivalgono alle contestazioni e alle notificazioni. È dunque da ritenere che
questa equipollenza di funzione e natura giustifichi una uniformità di disciplina, per
quanto possibile.
Art.16. Pagamento in forma ridotta.
È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del
massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e
qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo
importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla
contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi
della violazione.
1) Generalità.
L’art. 16 della L. 689/1981 riunisce in un’unica formulazione analoghe disposizioni
contenute nelle leggi depenalizzatrici del1967 e del 1975; e conferma l’intento del
legislatore di allora di disciplinare unitariamente tutta la materia delle violazioni
sanzionate amministrativamente. L’ultimo comma estende la possibilità di pagamento
conciliativo alle trasgressioni previste da leggi antecedenti e per le quali esso non era
consentito; e per effetto del disposto dell’art. 12 l’istituto del pagamento in misura
ridotta è ora regolato uniformemente non soltanto in relazione alle infrazioni che
costituiscono reato ma per tutte le trasgressioni punite con sanzione amministrativa
sin dall’origine.
2) Gli effetti del pagamento in misura ridotta.
Mentre l’oblazione in senso tecnico degrada il reato ad illecito amministrativo, il
pagamento in misura ridotta “libera” gli obbligati dalla prestazione pecuniaria nella
quale si concentra la sanzione. L’estinzione dell’obbligazione dell’autore materiale
dell’infrazione determina l’estinzione dell’obbligazione anche a carico dell’obbligato
solidale (Cass. civ., sez. lav., 3 novembre 2008, n. 26387).
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3) Computo del termine per la conciliazione amministrativa.
La
facoltà
concessa
al
contravvenuto
e
al
responsabile
solidale
di
pagare
volontariamente una somma ridotta, anziché quella che sarebbe stata irrogata
dall’autorità competente, costituisce, come l’oblazione in senso tecnico, un diritto
soggettivo perfetto di natura pubblicista.
4) I soggetti legittimati al pagamento in misura ridotta.
La legittimazione al pagamento in misura ridotta non è specificamente indicata o
descritta dalla legge in esame: tuttavia dal complesso delle norme che la compongono
si desume chiaramente che la conciliazione amministrativa può essere eseguita tanto
ad opera dell’autore della violazione quanto per iniziativa di ciascuna delle persone
solidalmente con costui tenute al pagamento della sanzione pecuniaria.
26