Una scarpa sul mare - Dottori commercialisti Brescia
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Una scarpa sul mare - Dottori commercialisti Brescia
Era una scarpa, non proprio sull’acqua, sulla spiaggia: ma sovrastava il mare Una scarpa sul mare E contesto. Come se i sensi fossero ro solo, sulla spiaggia di Punta di Giorgio Fogazzi condotti dai passi forzati, d’ un imDon Diego, di fronte all’isola di buto inflessibile. Tavolara, nella Sardegna di Olbia. to invadente intrusione, che freme Era stato proditoriamente allargato Ed era un chiaro pomeriggio di forte un’oscura inquietudine. Ho sentito un solo buco, tra i tanti, ma ciò era vento, in una Pasqua autunnale. alla stessa maniera, quando un granbastato a creare un baratro in cui tutSabbia, vento, ritmato spumeggiare de quadro, una “Venezia” di Lucio to affondava. d’onda blu, asprezza di scogli ruvidi Fontana, dove il ritmare di buchi e Il quadro, non esisteva più: c’era e scavati, prospettiva di tanto mare fessure, scavate nella materia olivasolo quel buco. Proprio come quelpiù in là che gli occhi, primeggiare stra, si ruppe d’incanto. la scarpa sulla di un cielo corspiaggia. rusco e profonEra l’opera do, dal sapore di supponente freddo e dal midell’uomo che grare di nuvole drizzava il incerte. petto stentato, Quando l’occhio nel contesto cade, per qualche si ritraeva cosa di meno corrucciato e lontano, di più non gli trovavicino ad una va un luogo. presenza, inLa sua presencontra l’incerta za incideva lo sabbia ma, pure, sguardo come appena più in là, l’estraneità del l’approdo in un bifolco delle morbido cusciscarpacce inno erboso, d’un fangate, nel verde affiorare salotto buono. di bianco. Eppure, diceSul quale lo vo a me stessguardo si stende, so, essa, quelnel riposo d’una Kurt Schwitters: Senza titolo, 1938-1940 la scarpa, non dimensione ritroG. Fogazzi: Qualsiasi cosa “facciamo” o scegliamo nel paesaggio è “senza titolo”: cioè solo un’attesa è altro che la vata. Il tepore di dell’identità. Un punto zero. terra, alla quale un’armonia, dura l’uomo ha dato le forme del proprio però, lo spazio di un guizzo. E ce ne volle per capire: ciò che avpensiero. Quello dell’occhio che giace, neanvertivo era lo stupore doloroso di L’essenza è pur quella del vento, che molto in avanti, dove una vecun equilibrio che non esisteva più, della sabbia, del mare... chia scarpa, annerita dal fradicio e sentivo incontenibile la forza che Cos’è allora, che le pesa d’intorno, esalare di cuoio, ai venti e al sole, l’occhio conduceva là, allo spropoe la rende prepotente, quanto vuota, vocia uno spazio stonato, nella versito di un vuoto; che annientava la allo sguardo ingenuo? “È l’intengine immensità. È un’urtante, quanpercezione, armonica, dell’intero 23 Kurt Schwitters Merzbild 46 A. Day Kegelbild, 1921 G. Fogazzi: Qualsiasi cosa incontriamo è il punto zero della nostra ricerca. L’idendità che le diamo e la conseguente importanza sono il frutto del nostro arbitrio. zione del suo artefice, che espone la scarpa allo scontro insanabile con la natura”, suggerisce il Pallido Ricordo, provvidenziale, come sempre, nei momenti di incertezza. “È la pretesa dell’uomo, di plasmare dall’altezza di esserne l’autore, l’identità nella terra madre, svilita al rango di cosa inerte”. “È l’alone di questa fanciullesca quanto tragica illusione, che fa di quella scarpa il nulla in cui consiste tutto ciò che l’uomo ardisce d’imporre alla maestà di Dio”, conclude il Maestro. Conquistato dalle parole udite, ne ho dedotto: “la scarpa è proprio ciò che isola l’uomo “civile” dalla terra madre...; è ciò che, in senso figurato, separa l’uomo dal suo teatro... nel quale è chiamato ad operare”. Ci è voluto poco per concludere che “tutto ciò che l’uomo presume di 24 “fare”, in quanto “creatore unico ed assoluto”, cioè partendo dal nulla, non è altro che una scarpa sul mare. Una navicella senza guida e senza intelletto, sballottata dall’onda, il cui desiderio, al fine, è il grande riposo. Che sprofonda nel mare. Quest’altra mattina sono tornato sulla spiaggia. Volevo rivedere il cuscino di erbe carezzevoli e l’improntitudine di quella scarpa. Non era più lo stesso giorno, però: perché il cielo non si vedeva che tra le foschie ed il colore trionfante era l’assenza di colori, dove l’intero paesaggio pareva ovattato di buio. Sotto le nuvole scure, un lieve pioviscolare, ed un aleggiare di vento umido. Sembrava che tutto fosse stato informato da una volontà untuosa e cieca, incapace di commuoversi al cantare della luce ed allo sbocciare dei colori. Non fosse stato per quel volitivo trepidare di fiorellini, capaci di punteggiare, a macchie, tutta la spiaggia, sarebbe parso che pure i suoni fossero svaniti. E la scarpa stava li, ma non svettava più. Era una cosa tra le cose, mimetizzata in uno spazio in cui non esisteva se non il primato d’un sentire di caligine. Non è che, d’improvviso, una superiore volontà livellatrice, avesse aperto uno spazio per tutti, oltre che per quella impudica scarpa. Era dunque accaduto che il mutare No, era invece accaduto che, quel Bastava cambiasse l’atmosfera, per dell’atmosfera aveva incrinato la velo spesso, capace d’incupire la rimettere in gioco ogni cosa, come puntualità della lettura sapiente e luce, s’era impadronito dei sensi. al principio. Per questo ho riflettuaveva restituito alla scarpa il diritto E la stolida arroganza della scarpa si to sulla parola atmosfera, rivelatasi di appartenere alla continuità, non era dispersa. E mi sono chiesto percapace di una così grande potenza. più compromessa, del paesaggio. ché. Forse che le originarie intenzioE ne ho ricavato questa lettura: l’atmoni dell’uomo che sfera è il tipo ne avevano fatto di rapporto che una sua creatul’uomo sa creara erano venute re con qualsiasi meno, per il mucosa, quando il tare del tempo proprio sguardo che intorpidiva i non sia quello sensi? della sapienza Certamente no. preconcetta, benE allora? sì dell’ascolto, Cos’era interche è attesa. venuto di taciAccade, in queto, quanto di sisto modo, che gnificativo, da l’alone artificiotogliere a quelso creato intorno la cosa annerita alle cose, per la la pretesa della mera e auto reribalta? “È soferente volontà pravvenuto l’afdi costruirne un fievolirsi delle senso, si dissolluci” suggerisce ve, e la tenera la voce del Palluce della parolido Ricordo, la-verbo torna tornato presenad essere il fiote e loquace “e re che decora il del loro potere paesaggio, e che di privilegiare i si posa là, dove contorni di una l’attenzione lo richiara identità”. chiede, per aprir“È come se l’intesi e sbocciare nei ro paesaggio ansuoi colori. nunciasse il suo Così che l’intecammino verso ro paesaggio si la piena oscurità, dispone, come che tutto unifica e uno sterminato avvolge, in attemenù, alla libesa della natalità, Fausto Manara: Vasi Venire alla luce, 2011 ra e amorevole sempre nuova, G. Fogazzi:L’ignoto della pura sensazione che si trasferisce nel verbo il quale è portatore della nostra scelta dell’uomo, del sole che sor- identità capace di dargli ge”. Credo di caidentità; con un Protagonista del cambiamento era pire, ho pensato, sia pure con qualvissuto consapevole e speso in arstata l’atmosfera. che fatica. “È come nella pittura, monia, con quell’eterno bianchegQuel grande “buco”, quello straquando il paesaggio cessa di presengiare di luce. piombare che annientava il paesagtarsi nella sicurezza fotografica, per Giorgio Fogazzi gio, tutt’intorno al mito, non era, cedere alla linea incerta delle forme Dottore commercialista www.giorgiofogazzi.com dunque, destinato all’eternità. suggerite dalle sensazioni”. 25