La notte dei call center viventi di Gianni Solla Il

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La notte dei call center viventi di Gianni Solla Il
La notte dei call center viventi
di Gianni Solla
Il tenente Enrico Scognamiglio viaggia lungo la tangenziale nella sua Opel
Kaddett. Accende una sigaretta, impugna la manovella e abbassa il finestrino. Sente
l'aria sbattergli sulla faccia e in mezzo a quelle molecole sente anche l'odore di Irene.
Odore di crostatina del mulino bianco e di borotalco. Pensa al collo di lei e alla
schiena. Allora preme forte sull'acceleratore. La macchina è del novantuno e nel tratto
in salita da Capodimonte all’Arenella arranca e il cruscotto freme mettendo a dura
prova l'assemblaggio degli interni.
Dall'altra parte della città al quartiere Barra, in Piazza Nocelle, la madre del
tenente Scognamiglio entra in tachicardia. Sa già quello che gli sta succedendo. Si
buca il dito con il punzone e mette una goccia di sangue su una placchetta di metallo.
Sul display compare il numero 185. La signora Scognamiglio prende il biglietto dove
il figlio le avevo scritto il valore minimo e massimo che doveva comparire nella
finestrella. Cristo santo, dice. Deve arrivare al telefono prima che il panico le piombi
addosso. Sono le tre e venti del mattino, sa che c'è qualcuno che può aiutarla. Il
numero è scritto con un pennarello rosso in caratteri grossi. È il numero del pronto
soccorso diabetico. La signora Scognamiglio lo digita lentamente attenta a non
sbagliare le cifre. Vent'anni fa insegnava alle elementari. La generazione attuale di
commercialisti e medici deve a lei la capacità di leggere e scrivere. Saranno passati
anche vent'anni, ma saprò ancora digitare un numero di telefono, dice tra sé per
confortarsi.
Uno, due, tre squilli.
La voce dall'altra parte del telefono sembra che stia masticando aria: la
mascella è di gesso, la parlata è scoordinata, lenta.
«Centro diabetico sono Luciano come posso aiutarla?»
La signora Scognamiglio lascia cadere la cornetta e si drizza sulla schiena. Le
forze cominciano a scorrerle nuovamente nelle vene. Il battito cardiaco ritorna
regolare. Si guarda allo specchio, gli occhi sono semichiusi, la pupilla diventa opaca.
«Sono Fiorenza come posso aiutarla?» dice, allunga le mani in avanti e in
ciabatte si avvia verso la porta di casa.
Il tenente Scognamiglio ha parcheggiato la macchina. Gli sembra di sentire
ancora il motore sulla salita, la radio di servizio che emette il cicalino. Si incammina
lungo il marciapiedi e da lontano riesce già a vedere la fila di citofoni del suo
condominio. Ha le chiavi ma non usa mai quelle per aprire, non vuole che Irene si
spaventi. Le citofona con un colpetto secco che ha provato un milione di volte.
Dall'altra parte della città la Signora Scognamiglio è uscita dal suo condominio.
È in vestaglia e ciabatte, ha le mani protese in avanti, ha un'andatura incerta, fatta di
anche non più funzionali e di una spina dorsale che non ha più forza strutturale
necessaria per tenerla dritta. Nonostante ciò la signora Scognamiglio attraversa le
strade deserte del suo quartiere e si incammina verso Via delle Repubbliche Marinare.
Non è l'unica persona che cammina in pigiama con le mani protese in avanti. Ce ne
saranno un'altra dozzina, ma nessuno sembra accorgersi degli altri.
Il tenente Scognamiglio sta per allungare la falange dell'indice sul citofono con
scritto E. Scognamiglio. Sa che adesso in camera a riscaldargli il letto c'è Irene. Pelle
bianca di Polonia, più bianca delle lenzuola di cotone, più calda della coperta elettrica
comprata alle Ginestre di Volla. Questo è quello che lui chiama casa sua. Sta per
pigiare il bottone quando gli squilla il cellulare. Non è possibile pensa, è il distretto.
«Tenente sono Sorrentini, mi scusi l'ora ma abbiamo un'emergenza.»
«Cosa succede?»
«Ci sono delle persone che camminano per strada.»
«Cosa c'è di strano in questo?»
«Tenente mi creda, io li ho visti, abbiamo bisogno di lei al distretto.»
Il tenente Scognamiglio guarda il citofono con scritto il suo cognome e ritorna
in macchina. Il motore è ancora caldo, sul sedile c'è ancora la sua impronta. Gira la
chiave nel cruscotto, accende i fari, abbassa il finestrino, sputa e mette la prima.
Decide di non prendere la tangenziale, in quel giorno infinito, fatto da quasi
quattordici ore di lavoro al distretto l'ha già percorsa interamente tre volte. A quest'ora
le strade sono libere e si sente chiaro il suono delle ruote sui sanpietrini e il rumore di
metallo degli ammortizzatori. Accende la radio Kenwood e ascolta un programma di
musica degli anni ottanta. Allora aveva fiato nei polmoni, erezioni di ore, stomaco
d'acciaio. Adesso ci sono pezzi di pelle lucida in mezzo alla testa e pochi capelli
attaccati. Ha appena superato il San Paolo quando vede tre persone che camminano a
pochi metri di distanza l'una dall'altra. Hanno le braccia in avanti, sono in pigiama,
pallidi in viso. Il tenente Scognamiglio si avvicina ad un uomo. Abbassa il finestrino.
«Polizia! ‒ gli intima ‒ Dove sta andando?»
L'uomo si ferma e dice: «Sono Alessandro come posso aiutarla?»
«Mi dica dove sta andando.»
L'uomo riprende a camminare con la sua postura. Il tenente Scognamiglio
ingrana la prima e riparte spedito verso il distretto.
Arrivato al distretto gli viene incontro Sorrentini.
«Tenente, è assurdo quello che sta succedendo!»
«Ho visto, ma cosa sono quelli là fuori?»
«Non lo sappiamo, stanno arrivando al nostro centralino centinaia di
segnalazioni di gente in pigiama per strada. Non sappiamo perché stiano
camminando, sappiamo solo che alcuni di loro, prima di uscire hanno fatto una
telefonata ad un call center.»
«Che tipo di call center?» chiede il tenente Scognamiglio.
«Di qualunque genere, per prenotare un volo, per segnalare un guasto, per
cambiare tariffa telefonica.»
«Cosa significa tutto questo?»
«Non lo sappiamo ancora, ma il governo ha tagliato le linee verso questi call
center, adesso non sono più raggiungibili.»
Nel frattempo arriva un altro poliziotto.
«Venite!» gli urla.
Il tenente Scognamiglio e Sorrentini si avvicinano.
«Cosa c'è?» chiede il tenente Scognamiglio.
«Non sentite?»
Proprio in quel momento si sente un suono compatto. Sono piedi nudi sulla
strada. Un suono di piedi nudi sui sanpietrini. Sono centinaia di persone che
camminano insieme. Tutti hanno le mani protese in avanti.
«Mio dio!» dice il tenente Scognamiglio.
«Ne abbiamo identificati molti tra loro, sono tutti operatori call center del 187
Tim, ce ne sono altri gruppi sparsi per la città, saranno migliaia. Dalla radio ho sentito
che stanno arrivando quelli della Wind.»
«Dove si stanno dirigendo?»
«Le pattuglie dicono verso il Vesuvio.»
Il tenente Scognamiglio e Sorrentini sono nell’ufficio in fondo al corridoio. C’è
agitazione nel distretto. Per le strade il flusso di persone è in costante crescita, oramai
tutta la cittadinanza è a conoscenza di quello che sta succedendo, anche se nessuno ne
comprende le ragioni. Il tenente Scognamiglio è preoccupato per Irene. La chiama nel
cuore della notte, per ascoltare la sua voce, per tranquillizzarsi.
«Irene sono Enrico.»
«Amorino anche stanotte non sei tornato.»
Ha la voce tranquilla di chi sta dormendo da molte ore. Il tenente Scognamiglio
si sente sollevato.
«Ascoltami piccola, c’è un po’ di confusione in giro, domani mattina non
uscire di casa fino a che non te lo dico io e soprattutto non chiamare nessuno al
telefono.»
«Cosa sta succedendo Enrico?»
«Non lo sappiamo ancora. Promettimi solo di stare lontana dal telefono.»
«Va bene, non chiamerò nessuno.»
«Non chiamare a quelli del gas per dargli la lettura del contatore, prometti.»
«Prometto.»
«Cercherò di tornare quanto prima.»
«Ti amo.»
«Io anche ti amo.»
Squilla il telefono interno. Il tenente Scognamiglio risponde.
«Sì?»
«Tenente sono Sorrentini, venga nel nostro ufficio, abbiamo qualcosa.»
«Va bene.»
Il tenente Scognamiglio percorre l’intero corridoio del distretto. Arriva nella
stanza dell’ispettore Sorrentini. Insieme a lui ci sono due poliziotti. Su una sedia un
uomo calvo, con gli occhi piccoli.
«Scognamiglio ‒ dice Sorrentini ‒ sembra che quest’uomo abbia qualcosa da
raccontarci.»
Scognamiglio chiude la porta alle sue spalle e ascolta.
«Mi chiamo Gregorio de Biase sono un ingegnere biogenetico e lavoro per la
Vodafone. Le cose sono cominciate con un esperimento. Sono stati quelli delle risorse
umane ad obbligarci. Quando abbiamo visto quello che stava succedendo ci siamo
ribellati alle politiche dell’azienda e loro ci hanno rinchiuso in delle celle sotterranee.
Io sono riuscito ad evadere attraverso una conduttura del sistema di aerazione, gli
altri non lo so che fine abbiano fatto. La Vodafone stava progettando una modifica
genetica attraverso una molecola. Progettavano una nuova razza di operatori di call
center più gentili con i clienti, che memorizzassero tutti i piani telefonici e che dopo
pochi mesi abbandonassero il lavoro spontaneamente. Volevano l’operatore di call
center perfetto.»
«Maledetti! ‒ disse il commissario Sorrentini ‒ cosa è successo poi?»
L’ingegnere de Biase riprende a parlare.
«Avevamo fatto esperimenti solo sui topi con discreti risultati, ma senza
provare mai la molecola sul personale. I topi diventano mansueti e dopo poche
settimane cercavano di lasciare la gabbia spontaneamente. Quelli delle risorse umane
dissero che non volevano più aspettare e introdussero la molecola nei succhi di frutta
alla mensa. In breve molti operatori furono infettati senza che però vedessimo le
mutazioni aspettate. Nel frattempo i loro contratti sono scaduti e sono stati ricollocati
dalle agenzie di lavoro interinale in altri call center. Dopo alcune settimane quegli
stessi operatori sono diventati delle specie di morti viventi. Chi parla con loro
attraverso il telefono si trasforma a sua volta in degli zombie. Nessuno di noi aveva
previsto un effetto del genere, adesso non sappiamo cosa succederà.»
«Ma tutto questo è mostruoso!» urla il commissario Sorrentini sbattendo i
pugni sul tavolo. Ha gli occhi iniettati di sangue. Il tenente Scognamiglio si mette le
mani in testa e fa pressione come nel tentativo di comprimersi il cervello.
«Guardate» dice un poliziotto.
Alla televisione un portavoce del governo a reti unificate sta dicendo «Non
chiamate ai call center, smettetela di digitare quei numeri verdi.»
Nel frattempo quella notte per le strade di Napoli gli operatori di call center
zombie erano decine di migliaia. C’erano quelli della tre, della TNT, della Vodafone,
di Teledue, Salvavita Beghelli, Sky, Enel, Alitalia, tutti misteriosamente diretti verso
la bocca del Vesuvio.