LE DONNE OPERAIE (fine 1800) CONTESTO STORICO: Nella
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LE DONNE OPERAIE (fine 1800) CONTESTO STORICO: Nella
LE DONNE OPERAIE (fine 1800) CONTESTO STORICO: Nella seconda metà dell’ottocento, le prime industrie cominciano ad apparire nel Nord, nel triangolo industriale e nelle pianure. Le fabbriche della seta nascono in Lombardia e assumono soprattutto manodopera femminile: le donne e le ragazze hanno le dita sottili e agili, adatte per disfare la seta dai bachi (silkworms). Alcuni imprenditori svizzeri aprono delle fabbriche nella zona di Como. Il lavoro della filanda era svolto principalmente da giovani donne non sposate e bambine. Si chiamavano filerine, filandere o filerande. I turni erano pesanti, potevano arrivare da 12 a 16 ore al giorno. Il lavoro veniva sottoposto a durissimi controlli sulla quantità e qualità del filo prodotto. Le filandaie venivano multate se facevano errori. Il lavoro faticoso e malsano: respiravano polvere e vapori delle vasche, tenevano le mani nell'acqua caldissima (a 80 gradi). Erano pagate con salari veramente miseri. LA NOSTRA CANZONE: La storia di una filandaia viene cantata da Milva nel 1972, in una famosa canzone su musica portoghese (presa in prestito da una canzone di Amalia Rodgriguez). Il testo della canzone italiana si concentra sul destino di una giovane donna, vittima del figlio del padrone. Lontana da casa, viene sedotte e abbandonata. La ragazza è incinta e viene anche licenziata. Qui si lamenta che la vita non è giusta, ma è fatta ad “esse”: è storta. Il mondo intero è come una fabbrica divisa tra chi comanda e chi lavora e viene sfruttato. La cantante parla come una filandaia e si sorprende che i suoi sentimenti non siano rispettati: le sembra che la gente pensi che il suo cuore sia fatto “di cotone.” Inoltre, si ribella al fatto che la colpa ricada solo su di lei e non sul figlio del padrone, ma alla fine si rassegna al suo destino. La musica allegra contrasta con il dolore della donna. Versione consigliata: https://www.youtube.com/watch?v=dZlaRmjOhM4 La filanda The Silk Factory Cos'è, cos'è che fa andare le filanda è chiara la faccenda son quelle come me What is it? What is it That makes the Filanda go, It is clear: It is women like me. E c'è, e c'è che ci lascio sul telaio le lacrime del guaio di aver amato te And there is, there is that I leave on the loom The tears of my mistake of having loved you. Perché, perché eri il figlio del padrone facevi tentazione e venni insieme a te Because, because you were The son of the owner You tempted me and I came with you Così, così è un sospiro ed uno sbaglio son qui che aspetto un figlio e a chiedermi perché So, so, a sigh and a mistake, I am now pregnant with a child And asking myself why. Tu non vivevi senza me Ahi l'amore, ahi l'amore prima sapevi il perché ahi l'amore che cos'è You did not live without me Ahi love, ahi love, You knew why Ah, what is love? Cos'è, cos'è questa vita fatta ad esse tu giri col calesse ed io non ce l'ho What is, what is it This life shaped like an S You go around with your carriage And I don’t have it. Cos'è, cos'è questo padre che comanda mi vuole alla filanda ma non insieme a te. What is, what is this father who commands He wants me at the factory, But not with you. Cos'è, cos'è questa grande differenza se non facevi senza What is it, what is This great difference If you could not do without di questi occhi miei Thes eyes of mine. Perché, perché nella mente del padrone ha il cuore di cotone la gente come me Why, why in the mind of the owner People like me Have a heart made of cotton. Tu non vivevi senza me... You did not live without me… Ormai lo so tutto il mondo è una filanda c'è sempre chi comanda e chi ubbidirà By now I know it The whole world is a silk factory There is always those who command And those who obey. Però, però se l'amore si fa in due di queste colpe sue ne ho anch'io la metà But, but if love needs two people I have only half Of the entire fault. You did not live without me… Tu non vivevi senza me... Testimonianze delle lavoratrici delle filande “Ogni gruppo cantava la sua canzone. Il padrone era contento se cantavamo, se pregavamo. Era invece proibito parlare, chi parlava si distraeva e veniva punita con la multa.” “Dicevano che se si cantava si lavorava di più, perchè il pensiero ersa concentrato sul lavoro e no si pensava a tante altre cose. Anche canzoni belle.” Da “Voci della filanda”: http://www.vocidallafilanda.it/index-lavoratori.php?locale=it_IT Altre interviste in questo sito: http://www.vocidallafilanda.it/lavoratori_video_canti.php?locale=it_IT “Da bambina sono andata a lavorare alla Filanda di Monesiglio, a rigore non avrebbero potuto assumere noi bambine di età inferiore ai dodici anni, ma qualcuna la assumevano. . . . La campana suonava alle quattro del mattino, alle quattro e trenta incominciava il lavoro tanto d’inverno quanto d’estate. Alle otto di sera finiva l’orario di lavoro, ma alle otto e trenta eravamo ancora tutte attorno alla bacinelle a filare. Eh, i padroni si sono fatti ricchi in fretta con gente come noi!” “Sono andata [in filanda] fino a quando mi sono venute le doglie; non me l’aspettavo, pensavo che mancasse ancora un mese. Poi ho fatto le acque mentre lavoravo. Mi hanno accompagnata a casa, ho ‘tirato’ Quattro giorni e poi l’ho fatto morto.” Da Roberto Storchi, L'infanzia violata. Storia degli "abusi" sui minori in Italia nell'Ottocento e nel Novecento. Edizioni Manna, kindle, 2013.