No ai tornei di poker texas hold`em "dal vivo"

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No ai tornei di poker texas hold`em "dal vivo"
Amministrativo
GIOCO E SCOMMESSA
No ai tornei di poker texas hold'em "dal vivo"
lunedì 25 agosto 2014
di di Donna Michele Avvocato amministrativista del foro di Bari
È legittimo il diniego di nulla osta all'organizzazione di tornei dal vivo di poker texas hold'em
sportivo motivato con riferimento alla mancata emanazione del regolamento previsto dall'art.
24, comma 27, L. n. 88 del 2009 volto a disciplinare le modalità di svolgimento del predetto
gioco.
TAR Lombardia, Sez. IV, Sentenza 08/07/2014, n. 1766
Con la sentenza 8 luglio 2014, n. 1766, la Sez. IV del G.A. di Milano ha chiarito che, in base al
dato normativo vigente e a un consolidato orientamento giurisprudenziale, non possono essere
rilasciati nulla osta per l'organizzazione di tornei "dal vivo" di poker texas hold'em sportivo,
atteso che, prima dell'adozione del regolamento previsto dall'art. 24, comma 27, L. n. 88
del 2009 -volto punto a disciplinare le modalità di svolgimento di siffatto tipo di gioco- possono
essere intrapresi solo giochi di carte "a distanza", ossia quelli gestiti per via telematica, con
esclusione, dunque, di quelli svolti tra persone fisiche presenti.
Analisi del caso
Una sala giochi assegnava a un'associazione sportiva dilettantistica l'incarico di organizzare
eventi ludici a scopo benefico, compresi tornei di poker texas hold'em sportivo non a
distanza. Sicché, per lo svolgimento di questi ultimi, i ricorrenti presentavano alla competente
Questura richiesta di nulla osta.
La P.A. respingeva siffatta domanda, evidenziando come la mancata adozione del
regolamento previsto dall'art. 24, comma 27, L. n. 88 del 2009 -teso a disciplinare le modalità
di svolgimento dei tornei di poker texas hold'em sportivo tra persone fisiche presenti- ostasse
al rilascio del richiesto nulla osta, potendosi i giochi di carte svolgere -alla luce del quadro
normativo vigente- unicamente "a distanza", ossia per via telematica.
Le ricorrenti sono così insorte dinanzi al competente T.A.R., deducendo l'illegittimità per
violazione di legge ed eccesso di potere dell'impugnato diniego. A loro avviso, invero, il poker
sportivo "dal vivo", se realizzato con le modalità indicate dall'art. 38, comma 1, lett. b), D.L. n.
223 del 2006, da intendere come riferibile non solo ai giochi a distanza ma anche a quelli svolti
inter praesentes, perderebbe la connotazione illecita divenendo un gioco di abilità il cui
svolgimento ben sarebbe assentibile.
L'Amministrazione intimata si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
La soluzione
Il Tribunale ha preliminarmente chiarito come l'organizzazione e l'esercizio dei giochi di abilità,
tra cui rientra il poker sportivo oggetto dell'atto impugnato, sono riservati allo Stato, ferma
restando la possibilità per quest'ultimo di esercitarli direttamente oppure tramite concessionari,
ossia attraverso soggetti titolari di concessioni rilasciate periodicamente dalla stessa Aams in
esito a gare pubbliche.
Fatta questa premessa, il G.A. si è soffermato sulla pretesa riferibilità, allegata dalle ricorrenti,
dell'art. 38, comma 1, lett. b), D.L. n. 223 del 2006, ai giochi di carte svolti "dal vivo" tra
persone fisiche oltreché a quelli svolti a distanza, segnatamente evidenziando l'infondatezza
di tale prospettazione.
Difatti, ha osservato il T.A.R., la suindicata disposizione, peraltro di natura prettamente
finanziaria, si riferisce espressamente ai "...giochi di abilità a distanza con vincita in
denaro...", non potendosi pertanto ritenere legittima un'interpretazione estensiva della
stessa che giunga a ricomprendere nella propria sfera di applicazione anche i giochi di carte
svolti tra persone fisiche presenti in uno stesso luogo.
Il Collegio ha inoltre ricordato come il Legislatore abbia espressamente previsto, con una
norma ad hoc -ossia con l'art. 24, comma 27, L. n. 88 del 2009- l'adozione di un
regolamento volto a disciplinare i tornei non a distanza di poker sportivo. Purtuttavia, detto
regolamento -che dovrebbe punto indicare le condizioni in presenza delle quali il poker
sportivo, perdendo i suoi connaturati caratteri d'azzardo, potrebbe essere consentito quale
gioco di "abilità"- non risulta ancora adottato. Eppertanto, la circostanza che il gioco in
questione sia organizzato con le modalità indicate nel succitato art. 38 non vale a privarlo della
connotazione illecita che gli è propria, vista la mancanza della cornice regolamentare
che il Legislatore ha previsto ai fini del legittimo svolgimento di siffatto gioco.
I precedenti e i possibili impatti pratico-operativi
Al fine di comprendere i termini della questione pare opportuno soffermarsi, in via preliminare,
sulla distinzione fra giochi di azzardo e giochi di abilità.
Orbene, perché un gioco possa definirsi d'azzardo, è necessario, come previsto dall'art. 721
c.p., il concorso di due elementi: l'uno di carattere oggettivo, l'aleatorietà della vincita o
della perdita, inerente al gioco stesso; l'altro di carattere soggettivo, il fine di lucro delle
persone partecipanti e interessate. Per contro, in mancanza di uno di tali elementi, ad esempio
quando l'esito del gioco non è interamente, o quasi interamente, affidato al caso, e quindi
quando manca il requisito dell'aleatorietà, esso non può qualificarsi come "d'azzardo",
bensì come gioco "di abilità".
Siffatta distinzione risulta di fondamentale importanza in considerazione del diverso regime
che l'ordinamento prevede in relazione all'una o all'altra tipologia di gioco. Invero, mentre la
prima è vietata e penalmente sanzionata (artt. 718 e ss. c.p.), la seconda è lecita e
generalmente consentita. Purtuttavia, nel caso in cui per la partecipazione ai giochi di abilità
sia richiesto il pagamento "di una posta in denaro" e sia prevista la corresponsione ai vincitori
di "una ricompensa di qualsiasi natura", l'organizzazione e l'esercizio dei giochi medesimi "sono
riservati allo Stato" (art. 1, D.Lgs. 14 aprile 1948, n. 496), e, in particolare, al Ministero
dell'economia e delle finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (cfr. art. 1,
D.P.R. 24 gennaio 2002, n. 33 e art. 4, D.L. 8 luglio 2002, n. 138 conv. in L. 8 agosto 2002, n.
178), che può esercitarli direttamente oppure tramite propri concessionari, ossia
attraverso soggetti titolari di concessioni rilasciate periodicamente dalla stessa Aams in esito a
pubbliche gare.
I concessionari, poi, una volta ottenuta la concessione statale e prima di avviare l'attività,
devono munirsi della speciale autorizzazione prescritta dall'art. 86, R.D. 18 giugno 1931,
n. 773 -Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza- per l'esercizio di "giochi leciti". È evidente
come concessione e licenza di pubblica sicurezza perseguano entrambe, in modi diversi ma
complementari, la medesima finalità di prevenire abusi e possibili infiltrazioni criminali
in questo tipo di attività.
In particolare, l'autorizzazione di polizia, presupponendo il possesso, da parte del
richiedente, dei requisiti di incensuratezza previsti dall'art. 11 del T.U.L.P.S., mira a
estromettere dalla gestione dei giochi di abilità soggetti che non offrano adeguate garanzie di
moralità e professionalità. La concessione, a sua volta, restringendo il numero degli
operatori, è diretta a canalizzare l'esercizio dei giochi su circuiti più facilmente controllabili
e, nel contempo, proprio per questo, più adatti ad attrarre giocatori, rispetto ai circuiti
clandestini, per la maggiore fiducia che gli utenti del servizio possono ragionevolmente riporre
nella correttezza dei concessionari (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 12 giugno 2009, n. 1693).
Delineata siffatta distinzione è ora possibile soffermarsi sulla collocazione nell'una o nell'altra
categoria del "poker". A tal riguardo, si rileva come siffatto gioco di carte sia considerato
tradizionalmente un gioco d'azzardo sulla base della considerazione che, anche se la scelta
di entrare o meno nel gioco, dopo la distribuzione delle carte, dipende dalla decisione del
giocatore, l'ulteriore sviluppo della partita è determinato, in prevalenza, dal caso.
Orbene, il "poker texas hold'em" (detto anche "poker texano" o "poker sportivo") -fattispecie
che viene in rilievo nella pronuncia in commento- non è che una variante del poker
tradizionale, del quale, pertanto, condivide, in astratto, la connotazione di gioco d'azzardo.
Purtuttavia, è stato autorevolmente affermato in termini generali, che il semplice riferimento al
nomen di un gioco potrebbe portare a un'erronea ricostruzione, potendo invero lo stesso
subire delle modifiche in relazione alle concrete modalità di svolgimento. Sicché, si è detto,
la valutazione del carattere aleatorio deve effettuarsi con riguardo alla natura del gioco
stesso e alle regole che lo governano, onde accertare quanta parte dell'esito, positivo o
negativo, è rimessa al caso e quanta, invece, dipende dall'abilità e dalla perizia del giocatore.
Donde, è ben possibile che il gioco del poker, in via astratta qualificabile come gioco d'azzardo,
possa divenire lecito in relazione alle specifiche modalità di svolgimento (Cons. di Stato, Sez.
I, parere 22 ottobre 2008, n. 3237). Corollario di tale assunto è che anche il poker texas
hold'em, o texano o sportivo che dir si voglia, possa -in relazione alle concrete modalità di
svolgimento- perdere la sua connotazione d'azzardo e divenire lecito.
Pienamente aderente a tale assunto risulta l'art. 38, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 223 del
2006, che ha invero equiparato i giochi di carte di qualsiasi tipo ai giochi di abilità, qualora essi
siano organizzati sotto forma di torneo e nel caso in cui la posta di gioco sia costituita
esclusivamente dalla quota di iscrizione.
Ciononostante, giurisprudenza unanime ritiene che siffatta disposizione si applichi
esclusivamente ai giochi di carte "a distanza", ossia a quelli che si svolgono per via
telematica ("on-line"), e non invece a quelli che hanno luogo tra persone fisiche "dal
vivo" (T.A.R. Veneto, Sez. III, 16 novembre 2010, n. 6051).
L'impossibilità di applicare la richiamata normativa ai tornei di poker sportivo non a distanza
non implica però necessariamente che l'esercizio di tale gioco, in considerazione delle concrete
modalità di svolgimento, debba sempre ritenersi illecito. Di ciò si è mostrato consapevole anche
il Ministero dell'Interno che, nella prospettiva di definire una regolamentazione normativa del
gioco in questione, ha individuato una serie di condizioni in presenza delle quali il poker
sportivo "dal vivo", perdendo i suoi connaturati caratteri d'azzardo, potrebbe essere consentito
quale gioco di "abilità", e precisamente: che la quota di iscrizione sia interamente destinata
all'acquisizione dei premi; che l'importo di tale quota non sia superiore a € 30,00, quanto
meno negli stadi preliminari o intermedi dei tornei di carte dal vivo, importi superiori potendo
trovare giustificazione soltanto in relazione delle fasi finali dei tornei a carattere nazionale; che,
nel caso in cui le partite si svolgano contemporaneamente su più tavoli, il giocatore che abbia
esaurito la dotazione iniziale di fiches sia escluso dalla competizione; che la persona fisica o
giuridica organizzatrice della manifestazione non possa essere autorizzata a svolgere, nella
medesima serata e nella stessa località, più di un torneo.
Tali condizioni sono state sottoposte alla valutazione del Consiglio di Stato il quale, con il
parere n. 3237 reso dall'Adunanza della I Sezione in data 22 ottobre 2008, le ha ritenute
condivisibili.
Purtuttavia, allo stato, le stesse non risultano trasfuse in un testo normativo, la cui adozione
risulta peraltro prevista dall'art. 24, comma 27, L. 7 luglio 2009, n. 88 il quale punto fa
riferimento all'adozione di un regolamento volto a disciplinare i tornei non a distanza di poker
sportivo.
Le ragioni della mancata emanazione, secondo un comunicato stampa diffuso il 19
dicembre 2012 dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sono da individuare nella
necessità di valutare l'opportunità di introdurre una tipologia di gioco che vedrebbe, per la
prima volta, l'interazione fisica tra i giocatori, con conseguenti difficoltà nei controlli sulla
regolarità del gioco e nella prevenzione di eventuali fenomeni di riciclaggio.
Ciò che preme in questa sede rilevare è che diverse sono le conclusioni attinte dai
Giudici costantemente chiamati a valutare la legittimità, o meno, dei dinieghi opposti a
richieste di rilascio di nulla osta per l'esercizio di tornei di poker texas hold'em sportivo non a
distanza, motivati proprio con riferimento alla mancata emanazione del predetto
regolamento.
Invero, parte della giurisprudenza, cui la pronuncia in rassegna peraltro si uniforma, ritiene
legittimi i dinieghi corredati da siffatta motivazione, ritenendo infatti impossibile
concedere il nulla osta in mancanza della disciplina regolamentare prevista ma non ancora
emanata dal Legislatore (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-ter, 11 agosto 2010, n. 30593; T.A.R.
Veneto, n. 6051 del 2010 cit.).
Di converso, altra parte della giurisprudenza, ritenendo la mancata emanazione della prevista
regolamentazione penalizzante per le aspettative delle imprese, dei cittadini e degli enti,
considera illegittimi i dinieghi motivati con riferimento a tale circostanza, sì giungendo a ritenere
possibile l'organizzazione di tornei di poker sportivo "dal vivo" a condizione che siano
rispettate le modalità individuate dal Consiglio di Stato nel parere n. 3237 del 2008
succitato (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 25 maggio 2011, n. 968; Idem, 24 marzo 2011, n. 550).
Una conclusione in parte analoga è stata recentemente attinta anche dal Giudice penale che,
invero, pur in assenza del predetto regolamento, ha escluso che l'organizzazione di tornei di
poker "dal vivo" nella variante del «texas hold'em» con posta in gioco costituita esclusivamente
dalla sola quota d'iscrizione, l'assegnazione di un numero uguale di gettoni, di valore solo
nominale, per ciascun giocatore, senza possibilità di rientrare in gioco acquistando altri gettoni
con preventiva individuazione del premio finale possa costituire esercizio di gioco d'azzardo
quando, considerate le concrete modalità di svolgimento del gioco, risulti
preponderante l'abilità del giocatore sull'alea e irrilevante il fine di lucro rispetto a quello
prettamente ludico (Cass. Pen., Sez. III, 29 luglio 2013, n. 32835).
In un contesto sì tratteggiato è dunque evidente come la legittimità, o meno, del diniego al
rilascio del nulla osta motivato con riferimento alla mancata emanazione del regolamento
previsto dall'art. 24, comma 27, L. n. 88 del 2009 dipenda dal carattere imprescindibile allo
stesso attribuito dal Giudice ai fini dello svolgimento di tornei di poker texas hold'em "dal vivo".
Eppertanto, è ovvio che l'emanazione del regolamento si ponga quale esito auspicabile di
questa intricata vicenda; lo stesso, invero, permetterebbe di evitare le disparità di trattamento
che invece oggi si riscontrano a seconda del Giudice chiamato a pronunciarsi sulla
controversia.
Purtuttavia, in attesa che esso venga emanato non ci si può esimere dal valutare la ritenuta
legittimità dei dinieghi opposti dalle competenti P.A. alle richieste di rilascio di nulla osta,
motivate proprio con riferimento alla mancata emanazione del regolamento. A tal riguardo è
utile rimarcare come il ritardo del Legislatore nell'adozione dello steso risulti giustificato come innanzi ricordato- unicamente dalle preoccupazioni per le conseguenze derivanti dalla
interazione fisica tra i giocatori, in termini di controllo delle modalità di gioco e di
contrasto al riciclaggio, e non dalla natura d'azzardo o meno del gioco.
E allora viene spontaneo chiedersi se a fronte di una prospettazione del cittadino che richieda
un'autorizzazione per l'organizzazione di tornei di poker texas hold'em "dal vivo", secondo le
modalità indicate dallo stesso Ministero e fatte proprie dal Consiglio di Stato, la
competente P.A. possa ancora legittimamente trincerarsi dietro l'inerzia del Legislatore. Al
quesito pare doversi dare risposta negativa, non foss'altro perché all'interno
dell'ordinamento l'unica preclusione che si riviene è quella avverso i giochi d'azzardo, non
potendosi dunque consentire che la sterile procrastinazione della regolamentazione
possa ostacolare, peraltro sine die, l'esercizio di un'attività che, se svolta secondo le "linee
guide" peraltro fornite dallo stesso Ministero che dovrebbe procedere, d'intesa con il Ministero
delle finanze, all'adozione del regolamento, risulta comunque espressione della libertà di
iniziativa economica costituzionalmente garantita.
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