innovazione nel contesto di citta` in "mutazione": grenoble e torino

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innovazione nel contesto di citta` in "mutazione": grenoble e torino
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
Association de Science Régionale De Langue Française
INNOVAZIONE NEL CONTESTO DI CITTA’ IN "MUTAZIONE":
GRENOBLE E TORINO
RESSICO Alessandra
UPMF- Université de Grenoble
Grenoble
Università dell’Insubria,
Varese, Italia
[email protected]
Résumé : .
Grenoble e Torino sono due città che hanno basato la loro economia sul settore secondario
e in seguito alla crisi del settore hanno cercato e trovato nuovi percorsi di sviluppo. Questo
processo di sviluppo è stato lento e graduale coinvolgendo nel complesso tutti i settori. Si
può parlare anche di “mutazione” dell’attività produttiva per indicare quel cambiamento che
dai settori tradizionali si trasmette ai comparti tecnologicamente più avanzati e a maggior
contenuto di valor aggiunto. Questo lavoro vuole mettere in luce questo percorso di
cambiamento cercando di individuare le similarità e le differenze tra le due città.
Mots clés :
Innovazione, sviluppo locale, de-industrializzazione
Classification : JEL 031, R11, R58
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
INNOVATION DANS LE CONTEXTE DES VILLES EN MUTATIONS :
GRENOBLE ET TURIN
1
INTRODUZIONE
La globalizzazione dei mercati, originata dall’apertura dei rapporti commerciali tra i paesi, ha
avuto come effetto una modifica generale degli equilibri. Un mercato di sbocco più ampio ha
portato a un incremento delle contrattazioni, accompagnato però da una maggiore
concorrenza. I sistemi locali della produzione si sono adeguati al contesto ricercando
modalità produttive più convenienti. Aree con caratteristiche tipicamente industriali hanno
modificato il loro assetto, ridimensionando la loro attività e interessandosi ad altri settori
come ad esempio i servizi. Le aree di antica industrializzazione hanno subito e tuttora
subiscono un processo di riduzione e di trasformazione, sintetizzabile nel modello di
deindustrializzazione/mutazione. Numerosi studi si focalizzano sui territori di antica
industrializzazione che subiscono una fase di trasformazione (Benko, Demaziére, 2000;
CURDS, GHK, 2006; Hudson, 2000, Pyke 2010). Quando le nuove tecnologie e le nuove
forme di organizzazione si applicano e modellano la ricostruzione e la rivitalizzazione delle
vecchie regioni si parla di destruction crèatrice (Florida, 2000). La principale motivazione di
questo cambiamento è riconducibile al costo del lavoro, che risulta nettamente inferiore nei
paesi del Far East e pertanto rende difficile la competizione nei settori labour intensive.
Grenoble e Torino sono due città che hanno basato la loro economia sul settore secondario
e in seguito alla crisi del settore hanno cercato e trovato nuovi percorsi di sviluppo. Questo
processo di sviluppo è stato lento e graduale coinvolgendo nel complesso tutti i settori. In tal
caso si può parlare anche di “mutazione” dell’attività produttiva per indicare quel
cambiamento che dai settori tradizionali si trasmette ai comparti tecnologicamente più
avanzati e a maggior contenuto di valor aggiunto.
Uno studio sul tema delle città è legato al fatto che le aree urbane ricoprono un ruolo
importante per lo sviluppo delle attività innovative. Per tale motivo obiettivo di questo lavoro è
cercare di applicare le teorie che parlano di sviluppo territoriale al contesto della città. Il
punto di partenza è la de-industrializzazione di Grenoble e di Torino e l’evoluzione
successiva, ponendo una focalizzazione sull’innovazione come processo di cambiamento.
Varie motivazioni hanno portato alla scelta delle due città che, se da un lato si assomigliano
per l’appartenenza a un’importante economia industriale, dall’altro si differenziano per una
diversa governance delle politiche pubbliche.
Torino viene spesso chiamata “città della Fiat” per la forte influenza che ha esercitato
l’impresa privata sullo sviluppo economico cittadino. Le politiche pubbliche sono state per
anni rivolte al sostegno e allo sviluppo del settore automobilistico. Nello stesso tempo Fiat ha
condizionato il sistema economico, dalla ricerca privata e pubblica alla formazione, alle
relazioni industriali.
La situazione a Grenoble è invece di altro tipo. Non si è sviluppato un settore prevalente o
una grande impresa che da sola abbia condizionato il territorio. Le politiche pubbliche sono
state molto rilevanti, coinvolgendo in particolare la formazione e la ricerca. Grenoble,
godendo dei finanziamenti pubblici, è diventata il secondo centro universitario e di ricerca
dopo Parigi per numero di docenti, ricercatori e studenti.
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
2
INNOVAZIONE E TERRITORIO
Il ruolo centrale che assume l’innovazione in un contesto competitivo è stato ormai
riconosciuto da tempo. Tuttavia la sua importanza nell'ambito della teoria economica ha
stentato ad affermarsi. In particolare, la scuola neoclassica nel suo complesso ha eluso i
problemi connessi all'introduzione ed evoluzione dell'innovazione, interpretandoli come un
tema riguardante esclusivamente il progresso della tecnologia.
Solo negli anni successivi si è compreso che l’innovazione non è indipendente dalle scelte
effettuate dalle singole imprese e dalle istituzioni, ma ne è il risultato e quindi è identificabile
come fattore endogeno al sistema. L’innovazione è originata da un processo sistemico che
fa affidamento sull’interdipendenza di diverse “unità” di varia natura (Doloreux D., Bitard P.,
2005). Queste unità sono imprese, istituzioni, agenzie, università, centri di ricerca, ecc., i
quali formano una struttura reticolare più o meno efficiente di scambi di informazioni e di
conoscenza.
Metcalfe (2005), quando definisce il Sistema Innovativo Nazionale, lo indica come un
insieme di istituzioni che insieme e singolarmente contribuiscono allo sviluppo e alla
diffusione di nuova tecnologia in un quadro nel quale i governi programmano e
implementano le loro politiche per lo sviluppo.
L’innovazione delle imprese implica quindi un’interazione con le altre imprese e l’esterno. Il
modello delle relazioni a catena di Kline e Rosenberg (1986) mostra un processo non lineare
di sviluppo innovativo con retroazioni tra ricerca e sviluppo, concezione, produzione e
commercializzazione. Le competenze dell’impresa sono legate all’ambiente con il quale
interagisce, pertanto essa deve essere in grado di portare all’esterno le sue competenze al
fine di sviluppare un’innovazione.
Anche il processo di diffusione delle innovazioni e della conoscenza è influenzato dal
sistema di imprese, istituzioni, attori economici e sociali all’interno del quale le imprese
prendono le loro decisioni in materia di investimenti (Barquero, 2003).
La geografia dell’innovazione ben evidenzia la relazione che si instaura tra innovazione e
sviluppo di un territorio. Ad esempio, Audretsch e Feldman (1996) analizzano il ruolo degli
spillovers come strumenti di trasferimento tecnologico su un territorio, mostrando che la
prossimità fisica ai laboratori di ricerca da parte delle imprese è importante per ottenere i
benefici della ricerca e sviluppo. Marshall e Krugman si pongono come dei precursori
nell’aver sostenuto che, se da un lato l’informazione è un elemento facilmente trasmissibile,
dall’altro la conoscenza tacita è fortemente legata al territorio nella quale è presente.
In questi ultimi anni si stanno approfondendo le modalità con cui le infrastrutture locali
svolgono il ruolo di trasferimento tecnologico, chiarendo quanto sia rilevante la vicinanza
geografica. La dinamicità territoriale è messa in luce anche dal concetto di système localisé
de production di Courlet e Pecqueur (1996) e dai lavori sulla prossimità. Le relazioni di
prossimità nel processo innovativo sono state ampiamente studiate dal gruppo di ricerca
“Dynamiques de proximité”, analizzando ad esempio i fondamenti di un’economia di
prossimità (Pecqueur, Zimmermann, 2004), lo sviluppo locale (Colletis, Rychen, 2004),
fiducia e prossimità (Dupuy, Torre, 2004), le strutture macroeconomiche (Gilly,Leroux,
Wallet, 2004), i modelli e le misurazioni di prossimità (Bouga-Olga, Zimmermann, 2004),
innovazione e prossimità (Massard, Torre, Crevoisier, 2004).
Le attività innovative tendono a riunirsi in cluster, con gradi di intensità che variano a
seconda del settore. Questo fenomeno è relativamente più importante all’interno di quei
comparti nei quali l’intensità di ricerca e sviluppo è più elevata (Arrow, 1962; Krugman,
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1991). Il processo di innovazione è frutto di una serie di fattori interattivi che operano
attraverso un apprendimento diffuso tra gli attori e le strutture del territorio con un sistema
learning by doing. E’ all’interno di questo territorio che le imprese, nella loro attività
innovativa, sono influenzate da altre unità produttive e da specificità territoriali (Archibugi,
Michié, 1997). Queste specificità sono state a lungo studiate nell’analisi dei sistemi produttivi
territoriali (SPT), come ad esempio il polo di Perroux (Perroux 1964), i distretti industriali
(Becattini, 1987,1989; Becattini, Rullani 1993; Garofoli, 2003), i distretti tecnologici (Antonelli,
1986), i milieux innovateurs del GREMI (Aydalot, 1986).
I tre termini “sistema”, “produttivo” e “territoriale” sintetizzano i punti cardine del concetto. Il
sistema è un’entità in cui il tutto è qualcosa di più e di diverso dalle singole parti che lo
compongono; “produttivo” indica un incremento di valore aggiunto nelle sue diverse forme,
non solo una semplice attività produttiva; il territorio è invece il luogo di coordinamento delle
attività industriali, di creazione della tecnologia e dell’innovazione, dove si formano ed
evolvono le interdipendenze mercantili.
Il territorio è circoscritto in un’area delimitata, ma ciò non indica chiusura locale. Al suo
interno possono essere presenti:
- processi smithiani di divisione del lavoro e arrowiani di learning by doing,
- esternalità marshalliane,
- processi di fertilizzazione incrociata alla Freeman,
- relazioni tra impresa e ambiente che la circonda,
- innovazioni come fattori di consolidamento o distruzione del tessuto territoriale.
Per innovazione si intende sia la tecnologia sia i metodi di produzione, il tutto volto alla
realizzazione di nuovi prodotti, nuovi metodi di produzione, nuove politiche di marketing
(Porter, 1990). In generale si sostiene che il processo innovativo riguarda tutte le fasi: si
passa dalla nascita di un’idea alla realizzazione di un prodotto, per finire con la sua
distribuzione e il suo collocamento sul mercato (Monck et Ali, 1988).
Le innovazioni di tipo radicale non sono le più frequenti, maggiormente diffuse sono le
innovazioni incrementali, dove si modificano le caratteristiche del prodotto o le modalità
produttive o organizzative.
Variazioni nelle peculiarità dei prodotti creano un regime di competizione imperfetta
attraverso la de-standardizzazione e la diversificazione dei prodotti. Spesso questi
cambiamenti sono originati da modifiche incrementali in cui l’ambiente svolge un ruolo di
condizionamento. L’innovazione è un fenomeno territoriale poiché viene stimolata attraverso
la cooperazione di attori locali e risorse specifiche presenti sul luogo e non facilmente
trasferibili o imitabili (Asheim, Isaksen, 2003). Molti dei fattori critici sono storicamente
sedimentati nella società locale e non sono quindi facilmente trasferibili ad altre aree
(Garofoli, 2003). Queste risorse sono “ancorate” localmente al contesto sociale e
istituzionale nel quale si sviluppano (Malmberg e Maskell, 2002; Asheim e Gertler, 2004).
Si possono distinguere risorse specifiche e risorse generiche (Colletis, Pecqueur 1993).
Mentre le risorse generiche sono diffuse ovunque, le risorse specifiche sono patrimonio di un
territorio ben definito e hanno la caratteristica della non riproducibilità in altro luogo. Tali
risorse presenti sul territorio, per essere sfruttare, devono diventare “attive” cioè vanno rese
fruibili. Nello stato iniziale le risorse sono in fase potenziale e per divenire fruibili devono
essere organizzate e rese utilizzabili. Quando questo avviene la risorsa si trasforma in “actif”,
cioè in un fattore in “attività” (Pecqueur, 2005). Non tutte le risorse sono facilmente
convertibili in “actif”, a volte semplicemente per diseconomicità o difficoltà operative. Una
miniera d’oro, ad esempio, è una risorsa specifica e fino a che non viene trovata la modalità
per sfruttarla non reca alcun beneficio al territorio. Se la quantità di metallo che si può
estrarre è limitata o il costo di estrazione è particolarmente oneroso, questa risorsa rimane
allo stato latente e non si trasformerà mai in “actif”, almeno sino a che cambiamenti della
tecnologia o dell’organizzazione possano modificare le prospettive economiche di
convenienza.
Distinguiamo inoltre tra risorsa generica/“actif” generico e risorsa
specifica/“actif” specifico. I primi sono legati al fatto che il potenziale o il loro valore è
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indipendente dalla loro partecipazione a qualunque processo di produzione (Gaffard, 1990).
Invece le risorse specifiche sono spesso frutto di una lunga storia di apprendimento cognitivo
e di accumulazione di una memoria collettiva e per questo sono ancorate al territorio. Sono
esempi di risorse specifiche attive le competenze generate all’interno dei SPT in cui le
conoscenze tacite e la cultura diffusa rendono specifiche le loro caratteristiche.
Attraverso l’innovazione si possono trasformare le risorse potenziali di un territorio in “actifs”,
risorse in attività. Le politiche pubbliche sono in grado di favorire o di ostacolare questo
processo attraverso un sostegno al processo innovativo.
Anche il fattore temporale ha un suo rilievo: la rapidità con la quale si diffonde il
cambiamento tecnologico è un fattore importante poiché il profitto economico viene
realizzato dall'imprenditore che adotta un’innovazione prima dei concorrenti (Frank, 1998). Si
parla in tal caso di esternalità che il territorio può sfruttare. Tali esternalità sono molto
frequenti all’interno dei SPT dove ogni singola impresa svolge il ruolo di motore allo sviluppo.
Malgrado non sia pensabile che un’impresa continui la sua attività nel lungo termine senza
alcune forma di innovazione, innovare è costoso e difficoltoso. Alcuni studiosi dell'area neotecnologica (Nelson e Winter, 1977, 1982; Freeman, Clarks e Soete 1982; Dosi 1983) sono
infatti convinti che l'investimento nell'innovazione resta sempre per l'azienda un'operazione
molto rischiosa e che la ricerca tecnologica conserva un proprio autonomo sviluppo, mai
completamente rispondente alle esigenze delle forze economiche. Certo, il vantaggio di
operare direttamente la ricerca all’interno delle imprese per meglio beneficiare dei risultati
ottenuti ha coinvolto sempre più le aziende non solo in ambito produttivo. Ma questa
necessità ha anche evidenziato le notevoli difficoltà delle imprese in termini economici e di
conoscenza, in particolare se si tratta di aziende di piccole dimensioni. E’ in questo contesto
che si chiarisce il ruolo di contenimento del territorio, che sostiene e favorisce l’investimento
innovativo. Dato che l’innovazione non è sempre originata da un processo lineare che ha
come punto di partenza la ricerca di base, sono frequenti le forme di innovazione
determinate da ricerca applicata o da aggiornamenti della tecnologia presente. A lungo
andare però, non sembra ipotizzabile che importanti forme innovative possano svilupparsi in
assenza di ricerca di base.
3
REGIONE E CITTA’
Analizzando i fattori innovativi localizzati, si evidenzia come la Regione ricopre un ruolo
sempre più importante. In competizione tra di loro, le Regioni nel mondo sono luogo di
creazione di competenze e di apprendimento all’interno di un’economia ad alta intensità di
conoscenza nell’era globalizzata. Il loro ruolo è cambiato, negli anni è sempre maggiore
l’interattività tra gli agenti e le imprese che sono localizzati al loro interno. Lo spazio non è un
substrato neutro di attività economiche, ma un sistema dinamico di attori e di fattori in
interrelazione che portano delle capacità evolutive specifiche (Héraud, 2003). All’interno
della Regione si crea una rete di rapporti, relazioni, contatti continui e numerosi.
In considerazione di queste caratteristiche, le Regioni assumono anche la denominazione di
learning region (Morgan, 1997) per la loro crescente importanza nel processo di sviluppo.
Tali learning region funzionano come depositi di idee e conoscenza e forniscono un
ambiente esteso o infrastrutture che facilitano i flussi di conoscenza, idee e apprendimento
(Florida, 1995). In tal caso, la tradizionale antinomia tra Stato e mercato, tra potere pubblico
e privato, viene meno a favore di un’evidenza del potenziale delle istituzioni regionali nello
sviluppo.
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La Regione ha degli strumenti più focalizzati per identificare e indirizzare le attività di
impresa, grazie alla conoscenza del territorio e delle sue caratteristiche (Scott, 1988;
Storper, 1995, 1997; Cooke, Morgan 1998; Saxenian 1994). Ragionare in termini di Regione
significa mettere in luce la natura dell’innovazione come processo geografico (Piore, Sabel,
1987; Storper, 1997). La disintegrazione verticale delle attività economiche porta a una
maggiore collaborazione e all’instaurazione di fiducia facilitati da frequenti rapporti (Storper,
1997; Malmberg, Maskell, 2002). Si parla in tal caso di RIS Approach (Regional Innovation
System Approach), in cui le istituzioni coinvolte sono le università e i centri di ricerca, oltre al
sistema economico dato da imprese, clienti e fornitori.
Il RIS indica uno stato di relazioni economiche, politiche ed istituzionali necessarie all’interno
di un territorio limitato geograficamente, che generano un processo di apprendimento
collettivo che influenza la rapida diffusione di conoscenza e best practise (Nauwelaers, Reid,
1995). Il successo economico degli individui, delle imprese e delle Regioni risiede nella loro
capacità di apprendere (Lundvall, 1992; Björn, Lundvall, 1994) secondo il concetto di
Learning Economy. Questa capacità di apprendere può essere facilitata creando all’interno
del territorio delle specificità che facilitano questo apprendimento. Investimenti in formazione,
creazione di infrastrutture di trasferimento tecnologico, apertura con l’esterno sono alcune
delle componenti che possono incrementare il bagaglio innovativo regionale.
All’interno della Regione sono numerose le infrastrutture presenti, spesso eterogenee e di
diversa importanza. La presenza di numerosi agenti non è sufficiente se questi non hanno
tra loro rapporti di collaborazione e non agiscono in sinergia. Inoltre, la governance dello
sviluppo locale impone coordinamento non solo tra gli attori locali dello sviluppo ma anche
tra i vari livelli di governo per il raggiungimento della coerenza dei vari interventi, nonché il
sostegno e l’accompagnamento nella progettazione, gestione e valutazione da parte dei
livelli di ordine superiore (Garofoli, 2003).
A livello dimensionale, una Regione deve essere piccola abbastanza affinché i suoi cittadini
possano condividere certi interessi economici e di consumo, ma nello stesso tempo deve
avere una dimensione tale che giustifichi le infrastrutture necessarie per partecipare
economicamente alla scala globale di sviluppo (Florida, 1995). Ecco che all’interno della
Regione si mettono in luce città che svolgono il ruolo di agenti per lo sviluppo, concentrando
al loro interno le strutture di formazione e di ricerca che operano un ruolo innovativo per lo
sviluppo economico. Gli studi sull’economia della prossimità evidenziano la presenza di una
polarizzazione delle attività attraverso la quale, malgrado cresca l’importanza delle
comunicazioni a distanza e degli scambi internazionali, è nello stesso tempo presente una
tendenza alla monopolizzazione e alla concentrazione delle attività nelle metropoli (Gilly,
Torre, 2000).
L’analisi a livello di città e di agglomerato urbano prende spunto dalle teorie che mettono in
rilievo il ruolo della stessa città come motore di sviluppo. J.M. Huriot e L. Bordeaux-Lepage
(2009) sostengono che nell’economia globalizzata lo sviluppo regionale sembra essere
sottomesso alle città e alle loro relazioni economiche regionali, nazionali e mondiali. Tre
quarti della popolazione vive in zone urbane e pertanto le città contribuiscono allo sviluppo
delle nazioni in proporzione alla popolazione, alle attività tecnologiche, informative ed
informali. Le città inoltre producono più che proporzionalmente alla loro popolazione e non
hanno la stressa struttura economica dell’intera economia ma sono specializzate in una
gamma di attività di alto livello. In particolare, si occupano di high-tech e di servizi superiori e
sono il luogo in cui trovano collocazione le sedi sociali delle grandi imprese, dove si
concentrano le funzioni strategiche di creazione, decisione e controllo economico. In città
sono localizzati i centri di ricerca, di innovazione e di conoscenza. Oggi anche i commerci e
gli scambi tendono a concentrarsi nelle grandi città, suggerendo che il commercio
interregionale e internazionale sarà rimpiazzato dal commercio interurbano (Huriot,
Bordeaux-Lepage, 2007). Il confronto tra città e milieu innovateur di Camagni e Capello
(2003) mette inoltre in luce il ruolo innovativo della città che può avere due forme distinte:
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milieux innovativi urbani (milieux innovativi localizzati in città) e città come milieux innovativi
(città che operano come milieux).
Per tale motivo, in questa tesi l’oggetto dello studio è il sistema innovativo nel contesto della
città vista come agglomerato urbano con confini più allargati rispetto ai limiti amministrativi.
Infatti, il territorio preso in considerazione non è solo quello compreso all’interno dei confini
comunali, ma si estende a tutto il sistema economico limitrofo con il quale si è creata un’area
comune di sviluppo.
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GRENOBLE E TORINO
Le “città” oggetto di studio sono Grenoble e Torino. Le motivazioni che hanno portato alla
scelta di queste due città sono molteplici. In primo luogo, l’aspetto più immediato anche se
non il più rilevante: le due aree sono confinanti e legate da numerosi rapporti di tipo
economico e sociale. Questi legami sono originati non solo dalla vicinanza geografica ma
anche da un comune patrimonio culturale. Le analisi che coinvolgono aree confinanti sono
spesso oggetto di studio, come dimostra anche il confronto realizzato dal BETA di
Strasburgo tra l’Alsazia e il Baden–Wurtemberg (Héraud et Ali, 1995, 2008).
Un altro motivo di interesse riguarda l’alta formazione. E’ stato realizzato un corso di Laurea
specialistica in Ingegneria Elettronica sulle Nanotecnologie per le ICT tra Grenoble, Torino e
Losanna. A Torino è stato coinvolto il Politecnico mentre a Grenoble l’Institut National
Polytechnique. I legami formativi sono molto forti e lo dimostra anche la presenza
dell’Università Franco-Italiana che ha due sedi operative: a Torino e a Grenoble. La firma del
Protocollo di intesa tra la Regione Piemonte, l’Università degli studi di Torino e i Comuni
dell’area metropolitana torinese è orientata al decentramento degli insediamenti universitari.
In particolare l’obiettivo è creare l’Università transalpina di terzo livello, che vedrà
compartecipi gli istituti universitari di Torino, Grenoble e Lione.
Anche a livello sociale sono nate iniziative di collaborazione. Il Centro Informagiovani di
Torino e il Centre Régional Information Jeunesse (CRIJ Rhône-Alpes) di Grenoble si sono
fatti promotori, presso le rispettive reti di servizi, del progetto "Info Trans Alp", approvato e
cofinanziato nel quadro del Programma Comunitario INTERREG II. L'obiettivo fondamentale
del progetto è stato la creazione di una Rete tra Centri Informagiovani italiani e francesi e la
realizzazione di supporti professionali e informativi per promuovere, agevolare ed accrescere
la mobilità giovanile tra i territori interessati sui due versanti della frontiera italo-francese.
A livello industriale poi sono molto frequenti i rapporti commerciali, di subfornitura e di
collaborazione tra industrie delle aree di Torino e di Grenoble. Questi rapporti, inizialmente
focalizzati sul settore automobilistico, si sono estesi anche verso altri comparti. Per quanto
concerne i settori produttivi, l’economia del territorio torinese è stata contraddistinta per molti
anni dall’industria metalmeccanica, in particolare nella filiera dell’auto. L’area di Grenoble ha
invece una caratterizzazione meno univoca, sviluppandosi in vari comparti industriali.
Le città, entrambe di antica industrializzazione, sono state colpite da una crisi del settore
industriale che ha portato alla chiusura o al ridimensionamento di molte aziende. Tuttavia,
benché negli anni sia andata diminuendo l’importanza dell’industria, ancora oggi essa riveste
un ruolo centrale. La nuova situazione ha comunque spinto alla delocalizzazione all’estero di
alcune attività e si sono dovuti pertanto cercare nuovi percorsi di sviluppo, generando una
capacità di auto-adattamento ai cambiamenti dell’economia.
Un’ulteriore motivazione che ha spinto alla scelta di queste due città è legata alle
caratteristiche di governance delle loro politiche pubbliche. Mentre Grenoble ha beneficiato
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
di importanti interventi pubblici, Torino è stata condizionata nel suo sviluppo dalla storia di
una sola impresa, Fiat, che ha favorito o ostacolato certi percorsi di crescita.
Il processo di agglomerazione di Grenoble si fonda su una concentrazione spaziale di attività
economiche eterogenee che non presentano a priori delle complementarietà (Pecqueur,
2005). Champ e Rousier (1997) hanno sottolineato le forti disparità tra i settori presenti
all’interno del polo tecnologico di Grenoble. Nonostante questo, Pecqueur (2006) ha
evidenziato come questo contesto crei una forma irreversibile di sviluppo, simile a quella
delineata da A. Marshall a proposito dei distretti industriali. Le risorse idrologiche hanno
permesso lo sviluppo del settore energetico con la “Houille Blanche”; la risorsa generica
della mano d’opera a buon prezzo, al di fuori dei periodi agricoli intensi, ha permesso invece
lo sviluppo dell’industria dei guanti. Dall’analisi della storia economica di Grenoble si può
notare un percorso di crescita su più fronti che ha originato competenze utilizzabili e riciclabili
in settori diversi. Mentre il percorso di sviluppo naturale è tendenzialmente lineare e orientato
allo stesso comparto, non sono escluse quelle competenze che, in seguito all’evoluzione dei
mercati e al loro ridimensionamento, sono state riciclate in altri settori. Ne è un esempio
concreto l’industria dei guanti.
I concetti di risorse e di “actif” sono particolarmente calzanti al caso dell’economia di
Grenoble. L’area di Grenoble è stata oggetto di un intervento pubblico rilevante nella
creazione degli “actif”, effettuato al fine di creare quelle risorse necessarie allo sviluppo del
territorio. La politica economica nazionale ha svolto un ruolo di primo piano attraverso
l’implementazione di infrastrutture di ricerca e formazione idonee allo sviluppo di attività
innovative.
Ben diverso si è dimostrato lo sviluppo torinese. Torino viene spesso definita la città della
Fiat e della Juventus. Certamente Fiat ha influito in modo molto evidente sullo sviluppo della
città, a volte anche condizionandola in binari limitati e ben definiti. In tal senso va letto l’arrivo
in città negli anni ’50 di un gran numero di lavoratori provenienti da tutta Italia, in particolare
dal Meridione, per soddisfare la necessità di sviluppo della società automobilistica. Tale
situazione è cambiata ed oggi si parla di ridimensionamento dell’attività automobilistica
portando la città ad interrogarsi nei confronti del futuro e a cercare nuove strade che
possano permettere una crescita e un riposizionamento dell’attività economica in grado di
reggere la concorrenza delle maggiori città europee.
Per comprendere la città è necessario tenere in considerazione l’evoluzione nel tempo della
sua attività produttiva, non limitandosi al caso FIAT ma riferendosi anche ad altre realtà
come GFT o il gruppo informatico avviato da Olivetti.
Il modello fordista, alla base dello sviluppo industriale torinese, regge fino alla fine degli anni
’60 per poi entrare in crisi. Questo modello di produzione in serie si è sviluppato
notevolmente quando era necessaria una grande produzione di massa, ma a partire dagli
anni ’60 e ’70 non sembra più adeguato in parte a causa di una domanda maggiormente
diversificata e limitata. Questa crisi è interpretata da Sabel (1986) come originata da una
specifica combinazione storica di mercati, tecnologie e istituzioni. Ciò spiega la scomparsa in
quegli anni di alcune imprese torinesi basate sulla produzione in serie.
D’altro lato, Piore e Sabel (1987) mettono in risalto la differenza fra una azienda fordista e un
sistema di piccole imprese a specializzazione flessibile, sottolineando come l’una non
escluda l’altra. Ecco che ad una produzione di massa può accompagnarsi anche una
produzione di tipo artigianale che soddisfa esigenze diverse. Questa artigianalità viene
indicata dagli autori come specializzazione flessibile che porterà poi allo sviluppo dei distretti
industriali e del sistema produttivo territoriale. Le imprese che sono sopravvissute hanno
saputo adattarsi ai cambiamenti del mercato, mettendo in atto le modalità più proficue ed
efficienti in tali momenti.
Di diverso indirizzo sono state le politiche pubbliche rispetto a quelle private. La grande
impresa è infatti intervenuta nella creazione degli “actif”, spesso specifici del settore
automobilistico, mentre le politiche pubbliche sono intervenute in una fase successiva.
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
L’obiettivo degli organi di government, in tal caso, è stato quello di intervenire in seguito alla
crisi Fiat e dell’indotto automobilistico, piuttosto che al fine di creare uno scenario positivo e
volto allo sviluppo economico del territorio. Non si è effettuato un intervento a priori per
dotare l’area delle infrastrutture mancanti per lo sviluppo di attività innovative ma si è cercata
la strada per risolvere una difficile fase congiunturale.
Tutto ciò non significa che gli investimenti in ricerca non siano stati presenti anche
precedentemente. Il prestigio del Politecnico di Torino e dell’Università di Torino ad esempio
sono anche frutto delle relazioni proficue di collaborazione che la grande impresa ha saputo
intrattenere negli anni.
5
5.1
PERCORSI DI SVILUPPO
Grenoble
Oggi la città di Grenoble conta circa 160.000 abitanti, che superano il mezzo milione
nell’area metropolitana. Dalla fine del XX secolo il territorio ha visto una progressiva
riduzione dimensionale delle aziende a favore dell’alta specializzazione e
dell’esternalizzazione di molti processi. I tradizionali settori produttivi si sono tutti fortemente
ridimensionati, a vantaggio di una diffusa terziarizzazione.
L’intervento delle politiche pubbliche sul territorio ha portato alla creazione di un importante
polo di ricerca e formazione. Ad oggi l’università di Grenoble conta più di 49000 studenti,
2000 ricercatori e 91 centri di ricerca. A questi si devono poi sommare i centri di ricerca
privati e la formazione privata. L’area di Grenoble è stata oggetto di intervento delle politiche
attraverso la creazione di uno dei primi parchi scientifici e tecnologici francesi (Inovallée
Zirst) e sede di un importante pôle de compétitivité (Minalogic).
Inovallée Zirst è la denominazione del parco scientifico creato nel 1972 nei comuni di Meylan
e di Montbonnot, adiacenti alla città di Grenoble ma in una posizione che permette facili
comunicazioni con i centri di ricerca e le università situate nel capoluogo del dipartimento
dell’Isère. Al momento della sua creazione, esisteva già sul territorio il Centro ElettroNucleare di Grenoble (CENG) dipendente dal Commissariato Energia Atomica (CEA); inoltre
l’Istituto Politecnico di Grenoble aveva una tradizione che risaliva all’inizio del secolo. Il parco
è circondato da aree verdi e si trova a poca distanza dal polo universitario di St. Martin
d’Hères. Il motore di sviluppo iniziale del PST è da ricondursi alla localizzazione nell’area di
due importanti imprese: Merlin Gerin (poi Schneider Electric) e France Telecom R&D. Solo
successivamente, nel 1988, il Parco si estende sul vicino Comune di Montbonnot. Nel 2005 il
Parco cambia denominazione diventando Inovallée, con l’obiettivo di orientarsi
maggiormente verso una dinamica territoriale, attraverso l’apertura verso l’esterno.
Attualmente il parco occupa 9500 persone e comprende oltre 300 imprese, tra cui la già
citata Schneider Electric e grandi gruppi come CAP GEMINI e Sun Microsystem. Più della
metà delle imprese insediate ha tra 1 e 10 dipendenti, percentuale che sale al 90% per le
imprese che non superano i 50 dipendenti.
In generale la politica di creazione dei PST ha avuto il momento di massima fortuna negli
anni ’80 anche grazie ai Fondi Strutturali Europei. Tra le nuove modalità di intervento per il
sostegno allo sviluppo e all’innovazione si annoverano i pôles de compétitivité ai quali
vengono dedicati finanziamenti e visibilità. Il loro scopo è di accrescere la competitività
dell’industria francese attraverso lo sviluppo dei legami con la ricerca, la formazione e il
territorio.
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
A dimostrazione del ruolo di primo piano ricoperto dalle micro-nanotecnologie nell’area di
Grenoble si può notare la presenza del pôle de compétitivité Minalogic (MIcro
NAnotechnologies et LOgiciel Grenoble Isère et Compètitivité). Minalogic, riconosciuto dal
CIADT (Comité interministériel d'aménagement et de développement du territoire et
d'attractivité régionale) come polo mondiale, si prefigge di combinare le tecnologie
d’eccellenza Micro-Nano presenti con l’informatica e l’elettronica.
Grenoble partecipa inoltre al pôle de compétitivité sulle biotecnologie Lyon Biopole, che ha
come capofila la città di Lyon.
I Poli sono importanti per la visibilità esterna oltre che per l’aspetto economico: godono infatti
del sostegno finanziario stabilito dal Comité interministériel pour l’aménagement et le
dévéloppement du territoire (CIADT), di sgravi ed esoneri fiscali, del supporto
dell’Anvar/BDPME e della Caisse des dépôts.
Oltre a Minalogic e Inovallée Zirst, sono presenti sul territorio importanti centri di ricerca, ad
esempio l’Istituto Laue-Langevin (ILL) che continua ad essere il maggiore centro per la
ricerca scientifica e tecnologica sui neutroni. La sua gestione è condivisa da undici nazioni,
mettendo a disposizione della comunità internazionale la propria strumentazione: sono circa
2000 gli interventi di scienziati che, selezionati da un apposito comitato, producono ogni
anno oltre 900 sperimentazioni. Nell’area chiamata Polygone Scientifique c’è inoltre la sede
dell’European Synchrotron Radiation Facility – ESRF (fondato da 18 nazioni, è uno dei
maggiori acceleratori di particelle ed è articolato in 48 stazioni sperimentali), vi è poi una
sede dell’European Molecular Biology Laboratory - EMBL, (laboratorio internazionale di
biologia molecolare e strutturale). Altro importante centro che ha una sede a Grenoble è il
CEA – Commisariat à l’Energie Atomique, fondato nel 1970 dal premio Nobel Louis Néel con
due reattori nucleari di Ricerca Mèlusine e Siloé: in particolare la sede di Grenoble si occupa
di energia alternativa, biotecnologie, nanotecnologie e materiali.
Grazie a questa complessa struttura di conoscenza presente sul territorio di Grenoble, sono
state numerose le imprese di piccola o grande dimensione che l’hanno scelta come sede
della loro attività. Oltre a quelle già citate, si possono aggiungere ST-Microelectronics,
Soitec, Memscap, Biomérieux, Siemens, il settore ricerca e sviluppo di France Telecom.
5.2
Torino
La città di Torino si è caratterizzata per un’economia che ruotava intorno all’industria
dell’auto. Di fatto è stato uno dei poli che hanno rappresentato il settore secondario italiano,
costituendo Torino una delle città del cosiddetto “Triangolo industriale” con Milano e Genova.
Questa forte specializzazione ha condizionato per anni l’evoluzione della città e non solo in
ambito produttivo.
In seguito, la crisi dell’industria, accompagnata da una crescente concorrenza, ha modificato
gli equilibri all’interno della città. In silenzio e in modo poco evidente, la città si stava già
muovendo verso una diversificazione delle attività che si orientavano sempre più in direzione
di un terziario avanzato e di un’industria specializzata a discapito del settore tradizionale e
maturo della metallurgia. Questo cambiamento è stato anticipato dalle strutture di formazione
e di ricerca insediatesi nella città. Università e Politecnico hanno creato nuove competenze e
sostenuto il cambiamento. Anche a livello istituzionale sono nate diverse iniziative tese verso
questo scopo. Le Olimpiadi invernali del 2006 hanno inoltre favorito una maggiore visibilità
internazionale di questa città, mettendo in luce una dinamicità che non si credeva esistesse.
La città ha una popolazione di poco più di 900.000 abitanti ma, se consideriamo i comuni
circostanti in cui si estende l’attività economica questo valore quasi raddoppia.
La spesa per la ricerca in Piemonte nel 2007 è stata pari all’ 1,83% del PIL, contro una
media italiana dell’ 1,1% (media europea dell’ 1,84% nel 2006; dati Eurostat). Si è stimato
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
che la spesa sia concentrata per il 90% nell’area metropolitana torinese e venga sostenuta
per i tre quarti da imprese private (Comitato Rota). In Piemonte sono attivi 18500 addetti alla
ricerca, di cui il 75% lavora presso le imprese. La ricerca pubblica in Piemonte si concentra
soprattutto nelle Università, con 3160 docenti e ricercatori e 754 collaboratori di ricerca.
La specializzazione della didattica universitaria torinese è in parte influenzata dal suo
sistema economico e industriale. Il numero degli iscritti al Politecnico in Piemonte è
nettamente superiore alla media nazionale, certamente anche in relazione al suo sistema
metalmeccanico. All’interno del Politecnico di Torino sono impegnati 900 docenti/ricercatori e
875 tecnici e amministrativi, distribuiti in sei Facoltà, una Scuola di Dottorato, 18
Dipartimenti, sette Centri di servizio. Gli studenti sono 28.000, impegnati in 116 percorsi
formativi (34 lauree triennali, 35 lauree magistrali, 20 corsi di dottorato e 27 master) (Dati:
Politecnico di Torino). L’Università degli Studi di Torino invece conta più di 60.000 iscritti di
cui 3.254 sono di cittadinanza straniera (5%).
Nell’ambito dell’alta formazione si sono consolidati due diversi poli: Villa Gualino per l’area
scientifica (in particolare per le «Scienze della complessità») e il Collegio Carlo Alberto a
Moncalieri per l’area economica. Tra gli altri enti addetti alla formazione post-universitaria si
possono citare Corep, SAA e il Centro Formazione Nazioni Unite. Il ruolo del privato
nell’ambito della formazione è importante. Sotto forma di Fondazione, il Collegio Carlo
Alberto nasce nel 2004 su iniziativa della Compagnia di San Paolo e dell’Università di Torino.
COREP, che nasce invece nel 1987 riunendo il sistema universitario piemontese (Università
degli Studi di Torino, il Politecnico di Torino, l’Università degli Studi del Piemonte Orientale) e
avendo come obiettivo la formazione specialistica di alto livello, il supporto all’innovazione e
il sostegno ai consorziati, ha tra i soci sia organismi pubblici (Regione Piemonte, la Provincia
e la città di Torino, la Camera di Commercio di Torino) che privati (Fiat SpA, Telecom SpA,
Unione Industriale di Torino).
Anche nell’area torinese l’intervento pubblico si è compiuto attraverso la creazione dei Parchi
Scientifici e Tecnologici. Per la loro realizzazione sono stati fondamentali i fondi strutturali
europei relativi alle aree a declino industriale (Aree obiettivo 2) e destinati ai progetti di
sviluppo locale definiti all’interno del DOCUP, il Documento Unico di Programmazione
Economica della Regione Piemonte. A livello amministrativo la Regione Piemonte ha gestito
direttamente i fondi, utilizzandoli per la creazione dei cinque parchi scientifici e tecnologici
regionali, tre dei quali collocati nel territorio torinese (Bioindustry Park, Envipark e Multimedia
Park). In base alle normative del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, i fondi europei
hanno coperto mediamente il 60% degli investimenti effettuati, lasciando al finanziamento
locale, pubblico e privato, il compito di coprire almeno il 40% dei costi di costruzione dei
PST. A tal fine nel 1997 si è costituita l’associazione Tecnorete con il supporto della Regione
Piemonte e di Finpiemonte, con l’obiettivo di promuovere politiche di sviluppo e di
innovazione dei Parchi Scientifici piemontesi.
L’industria torinese, malgrado stia subendo un ridimensionamento a favore del terziario,
continua a mantenere un peso superiore alla media nazionale. Le difficoltà legate a Fiat
hanno avuto un risvolto positivo per le aziende dell’indotto, che hanno cercato nuove
modalità di sviluppo attraverso l’applicazione ad altri settori e all’internazionalizzazione. Il
70% delle imprese ha infatti aperto canali di vendita all’estero e in 10 anni il fatturato
piemontese della componentistica è quasi raddoppiato (Fond. Rota, 2010). Fiat d’altra parte,
grazie all’accesso ai mercati esteri e in particolare in Brasile, ha incrementato nel 2009 le
vendite di automobili del 5,7% rispetto al 2008.
Altro settore di rilievo è l’ICT per la presenza di centri di ricerca privati come Thales Alenia
Space, Telecom Italia Lab, Centro Ricerche Fiat, Pininfarina Engineering Center e Centro
Ricerche RAI. Più di 13.000 imprese lavorano nel settore e pertanto nel 2003 si è creato il
distretto tecnologico Torino Wireless al fine di potenziare la sinergia tra i soggetti pubblici e
privati della ricerca, dell’imprenditoria e della finanza. La dinamica di crescita del settore non
sembra però al momento raggiungere i risultati previsti.
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
Uno dei settori che sembra non aver subito crisi è oggi quello dell’aerospazio, oggetto della
Legge n.4/2006 “Sistema Regionale per la Ricerca e l’Innovazione”. Il settore aerospazio
occupa quasi 9000 addetti con più di 100 imprese impegnate (Dati Camera di Commercio,
2010). Tra le più importanti imprese del settore insediate sul territorio vi sono Alenia,
Microtecnica, Avio.
6
CONCLUSIONI
Grenoble e Torino sono in una fase di trasformazione. All’interno dei due territori sono
presenti delle specializzazioni che hanno ottenuto sostegni economici attraverso politiche
pubbliche create ad hoc. Obiettivo di questi interventi è mettere in luce i settori innovativi
presenti sul territorio ed incentivarne l’espansione. Questo perché l’innovazione è ritenuta
sempre più importante per lo per sviluppo economico futuro. Innovazione e territorio sono
fortemente legati in quanto il processo innovativo è frutto di una serie di fattori interattivi che
operano attraverso un apprendimento diffuso tra gli attori e le strutture del territorio. Territorio
e agglomerato urbano, qual è la relazione tra sviluppo economico e città? Come interviene la
città nello sviluppo tecnologico? A queste domande Crevoisier (1999) risponde che le
imprese innovative non sono tenute a insediarsi all’interno della città per avere una attività
innovativa. E’ però con la città e le organizzazioni che sono al suo interno che devono
intrattenere i rapporti di collaborazione. Pertanto, è più facile che le imprese scelgano la città
come localizzazione. Tutto ciò si è verificato nella città di Grenoble che, con la sua struttura
di ricerca e alta formazione, ha attirato grandi gruppi industriali. Nell’area lo sviluppo di un
solido polo tecnologico attira oggi capitali esteri che si integrano con gli investimenti pubblici.
Inoltre, l’alta esperienza scientifica e tecnologica non rendono il territorio passivo di fronte a
strategie esterne, al contrario le istituzioni locali si pongono come attive selezionatrici degli
investitori stranieri (De Rubertis, 2003). Torino sembra invece che abbia
avuto un percorso differente. La grande impresa ha attirato altre imprese e ha condizionato i
cambiamenti. Negli ultimi anni, tuttavia, un fenomeno simile a quello avvenuto a Grenoble
sta portando alcune organizzazioni internazionali a scegliere la città come sede e non solo
nel settore auto. Il comparto aerospazio ha un ruolo che cresce sempre più all’interno
dell’economia cittadina, unitamente a ICT e a nuove attività come il mutimediale e il design.
In questo scenario di complessità è importante che esista una organizzazione che svolga il
ruolo di interfaccia tecnologica e di catalizzatore per lo sviluppo. Il modello della Tripla Elica
[Etzkowitz, Leydesdorff (1997); Leydesdorff, Meyer (2004;, Viale (1998); Viale, Ghiglione
(1998); Viale, Etzkowitz (2004)] spiega, individuando le meso-strutture, il fenomeno delle
interazioni tra impresa, università e governo, sviluppatosi a partire dagli Stati Uniti negli anni
Sessanta:. Si tratta di catalizzatori per lo sviluppo che sostengono l’innovazione. Queste
strutture si mettono a disposizione delle imprese che desiderano sviluppare una tecnologia
ma non ne hanno la possibilità scientifica ed economica e d’altro lato permettono alle
organizzazioni che dispongono di queste conoscenze di metterle a disposizione di coloro che
ne hanno bisogno. Il loro ruolo è intermedio tra i due soggetti e per questo svolgono la
funzione di interfaccia tecnologica. Tenendo presente quanto illustrato dal modello generale
della Tripla Elica, esistono delle organizzazioni che possono svolgere questo ruolo nei due
territori qui analizzati?
A Grenoble è presente Minatec, Campus d’innovation pour le micro-nanotechnologie. Creata
nel 2002 con la concretizzazione di una convenzione tra Stato, collettività locali, CEA e
Caisse de Dépôts et Consignations, impegna 2400 ricercatori, 1200 studenti e 600
imprenditori e specialisti del trasferimento tecnologico. La sua funzione è molto importante
nel riunire all’interno di uno stesso diverse competenze.
Innovazione nel contesto di città in "mutazione" : Grenoble e Torino
Nell’area torinese sembra che l’azione del Politecnico possa muoversi in tal senso,
attraverso iniziative come quella che ha portato alla nascita della Cittadella Politecnica in cui
vanno riunendosi in una stessa area formazione, ricerca pubblica e imprese / ricerca privata.
Il Politecnico è spesso soggetto attivo di molte iniziative, ritagliandosi il ruolo di leader nel
progetto di sviluppo della città.
7
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