14 ottobre 2015 Lezione 9.: Eutanasia e rifiuto/rinuncia delle cure

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14 ottobre 2015 Lezione 9.: Eutanasia e rifiuto/rinuncia delle cure
Corso di Biodiritto, a.a. 2015-2016 (13a edizione)
Lezione 9.: Eutanasia e rifiuto/rinuncia delle cure
14 ottobre 2015
Prof. Giampaolo Azzoni
Conservazione di sé e inclinazioni naturali
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Iª-IIae q. 94 a. 2 co.
(…) Ma poiché il bene ha carattere di fine e il male invece
carattere contrario, ne segue che tutte le cose verso le
quali l‘uomo ha un‘inclinazione naturale la ragione le
apprende come buone, e quindi da farsi, mentre le
contrarie le apprende come cattive e da evitarsi.
Perciò l‘ordine dei precetti della legge naturale corrisponde
all‘ordine delle inclinazioni naturali.
Giampaolo Azzoni
9. Eutanasia e rifiuto delle cure
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Conservazione di sé e inclinazioni naturali
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Iª-IIae q. 94 a. 2 co.
Infatti prima di tutto troviamo nell‘uomo l‘inclinazione a
quel bene di natura che egli ha in comune con tutte le
sostanze: cioè in quanto ogni sostanza tende per natura
alla conservazione del proprio essere. E in forza di questa
inclinazione appartiene alla legge naturale tutto ciò che
giova a conservare la vita umana e ne impedisce la
distruzione.
Giampaolo Azzoni
9. Eutanasia e rifiuto delle cure
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Inclinazioni naturali e illiceità del suicidio
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Iª-IIae q. 64 a. 5 co.
Il suicidio è assolutamente illecito per tre motivi. Primo,
poiché per natura ogni essere ama se stesso; e ciò implica
la tendenza innata a conservare se stessi e a resistere per
quanto è possibile a quanto ci potrebbe distruggere. Per
cui l‘uccisione di se stessi è contro l‘inclinazione naturale,
e contro la carità con la quale uno deve amare se stesso.
Per questo il suicidio è sempre un peccato mortale,
essendo incompatibile con la legge naturale e con la
carità. (…)
Giampaolo Azzoni
9. Eutanasia e rifiuto delle cure
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La posizione di Immanuel Kant
Secondo Kant è autocontraddittorio elevare a legge universale la possibilità di
suicidarsi quando la vita promette più male che piacere; una natura che
ammettesse una tale legge “sarebbe una natura autocontraddittoria e, quindi, non
sussisterebbe come natura [nicht als Natur bestehen würde]”:
“Ma la sua massima è: per amore di me stesso, io assumo a principio di abbreviarmi la vita
se essa, protraendosi, minaccia più male di quanto mi prometta piacere.
La domanda che si pone è questa: può questo principio dell’amor di sé divenire una legge
universale di natura [ein allgemeines Naturgesetz]?
La risposta è evidente: una natura, della quale fosse legge che quello stesso sentimento, il
quale è destinato a promuovere la vita, distrugga la vita stessa, sarebbe una natura
autocontraddittoria e, quindi, non sussisterebbe come natura; pertanto, quella massima non
può [unmöglich könne] fungere da legge universale di natura, e quindi contrasta
[widerstreite] totalmente col principio supremo di ogni dovere.”
Immanuel Kant, Grundlegung zur Metaphysik der Sitten, 1785, pp. 53-54; AkademieAusgabe, IV, p. 422.
Giampaolo Azzoni
9. Eutanasia e rifiuto delle cure
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La tesi di Ludwig Wittgenstein
Per Ludwig Wittgenstein
“il suicidio è, per così dire, il peccato
elementare [die elementare Sünde]. E se lo si
indaga, è come quando si indaga il vapore di
mercurio per comprendere l’essenza [das
Wesen] dei vapori”
(cfr. Ludwig Wittgenstein, Tagebücher 1914-1916, 1984, p. 187;
traduzione di Amedeo G. Conte, p. 195).
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… ma anche L. A. Seneca (4 a.C. – 65 d.C.)
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… e Mishima (25 novembre 1970)
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‘Eutanasia’:
quando si ha eutanasia?
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Eutanasia pura:
aiutare nel morire
Morte naturale resa indolore, dolce
(es. per sostanze antidolorifiche, cure palliative).
Il suo contrario è detto ‘distanasia’.
è eutanasia solo nel senso etimologico di ‘eutanasia’
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Eutanasia collettivistica
• Eugenica
• Economica
• Criminale
• Sperimentale
• Profilattica
• Solidaristica
K. Binding / A. Hoche, La liberazione dell’estinzione di una vita priva di
valore, 1922.
Ma anche oggi: eutanasia neo-natale e geriatrica.
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Tipologia dell’eutanasia
Attiva/
commissiva
Passiva/
omissiva
Consensuale
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Non consensuale
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Eutanasia individualistica / pietosa
1) Passiva: lasciar morire / comportamenti omissivi
2) Attiva: aiutare a morire
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1.
Eutanasia attiva non consensuale:
è la forma più grave di eutanasia
575. Omicidio.
Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con
la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
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2.
Eutanasia passiva non consensuale
40. c.p Rapporto di causalità.
(…).
Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale
a cagionarlo.
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3.
Eutanasia passiva consensuale
= non è vera eutanasia,
ma rifiuto delle terapie da parte del paziente
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Consiglio di Stato, Sez. III, 2 settembre 2014, n. 4460
34. Il T.A.R. lombardo, accogliendo il ricorso proposto da -OMISSIS-, ha
annullato il provvedimento regionale poiché ha ritenuto che il diritto
costituzionale di rifiutare le cure, riconosciuto ad-OMISSIS- dalla
sentenza della Cassazione e, in sede di rinvio, dalla Corte d'Appello di
Milano, è un diritto di libertà assoluto, efficace erga omnes e,
quindi, nei confronti di chiunque intrattenga con l'ammalato il rapporto di
cura, sia nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche che private.
34.1. La manifestazione di tale consapevole rifiuto renderebbe doverosa
la sospensione dei mezzi terapeutici, (…).
34.2. Tale obbligo sussiste anche ove sia sospeso il trattamento di
sostegno vitale, con conseguente morte del paziente, giacché tale ipotesi
non costituisce, secondo il nostro ordinamento, una forma di
eutanasia, bensì la scelta insindacabile del malato di assecondare il
decorso naturale della malattia sino alla morte.
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Art. 32, 2° comma, e Art. 13, 1° comma
32.
(…)
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione
di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
13.
La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione di ispezione o perquisizione personale, né
qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall'Autorità
giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
(…)
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Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (L. 57/2005 e L. 130/2008)
Articolo 3
Diritto all'integrità della persona
1. Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica.
2. Nell'ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati:
. il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla
legge,
(...)
La Cassazione civile (Sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748) ha interpretato l’art. 3 della
Carta nel senso che “il consenso libero e informato del paziente all’atto medico vada
considerato, non soltanto sotto il profilo della liceità del trattamento, ma prima di tutto
come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, afferente al più
generale diritto all’integrità della persona”
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Corte costituzionale, 22 ottobre 1990, n. 471
(…)
3. - Questa valutazione è altresì adeguata al valore
costituzionale della inviolabilità della persona costruito, nel
precetto di cui all'art. 13, primo comma, della Costituzione,
come <libertà>, nella quale è postulata la sfera di
esplicazione del potere della persona di disporre del
proprio corpo.
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Corte costituzionale, 9 luglio 1996, n. 238
La Corte costituzionale ha escluso categoricamente che una persona
possa essere costretta a subire un intervento sanitario non voluto, in
assenza di una norma che esplicitamente lo imponga, affermando che
esso costituisce "un diritto inviolabile rientrante tra i valori supremi,
quale indefettibile nucleo essenziale dell'individuo, non diversamente
dal contiguo e connesso diritto alla vita ed alla integrità fisica, con il
quale concorre a creare la matrice prima di ogni altro diritto
costituzionalmente protetto della persona".
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La sentenza fondamentale:
Corte costituzionale, 23 dicembre 2008, n. 438
La Corte costituzionale è intervenuta in modo specifico ed argomentato sul consenso
informato.
Ha affermato solennemente che esso, “inteso quale espressione della consapevole
adesione al trattamento sanitario proposto dal medico”, “si configura quale vero e
proprio diritto della persona”. Proprio la sua duplice legittimazione nell’art. 13 e
nell’art. 32 della Costituzione, fa sì che il consenso informato sia “sintesi di due
diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla
salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha,
altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili
sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali
terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio
al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la
sua stessa libertà personale”.
In questo senso, secondo la Corte costituzionale, il consenso informato è “un
principio fondamentale in materia di tutela della salute”.
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Cassazione penale sez. I, 29 maggio 2002, n. 26446
La Corte afferma l'assoluta "rilevanza della volontà del paziente
quando si manifesti in forma inequivocabilmente negativa e si
concreti in un rifiuto del trattamento terapeutico prospettatogli“.
In questo caso, il medico "in presenza di una determinazione
autentica e genuina non può che fermarsi, ancorché l'omissione
dell'intervento terapeutico possa cagionare il pericolo di un
aggravamento dello stato di salute dell'infermo e, persino, la sua
morte (...) giacche per il medico, di fronte ad un comportamento
nel quale si manifesta l'esercizio di un vero e proprio diritto, la sua
astensione da qualsiasi iniziativa di segno contrario diviene
doverosa, potendo diversamente configurarsi a suo carico persino
gli estremi di reato" .
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Cassazione civile sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748
La questione del rifiuto degli interventi salvavita.
Secondo un’ormai consolidata giurisprudenza, la necessità del
consenso informato riguarda anche gli interventi salvavita, così che al
paziente è attribuito, su un piano di “indubbia rilevanza costituzionale”,
“un vero e proprio diritto di non curarsi, anche se tale condotta lo
esponga al rischio stesso della vita”. E, in questa prospettiva, il “rifiuto
delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte,
non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un
comportamento che intende abbreviare la vita, causando
positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un
atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il
suo corso naturale”.
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“Il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può
essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende
abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un
atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale.”
CASSAZIONE – Sezione prima civile, 4 ottobre – 16 ottobre 2007, n. 21748
L’eutanasia passiva consensuale
anche se oggi non è un problema giuridico,
può essere un problema etico:
abbiamo il diritto etico di rifiutare cure che sappiamo
adeguate alla nostra salute?
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La questione del rifiuto degli interventi salvavita:
perplessità di alcuni componenti del CNB
Secondo alcuni componenti del Comitato Nazionale per la Bioetica “la rinuncia
consapevole al trattamento sanitario in condizione di autonomia, pur se ammissibile
sul piano giuridico, non è condivisibile sotto il profilo etico”; in particolare, andrebbe
distinta “l’ipotesi di rinuncia a cure proporzionate rispetto all’ipotesi di rinuncia a cure
sproporzionate”: mentre sarebbe lecita la rinuncia a cure sproporzionate, “la rinuncia
a cure proporzionate” comporterebbe il “venire meno non solo alle responsabilità
verso gli altri (la famiglia, la società), ma anche al dovere verso se stessi di difendere
e preservare la propria vita, condizione necessaria per l’esercizio della libertà e della
moralità”.
Comitato Nazionale per la Bioetica, Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento
sanitario nella relazione paziente-medico, 2008, § 2.2.
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Un caso problematico
11 novembre 2008
Ragazza inglese di 13 anni, gravemente ammalata,
rifiuta il trapianto di cuore:
l’Ospedale rispetta la sua decisione dopo avere
verificato la sua maturità di giudizio
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4.
Eutanasia attiva consensuale
la “vera” eutanasia,
quella che più rileva nel dibattito contemporaneo
Quando un soggetto (medico, infermiere, familiare,…) pone
termine alla vita di un malato,
con un comportamento attivo
e dietro sua richiesta (contestuale o anticipata),
al fine di alleviarne le sofferenze.
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Si distingue tra eutanasia stricto sensu
(praticata da un medico o altro operatore sanitario)
e
suicidio assistito
(praticato dal soggetto stesso con l’aiuto di un collaboratore).
.
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Eutanasia attiva consensuale
CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA (2014)
Non usa più il termine ‘eutanasia’ (presente nell’edizione
del 2006)
articolo 17 - Atti finalizzati a provocare la morte
Il medico, anche su richiesta del paziente, non deve
effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la
morte.
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Il divieto di eutanasia attiva consensuale
GIURAMENTO DI IPPOCRATE (460 a.C. / 370 a.C.)
“Mi varrò del regime per aiutare i malati secondo le mie
forze e il mio giudizio, ma mi asterrò dal recar danno e
ingiustizia.
Non darò a nessuno alcun farmaco mortale neppure se
richiestone, né mai proporrò un tale consiglio”.
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Art 579. Omicidio del consenziente.
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la
reclusione da sei a quindici anni.
(…).
Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso:
1. contro una persona minore degli anni diciotto;
2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di
deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze
alcooliche o stupefacenti;
3. contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con
violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
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Art. 580. Istigazione o aiuto al suicidio.
Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio,
ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il
suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. (…).
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova
in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente (2.
contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di
deficienza psichica, per un'altra infermità …). Nondimeno, se la persona
suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità
d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio
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Art. 50. Consenso dell'avente diritto.
Non è punibile chi lede o pone in pericolo un
diritto, col consenso della persona che può
validamente disporne.
580 cp & 579 cp
50 cp
Indisponibilità della vita umana
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Cass. Penale, Sez. I, 13 novembre 2013, n. 37246 (Massima)
Necessità comunque del consenso:
“Il consenso presupposto dell'omicidio del consenziente deve essere serio,
esplicito, non equivoco e perdurante sino al momento della commissione
del fatto, esprimendo una volontà di morire la cui prova deve essere
univoca, chiara e convincente
(nella specie, relativa alla morte violenta di un'anziana signora, già afflitta
da numerose patologie, soffocata dal figlio ultrasessantenne, la Corte ha
escluso la sussistenza del consenso, posto che l'accanita resistenza della
vittima - testimoniata da riscontri emersi ad esito della consulenza medicolegale - dimostrava la sua oggettiva volontà, perlomeno nell'ultima fase
della condotta, di evitare la morte, mentre la portata delle frasi con le
quali avrebbe espresso il desiderio di morire - vista la forma e la ricorrenza
- doveva essere ridimensionata, risultando usuale per le persone anziane e
malate pronunciare con enfasi simili locuzioni, per il fisiologico scoramento
connesso alla loro condizione).”
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15 maggio 2011: referendum a Zurigo
Il cantone di Zurigo, il più popoloso della Svizzera, ha respinto in due referendum il tentativo di due partiti
cristiani di vietare o limitare il suicidio assistito. La pratica è legale nel Paese dal 1941. Negli ultimi anni ha
generato il "turismo della morte", da parte di cittadini di altri Paesi europei. Gli abitanti di Zurigo hanno
rigettato con una percentuale dell'80% entrambi i quesiti referendari, che avevano l'intento di fissare dei
paletti per impedire a cittadini non residenti di essere "aiutati" a morire in Svizzera.
Il quesito presentato dall'Unione democratica federale (Udf, di ispirazione cristiana) chiedeva al Parlamento
svizzero di rendere punibile qualsiasi forma di istigazione e di aiuto al suicidio, mentre quello avanzato dal
Partito Evangelico proponeva di porre fine al "turismo della morte", limitando l'assistenza al suicidio a chi
risiede nel cantone da almeno dieci anni.
Ogni anno circa 200 persone ricorrono alla morte assistita in Svizzera, dove il suicidio assistito è
consentito dal 1941 a condizione che non sia legato ad alcun motivo egoistico ed è ammesso
solo in modo passivo, cioè procurando ad una persona i mezzi per suicidarsi, ma non
aiutandola a farlo.
Tuttavia, negli ultimi anni sono aumentati gli stranieri che arrivano in Svizzera per morire, e uno studio ha
dimostrato che molte di queste persone che cercano il suicidio assistito non soffrono di malattie terminali.
Questo ha suscitato un acceso dibattito nel Paese e i due partiti cristiani hanno finito per proporre
l'abolizione o la limitazione del diritto attraverso il referendum.
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Tribunale di Roma – Ufficio Indagini preliminari.
Sentenza 17.10.2007 n. 15381 “Caso Welby”
“l'unica soluzione perché la condotta del medico, attuativa
della volontà del paziente e causativa della morte di
quest'ultimo, possa essere ritenuta di per sé lecita, sarebbe
quella di ridisegnare, mediante l'intervento del legislatore, i
limiti della fattispecie di cui all'art. 579 c.p., escludendo
esplicitamente l'ipotesi del medico che, ottemperando la
volontà del paziente, cagioni la morte di quest'ultimo, mentre
una previsione incriminatrice così ampia ingloba
necessariamente anche questo caso.”
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Art. 51. Esercizio di un diritto o
adempimento di un dovere.
L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere
imposto da una norma giuridica o da un ordine
legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità.
(…)
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Tribunale di Roma - Ufficio Indagini preliminari.
Sentenza 17.10.2007 n. 15381 “Caso Welby”
“è evidente che il rifiuto di una terapia, anche se già iniziata, ove venga esercitato nell'ambito sopra
descritto ed alle condizioni precedentemente illustrate, costituisce un diritto costituzionalmente
garantito e già perfetto, rispetto al quale sul medico incombe, in ragione della professione
esercitata e dei diritti e doveri scaturenti dal rapporto terapeutico instauratosi con il paziente, il dovere
giuridico di consentirne l'esercizio, con la conseguenza che, se il medico in ottemperanza a tale
dovere, contribuisse a determinare la morte del paziente per l'interruzione di una terapia salvavita,
egli non risponderebbe penalmente del delitto di omicidio del consenziente, in quanto avrebbe
operato alla presenza di una causa di esclusione del reato e segnatamente quella prevista dall'art.
51, c.p.. La fonte del dovere per il medico, quindi, risiederebbe in prima istanza nella stessa norma
costituzionale, che è fonte di rango superiore rispetto alla legge penale, e l'operatività della
scriminante nell'ipotesi sopra delineata è giustificata dalla necessità di superare la contraddizione
dell'ordinamento giuridico che, da una parte, non può attribuire un diritto e, dall'altra,
incriminarne il suo esercizio.”
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Così come non è un problema giuridico,
MA NEMMENO ETICO
il rifiuto dell’accanimento terapeutico
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