ABBÀ! PADRE!
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ABBÀ! PADRE!
ABBÀ! PADRE! Fratelli, tutti quel li che sono guidati dall o Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schi av i per ricadere nella paura, ma avete rice vuto lo Spirito che r ende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre». Lo Sp irit o stesso, insieme al nostro spir i to, attesta che siamo figli di Dio. E se sia mo figli, siam o a nche eredi: eredi di Di o, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo par te alle sue so fferenze per partecipare anche a lla sua gloria. (Romani 8, 14-17) È noto che i l capitolo 8 de lla Lett era ai Romani costituisce quasi un apice all’interno della grandi osa architettura t eolo gica del celebre scritto paolino. Questa vetta è tutta avvolt a nella l uce perché, dopo che sono state percorse le strade tenebrose d e l peccato, appare ora l a vita secondo lo Spir it o. E questa nuova vita è descritta nella su a qualità profon da proprio nel brano che la lit ur gia della solennità della Trinità ci offre. Ce rto, la finalità primaria è quella di illustra re la pr esenza trinitaria che si affaccia in que sta pagina: c’è, inf att i, Di o Padre, ma c’è p ur e Crist o, il Figlio, mentre in tutto il brano aleg g ia lo Spirito di Dio. Noi, però, ci soffermeremo su chi contempla la Trinità e si sente ammesso a partecipare alla sua stessa vita, cioè il cristiano. Il tratto decisivo che lo rende me mbro della famiglia divina è la sua hyiothesía : è q uesto il vocabolo greco usato da san Pao lo per definir e il nuovo statuto personale del crist iano, una realtà attuata dallo Spirito Sa nto. Il vocabolo indi ca la fi li azione adottiva . Non si pensi che l’Apostolo la voglia in qualche modo sminuire riducendola a una mera finzio ne giuridica. No, come accade nell’adozion e uma na di un figlio fatta con amore, l’elemento fondamental e è la donazione gratuita di una paternità e maternità affettuosa e since ra. C’è chi nasce figlio per natura, ed è cert am en te un dono d’amore, e c’è chi diventa fig lio per adozione, ed è anche questo un att o g ratuito d’amore che trasforma la realtà d e lla persona. Anche nell’adozione si stabilisce t ra padre e figlio un’intimità piena e spontane a e l’Apostolo la rappresenta – per il nost ro rapporto filiale con Dio – attraverso una pa rola aramaica, abba’ . E ssa ricorre frequen teme nt e nel Talmud, la grande raccolta di tradizio ni giudaiche, come appell ativo affettuoso d el ba mbino verso suo padre e quindi corrisp ond e al nostr o “ bab bo, papà”. Tuttavia, no n è m ai applicato in modo diretto a Dio (al massimo lo si riserva al maestro, al rabbí). È Gesù che lo usa con inte nsità nei confronti del Padre celeste, come è testimoniato da quell ’i nvocazione emo zionant e che affiora sulle sue labbra nella notte de l Getsemani: « Abbà, padre! Tutto è possibile a t e, allontana da me questo calice! Però no n ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu!» (M ar co 1 4, 36). La confidenza col Padre permette a Gesù di esprimergli l a sua forte paura um an a di morire, ma anche la fiducia nell’adesione al misterioso disegno divino. Paolo ripr ende q uesto appellativo per due volte – qui e in Galati 4, 6, u n passo parallelo al nostr o – e lo propone come emblema dell’intimità che lo S pirito Santo crea nel cristiano nei riguard i di Dio. Si svela così la nostra realtà di figli adottivi e, quindi, di coeredi col Figlio per natura Gesù Cristo, partecipi della sua stessa gloria piena e perfetta, dopo le sofferenze d ella vita e la morte. -1-